i'm the son of rage and love, the jesus of...?

@ ikea store, ft. kyle

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +5    
     
    .
    Avatar

    maybe in your eyes.

    Group
    Death Eater
    Posts
    402
    Spolliciometro
    +835

    Status
    Anonymous
    Sei rimasto chiuso all'interno di un supermarket, di notte, insieme ad altro PG: non avete altro modo di uscire.


    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    swag jättelik
    18 y.o. - telekinesis - god is a woman my father
    Prese posto in piedi sulla grata del carrello e tirò giù gli occhiali da sole – sebbene non ce ne fosse assolutamente bisogno visto che si trovava in un luogo chiuso e le luci erano tutte pressoché spente; ma a dire il vero non aveva bisogno neanche di un carrello, Swag, eppure volle usarne comunque uno per muoversi tra le corsie del… no, non era un supermarket, non era un magazzino, non era una delle tante sedi di una grande azienda multinazionale, era casa, e poteva comportarsi come se stesse letteralmente passeggiando nel corridoio di casa sua solo perché era ormai notte, era passato da un po’ l’orario di chiusura, e lui era rimasto chiuso dentro. Oh che volete, a livello semantico non c’è alcun errore nella frase “era rimasto chiuso dentro”, poi a voler essere proprio pignoli potremmo dire che non era stato un avvenimento del tutto casuale ritrovarsi lì quando tutte le luci si erano spente, i dipendenti erano già tutti belli che andati, e le corsie erano libere da il caotico vociare dei clienti fedeli.
    C’era qualcosa di essenzialmente poetico e romantico nel frequentare un luogo di culto in piena notte, e lo svervegese sentiva di avere bisogno di un momento del genere, una notte per ritrovare la pace interiore e l’intimità con la propria famiglia.
    Certo, con ogni probabilità la mattina successiva avrebbe dovuto affrontare qualche guardia, probabilmente un mandato di arresto e qualche fasulla accusa legale riguardo la detenzione di droga o l’occupazione abusiva di proprietà privata e qualche altra cosa simile, ma in fondo anche Gesù aveva dovuto affrontare dei problemi legali e ne era uscito alla grande, no? Non ne era sicuro in realtà, non aveva mai prestato troppa attenzione alle lezioni sulla Bibbia, durante le ore di religione solitamente si rollava un paio di canne per poter aprire un canale diretto con il suo Dio e celebrare il proprio culto; comunque gli sembrava che quello delle grane legali fosse un ostacolo che avevano dovuto superare tutti i grandi figli di (Gesù, Lapo Elkann, Renzo Bossi, il figlio di Jackie Chan…), quindi era più che pronto – era nel suo destino sopravvivere anche a quell’eventualità.
    Quindi, la location c’era, gli occhiali da sole pure, il carrello sui cui fare surf l’aveva recuperato, toccava solo allungare la mano per sfruttare la telecinesi e far muovere il carrello attraverso le ampie corsie dell’ikea, e poi poté anche recuperare l’accendino dalla tasca posteriore e dare fuoco all’estremità dello spinello che pendeva dalle sue labbra – e poi poteva anche iniziare la sua notte al museol’ikea.
    «nel mezzo del cammin di nostra vita» 33 diviso 2 fa 16.5 e lui ne aveva ben due in più, ma in matematica non era mai stato troppo bravo quindi non si perse in inutili calcoli; Swag era, com’è evidente, più appassionato di letteratura e poesia, un gran saggio intellettuale dedito allo studio matto e disperatissimo – e che le sudate carte fossero solitamente le cartine rizla e al massimo i manuali d’istruzione dell’ikea, questo è tutto un altro par di maniche su cui sorvoleremo in questa sede.
    «mi ritrovai per una selva-» si trovava nel reparto giardino ed esterni, non a caso «-ILLUMINATA!» alzò le mani verso il soffitto, facendo sollevare tutte le lampade, lampioni, lampadari, candele profumate, e pezzi di arredamento vari che potevano far luce, per creare un ambiente vastamente illuminato.
    «ah, quanto a dir qual era è cosa fika» svoltò l’angolo a tutta velocità con il carrello e allungò una mano per accarezzare i soffici piumoni in piume d’oca «esta selva fikissima e sacra e forte, che al pensier si svuota la vescika» che oltre ad essere il frutto di un aulicissimo estro poetico, doveva anche essere la prova di una forte e improvvisa intromissione dell’inconscio nel suo poetare. Una mezza verità, quindi, senza alcun dubbio. Dopotutto, prima che arrivasse l’orario di chiusura e potesse sgattaiolare all’interno del negozio dall’uscita – usata come entrata, ecco cosa succede quando l’uomo utilizza il 100% del proprio cervello – di emergenza, si era preso il suo tempo per fare qualche lavoretto: portafogli, orologi, un paio di telefoni e qualche bracciale o collanina dorata il suo bottino della giornata, dopodiché si era potuto rilassare nascondendosi quatto quatto nel vicoletto con un paio di birre e qualche soda.
    E così aveva aspettato.
    Ore.
    E ore.
    E ore.
    Quando era finalmente arrivato il momento di aprire lentamente la porta per entrare nel negozio e nascondersi dietro uno scaffale fino a quando anche l’ultimo dipendente non fosse uscito, avere lo stimolo di fare la pipì era più che normale – e il buon padre non si sarebbe offeso se prima di iniziare la loro festicciola religiosa privata si fosse svuotato, no? Decise deliberatamente di no, Swag, e poi si dice che Ikea è uno e trino e quindi la loro volontà doveva per forza essere collegata no?
    Fermò bruscamente il carrello e dovette tenersi ai bordi per non cadere, poi saltò giù per posare di nuovo i piedi a terra e camminare in direzione dei bagni, mentre intanto il suo cervello si arrovellava su questioni dalla massima importanza e dalla massima urgenza – visto anche il luogo importante in cui si trovava.
    È uno dei massimi dogmi della religione, no? Come quello che Ikea è buono e Leroy Merlin cattivo, così sanno tutti quanti che Ikea è uno e trino, e quindi ci sono tre persone; prese una boccata profonda dalla canna e poi fermò il suo passo, con l’espressione stravolta di chi ha appena avuto un’epifania. Ma se papà è la prima persona, e io sono la terza persona…. Again, non era troppo bravo in matematica e dovette contare sulle mani, alzando prima l’indice, poi il medio, e poi, lentamente, l’anulare, per comprendere che gli mancasse un pezzo.
    «oh…»
    Unexpected and surprised; pensava ormai di aver raggiunto il massimo livello di comprensione e di possedere tutte le verità sulla (sua) vita, e invece a quanto pare gli mancava il 33% finale per raggiungere la santità.
    Fu un rumore tra gli scaffali alle sue spalle a destarlo e a farlo voltare con estrema urgenza e preoccupazione – magari era un seguace di Leroy Merlin, magari era la pula, magari era il direttore generale, o magari…
    «sei tu…?» mormorò quasi, la bocca dischiusa in un’espressione di puro stupore «sei proprio tu?» si sfilò gli occhiali dal viso per vedere meglio la figura dell’altro, per esaminarlo anche con una certa curiosità, piegando la testa verso la spalla destra e allungando la mano libera verso di lui. «papà ha invitato anche te qui stasera?» e soprattutto: «sei il 33% che mi manca?»
    a walking disaster
    the son of all bastards


    so di dover chiedere pubblicamente scusa per questo post quindi SCUSA ZIA!!!! è andata così. poteva andare meglio, ma poteva anche andare peggio dai!!! (credo, era difficile fare peggio comunque)
    a mia discolpa posso dire che sono anch'io un po' fatta tra vivinc, brufen, sciroppo per la gola, pasticche per la gola, aerosol e vicks scaduto da quattro anni, quindi spero potrai perdonarmi . bacibà

    edit: ho anche postato con l'account sbagliato, doveva proprio andare /così/
     
    .
  2.     +3    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Bolla
    Posts
    74
    Spolliciometro
    +131

    Status
    Offline
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    kang 'kyle' haeil
    24 | inventor | rebel
    Per un breve ma intensissimo attimo, Kyle si sentì esattamente come John Travolta nella gifTM: giacca di jeans piegata con cura su un braccio, l’altro leggermente staccato dal corpo e la mano rivolta verso l’alto, mentre lo sguardo nocciola saettava da un lato all’altro della stanza, posandosi sui contorni di mobili sconosciuti che di certo non appartenevano al suo appartamento-slash-studio, e non perché lo “shabby chic” non fosse il suo stile (cioè, anche, ma non era quello il motivo principale), piuttosto perché il suo appartamento non era arredato. Punto. Fine. Fatta eccezione per la lunga tavola di legno massiccio piena zeppa di strumenti da lavoro e progetti lasciati a metà, un divano sgangherato, un tavolino basso e un mobile con due sportelli che faceva da appoggio ad una tv dall’aria malandata (e che funzionava ancora solo grazie alle attente cure e al fatto che Kyle ci avesse smanettato per mesi) non c’era nient’altro nell’ampio spazio che il Kang aveva colonizzato ormai anni prima. La cucina verteva più o meno nelle stesse condizioni: era arredata in modo scarno e con lo stretto indispensabile (un frigorifero, un tavolo e due sedie, un fornello e un lavello, più un lungo bancale che faceva da ripiano di appoggio) e stessa sorte era toccata al bagno del piano superiore. La stanza da letto, sempre al primo piano, era forse quella messa peggio: non aveva nemmeno l’armadio. O il letto.
    Possiamo dire che fosse quello il motivo che aveva spinto il giovane inventore a trascinarsi fino al magazzino giallo-blu più famoso del mondo, in quel piovoso pomeriggio, nonostante la voglia di riarredare il proprio appartamento fosse pari a zero. Oppure potremmo dire che fosse stato trascinato contro la propria volontà da una forza più grande e impossibile da contrastare, che i più conosceranno sicuramente come Zachary Milkobitch. La prima volta che il magizoologo aveva messo piede nell’officina di Kyle, aveva quasi avuto un infarto, con tanto di mano sul cuore e occhioni color cioccolato sgranati oltre l’immaginabile. Il coreano aveva dovuto passare la propria mano davanti lo sguardo catatonico del compagno ribelle svariate volte, prima che quest’ultimo tornasse nel presente e avesse la forza necessaria per riprendersi dallo shock. Poi aveva iniziato a rantare su come pensasse di poter continuare a vivere così !! come faceva a non impazzire !! e via dicendo, al punto che Kyle, per un momento, aveva quasi preferito la versione di Zac in catalessi. Nei mesi a venire, aveva abilmente agirato il problema “arredamento”, inventando ogni volta una scusa nuova sul perché non riuscisse proprio a liberarsi per andare da Ikea con lui — una volta aveva persino ringraziato William per la convocazione in extremis al QG che l’aveva salvato in calcio d’angolo, e più di una volta di era sacrificato con la Hatford, offrendosi come volontario per le lezioni di corpo a corpo che l’allenatrice si era decisa ad impartire ai colleghi ribelli. Tutto, pur di evitare Ikea.
    Ma alla fine Zac aveva vinto, e l’aveva trascinato ai magazzini con l’inganno. Se non fosse stato genuinamente sorpreso dall’abilità con cui l’aveva raggirato, Kyle avrebbe potuto persino essere affascinato (e offeso.) dal modo in cui l’amico aveva mentito spudoratamente sul dove stessero andando, senza concedere il minimo dubbio. Kyle non si sarebbe più fidato di lui. TSK.
    Da lì a sentirsi Vincent Vega il passo era stato molto breve: si era trattato di tempismo, una serie fortuita di circostanze che avevano giocato a favore del coreano, e di un telefono morto nel momento perfetto.
    All’ennessimo “GUARDA LIIII starebbe benissimo nel tuo open space!!!” che aveva fatto girare tutti i presenti e eyerollare il Kang, Kyle aveva deciso che non ne poteva più e con una scusa molto stupida («vado a cercare..... gli scopettoni per il bagno») si era allontanato dall’amico. Si era nascosto dietro una siepe finta che decorava un finto balconcino espositivo, e da lì aveva osservato Zac passeggiare tra i clienti e cercare l’amico disperso. Era stato un colpo basso, il suo? Assolutamente sì, ma se il Milkobitch non lo capiva con le buone, occorreva passare alle maniere forti.
    Quarantacinque minuti dopo, otto telefonate a cui Kyle non aveva risposto, e una serie infinita di messaggi non visualizzati, Zac sembrava deciso ad arrendersi: finalmente. Tuttavia, Kyle non abbandonò il suo nascondiglio per paura che l’altro spuntasse fuori all’improvviso e lo costringesse a finire il giro del negozio, così rimase lì, seduto sul pavimento freddo di Ikea e la schiena contro la siepe finta, invisibile allo sguardo di chiunque, addetti alle vendite compresi.
    Si addormentò nel giro di pochi istanti.

    «sei tu…?» Ancora un po’ frastornato, e rincoglionito dal quel pisolino involontario, Kyle ci mise qualche secondo a mettere a fuoco la persona di fronte a lui, o a registrare le parole. «sono io....?» era lui? Beh, dipendeva da chi stava cercando: anche se, onestamente, in quel momento Kyle non era molto certo di sapere chi fosse. Ma quanto aveva dormito? A occhio e croce, notando il negozio vuoto, pure troppo. Aveva già controllato il cellulare, scoprendo così che durante il suo riposino, l’altro era deceduto: colpa della batteria difettosa, era giunto il momento di cambiarlo, aspettava solo il Black Friday.
    «papà ha invitato anche te qui stasera?» Ma in che senso papà. Strabuzzò gli occhi un paio di volte, il Kang, osservando il giovane senza fare nulla per nascondere l’espressione confusa. «sei il 33% che mi manca?»
    «Forse c’è un malinteso.» Oddio, non di nuovo. Alcune delle sue serate peggiori erano iniziate così, ciao Troy. Passò una mano sul viso, prendendo tempo. «Non so chi sia tuo padre,» Swag: triggered. «ma posso aiutarti a cercarlo se ti sei perso. C’è ancora qualcuno al bancone delle informazioni?» Gli sembrava un po’ grandicello per essere l’ennesimo bimbo che si allontanava dai genitori e finiva col perdersi, ma chi era lui per giudicare. (Kyle, ed infatti stava giudicando.) (Giudicava fortissimo, specialmente la sigaretta che penzolava dalle labbra dell’altro e che aveva tutta l’aria di non essere una sigaretta.) (Ahhhhh, i giovani.)
    Sorvolò sulla questione “33%” perché era chiaro che al moro mancava molto di più (tipo: le rotelle al posto giusto) e decise di chiedere qualcosa che sapeva di ovvio e scontato ancora prima di formulare la domanda.
    «Il negozio ha chiuso, non è vero?»
    Perfettissimo, gli ci mancava giusto di essere arrestato per effrazione quando l’unica cosa che voleva era la pace del suo appartamento. GRANDIOSO. MITICO. FANTASMAGORICO.
    «Sai mica come uscire da qui,» prima che qualcuno venga ad arrestarci?
    Ma non lo disse, lasciando all’altro il compito di leggere tra le righe sottilissime della sua domanda; sperava fosse sveglio abbastanza.
    Lo attendeva un rudissimo risveglio.
    I'm odds and ends
    but I'll be stumbling away
     
    .
  3.     +3    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Special Wizard
    Posts
    102
    Spolliciometro
    +271

    Status
    Anonymous
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    swag jättelik
    18 y.o. - telekinesis - god is a woman my father
    No che non c’era stato nessun malinteso.
    L’espressione sgomenta di Swag lasciò spazio al sorriso un po’ malandrino di cui sapeva abbondantemente fare sfoggio; prese ancora una boccata dallo spinello e poi lo allontanò dalle sue labbra per tenerlo tra le falangi dell’indice e del medio destri, tirò su gli occhiali da sole, facendo poggiare i vetri scuri direttamente sui suoi riccioli spettinati, e intanto si avvicinò a passo sicuro verso il suo nuovo fratello e confratello. «sei simpatico» lo svervegese rise di gusto e cinse la spalla dello special con il braccio «ho sempre voluto un fratello simpatico» Swag aveva dei fratelli e gli voleva un gran bene, ma insomma analizziamoli un attimo insieme: King era simpatico? Meh, forse il termine giusto per il cronocineta era (Matteo Messina Denaro perché era un latitante, badum tss. No davvero bro, dove sei?) peculiare; e Posh ci provava tantissimo ma in fondo era solo un po’ su di giri. Ah e poi c’era Poor, il suo senso dell’umorismo era perfettamente descritto dal suo nome, e sebbene Swag ridesse qualche volta alle sue battute sui nomi delle pietre, dentro di sé chiedeva spesso a suo padre cosa avesse fatto di male il povero Withpotatoes per meritarsi un destino così crudele, ed essere così triste e noioso.
    Kyle, quindi, aveva un compito importantissimo ma in fin dei conti neanche troppo difficile: essere simpatico; e fino a quel momento, incredibilmente, lo stava eseguendo alla perfezione perché se «Forse c’è un malinteso.» aveva fatto sorridere Swag, il successivo «Non so chi sia tuo padre,» l’aveva fatto scoppiare a ridere, e l’ultimo «ma posso aiutarti a cercarlo se ti sei perso. C’è ancora qualcuno al bancone delle informazioni?» l’aveva addirittura costretto a fermarsi e a piegarsi in due per le risate, mentre con la mano sulla spalla del ribelle provvedeva a dargli colpi pesanti con il palmo aperto «sei uno spasso, smettila, mi farai venire un andningssvikt» che non era l’inizio di un ictus ma evidentemente una parola del suo dialetto, ma potremo comprendere il povero coreano se questo dicesse di aver vissuto attimi di panico, perché in effetti il telecineta sembrava un po’ in difficoltà e le risate eccessive (mica tutto il resto) gli avevano provocato un pesante attacco di tosse. Come qualsiasi buon paziente asmatico – che, tra parentesi, Swag non era – prese un tiro dal suo inalatore e si sentì subito meglio – con l’eccezione che il suo inalatore era… una canna. Beh, era pur sempre considerata medicina omeopatica, no?
    «mio padre» cominciò la predicazione, appena si fu ripreso «nostro padre, per essere più precisi» ci tenne a correggersi immediatamente, spostando lentamente lo sguardo di lato, puntando le iridi scure sul viso del coreano «ci ha voluti qui perché questa è un’occasione speciale, non abbiamo bisogno del bancone delle informazioni, siamo esattamente dove dovremmo essere» si prese un attimo di pausa solo per aspirare ancora dalla sigaretta speciale, e poi riprese «esattamente nel momento in cui dovevamo essere» pausa «esattamente con chi dovevamo essere» l’essere è e non può non essere il non essere non è e non può essere anyone? Non possiamo dire con certezza se quella divagazione fosse colpa della droga perché due circostanze lo rendevano un fatto un po’ improbabile: a) Swag era abituato a fumare decisamente tanto e di solito ci metteva un po’ a salirgli al cervello e dargli quegli effetti; b) era… naturalmente e spontaneamente degenere di suo, quindi non era così semplice marcare il confine tra uno stato di sanità e uno di alterazione. Restava comunque da fare una contestualizzazione, o per meglio dire, una localizzazione, visto che il luogo in cui si trovava poteva influire con la sua aura mistica e sacrale e creare uno stato di alterazione e di invasamento simile a quello dei veggenti e dei profeti dell’antichità; in fondo c’erano tutti gli ingredienti per fare di lui un Tiresia del ventunesimo secolo: presenza divina check, luogo sacro check, erbe naturali check. Tutto quello che avrebbe detto da quel momento in poi si sarebbe avverato, quindi, giusto? Lo svervegese era convinto di sì, ma Kyle sembrava mostrare ancora qualche perplessità, che Swag per il momento non si degnò di commentare, ma anzi ignorò totalmente e decise di continuare a esporre il programma del giorno.
    «il negozio» rise divertito, poi rifletté più a fondo sulla parola in questione «il… negozio…» strinse la spalla dello sfortunato compagno di avventure nella mano e lo scosse leggermente «può un luogo sacro essere… un negozio sputò quelle due ultime parole con un tale disprezzo che forse neanche a Leroy Merlin aveva mai dedicato «per i fedeli occasionali forse sì, loro, dopotutto, ogni volta che entrano in questo luogo negoziano la loro identità, scelgono chi essere a ogni passo, se affidarsi a uno skuvbry o a un vihals-» nel mentre che parlava, mi sembra giusto sottolinearlo, accompagnava lentamente Kyle lungo la corsia, mostrandogli qui e lì cosa avesse da offrire quel luogo «se essere un blavingad o un gurli, un tversted o un toftbyn, capisci?» rivolse una vaga occhiata a Kyle per assicurarsi che fosse ancora lì e che non fosse (ancora scappato), ma non si premurò di aspettare comunque una risposta. «io e te non abbiamo bisogno di negoziare la nostra identità, non abbiamo bisogno di chiederci cosa ci facciamo qui, su questa terra, per cosa ci svegliamo; lo so che sarebbe più facile ma io e te non possiamo essere né navlinge né tjusig. Io e te siamo Jattelik, e questo non cambierà mai» con un colpo deciso sul petto del maggiore concluse la predicazione e si staccò giusto per posizionarsi di fronte alla sua figura «noi non possiamo uscire da qui, noi siamo a casa» spiegò infine con un sorriso che aveva un che di pacifico, serafico, come se avesse finalmente raggiunto il nirvana con quella spiegazione.
    Poi, subito dopo, quasi brutale, allungò il braccio verso il fratello: «chi fuma?» e se il coreano non avesse saputo la risposta corretta, lui era comunque prontissimo ad accettare qualsiasi trovata fantasiosa pur di condividere i suoi averi; era quello che facevano i fratelli, dopotutto.
    a walking disaster
    the son of all bastards
     
    .
  4.     +3    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Bolla
    Posts
    74
    Spolliciometro
    +131

    Status
    Offline
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    kang 'kyle' haeil
    24 | inventor | rebel
    A ogni azione del ricciolino, corrispondeva una reazione uguale e contraria del ribelle: un passo avanti di Swag, uno indietro di Kyle. Un sorriso del minore, un cipiglio confuso del maggiore. Un «sei simpatico», un «no era una battuta».
    Quello lì, era davvero molto strano. «Devi davvero avermi confuso con qualcun altro...» così, dico. «Io non ho fratelli.» Non in quella vita, comunque. «Ho una sorella, ma vive in Corea.»
    E vi giuro, vi giuro, che Kyle era così confuso da tutto. In quel momento sentiva terribilmente la mancanza di Zac: lui avrebbe saputo cosa fare per gestire quel ragazzino in preda ad un attacco di isteria acuta. Kyle, invece? Meh. Meme della scimmia che guarda di lato. «Stai-» oddio, lo stava toccando. Gli stava dando delle pacche vigorose sulla spalla!! Oddio. Non che fosse germofobico (insomma, se uno sconosciuto gli leccava il dito tendeva a reagire malino, ciao Troy, ma chi non l’avrebbe fatto al posto suo) però non prendeva nemmeno benissimo l’essere toccato senza permesso. «No, smettila tu Una richiesta perentoria vestita con il tono educato di una semplice richiesta: fidarsi della voce calma del Kang non era un bene, non rendeva sul serio l’idea della sua serietà. Se Swag non avesse tolto ritratto la mano, l’avrebbe persa. Kyle non era un tipo violento, ma su molte cose era intransigente (come: nessuno aveva il permesso di toccare le sue cose, il suo piano di lavoro, i suoi bozzetti o le confezioni di Pan di Stelle che aveva in casa).
    «Nostro...?» La domanda a perdersi tra le parole di Riccio, ormai partito sparato nel suo racconto. Okay. Che inglese strano; che coreano pazzo e masochista a rimanere lì. «siamo esattamente dove dovremmo essere» «ah sì?» «esattamente nel momento in cui dovevamo essere» Se lo diceva lui.... «esattamente con chi dovevamo essere» Kyle iniziava a domandarsi da quanto tempo stesse fumando, il ragazzino. Forse da troppo. Pensò se usare la sua anzianità per fargli una ramanzina, poi si ricordò – tristemente – che gli occidentali non erano così rispettosi come loro, e invitarlo a smettere solo perché più grande di lui non avrebbe funzionato.
    Quindi: si limitò a fissarlo. Eye, mouth, eye. Morto dentro e fuori. La sua anima stava lasciando il corpo, ad ogni parola sentiva abbandonarlo un po’ di più; la sensazione aumentava ogni volta che l’altro, poi, stringeva il suo braccio. «Luogo... Sacro?» Oh, aveva forse commesso un errore di giudizio? SI era forse mostrato irrispettoso della cultura inglese? Svedese? Norvegese? Insomma, quello che era?! «Ma... Siamo da Ikea.» Si era chiaramente perso qualcosa nella traduzione inglese-coreano. «Salute?» In che senso erano nomi di cose e non <s>keysmash starnuti? E poi dicevano che la loro fosse una lingua complicata, fatta di suoni strani.
    Oddio, oddio. Si era davvero perso qualcosa di importante. «i e te siamo Jattelik, e questo non cambierà mai» «No... Io sono Kyle. Piacere, però, Jattelik. Puoi lasciare andare il mio braccio?» Cosa che fece, solo per assestargli una poderosa manata sul petto. Che, puntualmente, Kyle si massaggiò. «Senti-» «noi non possiamo uscire da qui, noi siamo a casa»
    Usando di nuovo la tecnica del occhio-bocca-occhio, Kyle si limitò a fissare (ancora, sempre.) il giovanotto dall’aria provata. C’era chiaramente qualche cosa che non andava in lui, era forse scappato da una struttura per persone con problemi mentali? Da una rehab? Da Riverdale? Le opzioni erano molte. Kyle non ne suggerì nessuna. Preferì invece fare un passo indietro, o svariati, per meglio dire, e mettere quanta più distanza possibile tra lui e Mano Molesta. «Forse fumare non è una buona idea.» Un suggerimento spassionato, il suo. A cui aggiunse, dopo svariati battiti di ciglia che rendevano benissimo il suo punto di vista, un poco sentito «all’interno dei locali.» Ma anche in generale. «Metà delle cose dette non ha senso. Ma ora dimmi, sei qui da solo? C’è qualcuno che possiamo chiamare per farti venire a riprendere?» Tipo gli inservienti di qualche struttura che aveva perso un paziente, per esempio.
    I'm odds and ends
    but I'll be stumbling away
     
    .
  5.     +2    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Special Wizard
    Posts
    102
    Spolliciometro
    +271

    Status
    Anonymous
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    swag jättelik
    18 y.o. - telekinesis - god is a woman my father
    «Io non ho fratelli.
    Oh baby. Swag era quasi sconvolto, ma guardò l'altro ragazzo con un sorriso bonario e addirittura consolatorio; gli faceva un po' pena, in effetti: e per lo stato in cui l'aveva trovato, e per il lavaggio del cervello che gli avevano evidentemente fatto, non doveva aver vissuto una bella situazione, a conti fatti.
    Gli posò una mano sulla spalla e gli diede piccoli pat pat leggeri «è quello che ti hanno detto?» scosse la testa, incredulo e sconcertato, e prese un'altra boccata dallo spinello perché dopo quella terribile notizia aveva decisamente bisogno di erba per ritrovare la speranza nell'umanità «ecco cosa significa affidarsi alle false religioni, che vogliono isolarti, nasconderti la tua vera natura. Ecco perché il nostro compito è quello di educare gli umani alla Vera religione, allontanarli da certe miscredenze» con un sospiro poi allargò le braccia, mostrando al ragazzo tutto quello che li circondava, e pose più enfasi nelle sue parole, quasi come se stesse pronunciando una profezia importante e impossibile da ignorare «tu hai tutti noi, siamo noi la tua famiglia. Ecco chi sei. E ora mi stai dicendo che abbiamo anche una sorella?!?» esultò saltando sul posto e portando le braccia in aria, in particolare puntando il dito medio dritto verso il cielo «SEH! fanculo Gesù, e tu che ti vantavi di avere Maria Maddalena, noi abbiamo una sorella che è anche coreana, troppo troppo figo, grazie papà» avvicinò la mano che non reggeva la canna al suo viso e portò due dita vicino le labbra, per lanciare un bacio verso Nord — cioè l'entrata del negozio Ikea, ehm luogo sacro, pardon, in cui erano rimasti intrappolati.
    La mano continuava a essere piantata sul braccio di Kyle, ma lo svervegese non stava davvero prestando attenzione all'altro ragazzo, né, ovviamente, si era reso conto del suo disagio o della sua perplessità. Cioè, magari poteva anche averlo percepito, ma aveva registrato quelle reazioni come comportamenti normali perché quasi tutte le persone con le quali si approcciava le prime volte reagivano così ai suoi discorsi.
    «Ma... Siamo da Ikea» tra una boccata e l'altra di erba, alzò finalmente gli occhi verso il coreano, e schioccò il pollice e l'indice della mano per produrre un rumore sordo, movimento che — non troppo casualmente — sembrò attivare proprio una lampadina sopra le loro figure. «ESATTO, BRAVO! Ah, vedo che inizi a capire» con un buffetto sulla spalla dell'altro — eh sì, Swag era un tipo fisico, e Kyle doveva essere più esplicito nel chiedergli di non toccarlo se avesse voluto che il telecineta smettesse. «siamo da Ikea, proprio nel luogo dove tutto ha avuto inizio, dove papà ha deciso che doveva donare agli umani questo paradiso in terra» nel guardarsi attorno e nel notare gli scaffali pieni, gli arredamenti accurati, Swag respirò profondamente e sorrise sereno, socchiudendo gli occhi e riempiendo i polmoni di quell'aria salubre e santificata. «e dove io e te ci siamo ritrovati. Non è mica un caso, sai, Kyle. Non ti sei mai chiesto da dove provenisse questo tuo legame speciale con Ikea?» si guardò attorno fugacemente, poi allungò una mano solo per aspettare che uno scopino per il bagno — si spera nuovo, ma in realtà non possiamo davvero garantire che provenisse dagli scaffali e non direttamente dai bagni del negozio — giungesse tra le sue dita, così da poterlo stringere nella presa e poi allungarlo verso Kyle per strofinarglielo sul petto e sul braccio e un po' ovunque potesse, nell'imitazione di una benedizione «non senti anche tu questa connessione? Questa voce sottile che dice che siamo tutti uguali? Io, te,» alzò lo scopino per il bagno e lo interpose tra sé e il coreano «Bolmen. Tutti figli beneamati dello stesso padre, lo stesso sangue divino scorre nelle nostre vene».
    Nessuna delle repliche di Kyle era stata presa veramente in considerazione, ma almeno Swag era stato a sentire, e aveva allontanato la mano dal suo braccio. Ora avvicinò quella stessa al suo viso, alzando un pollice davanti le labbra e facendo segno all'altro di fare silenzio «sh-sh-sh, non la senti anche tu?» tese l'orecchio verso l'alto e socchiuse gli occhi, sorridendo compiaciuto e poi annuendo lentamente. Probabilmente all'udito del coreano non risultò proprio nulla, ma quello sensibile e beatificato dello Jättelik percepiva perfettamente, e infatti sorrise soddisfatto e si concesse l'ennesimo tiro dalla sua canna. «l'hai sentito, no? L'ha detto anche papà che dobbiamo volerci bene, io e te» e sull'onda dell'entusiasmo dettata dalla soffiata (letteralmente) avuta dal Grande Padre Ikea, Swag violò nuovamente ogni qualsiasi regola che Kyle aveva provato a imporgli, e saltò per raggiungere il capo del ragazzo e posare il palmo aperto sui suoi capelli e arruffarglieli affettuosamente.
    «non c'è rischio, papà, già ci vogliamo bene» alzò la voce per permettere che il messaggio arrivasse forte e chiaro ai piani alti e poi si allontanò definitivamente dal maggiore solo dopo avergli dato una leggera spallata scherzosa.
    «Forse fumare non è una buona idea.» dopo la predicazione veniva la fase dell'ascolto anche per lui, strano ma vero, infatti il messaggio di Kyle arrivò forte e chiaro e Swag posò lo sguardo sulla canna tra le sue dita, ormai quasi al termine, mentre si interrogava genuinamente se fosse davvero un problema fumare al chiuso. «ah, uhm scusa non ci avevo pensato» ma non per questo procedette a spegnerla o smise di fumare, piuttosto prese un altro tiro profondo perché ormai andava finita, dico bene? «dici che sarebbe stato meglio metterla in un bong?» soppesò quell'alternativa in un istante di silenzio, poi annuì accondiscendente «sì, forse hai proprio ragione, era meglio il bong, devo averne uno proprio nello stanzino, dopo lo andiamo a prendere» archiviò la questione con una scrollata di spalle e poi, con particolare nonchalance, come se quella discussione non fosse mai avvenuta, prese un'altra boccata pesante di fumo, una delle ultime.
    «Metà delle cose dette non ha senso. Ma ora dimmi, sei qui da solo? C’è qualcuno che possiamo chiamare per farti venire a riprendere?»
    Oddio ma allora era davvero simpatico, suo fratello. E infatti Swag scoppiò a ridere e scosse lentamente la testa «ma io qui sto benissimo, pianifico da mesi di venire in pellegrinaggio qui da Nostro Padre. Tu invece, com'è che ti sei trovato proprio oggi qui? Hai ricevuto la chiamata o sei stato guidato anche tu dall'istinto fraterno come me?» quella domanda genuina, ovviamente, escludeva completamente la realtà dei fatti, e cioè che Kyle fosse rimasto bloccato all'interno del negozio contro la sua volontà. Per Swag una tale possibilità non era da prendere in considerazione, e continuò a mostrarsi, quindi, serafico e tranquillo appoggiato agli scaffali del negozio, come un cristiano durante la benedizione del Papa, o Tom Cruise sul mega yacht di Scientology — a ognuno i propri miti e i proprio dei.
    a walking disaster
    the son of all bastards
     
    .
  6.     +2    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Bolla
    Posts
    74
    Spolliciometro
    +131

    Status
    Offline
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    kang 'kyle' haeil
    24 | inventor | rebel
    Kyle non si era mai reputato una persona confusa, ma doveva ammettere che incontrare gli occidentali gli aveva ampiamente fatto rivalutare quel sentimento, perciò non poté (né volle) contenere l'espressione sempre più smarrita man mano che la conversazione con il ricciolino continuava.
    «è quello che ti hanno detto?» Beh sì, i Kang erano stati abbastanza schietti e sinceri, almeno con lui, riguardo un sacco di cose che lo riguardavano — tipo l'adozione, o il fatto che non fosse un purosangue come loro, o che non avesse, appunto, nemmeno un briciolo del sangue Kang come invece facevano credere da anni all'opinione pubblica. Perché alla fine tutto quello che contava era proprio quello, no? L'opinione. E il fatto che non potessero avere eredi maschi, nessuno che portasse avanti il nome e il business della famiglia, sarebbe stata una macchia troppo grande per loro, al punto da spingerli ad adottare un Haeil ancora in fasce e fingere per tutto quel tempo che fosse loro legittimo erede.
    A Kyle non importava troppo delle menzogne, o della sopracitata opinione pubblica, ma aveva apprezzato almeno l'onestà nei suoi riguardi; era stato l'unico motivo per cui aveva continuato a rispettare i Kang anche dopo, e l'unica ragione per cui aveva lasciato la Corea dando loro una sorta di spiegazione e una falsa aspettativa che sarebbe tornato, prima o poi, a riprendere il suo posto in azienda. Arrivati a quel punto, però, sperava che l'avessero capito anche loro che il fatidico giorno non si sarebbe mai presentato: Haeil non voleva prendere le redini, ed era più che contento di lasciare tutto quanto in mano a Soon-Bok, sua sorella, certo che prima o poi avrebbero visto quanto valesse e quanto si impegnasse e quanto tenesse all'azienda (molto più di lui, su tutti e tre i fronti, a mani bassissime) e avrebbero soprasseduto al fatto che fosse una donna (derogatory, perché vivevano ancora in una società maschilista e retrograda, boo-hoo).
    Di tutto questo, però, a l'altro disse solo: «mi hanno detto le cose che reputavano di mio interesse», perché sapevano che tutto il resto sarebbe stato fiato sprecato con lui, come quello del ragazzetto insomma.
    Che però, a quanto pareva, ne aveva davvero un sacco di fiato che gli avanzava ed era deciso a liberarsene tutto in una volta, e proprio con Kyle. Yay.
    «ecco cosa significa affidarsi alle false religioni, che vogliono isolarti, nasconderti la tua vera natura. Ecco perché il nostro compito è quello di educare gli umani alla Vera religione, allontanarli da certe miscredenze» Oddio, tanto una “religione” non gli parevano, i Kang, ma magari l’altro intendeva “setta” e Kyle aveva solo perso qualcosa nella traduzione; convintosi della sensatezza di quel pensiero, non rispose, preferendo solo annuire come se avesse di fronte un caso umano senza possibilità di redenzione.
    Come se.
    «tu hai tutti noi, siamo noi la tua famiglia. Ecco chi sei.» Era abbastanza certo di averne un'altra, di famiglia, ma a quel punto forse il pazzoide andava solo assecondato? Perciò annuì, lentamente e senza staccare gli occhi scuri da quelli allucinanti dell'altro, se non per qualche secondo, necessario a prendere coscienza delle lampade tutte intorno a loro, degli scaffali anonimi e del silenzio dell'enorme negozio.
    Sì, aveva davvero qualche rotella fuori posto, se pensava di poterlo convincere ad essere imparentato con delle luci da scrivania.
    «E ora mi stai dicendo che abbiamo anche una sorella?!?»
    «Ho Pose quanta più enfasi possibile sul verbo, «ho una sorella.» Che avrebbe preferito vederlo morto, piuttosto che al vertice del business familiare, ma ok; almeno su quello i due Kang andavano d’accordo.
    Niente da fare, però, le parole di Kyle, per citare un vecchio proverbio della regione Gyeonggi: da ‘na recchia je entravano, e dall’artra je ‘scivano. «Non credo ci sia bisogno di cadere nel blasfemo, sai.» Stava proprio su un altro pianeta, send help? Anche per la mano ancora piantata sul suo braccio: non voleva davvero cogliere l'hint, e allora: «senti, puoi per favore staccare la mano dal mio braccio, lo apprezzerei davvero molto.» Pur non essendo un tipo violenti (cit Kyle the Vampire Slayer) , era a tanto così dallo schiantare il minore contro gli scaffali del negozio.
    Con estrema impassibilità, e con il tono di voce più monocorde possibile, gli fece notare ancora una volta come non fossero in qualche luogo sacro ma semplicemente da Ikea. E lui? «ESATTO, BRAVO! Ah, vedo che inizi a capire» Allora, innanzitutto: mcscuseme? Kyle capiva sempre tutto e al primo colpo, tranne come comportarsi con le persone, ma nessuno era perfetto.
    Secondo: «siamo da Ikea, proprio nel luogo dove tutto ha avuto inizio, dove papà ha deciso che doveva donare agli umani questo paradiso in terra»
    «Tuo padre è Ingvar Kamprad?» Solo così, mettendo chiaro e tondo le cose come stavano, Kyle sarebbe venuto a capo di quella situazione. Se così fosse stato, se quel ricciolino era davvero il figlio del fondatore della catena di negozi blu-giallo, allora okay; rimaneva sempre un po' folle, ma Kyle si sarebbe sentito meno in colpa a lasciarlo lì, in quanto quella era davvero, per vie traverse, casa sua.
    «Non ti sei mai chiesto da dove provenisse questo tuo legame speciale con Ikea?»
    Huh? Quale legame speciale? Kyle non ci voleva nemmeno venire, da Ikea. «Mh no, decisamente no. Nessun legame speciale.» Ok il voler dargli corda, ma solo fino ad un certo punto.
    E fu in quel momento che, finalmente, forse per proteggerlo da ciò che stava per succedere, gli omini che lavoravano incessantemente nella sua scatola cranica per mandare avanti ingranaggi e quant’altro, e che solitamente lo rendevano Kyle, entrarono in sciopero. Così, de botto; al punto che il coreano, per qualche lunghissimo (e piacevole, lasciatemi dire) istante, non sentì nulla. Zero. Nisba. Solo rumore statico, o di onde che si infrangevano sugli scogli, musica leggera che lo cullava e lo calmava.
    Una beatitudine che durò molto poco, purtroppo.
    E quando Kyle rientrò in possesso delle sue facoltà mentali (purtroppo per lui) perse del tutto quel briciolo di sanità che gli era rimasta, a furia di parlare con Swag.
    Batté due, tre, dieci volte le palpebre, registrando con orrore e ritardo ciò che era appena successo, come quello scopino da bagno – forse nuovo, o forse no – era stato passato su tutto il suo corpo mentre lui entrava in sospensione come i pc; le parole – vuote, e senza senso – del minore; il fottuto scopino che aveva accarezzato i suoi abiti e la sua pelle.
    Ma. Che. Cazzo.
    Senza neppure rendersene conto, una macchina comandata probabilmente dall’IA e niente più, alzò il braccio per afferrare lo scopino direttamente dalle mani di Swag, sfilarlo come se nulla fosse approfittando del gesto inaspettato e della sorpresa del ragazzo, e lo scagliò via, il più lontano possibile. Speriamo addosso a qualcosa che potesse rompersi in mille pezzi, nello stesso modo in cui si era frantumata la sanità mentale di Kyle: sarebbe stato un momento cinematografico molto interessante e poetico.
    Per giunta, quanto Swag ebbe l’ardore di avvicinare una mano al suo viso e invitarlo a fare silenzio, Kyle ebbe l’istinto di spalancare le fauci e azzannarlo: tanto due mani non servivano a nessuno, no? Ne bastava una. «L’unica cosa che sento è la voglia metterti al posto di quel banner pubblicitario lassù.» Gliene indicò uno a caso, non era picky e se ne sarebbe fatto andare bene uno qualunque: tutto, pur di togliersi il riccio da davanti agli occhi. Era una persona calma e pacata, il Kang, ma non era al di sopra di compiere omicidio in quel momento. E quando saltò per scompigliargli i capelli, quasi lo fece.
    Prese la maglia di Swag con un gesto repentino, e la strinse nel pugno, una morsa così stretta che pur divincolandosi il minore non sarebbe andato da nessuna parte.
    «non c'è rischio, papà, già ci vogliamo bene»
    «Non direi, no.» Omicida, nel suo tono di voce, ecco cos’era Kyle; pure Caino e Abele erano fratelli, no? Kyle si sentiva quanto mai vicino al primo, in quel momento.
    Impassibile alle sue minacce, Jattelik continuò a parlare jabberish e nonsense.
    «dici che sarebbe stato meglio metterla in un bong?»
    «No, non dicevo quello.» Non l’aveva mai detto, ma sapete cosa? L’assurdità di quel ragazzo fece scemare la follia omicida di Haeil, che mollò la presa e si allontanò da lui — per il bene di entrambi; Kyle non era fatto per posti come Azkaban, e dovette ripeterselo come un mantra per non avadakedavrizzare il minore su due piedi.
    «pianifico da mesi di venire in pellegrinaggio qui da Nostro Padre. Tu invece, com'è che ti sei trovato proprio oggi qui? Hai ricevuto la chiamata o sei stato guidato anche tu dall'istinto fraterno come me?»
    «No.» Una lunga serie di sfortunatissimi eventi lo aveva portato lì, e Kyle si pentiva come mai prima di aver lasciato il silenzio e la tranquillità di casa sua.
    Era finito lì trascinato dal Milkobitch (magari avrebbe schiantato anche lui, così, per soddisfazione personale) e non per sua volontà; non credeva (alle parole di Swag, né) al destino, perciò quella storia dei fratelli non l'aveva capita nemmeno un po'.
    (Ah, ci sarà da divertirsi poi quando dovrà scoprire di Kaz. Kyle be like: eye mouth eye.)
    «Senti, pellegrinaggio o no, io dico che sei completamente fatto e che sarà meglio cercare una via d’uscita prima che qualcuno, insospettito dalle telecamere, dai rumori, o da chissà cosa, mandi qualche guardia e ci faccia arrestare.» Che senso aveva tentare di installare un po’ di senno nel minore? Nessuno, e infatti Kyle lo stava facendo per se stesso, ciaone. Ripetersi certe cose serviva a non farlo uscire del tutto di testa. E si, anche la parte dell’essere fatto: si era convinto fosse tutta colpa del fumo passivo di Swag, infondo lui non aveva mai fumato in vita sua, quindi era plausibile che un po’ di fumo dolciastro lo mandasse subito ai pazzi. «Non mi interessa se non sei d’accordo, ora ce ne andiamo.» E girò i tacchi, lasciando Swag dov’era: sempre perché Kyle stava parlando con se stesso, capito? Se l’altro avesse voluto seguirlo era libero di farlo, ma il coreano sperava tanto di no.
    I'm odds and ends
    but I'll be stumbling away
     
    .
  7.     +2    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Special Wizard
    Posts
    102
    Spolliciometro
    +271

    Status
    Anonymous
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    swag jättelik
    18 y.o. - telekinesis - god is a woman my father
    «Ho. ho una sorella.» Swag, che non aveva troppo un’idea chiara di cosa quell’enfatizzazione volesse significare da parte del coreano, annuì convinto e sorrise allo stesso modo. «sì, sì, ho capito, non c’è bisogno di ripeterlo bro non sono un boomer, conosco i meme» alzò entrambe le braccia a mezz’aria «abbiamo» ripeté ancora una volta, e strizzò l’occhio al ragazzo di fronte a sé, per poi scoppiare a ridere e tornare a colpirlo sul braccio con qualche spallata. «te l’ho già detto che sei uno spasso?» con un sospiro profondo placò appena le risate, ma non per questo smise di strattonare il ragazzo per il braccio.
    «senti, puoi per favore staccare la mano dal mio braccio, lo apprezzerei davvero molto.»
    Again, non per questo smise di strattonare il ragazzo per il braccio, tuttavia attenuò appena la presa, ma con il solo scopo di aggrapparsi alla piega interna del suo gomito nella tipica posizione a braccetto che veniva utilizzata dalle nonne che vanno al mercato o dai malavitosi che dovevano minacciare qualcuno in modo molto sottile e raffinato.
    Swag non era nessuno dei due, ma tra la nonnina e il malavitoso senza alcun dubbio la sua vita si avvicinava molto di più a quella dell’ultimo; e come uno che si rispetti, continuò a prendere fumose boccate dalla canna che teneva nella mano opposta — i veri boss della malavita sfoggiavano sigari lunghissimi o pipe eleganti, ma Swag era pur sempre una divinità, il primo sacerdote scelto, e sapeva bene la connessione con l’alto padre si poteva ottenere solo attraverso erbe naturali e che i prodotti derivati da tabacco erano per soli miscredenti che si affidavano a religioni fasulle.
    Eppure lui non voleva minacciare Kyle, ci mancherebbe, aveva appena scoperto che fosse suo fratello, non voleva farlo fuori subito; quindi, lo trascinò con sé lungo il corridoio, in una semplice lenta passeggiata familiare tra le mura di casa.
    «Tuo padre è Ingvar Kamprad?» alzò lo sguardo verso quello del coreano e lo guardò sinceramente incuriosito «è così che ti ha detto di chiamarsi?» ancora una volta, lo svervegese sembrò glissare la domanda. Non lo faceva nemmeno apposta, era un talento naturale quello di non cogliere assolutamente, nemmeno per sbaglio, il punto di cui si stava parlando «capita! ogni tanto cambia identità, un giorno può chiamarsi Ingvar Kamprad, quello dopo è il barbone ai piedi del marciapiede, e quello dopo ancora il postino che ti consegna l’erba, devi prestare attenzione ai segnali» spiegò con fare molto serio, come se stesse effettivamente dando un'importantissima lezione teorica (Ikea 101 basi e concetti) e continuò a passeggiare tra un corridoio all’altro, passando dalla corsia degli accessori da cucina a quelli per la camera da letto a l’illuminazione da esterno.
    «Guarda, bro.» iniziò allungando un braccio in avanti e allargando il palmo di mano per mostrare la vista davanti a loro «tutto ciò che è illuminato dalle luci di emergenza è il nostro regno. Il regno di un dio è come una lampadina al neon, che funziona e poi si scarica. Un giorno, bro, la lampadina si scaricherà e smetterà di illuminare nostro padre e noi diventeremo i nuovi dei. E tutto questo sarà nostro» annunciò con fare profetico, inequivocabilmente serio e senza alcuna punta di sarcasmo «Tutto ciò che è illuminato dalle luci di emergenza» confermò ancora una volta, non potendo assolutamente trattenersi dal dare un paio di pacche eccitate sul braccio dell’altro.
    Il problema – che non era un problema ma nient’altro che la normalità per il Jättelik – era che lui ascoltava anche con attenzione quello che l’altro aveva da rispondere alle sue osservazioni, ma poi le parole si perdevano nella sua testa, venivano annebbiate dal fumo che gli entrava negli occhi e nel naso, e il significato veniva del tutto ignorato, e poi rovesciato e spazzato via per lasciare spazio ad uno nuovo che rispecchiava le particolarissime convinzioni del telecineta. «mh, mh, non importa quanto tu cercherai di negarlo, bro» chiuse ancora una volta le labbra attorno al filtro della canna «hai un legame speciale ora, non puoi scappare» e per confermare le sue parole proseguì alla benedizione del mago con lo scopino del bagno – nuovo o no che fosse«e lo sancisco così, io Swag Jättelik, primo del mio nome, primogenito del Sommo Padre Ikea, ti benedisco nel nome del Padre, dei figli – di me e di te – e di tutte le scrivanie, come nuovo componente della schiera degli angeli dell’ikea»
    Ma quel rituale di iniziazione non parve fare troppo piacere al suo appena ritrovato fratello, che infatti scagliò il suo scettro (sempre lo scopino del bagno) lontano sul pavimento — e per la prima volta Swag sembrò essere davvero stupito e senza parole, quasi offeso, perché rimase per un attimo immobile senza proferire parola e senza nemmeno strattonarlo – un’impresa che a quel punto era sembrata davvero difficile da raggiungere.
    «L’unica cosa che sento è la voglia metterti al posto di quel banner pubblicitario lassù.» uuuh rude?!? Ma il motivo per cui lo Jättelik si portò le mani davanti la bocca spalancata non era di certo perché le parole scortesi del coreano l’avevano colpito o ferito in modo irreversibile; non era un tipo permaloso, Swag, e soprattutto non credeva che ci fosse una particolare cattiveria nel tono del fratello: era impossibile, ormai erano legati e si amavano, sebbene lui continuasse a negarlo. «brooo» scosse freneticamente la testa «ma che dici. non te le hanno insegnate le basi? Per la crocifissione bisogna aspettare i 33 anni, i tempi non sono ancora maturi, la gente non è pronta» scosse ancora la testa e poi alzò lo sguardo verso il soffitto con un sospiro «perdonalo padre, ha ancora molto da imparare»
    Quello sì che pareva destabilizzarlo: la mancanza di conoscenza di base della religione che lo vedeva protagonista, mica le parole poco gentili dell'altro. A dire il vero, il riccio non fece una piega nemmeno quando Kyle gli strinse la maglia tra le dita, pronto a sbatterlo al muro per malmenarlo, evidentemente; rimase tranquillo, andò avanti con il suo discorso e le sue prediche, che alla fine sembrarono fare centro perché l'Haeil fu chiaramente investito dal potere sacro dell'ikea e si placò, allentando la presa fino a lasciarlo definitivamente.
    Il piano stava funzionando, e Swag si concesse di prendere un altro tiro dalla canna mentre si lisciava il tessuto della maglia con la mano libera. Sarà meglio cercare una via d’uscita, ripeté le parole dell’altro tra sé e sé nella sua testa, ma rise ad alta voce «una via d’uscita? Bro, bro, bro» gli si avvicinò solo un attimo per poggiargli una mano sulla spalla (lo spazio personale, questo sconosciuto) «puoi anche scappare per il momento, puoi fuggire da questo luogo magico, ma non puoi evitare il tuo destino, è già scritto » gli rivolse quelle sagge parole, ma non lo trattenne, sapeva che quelle cose richiedevano del tempo, quindi allungò un braccio per attirare a sé una sediolina di plastica pieghevole, e dopo averla aperta, prese posto proprio su quella e guardò Kyle, infine, allontanarsi verso l’uscita di emergenza.
    Avrebbe potuto chiudere tutte le uscite e tenerlo ancora con sé, ma sarebbe stata una cattiveria, e lui dopotutto era un dio buono, mica era Leroy Merlin.
    «NON PUOI SCAPPARE DAL TUO DESTINO, RICORDALO!» gli urlò mentre l’altro era di spalle «CI RINCONTREREMO, FRATELLO, E VINCEREMO INSIEME!» suonava come una minaccia, ma in realtà era una promessa – va’ che fortuna che hai avuto Kyle.
    Infine, alzò lo sguardo al cielo e mandò un bacio.
    «abbi cura di lui, padre, e donagli la forza di tutte le librerie per accettare il suo destino. Vai in pace, fratello»
    a walking disaster
    the son of all bastards


    SPOILER (click to view)
    chiusa, direi??
    ciao kyle è stato un piacere, ora sei segnato a vita e non ti libererai mai, ci rincontreremo
     
    .
6 replies since 21/10/2022, 23:20   237 views
  Share  
.
Top