I came out to have a good time and I'm hones - #waitWAT?!

piz + penn

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    morley 'piz' peetzah // hakuna... matata?
    Gli occhi azzurri scorrevano veloci sul dépliant che Morley teneva stretto nelle mani, mentre la giovane donna che li aveva accolti all'entrata spiegava in cosa consisteva ogni attività inclusa nel loro pacchetto, la durata di ciascun trattamento ed eventuali extra che avrebbero potuto aggiungere nel corso della giornata.
    Sinceramente? Lui era ancora abbastanza confuso su tutta quella faccenda e preferiva di gran lunga lasciare la parola - e il compito di organizzare il tutto - alla sua compagna di quel giorno. O, per meglio dire, la persona che lo aveva invitato a trascorrere una giornata all'Amortentia.
    «Uhm... Penn? Cos'è la Dracula Therapy c'era qualcosa in quel nome che gli metteva una certa... come dire... apprensione. Fu la ragazza incaricata di aiutarli a rispondere, evidentemente smaniosa di farsi vedere pronta. «Oh, la nostra speciale rivisitazione della terapia con piastrine,» inizio tutta concitata, «Il plasma piastrinico viene utilizzato per invertire il processo di invecchiamento e favorire il ringiovimento la pelle. La versione babbana di questo trattamento va molto di moda tra le Kardashian!»
    Stava forse parlando di... sangue? E Kardashian? Nella stessa frase?!
    Piz sgranò gli occhi in direzione di Penn, con una domanda ben dipinta nelle iridi azzurre: "dove diavolo mi hai portato?"
    Quel posto iniziava a mettergli paura.
    «Oh, non si preoccupi! Abbiamo tante altre alternative!» spiegò velocemente la commessa, notando probabilmente lo sguardo preoccupato del ragazzo che era quasi pronto a fuggire, e indicando un punto random del foglietto che lui teneva in mano. «Magari una maschera idratante al cioccolato potrebbe essere più indicata?»

    Da quanto tempo era che non si concedeva una giornata di relax come quella? Se provava a pensarci si ritrovava sempre senza una risposta perché, infondo, non si concedeva una vacanza da... beh, fin troppo tempo.
    C'erano stati un sacco di motivi che lo avevano spinto a posticipare di continuo la cosa: prima il campionato Americano che non smetteva mai di rivelare sorprese e colpi di scena; i due mesi di "stop forzato" (giusto per utilizzare una terminologia vaga e perché ancora non amava parlarne liberamente) e il lungo ed estenuante processo per rimettersi in sesto e poter nuovamente tornare a praticare il Quidditch - processo che si era rivelato poi fallimentare; la delusione nello scoprire che forse non avrebbe più potuto volare in sella ad un manico di scopa - non se ci teneva alla pellaccia - e la conseguente depressione scaturita dal ritrovarsi, per la prima volta nella vita, senza un obiettivo. Forse, a pensarci bene, erano stati quelli gli unici giorni che si era concesso per riprendere fiato ma non erano da considerarsi propriamente una vacanza: li aveva vissuti buttato sul divano di casa dei suoi genitori poiché non aveva ancora trovato una sistemazione sua, a sfondarsi di gelato fatto recapitare a domicilio e piangendosi addosso. Non era stato certamente il picco più positivo della sua vita, altroché, quindi non voleva affatto come riposo. Era stato... una momentanea (brusca) frenata sulla tabella di marcia.
    E poi, subito dopo, c'erano stati la possibilità di assistere Coach dei Puddlemere come suo vice, la terapia che andava via via intensificandosi, il lasciapassare dei Guaritori, la proposta di allenare finalmente una squadra tutta sua, la seconda metà di un campionato che non ricordava affatto così tosto e il dover stare a combattere tutto il giorno con una squadra piena zeppa di donne.
    Insomma, Morley Peetzah non si concedeva una vacanza probabilmente dal 2018 ma solo in quel momento, sdraiato su un lettino a pancia in giù mentre veniva sapientemente massaggiato da mani esperte, si rese conto per la prima volta quando gli fosse mancato prendersi anche solo ventiquattro ore per se stesso.
    Inutile negarlo, Penn Hilton sapeva sempre come migliorarli la giornata.
    «Credo che se la mia vita finisse qui, ora, me ne andrei felice.» confessò alla sua.. amica? Ex amante? Ex-qualsiasi cosa?? Non sapeva bene come definirsi, il loro rapporto era sempre stato fin troppo vago e casuale sotto molti punti di vista, ma era certo di poterla considerare un'amica stretta e fidata. Con gli occhi socchiusi e un'aria sognante dipinta sul volto rilassato, aggiunse: «Potrebbero persino dirmi che Huxley è diventato l'allenatore di Quidditch più giovane di tutti i tempi e me ne fregherei altamente.» Okay, quella cosa probabilmente l'aveva detta solo perché era quasi al punto di raggiungere il nirvana e non sarebbe dovuta uscire da quel posto ma hey! Era serio su una cosa: quello stramaledetto massaggio tibetano con pietre bollenti e campanelle lo stava rimettendo al mondo.
    Essere Morley Peetzah non era facile come lui faceva credere; era molto bravo nel far passare un'immagine di sé che poi, infondo, non rispecchiava molto la verità perché i giornali lo descrivevano sempre come "preciso, in gamba e con il focus orientato solo alla vittoria" ma lui dentro si sentiva ancora un po' (molto.) smarrito. Reinventarsi allenatore non era stata una passeggiata, nonostante la gavetta sfiancante che però gli sembrava esser durata fin troppo poco: alcuni giorni aveva la sensazione che forse era ritornato sul campo troppo presto, che forse aveva corso troppo, che non era ancora pronto a fare quello che stava facendo... si sentiva perso, e peggio ancora sentiva di star illudendo tutti quelli che avevano creduto (e puntato) su di lui. Non si sentiva tagliato per fare il Coach, non lui che per anni aveva l'unico problema di dover mettere in campo schemi pensati da altri! Ora doveva essere lui a pensare (ah, in bocca al lupo, Arpie!), lui a dirigere, lui a muovere le pedine sulla scacchiera. Poteva ritenersi fortunato che gli fosse capitata una squadra affiatata e forte come le Harpies - che potevano contare prima di tutto sul loro gioco coeso e affiatato - e che gli venivano incontro laddove lui sembrava vacillare. Si era spesso confrontato con le sue ragazze su nuove tecniche o innovazioni da apportare al loro modo di stare in campo, perché voleva un parere anche da parte di chi riteneva fosse più esperto di lui per quanto riguardava il campionato inglese che Piz aveva smesso di frequentare da anni. Non aveva mai dimostrato di sentirsi a disagio, certo, non avrebbe giovato alla sua posizione, ma l'ottanta percento delle volte alzava gli occhi al cielo e si ripeteva la stessa domanda di sempre: "ma che diavolo sto facendo?" Sapeva - anzi no, era certo di avere la stoffa del campione ma in un ruolo ben diverso rispetto a quello che si era ritrovato a ricoprire. Quindi no, non era facile vestire i panni di Coach Peetzah Sicuro e Spavaldo ogni. fottutissimo. giorno.
    L'alternativa - sparire dalla piazza e ritirarsi in un monastero proprio come aveva fatto la giovane Hilton - in alcuni giorni era più allettante del previsto. Ma lui era ancor più forte e non avrebbe lasciato che quel richiamo da sirena lo affogasse: sapeva di potercela fare, era solo parecchio tosta la scarpinata per arrivarci. Ma d'altronde a lui non era mai piaciuto vincere facile, no?
    Tentando di riacquistare un minimo una certa compostezza e dignità (ah-ah), Piz portò le braccia sotto il volto e le incrociò per poggiarvi sopra la testa, leggera e vuota (mpf, più del solito).
    «Perché non mi hai mai trascinato prima in una dannata spa, P accusò scherzosamente l'amica mentre la massaggiatrice terminava il suo operato e gli lasciava la possibilità di rilassarsi ancora un po' sul lettino: se ci fosse rimasto per altri due minuti si sarebbe sciolto diventando un tutt'uno con quel pezzo di arredamento. Era tutto bellissimo.
    E lui si sentiva come se pure la notizia più sconvolgente del mondo non avrebbe potuto scalfirlo in quel momento. Era invincibile! (#wat?)
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    «darth, sinceramente: ho mai sbagliato un calcolo?» E la risposta era semplice, anzi semplicissima: no che non l'aveva mai fatto. Aveva una dannata calcolatrice in testa, penn hilton, veloce tanto quanto quella di un computer, e la matematica era sempre stata una delle sue più grandi passioni: se solo il padre gliel'avesse concesso, o lei fosse stata più coraggiosa da opporsi alle decisioni che ronald jeffrey hilton aveva preso per lei, non appena finito il liceo la ragazza avrebbe volentieri continuato a studiare per fare dei numeri - quelli di una reazione chimica, quelli di un bilancio statistico, quelli di un resoconto aziendale, qualunque cosa - il proprio mestiere, ed invece era arrivata alle soglie dei ventitré anni e gli unici numeri di cui tutti si aspettavano la ragazza tenesse il conto erano quelli dei seguaci su instagram. «tipo.. ogni singola volta che provi a cucinare qualcosa?» rude, hanover, per te mai più biscotti al cioccolato (che, bisognava ammetterlo, non le uscivano sempre, ma quelle rare volte in cui non falliva, mettendo le giuste dosi, erano davvero buonissimi!) Ed avrebbe volentieri alzato il medio in direzione del fratello, ma si trattenne vista la presenza di Bang: era in quella fase in cui copiava tutto ciò che le persone facevano attorno a lui, e la hilton voleva evitare di insegnargli da subito a mandare a quel paese le persone. Soprattutto perchè di scandali negli ultimi tempi ne avevano già avuti abbastanza: giusto la settimana prima, durante una diretta insieme ai suoi cugini, sapete cosa aveva detto il bambino negli unici due (2) minuti in cui la ragazza lo aveva inquadrato? culo, aveva detto - e ripetuto, molto più di una volta, ridendo - culo. Inutile specificare che nel giro qualche minuto si era scatenato un putiferio nei commenti e subito ecco i primi perfidi articoli come "nuovo scandalo in casa hilton!" e "La giovane penny è davvero adatta per fare la madre?" Non che Penn non fosse abituata ad attacchi mediatici simili, del resto ci era letteralmente cresciuta ed aveva imparato a non dargli peso, ma quando mettevano in discussione il suo ruolo di mamma non ce la faceva a rimanere totalmente distaccata, e seppur consapevole del fatto di non doverglielo permettere, quegli articoli la ferivano.
    Comunque, per rispondere al fratello, gli rivolse un bel cuoricino fatto con entrambe le mani «immaginatelo come un dito medio» sorrise a suo figlio, accoccolato tra le braccia dello zio e intento a colorargli la faccia con un pennarello verde «siamo in fascia protetta» e a quel punto tornò a concentrarsi sui fogli che aveva tra le mani: erano arrivati quella mattina dal san mungo, e lei li stava leggendo e rileggendo da ore, non riuscendo a smettere di analizzarli.
    La prova concreta, nero su bianco, del suo errore.
    Dopo due anni, e se non fosse stato per una banalissima visita di controllo meno di due settimane prima, probabilmente la verità non sarebbe venuta fuori neppure per altri venti. O forse se ne sarebbe accorta quando al figlio avrebbero iniziato a gonfiarsi le braccia a mo' di palloncino, o probabilmente avrebbe dovuto già farsi due domande quando, poco dopo aver imparato a camminare e rimanere stabile su due piedi senza cadere dopo i primi tre passi, bang aveva iniziato a prendere qualunque cosa vagamente simile ad una mazza e spaccare oggetti in giro per la casa.
    Un semplice errore di calcolo, capite? E tutto per colpa di un paio di dannati monaci thailandesi che evidentemente non erano fatti per fare le ostetriche, e un bambino prima di bang non l'avevano mai visto nascere (o i bambini lì in thailandia nascevano più grandi?? Altrimenti non c'era motivo per cui le avrebbero dovuto dire che suo figlio era nato PREMATURO!! Cioè, lei l'aveva dato per scontato, ma loro l'avevano confermato!!1!)
    Aveva letto e riletto quelle analisi tutto il giorno, e non era pronta ad accettarne la conclusione logica.
    Ma era l'unica plausibile, l'unica vera.

    Prematuro? Stando ai dati registrati al momento della nascita, sembra un parto perfettamente in tempo, aveva detto il pediatra durante la visita.

    Non ti conviene fargli le analisi? Uno screening e ti togli ogni dubbio aveva proposto darth, quando lei gliel'aveva raccontato

    Gene magico ereditato da entrambi i genitori, avevano confermato i risultati del laboratorio.

    E qui, le alternative erano solamente due: o leonardo di caprio era stato un mago per tutto quel tempo tenendolo nascosto al mondo intero e bang era effettivamente nato prematuro, ma in forze come un bambino nato dopo le quaranta settimane canoniche di gravidanza, o.... merda. Era una persona razionale, penn hilton: una volta raccolti tutti i dati, era semplice arrivare alla verità.
    «cristo, non mi perdonerà mai» lanciò un'occhiata di supplica al fratello, AVEVA BISOGNO DI UN ABBRACCIO PRIMA DI SCOPPIARE A PIANGERE «non vorrà vedere bang!» e no, ovviamente la ragazza non si riferiva al padre tenuto all'oscuro di tutto per ben due anni.
    In quel momento, la reazione che le faceva davvero paura era una sola «bro aiutami tuuuu COME LO DIRÒ A YALE????» perchè si, l'idea di dover dire a suo cugino ciò che aveva scoperto le faceva venire i brividi. CUG DAI NON LA ODIARE!!!!

    «Credo che se la mia vita finisse qui, ora, me ne andrei felice.» menomale che il ragazzo aveva gli occhi chiusi, altrimenti avrebbe visto l'espressione di puro panico prender il sopravvento sul falso nirvana che la hilton aveva avuto l'illusione di poter raggiunger grazie al massaggio: avere una persona a scioglierle i nervi accavallati sulla schiena di certo aiutava, ma non abbastanza per far svanire tutta l'ansia che l'aveva assalita nel momento in cui aveva messo piede lì dentro con piz. «haha era proprio quello lo scopo» cosa? cosa «farti rilassare, dico» perchè su lui stava funzionando e su lei no???? Damn, aveva sperato che i trattamenti dell'amortentia avrebbero fatto la loro parte anche su di lei, ed invece a quanto pare stavano funzionando solo sul ragazzo: c'est la vie, e perlomeno una parte del piano aveva funzionato.
    Perchè, tra tutti i posti in cui avrebbe potuto parlargli, aveva scelto proprio quello? Semplice: non voleva di nuovo attentare alla sua vita. O almeno, preferiva farlo nel miglior modo possibile: l'ultima volta che gli aveva fatto quella stessa confessione, il peetzah si era beccato un bolide in testa ed era finito in coma per quasi tre mesi. E quello era stato per scherzo!, figuriamoci adesso: non sapeva come affrontare di nuovo l'argomento. O forse... sarebbe stato più facile??? Non per penn, dato che questa volta le toccava dirglielo consapevole che quella fosse la verità, e non uno scherzo di cattivo (all'epoca non le era sembrato??? cioè dai!!! era stata un'occasione per ridere un po' prima di vederlo mezzo morto in campo) gusto: karma is a bitch. «Potrebbero persino dirmi che Huxley è diventato l'allenatore di Quidditch più giovane di tutti i tempi e me ne fregherei altamente.» E qui fu incapace di trattenersi: penn scoppiò davvero a ridere, ma affondando la testa sul lettino per soffocarne il rumore e con i lunghi capelli mori a farle da barriera, sperò che il ragazzo non avesse notato nulla «Perché non mi hai mai trascinato prima in una dannata spa, P!» perchè non avevo errori di calcolo da confessare «sei sempre così impegnato con le tue... cose» partite, allenamenti e.... altre cose che faceva nella vita??? «ma vedi? ti faccio scoprire sempre cose belle» hahaha penn stop.
    Sentiva l'ansia salire ed il fatto che le due massaggiatrici li avessero lasciati soli di certo non aiutava: doveva concentrarsi. E quale modo migliore per esorcizzare i brutti pensieri se non focalizzare la sua attenzione su qualcosa in particolare?? Qualcosa che la riportasse con i piedi per terra, ricordandole il fatto che fosse philadelphia sutton maribel soledad hilton: NON PROVAVA ANSIA COME I COMUNI MORTALI!!!! Dunque fu scontato per lei concentrarsi a fissare i bicipiti di piz, per riportarle alla mente la ragazzina senza vergogna e freni inibitori che era riuscita a conquistarli - i bicipiti, obv - a soli diciassette anni. «e poi era da un bel po' che non facevamo qualcosa insieme» le era mancato, anche solo come amico, ed era davvero felice che lui avesse accettato il suo invito alla spa da un giorno all'altro, senza farle domande sul perchè o facendole in qualche modo pesare il loro allontanamento nei mesi precedenti: le era sembrata la cosa più logica, farsi sentire di meno, dopo ciò che era successo «...non mi odi più per averti fatto credere di esser il padre di mio figlio prima di finire in coma, vero?» Prima di sganciare la bomba era sempre bene tastare il terreno.
    Perlomeno lì non c'erano bolidi in vista
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    morley 'piz' peetzah // hakuna... matata?
    Sul serio, avrebbe dovuto prendersi un giorno libero fatto solo ed esclusivamente di relax, proprio come quello, molto tempo prima.
    Staccare anche solo per poche ore dalla frenesia quotidiana a cui era abituato si era velocemente rivelato il toccasana di cui Piz aveva disperatamente bisogno. L'atmosfera soft e le musiche rilassanti, unite a quei trattamenti compiuti da mani esperte e capaci, stavano contribuendo molto a sciogliere tutti i nervi che per un motivo o per un altro erano rimasti in tensione fin troppo a lungo.
    Poteva apparire una persona un po' stoopeda e testona, sicuramente infantile e poco incline al prendersi le proprie responsabilità laddove avrebbe dovuto, ma non molti conoscevano quel lato di Morley che tendeva a presentarsi solo in campo o, comunque, quando c'era di mezzo il Quidditch.
    Se nella vita era la persona meno affidabile sulla faccia della terra, quello che per primo si dimenticava anche le cose più importanti e che spesso sembrava davvero la personificazione del trope dell'atleta biondo e con il testone vuoto, non molti sapevano che, invece, quando voleva - e se ci si impegnava davvero - sapeva essere una persona molto brillante! Non lo dimostrava spesso, è vero, ma in lui c'era una parte molto professionale che sapeva cosa significava soffrire, sacrificarsi, lottare per raggiungere un obiettivo in cui si crede fortissimamente. La differenza tra lui e tante altre persone stava semplicemente nell'aspirazione che gli uni perseguivano rispetto all'altro: non tutti consideravano lo sport una carriera sufficientemente adeguata ma Piz era la dimostrazione che, con impegno e dedizione, tutti potevano arrivare lontano. E lui era arrivato al successo non per puro culo come in molti avevano scritto su blog e giornali per infamare il suo nome; c'era arrivato perché aveva la stoffa del campione. E perché si era letteralmente fatto in quattro per poter finalmente ritenersi soddisfatto e orgoglioso di se stesso.
    Nessuno vedeva la fatica e il sudore che si nascondeva dietro il suo sguardo malandrino ma i segni di quei sacrifici li portava sulla pelle - letteralmente, era pieno zeppo di cicatrici dovute a rovinose cadute dalla scopa e da Bolidi infernali andati perfettamente a segno contro il suo corpo.
    Tutto quello che Morley Peetzah era lo doveva solo ed esclusivamente a se stesso.
    Quindi no, nella sua vita non c'era mai stato abbastanza spazio o tempo per dedicarsi ad altre cose. Qualche festa ogni tanto (hey, infondo era umano anche lui!) ma era abbastanza stacanovista da non essersi mai preso un giorno di ferie nell'ultimo anno e mezzo.
    Quella mattinata lì, all'Amortentia in compagnia di Penn, era la prima vera giornata libera che si godeva in tanto, tantissimo tempo.
    «sei sempre così impegnato con le tue... cose, ma vedi? ti faccio scoprire sempre cose belle»
    Come dare torto alla ragazza? Aveva ragione su entrambe le cose: la prima era decisamente vera e la seconda... beh, avevano scoperto davvero un sacco di cose insieme, quei due, WINKWINK
    Il primo commento di Penn era andato perduto alle orecchie di Piz che, ancora perso nel proprio nirvana sensoriale, non aveva fatto caso alla battuta (ah ah, mica tanto) della Hilton; ma ora la stava guardando e non si trattenne minimamente dal lanciarle un sorrisetto complice alludendo palesemente ad altri tipi di scoperte. Era certo che a Penn bastasse il suo sguardo da furbetto per capire a cosa stesse pensando. Non poteva di certo dirlo ad alta voce! Le tizie, le massaggiatrici, erano ancora lì.
    Ah, okay, come non detto, se ne stavano andando giusto in quel preciso istante.
    Morley si issò leggermente, facendo peso sui gomiti; ogni singola fibra del suo corpo stava canticchiando un silenzioso "alleluia" e lui era, semplicemente, sereno. Rivolse un sorriso alla ragazza sdraiata a poco più di un metro da lui (la distanza di sicurezza va rispettata anche ad Hogsmeade), sorriso che ora aveva perso quel cipiglio marpione che non faceva presagire nulla di buono, per lasciar posto ad un'espressione più sincera e piena di affetto.
    Era proprio vero, però! Non riusciva a ricordare l'ultima volta che erano stati insieme per più di dieci minuti - per giunta da soli! Nelle ultime occasioni c'era sempre stata troppa gente, troppo rumore, troppo tutto.
    «Già...»
    Non articolò ulteriormente quella risposta, ma sapeva che Penn in qualche modo avrebbe compreso. Lo faceva sempre.
    Si erano allontanati inconsapevolmente entrambi dopo che, per scherzo, lei gli aveva confidato di aver dato alla luce suo figlio mentre era sperduta sui monti insieme alle capre e ai monaci thailandesi: insomma, non la notizia che uno si aspettava di ricevere prima di salire in sella alla scopa e sfidare quella che è tipo la tua nemica numero uno in campionato! Non avevano avuto modo di chiarirsi subito dopo la gara e, sebbene Penn gli avesse confessato che fosse tutto un gioco, una volta sveglio, quella vicenda aveva inevitabilmente creato un po' di imbarazzo nel loro rapporto. Perché? BEH! (Non Tryhard) Conoscendo i tipi - e conoscendo la loro storia passata - non sembrava essere poi un'ipotesi così impossibile che una simile cosa succedesse. Perchè, vedete, l'idea di diventare padre gli metteva sempre una certa ansia. E pensare di esserlo diventato in maniera del tutto inconsapevole era forse anche peggio.
    Voleva bene a Penn, tantissimo, ma da quel giorno aveva sempre cercato di passare con lei meno tempo possibile perché si conosceva: era, fondamentalmente, una persona molto debole quando si trattava di donne come la Hilton e ci sarebbe ricaduto sicuramente prima o poi. Non voleva rischiare di dare al piccoletto un fratellino così presto, ecco.
    Perché infondo lui aveva le idee ben chiare!
    Pluripremiato.
    Osannato dagli appassionati di Quidditch.
    Ricco sfondato #wat
    Il più giovane Allenatore di Quidditch ad aver vinto la Coppa Inglese per almeno tre volte di fila.
    Un Dio-Guru-Maestro Miyagi del Quidditch.
    Mentore per le future stelle di quello sport meraviglioso (Chels stiamo guardando te)
    Autore della versione moderna di "Quidditch Attraverso i Secoli" (ovviamente avrebbe assunto qualcuno per scriverla al suo posto, vi pare che sarebbe mai riuscito scrivere un libro dall'inizio alla fine mpf)
    Soddisfatto. Realizzato.
    Felice.
    Era così che Morley si vedeva in dieci anni, forse anche in venti (ah, no, in venti anni sarebbe morto molto probabilmente #ciao2043) e di certo in tutti gli scenari che si era soffermato a contemplare, mai si era immaginato quello familiare. Non si riteneva una persona abbastanza matura fa poter mettere su famiglia e, inoltre, il vincolo del matrimonio gli metteva più ansia intesa come paura che ansia come a dire "yay non vedo l'ora di vedere come sarà la mia vita accanto a xyz". Se immaginava un Piz sulla soglia dei quarant'anni riusciva perfettamente a vederlo ancora lì, sul quel campo ovale da sempre fonte di gioie e dolori, di amare sconfitte e grandi successi, ad allenare la miglior squadra che l'Inghilterra avesse da offrire in quel momento e magari pure la Nazionale, tiè. I sogni erano i suoi e poteva farlo in grande!
    Sarebbe diventato un allenatore con i fiocchi, uno di quelli che le società andavano a cercare quando c'era bisogno di portare a casa risultati, o di rimpolpare un po' il palmarès di quella o quell'altra squadra. In cuor suo sentiva di esser destinato a grandi cose, a vincere trofei e coppe, a diventare lo Special One del Quidditch. Infondo aveva fatto di quello tutta la sua vita, e contrariamente a quanto avevano sostenuto i suoi genitori in un primo momento, gli aveva portato più successo e fama di quanto avrebbe potuto mai fare una carriera ministeriale. Guadagnava persino più di Livfor che aveva studiato per tutta la vita per poi finire a fare un lavoro d'ufficio noioso e monotono; quanto meno lui si divertiva e, più spesso che non, poteva usarlo come scusa per partecipare ad eventi e feste. Lo aveva fatto spesso in passato, da bravo atleta giovane e spensierato quale era stato.
    Insomma, tutto ciò per dire che NO, la prospettiva di mettere su famiglia non gli era mai nemmeno passata per l'anticamera del cervello.
    Sapeva benissimo che prima o poi si sarebbe ritrovato circondato da marmocchi di tutte le età perché aveva davvero troppi amici che sembravano intenzionati a figliare come se non ci fosse un domani ma sapeva anche per certo che nessuno di quelli sarebbe stato suo. Semplicemente non si riteneva in grado di poter badare ad un altro essere umano, men che meno uno che avesse così tanto bisogno di attenzioni come un neonato. I bambini da 0 a 20 anni non sapeva come gestirli (aveva sbagliato tutto persino con Joni e per gran parte dell'adolescenza della sorella lui non c'era nemmeno stato, confinato in America per sua volontà, pensate un po') perciò se proprio avesse dovuto adottare qualcuno a cui tramandare il suo sconfinato sapere Quidditchistico (?) avrebbe sicuramente scelto una persona già in grado di cambiarsi le mutande da sola come minimo.
    Ah.
    A pensarci bene lo aveva già fatto con Delìth, assumendo il ragazzo come suo assistente personale, e la cosa si stava rivelando ugualmente difficile.
    Magari non era fatto per fare l'Adulto Responsabile e basta. Non era mica per tutti, no?! C'era chi ce lo aveva nell'indole e per questo riusciva bene, chi portava a casa grandi risultati impegnandosi e chi... vabbè, i Peetzah della situazione.
    D'altronde non aveva mai neppure avuto una relazione stabile abbastanza lunga da dargli il tempo anche solo di PENSARE se voler mettere su famiglia o meno (la risposta era comunque No, ne era certo). Nella sua famiglia nessuno sembrava intenzionato a farlo: non lui, non Livfor troppo impegnata anch'ella con la sua carriera, e di certo non Joni (!!) perchè troppo piccolaaaa.
    Quindi, come dire, cioè.
    Ricordava be-nis-si-mo.
    Era stata una delle primissime cose di cui aveva avuto nuovamente memoria dopo l'incidente.
    Il trauma (cos) prima del traumaTM.
    Ma... no, non odiava Penn. Non avrebbe mai potuto! Un po' l'avrebbe forse voluta strozzare per avergli fatto prendere un coccolone senza alcun motivo, ma non la odiava.
    «Hai combinato cose peggiori nella vita, Penn.» rispose infine, con aria grave. «Tipo quella volta che hai invitato Tuo Cugino alla mia festa di compleanno senza dirmelo.» Non serviva specificare quale cugino. «Oppure quando ti ho beccata a mettere like al profilo di Huxley... o tutte quelle volte in cui hai affermato che il gelato al pistacchio è meglio di quello alla stracciatella....!»
    Sì, insomma, dai, poteva permettersi di prendere un po' in giro la sua amichetta, no?!
    Lasciò passare qualche minuto fingendo di soppesare tutti quei ricordi dolorosissimi (#julie) per poi scoppiare a ridere di gusto.
    «Quello del figlio è stato uno scherzo cattivello, devi ammetterlo, ma decisamente non il tuo momento peggiore... ma non rifarlo mai più, okay?!» Era serio? Stava scherzando? Boh, forse entrambe. «Non sono pronto a fare il padre ahahah»
    Era fin troppo preso bene.
    Si sistemò sul lettino, girandosi leggermente su un fianco, la testa poggiata sul braccio piegato. Da quella posizione riusciva a osservare meglio il volto dell'amica, per studiarne i contorni familiari e le espressioni che ormai conosceva fin troppo bene. Il volto di Penn aveva qualcosa di speciale che riusciva sempre, in ogni circostanza, a mozzare il fiato a Piz. Ve l'ho già detto che era particolarmente debole quando si trattava di Penn?!
    «Allora, confessa.»
    Zan zan.
    Cosa? Boh.
    «Come mai hai scelto proprio l'Amortentia e non piuttosto, non saprei, un luogo più mondano? Paura che su Polgy Girl esca qualche nuovo scandalo su noi due» Non che lui leggesse davvero Polgy Girl, eh, ma ogni tanto si divertiva a vedere cosa si inventavano sul suo conto, quale nuova conquista aveva fatto nell'ultimo periodo, stando alla rivista, «Oppure c'è qualcosa che devi dirmi?»
    Che ne sapeva lui, gli era sembrato abbastanza strano che Penn lo invitasse, di tanti posti, proprio alla spa ma... aveva accettato comunque?? Perchè era Piz?? Faceva le cose senza pensarci??
    Sospettava che la ragazza avesse qualcosa da dirgli, gli era sembrata stranamente agitata, e Piz sospettava che ci fosse qualcosa sotto. Magari aveva finalmente deciso di sbarazzarsi di Yale e voleva chiedere aiuto al Battitore! O aveva qualche segreto da rivelargli che però orecchie indiscrete non avrebbero dovuto sentire. O, forse, stava per confessargli qualche relazione segretissima con qualche vipppp.
    Oppure...
    «Oddio, non è che stai pensando a come far fuori quella tipetta dei social, eh?!» Insomma, lui l'avrebbe spalleggiata e supportata più o meno in qualsiasi cosa ma meh, mica se la sentiva di commettere illegalità (tranne nel caso di Yale. Lì sarebbe finito volentieri ad Azkaban), aveva ancora una vita luuunga da vivere! Era troppo bello per la prigione #wat
    Insomma, aspettava che Penn sganciasse la bomba per poi riderci su come avevano fatto tantissime altre volte in passato.
    AH. AH.
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    Philadelphia "penn" hilton // i like making bad decisions
    Aveva sempre cercato e trovato, senza nemmeno tanti sforzi, la felicità nelle cose più piccole e banali: una ciambella al cioccolato dopo una ferrea dieta durata mesi in vista di un'importante sfilata, una giornata in compagnia della sua famiglia senza telecamere di mezzo, un documentario su national geographic per conoscere meglio il comportamento dei pinguini o il riscaldamento globale, uno scherzo scemo che lasciava lei a riderne per giorni e le povere vittime a chiedersi come quella ragazza fosse la stessa che nemmeno cinque minuti prima spiegava con estrema serietà l'importanza di non usare i classici spazzolini in plastica e passare a quelli di bamboo.
    Quello che aveva fatto a Piz forse era stato meno innocuo rispetto a quelli che faceva di solito, ma sul momento l'aveva trovato divertente: che ne poteva sapere, penn hilton, che dopo esser salito sulla scopa il peetzah sarebbe stato colpito in pieno da un bolide e caduto in coma per mesi, non era mica una veggente!! Lei aveva solo pensato fosse una cosa divertente da fare per osservare la sua espressione sconvolta, farlo vivere per qualche oretta con l'ansia e poi dirgli la verità e finire il tutto con una bella risata e magari un brindisi - analcolico, sfortunatamente: lui aveva la fissa da "il mio corpo è un tempio!!1! non voglio avvelenarlo!!1! blablabla" e lei un figlio da allattare - al suo non esser il padre.
    Il bolide non l'aveva calcolato e diamine, aveva rovinato tutti i suoi piani e lei: poteva anche essere stato piz a prenderselo in pieno e soffrire per l'impatto, ma di certo quello che aveva subito il ragazzo non era comparabile (di cuore #cos) all'angoscia e al dolore che aveva provato lei, visto che per ben due (2) mesi le era toccato vivere con i sensi di colpa, mentre lui era in un letto, incosciente e tranquillo. Era andata in ospedale a trovarlo più o meno ogni giorno, sedendosi sul bordo del letto e non rimanendo mai troppo così da non rischiare di incrociare le sue sorelle - perchè sì, vedere le due ragazze serviva solo a farla sentire ancora più di schifo, convinta del fatto che, se avesse tenuto la bocca chiusa prima della partita, il ragazzo sarebbe salito sulla scopa senza una preoccupazione in più e forse, più concentrato sulla partita, sarebbe riuscito ad evitare quel colpo.
    «Hai combinato cose peggiori nella vita, Penn.» Meh (non tryhard), in realtà era abbastanza certa che quello fosse stato il suo momento peggiore, ed era sicura che nella sua vita successiva ne avrebbe pagato le conseguenze. O forse le stava già pagando ora: effettivamente riusciva a vedere un disegno tracciato dal karma nella scoperta che aveva fatto riguardo a bang. «Tipo quella volta che hai invitato Tuo Cugino alla mia festa di compleanno senza dirmelo.» Scoppiò a ridere al ricordo di quella giornata, felice di poter alleviare per un attimo la tensione che la stava opprimendo: ricordava bene come, dopo aver implorato suo fratello di accompagnarla perchè "daaaai ho bisogno di una spalla, non farmici andare da sola!!!" senza successo, alla fine era riuscita a coinvolgere yale spacciandogli l'evento come una festa di beneficienza a favore di... cani bullizzati per le orecchie troppo grandi?? O forse per le giraffe con il collo più corto del normale, qualcosa del genere. Inutile dirlo: le facce che avevano fatto quando si erano ritrovati l'uno davanti all'altro erano state impagabili, tanto da non farle pesare il fatto che entrambi per il mese successivo non le avessero rivolto la parola.
    Inutile stare a specificarlo: un po' li aveva sempre shippati insieme ❤ Nemmeno in modo così subtle, dato che a yale spammava sempre fanfiction in cui loro due erano canon - sì, gli hilton amavano leggere ciò che i fanz scrivevano su di loro.
    E, vedete? Alla fine, a modo suo, era riuscita a farli imparentare (cosa? cosa) (magari l'amore per bang avrebbe fatto superare ad entrambi l'odio reciproco!!1!)
    «Oppure quando ti ho beccata a mettere like al profilo di Huxley» .... perchè infatti era una cosa che aveva fatto una volta sola, figuriamoci se gli metteva like ad ogni singola foto!! Ah ah ah ah ma chi, lei?????? mai!!! «mi è scappato!» non aggiunse che le scappava ogni volta, e che dai come poteva poi biasimarla?? preferendo tenere la bocca chiusa e non spezzare quell'atmosfera così rilassata: per sganciare la bomba era necessario che la situazione fosse il più tranquilla possibile. «o tutte quelle volte in cui hai affermato che il gelato al pistacchio è meglio di quello alla stracciatella....!» perchè quello al pistacchio è scientificamente provato sia più buono, ma ti funzionano le papille gustative???? ma preferì tenere la bocca chiusa e limitarsi ad alzare gli occhi al cielo. Lo osservò ridere e si sentì dannatamente in colpa, consapevole del fatto che di lì a poco avrebbe di nuovo rovinato tutto. Ma non poteva rimanere in silenzio e fingere di non aver scoperto la verità: era un suo diritto essere a conoscenza della cosa. Il come avrebbe deciso di comportarsi dopo stava a lui: penn era pronta ad accettare qualunque decisione. Se avesse deciso di entrare nella vita di suo figlio gliel'avrebbe lasciato fare, se al contrario avesse scelto di non farlo mai, penn non l'avrebbe biasimato e, del resto, fin da quando aveva scoperto di esser incinta e deciso di tenere il bambino, l'aveva fatto con la consapevolezza di doverlo crescere da sola.
    «...ma non rifarlo mai più, okay?!» dove cameron's voice: if oooonlyyy «Non sono pronto a fare il padre ahahah» ahah grazie karma per rendere questo momento ancora più difficile «..del resto, chi lo è?» lei di certo non lo era stata, e c'erano ancora momenti in cui non si sentiva abbastanza pronta.
    «Allora, confessa.» merda
    Tesa come una corda di violino, non riuscendo più a star sdraiata, avvolgendo l'asciugamano attorno a se si tirò su e si sedette rivolta verso il ragazzo, gambe incrociate sul lettino. Non era comunque inusuale il fatto che non riuscisse a star ferma per troppo tempo nella stessa posizione, quindi sperò che quel suo gesto non sembrasse troppo strano. «ma no, sai che amo polgy!!» era così poco cattiva rispetto ai giornali scandalistici babbani «non è mai offensiva» e soprattutto faceva sì, le sue insinuazioni, ma mai di cattivo gusto «..nel mondo babbano c'è il corona virus, è tutto chiuso» ma che non le vedeva le sue storie?? LE SUE DIRETTE???? Si stava impegnando un sacco a convincere le persone a starsene in casa e non uscire a diffondere il virus. «e se dei babbani mi vedessero in giro, sicuramente andrei incontro al linciaggio mediatico» già vedeva l'hashtag #pennhiltonisoverparty diventare virale.
    «Oddio, non è che stai pensando a come far fuori quella tipetta dei social, eh?!» Nah, quello un giorno ma.. «non oggi» anche perchè, le costava molto ammetterlo, ma durante la pandemia l'aveva rivalutata un sacco??? Si era impegnata da morire per aiutare il suo paese, l'odio che aveva sempre provato per lei si era calmato. E poi Leone più cresceva più diventava bello, proprio come Bang, ERANO GIÀ OTP!!! «però effettivamente ti ho chiamato perchè c'è una cosa che devo dirti» non doveva esser così difficile, no?? Del resto l'aveva già fatto. Avrebbe persino potuto riciclare il discorso!!!1! «non è così grave» forse «dipende dai punti di vista?» per una persona che due minuti prima ti ha detto di non esser pronto a fare il padre era grave.
    «ed in realtà non è nemmeno una novità? cioè.. l'ho saputo pochi giorni fa» aka: due giorni prima «ma per te potrebbe essere una sorta di... déjà vu?» fortunatamente senza bolidi, quella volta.
    E, nonostante si fosse illusa del contrario, aver vissuto quel momento già una volta non si stava rivelando per niente d'aiuto: era tutto COSÌ DIVERSO!!! Dannati monaci thailandesi, dannato leonardo di caprio, dannata lei per essere.. beh, lei.
    «sai che bang ha la stoffa da battitore??» Del resto era solo all'albore di quello che un giorno sarebbe stato batte forte sempre «ha pure troppa forza, per essere un bambino che ha imparato a camminare poco tempo fa» perchè ovviamente a chiara ferragni capitava il bambino che giocava con la cucinetta e passava mini aspirapolvere e straccio per casa, a lei la furia distruttiva che rompeva tutto in giro per il gusto di battere: le ingiustizie della vita.
    Si prese un ultimo momento per osservarlo mentre era ancora ignaro di tutto e sorridente, consapevole che forse sarebbe stata l'ultima volta in cui l'avrebbe visto così: non si era presa del tempo per calcolare le sue possibili reazioni, decidendo semplicemente di accettare qualunque cosa, ma in quel momento si rese conto che dentro di sè aveva dato per scontato il ragazzo la prendesse male.
    E che aveva già messo in conto che quella all'amortentia sarebbe stata la loro ultima uscita.
    Il loro ultimo momento insieme
    Perchè sì, dietro la facciata solare e sempre piena di entusiasmo, penn hilton era La melodrammatica™ e insomma, dava per scontato che chiunque al di fuori della sua famiglia (..una parte ristretta di essa, in realtà) prima o poi l'avrebbe abbandonata o delusa.
    «ti somiglia molto, sai?»
    E no, non te lo sta spacciando come futuro acquisto della squadra, DAI PIZ FAI DUE PIÙ DUE CHE DIRLO AD ALTA VOCE È TROPPO DIFFICILE
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    morley 'piz' peetzah // hakuna... matata?
    C'era chiaramente un motivo se Huxley Joni Cora tutti gli davano del 'blond lovable jock' e quel motivo era che Piz non capiva mai niente al primo colpo. Cioè, niente che non fosse stettamente legato al Quidditch, ovvio. Poteva imparare schemi e formazioni con una velocissima occhiata ai disegni del suo vecchio Coach, ricordare pattern e principali punti deboli degli avversarsi dopo averli studiati una (1) sola volta; poteva persino ricordarsi come aggirare un giocatore affidandosi semplicemente alla sua memoria muscolare. Era il giocatore più sveglio in campo, quello con la soluzione sempre pronta ("un Bolide ben assestato e via!") pronto a difendere la squadra o a dar supporto ai compagni durante l'azione. Ma una volta abbandonato il manico di scopa e la divisa all'interno degli spogliatoi... beh, diventava un altro paio di maniche.
    Non era stoopedo nel vero senso della parola; era solo... un po' biondo, ecco. Spesso il signficato delle parole gli sfuggiva così come non coglieva subito l'ironia o il sarcasmo, e rimaneva a fissare confuso il suo interlocutore fino a che la proverbiale lampadina non si accendeva, finalmente, rivelandogli l'arcano. Ma erano quei secondi tra la fine della frase e la messa in moto di quei pochi neuroni che erano sopravvissuti alla botta del 2018 che lo fregavano sempre. I momenti di silenzio in cui cercava di capire (cosa? Beh, ma tutto, ovvio!)
    C'erano dei momenti, certo, in cui persino lui si stupiva della velocità con cui riusciva a cogliere delle sottigliezze ma erano così rari che potevano essere contati sulle dita di una sola mano; più sì che no si ritrovava a fissare le altre persone con uno sguardo molto ConfusoTM nell'attesa che qualcuno gli spiegasse le cose con parole più semplici. O che gli facesse un disegnino. O che lo traducesse in termini tecnici! In quel caso avrebbe capito subito, eh eh.
    Sorvolò sulla risata scaturita dalle sue parole evitando di confessarle che, se mai lo avesse rifatto, l'avrebbe ripudiata come futura mamma dei suoi figli amica perché un conto era dover sopportare Yale in pubblico, un altro era avercelo tra i piedi il giorno del suo compleanno!! Il giorno più sacro dell'anno?!?! Rovinato da Yale?!?! Oltraggioso. Ma, appunto, sorvolò così come lasciò perdere anche quel «mi è scappato!» limitandosi a fissarla con uno sguardo da "non me la bevo" anche se sì, per i primi secondi se l'era bevuta. Poteva esserle davvero scappato... mpf, dai Piz, non ci credi nemmeno tu. Alzò un indice come a volerla ammonire ma non disse nulla; lui e i social media erano due linee parallele destinate a non incontrarsi e, sebbene avesse anche lui svariati account, non poteva dirsi socialmente attivo. Non in quel senso, almeno (spoiler: lo era in tutti gli altri *winkwink*) Ma avrebbe trovato il modo per controllare che simili villanie non si ripetessero più! Era meglio che la moretta lo sapesse. Ti guarda come un falco #cos
    Era bello, però, ridere e scherzare in quel modo, tanto che persino Piz in quel momento stava pensando solo ed esclusivamente al presente; non c'erano - stranamente - pensieri sul gioco che ronzassero nella sua testa né idee da propinare alla squadra al prossimo allenamento. Aveva davvero staccato la spina per un giorno, con l'intento di goderselo fino in fondo.
    Fino a quel momento c'era riuscito perfettamente; ma se fosse stato un pelino più perspicace avrebbe sicuramente notato che per Penn non valeva la stessa cosa. Lui vedeva solo il sorriso che la sua compagnia e la reminescenza di certi episodi del passato stava disegnando sul volto della ragazza; non aveva nemmeno per un attimo dato seriamente peso alle sue parole quando le aveva chiesto di confessare. Certo, c'era qualcosa di strano anche per lui in tutto quello, ma da lì a capire cosa? O che fosse davvero una di quelle situazioni? MPF Ci sarebbe arrivato forse giorni dopo. Per questo si limitò ad osservarla con un sopracciglio biondissimo inarquato, lo stesso dove faceva bella mostra di sé la voglia che era diventata ormai il suo tratto distintivo. «..del resto, chi lo è?» Avrebbe voluto dirle che, secondo lui, la giovane Hilton aveva fatto uno splendido lavoro fino a quel momento! Non doveva essere facile diventare mamma così presto, così giovane, e lo era ancora meno quando si cresceva in un ambiente come quello dove Penn, per forza di cose, si era ritrovata. Avere le telecamere puntate addosso tutti i giorni, tutto il giorno; i giornali pronti a commentare ogni passo falso, a dire la loro su ogni scelta, ogni gesto, ogni cosa... beh, tutto quello, secondo Piz, doveva aver reso il compito della giovane madre cento volte più complicato. Ma Penn lo faceva sempre con il sorriso - lo faceva sembrare sempre facile. Naturale. Stava per aprire la bocca, infine, e dirglielo, quando Penn scattò a sedere. Al Peetzah venne naturale ritrarsi appena, confuso (#whatsnew) mentre cercava di capire cosa, nelle sue parole precendenti, avesse potuto scatenare una simile reazione. Oddio forse gli stava davvero per confessare qualcosa di illegale?? Doveva preparare qualche bodybag?? Si era rivolta a lui per via dei suoi bicipiti???? Aveva bisogno che trascinasse qualche corpo?? Aveva visto troppe serie crime durante lo stop e la riabilitazione, damn.
    «..nel mondo babbano c'è il corona virus, è tutto chiuso» Beh, come dimenticarsi delle prove generali del 2043 che si stavano svolgendo nel mondo babbano. Scosse leggermente la testa nell'udire le preoccupazioni di Penn riguardo un possibile scandalo dovuto al suo essere in giro durante quel periodo di lockdown: i giornali dovevano proprio essere a corto di notizie se persino QUELLA poteva esser schiaffata in prima pagina. Proprio non si capacitava, Morley, come facesse la Hilton a sopportare tutto quello e da così tanto tempo per giunta! Lui aveva perso le staffe dopo pochi mesi, e al primo scandalo affiancato al suo nome - tra l'altro una notizia falZZa che più falZZa non si può?!?! - aveva quasi picchiato un paparazzo. Momenti bui della sua gioventù #wat Ma Penn era proprio una santa se ancora riusciva, dopo tutti quegli anni, a far sì che la pressione dei giornalisti (e ora persino quella aggiunta dei social media) non la spezzasse. Uno dei tanti motivi per cui Piz l'aveva sempre guardata con gli occhi a cuoricino adorata e rispettata.
    «non oggi» 'né mai', sperò tra sé e sé perché DUH potevano anche essere arcinemesis le due donne, ma Piz doveva ammettere che l'idea di divertirsi con l'italiana non lo faceva rabbrividire così tanto! E non avrebbe avuto problemi nemmeno con il marito??? Mica era geloso, Piz. MPF. Okay, forse lo stava pensando un po' per ripicca al fatto che Penn mettesse likes al profilo del suo Nemico Giurato #1 (#cos) (#stillnotoverit) però forse era anche serio. «non è così grave» ma lo sanno tutti che le cose NON gravi non iniziano mai in quel modo. Lo sapeva persino lui che era sempre il solito altleta biondo e tonto. «Cos-» «dipende dai punti di vista?» Erano campanelli di allarme quelli che stava sentendo??
    Il criceto sulla ruota che abitava la sua testolina aveva preso a correre velocemente e Piz stava avendo, improvvisamente, una memorabile: non è che per caso Penn «sei iNcInTa di nuovo?!» Non poteva essere!! Aveva persino fatto i conti prima di esclamare a voce alta quella pazzia e okay, non era molto sicuro della sua matematica però era SICURO che l'ultima volta che avevano finito per passare la notte insieme era stata... più di due anni prima?!!? Prima della botta in testa, insomm. Si stava sbagliando!!!! Per forza.
    Si sbagliava.
    Ma che ci poteva fare, lui, se la prima reazione con Penn era sempre quella?! Pensare il peggio, intendo. Non finirci a letto. Quello era... parte della loro relazione ormai. Ma aveva tutte le ragioni per essere mentalmente proiettato sempre al peggio, come dargli torto. Aveva ancora i warflashbacks di quella sera, sul campo, prima dell'inizio della partita. («Sai che Bang è tuo figlio?! SOPRESA!» e lui, giustamente, per fuggire alle responsabilità di padre aveva pensato bene di mettersi sulla traiettoria di quel Bolide infame) (Ci avevano messo mesi a chiarire la vicenda ma Piz ancora sudava freddo quando Penn iniziava un discorso con "Sai che..." oppure gli diceva "Non è così grave")
    Déjà-vu? Cosa?! Eeeeh??
    «sai che bang ha la stoffa da battitore?? ha pure troppa forza, per essere un bambino che ha imparato a camminare poco tempo fa»
    SAI.
    CHE.
    "Sai che."
    APPUNTO.
    Ma non stavano parlando di cose (non) gravi?!? Che centrava ora il bambino che OH, UN FUTURO BATTITORE *heart eyes*. No okay, Piz, get a grip. Dove eravamo?! «ti somiglia molto, sai?»
    Ancora, tutti in coro: ?????
    «Penn... Cos... eh?!» Ricordate la storia del "blond lovable jock"? Ecco. Questo è chiaramente il momento che intercorre, solitamente, tra qualcosa che viene esplicitato a parole e la famosa lampadina che, prima o poi, si accende.
    The process could take a few minutes. Please wait.
    Non voleva fare la figura del Meme Umano, ma si ritrovò a dire, suo malgrado: «In che senso?» E per qualche strana ragione sentiva la presenza di Liv che scuoteva silenziosamente la testa e lo giudicava. Tipico della sorella. Però, davvero, «In che senso, Penn?» Nel senso che già a due anni sembrava aver la stoffa del Battitore? Che era destinato come lui a diventare una stella del Quidditch? In che sEnSo gli somigliava?! Aveva due anni, mica poteva somigliargli in chissà quanti modi!
    Non intendeva mica dire che era un lui versione nanerottolo, no?
    Ci aveva già provato a fargli quello sChErZo.
    Piz si limitava ancora a fissare la sua amica, ormai anche lui seduto, con le gambe lunghe che toccavano il pavimento freddo e le mani strette sul bordo del lettino. Stava rivolgendo a Penn la sua espressione più tipica, quella del cucciolo confuso dalla vita mentre tentava di scovare, in quella della ragazza, indizi che gli dessero modo di capire a cosa si riferisse. Ma proprio non riusciva a far sì che la lampadina prendesse vita.
    «Dai, se mi stai facendo uno scherzo sembra la brutta copia di quello ormai vecchio di due - »
    ...
    ..
    .
    «- anni»
    E niente. La lampadina si è accesa ma Piz sembra esser celebralmente morto, gli occhi sgranati e lo sguardo fisso nel vuoto.
    Congrats, Penn, lo hai rotto. #wat
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    holyhead harpies' coach
    chilling like a villain motherfuckah
    i regret nothing tbh
    #tipregononmiuccidereilmoodDAIIII
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    Riusciva a vederle chiaramente, le rotelline nel cervello di piz girare.
    E girare, girare, girare.
    E ancora, girare, girare e girare
    Se l'era aspettato, del resto, visto che a) ormai poteva tranquillamente affermare di conoscere molto bene il Peetzah e b) visto che non era stata poi chiarissima nell'esprimersi, un paio di minuti per farlo arrivare da solo alla conclusione li aveva calcolati. Sperava solo non ore, ecco, augurandosi che il cervello del ragazzo funzionasse come un google chrome in un punto dove la connessione internet era scarsa piuttosto che come un internet explorer: aveva un figlio a casa ad aspettarla, non poteva di certo rimanere lì su quel lettino fino al giorno dopo!
    Temeva che a un certo punto sarebbe stata costretta ad intervenire e aggiungere altro così da sbloccare la situazione, metaforicamente mettendosi ad agitare lo schermo del computer nella speranza di accelerarlo, nel concreto prendendolo a schiaffi per riavviarlo spiegandogli chiaramente come stavano le cose. Era troppo chiedere ci arrivasse da solo? La hilton odiava le confessioni, di ogni tipo (dalle risposte alle interviste al dover ammettere a dart di esser stata lei ad aver finito i biscotti e rimesso la scatola a posto nella credenza piuttosto che buttarla), e esser costretta quel giorno ad avere una conversazione così con piz era un crudele scherzo del destino, prezzo del karma da scontare per lo scherzo che aveva fatto ormai due anni prima.
    Perchè un conto era stato sforzarsi per evitare di scoppiargli a ridere in faccia la volta che, prima della famosa partita, aveva visto il terrore puro nello sguardo del peetzah non appena aveva capito di esser diventato padre: uno scherzo stupido ed innocente (meh manco troppo, visto poi com'erano andate le cose in capo), quello della hilton.
    Ben altro però era rivedere di nuovo, a due anni di distanza, lo stesso sguardo confuso e terrorizzato sul volto del ragazzo, quando quella volta, a differenza della prima, ciò che stava dicendo era vero.
    Per un attimo aveva avuto la tentazione di mandare tutto all'aria, sapete? Sarebbe stato così semplice: un "uh dai, non lo vuoi in squadra? gli faccio crescere i capelli!!", o ancora meglio "ma dai, ci sei cascato di nuovo? peccato tu non possa vedere la faccia che hai fatto!", una risata a smorzare la tensione e il campanello suonato (dai, sicuro hanno il campanello a portata di mano) per richiamare nella stanza le massaggiatrici.
    Così semplice.
    Sfortuna che, quella volta, comportarsi da irresponsabile non era un'opzione da poter prendere in considerazione, non quando troppe persone dipendevano da quella verità: morley, lei stessa, yale che avrebbe odiato tutti, bang. Era lui il motivo principale per cui lo stava facendo: meritava una madre che, almeno, ci avesse provasse. Lo aveva fatto due anni prima quando aveva rivelato a leo di esser incinta e aveva ricevuto in cambio la proposta di abortire prima, una lettera del suo avvocato e un accordo di non divulgazione da firmare dopo.
    E lo stava facendo ora, seduta su un lettino dell'amortentia, nonostante fosse piuttosto sicura che così facendo stesse per causare un infarto a piz.
    Beh Bang, ricorda che la mamma c'ha provato
    E che we're strong independent women who don't need no man
    MAI far definire la tua vita da un uomo bang, MAI!!!
    Ascolta a mamma tua, che è una persona saggia
    Spero davvero che tu abbia ereditato il mio cervello e non quello di tuo padre.
    Di lui ti farebbero bene giusto i bicipiti
    .....e anche il cuore, dai.

    «Penn... Cos... eh?!» ecco, appunto: i minuti passavano, e lui era ancora in modalità internet explorer «eh» forse era arrivato davvero il momento di aiutarlo, di dargli gli indizi in più di cui aveva bisogno «In che senso?» «eh» perchè forse piz poteva creder di esser l'unico con il cervello andato in tilt in quel momento, e penn si fosse illusa della stessa cosa, ma persa a pensare alla sua reazione non si era resa minimamente conto che, in cortocircuito, ci era andata anche lei: riusciva solo ad alzare le spalle rassegnata e dire «eh» nell'attesa che lui arrivasse da solo alla conclusione.
    «Dai, se mi stai facendo uno scherzo sembra la brutta copia di quello ormai vecchio di due - »
    Momento di suspense.
    Silenzio assoluto.
    Si stava sentendo male?
    Fortuna che Penn sapesse come rianimare una persona: in caso di necessità sarebbe stata in grado di salvarlo. Forse.
    «- anni»
    «eh»
    A giudicare dalla sua espressione, ci era decisamente arrivato. «pensavo peggio» nello scenario peggiore che aveva immaginato aveva calcolato una mezz'ora buona «non... morire? vuoi dell'acqua? ti servirebbe decisamente dell'acqua» anzi «con un po' di zucchero» due bustine intere, giusto per esser sicuri: sembrava sul punto di svenire e cadere giù dal lettino da un secondo all'altro, e damn un altro trauma cranico del peetzah a pesarle sulla coscienza non lo voleva!!! Era abbastanza certa che, vista la differenza di peso tra i due, in caso di svenimento sarebbe stata piuttosto inutile a tenerlo dritto ma... per sicurezza ci provò comunque, sporgendosi in avanti dal suo lettino ed andando a metter una mano sulla spalla del ragazzo così da sorreggerlo.
    Ricorda, bang: la mamma c'ha provato sul serio
    «mi dispiace» e non era mai stata più sincera «io... era solo una visita dal pediatra, poi lui ha fatto un commento sui dati di bang alla nascita, poi mi sono venuti i dubbi sulle effettive competenze ostetriche dei monaci thailandesi, e poi dart mi ha consigliato di fare lo screening così per sicurezza e...» e probabilmente piz non ci aveva capito nulla, visto che a) sembrava ancora buggato e b) la ragazza aveva parlato più a se stessa che a lui, troppo velocemente per farsi capire e.. «è figlio di due maghi» e no, leonardo di caprio non lo era.
    «...non è uno scherzo questa volta»
    E mi dispiace tremendamente per la prima, ma questo lui l'aveva capito, visto che penn non aveva mai perso occasione per ribadirglielo.
    «scusa»
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    morley 'piz' peetzah // hakuna... matata?
    Morley non era abituato a ricevere notizie sconvolgenti e che avrebbero potenzialmente stravolto la sua vita, e tendeva, quelle poche volte che capitava, a reagire sempre nella stessa maniera: smetteva di ascoltare il vociare intorno a lui, si chiudeva in se stesso e andava automaticamente a ripercorrere tutte le scelte che, in un modo o nell'altro, l'avevano portato fino a quel punto. Non lo faceva razionalmente, succedeva solo che il suo cervello andasse in tilt e lui si bugasse. Aveva avuto la stessa identica reazione quando il Guaritore del San Mungo gli aveva comunicato che, con ogni probabilità, non avrebbe più potuto giocare a livelli professionali o anche solo salire su un manico di scopa. In quell'occasione aveva appena fatto in tempo a registrare quel «oh» incredulo e distrutto che aveva pronunciato sua sorella Liv e la mano di sua mamma che andava subito a cercare la sua, inerme sul lenzuolo bianco... e poi nulla. Era certo che avessero parlato ancora, detto tante altre cose e forse persino tentato di rincuorarlo. Ma come si poteva tirare su il morale di una persona a cui era appena stata tolta l'unica gioia della vita? Già erano poche le gioie di quel mondo: lui ne aveva trovata una e gli era stata sottratta. (Aveva provato a sfidare la loro teoria, tornando in sella ad una scopa, ma se non fosse stato per il pronto intervento di Olive sarebbe finito nuovamente al San Mungo appena sei giorni dopo esser stato dimesso.)
    Insomma, quando aveva finalmente ricollegato le sinapsi ed era tornato in sé, li aveva trovati tutti a fissarlo con le espressioni più disparate: l'apatia di chi per mestiere era solito rifilare brutte notizie, lo sconforto di chi lo amava così tanto da sapere quanto contasse per lui, la tristezza nel sapere di non poter far nulla per aiutarlo. Li aveva guardati un attimo e poi li aveva cacciati dalla stanza per poter piangere accettare la cosa in santa pace. Non aveva idea di quanto tempo fosse passato dalla notizia al suo «vorrei rimanere da solo se non vi dispiace» ma sapeva di essersi completamente alienato dalla stanza e dalla sua famiglia.
    Stessa cosa che era successa all'Amortentia dopo che il lavoro di squadra tra criceto e lampadina aveva finalmente compiuto il miracolo. C'era arrivato – eccome se c'era arrivato – e come conseguenza della cosa era andato totalmente in tilt. Era tornato con il pensiero all'ultima volta in cui era stato con Penn – rendendosi conto di non ricordarla neppure così bene e non perché fosse inebriato dall'alcool o da altre sostanze, alcuni ricordi pre-incidente erano ancora sfuocati e pieni di buchi, dannata memoria. Non aveva bisogno di chiedersi come fosse successo, quanto più come avessero potuto lasciare che succedesse. Erano sempre stati attenti... per Godric! Dove avevano sbagliato? Non ricordava incidenti degni di nota né quella sera, né le volte prima – Yale lo avrebbe ammazzato.
    Nel bel mezzo di una crisi mistica e ciò a cui riusciva a pensare era la reazione dell'Hilton quando lo avrebbe scoperto.
    A meno che non lo sapesse già.
    Oddio, lo sapevano già tutti e lui era l'ultimo a scoprire la verità?! Forse Penn lo sapeva da anni e non gliel'aveva mai detto? Non glielo aveva mai voluto dire?!? Forse lo scherzo non era stato poi uno scherzo???
    No, razionalmente Piz sapeva che se anche solo uno del clan Hilton avesse saputo probabilmente non avrebbero perso tempo e lo sarebbero andati a cercare già da tempo (per fare due chiacchiere, eh. la famigghia non si tocca)
    Morley non riusciva a registrare più alcun suono, alcuna presenza. Non era più neppure sicuro di dove fosse in quel momento: sapeva solo che quella notizia avrebbe cambiato per sempre le cose e, onestamente? Avrebbe potuto reagire molto meglio. Davvero davvero molto meglio. Ma era una secchiata d'acqua gelida arrivata all'improvviso. Un Bolide a tutta velocità che lo colpiva alla bocca dello stomaco. Okay, forse non l'analogia più azzeccata ma Piz conosceva metafore solo sul Quidditch, sadly.
    C'erano così tante cose che in quel momento gli frullavano nella testa ma riusciva solamente a pensare “sono. padre” ma, tipo, padre davvero. Non aveva nemmeno bisogno di doverlo confermare con la ragazza, la situazione non era nemmeno lontanamente paragonabile a quando glielo aveva detto per scherzo.
    Il contatto improvviso, pelle su pelle, lo riportò alla realtà. La mano piccola e curata di Penn era posata delicatamente sulla sua spalla nuda e aveva fatto da catalizzatore per le sue attenzioni che altrimenti avrebbero continuato a vagare per chissà quanto tempo ancora. Alzò lo sguardo azzurro verso la ragazza e rimase impassibile al suo «mi dispiace»
    Non è che Piz non ci credesse, lo sentiva nella voce di Penn che era davvero dispiaciuta... era solo troppo sconvolto per dire (o fare) alcunché. Non era una notizia semplice da mandare giù – o da accettare se eri uno che per ventisette anni aveva creduto fortemente che fare il padre non rientrava nelle cose di cui eri capace. Certo, non aveva mai dovuto davvero affrontare la cosa prima di all'ora ma il ricordo delle volte che aveva dovuto cambiare il pannolino a Joni era ancora così vivo nella sua memoria che la metà bastava. Aveva cresciuto la sorella (e neppure a tempo pieno, figurarsi) e aveva visto abbastanza marmocchi nella sua vita per capire che una famiglia sua probabilmente l'avrebbe avuta solo sotto tortura – o se incastrato. In quel momento? Si sentiva incastratissimo. Non poteva farci nulla, gli veniva naturale pensare alla cosa come la fine dello stramaledettissimo mondo, non aveva fatto che pensarla così per anni! E ora che le cose erano vere... beh, l'istinto di alzare i tacchi e scappare era forte. Fortissimo. Ma lui era un Grifondoro – lo era stato e sempre lo sarebbe rimasto – e i Grifondoro non scappavano mai. Affrontavano le cose di petto. (Anche quando magari era meglio riflettere, organizzare i pensieri, riflettere ancora e solo dopo parlare.) (Ma quello non era mai stato vero nel caso di More Peetzah)
    «E i dubbi sulle “competente ostetriche”» sibilò mimando le virgolette con le dita, «ti sono venuti con appena due anni di ritardo?» c'era del sarcasmo nella sua voce? Oh, sì. Non avrebbe voluto, Penn non se lo meritava, ma gli era uscito prima ancora che potesse rendersene conto. Si portò una mano sulla faccia, strofinandola ripetutamente, e poi la passò sui capelli cortissimi. Si morse la lingua, l'interno delle guance, le labbra... tutto, pur di non dar nuovamente fiato alle sue parole irruenti senza prima valutarle, soppesarle, giudicarle. L'ultima cosa che voleva in quel momento era ferire Penn. Lo sentiva nella voce della ragazza che non era facile neppure per lei, ma diamine!! Come pensava che avrebbe reagito dopo tutti quei discorsi appena fatti?
    Con quanta più delicatezza possibile – non voleva che credesse la stesse scansando con maniere brusche – allontanò la mano della Hilton e si alzò in piedi, tenendo saldamente l'asciugamano legato in vita. Percorse la stanza (fin troppo piccola per i suoi gusti, ma in quel momento persino un campo da Quidditch sarebbe risultato angusto) avanti e indietro cercando di schiarirsi le idee.
    «...non è uno scherzo questa volta» si arrestò di colpo e le rivolse un'occhiata che non aveva bisogno di parole per essere decifrata: la cosa stava diventando vecchia e non più divertente – ammesso che lo fosse mai stata. - e in quel momento non aveva voglia di scherzare. Addolcì la sua espressione crucciata solo quando Penn sussurrò quello «scusa» che sapeva di tante altre cose: scusa per averti preso in giro due anni fa, scusa per avertelo detto tardi, scusa per la notizia, scusascusascusa. Si conoscevano abbastanza bene, ormai, e Piz non aveva bisogno che lei argomentasse tutte le sue affermazioni: riusciva a leggere tra le righe, ma ancora di più riusciva a leggerle dentro. E, nonostante lui stesso ribollisse di rabbia, shock, ansia, incredulità... si ritrovò a percorrere quei pochi passi che li separavano e ad allargare le braccia per invitarla in un abbraccio.
    Poteva, nella sua stupida immaturità, pensare quello che preferiva ma le cose erano semplici: il fattaccio lo avevano commesso in due e per ben due anni solo una persona ne aveva subito le conseguenze. Certo, gli diceva una vocina nella testa, tu nemmeno lo sapevi e quindi perché sentirti in colpa per aver continuato a vivere la tua vita spensierato? - che poi era vero fino ad un certo punto, gli ultimi ventiquattro mesi non erano stati facili neppure per lui. Ma stando alle parole di Penn non ne aveva avuto la conferma neppure lei se non fino a qualche giorno prima. La cosa doveva aver sconvolto anche lei, in qualche modo.
    Cambiava la vita di entrambi.
    «Lo so, lo so.» sussurrò, ancora un po' in trance per la cosa ma pian piano più consapevole dei suoi gesti e di ciò che lo circondava. Per lo meno quella volta non rischiava di finire in coma per qualche motivo. Non era certo però di essersi ancora ripreso del tutto.
    Così tornò a sedersi sul bordo del lettino, senza allontanarsi troppo da lei. Rimasero in silenzio per qualche istante e poi, giusto perché doveva esserne certo al 110%, chiese «Quindi non è davvero uno scherzo?» no perché non si sa mai. «Okay, scusa!» alzò le mani in segno di resa, lo sapeva che aveva detto una stupidaggine. «Probabilmente avresti dovuto capirlo subito, comunque. I geni non mentono.»
    Fare il cretino era l'unica risposta che aveva per tutto... quello. Sapeva di dover dire altro, chiedere informazioni sul bambino, proporsi magari per un test di paternità, ma proprio non riusciva a non pensare ad essere o incredibilmente shockato, o incredibilmente stupido. Aveva solo due mood, More Peetzah. Sperava vivamente che il figlio avesse ripreso dalla mamma.
    Il figlio.
    Si gelò nel realizzare ciò che aveva appena pensato. «Penn.» Non trovava le parole per dirlo ma sentiva di doverlo fare: era giusto che lei sapesse. «Ci tengo che tu sappia che... quello che dicevo prima era vero.» sul serio, non si sentiva minimamente pronto a fare il padre. «Ma-» ma cosa? Diamine, dov'era Fray con la sua loquacità quando serviva? Avrebbe potuto intercedere per lui che stava facendo moltissima fatica ad esternare i suoi sentimenti in quel momento. «Ma le cose ora sono... Questa notizia cambia tutto.» Sarebbe stato da folli ammettere il contrario. «Voglio provarci. Se davvero Bang è mio figlio...» non aveva più parole davvero. Le aveva finite tutte. Ma il senso era chiaro: voleva almeno provare a rivestire quel ruolo che mai avrebbe pensato di ricoprire; voleva conoscere il bambino e, soprattutto, voleva stare vicino a Penn.
    Dentro era ancora in tilt, le emozioni impossibili da decifrare ed era quasi certo che una volta a casa avrebbe avuto un tracollo emotivo, ma in quel momento non voleva pesare ulteriormente sulla coscienza di Penn. Voleva dimostrarle il suo supporto nonostante si sentisse ferito? Tradito? Dall'improvvisa scoperta. Ma Piz aveva smesso di abbandonare gli amici e di scappare dalle responsabilità, l'aveva già fatto abbastanza in passato: ora doveva rimanere e affrontare le conseguenze delle sue azioni.
    «...ma quindi, se il padre sono io,» perché era sempre buono sottolineare (e chiedere conferma del)la cosa, «puoi finalmente confessarmi chi credevi fosse per tutto questo tempo?!» Perché okay, non era un tipo da pettegolezzi, ma intorno a quel mistero erano girate fin troppe voci e persino lui era curioso!!
    Con un sorriso sulle labbra, allungò una mano e la girò, palmo in aria, offrendola a Penn. Il messaggio era chiaro: poteva pure non aver avuto una brusca reazione iniziale – e forse, sotto sotto, doveva ancora realizzare del tutto la cosa - ma non l'avrebbe lasciata sola.
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    Penn Hilton era abituata all'odio delle persone. Non ne era felice, certo, ed ogni giorno faceva del suo meglio per non dare motivi per cui riceverlo, eppure nel corso degli anni aveva imparato ad accettarlo.
    I titoli scandalosi degli articoli di gossip non la colpivano più come un tempo, nè rimaneva ferita quando leggeva i commenti sotto le sue foto su instagram, e piuttosto che rimanerci male o chiedersi il perchè di tutto quell'odio gratuito, aveva imparato a riderci su e non lasciare che condizionasse la sua vita. Le ci erano voluti anni per farlo, e c'erano ancora momenti in cui cedeva e (achille lauro's voice) ci cascava di nuovo, perdendo ore a leggere le pagine dei suoi hater o gli articoli di giornalisti che, pur non sapendo nulla su di lei, si permettevano di scrivere pezzi come se la conoscessero da una vita intera, ma aveva comunque trovato un suo equilibrio. Okay, quando le capitava di ritrovarsi critiche su suo figlio o sul modo in cui lo stava crescendo allora sì che la ragazza doveva reprimere l'istinto omicida e doveva trattenersi dal mandare a quel paese il mondo intero, ma per il resto si era rassegnata al fatto che l'odio di molti sarebbe stato sempre una costante nella sua vita, e non le importava più così tanto. Del resto quelli dietro la tastiera di un cellulare o seduti alla scrivania di una redazione giornalistica erano sconosciuti, e non valeva soffrire per l'opinione che avevano di lei.
    Ma tutta un'altra storia invece era ritrovarsi a dover affrontare l'odio di una persona che conosceva, ed alla quale voleva bene: non sapeva come fare nè voleva farlo, ma allo stesso tempo non poteva certo ignorare la cosa e lasciarla correre come nulla fosse.
    L'aveva messa in conto da subito, la possibilità che il ragazzo iniziasse ad odiarla non appena rivelata la verità su bang. O, ancora meglio, l'aveva data per scontata: del resto, per quale motivo Piz avrebbe dovuto reagire in modo diverso? Dunque, lì all'amortentia, era arrivata con l'illusione di esser preparata per quel momento.
    L'avrebbe odiata come tanti prima di lui avevano fatto, e come sicuramente negli anni a seguire altrettanti avrebbero continuato a fare ma, a differenza di tutti loro, morley peetzah avrebbe avuto un valido motivo per farlo. Ed era forse per quello, che faceva così male. E che affrontare il suo, di disprezzo nei confronti della hilton, era tutta un'altra cosa: se ne accorse subito, quando il ragazzo scansò la mano di penn dalla sua spalla e si alzò così da darle le spalle, lasciando la ragazza con una mano ancora sospesa in aria e una parte di lei già lì a pentirsi per avergli rivelato la verità. Rimase in silenzio, dondolando le gambe oltre il bordo del lettino e tenendo lo sguardo fisso sulle sue bellissime unghie dei piedi smaltate di rosso, non abbastanza coraggiosa da guardare Piz negli occhi o anche solo controllare che fosse ancora nella stanza, piuttosto certa che si stesse rivestendo per poi andarsene e lasciarla lì senza dirle una parola. Non l'avrebbe certo biasimato, se l'avesse fatto: se lo meritava.
    "E i dubbi sulle “competenti ostetriche" ti sono venuti con appena due anni di ritardo?” Come poteva star lì a spiegargli che aveva partorito in segreto in un monastero, mica in una clinica privata o anche solo in un semplice ospedale, e che per non correre il rischio di ritrovarsi con la notizia venduta alla stampa prima del tempo e causare a suo nonno, suo padre e tutto il resto della sua fam un infarto, non aveva neppure potuto chiamare un'ostetrica vera e non aveva potuto far altro che affidarsi ai monaci e sperare che fossero bravi a far nascere bambini così come lo erano a mantenere la calma e la pace interiore.
    Ma in quel momento, piuttosto che dargli motivazioni o valide argomentazioni per ciò che era accaduto, l'unica cosa che aveva ritenuto giusto fare era stata, semplicemente, chiedergli scusa e non aspettarsi nulla da parte sua. Quindi capirete bene la confusione della ragazza quando, piuttosto che ritrovarsi in quella stanza sola ad esaminare in silenzio tutti gli errori commessi in vita sua che l'avevano condotta fin lì, si ritrovò con piz ad abbracciarla. In un primo istante aveva pensato che "o mio dio, mi vuole strozzare" e??? invece???? era un abbraccio???? vero????? che-succede.gif dov'è bugo? penn.... non capiva.
    Davvero.
    Magari era lei ad aver preso la botta in testa, quella volta?? e quell'abbraccio era frutto della sua immaginazione, non c'era altra spiegazione: del resto aveva appurato da tempo che "karma is a bitch" non era solo un modo di dire, ma la dura legge che governava il mondo.
    Ne fu ancora più convinta quando il ragazzo si sedette sul lettino al suo fianco, piuttosto che lasciare la stanza e sbattersi la porta alle spalle come penn aveva dato per scontato avrebbe fatto. In quel momento probabilmente lo stava guardando come fosse un alieno, e giusto per verificare di non esser un sogno o di avere una commozione cerebrale si diede un leggero pizzicotto per poi mettersi a contare le dita delle mani (perchè nei sogni si hanno sempre più dita), e shOoOCK sembrava esser tutto vero!!1! «Quindi non è davvero uno scherzo?» Ed a quel punto la ragazza sorrise, trovando finalmente il coraggio di guardarlo di nuovo negli occhi «se lo fosse, avresti il diritto di picchiarmi» o, ancora meglio «o andare a milano e diventare il nuovo bff della ferragni» il più alto tradimento, solo così piz poteva capire quanto la hilton fosse seria.
    Ma quel momento di spensieratezza durò fin troppo poco: si irrigidì subito a quel «Penn.», spaventata da ciò che avrebbe detto dopo.
    Perchè, nonostante avesse messo in conto fin da subito il fatto che il ragazzo avrebbe preferito non aver nulla a che fare con suo figlio, una parte di lei non poteva che sperare nel fatto che avrebbe deciso almeno di provarci.
    «Ci tengo che tu sappia che... quello che dicevo prima era vero.» Non era pronto a fare il padre. Gliel'aveva detto chiaramente, poco prima, e non era certo intenzione di Penn incastrarlo e costringerlo a fare qualcosa che non volesse fare: gli aveva detto la verità perchè, per quanto difficile, era stata la cosa più giusta da fare, ma di certo non pretendeva qualcosa in più da lui. «lo so, e non te l'ho certo detto per obbligarti a...» «Voglio provarci» Eh? Forse aveva sentito male.
    Sicuramente aveva sentito male, perchè era impossibile che.. «Se davvero Bang è mio figlio...» Non riusciva a crederci, perchè non era assolutamente ciò che si era aspettata. Forse era davvero un sogno, o forse era lui ad aver preso una botta in testa (again) perchè... insomma dai!!! «dovresti vedere come ha ridotto tutti i vasi che avevo a casa» o meglio, non avrebbe potuto vederlo: il bambino li aveva ridotti tutti in mille pezzi.
    «...ma quindi, se il padre sono io,» comprendeva il suo avere ancora dubbi, e di certo non sarebbe stata lì a sottolinearlo: era già troppo bello per esser vero il fatto che non fosse scappato via, poteva continuare tranquillamente ad avere tutti i dubbi che voleva. Ed una volta usciti di lì, comunque, il test di paternità era in cima alla lista delle cose da fare. «puoi finalmente confessarmi chi credevi fosse per tutto questo tempo?!» aH, tra tutte le domande possibili, era andata a farle proprio quella??? «da quando sei diventato così pettegolo?» Gli diede una leggera gomitata, per poi fare un lungo sospiro e prendersi tutto il tempo necessario (???) per rispondere: non l'aveva mai detto ad alta voce a qualcuno al di fuori della sua famiglia.
    Ma del resto Morley, in qualità di vero padre di suo figlio, ormai ne faceva parte, no??? Intrecciò le dita a quelle del ragazzo, sollevata per essersi tolta quel peso dalla coscienza e dal modo in cui alla fine lui aveva accolto la notizia: non aveva nemmeno osato sognare che le cose andassero così, per non rischiare di illudersi e rimanerci poi troppo male a cose fatte.
    Ed invece era ancora lì
    «lo vuoi davvero sapere? rovinerebbe il mistero! la magia!!1!» #cos «e teoricamente c'è un nda ancora legalmente valido» doveva metter al più presto i suoi avvocati ad occuparsene e risolvere la situazione «okay okay, te lo dico» un ultimo respiro profondo, prima di... «eraleonardodicaprio» ecco, L'AVEVA DETTO!!! «...sei scioccato, vero??? ho appena stravolto la tua esistenza????» #sì, ma sicuramente non per l'identità sbagliata del padre di bang quanto più per quella vera hihihi
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    morley 'piz' peetzah // hakuna... matata?
    Hey, look ma, I made un casino terribile.
    Peggio di quella volta che si era fatto paparazzare dai giornali babbani insieme a quella che, pochi giorni dopo avrebbe scoperto essere una "accompagnatrice" (tanto per essere gentili) che puntava gli uomini di successo per un po' di popolarità e fama. E pensare che Piz aveva davvero creduto fosse una sua fan.
    Peggio anche di quella volta in cui aveva perso una scommessa con i compagni di squadra e per un mese aveva dovuto presentarsi ad ogni evento pubblico, (pre)partite comprese, vestito da cowboy.
    Peggio di quella volta che aveva sfidato Carotina a chi mangiava più muffin e alla fine aveva dovuto (tristemente) accettare la sconfitta e proclamare sua sorella la Signora dei Muffin e ubbidire ad ogni suo capriccio per settimane.
    Peggio di quando aveva deciso di lanciarsi col paracadute - potrà anche aver passato tutta la sua vita in sella ad una scopa in volo a svariati metri dal suolo, ma gettarsi nel vuoto, senza punti di riferimento, era stato semplicemente atroce.
    Insomma, di cose stupide ne aveva fatte davvero (davvero davvero) molte, ma era sempre riuscito a guardare indietro ad esse con un sorriso e una battuta scema. Erano stati scherzi idioti, scemenze (più o meno) adolescenziali, delle cretinate. Qualcosa che poteva essere raccontato davanti ad un falò, per riderci di gusto.
    Non era molto sicuro che quel modus operandi potesse adattarsi anche all'attuale situazione, però: quella non era una scommessa persa, non era un errore di giudizio. Era qualcosa che avrebbe avuto ripercussioni serie sulla sua vita - le aveva già avute su quella di Penn, d'altronde, e anche se lei non lo faceva mai sembrare come un peso, il giovane allenatore sapeva che non doveva esser stato per niente facile superare tutto quello da sola. Certo, era sicuro che avesse avuto tutto il clan degli Hilton alle sue spalle, pronti a supportarla e aiutarla ma non era esattamente la stessa cosa che dividere quel... fardello(? per Piz un po', oggettivamente lo era) con la persona che, a conti fatti, era il vero responsabile.
    Si domandò, non per la prima volta da quando aveva finalmente collegato tutti i puntini, se sarebbe stato davvero in grado di fornire a Penn tutto l'aiuto di cui ella aveva bisogno. Non parlava di quello monetario, a lei non mancavano di certo i soldi per crescere un figlio, quanto più quello affettivo, quello che, ne era certo, lei più desiderava. Necessitava, forse.
    Sarebbe stato in grado di fare da padre? Sarebbe riuscito a comportarsi da persona adulta ed rivelarsi un giusto modello da seguire? Sarebbe riuscito ad esserci, lui che era famoso tra i suoi amici per essere quello che, data la possibilità di sparire, non ci pensava due volte a fare le valigie?
    Erano tutti dubbi atroci. Legittimi, oltretutto, ma atroci. Avrebbe voluto stringere Penn ancora più forte e ripeterle che avrebbe fatto di tutto e di più, che avrebbe rivoluzionato la sua vita in luce di quella nuova scoperta, che avrebbe cambiato tutto di sé pur di essere un buon padre ma... non ci riusciva. Mentre la teneva stretta stretta nell'abbraccio non riusciva a spiccicare parola. Forse perché, lo sapeva lui tanto quanto lei che quelle parole non sarebbero mai suonate vere. Chiunque conoscesse anche solo un pochino Morley Peetzah sapeva con certezza che il suo spirito di sacrificio era.. come dire, minimo. Non aveva mai avuto la tendenza ad annientare se stesso pur di aiutare qualcuno. Era generoso e buono, sì, ma non era il tipo di persona che sacrificava la propria libertà per quella altrui. Ci aveva provato in passato e non era servito a nulla, solo ad essere calpestato più e più volte.
    Non riusciva proprio a vedere come tutto quello non avrebbe finito con lo sconvolgere drasticamente la sua vita.
    Non poteva però certo dirlo a Penn, no? Quelle paturnie avrebbero dovuto attendere ancora un po' prima di esser riversate contro qualcuno (ciao sorelle) ma prima o poi sarebbe successo - o quello o Piz sarebbe finito in manicomio, c'erano davvero poche opzioni tra cui scegliere. Aveva bisogno di un parere, di un consiglio, di un aiuto.
    Aveva bisogno di supporto.
    Così come ne aveva Penn... forse? Oddio, iniziava ad avere dei dubbi a riguardo. Magari glielo aveva detto solo per... avere la coscienza pulita? Solo per informarlo della cosa??? Tipo "ciao Piz, lo sai che Bang è tuo però non voglio che tu sia /il padre/ quindi ciaone è stato bello" oh cielo, poteva benissimo immaginare la scena. Forse si stava facendo un sacco di problemi per niente! Che era anche peggio! Le rivolse uno sguardo pieno di apprensione, una volta seduti fianco a fianco, studiandone ogni dettaglio della sua espressione, giusto per capire se si stesse sbagliando o meno. Come... come doveva comportarsi? Cosa doveva fArE ?? Ecco perché Morley Peetzah non era bravo a fare il padre - o gestire le responsabilità più in generale. hElP
    Non era bravo a fare l'adulto! (cit. papà Jay)
    Sentiva che la strada sarebbe stata tutta in salita, da lì in poi. E, per quanto amasse le sfide, c'era troppo in ballo quella volta per accettare sconfitte.
    Era così assorto nei suoi dubbi e problemi ce registrò in ritardo il commento dell'amica, ma gli venne da ridere nel sentire lei pronunciare il nome della sua Nemica Giurata, facendo capire quanto seria fosse la situazione in quel momento, ma allo stesso tempo desiderosa di rendere più leggera l'atmosfera.
    E c'era riuscita, per un attimo, perché Piz non aveva saputo trattenersi ed aveva lasciato che una smorfia simile ad un ghigno si disegnasse sul suo volto; era ancora molto teso, certo, ma in quei momenti si ricordava ancora di più perché adorasse così tanto la Hilton.
    La adorava al punto che... sì, fino al punto che ci avrebbe provato davvero. Non avrebbe fallito (Morley Peetzah non falliva mai.) ma se le cose non fossero andate propriamente bene... beh, avrebbe potuto dire di averci provato. Provato per davero. E non esitò a dirglielo.
    Scosse appena la testa nell'udire poi la sua riposta, perché al contrario temeva che, appunto, lo avesse fatto solo per avere la coscienza pulita, e le rivolse un piccolo sorriso. A quanto pare avevano entrambi frainteso la cosa - tipico dei #peeton
    La rassicurò, quindi, e in barba a tutte le paturnie che sentiva crescere dentro, le disse ancora una volta, con voce ferma, che voleva provarci.
    Le strinse la mano delicatamente quando Penn intrecciò le dita alle sue, nervoso, pieno di dubbi, combattuto tra il restare e il fare un fugone degno di una Babbi davanti ai cani, ma comunque presente.
    Non sapeva bene come mettere a parole ciò che lo assillava - avrebbe dovuto parlarne con chi lo conosceva bene e avrebbe potuto aiutarlo a superare quella nuova, sconvolgente verità; avrebbe potuto farlo con Penn, lì e in quel momento, ma troppe cose tutte insieme lo avrebbero buggato once and for all. Meglio rimandare /quella/ conversazione ad un altro momento.
    Lo fece ridere il commento sui vasi, ricordando le mille storie che mamma El era solita raccontare sul suo conto: a quanto pareva aveva iniziato a prendere a mazzate oggetti ancora prima di camminare, uno dei suoi primi regali per Natale era stato un set da Battitore giocattolo con tanto di Bolide telecomandato che suo papà faceva volare in casa e poi, dopo che i due aveva rotto vetri, vasellame e cristalleria varia, in giardino. Ricordava quei momenti come i più felici della sua infanzia, sebbene alcuni fossero vaghi e sfuocati - vuoi per il tempo ormai trascorso, vuoi per la botta in testa. Chi lo sa.
    Una cosa la sapeva, però: voleva che suo figlio potesse un giorno guardare alla sua infanzia e ricordare momenti simili anche lui. Momenti di gioco e di amore, di unione. Momenti passati con la famiglia.
    Forse Piz era ancora in tempo per rimediare, dopotutto.
    Avrebbe voluto chiedere una cosa alla ragazza, ma prima c'era un altro quesito che - inaspettatamente - lo assillava: erano girate così tante indiscrezioni, voci, gossip e quant'altro sulla vera identità del padre di Bang al punto che era diventato praticamente impossibile evitare l'argomento. Ancora oggi c'erano giornali e blog che non si arrendevano e tornavano a insistere al riguardo. Aveva avuto quasi la stessa importanza mediatica del Royal Wedding: era normale che anche Piz si fosse ritrovato a domandare chi fosse - specialmente perché Penn era sua amica, dai.
    Ma ora gli interessava ancora di più. Aveva quell'infantile voglia di presentarsi davanti Al Tipo e, ghignando come un bimbo di sei anni, canzonarlo con un "il padre sono io gne gne gne" (poi uno si chiede perché di solito ci prendi gli schiaffi, More.)
    «lo vuoi davvero sapere?»
    Annuì convinto, certo che voleva!!
    «eraleonardodicaprio»
    «È nato a bordo di una cabrio?» Ma in che senso? Che c'entra? Non aveva partorito in mezzo ai monaci...?
    Poi puntuale come suo solito, e quindi in ritardo di una buona manciata di minuti, il criceto sulla ruota aveva contribuito alla conversazione e «aaaa-ah!» Esclamazione di chi ci arriva un attimo dopo (in tutto). Anche se «Leonardo di Caprio? Seriamente?» adesso aveva anche più domande di prima. Punto primo: qUaNdO era successo??? Come??? PERCHÉ??? Non era /geloso/ ma... che aveva di Caprio più di lui? (Spoiler: tutto)
    Punto secondo: «Ha smesso di essere bello dopo che l'hanno messo sotto ghiaccio,» fu il suo primissimo commento, da Uomo Ferito, «non è così bello. Ci sono uomini della sua età più belli...» vabbè, vero, ma non erano Leonardo di Caprio.
    «...sei scioccato, vero???»
    «Direi!!» esclamò, un po' ridendo e un po' terribilmente serio «Non pensavo che fosse il tuo tipo.» la punzecchiò - verbalmente ma anche a gesti, facendole il solletico su un fianco. Che poi, razionalmente, lo sapeva che Penn non intendeva quello quando parlava di notizie sconvolgenti ma era un modo come un altro per alleggerire un pochino il mood.
    Passato quel breve momento di ilarità, però, tornarono entrambi leggermente più seri. L'aria era nettamente meno tesa rispetto a qualche minuto prima ma nella testa di Piz c'erano tante cose che premevano per essere messe nero su bianco ed era quasi certo, lanciando un'occhiata veloce alla ragazza seduta accanto a lui, che lo stesso valesse per Penn. Stavano entrambi venendo a patto con quella nuova realtà, insieme ma anche ciascuno per conto proprio.
    Le strinse piano la mano come richiamare la sua attenzione e poi le chiese ciò che voleva già da un po', ma non sapeva come fare. Alla fine optò per la via che più lo rispecchiava: quella più diretta.
    «Posso conoscerlo?»
    Nato e cresciuto in una famiglia come quella degli Hilton, il piccolo Bang era famoso anche alla sua giovane età e persino Piz lo aveva visto più di una volta - nelle storie di Penn, quelle private e per le liste di amici sks mica quelle pubbliche, nei video che ogni tanto lei girava nella groupchat (?), nelle immagini del reality show che gli capitava di trovare in tv. Gli era capitato persino di vederlo una volta o due, in pubblico.
    Quello che intendeva ora era ben diverso, ovviamente: voleva conoscerlo da padre, vederlo con occhi diversi, capire quanto avesse di lui e quanto di Penn; vederlo ridere, giocare, rompere i vasi con la mazza giocattolo.
    Sperava che, vedendolo, tutti i pezzi sarebbero andati al loro posto e tutta quella situazione avrebbe, finalmente, assunto una prospettiva diversa anche ai suoi occhi - ancora increduli, ancora sconvolti.
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    «Leonardo di Caprio? Seriamente?» La vedeva, sul volto del ragazzo, la stessa identica espressione che due anni prima le avevano rivolto suo fratello ed i suoi cugini quando aveva fatto loro la rivelazioneTM, e dunque per lei fu semplicissimo decifrarla: preoccupazione?? voglia di spaccare la faccia al diretto interessato??? Ma anche no, la reazione più immediata era una sola: invidia. Nei suoi confronti, ovviamente, mica verso leo: sapeva di aver vissuto quello che per praticamente più dei tre quarti della popolazione mondiale sarebbe per sempre rimasto un sogno irrealizzabile. E a conferma del fatto che anche per piz valesse lo stesso discorso arrivarono le parole successive pronunciate dal ragazzo «Ha smesso di essere bello dopo che l'hanno messo sotto ghiaccio» mmmmmmm morley peetzah, ma chi ti crede «non è così bello. Ci sono uomini della sua età più belli...» «disse il lupo quando non riuscì ad arrivare all'uva...» cosa? cosa. Dai, quale persona sana di mente non avrebbe voluto dare all'attore almeno una bottarella, anche solo per il gusto di rivolgergli almeno una volta nella vita un sensuale dipingimi come una delle tue ragazze francesi? «peccato tu abbia già superato l'età critica, altrimenti avresti potuto provarci!» Eh già, del resto lo sapevano tutti che superati i 25 anni non si poteva più aspirare ad attirare le attenzioni dell'uomo: anche senza un bambino non programmato di mezzo, penn era consapevole del fatto che quella storia non sarebbe stata destinata a durare per molto.
    In ogni caso, era davvero grata che l'atmosfera in quel momento fosse più rilassata, tanto da far tornare alla ragazza la voglia di far battute!! e scherzare!!! un enorme passo avanti rispetto a pochi minuti prima, in cui aveva sinceramente temuto di poter morire lì, sul quel preciso lettino, per il disumano livello di stress ed ansia che quella conversazione le aveva fatto accumulare. «Non pensavo che fosse il tuo tipo.» «non lo è un po' di tutti??» e, per non rischiare di rovinare quel breve momento di leggerezza e tirar troppo la corda - era già un miracolo che piz non fosse andato via dopo la rivelazione su bang, non voleva mica sfidare la sorte così tanto - preferì non accennare alla lista che, alla veneranda età di dodici anni, una giovanissima philadelphia sutton maribel soledad hilton aveva stilato, inserendo tutti i nomi di attori, cantanti, sportivi e altre personalità appartenenti al mondo dello spettacolo che avrebbe voluto almeno baciare, una volta nella vita. E ovviamente leonardo dicaprio era stato uno tra i primi nomi ad esserle venuto in mente.
    Alla fin fine era stato semplicemente un tick come tanti altri prima di lui, su quella lista, per onorare un patto con quella versione più giovane di sè che, poco più che bambina, era ancora troppo ingenua per capire quanto quel mondo che tanto le sembrava perfetto fosse in realtà ben diverso dalle sue aspettative. «...e poi si impegna tanto per l'ambiente» ed anche chi non la conosceva poi così bene sapeva quanto la hilton ci tenesse a certi argomenti, e facesse ogni giorno del suo meglio per adoperarsi ed supportare le cause che aveva a cuore.
    Quando poi le risate si smorzarono e tra loro tornò il silenzio, penn rimase immobile a rifletter su cosa dover dire: doveva esser lei, a chiedergli se volesse conoscerlo? o forse sarebbe sembrata troppo invadente?? ma d'altro canto, rimanendo in silenzio, non correva il rischio di far credere a piz che non lo volesse nella vita di suo figlio?? Del resto era figlio di tutti e due, e il peetzah aveva il diritto di poter entrare nella sua vita. Ma anche di non farlo: era una scelta che stava a lui.
    Evidentemente, tra le tante qualità del ragazzo, c'era anche quella di esser in grado di legger nel pensiero, dato che in un attimo cancellò tutte le sue paturnie mentali, precedendola con quel «Posso conoscerlo?» che era molto più di quanto la hilton si fosse anche solo azzardata a sperare, quando aveva immaginato nella sua testa quella conversazione. «solo se sei psicologicamente pronto a vedere il 90% delle cose che hai in casa andare in mille pezzi» non faceva proprio per lei, rimanere seria per troppo tempo, e usare l'ironia era l'unico modo che aveva per illudersi che tutto sarebbe andato bene. Anche se lì, mentre guardava piz negli occhi e sentiva la mano del ragazzo stretta attorno alla propria, gli sembrava molto meno un'illusione e più una solida realtà ( -cit la pubblicità di immobildream) E così tornò seria, rispondendo alla domanda con il sorriso sulle labbra e la certezza che piz sarebbe stato il padre migliore che avrebbe mai potuto desiderare per suo figlio «non dovresti nemmeno chiedermelo» perchè, da parte di penn, la risposta sarebbe sempre e comunque stata sì.
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    morley 'piz' peetzah // hakuna... matata?
    Seduti sul lettino per i massaggi, uno accanto all'altra, le dita delle mani intrecciate tra loro in un silenzioso gesto di supporto reciproco, Penn e Piz sembravano una coppia di (giovani) adulti seri, responsabili e coscienziosi, alle prese con una svolta che avrebbe cambiato tutto per (e tra) loro.
    E, a parte il fatto che una dei due fosse mentalmente più adulta dell'altro, e che fossero entrambi mezzi nudi - di certo non una novità per i #carbs - era proprio così: non si poteva tornare indietro, ora, non dopo una confessione del genere. Il vado di Pandora era stato scoperchiato e non c'era verso di riporre il suo contenuto al sicuro; ciò che era stato fatto, cio che era stato detto, era ormai impossibile da ritrattare, da nascondere. Certi segreti si poteva fingere benissimo non esistessero fino a che non venivano esplicitamente resi noti: Piz aveva avuto tempo (settandue gloriosi minuti sul campo, prima di essere abbattuto come una delle anatre di Duck Hunt) per domandarsi se Penn avesse voluto fargli uno scherzo, informandolo che il bambino era suo, e poi aveva avuto mesi per convincersi che no, non era mica possibile, erano stati cosi attenti, e poi loro due non erano mai stati esclusivi, poteva tranquillamente essere di qualcun altro quel bambino! Non aveva mai giudicato Penn per quello, era un comportamento che i due condividevano - e che avrebbero, loro malgrado, tramandato ai figli - ma gli era bastata come scusa per far credere a se stesso di aver ragione, al punto da arrivare poi ad archiviare la questione come "sono grato che non sia un mio problema".
    Narrator: it was, in fact, un suo problema.
    Piz si domandò, non per la prima volta, come tutto quello avrebbe influito sulla sua vita, vita che l'ex Grifondoro aveva rimesso in sesto con molta fatica, dopo l'incidente ma, soprattutto, dopo la sconvolgente notizia di dover riunciare per sempre al Quidditch giocato; una vita che solo ora iniziava a sembrargli meno infernale o ingiusta, una vita alla quale si stava ancora abituando, lentamente e con fatica, e che stava già per esser nuovamente stravolta.
    Era spaventato, e non avrebbe voluto ammetterlo o dimostrarlo, non davanti alla Hilton, perché era pur sempre Morley Peetzah, lui non aveva paura di nulla (a parte dei clown, dei Bolidi, delle bambole di porcellana)!! Ma non era riuscito a impedire che il dubbio, l'incertezza, lo shock, adombrassero anche solo in parte la sua espressione: non era riuscito a mascherare quello stato d'animo che non avrebbe voluto render noto all'americana, non volendo farle pesare ancora di più una questione già di per sé difficile, eppure... Non era stato capace di fingere, troppo genuino e sincero come al solito; o forse era semplicemente la compagnia di Penn a renderlo così vulnerabile, così onesto. A lei non riusciva a nascondere nulla e in quegli interminabili minuti - ore? - trascorse a rivelarsi segreti di tale importanza, le aveva concesso di scorgere un Piz che in pochi conoscevano; uno che dietro la facciata da bullo, testacalda e col pallino del Quidditch, aveva ben altro.
    In primis? Aveva paura. E se non era fuggito dalla spa a gambe levate era solo per quella leggera pressione nel palmo della mano, dita che si incastravano perfettamente tra le sue, quella stretta alla manona resa callosa da anni e anni di battute, la presenza coraggiosa di una ragazza per cui, inevitabilmente, aveva sempre provato qualcosa. Senza lasciare la mano di Penn, dunque, reclinò il capo all'indietro socchiudendo gli occhi e sospirando. I momenti di ilarità si intercambiavano con quelli più tesi, rendendo la situazione meno stressante; lo era comunque, sarebbe stato un folle a sostenere il contrario, ma non così insopportabile come aveva temuto. I dubbi c'erano, le paturnie anche, ma il fatto che lei fosse ancora lì, non a suo agio ma abbastanza rilassata da non far scattare ulteriori campanelli d'allarme nel Peetzah, e che avesse scelto un modo cosi informale per renderlo partecipe di quella scoperta... Beh, tutto suggeriva a Piz che forse, forse, la possibilità di conoscere Bangkok non era poi così remota. Aveva avuto dei dubbi, inizialmente, come per qualsiasi cosa, temendo che Penn, conoscendolo, reputandolo un bambinone irresponsabile e immaturo - onestissima descrizione, onestissima. - non lo volesse nella vita di suo figlio; o, quanto meno, non lo volesse come figura paterna. Come "amico best buddy andiamo a spaccare qualcosa insieme"? Quello, forse. Ma come padre? La sola parola faceva tremare persino Morley. Sarebbe stato da pAzZi per entrambi pensare a qualcosa del genere... eppure. Aveva o no ventisette anni? Sentiva o no la pressione di sua mamma che continuava a rifilare battutine non così discrete, chiedendogli quando avesse intenzione di metter su famiglia? Che ansia.
    Non che Morley Peetzah morisse dalla voglia di farlo, di legarsi per sempre a qualcuno, di giurate fedeltà e monogamia - che parola spaventosa - ad un altro essere umano, ma se avesse dovuto scegliere una persona, beh, avrebbe scelto senza dubbio Penn. Perché lei lo conosceva, lei lo capiva, lei gli somigliava. Forse un po' troppo, qualcuno avrebbe potuto considerarlo un errore, ma non lui. Se proprio doveva esser sincero, il fatto che un figlio gli fosse capitato proprio con Penn e non con un'altra ragazza qualsiasi, lo interpretava un po' come un segnale divino, un messaggio dell'universo che tentava di dirgli qualcosa. Cosa, però, non era dato saperlo.
    Ad ogni modo, questa consapevolezza, gli diede coraggio sufficiente per porre quella domanda che tanto lo preoccupava - non per ciò che essa comportava, ma per la risposta che avrebbe ricevuto. Lo spaventavano in egual misura sia il sì che il no. Se gli avesse negato la possibilità di conoscere Bang da padre, Piz avrebbe compreso; ci sarebbe rimasto male, certo, ma avrebbe capito. Se, al contrario, avesse risposto in maniera affermativa, si sarebbero scatenati una serie di problemi che non avrebbe saputo affrontare: come ci si comportava con un bambino tuo? (Doveva chiedere a qualcuno dei suoi amici del club 'non sapevo di essere padre'). Avrebbero, i due, reso la cosa nota ai giornali? (Piz sperava di no, voleva rimanesse un segreto loro per dargli almeno modo di informare i suoi genitori, e le sue sorelle, personalmente) Come avrebbero affrontato yAlE? (Quello era davvero una top priority)
    Poi arrivò quel sorriso, non le parole che lo seguirono, perché quelle avrebbe potuto benissimo male interpretarle, era pur sempre Morley Peetzah, ma quel sorriso, che nonostante l'espressione seria sul giovane viso di Penn, la diceva lunga: . Deglutì, sperando di scacciare via apprensione e paure varie, mentre rivolgeva alla ragazza un sorriso altrettanto sincero e, sperava, caloroso. Stava per aprirsi un nuovo capitolo nella vita (disastrosa) di Morley Peetzah ma le premesse non sembravano troppo terribili. Sperava di potercela fare, anche quella volta.
    Portò le loro mani ancora congiunte fino alla bocca, baciando il dorso di quella di Penn, per poi, sincero ma vagamente in ansia, sussurrarle: «non vedo l'ora.»
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    Fine.

     
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