No one ever starts that way, but this is how villains are made

fotografia#101 + painkiller-flag

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    Nuovo mondo, nuove regole ancora tutte da capire. Muoversi nella nuova era non è facile come i burocrati vorrebbero far credere, e la paura non è mai una saggia compagna con cui convivere. Lo sapete bene, lo sapete tutti, ma fotografia se ne rende conto un po' tardi, quando passeggiando per strade desolate incontra un gruppo di non magici. Viene subito riconosciuto come essere magico da loro, che lo superano in numero e lo accerchiano: gli chiedono se sia felice di come si sia risolta la guerra, se sia soddisfatto del genocidio, e delle città distrutte. Hanno intenti bellicosi, perchè cos'hanno da perdere? e se ne accorge anche painkiller passando di lì al momento giusto. O quello sbagliato?
    fotografia#101
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    guadalupe garcia ramos
    fotogragia#101
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    tú solo fuiste el culpable que en mi naciera el rencor.
    Era una persona tendenzialmente pacifica, Guadalupe Garcìa Ramos.
    Era una donna paziente.
    Era una studiosa, era riflessiva e calma, era pacata; non perdeva facilmente le staffe, né con gli studenti né con Franklyn Daniels — anche se il pirocineta riusciva a mettere a dura prova il suo autocontrollo nella maggior parte delle occasioni, ma nulla che la professoressa non potesse superare con uno sguardo duro e un’espressione serrata.
    Non erano molte le cose in grado di scuoterla, o di preoccuparla; viveva una vita molto serena, che non aveva mai contemplato incidenti e intoppi, poiché organizzata fino all’ultimo dettaglio in una tabella di marcia che Guadalupe seguiva attentamente, con dedizione, e alla lettera. Tutta la sua vita era basata sulla metodologia e sull’ordine; il caos non era previsto, e anzi, era fortemente condannato dalla Ramos. Non poteva tollerarlo, non poteva accettarlo.
    Eppure, in quegli ultimi mesi, nel mondo non c’era altro se non quello: disordine, e follia.
    Se n’era resa conto subito, sin dal primo momento, da quel discorso pronunciato nella piazza di Hogsmeade e trasmesso in tutto il mondo: le parole di Abbadon avevano fatto germogliare un seme che era stato piantato fin troppo tempo prima, e che avrebbe portato solo caos e scompiglio. Di quello, Guadalupe, ne era stata certa sin da subito; aveva alzato gli occhi sui suoi colleghi, riuniti in fretta all’inizio del comunicato, e l’aveva saputo.
    Da quel momento in poi, non si sarebbe più tornati indietro.
    Tutti erano stati chiamati a fare una scelta, a schierarsi, e anche se il buon senso suggeriva loro di scegliere Abbadon per ovvi motivi, Guadalupe sapeva che non poteva essere quella la scelta migliore. Non quella volta. Lei credeva nel governo mangiamorte e nella politica, credeva in Kimiko Oshiro e aveva accettato la sua posizione nel momento in cui aveva deciso di rimanere in pianta stabile in Inghilterra — ma non poteva accettare che fosse Seth a salire al potere.
    Come potevano farlo gli altri?
    Non avevano studiato la storia? Non sapevano che i dittatori erano dittatori in qualsiasi forma, babbana, magica o special? Come potevano supportare il folle piano di Abbadon? Guadalupe non negava che alcune argomentazioni dello Special fossero convincenti, e persino lei poteva ammettere di trovarle affascinanti e perché no, una novità dietro la quale schierarsi… ma non al prezzo di ciò che sarebbe costato al mondo intero. C’erano modi meno violenti per convincere i babbani; e se la storia insegnava che solo i conflitti risolvevano le cose, beh, allora nessuno aveva mai davvero capito affondo alcun conflitto mondiale. Perché non si poteva rompere quel circolo vizioso di guerra e morte e distruzione e, semplicemente, dialogare come le persone mature? Perché doveva sempre prevalere una posizione piuttosto che un’altra, portando ad anni e anni di malumori e popolazioni amareggiate e nascita di gruppi anarchici ribelli: non vedevano come tutto si ripetesse alla stessa maniera ogni volta? Ogni. Santissima. Volta?
    Non era un’ingenua, Guadalupe, sapeva bene che parlare non fosse sufficiente; che la razza umana fosse difettosa e avara ed egoista e complicata e testarda e per natura insoddisfatta — ma non rimaneva un buon motivo per voler spazzare via un’intera porzione di mondo. Quello che i babbani avevano fatto ai maghi per secoli non giustificava quello che Seth avrebbe fatto, di lì a poche settimane, ai babbani stessi.
    E sì, era la stessa cosa che i maghi avevano fatto agli special, se ne rendeva conto, ma come già detto: ripetere continuamente la storia non avrebbe mai portato a veri cambiamenti. Mai.
    Non poteva certamente essere l’unica al mondo a pensarla così, no?
    Si meravigliava di come molte delle sue conoscenze fossero state pronte a imbracciare le armi, a sguainare le bacchette, e a partire per morire in nome… di chi, esattamente? Di cosa? Di un megalomane che non assicurava alcuna protezione alla specie magica? Lo sapevano tutti che Abbadon non fosse il fan numero uno di maghi e streghe purosangue; che li vedesse come una macchia, come la rovina della società, come la base della piramide sociale; che la sua unica premura fossero gli special, i suoi figli. Come potevano credere, quindi, che quella guerra avrebbe portato a qualcosa di buono per tutti colori i quali non avessero magia diversa nelle vene? Come potevano averci creduto — averci sperato?
    C’era qualcosa di profondamente sbagliato nel modo in cui Abbadon riusciva ad ammaliare la gente e a convincere le folle a smuovere mari e monti per la sua causa; qualcosa che la mente razionale, cinica e fredda, di Guadalupe non aveva voluto accettare.
    Non poteva.
    E ora che il danno era fatto, che la guerra era stata conclusa e vinta, ora era il tempo di tirare le somme e contare i danni. Impossibile correre ai ripari, oramai; molti di quelli che erano scesi in campo seguendo le parole di incoraggiamento di Seth, se ne erano pentiti. Molti erano stati beccati a sussurrare piano che non ne valeva la pena, non ne era mai valsa la pena, non quando a perdere la vita erano stati fratelli e sorelle, amici e amanti, genitori e figli — da ambo i lati.
    Alla stupidità - e alla fragilità - umana non c’era mai fine, si ritrovò a pensare ancora una volta Lupe. Anche quello, l’aveva sempre saputo. Ma era bello potersene rendere conto ogni giorno di più: le permetteva di tirare un sospiro di sollievo e pensare che, dopotutto, non era cambiato proprio tutto.
    Solo che le cose erano cambiate, e lo vedeva tutti i giorni a scuola; lo vedeva tutti i giorni al San Mungo; e lo vedeva nei negozi, nelle piazze, nelle strade. C’erano special e maghi e babbani che percorrevano vie mescolandosi tra loro; e i maghi avevano preso il controllo di governi babbani e di infrastrutture, stavano pian piano conquistando tutto quello che la guerra non era riuscita a toccare, perché troppo delicato per essere preso con la forza, troppo delicato.
    E intanto il mondo andava avanti, le lezioni erano riprese, il ballo era stato organizzato, e le attività commerciali riaperte; si fingeva che non ci fosse mai stata nessuna Guerra della Primavera Magica, ma nessuno era davvero in grado di ignorare tutte le cose che erano, di fatto, mutate.
    Gli sguardi delle persone, ad esempio; sempre più ostili, sempre più indisponente. Lupe li vedeva ogni volta che attraversava Londra per raggiungere il San Mungo — ormai non più nascosto agli occhi dei babbani, ma imponente nella sua immutabilità. Erano sguardi che, di solito, Guadalupe evitava perché il conflitto era una cosa che preferiva tenere per pochi intimi; e, solitamente, circoscritto alla camera da letto: Ginevra Linguini era l’unica persona con cui Guadalupe decideva volontariamente di ingaggiare contrasti verbali, scontri tra intelletti. Perciò, anche quel giorno, aveva tenuto la testa alta e le spalle dritte quando alcuni babbani avevano rivolto dei commenti sprezzanti nella sua direzione, senza cedere all’istinto infantile di informali che anche lei non godeva più di una posizione rinomata, non se ne erano forse resi conto? In quanto mezzosangue era appena un gradino sopra i purosangue, ma non bastava per essere all’altezza in quel nuovo ordine delle cose.
    Dunque, perché non prendevano le loro lingue biforcute e le loro parole di odio, e non se ne andavano altrove, da qualche altra parte dove forse qualcuno li avrebbe ascoltati e accontentati?
    Perché se era uno scontro che cercavano, non l’avrebbero trovato nella guaritrice.
    Senza deviare dal suo cammino (non si sarebbe fatta intimorire da un gruppo di babbani arrabbiati e fuori di testa), Lupe continuò verso la propria metà — fermandosi solo quando il gruppo, ormai troppo vicino, la accerchiò e iniziò a chiederle se fosse sorda, se fosse stupida, se non avesse capito che stavano parlando con lei.
    «volevo farvi un favore e non ingaggiare in simili scenate,» li informò, stringendo la tracolla della borsa che poggiava sulla spalla destra, «quindi vi sarei grata se poteste fare lo sforzo di non mettervi in ridicolo da soli, e lasciarmi passare.» Non si sarebbe messa ad urlare, non avrebbe chiesto aiuto: non aveva paura, aveva affrontato bulli per tutta la vita e ne era uscita sempre a testa alta e più forte di prima.
    «questo atteggiamento non risolverà i vostri problemi» e nemmeno i suoi.
    E, anzi, le avrebbe fatto fare tardi a lavoro.
    «con permiso» Non era troppo contraria all’idea di prenderne uno o due a spallate, pur di farsi strada. E lo avrebbe anche fatto, se solo non avesse incontrato lo sguardo di un’altra persona, poco distante dal gruppo, che la osservava di rimando. Qualsiasi fossero i suoi pensieri in quel momento, Lupe decise di informare la persona sconosciuta che «non ne vale la pena», onde evitare che decidesse di percorrere la via meno matura e ingaggiare una colluttazione con i babbani.
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    Syria non aveva mai smesso di chiedersi chi fosse veramente e quale fosse il suo scopo in quella vita o che lavoro fosse adatto a lei. A volte si chiedeva se fosse soddisfatta di ciò che aveva fatto in quegli anni e della persona che era diventata e no, era la risposta. Non sapeva nemmeno spiegare il perchè ma probabilmente sapeva di poter dare di più, di essere qualcosa in più, qualcos'altro. Non aveva immaginato che la ricerca della risposta a queste domande l'avrebbe portata ad diventare una special. Non metaforicamente parlando. Era stata catturata durante una delle sue missioni all'estero dove sicuro l'ultima cosa che si sarebbe aspettata era di finire in un laboratorio con Ryu - e come mai loro due finissero sempre in situazioni del genere, rimaneva un mistero - e Grey, insomma, un trio vincente al bingo del mal di testa. La vera tortura era stata quella di rimanere chiusa insieme a loro due mentre non la smettevano un attimo di litigare. Si era anche arresa all'idea che sarebbe morta lì con loro ma quando meno se l'aspettava, arrivarono i soccorsi. Ne era seguita poi la quarantena perchè vuoi che le cose vadano bene una volta nella sua vita? Ovviamente no, ma era viva, al caldo e al sicuro. Dopo essere tornati in patria sembrava che tutto fosse tornato a proprio posto e invece aveva avuto la conferma che la magia in lei non era solamente stata prosciugata ma che era stata sostituita da un qualcos'altro, da un qualche altro tipo di magia. Solo quando era rimasta bloccata in uno spazio temporale dove per tutti quelli attorno a sé il tempo sembrava essersi fermato e solo per lei continuava a scorrere, riuscì a dare un nome a quel nuovo potere: cronocinesi. Aveva letteralmente il potere di manipolare il tempo, che per assurdo era la cosa che tutti desideravano. La frase "vorrei avere più tempo" era quella che sentiva maggiormente pronunciare dalle persone attorno a lei e Syria stessa lo aveva fatto in passato. Quello però non era ciò che aveva in mente e aveva sempre paura che quando rimanesse da sola, attivasse il potere a sua insaputa e magari rimaneva bloccata per sempre o forse bloccava gli altri per sempre, probabilmente entrambi. Poteva anche rischiare di finire nel passato e chi l'avrebbe recuperata lì? Non aveva nemmeno avuto il tempo di abituarsi a questa nuova versione di sè che era scoppiata una fucking guerra mondiale. Di fronte a quella, aveva fatto un passo indietro. Non era ancora pronta per combattere, Abbadon le sembrava un pazzo maniaco, però l'utopia della parità l'aveva interessata. Cresciuta come mezzosangue e diventata una special da pochi mesi, il suo status era decisamente infimo. Nell'arco di un mese si era ribaltata la situazione, i babbani erano a conoscenza della magia, alcuni a odivano perchè aveva portato solo a distruzione, senza rendersi conto che non fosse stata colpa della magia ma dell'uso che ne era stato fatto e non tutti condividevano gli ideali che avevano portato a quella guerra devastante. Aveva visto sotto i propri occhi amici e parenti schierarsi, si era perso il conto delle persone rimaste uccise o scomparse. Dopo la guerra si era scatenato il caos, seguiva il periodo di assesto con tanto di soppressioni. Quel giorno stava camminando per quo vadis town prima di dirigersi a lavoro per il suo turno quando si fermò in mezzo alla strada, osservando un gruppo di babbani importunare una donna. Nonostante stesse andando in tutt'altra direzione, si permise di fare dietrofront e seguire la ragazza che continuava ad andare avanti imperterrita, ignorando i babbani. Syria poteva capire che si sentissero minacciati soprattutto di fronte a qualcosa di più forte di loro, qualcosa di nuovo e di cui avevano paura, per non parlare del fatto che fosse stato davvero un genocidio e intere città erano state rase al suolo. Molte persone di entrambi gli schieramenti si erano unite alla guerra per salvare la loro famiglia, se stessi, ciò che avevano, non tutti per la causa. Non tutti erano abbastanza forti da permettersi di andare contro quella che già era una nuova dittatura. Avevano ragione ad averne paura ma attaccare persone completamente a caso per strada, non era la soluzione, potevano anche incappare nella persona sbagliata che li avrebbe malmenati o addirittura uccisi. Era stato solo un colpo di fortuna che la donna non rientrasse in quella categoria. «non ne vale la pena» a quanto pare era stata scoperta. Non che si stesse nascondendo, stava solo monitorando la situazione per in caso intervenire e quell'accerchiamento non le era affatto piaciuto. «sembrano rissosi e sei in svantaggio numerico, non ti lascio da sola finché non se ne vanno» non stava mettendo in dubbio la capacità di sapersi difendere della donna, ma di quei tempi era meglio non prendere nulla sotto gamba, quindi fece qualche passo in avanti, accostandosi a lei. «e voi, non voglio farvi del male ma così peggiorerete solo le cose. uccidono per molto meno» ormai aveva sentito di moltissime esecuzioni pubbliche, oscenità dalle quali si era benissimo tenuta alla larga. Probabilmente non erano nuove anche per loro quindi avrebbero dovuto capire quanto stessero rischiando in quel momento. Se la persona sbagliata li avesse visti agire come stavano facendo in quel momento, quella sarebbe stata la loro fine. «se proprio volete fare rivoluzione o morire, è inutile mettersi nei guai con persone a caso per strada che magari non c'entrano niente o che potrebbero addirittura aver combattuto per almeno provare a salvarvi» perchè di persone del genere ce n'erano state, anche tante ma non abbastanza da evitare quella fine.
    20.04.2000
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    guadalupe garcia ramos
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    La guerra aveva innescato micce in tutto il mondo e situazioni come quella in cui si ritrovava Guadalupe in quel momento erano ormai molto frequenti, non solo a Londra – magica e non; la differenza non c'era più – ma ovunque.
    Non si sentiva nella posizione di condannare i non magici, ma non era nemmeno una grande loro ammiratrice di quei tempi: poteva capire da dove nascesse il loro malcontento e cosa ci fosse dietro le loro reazioni a dir poco esagerate, ma non poteva comunque dire di supportare il modo in cui si stavano ribellando: non capivano che non sarebbe bastato, che non avrebbe portato a nulla se non ad altre rappresaglie, altre guerre, altra morte?
    Tentare di farglielo capire sarebbe stato inutile, chiusi nel loro odio e incapaci di vedere oltre. Lupe avrebbe affrontato quella situazione come affrontava la vita: con la mente lucida, con le parole e con la solita imperturbabilità. Era pronta a far dialogare anche quel branco di animali feroci – perché non erano altro, belve messe alle strette dalle azioni e dalle scelte di altri – anche a costo di doverlo fare con le brutte maniere.
    L'idea di avere una spettatrice, una possibile incognita, non le piaceva. Strinse la presa intorno alla tracolla e alzò il mento con aria sicura. «sono certa che nessuno di loro voglia farsi del male.» asserì, ponendo enfasi sulle proprie parole, sicura che avrebbero capito l'antifona: dopotutto, fino a prova contraria, era lei quella armata di una bacchetta, e solo degli stolti avrebbero portato delle armi da fuoco ad uno scontro magico.
    O dei disperati.
    Ma poi che modo era quello: definirli “rissosi” non era il modo per far sbollire il gruppo, o calmare gli animi. Fece un cenno alla signorina, e strinse le labbra in una piega severa. «la ringrazio, ma non ce n'è davvero bisogno.» più una sfida rivolta agli aggressori, che non una rassicurazione per la sconosciuta: non c'era un minimo accenno di paura nello sguardo scuro che Guadalupe puntò sul gruppo.
    «uccidono per molto meno»
    Vero, purtroppo: le esecuzioni pubbliche erano divenute sempre più frequenti, e molto di rado di ritagliava del tempo per dei processi giusti e imparziali. La ragazza aveva ragione, ma forse ricordare ai babbani quanto poco riguardo avessero i maghi per le loro vite non era forse l'argomentazione migliore per convincerli a desistere.
    «se proprio volete fare rivoluzione o morire, è inutile mettersi nei guai con persone a caso per strada che magari non c'entrano niente o che potrebbero addirittura aver combattuto per almeno provare a salvarvi»
    Un tentativo valoroso e valido, quello della mora, ma forse non necessario: Guadalupe non era molto convinta che parole del genere avrebbero fatto breccia nell'odio e nel furore del gruppo. Non c'era peggior sordo di chi non voleva saperne di ascoltare, e i babbani avevano sofferto troppo per poter chiedere loro di prestare ancora attenzione. La disperazione non conosceva limiti, e soprattutto non lasciava spazio alla razionalità o alla lucidità.
    «sul serio, señorita, non penso sia una buona idea–» uno dei babbani fu più veloce di Lupe, e tagliò corto le sue raccomandazioni: con un movimento lesto, si avvicinò minaccioso alla ragazza e alzò un'arma contro di lei, a giudicare dal riflesso scintillante sulla superficie metallica, doveva essere una spranga o una lunga lama. Bene, ma non benissimo.
    «e le nostre famiglie, centravano forse qualcosa? tutte le persone uccise nelle loro case, strappate via da figli e genitori e amici–» la voce dell'uomo, bassa e roca, trasmetteva tutta l'ira che si poteva leggere anche nel suo sguardo. Lupe lo riconobbe come lo sguardo di qualcuno che aveva perso tutto, tranne una ragione per combattere e cercare, per quanto possibile, una vendetta; non avrebbe portato un sonno tranquillo, ma almeno un po' di pace in un cuore dilaniato e sofferente.
    Come avrebbero detto alcuni suoi colleghi: cool motive, still murder. O tentato, in quel caso.
    «la colpa è vostra. di tutti quanti.» lo vide agitare l'arma e, per la prima volta da quando era stata accerchiata, Lupe portò la propria mano a cercare il catalizzatore nascosto nella tasca della giacca.
    Non voleva arrivare alla violenza, ma non sarebbe rimasta con le mani in mano, o in disparte, e avrebbe tentato di contenere gli aggressori al meglio delle sue capacità se ce ne fosse stato il bisogno.
    26.01.96
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    Syria aveva una peculiare predisposizione a mettersi nei guai. Il problema era che un tempo sarebbe stata anche molto più paziente e tranquilla ma era arrivata al limite. Non poteva tornare indietro e cambiare le cose, il che era davvero ironico, considerando il potere che aveva acquisito. Prima il laboratorio, poi la guerra, le sue energie erano ai minimi storici e sapeva che avrebbe dovuto essere più comprensiva con loro, avevano sofferto abbastanza e anche ingiustamente ma tutto ciò che avrebbe voluto fare in quel momento era gridare a pieni polmoni, perchè stava per impazzire. Niente aveva più senso nella sua vita e stava cercando di rimettere i pezzi a posto ma era come se mancasse qualcosa, come se per strada avesse perso qualche frammento e ora fosse un intero forellato, con perdite ovunque che si manteneva in piedi a stento e da un momento all'altro sarebbe irrimediabilmente crollato. E si sentiva in colpa, Syria, perchè lei non era così. Non lo era mai stata. A lei non era andata male come alle altre persone: non aveva lottato, non aveva perso ma non aveva nemmeno vinto. Era bloccata in questo limbo infernale dal quale non riusciva ad uscire e che continuava a corroderla dentro. «sul serio, señorita, non penso sia una buona idea–» lo sapeva la Hollins, ma questo avrebbe significato fermarsi? Ovviamente no. «onestamente, non mi importa più di cosa sia o non sia una buona idea in questo momento» Dopotutto ormai non sapeva neanche più cosa definire giusto o sbagliato. «sono certa che nessuno di loro voglia farsi del male.» una visione piuttosto ottimista della situazione. Avrebbe aspettato che loro la assalissero? «la ringrazio, ma non ce n'è davvero bisogno.» Colse il tono con il quale si era rivolta più ai babbani di fronte a loro che a lei e non ebbe il tempo di dire altro che uno dei babbani le si avvicinò minaccioso alla ragazza e alzò un'arma contro di lei. Syria riusciva sempre a mettersi nei guai. Avrebbe detto che li attirava come una calamita ma la realtà era che lei stessa amava tuffarcisi dentro. «e le nostre famiglie, centravano forse qualcosa? tutte le persone uccise nelle loro case, strappate via da figli e genitori e amici–»no, non c'entravano niente. Quella non era la loro guerra ma lo era diventata. Sostenne lo sguardo dell'uomo senza dir nulla, l'unica cosa che gli poteva concedere in quel momento era il rispetto per quelle morti. Tutta quella sofferenza disumana che la guerra aveva scaturito. «la colpa è vostra. di tutti quanti.» ecco, questo già non poteva concederglielo. Portò anche lei la mano sul fianco, lì dove da quando era tornata dai laboratori, un pugnale aveva preso posto della bacchetta. «quasi nessuno voleva davvero questa guerra. questa guerra non è stata decisa, ci è stata imposta e delle persone hanno cercato di fermarla. volete ucciderci uno a uno compresi gli innocenti? come se fosse colpa loro? auguri.» Non ci sarebbero riusciti in ogni caso, si sarebbero solamente auto-sabotati e avrebbero fatto la fine di tutte quelle persone che erano state giustiziate pubblicamente in quei giorni. Perchè non si fermate a pensare ad una tattica migliore piuttosto che stare lì in strada a perdere tempo? «non siete meglio di loro. d'altronde fare schifo è insito nell'essere umano» Era in momenti come quelli che le mancava la sua bacchetta. Li avrebbe legati come salami e lasciati da qualche parte dove non avrebbero potuto far danni. Dopotutto aveva fatto pratica a lavoro gestendo le creature magiche, era anche diventata brava ad acciuffarli. Ora poteva contare solo sul suo potere. «cosa vi piacerebbe sentir dire? non sono mai stata vista bene perchè sono mezzosangue. sapete cosa significa? che sono nata da una strega e un babbano, un non mago, come voi» non se ne vergognava neanche, Syria. Se gli altri lo avevano sempre visto come qualcosa in meno, lei lo aveva visto fin da sempre come qualcosa in più. Era parte di due mondi, conosceva entrambe le realtà, avrebbe potuto fare da collante in situazioni simili se non avesse i nervi a fior di pelle. «secondo il vostro ragionamento del cazzo, allora è anche colpa vostra perchè sono nata grazie a un non mago. quindi è anche vostra responsabilità» alzò le spalle, sperando di averli un po' anche confusi con il loro stesso discorso idiota, una tattica alla "sono così confusi da colpirsi da soli". «inoltre, non sono manco più una strega, ho perso la capacità di usare la bacchetta perchè, se non lo aveste ancora capito, noi maghi non siamo tutti grandi amiconi.» e lì l'avrebbe finita. Aveva dato loro anche la possibilità di sottovalutarla qualora avessero pensato di attaccarla, dopotutto aveva solo detto di non poter usare la bacchetta, non che avesse un altro potere e sapesse come usarlo. Se avessero anche solo provato ad attaccarle, lei non avrebbe esitato a dimostrarlo.

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    «onestamente, non mi importa più di cosa sia o non sia una buona idea in questo momento»
    Quello, signori, era esattamente il tipo di atteggiamento che portava a una morte prematura — e molto spesso dolorosa, e tragica.
    E no, per una volta non sono minacce velate da parte della guaritrice, ma una fedele rappresentazione della realtà e del mondo in cui vivevano: gli “audaci” – che per Lupe equivaleva a voler dire “gli stolti” – raramente venivano ripagati per il proprio coraggio o avventatezza. Le parole – oneste, senza ombra di dubbio, ma vane nella situazione in cui si trovavano – fecero intuire a Guadalupe quello che, nel giro di pochi minuti, si sarebbe poi verificato: un irreversibile e repentino cambio nell’aria, e un atteggiamento ancora più provocatorio e bellicoso da parte del gruppo di babbani.
    Fu inutile tentare di alzare una mano per far chiudere la bocca alla ragazza, e il massimo che Lupe poté fare fu piantare le iridi scure sul portavoce – e chiaramente leader improvvisato – del gruppo, pronta a scattare se ce ne fosse stato bisogno: difendere qualcuno che se l’era chiaramente cercata non era qualcosa che la professoressa era disposta a fare tutti i giorni, ma la necessità di riportare le cose ad un minimo di tranquillità, che fosse pure quella fittizia e solo di facciata in cui avevano vissuto negli ultimi mesi, era più forte del senso di preservazione.
    Per questo, e solo per questo, portò la mano alla giacca in un gesto veloce, pronta a scattare quando ce ne fosse stato bisogno; e, con la lingua lingua dell’altra ragazza, si trattava quasi certamente di un “quando” e non di un “se”.
    «quasi nessuno voleva davvero questa guerra. questa guerra non è stata decisa, ci è stata imposta e delle persone hanno cercato di fermarla. volete ucciderci uno a uno compresi gli innocenti? come se fosse colpa loro? auguri.» Alzò un sopracciglio, le labbra strette per impedirsi di intervenire: in parte li capiva i babbani, attaccati e decimati senza alcun preavviso, non poteva certo far loro una colpa per il modo in cui avevano reagito alla guerra. Ma starglielo a ricordare, o sottolineare quanto quel genocidio fosse opera solo di alcuni non avrebbe cambiato – o migliorato – le cose. «non siete meglio di loro. d'altronde fare schifo è insito nell'essere umano»
    Beh, su quello aveva ragione: Guadalupe aveva sempre messo una certa distanza tra se stessa e il genere umano, solo in parte lieta di rientrare anche lei nella categoria; certo, esistevano delle eccezioni per cui era grata (Ginevra; fine delle eccezioni.) ma non erano abbastanza per poter sopportare tutto il resto, e la professoressa aveva sempre preferito la compagnia di piante e fiori a quella dei suoi simili.
    Però, ancora una volta: istigare gli aggressori non avrebbe portato a nulla di buono. Guadalupe dedusse, in silenzio, che la ragazza doveva esser stata una grifondoro a suo tempo: nonostante avesse conosciuto rappresentati delle altre casate ugualmente audaci (derogatory), erano pochi i grifondoro in cui aveva riconosciuto assennatezza e capacità di giudizio.
    Poi magari si sbagliava (#sì) ma non poté far a meno di rivolgere gli occhi al cielo e predicare un po’.
    «cosa vi piacerebbe sentir dire? non sono mai stata vista bene perchè sono mezzosangue. sapete cosa significa? che sono nata da una strega e un babbano, un non mago, come voi»
    Ecco, ora faceva appello anche al sangue… bene, insomma; pensò distrattamente che quello era il momento perfetto per sgattaiolare via e lasciare che l’altra risolvesse tutto con la tecnica che aveva scelto di adottare (confondili abbastanza e si colpiranno da soli, cit) ma lo sguardo attento di altri assalitori non le permetteva di fuggire — e nemmeno il suo senso del dovere.
    «secondo il vostro ragionamento, allora è anche colpa vostra perchè sono nata grazie a un non mago. quindi è anche vostra responsabilità»
    «Non credo gli interessi granché.» Così, la buttava lì. «inoltre, non sono manco più una strega, ho perso la capacità di usare la bacchetta perchè, se non lo aveste ancora capito, noi maghi non siamo tutti grandi amiconi.»
    «Se cerchi compassione in loro, dubito ne troverai», a giudicare dagli sguardi duri e impassibili, a nessuno aveva fatto pena il discorso della ragazza e nessuno sembrava un po’ meno restio a passare alle mani; l’arma che l’uomo stringeva nel pugno ancora brillava, pericolosamente vicina alla pelle morbida della ragazza.
    «Sentite, avete due possibilità: scegliere di ritirarvi, e noi fingeremo di nulla e non ci denunceremo al Ministero,» li osservò uno ad uno, il tono di voce sicuro e l’aria di chi aveva già detto una parola di troppo ed era stufa di quella farsa, «oppure potete continuare con i vostri modi da barbari e affrontarne le conseguenze; i Cacciatori pattugliano le strade a pieno ritmo e non tarderanno ad arrivare; starà a quelli di voi ancora in piedi, poi, spiegare cosa è successo.» C’era una minaccia nemmeno troppo velata nelle sue parole, e sperava che gli altri l’avrebbero colta.
    Si girò verso la ragazza, e a lei rivolse labbra serrate e sguardo duro. «Magari evita di incitarli ancora di più.» Il silenzio, e l’indifferenza, erano la migliore arma in quelle occasioni.
    Oh, poi se vuoi fare mini duello con il gruppo, Vins, io ci sto BELLA!!
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    Syria non aveva davvero prestato attenzione alle espressioni della ragazza mentre parlava, dopotutto la sua intera attenzione era fissa sui babbani. Sarebbe anche potuta essersene andata minuti prima ma non se ne sarebbe accorta per altri minuti probabilmente. «non credo gli interessi granché.» e allora? Poteva rantare un pochino? Ne aveva bisogno, la sua player manco la scriveva spesso. Ma cosa ne voleva sapere Lupe, pg di Pandi. Nel frattempo Vins si sente un po' giudicata. I mean, dovresti avere il potere sui pg e invece. «se cerchi compassione in loro, dubito ne troverai» in realtà stava cercando di perder tempo per cercare una soluzione meno violenta di quella a cui sembrava tendere la situazione. Lo stava facendo nei migliori dei modi? No. Ma potete incolparla quando le ultime relazioni umane che aveva avuto erano state le creature magiche e Ryu e Grey? La vita diventava un po' più difficile. «sentite, avete due possibilità: scegliere di ritirarvi, e noi fingeremo di nulla e non ci denunceremo al ministero, oppure potete continuare con i vostri modi da barbari e affrontarne le conseguenze; i cacciatori pattugliano le strade a pieno ritmo e non tarderanno ad arrivare; starà a quelli di voi ancora in piedi, poi, spiegare cosa è successo.» chissà perchè aveva giudicato lei quando Lupe stessa li stava minacciando. Obiezione !! «magari evita di incitarli ancora di più.» osservò l'arma in mano al babbano, poi Lupe, di nuovo l'arma e infine alzò lo sguardo verso Lupe facendo una smorfia. Forse si era lasciata prendere un po' troppo la mano ma non voleva di certo assistere a un massacro pubblico, da ambo le parti. Non avrebbe usato il suo potere contro di loro. Ci aveva pensato, intensamente, ma non si sarebbe abbassata a tanto, in quel momento. Avrebbe dato loro un ulteriore motivo per odiarla e per rivoltarsi, inoltre non condivideva affatto la scelta poco etica di come il Ministero stesse sopprimendo quelle rivolte. Non che avesse mai davvero apprezzato qualunque opera da loro svolta ma sembrava di essere tornati al Medioevo, il che già diceva tutto. «ho finito ciò che avevo da dire.» o forse no. Chissà. «ci vorrebbe proprio un bell'oblivion di gruppo» disse come se stesse parlando di una seduta di terapia dallo psicologo. Tattica opossum. Solo che erano tanti e lei non era più capace di fare incantesimi e il solo pensiero la destabilizzava ancora. Lei aveva sempre amato fare magie, anche quelle più sciocche e divertenti, per non parlare di come si era sempre divertita al Club dei duellanti mostrando le sue capacità e la varietà di incantesimi masterati e prendere a calci in culo i suoi avversari !! Le mancava Hogwarts per quello. Non per le Sale Torture e se ripensava all'astio quasi razzista che aveva per i Serpeverde ai primi anni. Era tutta un'altra scuola. Ma tornando al presente... Se solo fossero state di più avrebbero potuto anche cancellare i loro ricordi di quell'incontro e svignarsela per evitare il problema anche se sarebbe potuto capitare a qualcun altro e nemmeno quello le andava a genio. Oddio, avrebbe anche potuto fermare il tempo con Lupe e fare in modo che lei cancellasse loro la memoria ma quando si parlava di manipolazione della memoria o della mente in generale, era difficile capire cosa le persone pesassero in merito. Lei era dell'idea che se fatto entro certi limiti era davvero utile. Tipo quello di cancellare dalla loro memoria quel breve incontro. Era paragonabile ad una bugia bianca, non avrebbe ferito nessuno. Sicuro non avrebbe usato l'incanto per cancellare la memoria dei fatti accaduti alla loro gente, ai loro parenti perchè non era un mostro e comprendeva. L'oblivion però era sempre stato un incantesimo affascinante. Allungò leggermente la mano verso la ragazza e schioccò le dita dell'altra mano. «time out» oddio un po' ci aveva preso gusto ai time out dalla vita. Era un po' come quando nei film si fermavano per rompere la quarta parete. Probabilmente avrebbe dovuto iniziare a vivere da eremita nel suo spazio temporale. In futuro avrebbe anche probabilmente causato un loop temporale involontariamente (ciao hamish!) le cose che poteva fare erano infinte. «non so quanto tempo ho, sto ancora ctestando i miei limiti ma... ho fermato il tempo TADAAA» (non vins che lancia un dado per la sorte di questa role) poteva sembrare contenta ma nella sua mente aveva solo "siamo un paese di esauriti.." ecc. «che facciamo? perchè non voglio menarli e se li lasciamo probabilmente attaccheranno qualcun altro» ma aveva visto quello sguardo omicida? Mah, sicuro non si sarebbero fermati nemmeno alle minacce. «li teniamo prigionieri legati e gli diamo da mangiare ogni tot?» non era legale ma almeno non avrebbero fatto danni e loro avrebbero fatto a turno per prendersene cura e fargli vivere una vita decente. «scherzi a parte cosa te ne pare di far svanire dalle loro menti questo bellissimo incontro? e gli togliamo queste belle armi di dosso?»
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    tú solo fuiste el culpable que en mi naciera el rencor.
    Per via della sua predisposizione caratteriale, Lupe non poteva affermare di essersi trovata molto spesso in situazioni simili; al contrario, tendeva a tenersene alla larga il più possibile, perché non c’era nulla di più fastidioso che ritrovarsi in un contesto in cui non potesse avere il più totale controllo. Andava proprio contro ogni suo principio morale, l’idea di lasciare al caso il controllo sul suo destino; non lo avrebbe mai, e poi mai!, tollerato.
    Il fatto di essersi ritrovata in qualcosa di simile, quel pomeriggio, e di esserci finita per di più in compagni di una ragazza che sembrava non avere alcun problema a parlare prima di riflettere (una terribile, terribile, abitudine, poteva garantirlo), la mandava ancora di più su tutte le furie.
    Non che l’avrebbe mia dimostrato, lasciando emergere anche solo un pizzico di quella frustrazione sui lineamenti seri e pacati; ma la sua calma nascondeva una rabbia a ribollire sotto la pelle, una invisibile, che Guadalupe aveva imparato con gli anni, e uno sbaglio dopo l’altro, a celare al mondo intero. Persino a sua sorella, persino a Ginevra.
    Un autocontrollo imposto, per necessità e per carattere, che la ragazza e gli aggressori stavano però mettendo seriamente alla prova.
    «ho finito ciò che avevo da dire.»
    Fu più forte di lei l'istinto di arcuare un sopracciglio in direzione della mora, espressione che poteva essere tradotta facilmente con un “menomale”; la prima, dall’inizio del tutto, che Lupe mostrò apertamente alla sconosciuta. La prima che non fosse di palese disaccordo, comunque.
    «ci vorrebbe proprio un bell'oblivion di gruppo»
    Lo aveva… lo aveva detto davvero ad alta voce?
    La professoressa non riuscì a non rivolgere un side eye micidiale alla ragazza, domandandosi che tipo di ritardo mentale potesse mai avere per uscirsene ad alta voce con una soluzione del genere, davanti ad una folla armata e inferocita che ce l’aveva a morte contro la magia.
    «Non spetta a noi deciderlo», borbottò a bassa voce per non farsi sentire dagli altri, scuotendo appena la testa; probabilmente, problemi che Lupe non poteva nemmeno iniziare ad immaginare. «non è il nostro lavoro, a meno che tu non sia un’obliviante.» Cosa di cui dubitava fortemente; c'erano gruppi di ministeriali che lavoravano appositamente per quello, perché prendere la situazione in mano e far precipitare una situazione già in precario equilibrio?!
    Aprì la bocca per inivtare la ragazza a riflettere, da quel momento in poi, prima di proporre assurdità come quella, ma l’altra la precedette — per l’ennesimo gesto avventato.
    «time out»
    Era così strano vedere il mondo tutto intorno a loro rimanere fermo, come in una fotografia, mentre nella bolla temporale che le avvolgeva nulla sembrava esser stato intaccato; non potè fare a meno di gettare un occhio sul quadrante dell’orologio che portava al polso, Lupe, e notò come le lancette avessero iniziato a tremare, incerte su come tenere traccia di un tempo che non scorreva più nello stesso modo in cui erano abituate.
    «non so quanto tempo ho, sto ancora ctestando i miei limiti ma... ho fermato il tempo TADAAA»
    Quel tanto, lo aveva capito persino lei; non toglieva il fatto che fosse incredibilmente strano e destabilizzante, e che Lupe odiasse ogni singolo istante di quella cosa.
    Alla ragazza, rivolse un’espressione cupa e labbra tirate in una stretta così dura da perdere qualche sfumatura di colore. «non apprezzo chi utilizza poteri» punto «senza fornire un preavviso» la ammonì, ma non si divincolò dalla presa: gli dei solo sapevano a cosa sarebbe andata incontro se si fosse sottratta autonomamente al potere della cronocineta, uscendo dalla bolla temporale senza (il suo permesso e) la sua protezione.
    Sospirò, dunque, perché non le rimaneva nient’altro da fare.
    «che facciamo? perchè non voglio menarli e se li lasciamo probabilmente attaccheranno qualcun altro»
    «scontrarci fisicamente con queste persone non è mai stata un’opzione», come la pace del famoso meme — per tutti i germogli, odiava davvero tanto l’influenza che la generazione z stava avendo su di lei, suo malgrado. «e non lo è nemmeno farli prigionieri» e poi legarli? dargli da mangiare “ogni tot”?! ma… chi si credeva di essere. Lupe era davvero, davvero, ad un passo dal consegnare la ragazza ai cacciatori, piuttosto che la folla inferocita di babbani.
    «scherzi a parte cosa te ne pare di far svanire dalle loro menti questo bellissimo incontro? e gli togliamo queste belle armi di dosso?»
    Ah quindi… le sue erano state delle battute? Proposte fatte solo per ilarità, senza una vera intenzione a supportarle?! Beh, la cosa non rincuorava la messicana. Per niente.
    «Non ci prenderemo le loro armi,» le disse, dopo interminabili istanti di silenzio – ma erano in una bolla in cui il tempo scorreva diversamente dalla realtà, o forse non scorreva affatto, era difficile da capire. Ad ogni modo. – perciò era tutto relativo.
    E poi, non erano mica la compagnia dell'Inutile Bardo (come facesse Lupe a conoscere l'Hellfire Club rimarrà un segreto): non avrebbero rubato un bel niente.
    «né manipoleremo le loro menti. Non cancellerò alcun ricordo da questi sconosciuti, ci penseranno gli oblivianti a farlo al posto nostro.» ovvero, le persone davvero competenti; il suo ramo di specializzazione era del tutto diverso, e anche se si riteneva un'abile strega, non avrebbe giocato con i ricordi di qualche babbano, né per difesa, né per renderli innocui.
    «non è buona norma mettere mano e giocare con la mente delle persone, anche per scopi difensivi, o per uscire dai guai» soprattutto per uscire dai guai; ma che ne sapeva lei, no, che nei guai non ci finiva letteralmente mai. Troppo precisa, troppo attenta, troppo rigorosa. «piuttosto, pensiamo a come contattare le forze dell’ordine e come prendere tempo nel mentre che aspettiamo intervengano.» una proposta più razionale, la sua, ma sicuramente meno sicura: nulla vietava ai babbani di attaccarle senza preavviso, ma Lupe era già pronta a difendersi qualora fosse accaduto l'impensabile.
    Rivolse un’ultima occhiata allusiva alla ragazza, prima di aggiungere: «sembri un’esperta in materia, mi auguro tu abbia i riflessi pronti e abbastanza controllo sul tuo potere da riuscire a chiamarlo a te anche nel vero momento del bisogno» lei non aveva alcun dubbio che avrebbe saputo cavarsela egregiamente, con la sua magia.
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