what if ... fuck you

Costas x Arturo

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    Costas Motherfucka
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    Quell'anno passare le vacanze di Natale in casa Motherfucka non era stato piacevole, non lo era mai a dire il vero, ma quella volta era stato del tutto una sofferenza per Costas. Non aveva pensato che diventare il capitano della squadra e rinunciare quindi al ruolo di prefetto avrebbe portato problemi con la sua famiglia: suo padre lo aveva torturato,non fisicamente, era più un tipo che col silenzio e disapprovazione per tutto quello che il ragazzo faceva, riusciva a farlo sentire una merda; sua madre invece aveva deciso che doveva essere presente ad ogni loro evento e doveva essere praticamente perfetto, doveva fingere di essere interessato alla politica e a tutte quelle cazzate che un giorno avrebbe dovuto affrontare. Avrebbe senza alcun dubbio preferito le torture con la Queen invece che quello.
    «Per fortuna è finita!» sospirò mentre si gettava a peso morto sul proprio letto del dormitorio, la scuola era stata riaperta e i Motherfucka erano rientrati al castello, dopo quelle settimane d'inferno era ancora più felice di essere in quel posto anche se non era certo che sarebbe durato, probabilmente presto o tardi suo padre lo avrebbe costretto a lasciare non solo il ruolo da capitano ma proprio il Quidditch, quindi doveva godersi ogni attimo e soprattutto doveva vincere la coppa.
    «Non vedo l'ora di tornare ad allen--Ehi mort ma mi stai ascoltando?» si voltò per guardare il compagno di casa che sul proprio letto si faceva beatamente i cazzi suoi. Non ascoltava proprio mai. «Cazzone!» gli tirò un paio di calzini puliti,forse, così da avere la sua attenzione. «cosa cazzo---Ah sei tornato»Non si era accorto che era tornato da mezz'ora e si era lamentato per tutto il tempo?alzò gli occhi al cielo «Sei una bestia!» scosse la testa e si alzò dal proprio letto, aveva fame e magari in sala grande forse c'era qualcosa da sgranocchiare. «Vabbè, vado a farmi un giro. A dopo!» non aspettò di essere salutato, probabilmente Mort si era di nuovo isolato ma poco importava alla fine gli era passato persino la voglia di parlare.
    La vita era uno schifo e sperava davvero che l'anno nuovo avrebbe portato qualche novità e non di quelle che avrebbero reso quella permanenza ad Hogwarts ancora più difficile, voleva qualcosa che potesse farlo tornare a sorridere. Ok forse era esagerato perchè nonostante i suoi genitori era comunque sempre lo stesso Costas, con voglia di divertirsi e neanche un Arturo qualsiasi lo avrebbe più fermato. Già Arturo, lo stronzetto non gli parlava da mesi e non aveva neanche idea se sarebbe tornato dopo le vacanze, ma si era ripromesso che non gliene sarebbe importato. Fanculo. C'erano altre prede, come quella ragazza corvonero che stava rientrando probabilmente dalla vacanze «Ma ciao» si lasciò andare al suo sorriso migliore mentre camminava all'indietro per guardare meglio la mora che decise di ignorarlo, non importava poteva comunque osservarla mentre si allontanava e lui si faceva il corridoio come i gamberi; fino a quando non si ritrovò a sbattere con qualcuno. «oh..ma cazzo guarda dove vai» forse era colpa sua che camminava all'indietro ma insomma poteva l'altra persona guardare per entrambi. Si voltò e rimase bloccato. «Hendrickson...sei vivo»provava dei sentimenti contrastanti ma aveva deciso di non mostrarne alcuno al ragazzo.

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    E anche Natale era passato. Ora mancavano solo sette mesi al diploma, solo sette mesi per mettere finalmente quanta più Inghilterra possibile tra lui e il castello, una volta per tutte -- ce la poteva fare a resistere.
    ...poteva, vero?
    Come al solito Arturo aveva i suoi (mille.) dubbi riguardo (tutto.) la cosa, ma era – stranamente!! - anche abbastanza positivo su... mh, poche cose in effetti MA! almeno era un cambiamento positivo rispetto a poche settimane prima, quando “poche” erano praticamente “zero”.
    Starsene per conto suo durante quelle vacanze, rintanato in un anonimo ostello scozzese senza dover affrontare niente e nessuno contro la sua volontà, gli aveva dato modo di riflettere; infondo, era risaputo che passare del tempo in balia dei suoi pensieri e delle sue mille paturnie fosse l'hobby preferito dell'ex cacciatore! L'unica cosa di cui aveva sempre avuto bisogno, davvero bisogno, era un po' di pace per metabolizzare tutto quanto -- cosa che non aveva avuto materialmente il tempo di fare tra la notizia bomba e il rientro a scuola; cosa che, decisamente, non era riuscito a fare poi una volta approdato al castello, in mezzo a facce familiari che all'improvviso sentiva di non conoscere più poi così tanto. Aveva avuto un discutibile modo per (non) affrontare il tutto, è vero, ma non aveva mai ammesso di essere perfetto, al contrario!! Reagire in maniera esagerata e un po' troppo drammatica era nella sua natura.
    Era però anche vero, infondo, che Arturo aveva chiesto solo una cosa ai suoi compagni, ovvero di esser lasciato in pace almeno un po', richiesta che qUaLcUnO aveva ignorato, mettendo a dura prova la pazienza e la calma (e la sanità mentale.) del serpeverde.
    Nella stanza minuscola e dalle pareti troppo sottili, con la sola compagnia del gattino che aveva adottato da Ethan quasi un anno prima, Arturo aveva finalmente trovato il modo di respirare di nuovo. E, anche se respirare non aveva reso quella scoperta meno sconvolgente, si era quasi convinto che, infondo, non era colpa sua. O, quanto meno, non era colpa di Arturo. Quel pensiero era stato sufficiente per farlo rimanere a galla e, piano piano, aveva preso coscienza di altre piccole cose che l'avevano avvicinato sempre di più ad un barlume di serenità, sensazione sparita già da tempo.
    Okay, la sua famiglia non era davvero la sua famiglia -- terribile il fatto che gli avessero mentito per diciotto anni, certo, ma HEY! Il lato positivo? Poteva finalmente mettere della distanza tra se stesso (quello vero) e un branco di bigotti che non lo avrebbe mai accettato per ciò che era. Sarebbe comunque rimasto una delusione per loro, ma quel pensiero bruciava un po' meno nel petto del serpeverde e il peso di quella consapevolezza non lo portava più a fondo come aveva fatto fino a pochi mesi prima.
    Era, per certi versi, libero.
    D'altronde, né Ana Teresa né Paul (probabilmente ammonito dalla moglie) lo avevano cercato per accertarsi che stesse bene, né avevano mandato lui un gufo per augurargli buon natale... era chiaro che entrambe le parti stavano meglio l'una senza l'altra. E, tra tutti i problemi che aveva, quello costituito dagli Hendrickson era il minore.
    Molto più in alto sulla lista c'erano altre cose... tipo l'aver deluso dei compagni che, forse, sotto sotto, avevano creduto in lui -- non tutti, certo, ma a mente lucida voleva sperare che almeno qualcuno l'avesse... non dico stimato, ma almeno apprezzato in quell'anno da capitano, ecco. Non era fiero di quanto (non.) realizzato con la squadra di serpeverde, ma col senno di poi un po' si dispiaceva per come li aveva lasciati: lo avrebbe fatto comunque, non aveva (mai avuto.) nulla da dare alla squadra, Chelsey aveva sempre avuto ragione a riguardo, ma quanto meno avrebbe potuto cacciare le palle e affrontarli a testa alta, senza nascondersi dietro il coach Milkobitch. Eppure non lo aveva fatto, schiacciato da troppi problemi e da uno stato d'animo che non gli aveva permesso di pensare lucidamente. Se ne vergognava, certo, perché si era dimostrato debole come in tanti avevano sempre sostenuto... ma poteva migliorare! Poteva crescere! Poteva imparare ad affrontare i problemi senza (piangere.) scappare ogni volta.
    Idealmente, ci credeva moltissimo; nella pratica? Beh, aveva bisogno di aiuto. E sapeva già a chi chiedere... doveva solo, come dire, trovare il coraggio per farlo.
    Ad ogni modo, c'era ancora un problema più grande da affrontare! Sì, quei maledetti erano tipo matrioske, uno dentro l'altro: ogni problema ne portava con sé altri mille e, tutti insieme, avevano reso il primo semestre una vera tortura.
    Nello specifico, Il Problema, aveva un volto e un nome: Costas Motherfucka.
    Se si era maledetto ogni singolo giorno di quell'autunno per come aveva chiuso le cose tra loro? Certamente. Duh. Ma, ancora una volta, era stato totalmente sopraffatto da tutto il resto da non aver avuto modo di pensare sul serio a come rimarginare quella ferita tra loro; e ora che aveva messo da parte sufficiente coraggio per almeno provare ad avvicinare l'ex vice capitano, temeva di essersi spinto un po' troppo oltre ed aver distrutto, una volta per tutte, il loro rapporto.
    Non lo biasimava.

    E così, carico di una ritrovata energia e dell'ottimismo che, dopotutto, gli era appartenuto prima che il mondo iniziasse a crollare un poco alla volta intorno a lui, Arturo era tornato a scuola quel tre gennaio a discapito di tante maliziose voci che avevano scommesso il contrario -- era tornato pieno di buoni propositi. Aveva persino fatto una lista!! E sperava di poterne spuntare almeno due o tre prima della fine dell'anno .
    In cima alla lista c'era sicuramente quello di inviare un gufo alla prof Winston, chiedendole se fosse possibile fissare un colloquio per... parlare. Di cosa, Arturo non lo sapeva ancora ma (sperava che) si sarebbe prima o poi chiarito le idee anche riguardo quello; la Winston, a prescindere da tutto, rimaneva la sua professoressa preferita e farle da assistente, l'anno prima, per quanto traumatico (lui. che era una schiappa in tutte le materie ma specialmente con gli incantesimi, che ironia) era stata una bella esperienza e, se proprio doveva scegliere un familiare da cui iniziare per sbrogliare quell'ingarbugliata matassa che era il suo passato/futuro (e per tutto il resto. aveva davvero TANTI problemi.) era ovvio che scegliesse lei. Avrebbe parlato volentieri con Amalie ma... aveva bisogno di un adulto. Vero. Scusa Ams.
    O, alle bruttissime, se proprio non riusciva a tirare fuori l'argomento 2043, potevano parlare solo di scuola e degli imminenti esami, sapete, col diploma e tutto il resto .
    Ma sì, poteva farcela. Poteva inviare quella richiesta di ricevimento (perché duh. farlo di persona avrebbe richiesto un po' troppo), il primo passo per far iniziare l'anno nel verso giusto, il prim- «.» Proprio così, il punto. Che altro poteva dire, infondo?
    A testa bassa, gli occhi fissi sulla lettera che teneva stretta tra le mani, non si era accorto di dove stesse andando ed era finito contro qualcuno. Cioè, magari fosse stato solo qualcuno: invece no, era proprio «Costas.» Okay che aveva deciso di provare a parlarci ma... così era un po' troppo inaspettato. TROPPO IMPROVVISO. Non era pronto!! E infatti, rimase in silenzio, bocca dischiusa e la stessa espressione impanicata di un cervo che fissa, inerme, i fari di un'auto diretta verso di lui a tutta velocità.
    Impatto tra tre... due... «Hendrickson...sei vivo» uno. Si passò, a disagio, la mano tra i capelli -- ricordando solo troppo tardi che le ciocche scure avevano lasciato il posto ad un taglio molto corto, che metteva in risalto il viso e lo sguardo chiarissimo. Li spazzolò dunque doppiamente a disagio, lasciando poi cadere la mano con la lettera lungo il fianco, e osservando il viso (incazzato.) duro e deluso del minore. «Avevi scommesso il contrario?» Non la cosa migliore con cui rispondere, se ne rese conto solo dopo, ma onestamente non gliene avrebbe fatto un colpa: viste come erano andate le cose, Arturo stesso avrebbe scommesso contro. «Co- come sono andate le vacanze?» Dio santo, era un imbecille: cercare di fare due chiacchiere prive di spessore non era certo il modo migliore per sistemare le cose tra loro; ma, infondo, aveva detto di volerlo fare, non di sapere come farlo.
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    Costas Motherfucka
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    Rimase in silenzio per qualche secondo e si godette anche del bel corpo di Arturo, inutile negarlo anche perchè non lo aveva mai fatto e non riusciva a non ammirare il corpo slanciato, le labbra sempre carnose, non poteva vederlo ma sicuramente anche il suo sedere era ancora sodo, glielo avrebbe palpato volentieri ma non lo avrebbe più fatto così per frenare ogni sua voglia incrociò le braccia al petto e osservò il compagno.
    «Avevi scommesso il contrario?» si morse la lingua per non rispondergli come avrebbe davvero voluto
    «non ho mai scommesso su di te» aspetta cosa? voleva provocarlo non essere carino, non lo era stato vero?! Gli venne il dubbio «Ciò che ti riguarda non è affar mio» ecco ora era stato pungente come voleva lui.
    «Co- come sono andate le vacanze?» quasi gli venne da ridere, ma rimase serio, o meglio col quel sorriso che sicuramente Arturo, e chiunque altro, avrebbe voluto prendere a schiaffi.
    «perchè t'interessa davvero saperlo?» alzò un sopracciglio, chiaramente dubbioso perchè dopo mesi che non si parlavano e che Arturo scappava da lui ogni volta che erano troppo vicini ora questo voleva sapere come erano andate la vacanze. Assurdo.
    Rimase incantato nei suoi occhi chiari, dannato, lo fregavano sempre. «Non sei costretto a parlarmi» passò poi lo sguardo su quel foglio e si trattenne dalla voglia di chiedergli cosa fosse, in fondo non era più affari suoi no? «puoi tornare ad ignorarmi»
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    Edited by Costa(nzo)s - 15/1/2022, 00:09
     
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    Arturo Maria Hendrickson
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    C'erano stati spesso silenzi imbarazza(n)ti tra loro, per lo più da parte dello spagnolo, poiché Costas era bravissimo a riempiri -- spesso con cose inappropriate o da Costas, ma almeno uno dei due non era un fottuto disagio ambulante per la maggior parte del tempo.
    Ma mai nessun silenzio era stato così carico di tensione.
    Arturo non gliene faceva di certo una colpa: se lo meritava quel trattamento dopo che per mesi, e senza dargli una vera giustificazione, lo aveva ignorato ed evitato nemmeno fosse lui stesso la causa della pandemia magica di ottobre.
    Era stato: uno stronzo.
    E non poteva nemmeno scusarsi senza a) raccontare la verità e il perché di quell'improvviso trattamento; b) inventare una bugia che fosse abbastanza plausibile perché non voleva mentire a Costas. Non di proposito. Era già arduo tenerlo all'oscuro di tutto il resto.
    Cercò di frenare l'istinto di correre via notando l'atteggiamento distaccato del minore, con tanto di braccia conserte e sguardo impassibile: avrebbe dovuto affrontarlo, prima o poi, tanto valeva farlo subito, così Costas poteva dirgli di andarsi a farsi fottere una volta per tutte ed entrambi avrebbero vissuto (meglio? peggio? chissà) le loro vite.
    «non ho mai scommesso su di te» L'espressione sul suo voltò mutò all'istante, confuso: era.... era un'offesa? Voleva fargli capire, con quelle parole, che non aveva puntato su di lui nemmeno quando era diventato capitano...? Che non avrebbe mai scommesso i suoi soldi su Arturo? Che non lo vedeva com- «Ciò che ti riguarda non è affar mio» – ah no ecco, la cosa era molto più semplice, apposto. Era, giustamente!, passato alla fase del “di te non mi importa”. OKAY. Sentì il sorriso impacciato vacillare, ma riuscì comunque a tenerlo lì, mentre osservava Costas che, sempre con aria quasi di sfida, rimaneva lì. A parlargli. Forse, dopotutto, potevano ancora salvare quel rapporto... «Non sei costretto a parlarmi, puoi tornare ad ignorarmi» oooooppure no, va bene, giusto così.
    Coolcoolcool
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    Aprì la bocca in cerca di qualcosa da dire, ma la richiuse subito: non si sentiva costretto, un po' preso alla sprovvista magari ma voleva farlo! Voleva... voleva rimediare agli errori commessi, uno alla volta; ma allo stesso tempo, non voleva imporre la sua presenza nella vita del Motherfucka se non era ciò che il minore voleva. «Hai ragione.» Annuì con aria seria, rendendosi conto solo dopo di aver involontariamente accettato di ignorarlo. «No, non intendevo... non voglio... cioè...» aiuto...? Fece un respiro profondo, e ci riprovò. «Scusa Che era almeno un inizio. «Io... non volevo. Cioè, non lo so cosa volevo. Davvero, non lo so. Sapevo...? Eh. C'era solo confusione e-e-e avevo un sacco di problemi, Costas, mi dispiace. Non avrei dovuto, ma avevo bisogno di... tempo. Di capire. Di fare chiarezza. Io...» serrò le labbra, cercando di frenare quel fiume in piena. «Per quel poco che può valere, mi dispiace davvero. Ma capisco -» se mi odi? Se non ti frega più niente? Se non mi vuoi più vedere?
    Chissà cosa capiva, Arturo Maria, dal momento che non terminò la frase.
    Nel dubbio: nulla. Non capiva un bel nulla.
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    «hai ragione»
    «cosa?» esattamente riguardo a cosa aveva ragione? Che dovesse evitarlo o che era stato stronzo? Era confuso.
    «No, non intendevo... non voglio... cioè...»
    «non vuoi?» stava provando a dire che voleva riprovarci?
    Era sempre più perplesso e tutto quello stava diventando sempre più assurdo.
    «scusa» sto cazzo. Glielo avrebbe detto volentieri se non fosse che Arturo iniziò a parlare con parole senza senso, era chiaramente nervoso.
    Provò a non sorridere ma vederlo in difficoltà gli faceva venir voglia di baciarlo per zittirlo, per fermare i suoi ingranaggi sempre troppo indaffarati. Pensava troppo, glielo aveva sempre detto. «Arturo»
    «Per quel poco che può valere, mi dispiace davvero. Ma capisco -»
    A quel punto se fossero stati come ai vecchi tempi un limone non glielo avrebbe negato, ma dato che non erano più, cosa? qualsiasi cosa fossero stati in passato ora di certo non erano a quel punto.
    «cosa hai capito? Perché io al contrario vorrei farlo» E poi era ancora arrabbiato con lui per averlo mollato e non perché doveva essere lui a farlo ma semplicemente perché aveva semplicemente deciso di non parlargli più senza dirglielo e poi la storia del Quidditch, era meglio non pensarci. Guardò ancora per quel qualche istante il compagno, non gliela avrebbe data vinta così facilmente.
    «cosa vuoi da me?» una domanda semplice e chiara.
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    Edited by Costa(nzo)s - 16/1/2022, 14:42
     
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    Arturo: ho capito!
    Costas: cosa hai capito?
    Arturo: ...assolutamente nulla.

    Le cose stavano andando esattamente così, perché negarlo.
    Lo spagnolo abbassò lo sguardo, trovando improvvisamente super interessanti i lacci delle scarpe da ginnastica indossate sotto la divisa; tutto pur di non guardare l'altro negli occhi.
    Cosa aveva capito? Eh, non molto in realtà -- come c'era da aspettarsi. Voleva convincersi del contrario, ma le uniche cose su cui aveva le idee chiare erano il fatto che avesse probabilmente reagito non troppo bene (ma dai.) alla notizia e l'avesse ingigantita nella sua testa più del dovuto e che il suo comportamento aveva ferito altre persone. Non voleva scusarsi per l'aver avuto bisogno di tempo e spazio per metabolizzare tutto, assolutamente: di quello non si vergognava, poiché ognuno aveva il proprio modo per reagire alle cose. Tuttavia, avrebbe potuto utilizzare il dono della parola di cui, ahilui!, spesso dimenticava di essere dotato, e tentare di spiegare perché avesse avuto bisogno di essere lasciato in pace. Non c'era riuscito, a settembre, ma magari poteva farlo adesso.
    Alzò lo sguardo solo all'ultima domanda del minore, riflettendo brevemente sulla risposta da dare. In verità? «Nulla» Non voleva nulla da lui. Che, realizzò con un secondo di ritardo, suonava sbagliatissimo. Sospirò e si guardò intorno, indicando poi la parete non troppo distante da loro, in modo da potersi appartare e non rimanere nel bel mezzo della sala grande, d'intralcio ma, soprattutto, a portata di orecchie indiscrete.
    «Non nulla, scusa. È uscito malissimo.» come sempre. Come dirgli che non aveva alcuna pretesa da parte sua? Che non voleva niente, da lui, perché non era giusto pretendere alcunché se non tre secondi per dargli modo di spiegarsi? Si rendeva conto di essere egoista già solo per quello ma ne aveva bisogno; magari non sarebbe servito a nulla, ma doveva provarci. «Non volevo che le cose andassero così. E.. chiuderti fuori in quel modo è stato... da stronzo, lo so. Non ti chiedo di perdonarmi così, all'istante, e capirei se non volessi farlo nemmeno- non lo so,..» mai. «..eh .» come si finivano le frasi in maniera coerente? Boh, chi lo sa. Si morse l'interno della guancia, le mani in tasca a giocare con i fili interni della divisa, incapace di stare calmo mentre provava a chiarire le cose con una delle persone per lui, indubbiamente, più importanti. «Vorrei solo che...» si passò una mano sulla faccia, cercando un modo per raccontare, almeno, una parte di verità.
    «Pochi giorni dopo il weekend ad Alicante, ho scoperto -» una cosa che non posso dirti, mi dispiace «che i miei genitori mi hanno mentito per tutto questo tempo. Non so perché, per quale motivo non abbiano mai voluto dirmi la verità, io non -» non lo capiva davvero. Non era... così terribile adottare un bambino, no? Perché non dirglielo, perché... perché nascondere tutte le prove. Perché tentare di negare quando li aveva affrontati a viso aperto sull'argomento. C'erano ancora tante cose che non capiva degli Hendrickson -- e forse non le avrebbe capite mai. Guardò Costas, notando forse un barlume di confusione nello sguardo verde del Motherfucka, e capì di non aver spiegato proprio un bel niente.
    Non era facile per lui aprirsi sull'argomento -- non era facile per lui parlare di queste cose, punto. Eppure, con Costas poteva farlo; e, in parte, glielo doveva.
    Quindi ci riprovò.
    «Mi hanno adottato – e quando l'ho scoperto, volevano continuare a negare. Abbiamo litigato, e -» scrollò le spalle, gli angoli della bocca a piegarsi verso il basso in un'espressione ferita. «Non li vedo e non li sento da agosto. È stato... abbastanza -» traumatico, se sommato a tutto il resto; sfiancante. «e h.» eh. Cercò un briciolo di comprensione nel minore, anche se quello forse non era abbastanza per giustificare il suo comportamento. «È come se... improvvisamente tutto fosse un po' troppo. Era... difficile stare in mezzo alla gente. Sorridere, parlare e comportarmi come se nulla fosse. E... insomma, lo sai che non mi piace parlare di me o dei miei problemi. Ho questo... modo un po'... eh, di affrontare le cose. Solo che stavolta si è rivelato più ingestibile del previsto. Mi sentivo -- mi sento soffocare ogni volta che ci penso.» Non parlava più solo degli Hendrickson, ma a Costas quello non poteva dirlo.
    «Mi dispiace davvero di averti riservato un trattamento del genere.» era molto sincero, ma «Avevo solo bisogno di tempo.. spero che tu possa capire.» magari non l'avrebbe perdonato, ma almeno poteva cercare di capirlo.
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    «Nulla» sto cazzo. Perchè allora stavano ancora lì a parlare se non voleva niente da lui, non avevano più niente a che fare«Ah» un pochino gli fece male ma dopo tutto quello che era successo perchè stupirsi di quelle parole, loro non erano niente. Fece per andarsene ma il moro gli fece cenno di spostarsi e lo seguì senza neanche rendersene davvero conto perchè sentiva che era giusto così, doveva dargli comunque la possibilità di parlare e poi lo avrebbe mandato al diavolo.
    «Non nulla, scusa. È uscito malissimo.»
    «tu dici?» ma andava già meglio, lo avrebbe quindi ascoltato, sapeva che il ragazzo stava per esplodere ancora una volta come un fiume in piena. Lo travolse di fatto di mille parole, mille informazioni arrivarono al suo cervello, lasciandolo senza parole, quasi del tutto confuso. E d'improvviso tutta la rabbia e il rancore che aveva provato fino a quel momento erano andati via, non poteva odiarlo, non dopo quello che il compagno aveva dovuto sopportare. Non doveva essere stato facile sapere di essere stato adottato, anche se la famiglia di Arturo non era delle migliori ma chi era lui per giudicare, in fondo anche i Motherfucka erano pessimi come genitori e col senno di poi se avesse saputo di essere adottato magari avrebbe persino gioito, sarebbe stato libero. Ma questo non poteva valere anche per Turo a quanto pareva. Gli dispiaceva perchè non era stato sicuramente facile e uno come il latino sicuramente l'aveva presa anche peggio di una persona normale, chissà in quanti pensieri negativi si era perso in quei lunghi mesi e nessuno che lo aveva aiutato.
    «Avevo solo bisogno di tempo.. spero che tu possa capire.» Sospirò e distese la braccia lungo i fianchi «va bene» va bene cosa? Che era passato e che lo perdonava? magari si, insomma come poteva odiarlo dopo che si era finalmente aperto con lui. «però sei un coglione!» ora toccava a lui dire qualcosa visto che il ragazzo si era zittito.
    «Dovevi fidarti di me, sono comunque tuo amico. Potevi affrontare questo casino con qualcuno al tuo fianco, invece hai voluto fare tutto da solo.» si avvicinò di un passo a lui così da farlo appoggiare con la schiena sul muro, erano così vicini che poteva sporgersi più a lui per poterlo baciare, quanto cazzo voleva farlo ancora dopo mesi. Dannato Hendrickson. «quindi ripeto la mia domanda, cosa vuoi da me» pochi centimetri li separava, poteva sentire il suo profumo «ora?»

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    «va bene. però sei un coglione!»
    Okay.
    1. C'era voluto poco.
    2. Se lo meritava.
    Un piccolo e timido sorriso si allargò sulle labbra dello spagnolo, non ancora del tutto sereno, ma poteva arrivarci. L'importante, in quel momento, era che Costas non lo odiasse: conosceva il carattere e il temperamento del minore, e sapeva quanto buono fosse, nonostante la facciata, ma aveva comunque avuto dubbi riguardo al perdono -- se lo meritava? A quanto pareva la risposta era sì... chissà se sarebbe cambiata, una volta avuto il quadro completo della situazione. Quello era un problema per l'Arturo del futuro, però, non per quello che, in sala grande, riceveva la ramanzina che meritava, a testa bassa.
    «Dovevi fidarti di me, sono comunque tuo amico.» Fu quello a fargli rialzare lo sguardo, l'espressione improvvisamente difficile da interpretare. «Eh, lo sai come sono fatto...» male, ma è cosa nota.
    Costas, infondo, aveva ragione: aveva fatto tutto da solo, dando risposte - che non aveva – alle troppe domande che avevano affollato la sua mente per mesi; trovando spiegazioni che forse, di plausibile, non avevano nulla. Non era bravo a chiedere aiuto, non era bravo ad aprirsi e preferiva analizzare da sé quanto succedeva nella sua vita, spesso arrivando a conclusioni errate e finendo col complicare ancora di più le cose. Grattò la nuca a disagio, perché infondo lo sapeva: stava solo prendendo tempo.
    Onestamente? Aveva temuto il peggio, già pronto ad accettare un “vaffanculo Hendrickson” e a lasciare Costas ai suoi spazi... quel perdono l'aveva un po' spiazzato. Era stato più facile del previsto ma...
    Sospirò, sapendo che le prossime parole avrebbero probabilmente fatto cambiare idea al battitore. Ma doveva farlo; per il proprio bene, per la propria salute mentale.
    Stava migliorando, ma non stava ancora bene: c'erano giorni - come quello - in cui si sentiva sicuro e pronto a tenere fede a tutti i buoni propositi del nuovo anno e altri in cui era difficile persino scendere dal letto e affrontare il riflesso allo specchio; non poteva dire di essere pronto ad una nuova nuova rivoluzione, un nuovo stravolgimento della sua vita. Non lo era.
    E c'erano anche tante cose che non poteva condividere con Costas, verità che non spettava a lui rivelare, notizie che avrebbero potuto cambiare nuovamente tutto. Segreti che avrebbero potuto pesare molto tra loro.
    Quando Costas si avvicinò, Arturo indietreggiò fino a toccare il muro alle sue spalle, sentendosi vagamente a disagio -- e alle strette. Alzò una mano e la posò sul petto del minore, imprimendo una leggera forza per fermarlo. «Sono contento che tu la pensi così -» ti prego non mi odiare «- perché è di amici che ho bisogno in questo momento.» Si rese conto di aver morso il labbro con un po' troppa veemenza nel sentire il sapore metallico del sangue sulla lingua. Gli occhi chiarissimi, spaventati, non ne volevano sapere di scollarsi da quelli di Costas.
    scusascusascusascusascusascusa
    Voleva sistemare le cose con lui, voleva ricucire il rapporto e aveva bisogno di Costas nella sua vita -- ma non era certo di avere la giusta testa, in quel momento, per poter avere un ragazzo. Come già detto, aveva fatto dei progressi in quelle settimane, dei veri progressi, ma non aveva messo tutto in ordine, e la questione era ben lontana dal poter essere definita archiviata. Arturo stava ancora cercando... boh, se stesso? No, sapeva bene che per quello avrebbe dovuto cercare ancora molto; stava cercando un equilibrio, una serenità interiore. Una stabilità. Non poteva dedicarsi agli altri senza aver dato prima priorità a se stesso.
    Doveva immaginarlo che Costas avrebbe fatto subito appello al suo repertorio, una volta perdonato lo spagnolo, ma Arturo voleva mettere in chiaro le alcune cose -- «ci sono ancora molte questioni che devo... sistemare. E mi farebbe comodo avere un amico al mio fianco mentre le affronto. È quello di cui ho bisogno.» È quello che ti chiedo.
    E tutto ciò che poteva offrire in quel momento.
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    sdfghj maronn, giuro che ho passato un'ora a decidere se premere invio o meno.
     
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    Costas non era mai stato una persona rancorosa a volte si faceva prendere dall'ira come ogni sedicenne ma era faticoso odiare qualcuno per troppo tempo anche se non era stato facile mandar giù la rottura con Arturo, anche se non possiamo definirla così; non erano mai stati davvero amanti perché comportava che si amassero -nella sua testa è così - ma neanche scopamici visto che non glielo aveva mai dato. Allora cosa erano? Forse erano sempre stati solo amici, anche se per la barba di Merlino gli amici non si limonavano così e non facevano tante altre cose. Qualsiasi cosa fossero era chiaro che non lo sarebbero comunque stati più e non era un problema. Allora, perché quando sentì la mano sul petto che lo spingeva delicatamente via si sentì rifiutato? Cioè sapeva che era così ma stava provando una strana sensazione.«Sono contento che tu la pensi cosìperché è di amici che ho bisogno in questo momento.» ecco lo aveva appena Friendzonato. Era abituato ai rifiuti specialmente di Arturo, ma quella volta gli fece più male. Aveva avuto le sue scuse e in parte aveva anche capito perché si era comportato in quel modo. Aveva sperato di ripartire da dove avevano lasciato?forse. In fondo per lui la questione era risolta e poi non lo aveva davvero aspettato in quei mesi, quindi che male c'era se voleva tornare alle palpate e ai baci rubati? Stavano bene insieme. Peccato che Arturo non era - ancora una volta- sulla stessa lunghezza d'onda del Motherfucka. Se fosse stato un anno prima avrebbe insistito per spingerlo a farsi baciare, magari glielo avrebbero rubato lui a tradimento ma quella volta sembrava diverso e sbagliato persino per lui. Negare che non lo volesse era da ipocriti ma capì, con la delusione nel pene cuore che non poteva andare più oltre. Afferrò la mano del compagno e la tolse dal proprio petto, lasciò la presa per poi fare un passo indietro così da riportare la giusta distanza tra loro «e sia così» mise le mani in tasca e sorrise al latino«in fondo sappiamo entrambi che non ti stavo aspettando e che mai lo farò, la vita è troppo breve per piangere dietro ad un solo ragazzo no?» mentire, mentire sempre. Non poteva mica dire che gli dispiaceva, insomma era un Hilton-Peetzah Motherfucka e poteva avere chiunque altro.
    «ti va di mangiare?così mi racconti della tua scazzottata con Mort» lo avrebbe seguito?«e io del mio Natale di merda in casa Motherfucka» non era risolto un cazzo ma andava bene così.

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    Tirò un sospiro di sollievo, rilanciando il fiato che non si era accorto di aver trattenuto fino a quel momento; quando Costas prese la mano dello spagnolo tra le sue e la fece lentamente scivolare via dal proprio petto, Arturo socchiuse gli occhi e liberò quel poco di fiato rimasto intrappolato in gola.
    Si sentiva meglio? Assolutamente no; non poteva negare quanto il Motherfucka fosse importante per lui, ma allo stesso tempo aveva iniziato a capire quanto... lui fosse importante per se stesso. E doveva imparare a prendersene cura, anche e soprattutto prendendo decisioni importanti che, solo qualche mese prima, probabilmente avrebbe rimandato e rimandato e rimandato per quieto vivere -- decisioni che avrebbero portato solo tristezza e problemi nella sua vita. Stava cambiando, stava crescendo, e crescere voleva dire anche quello: fare scelte difficili -- e attenersi ad esse.
    Le mani, ora di nuovo prive di qualcosa da fare, qualcosa da toccare o qualcosa con cui giocare nervosamente, finirono in tasca, una posa molto simile a quella del Motherfucka ma meno spavalda; Arturo alzò lo sguardo solo dopo qualche momento, sorridendo tímidamente al compagno, senza dimostrarsi toccato o ferito in modo particolare dalle parole di Costas, nonostante lo fosse: era... giusto, infondo, che il minore continuasse a vivere la propria vita, a divertirsi come un diciassettenne doveva fare. Turo non gli avrebbe mai, mai!, chiesto di aspettarlo, di mettere in pausa la sua vita per lui -- non era affatto quel genere di persona. Era pronto a sacrificarsi per gli altri, pur senza che gli venisse chiesto esplicitamente, ma non aveva mai avuto le palle di chiedere qualcosa in cambio. Semplicemente... non funzionava così, lui. E accettava, per quanto ferito, che Costas fosse andato avanti senza di lui.
    Faceva male? Cazzo, sì. Ma poteva sopportarlo.
    Forse.
    «ti va di mangiare?così mi racconti della tua scazzottata con Mort? e io del mio Natale di merda in casa Motherfucka» grazie a Merlino, il minore aveva offerto un ramo d'olivo ma, soprattutto, un diversivo che potesse distrarre l'ex capitano da quei pensieri su cui, comunque, sarebbe tornato più avanti, ne era certo. Il sorriso sulle sue labbra si allargò un pochino, mentre con il capo mimava un cenno di assenso.
    «Non c'è molto da dire...» a parte il fatto che avesse improvvisamente visto nero, non ci avesse capito più un tubo e avesse agito prima ancora di rendersene conto: ancora oggi, dopo settimane dall'accaduto, Arturo non aveva chiari i dettagli del 'come', e preferiva di gran lunga fare damnatio memoriae e dimenticare l'accaduto; non ne andava particolarmente fiero. «Sono certo.... che Mort abbia già raccontato la sua versione dei fatti....» aveva già rifilato (più e più volte) la cosa a chiunque avesse orecchie per ascoltarlo: era Mort, dopotutto.
    Prese posto su una delle panche della sala grande, Costas al suo fianco, e lo guardò con aria serena: se fosse naturale e sincera o se si stesse sforzando di sembrare cool and unbothered, non lo sapremo mai. «Ma dimmi delle tue vacanze... quanto sono state orribili su una scalda da 1 a 10?» Poteva pure essersi comportato da merda e averlo chiuso fuori dalla sua vita per mesi, ma non significava che non gli volesse comunque bene e non si preoccupasse per lui, duh.
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