don't let the moment slip away

ft. niamh @ cap platinum

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    idys gaffney
    Era un mese e mezzo che Idys Gaffney vibrava a frequenze altissime.
    Ma davvero altissime.
    Da quando la guerra aveva ribaltato l’ordine naturale delle cose, non c’era stato più un giorno tranquillo nella vita della ex grifondoro, né una notte calma in cui riusciva a concedersi più di un paio di ore di sonno filate; la raccolta dati del suo smartwatch si avvicinava pericolosamente a quella di una chaosbringer sotto esami, e la cosa non era affatto buona per la salute della negoziante (o della chaosbringer; ma lei se lo poteva permettere, era giovane — Idys un po’ meno).
    E non c’erano nemmeno power nap di venti minuti, per lei; si moriva da eroi. O da eroine. Oh, sapete cosa, in effetti un po’ di ero—.
    «ma ti pare normale,» che dovesse risolvere i suoi problemi con sì? Mica era suo padre una debole con dei vizi che l’avrebbero spedita sotto terra prematuramente (e per la seconda volta, per quel che concerneva il mondo.); non avrebbe ceduto al richiamo della droga, a meno che non fosse un po’ di taurina in grado di farla andare avanti, in barba delle due ore scarse di sonno che riusciva a strappare ad ogni notte.
    O della caffeina.
    Sapete cosa? Aveva provato anche il ginseng.
    («ma si sniffa? chiedo, ho sentito qualcuno che lo diceva» pandi @ elisa)
    E almeno uno dei rimedi doveva aver funzionato perché, come già detto: Idys vibrava fortissimo.
    Che non era necessariamente un buona cosa.
    Non quando la ragazza era in grado di parlare più velocemente delle voci incorporee che leggevano i foglietti illustrativi alla tv anche senza eccitanti di alcun genere. «ti pare normale riprese, imperterrita, mollando le buste che aveva trascinato con sé per quelle che sembravano ore (ed invece era solo il tempo di un viaggio in taxi, una metro arrivata in ritardo, una passeggiata e forse anche una smaterializzazione? non ne era sicura, era un po’ su di giri, ad essere onesti.), «che io debba— huh cos’è che stava dicendo? Non lo ricordava: aveva distolto lo sguardo solo un attimo, facendolo vagare all’interno del Captain Platinum, e il filo del discorso si era dissolto come sabbia nell’acqua. O batuffoli di zucchero filato in bocca. Oddio, ora aveva voglia di zucchero filato.
    «non importa, non era importante» a Niamh, di fronte a sé, rivolse un cenno con la mano che voleva lasciar intendere che la questione fosse già accantonata, ormai; Idys era abbastanza certa che la lamentela, di qualunque genere fosse stata, non era il motivo per cui s’era recata al pub, quel giorno. «mi fai un caffé, per favore?» era per metà italiana, dopotutto; l’altra metà non contava in quel momento, non aveva voglia di rubare opere d’arte o ficcarsi il pane sotto l’ascella. «doppio!» chi lo diceva che non si poteva sopravvivere di caffeina e basta?! ERETICI. Idys gli avrebbe mandato il suo avvocato (ciao sara!) che gliene avrebbe dette quattro. Forse. O magari gli avrebbe dato la caffettiera in testa; andava bene comunque.
    «senza zucchero, è per deboli. lo zucchero va solo nel té. e prima che Niamh potesse aggiungere nulla, Idys alzò una mano per fermarla: «è stato un incidente» la anticipò, sperando che bastasse a convincere la mora a non tornare su quel particolare incidente.
    Non che Idys non l’avesse rivissuto nella propria mente più e più volte, quanto avvenuto quel pomeriggio nel suo negozio, ma era meglio non pensarci troppo; se in un primo momento la Gaffney aveva avuto solo il sospetto che Niamh potesse aver riconosciuto in lei la fu Daphne Blake, col passare del tempo se ne era convinta sempre di più. Alla ex concasata piaceva credere di essere furtiva, quando indagava innocentemente con le sue domandine scomode, ma Idys l’aveva capita: per questo motivo l’aveva lasciata avvicinare — e solo per quel motivo si era avvicinata di rimando alla Barrow. GIURO! “Tieni gli amici vicini, e i nemici ancora più vicini”, non era così che si diceva? Idys mica poteva permettere che Niamh andasse in giro ad indagare sulla sparizione di Daph, magari intervistando anche altre persone e mettendo loro la pulce nell’orecchio che la Blake fosse viva (ebbene sì, in carne ed ossa!) e fosse ancora tra loro (buh, bitches!). Insomma, faceva tutto parte di un piano per orchestrato! MASTERMIND.MP3!
    Aveva funzionato per un po’; per qualche mese, Niamh aveva continuato a tornare all’emporio con la scusa di cercare quello o quell’altro gingillo magico o meno, e col tempo le sue visite del tutto casuali e randomiche erano diventate un appuntamento abituale anche per Idys, che aveva iniziato a sfruttare la Barrow per provare articoli appena acquistati, artefatti magici, abiti e qualsiasi altra cosa richiedesse (un sacrificio umano) un tester.
    E poi Niamh era sparita.
    Idys sentiva di sapere dove fosse stata per quel mese e mezzo di appuntamenti mancati, ma non voleva presumere alcunché — né afffrontare un discorso delicato con la Barrow in un posto così affollato. Se l’altra era stata in guerra, era un problema suo: Idys non giudicava, ma nemmeno comprendeva il perché. Non era forse meglio farsi gli affari propri? Guardarsi il proprio? Salvaguardare la propria pelle? In quel mondo andavano avanti solo gli egoisti e gli opportunisti, non c’era spazio per i martiri, i messia, o gli anarchici.
    «abbiamo degli arretrati,» assottigliò lo sguardo nocciola, e lo rivolse verso la mora, inchiodandola sul posto, «è tutta roba vecchia ma non ho ancora avuto modo di provarla, o di decidere cosa farne.» lo sguardo gli cadde su un abito di seta con fantasia floreale, e lo accarezzò distrattamente con le dita; quando parlò, lo fece sovrappensiero «alcuni dei fornitori sono — » si passò il pollice sotto il mento, mimando una riga orizzontale, «non credo li rivorranno indietro.» menomale che non li aveva ancora pagati, eh! Affarone!
    (Era proprio nipote dei suoi zii, guardate che imprenditrice!! Zio Ezra, zia Ginny, non siete fierissimi di lei?!)
    Batté entrambe le mani sul mucchio di articoli che aveva riversato sul bancone del Cap, e alzò di nuovo lo sguardo su Niamh. «tra quanto stacchi? sarà un pomeriggio molto lungo, ti avviso.» che c’è?! NON GUARDATELA COSÌ: lo faceva solo perché ormai il suo metro di giudizio era la Barrow e non poteva cambiare all’improvviso modella o beta tester, gli affari ne avrebbero risentito.
    Cosa?
    «cosa.»
    Idys out.
    «dov’è il mio caffè?»
    E strafatta di coca caffeina.
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    Edited by ad[is]agio - 19/7/2023, 23:17
     
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    niamh barrow
    Non era spesso che il Captain Platinum avesse un momento di respiro, ma vi erano delle bolle di tempo dove persino il bar conosceva pace. Niamh supponeva che, ogni tanto, i suoi clienti regolari dovessero recarsi al lavoro. Vi era un motivo ben preciso se si rifiutava di aprire il locale e prendere il turno mattutino, anzi erano due i motivi: in una giornata buona non si svegliava prima di mezzogiorno, e poi odiava avere a che fare con i clienti di prima mattina. Loro non erano in grado di vivere, né tantomeno lei. Non aveva la pazienza e la poker face adatta, lasciava il piacere a qualcuno di più piacevole come- beh, chi riusciva a incastrare. Negli ultimi tempi avevano assunto una simpatica donna sulla sessantina, un po’ particolare ma che si adattava perfettamente a un ambiente come il Cap. Ovviamente, era stata la vittima perfetta da piazzare in apertura. Nemmeno le interessava che passasse dello (strano) vino sottobanco alla Leonessa, fino a che non mandava all’ospedale nessuno era felice. E poi, era lo sfortunato recipiente delle lamentele della Barrow. Al contrario dei suoi amati dipendenti, la Carmela dispensava degli ottimi consigli, tanto che non doveva nemmeno pagare uno psicologo. L’aveva persino coinvolta nelle preparazioni del matrimonio di suo fratello, dopotutto il modello dei tovaglioli da mettere a tavola non si sceglieva da solo. Chissà se poteva sostituirla ad Eugene, almeno lei non avrebbe proposto di visionare un sex tape degli sposi dopo cena- il dessert, l’aveva chiamato. Era tutto terribile, non voleva nemmeno pensarci. Quel giorno, toccava a Niamh giocare alla Carmela, ossia ascoltare le bizzarre avventure dei suoi clienti. Il fatto che la cliente in questione tendesse a suscitare un particolare interesse nella Barrow era ininfluente, secondario alla trama. «ti pare normale,» nel momento in cui Daphne -Idys, si faceva chiamare ora- era entrata nel locale, Niamh aveva mollato il mocio nell’angolo per infilarsi dietro il bancone. Con nonchalance, ovvio. Ringraziava il cielo che non c’era nessuno per assistere alla sua umiliazione, Jay troppo impegnato nel retro con l’inventario per curarsi di cosa succedesse nel fronte. L’ex grifondoro poggiò i gomiti sulla superficie di legno e prese uno strofinaccio al volo, e prese ad asciugare i bicchieri sotto il bancone «assolutamente no» sapeva di cosa stesse parlando? Certo che no, ma la assecondò comunque. «che io debba— huh. non importa, non era importante» a quel punto, fu naturale per Niamh curvare le labbra in basso in un broncio, le sopracciglia pizzicate in concentrazione «ma come? io ero curiosa» chiamatela deformazione professionale, chiamatela biologia ma non c’era niente che attirasse la sua attenzione come dei pettegolezzi. «a quanti caffè sei oggi?» rispose in rimando all’ordine della ragazza, osservandola di sottecchi nel tentativo di scorgere la mano tremare, o il vibrare generale che davano 600mg di caffeina al giorno. Nonostante ciò, cominciò lo stesso a farle un caffè, perché era una persona magnanima e al contrario di qualcuno non drogava i propri clienti. «senza zucchero, è per deboli. lo zucchero va solo nel tè.» e infatti, voleva vedere quanto ci avrebbe messo a scavarsi la fossa da sola. Bastò sollevare un sopracciglio, perché Idys chiarisse «è stato un incidente» Niamh aveva mixed feelings di quel giorno, c’erano ricordi che avrebbe voluto eliminare dalla sua mente per sempre riguardanti Stiles e altri che non le sarebbe dispiaciuto ripercorrere in quel momento. Si sporse oltre il bancone facendo leva sui gomiti, avvicinandosi appena ad Idys «un incidente, certo» allungò le ultime sillabe, la lingua a schioccare contro il palato. A dire la verità, alla Barrow non era dispiaciuto affatto, era la prima che drogava i clienti si infilava in situazioni discutibili quindi poteva definirsi avvezza. «beh, mi pare si siano divertiti tutti, no?» - cit pandi ma comunque la verità. Niamh mise nuovamente distanza tra le due, poggiò l’asciugamano sulla spalla e si diresse verso la macchinetta del caffè che nel frattempo aveva finito di lavorare. Mise uno dei piattini sul bancone e vi appoggiò la tazzina, ma non senza aver prima incastrato un biscotto alla cannella come omaggio «solo per i miei clienti preferiti» ammiccò alla rossa, in un modo impacciato e terribile di chi non sapeva davvero farlo, ma che in qualche modo risultava charming. «abbiamo degli arretrati, è tutta roba vecchia ma non ho ancora avuto modo di provarla, o di decidere cosa farne» non sapeva come o quando, ma lei e la Gaffney avevano stretto una collaborazione di qualche sorta: Niamh offriva i suoi servigi da modella e in cambio poteva molestare Idys quanto voleva. Di solito cercava di scavare nel suo passato, tenderle trappole in modo da poter finalmente farle ammettere di essere la sua Daphne. Forse avrebbe dovuto cambiare strategia e iniziare a correggerle il caffè con il veritaserum. Peccato che non le piacesse giocare sporco, condannandola a una vita da lavoratrice onesta. «abbiamo? non mi paghi nemmeno, questo è chiaramente sfruttamento minorile» ma Niamh, non sei più minorenne. Dettagli, davvero, dentro rimaneva la stessa ragazzina di sedici anni che terrorizzava il castello insieme a Dakota «ma mi sento magnanima, solo per te» iniziò a curiosare tra gli articoli che Idys aveva deposto sul bancone, una marea di vestiti che faceva impallidire il mercato del sabato di Porta Palazzo. «tra quanto stacco? fammi pensare» si perse per qualche attimo a giocare con la manica di un capo, polpastrelli ad accarezzare il materiale soffice con purpose «per te anche tra cinque minuti» sollevò finalmente lo sguardo, lanciandole uno dei suoi sorrisi impish «ma il mio tempo è denaro, lo sai che dovrai farne valere la pena» per una volta, non vi era alcun doppio senso nelle suo parole, solo il costante ricordo che la Gaffney le doveva ancora la verità, Niamh era una grifondoro, testarda e imprudente, there was no saying (scusa pandi si vede che sono quasi le tre) cosa avrebbe fatto pur di ottenere quello che voleva. «dov’è il mio caffè?» oh baby, kinda derogatory. Indicò con un cenno del capo uno spazio libero dagli articoli dove il caffè ormai giaceva da un po’, ma che Idys non aveva notato nella foga. «o l'unico modo per sciogliere quelle labbra è con il tè corretto? posso attrezzarmi, sai» era una minaccia o una promessa? Difficile dirlo, forse Idys avrebbe dovuto bruciarsi per scoprirlo.
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    idys gaffney
    «a quanti caffè sei oggi?»
    Quella non era una domanda educata da porre ad una signorina. Assolutamente.
    Idys arricciò il naso, il dissenso chiaro nei lineamenti morbidi accartocciati sulla faccia alla faccia tosta di Niamh di chiederle una cosa così personale come il numero di caffé assimilati in quella giornata.
    Alla fine, dopo averci pensato su, borbottò «un po’» incrociando le braccia al petto in aria di sfida: viecce, Niamh, ad indagare quanto “un po’” sia il suo “un po’”. MH. Tanto non era mai comunque abbastanza.
    Anche se forse, in quella circostanza, più che un caffé le serviva un po’ di coraggio liquido — e non intendo qualche pozioncina da quattro soldi, ma un bel bicchiere di doppio gin tonic da mandare giù in un colpo, per sopravvivere alla vicinanza di Niamh, ora sporta oltre il bancone e troppo vicina al viso della negoziante.
    Idys non era mai stata troppo fan dello spazio personale, perdendone di vista i limiti e il concetto stesso di “spazio” molto più spesso di quanto fosse necessario, ma per qualche ragione che proprio non riusciva a spiegarsi – !!! – con la ex concasata era tutto diverso e la faceva sentire un po’ a disagio averla così vicina e così a portata di bacio.
    Andava detto ed è stato detto.
    Per mettere a tacere tutte le voci che, maliziose, suggerivano fini ben poco casti e motivazioni che avrebbero messo in subbugliolo stomaco di chiunque, Idys si ripeteva che quel disagio nasceva dal fatto che Niamh sembrava sapere un po’ troppo sul suo conto e, potenzialmente, costituiva una minaccia per l’identità di Idys Gaffney.
    Tutto lì, fine; non c’erano altri motivi per spiegare quel fluttuare nervoso che sentiva alla bocca dello stomaco, o il modo in cui le mani le tremavano un po’ più del necessario quando la Barrow posava i suoi enormi occhioni su di lei e le ricordava, senza crederci troppo, che quello avvenuto all’Hekate fosse stato «un incidente, certo»
    Idys, pronta a non farsi mai beccare impreparata ad una reazione, portò gli occhi al cielo e sospirò. «contrariamente a quanto tu possa credere, non è affatto mia abitudine drogare i clienti.» lo faccio solo con quelli speciali, semicit. «si è trattato semplicemente di uno scambio involontario di scrigno, non è colpa mia se quello dello zucchero somiglia a quello dei LoveBites!» cioè, un po’ colpa sua lo era: aveva comprato lei quel set di scrigni portagioie in argento (che erano costati pure una fortuna) con l’intento di usarli al negozio e metterci in esposizione le cose — ma insomma, sbagliavano tutti! «però adesso li ho cambiati.» ammise, a denti stretti, giocando con la stoffa di un vestito; non voleva che si ripetesse di nuovo il patatrac — la seconda volta avrebbe potuto andare non così bene come la prima.
    «beh, mi pare si siano divertiti tutti, no?»
    Osservò, da dietro palpebre assottigliate, la Barrow lasciar cadere con estrema nonchalance quel commento, dedicandosi poi alla preparazione del caffé (oh my beloved), e ne studiò la figura in movimento, i gesti precisi con cui smanettava alla macchinetta del caffé, l’attenzione ai dettagli, la cura del cliente. Chi era lei per negare quanto detto? «oh, sicuramente» Stiles non si era più fatto vedere in giro, ma Idys era certa che nel momento fosse più che preso; quanto alla Barrow, era difficile da capire ma se Idys avesse dovuto giudicare solo dal modo in cui tentava – adorabilmente!! – di flirtare con lei, avrebbe detto che non fosse dispiaciuto nemmeno alla proprietaria del Platinum.
    Gettò uno sguardo al biscottino, al «solo per i miei clienti preferiti» di Niamh, al quale rispose con un calmissimo «se è drogato e stai ricambiando il favore, sappi che non sarò io ad oppormi» innocente, come innocente era lo sfarfallamento delle lunghe ciglia castano-rossicce in direzione della barista.
    «sai, se continui a mettermi nella categoria dei “solo” e dei “per te” inizierò a farmi strane idee, eh.»
    Gliela buttò lì, osservandola giocare con uno dei vestiti mentre si lamentava di come quello fosse “sfruttamento minorile” («oh baby», derogatory) e ricordandole che la ripagasse già con la sua inimitabile e brillante compagnia. «dove troveresti di meglio?» la risposta era solo una: da nessuna parte.
    E poi: «ma il mio tempo è denaro, lo sai che dovrai farne valere la pena»
    «quando mai ti ho lasciata delusa?»
    Che, detta così, poteva sembrare fuorviante perché tra loro non c’era mai stato più nulla dopo quella prima – e unica – volta all’Hekate — ma. Idys era una creatura nata nel capriccio e nella bramosia, ma ancora di più era figlia della libidine e non lo aveva mai negato, né nascosto: che motivo c’era per farlo? Perciò il fatto che Niamh avesse deciso di giocare proprio con lei quel tipo di gioco, avrebbe potuto rivelarsi pericoloso.
    Per entrambe.
    Idys non era mai stata brava a fare le cose a metà, o a lasciare questioni in sospeso: persino prima di sparire nel nulla aveva trovato il tempo da dedicare alle faccende più spinose, per non lasciare nulla scoperto.
    «o l'unico modo per sciogliere quelle labbra è con il tè corretto? posso attrezzarmi, sai»
    Il sorriso di Idys si allargò, felino, sulle labbra dipinte ti bordeaux (e no, non solo perché Niamh le aveva ricordato dell’esistenza del caffé; ma anche.). «oh,» fece un vago cenno con la mano, portando la tazzina alle labbra e osservando l’altra ragazza di sottecchi, «non è affatto l’unico modo.» pff, figuriamoci, «e nemmeno il più veloce» wink? wink.
    E forse non parlavano dello stesso tipo di “sciogliere le labbra”, di certo non avevano in mente lo stesso fine, ma trattenersi dal fare quel genere di battuta, quando le venivano servite così su di un piatto d’argento, era impossibile per la Gaffney.
    Qui, se c’era qualcuno che rischiava di bruciarsi, quella era la Barrow: Idys aveva passato tutta la vita (e anche l’altra) a giocare col fuoco e destreggiarsi in quel particolare ambito — avrebbe potuto continuare così tutto il giorno, ad occhi chiusi e mentre vendeva ad ignari babbani una roccia raccolta sul ciglio della strada spacciandola per un potente ciottolo infuso di magia allo stato puro che avrebbe aiutato contro l’impotenza o la sfiga, o magari entrambe.
    Posò con calma la tazzina, assaporando il sapore del caffé rimasto appiccicato alla lingua, e borbottò soddisfatta: non era così facile trovare del buon caffé nella parte magica del mondo (ma anche in quella babbana, non se eri fuori dall’Italia). Portò con estrema lentezza lo sguardo sulla Barrow e commentò serafica: «niente male.»
    Il caffé? Niamh?
    Both?
    (Both.)
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    niamh barrow
    Contrariamente a quello che lasciava credere, Niamh era un’eccellente oste. Non certo come quelli che Stiles incontrava nelle sue campagne D&D e che non conoscevano le regole base dell’ospitalità. Quindi no, trattenne ogni suo istinto che le diceva di alzare gli occhi al cielo alle parole di Idys– in maniera affectionate, sia chiaro. «si è trattato semplicemente di uno scambio involontario di scrigno, non è colpa mia se quello dello zucchero somiglia a quello dei LoveBites!» dopotutto, c’era un motivo se la rossa non era finita in corvonero. Era un errore in cui anche Niamh avrebbe potuto incappare, se non fosse stato per il maniacale sistema di organizzazione che avevano dietro il bancone. Non opera sua, ma era scontato dato che lei prosperava nel caos. «ma certo baby, hai ragione» accondiscendente? Sì, forse, ma faceva parte del suo fascino. Si trattenne appena dall’allungare la mano e darle un buffetto sulla guancia perché aveva ancora una parvenza di autocontrollo, ma ci pensò più del dovuto. «se è drogato e stai ricambiando il favore, sappi che non sarò io ad oppormi» sollevò entrambe le sopracciglia, perché – uh, sicuramente un pensiero su cui indugiare più tardi. «visto cosa succede di solito» e con di solito intendeva quell’ultima e unica volta in cui erano off their rockers «non sarò io a dire di no. magari la prossima volta, mh? normalmente non giro con pasticche in tasca» le rivolse un’espressione divertita, parole che non nascondevano alcuna della voglia che c’era di riavere una seconda volta qualunque cosa ci fosse stata tra loro. Chissà che Idys da strafatta non aprisse la labbra per altro che assaporare le sue, come dirle la maledetta verità. «sai, se continui a mettermi nella categoria dei “solo” e dei “per te” inizierò a farmi strane idee, eh» e questo era un argomento che era meglio non aprire mai, di qualsiasi cosa stesse parlando la rossa. Niamh, nel dubbio, preferiva non elaborare e passare oltre con leggerezza, come ormai le era naturale fare «e se fosse proprio questo il punto?» strane idee, pessime idee, l’ex grifondoro amava scommettere su quanto avrebbe potuto complicarsi la vita con un solo innuendo. Ma non era quello il bello? Avevano una sola vita, una sola occasione per rischiare e prendersi ciò che volevano, perché rifugiarsi dietro un velo di modestia che non aveva mai sentito suo. «quando mai ti ho lasciata delusa?» Idys doveva davvero smetterla di lanciarle quegli hint, perché Niamh era ben lontano da essere una santa. Non si era mai preoccupata di affinare il suo autocontrollo, e perché mai avrebbe dovuto, quando non lo trovava necessario. Non era mica un codarda, lei, a nascondersi dietro a sguardi languidi e sorrisi poco casti, per poi tirare la mano indietro quando rischiava di scottarsi. «non lo so, secondo me puoi fare di meglio» si strinse tra le spalle, piegando appena il capo per far indugiare più del dovuto lo sguardo sulle labbra piene della Gaffney. Beh, c’era sempre tempo per un bis. Attese che finisse di sorseggiare il suo caffè –bollente, una cosa da vero psicopatico– per prendere piattino e tazzina e riporlo nel lavandino. In quel momento ebbe solo un pensiero: spero che Jay sia caduto nel magazzino. O forse se n’era già andato, dopotutto non doveva staccare tra poco? «non è affatto l’unico modo. e nemmeno il più veloce» certo che era davvero difficile essere gay di quei tempi. Bi, ok, ma stessa cosa in quello scenario. Niamh non vedeva perché continuare a danzare intorno alla questione, quando c’era qualcosa che entrambe volevano. Lasciò le parole di Idys riecheggiare nell’aria, un momento di tensione prima che il filo si spezzasse. Uscì dal bancone e si diresse verso la porta e sporse appena la testa fuori per girare il cartello da Aperto a Chiuso. Era ancora presto per chiudere, ma la Barrow era abbastanza facoltosa da non curarsi della perdita di una sera. Si avvicinò a dove era seduta la rossa, osservando la quantità spropositata di abiti e oggetti magici che si era trascinata dietro fino al Platinum. Avrebbe fatto prima a chiederle di venire al suo di negozio, anzi di invadere il pub. «avevo un favore da farti, no?» abbassò le iridi nocciola sul volto di Idys, così simile a quello di un fantasma da mozzarle il fiato per un attimo, ma fu lesta ad assumere un’espressione più consona al momento: piena di promesse che poteva scrivere con le proprie labbra sulla pelle di Idys. Casuale, si appoggiò con una mano al bancone, al lato di dove era seduta la ragazza, mentre lasciò scivolare l’altra ad accarezzare la stoffa del vestito che teneva in grembo «cosa fa questo?» fece per chiedere, per poi ripensarci sù «anzi, sai cosa? preferisco scoprirlo da sola, se no che gusto c’è» perché aveva mezzo neurone e voleva vedere se qualcuno degli oggetti che la Gaffney aveva portato potesse essere potenzialmente letale. Amava un po’ di sano bondage, magari sarebbero spuntate delle corde a strangolarla a breve. Fece forza con il braccio sul legno per portare il proprio peso all’indietro e concedere alla rossa del sano spazio vitale. «mi aiuti? farei da sola, ma non ci arrivo» raccolse i capelli in una mano e diede le spalle ad Idys, mostrandole la zipper che teneva chiuso il vestito che aveva addosso, una scusa come un'altra per far avvicinare la Gaffney.
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    Edited by ambitchous - 2/3/2024, 22:29
     
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    idys gaffney
    «ma certo baby, hai ragione»
    Doveva essere un commento retorico, quello di Niamh?! Beh, non funzionavano in quel modo le cose con Idys Gaffney, che piuttosto drizzò la schiena e sorrise soddisfatta, grata del fatto che qualcuno riconoscesse il suo avere sempre (e comunque) ragione. Era proprio una bella sensazione — il sarcasmo nella voce della mora non esisteva, zero, non pervenuto.
    Fece scivolare un «lo so» tra le labbra curvare all'insù, entrambe le mani sotto al mento, nell'espressione più innocente (e appagata) possibile.
    «visto cosa succede di solito non sarò io a dire di no. magari la prossima volta, mh? normalmente non giro con pasticche in tasca»
    Idys ci pensò un attimo su, sul fare o meno quella battuta-slash-commento serio, prima di decidere che, fuck it, we ball, ed esclamare
    «dovremmo iniziare a lasciare la droga fuori da tutto questo» stringendosi nelle spalle, come se non avesse appena suggerito alla Barrow di pomiciare senza un scusa dietro cui nascondersi, poi, a mente lucida.
    Oh, era un'imprenditrice e una bugiarda, non era mica cieca.
    E poi, dal tono di voce con cui Niamh le si era rivolta, non sembrava essere troppo contraria alla cosa, neppure lei. Sarebbe stata una vittoria per entrambe!
    ...se solo Idys non si fosse presto ricordata il motivo per cui fosse pericoloso tenere Niamh Barrow troppo vicina ai suoi segreti, e quale fosse la missione principale che aveva spinto la stessa Idys ad avvicinarsi all'altra ex grifondoro.
    Mille sirene (un po' quelle di Ulisse, un po' quelle di Kill Bill) presero a risuonare nella sua testa, costringendola a fare un involontario (e destinato a rimanere breve) dietrofront.
    Flirtare con Niamh Barrow era una pessima, pessima idea, eppure Idys non poteva fare a meno di mettere in mostra le sue doti in materia.
    «e se fosse proprio questo il punto?»
    Oh, maledetta Niamh e maledetto il suo (impeccabile) modo di flirtare; combattevano proprio ad armi pari. Idys non poteva negare che quel suo essere così sfacciatamente diretta la stuzzicasse ben più del necessario — o che l'avesse sempre fatto, anche se non era disposta ad elaborare nemmeno quel pensiero.
    Stavano facendo lo stesso gioco, fatto di frecciatine non così velate scoccate in maniera precisa, e sempre in grado di fare centro, che appartenessero al feretro dell'una, o dell'altra; il punteggio rimaneva sempre in parità, e di quel passo sarebbero andate ai tempi supplementari e poi, forse, ai rigori, per decretare la vincitrice di quello strano (ma eccitante.) gioco.
    «non lo so, secondo me puoi fare di meglio»
    «è una sfida, o un invito?» lo chiese tenendo lo sguardo fisso in quello di Niamh, senza chinare il capo né accennare a imbarazzo o altri sentimenti simili (e fuori luogo), «perché accetterei entrambi.» andava detto, ed era stato (fatto capire un sacco di volte) detto.
    E se lo sguardo di Niamh, posato sulle sue labbra in un maniera che nemmeno ci provava ad essere discreta, era un'indicazione sufficiente, non sarebbe stata contraria alla cosa.
    Ugh, maledetta stupida rossa libidinosa! Ripigliati, si ammonì, ricordando a se stessa, per l'ennesima volta, che fosse lì per un motivo specifico e no, non era quello di entrare nelle grazie letterali della Barrow. Le sarebbe piaciuto, certo, ma non era così che avrebbe tenuto la strega lontana dai suoi misteri, e dalla Daphne Blake che Idys aveva fatto sparire per sempre.
    Il suo scopo era tenerla vicina, e sott'occhio, proprio per accertarsi che non arrivasse troppo vicina alla verità, non consegnarle su un piatto d'argento la possibilità di farlo!
    Com occhi attenti, seguì i movimenti di Niamh, picchiettando l'unghia smaltata sul bancone di legno, l'altra mano a sorreggere il viso leggermente piegato, con i capelli a ricadere sulle spalle in ciocche ribelli e treccioline complicati sulle
    Sarebbe stato certamente più facile se la proprietaria del Cap fosse stata brutta, e antipatica, e non in grado di reggere il gioco provocante di Idys con tale maestria, ughhh.
    Non la perse di vista neppure per un attimo, contando i passi e i respiri che la separavano dalla mora, ora sempre di meno, ma non si mosse dal suo sgabello.
    «cosa fa questo? Anzi, sai cosa? preferisco scoprirlo da sola, se no che gusto c’è»
    Umettò le labbra con un gesto inconscio, le iridi castane intente a rimanere sul viso dell'altra pur quando quest'ultima abbassò le sue sull'abito che Idys teneva in grembo, chiedendole degli effetti. E allora la rossa usò quella domanda come la scusa perfetta per darsi un contegno, e si schiarì la voce, in maniera casuale. «è un vestito,» la informó, come se non fosse già ovvio, «non fa nulla di speciale. A parte mozzare il fiato se indossato dalle forme giuste.» allargò appena il sorriso malizioso, solo per un attimo, prima di cambiare del tutto la direzione presa da quella conversazione.
    Datti una calmata, Idys, porca puttana.
    Maledetti bollenti spiriti ereditati da papino.
    «ho anche articoli comuni nel mio negozio, sai?» mai banali, né semplici; privi di effetti magici, però, sì. «di questo mi piaceva molto la stoffa, e il colore» ma non l'aveva provato su di sé, perché i toni dell'abito facevano a pugni con la sua carnagione — ecco perché le serviva Niamh come modella.
    (Quella era la scusa che Idys aveva preparato, per essere pronta se qualcuno avesse avuto l'ardore di chiedere spiegazioni.
    E anche quella che dava a se stessa per convincersi fosse tutto lì.)
    Che la verità fosse che voleva vedere Niamh indossare degli abiti che facevano impazzire la Gaffney (prima di strapparglieli di dosso. ma senza danneggiarli perché, duh!, doveva rivenderli poi.) era palese per chiunque, ma comunque un segreto tenuto nascosto in quelle parole che Idys non avrebbe detto neppure sotto tortura.
    E, come a voler manifestare quei pensieri che prendevano pian piano forma nella testa della Gaffney (o che forse c'erano sempre stati), ecco che Niamh le si avvicinava con la scusa più vecchia del mondo, offrendo schiena e cerniera e un «mi aiuti? farei da sola, ma non ci arrivo» al quale Idys si sarebbe inchinata con tanto di chapeau per il modo casuale ma preciso con cui era stato droppato.
    Maledetta, maledetta Niamh.
    «con piacere, ma devi venire più vicina» e, in barba a qualsiasi buon senso o mantra ripetuto fino a quel momento, passò delicatamente una mano sul fianco di Niamh, accarezzandolo con dita leggere prima di stringere appena e applicare pressione per chiederle di farsi più vicina, prima di alzare entrambe le mani e cercare la chiusura del vestito — senza indugiare troppo sulla pelle morbida perché sarebbe stato molto inappropriato da parte sua, vero? Ughhh.
    Com'era difficile essere una Idys in quel mondo, ughhhhh.
    Con una Niamh Barrow di fronte, poi, che non aveva mostrato il minimo problema o tentennamento all'idea di spogliarsi davanti a lei (per provare dei vestiti ok, ok, non per altri fini — still.) nel bel mezzo del Captain Platinum.
    Onestamente? Sperava con tutta se stessa che la cerniera si incastrasse e le impedisse il lavoro *mani che pregano* e invece no.
    La portò (lentamente, giusto per dare un po' di cinematic effect a quel momento) fino alla fine, ma ci mise un secondo più del (moralmente accettabile) dovuto a mollare la presa, prendendosi un attimo per osservare il lembo di pelle chiara lasciato scoperto dal vestito ora aperto.
    «ecco fatto» disse, più per se stessa e per ricordarle che il suo lavoro lì fosse (appena iniziato?) finito, ma non si allontanò troppo dalla figura della maggiore. «posso aiutarti con altro?» e vabbeh, andava così. La carne era molto debole, da quelle parti.
    there's something 'bout you
    that now I can't remember,
    it's the same damn thing
    that made my heart surrender
    26 | 1997 | london, uk
    neutral | halfblood
    daphne t. blake
    2043: maxie linguini
     
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