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we're gonna shed off the weight && watch it all float away - bolla: I will spend these days as an island, alone and far away.
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.not 20 anymorebebe rexhaNon le sembravano le circostanze più adatte per farlo, ma si ritrovò comunque ad alzare un angolo delle labbra verso l’alto al «per un attimo ho sperato che mi stessi offrendo qualcosa di più forte» di Raph, e porgendogli il caffé rispose mestamente «tengo la fiaschetta tascabile nell’altra mise» che era una bugia solo in parte: si era davvero abituata a portare con sé una discreta dose di rifornimenti alcolici per i momenti peggiori, che fosse per berci su o per offrirla come anestetizzante di fortuna nei casi più tragici.
Prese posto accanto all’uomo, imitandone la posizione — la testa reclinata all’indietro, un braccio stretto attorno alla propria vita, più per conforto che dolore, e l’altra mano a stringere il bicchiere di carta contenente il caffè. Rimase per un attimo a fissare un punto imprecisato sulla parete opposta, con solo la voce del professore a riempire la stanza, e la poca distanza tra loro. Quella fisica, perlomeno; con la testa, sembravano entrambi su due pianeti completamente diversi.
«dubito che la mia giornata sia stata peggio della tua. se non conti l’essere circondati da adolescenti»
Sempre fissando la parete, Lisi sollevò appena il sopracciglio e portò il bicchiere alle labbra, soffiando sul caffé. «quando ti stufi, al carrow’s district c’è sempre bisogno di personale.» gli ricordò, per l’ennesima volta. «farebbe comodo uno con la tua esperienza in quanto a bestie.» che fossero quelle animali, o gli studenti, Lisi lo lasciò volutamente imprecisato. Non le sarebbe dispiaciuto averlo ancora più sott’occhio, sempre per quella cosa che doveva controllarlo eccetera eccetera.
Ruotò appena il capo, senza staccarlo dalla parete, e sussurrò un «pensaci.» direttamente nella bevanda bollente, prima di affogarci dentro i problemi, e ascoltare intanto quelli dell’uomo.
«sai johnston, il ragazzino?» Annuì, senza parlare: la testa calda che prima o poi si sarebbe fatto saltare per aria, portando con sé altri ribelli? Mais oui, chi non conosceva Johnston? Era quasi più imprevedibile di Wyatt Holland — e quello diceva tutto. «ha attaccato briga con un cacciatore fuori dal pub, non so perché o cosa gli sia passato per la testa» Per come la vedeva Lisi, nulla: nulla gli era passato per la testa, praticamente un martedì qualsiasi della sua vita. Non lo disse a Raph, comunque, perché sapeva riconoscere una domanda retorica quando ne sentiva una, Lisi Selwyn.
«e la situazione è sfuggita di mano in fretta, abbastanza da tirare fuori le bacchette» La cosa non la sorprendeva affatto, non quando coinvolto c’era Tyler Johnston, e dei cacciatori. «puoi immaginare come sia andato il resto»
Sì, non faceva fatica a concludere da sé quella storia.
«non mi serve immaginarlo» indicò con il mento la macchia cremisi sulla camicia dell’uomo, e il modo in cui premeva la mano contro il fianco. Non gli domandò se stesse bene perché era a) un uomo adulto in grado di giudicare da sé le proprie condizioni e prendere le dovute precauzioni; b) erano in un ospedale, se non fosse stato bene avrebbe dovuto chiedere a qualcuno di farsi vedere; c) non avrebbe voluto che qualcuno lo chiedesse a lei; d) erano sopravvissuti a molto peggio, un taglio superficiale sul fianco non lo avrebbe ucciso. «e johnston?» chissà se qualcuno aveva finalmente insegnato al ragazzino una lezione, e se quello l’avesse spinto a maturare una volta per tutte. Lisi ne dubitava, ma poteva essere abbastanza ingenua e ottimista da sperarci. Ah, la visione rosea del mondo ereditata da papi, sempre una certezza.
Non aggiunse che sperava fosse vivo, anche se lo sperava davvero; era sempre terribile perdere un compagno, giovane o meno che fosse, perché significava avere una persona in meno a combattere la loro battaglia, pure se quella persona era un ragazzino irresponsabile e impulsiva.
«è il tuo turno»
Eh già, un patto era un patto.
Mandò giù un altro sorso di caffé, tirando le labbra in una linea tesa, prima di condividere il suo incredibile pomeriggio con il Vaughan. «siamo stati inviati a newham per aiutare un gruppo tenuto sotto scacco dai pavor da ore,» l’incipit di uno di moltissimi interventi attuati nel corso degli anni: raddoppia le forze, aiuta i ribelli messi alle strette, sparpaglia e rompi i ranghi dei pavor, crea abbastanza disordine da coinvolgere i babbani della zona e fanculo le conseguenze, e riporta a casa i commilitoni. Sulla carta, nulla che Lisi non avesse già fatto e rifatto dozzine di volte. Le labbra curvarono verso il basso, però, al ricordo di com’era andata a finire. «i pavor sapevano che saremmo arrivati. Era un’imboscata, putain!» strinse involontariamente la presa intorno al bicchiere, accartocciandolo. «è stato un bagno di sangue. io e Shelby–» quello stupido, sempre così dannatamente poco attento alla difesa, preoccupato più ad attaccare che a riflettere, «ci siamo salvati per pura fortuna. e perché sono dannatamente brava a schiantare mangiamorte.» aggiunse, con un mezzo sorriso che non raggiungeva però gli occhi. «il sangue è suo,» si indicò, dai capelli impiastricciati agli abiti impregnati del sangue dell’altro ribelle. «ora è con Cora, ma quando l’ho lasciato non era vigile.» improvvisamente, guardare il soffitto sembrava la sua ancora di salvezza per non tornare in quella via di Newham con il pensiero, in mezzo ai corpi dei compagni che non erano stati altrettanto fortunati da scappare, come aveva fatto lei. «te l’ho detto,» non avrebbe pianto, Lisi; non piangeva da moltissimo tempo. «il mio pomeriggio è stato peggiore del tuo.» avrebbe vinto qualcosa, per quello? Probabilmente no, solo altri incubi a tenerla sveglia la notte.(re)belle -
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→ ho ruolato in ogni sezione on gdr: YAS!! qui sotto le prove gngng SPOILER (click to view)[ diagon alley ] [ hogwarts ] [ hogsmeade ] [ mondo ] inferius: nate ft. fake
red velvet: lupe ft. jane
quo vadi town: idys ft. niamh
lilum: law ft. cherry
avis: maddox ft. hyde
new hovel: hans ft. taisala grande: turo ft. costas
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infermeria: nice ft. dom
piano infestato: maddox ft. ficus
stanza delle necessità: festa lollo
sala torture: nathan ft. hugo
grifondoro: theo ft. mis
serpeverde: turo ft. mort
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armeria: law ft. sin
scherma e strategia: mona ft. dara
trasfigurazione lupe ft. check
arti oscure: lollo ft. ben
storia della magia: nathan ft. fake
pozioni: nelia ft. anje
controllo dei poteri: dylan ft. kaz
sala duelli: theo, libera
torre di astronomia: wren ft. eddie
torre dell'orologio: lollo ft. lilac
serre si erbologia: dylan ft. joey
lago nero: turo ft. willow
foresta proibita: nathan ft. drew
corridoi e cortili: theo ft. paris
campo da quidditch: piz ft. jonihigh street: hold ft. mood
dark street: turo ft. ams
wicked park: lollo ft. eri
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lisi selwyn girls just want to have fun cyndi lauper the phone rings in the middle of the night
&& my father yells, "whatcha gonna do with your life?"
Oh daddy dear, you know you're still number one
but girls, they wanna have fun.Lisi Selwyn non si mai infilata in situazioni scomode, o troppo più grandi di lei, dalle quali non fosse capace di uscire, perché in dono da madre natura aveva ricevuto, oltre la bellezza di mamma, il dono dell’improvvisazione di papà. E quello dello spirito di adattamento di entrambi. Era sveglia, veloce a pensare, e con una fantasia davvero senza fondo: trovare il modo, o la scusa, per portare a suo favore una situazione iniziata scomoda, le veniva quasi naturale.
Perciò non batté ciglio quando si ritrovò a dover pensare velocemente ad un modo per sostituire Ivan la Scimmia Veggente che fosse plausibile, e magari anche convincente abbastanza da farsi una nomea: le sarebbe piaciuto, pensò distrattamente circa tre secondi dopo aver messo il sedere sulla sedia di Ivan, tornare ancora al Wicked e presenziare come Lady Hawke, la sensitiva. Si vedeva già nella parte!
E, per dimostrare – a se stessa, in primis – che ne fosse in grado, rivolse un sorriso smagliante al ragazzo che prese posto sulla sedia libera di fronte a lei, unendo entrambe le mani sulla tovaglia viola e attendendo che l’altro si mettesse a proprio agio.
A giudicare dalla parlantina, lo era già.
Perfetto!
Le persone spigliate e chiacchierone, di solito, erano quelle più facili con cui inventare bugie perché davano loro stessi gli appigli a cui aggrapparsi in una conversazione; al contrario, persone più silenziose e introverse bisognava convincerle in maniera più subdola e fine.
A quanto pareva quel giorno Lisi era stata graziata dagli astri.
Il sorriso che rivolse al ragazzo avrebbe potuto illuminare tutta New York, per quanto abbagliante.
«paura? chi ha paura. aspettavo questo momento DA TUTTA LA MIA VITA.»
«ed eccoti qui!» esclamò, allargando le braccia per indicare il banchetto e… beh, loro; la fila aveva perso un po’ di numeri quando si era capito che Ivan non fosse più disponibile, e il resto del parco non stava prestando poi molta attenzione a loro, ma Lisi era felice che almeno una singola persona avesse scelto di sedersi davvero, e darle un’occasione. Ora che stava impersonando Lady Hawke, e si accingeva a leggere il futuro di qualcuno, non poteva credere di non averlo mai fatto prima. «il momento è giunto.»
«finalmente direi. ciao, sono yejun mun ma questo tu devi già saperlo vero? ma lo sai che da noi sono le zingare a fare le veggenti?»
Ok, il ragazzo parlava davvero tanto. A Lisi piaceva già. «piacere, yejun,» allungò una mano per prendere quella del ragazzo — non per stringerla in gesto di presentazione, ma per iniziare a studiarla. Da adolescente aveva avuto anche lei la sua fase “impariamo a leggere la mano”, ma a distanza di anni ricordava solo poche cose, tipo che la linea della vita era quella che partiva dal polso e andava a finire nello spazio tra pollice e indice.
Forse.
Gesticolò con le dita per invitarlo a prestarle la mano cosicché potesse studiarla, e una volta presa la rigirò tra le sue, fingendo di sapere ciò che stava facendo, quando in realtà stava solo prendendo tempo e lasciando che le chiacchiere del ragazzo la accompagnassero.
«so un sacco di cose, in effetti» non c’era bisogno di aggiungere “non necessariamente riguardo te”, sembrava una cosa superflua (e fuori luogo.) da dire in quel caso, e poi rimanere sul vago era una prerogativa delle cartomanti, no?
«l'ho sempre detto a ma' che volevo farmi leggere il futuro»
Il sorriso di Lisi si ammorbidì, a quella confessione, e restituì la mano a Yejun.
Negli anni – vuoi per indole o vuoi per necessità, in quanto ribelle – aveva imparato a leggere molto bene le altre persone, e da quel commento quasi casuale di Yejun trasse la sua personale conclusione: era un ragazzo fortemente legato alla famiglia, magari persino un fratello maggiore, e chiaramente (il ricordo di?) sua mamma era una figura importante nella sua vita. Era stata?
Tornò ad unire le mani, affidando il peso allo schienale in legno, e studiando il viso simpatico e solare del ragazzo. «però non so come funziona il tutto oddio... devo... dire qualcosa? porti domande? ti devo chiamare veggente? oracolo? portatrice del fato...? scusa» Cercare una fessura in quel fiume di parole, dove potersi insinuare, sembrava uno spreco di energie: meglio lasciarlo fare e intanto capire come procedere. Tarocchi, magari? Chissà se Ivan ne aveva un mazzo, da qualche parte. «non l'ho mai fatto» Annuì, distratta, cercando con lo sguardo qualcosa che potesse assomigliare ad un mazzo di tarocchi, e commentando fra sé e sé con un nemmeno io che la fece sorridere.
Espressione che l’altro dovette fraintendere per qualcosa di diverso, perché lo sentì subito chiarire: «cioè... questa cosa. la mia situazione sessuale va a gonfie vele»
A quel punto, Lisi rise davvero: primo, perché aveva trovato i tarocchi; secondo, perché Yejun le piaceva davvero tanto.
Divertente come proprio quel commento sembrò sancire la fine del monologo, e allora la strega ne approfittò per iniziare il suo.
«ci credo,» bisbigliò come prima cosa, facendo un occhiolino a Yejun, «ricorda che non è a me che devi dirlo, la linea delle relazioni parla chiaro» o era quella dei soldi? Chissà, nel dubbio era abbastanza sicura che Yejun non avesse idea di cosa stava parlando, perciò era salva; indicò comunque con un indice la mano del ragazzo, come per fargli intuire che l’avesse letto lì. «scommetto che lei è una ragazza interessante, e sa come tenerti in riga» sentì di dover aggiungere, senza sapersi spiegare il perché.
«e… “il tutto”,» usò le sue stesse parole, «funziona nella maniera che preferisci. quello che hai detto è tutto buono e valido, scegli tu. se hai una domanda per loro,» agitò il mazzo di tarocchi che nel frattempo aveva iniziato a mescolare, «saranno ben lieti di darti la risposta. altrimenti possiamo fare una lettura più classica, passato presente e futuro. oppure l’alternativa, amore carriera e salute.» bastava scegliere una qualunque tripletta, e funzionava comunque — anche kiss marry kill. «e puoi chiamarmi semplicemente Hawke, se ti fa sentire più a tuo agio.»ammit420 in order to lead a happy life im gonna have to disappoint my parents a bit gifs: disneychannelrps.tumblr.com
i panic! at (a lot of places besides) the discoi see it, i like it, i want it, i got it -
.not 20 anymorebebe rexhaLisi Selwyn aveva visto molta più azione di quanto il suo giovane, e solare, volto non dimostrasse.
C’erano tragedie ben impresse dietro le palpebre, ogni volta che chiudeva gli occhi, e sapore di sangue appiccicato al palato che macchiava qualsiasi altro gusto da fin troppo tempo; e c’erano amici persi troppo presto, vittorie e sconfitte, successi, morte, rabbia e sacrificio.
La sua vita avrebbe potuto essere serena e senza pensieri, facile, ed invece Lisi aveva scelto di fare qualcosa della propria esistenza e dedicarla ad una causa più grande.
Non rimpiangeva nulla.
Tutto il sangue versato, le lacrime che avevano rigato le guance, i denti stretti e le unghie conficcate nei palmi, le ferite e le ossa rotte; la stanchezza, e il pensiero, ogni tanto, di non potercela fare — erano ciò che spingeva Lisi, giorno dopo giorno, a continuare. Perché non era da lei abbattersi, o lasciarsi scoraggiare; perché credeva in quello che la resistenza faceva e sapeva che prima o poi avrebbero avuto successo. Non le importava troppo il come, purché lo realizzassero; era persino disposta a non vederlo mai, se il destino avesse demandato un suo sacrificio, ma ovviamente avrebbe preferito esserci alla fine di tutto. Se l’era guadagnata. Con le bugie raccontate alla sua famiglia, i segreti tenuti ad amici e parenti, le notti in bianco e gli incubi; quella guerra era anche sua. Aveva sempre avuto fiducia in Jeanine, e sempre ne avrebbe avuto.
Non le piaceva troppo la resistenza britannica, non ne sposava completamente i modi o i mezzi, ma era capace di adattarsi, Lisi, e di dare il giusto apporto a modo suo, in qualunque situazione.
Quindi no: l’azione non la spaventava, aveva calpestato molti più campi di battaglia di quanti non riuscisse a ricordare, e ogni volta aveva potuto raccontare di esserci stata; molti commilitoni non erano stati così fortunati.
Ma non la sceglieva mai.
Le piaceva agire dietro le quinte, reclutare e far riflettere i cittadini, o quelli che, almeno secondo lei, potevano avere in sé una scintilla di ribellione da alimentare e sfruttare. Era brava, dopotutto, a capire le persone. A piacere, e a dimostrarsi affidabile, sicura, persuasiva. Non attraverso le menzogne (ciao mamma) né per necessità di essere buona con tutti (ciao papà); a modo suo, in una maniera che forse aveva in sé un po’ di entrambe le cose, Lisi era la reclutatrice perfetta.
Sapeva anche essere letale in battaglia, però. Non aveva pietà dei nemici — perché loro non ne avevano nei confronti dei sovversivi. Era una lotta di sopravvivenza, la loro, e solo il più forte avrebbe trionfato: non c’era tempo per la paura, o per i sensi di colpa. E sapeva proteggere, perché non era mai la sopravvivenza del singolo, ma quella di tutto il gruppo.
Strinse a sé la figura che aveva al suo fianco, sostenendola il più possibile con il proprio – esile – corpo, stremata ma decisa; con la mano libera bussò di nuovo sulla porta del magazzino, lasciando una scia di sangue. Suo? Era quasi certa di no. Nell’attesa, abbassò gli occhi sul compagno semi incosciente. «rimani sveglio» Cora dove sei «ci siamo quasi» spero.
Come evocata da quei pensieri, ecco che la figura della custode fece la sua apparizione, invitandoli ad entrare nel retro dell’edificio e guidandoli poi attraverso il passaggio segreto per raggiungere il quindi piano del San Mungo, quello non così in disuso come i maghi credevano.
«ci hanno riferito di stare pronti, cosa è successo?»
Strinse le spalle, con meno risposte della bionda col camice. «intel sbagliato, presumo» avrebbe dovuto essere facile, o così gli avevano detto. E invece erano quasi morti tutti quanti. A poche settimane dall’incidente ad Hogsmeade, per di più; di quei tempi, non gliene andava bene una.
Abbandonò la figura sempre meno coerente di Shelby su uno dei lettini quando la guaritrice gli mostrò dove, e poi si accasciò a sua volta contro la parete. Quando Cora, preoccupata, fece per avvicinarsi, Lisi alzò prontamente la mano. «sto bene, pensa a lui» Il guerrigliere si era beccato gli attacchi peggiori, troppo impegnato a pensare all’attacco per concentrarsi sulle difese, mentre lei era stata abbastanza furba da evitare gli incantesimi dei pavor; si era beccata giusto qualche graffio, nulla a cui non fosse abituata.
«vado a prendermi un caffè» in che senso non avevano almeno un thermos di caffé caldo su quel piano, impossibile.
Non guardò Cora, mentre si alzava e si allontanava da medico e paziente, trascinandosi lungo il corridoio con passo pesante e aria stremata. Si passò una mano tra i capelli, togliendo la maschera alzata sulla fronte, senza preoccuparsi del sangue a macchiare le ciocche bionde: voleva il suo appartamento, un bel bagno caldo e una confezione intera di gelato.
«la tua giornata non può essere peggiore della mia, courage» a quanto pareva, l’ospedale era affollato quella sera. «qualsiasi cosa sia, ricorda che ci si può sempre bere su.» Avvicinò l’altro ribelle, e dopo aver preso una tazza di caffè, prese posto su una delle sediole di plastica, testa reclinata all’indietro contro il muro. «ti racconto il mio se mi racconti il tuo,» il sorriso che rivolse al Vaughan era sincero, seppur velano da una leggera tristezza mista a stanchezza. Tutto sommato, l’americano le piaceva — e non lo stava affatto tenendo d’occhio perché le era giunta voce avesse approcciato (o fosse stato approcciato da) suo fratello minore al matrimonio di Barrow, no. Assolutamente.(re)belle
Edited by (re)belle - 16/3/2024, 18:41 -
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buongiornissimo
↳ prima utenza: peetzah!
↳ NUOVA UTENZA: (re)belle
↳ PRESENTAZIONE: dopo la cerco (non l'ho più cercata)
↳ ROLE ATTIVE:
- MORLEY: 31/08
- ARTURO: 22/08
- NICE: 03/09
- HANS: 27/08
- DYLAN: 24/08
- NATHAN: 24/08
- WREN: 24/08
- LOLLO: 23/08
- MADDOX: 25/08
- LUPE: 04/09
- KYLE: 27/08
- GREY: 02/09
- CLOUD: 01/09
- NELIA: 25/08
- HOLD: 25/08 (bonus irma)
- REESE: 07/09/
- MONA: 28/08
- IDYS: 23/08
- BASH: 25/08
- WILLA: 22/08
- LANCE: 29/08
- JAVA: 23/08
- TYLER: 29/08
- LITA: 02/09
- THEO: 23/08
- ELIAS: 24/08
↳ ULTIMA SCHEDA CREATA: Elias (21/08)
Edited by ad[is]agio - 11/9/2023, 09:11 -
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lisi selwyn girls just want to have fun cyndi lauper the phone rings in the middle of the night
&& my father yells, "whatcha gonna do with your life?"
Oh daddy dear, you know you're still number one
but girls, they wanna have fun.A Lisi le fiere erano sempre piaciute.
Non le sagre del signor Paolo (anche se, vi dirò: ci sono buone probabilità che alla parigina piacessero anche quelle) ma le rassegne dove si montavano gli stand, e apparivano carrelli del cibo ovunque, e c'erano i giochi per vincere peluches o pesciolini rossi, e si mangiava zucchero filato e si faceva un giro sulla ruota panoramica insieme alla persona dei sogni – con annesso blocco della giostra mentre la coppietta felice era in cima, per godersi la visita , altrimenti dov'era il *stelline* drama *stelline* – e tutte quelle cose che si vedevano nei film. Non aveva mai nascosto di avere l'animo romantico, o di aver divorato un po' troppe rom com (rigorosamente sul divano, in pigiama, con una confezione di gelato alla crema stretta tra le mani) nel corso della vita, e non si vergognava affatto di avere degli standard ben precisi.
In mancanza di quelle, però, si accontentava anche dei lunapark: le giostre c'erano, gli stand dei giochi e del cibo anche, c'erano panchine posizionate sotto gli alberi dove sedersi ed osservare la gente che passeggiava o i bambini che correvano euforici, e tutto sommato si respirava la stessa aria festiva e giocosa che viveva alle fiere. Non male come ripiego, pensò tra sé e sé, nonostante il paragone con il Wicked Park del prima non reggesse affatto: era palese, quasi cristallino, che i maghi (e persino qualche coraggioso babbano) che vi si erano recati quel giorno, fossero lì più per convincere se stessi che nulla fosse cambiato, che per godersi davvero le giostre.
Alcuni genitori conducevano figli vivaci stringendoli per la mano, attenti a non perderli di vista, un sorriso triste nascosto sotto l'espressione più tranquilla che riuscissero a trovare, pur di portare avanti quella farsa il più a lungo possibile. Lo si faceva sempre per i bambini, no? Ma in quel caso anche un po' per loro stessi.
Lisi poteva quasi comprenderli.
Non era affatto la prima volta che si recava al parco divertimenti magico, abituata ormai a fare la spola tra Francia e Scozia & dintorni per tenere d'occhio i suoi fratelli – sì, plurale; Lisi sapeva già, ma era rimasta silenziosamente nell'ombra ad osservare quei due imbecilli di Wyatt e Lance rovinarsi la vita a vicenda; né aveva voluto soffermarsi troppo sul fatto che uno di loro fosse il migliore amico di sua mamma, perché c'erano cose che persino l'animo eternamente sognatore e idealista di Lisi non voleva processare – ma non l'aveva mai visto così… così grigio, e triste.
La guerra aveva spazzato via la gioia anche da quel posto, così come aveva fatto nel resto del mondo, e Lisi non glielo avrebbe mai perdonato.
Sì, sapeva che ci fossero ben altre priorità e che soffermarsi su quisquilie come un parcogiochi era infantile ma per alcune persone quelle cose erano importanti, ridavano un barlume di serenità a chi non aveva più nulla, erano l'oasi felice di molti, lo svago di cui necessitavano quando il peso della vita si faceva insopportabile. E non era solo un discorso egoista, perché Lisi sapeva di non essere da sola in quella categoria: c'erano tanti che, come lei, trovavano piccole gioie in momenti si svago come quelli.
Erano gli eterni bambini. Dei Peter Pan moderni che avevano sostituito la polvere di fata con lo zucchero filato, e la lotta ai pirati con il lancio della pluffa per vincere portachiavi orrendi; tutto era relativo, ma ogni male poteva essere curato varcando la soglia di quel posto, o di altri mille simili sparsi nel mondo.
O, almeno, si poteva mettere in standby la vita anche solo per qualche ora e fingere che i problemi non esistessero e che andasse tutto bene.
Ogni tanto era esattamente ciò che serviva al fisico e alla mente per ricaricarsi, e per poter poi affrontare tutto il resto.
Seduta sulla panchina che condivideva, in quel momento, con una coppia di teneri vecchietti, Lisi osservava il dispiegarsi delle vite altrui cercando di creare, nella sua testa, una storia diversa per ciascuna di loro, una motivazione che li avesse spinto a recarsi al Wicked proprio quel giorno, e in quel preciso momento. Era una delle sue attività preferite, ma di solito la svolgeva appollaiata sulla poltroncina che aveva messo nel balcone del monolocale che aveva comprato a Parigi: lì, con Degas acciambellato sulle gambe e un bicchiere di vino in mano, passava le ore ad osservare le persone scorrere avanti e indietro per le vie parigine, cercando di inventare per tutti una storia e una vita che, con tutta probabilità, non c'entravano assolutamente nulla con quelle che vivevano realmente. A volte si domandava se a quei perfetti estranei non sarebbe piaciuto, piuttosto, fare a scambio e firmare per poter vivere la vita che Lisi aveva immaginato per loro; forse sì, forse no — non a tutti piacevano le storie a lieto fine. Hayden glielo diceva sempre che fosse un'inguaribile romantica e una sognatrice con l'immaginazione troppo fervida. Ma lei si piaceva così, intangibile e utopista. A tratti illusa, certo, ma sempre fiduciosa.
E lo stesso stava facendo quel giorno, al parco. Morgana la Fata solo sapeva quanto tutti loro avessero bisogno dei suoi lieti fine, in quel periodo; delle sue trame romantiche e rocambolesche, spiritose e divertenti, ottimiste e leggere. Sapeva di non poterle davvero sostituire alla realtà, ma era comunque bello sognare di poterci provare.
In quel preciso momento, osservava con attenzione lo stand spartano di un veggente, tal Ivan, – una simpatica scimmia che leggenda narrava avesse rischiato di essere rapita un paio di anni prima – dall'aria stanca e fortemente provata: gli faceva quasi pena, quella mascherina sfruttata per le sue doti precognitive, al punto da spingere la francese ad avvicinarsi al banchetto e chiedere alla donna che lo accompagnava se avessero per caso bisogno di qualcosa.
Ciò che intendeva Lisi: una bottiglia d'acqua, un caffè, magari un dolcino per fare scorpacciata di zuccheri.
Ciò che disse la donna: «oh, magari, sì grazie! stai qui qualche minuto, torniamo subito.» e prima che Lisi potesse ribattere (o anche solo capire cosa fosse appena successo) la donna, vestita come una zingara uscita direttamente dal cartone di Notre Dame, prese in braccio la scimmia e se la diede a gambe levate, lasciando la Selwyn spiazzata e confusa.
Cosa si aspettavano che facesse, di preciso? Offrire letture a completi sconosciuti? Ok si che aveva la Vista (o un accenno di essa, una presunta tale che non aveva mai imparato a sfruttare nella vita, una qualità a quanto pareva ereditata dal papino) ma da lì a definirsi una veggente ce ne passava.
Eppure la gente in attesa era tanta, la fila di persone spazientite per l'interruzione sembrava agitarsi sempre più, e Lisi, da sempre affetta da sindrome del pacificatore, decise di assolvere anche quel compito come se fosse una cosa perfettamente normale.
Rivolse un sorriso radioso ai clienti, afferrò un pezzo di stoffa trovato lì intorno e lo legò a mo' di bandana sui capelli biondi. Poi prese posto laddove fino a pochi minuti prima era seduto Ivan, la scimmia veggente.
«mi scuso per l'interruzione, ma Ivan ha avuto un contrattempo.» sorrise, a proprio agio come se non stesse improvvisando del tutto, «io sono la sua collega, Lady–» uh, okay — era anche, unironically, uno dei suoi film preferiti «Hawke» nome preso in prestito dal cartellone pubblicitario a qualche metro di distanza. «chi è il prossimo? fatevi avanti, non abbiate paura, coraggio.» indicó con una mano la sedia libera di fronte a sé, e nel frattempo escogitando un piano su come convincere gli ignari clienti che fosse davvero in grado di fornire letture (più o meno) accurate sul loro futuro: doveva leggergli la mano? I tarocchi? La mente? Ugh, quell'ultima sarebbe stata un pelino complicata da pullare… ma era certa che, al momento opportuno, si sarebbe illuminata con un'idea geniale.
O così sperava.ammit420 in order to lead a happy life im gonna have to disappoint my parents a bit gifs: disneychannelrps.tumblr.com
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A si ritrova a dover sostituire un veggente (Ivan la scimmia) nella tenda delle predizioni. B è il suo primo cliente.