are my prophetic visions a joke to you?

@ wicked park | ft. tu? [libera]

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    A Lisi le fiere erano sempre piaciute.
    Non le sagre del signor Paolo (anche se, vi dirò: ci sono buone probabilità che alla parigina piacessero anche quelle) ma le rassegne dove si montavano gli stand, e apparivano carrelli del cibo ovunque, e c'erano i giochi per vincere peluches o pesciolini rossi, e si mangiava zucchero filato e si faceva un giro sulla ruota panoramica insieme alla persona dei sogni – con annesso blocco della giostra mentre la coppietta felice era in cima, per godersi la visita , altrimenti dov'era il *stelline* drama *stelline* – e tutte quelle cose che si vedevano nei film. Non aveva mai nascosto di avere l'animo romantico, o di aver divorato un po' troppe rom com (rigorosamente sul divano, in pigiama, con una confezione di gelato alla crema stretta tra le mani) nel corso della vita, e non si vergognava affatto di avere degli standard ben precisi.
    In mancanza di quelle, però, si accontentava anche dei lunapark: le giostre c'erano, gli stand dei giochi e del cibo anche, c'erano panchine posizionate sotto gli alberi dove sedersi ed osservare la gente che passeggiava o i bambini che correvano euforici, e tutto sommato si respirava la stessa aria festiva e giocosa che viveva alle fiere. Non male come ripiego, pensò tra sé e sé, nonostante il paragone con il Wicked Park del prima non reggesse affatto: era palese, quasi cristallino, che i maghi (e persino qualche coraggioso babbano) che vi si erano recati quel giorno, fossero lì più per convincere se stessi che nulla fosse cambiato, che per godersi davvero le giostre.
    Alcuni genitori conducevano figli vivaci stringendoli per la mano, attenti a non perderli di vista, un sorriso triste nascosto sotto l'espressione più tranquilla che riuscissero a trovare, pur di portare avanti quella farsa il più a lungo possibile. Lo si faceva sempre per i bambini, no? Ma in quel caso anche un po' per loro stessi.
    Lisi poteva quasi comprenderli.
    Non era affatto la prima volta che si recava al parco divertimenti magico, abituata ormai a fare la spola tra Francia e Scozia & dintorni per tenere d'occhio i suoi fratelli – sì, plurale; Lisi sapeva già, ma era rimasta silenziosamente nell'ombra ad osservare quei due imbecilli di Wyatt e Lance rovinarsi la vita a vicenda; né aveva voluto soffermarsi troppo sul fatto che uno di loro fosse il migliore amico di sua mamma, perché c'erano cose che persino l'animo eternamente sognatore e idealista di Lisi non voleva processare – ma non l'aveva mai visto così… così grigio, e triste.
    La guerra aveva spazzato via la gioia anche da quel posto, così come aveva fatto nel resto del mondo, e Lisi non glielo avrebbe mai perdonato.
    Sì, sapeva che ci fossero ben altre priorità e che soffermarsi su quisquilie come un parcogiochi era infantile ma per alcune persone quelle cose erano importanti, ridavano un barlume di serenità a chi non aveva più nulla, erano l'oasi felice di molti, lo svago di cui necessitavano quando il peso della vita si faceva insopportabile. E non era solo un discorso egoista, perché Lisi sapeva di non essere da sola in quella categoria: c'erano tanti che, come lei, trovavano piccole gioie in momenti si svago come quelli.
    Erano gli eterni bambini. Dei Peter Pan moderni che avevano sostituito la polvere di fata con lo zucchero filato, e la lotta ai pirati con il lancio della pluffa per vincere portachiavi orrendi; tutto era relativo, ma ogni male poteva essere curato varcando la soglia di quel posto, o di altri mille simili sparsi nel mondo.
    O, almeno, si poteva mettere in standby la vita anche solo per qualche ora e fingere che i problemi non esistessero e che andasse tutto bene.
    Ogni tanto era esattamente ciò che serviva al fisico e alla mente per ricaricarsi, e per poter poi affrontare tutto il resto.
    Seduta sulla panchina che condivideva, in quel momento, con una coppia di teneri vecchietti, Lisi osservava il dispiegarsi delle vite altrui cercando di creare, nella sua testa, una storia diversa per ciascuna di loro, una motivazione che li avesse spinto a recarsi al Wicked proprio quel giorno, e in quel preciso momento. Era una delle sue attività preferite, ma di solito la svolgeva appollaiata sulla poltroncina che aveva messo nel balcone del monolocale che aveva comprato a Parigi: lì, con Degas acciambellato sulle gambe e un bicchiere di vino in mano, passava le ore ad osservare le persone scorrere avanti e indietro per le vie parigine, cercando di inventare per tutti una storia e una vita che, con tutta probabilità, non c'entravano assolutamente nulla con quelle che vivevano realmente. A volte si domandava se a quei perfetti estranei non sarebbe piaciuto, piuttosto, fare a scambio e firmare per poter vivere la vita che Lisi aveva immaginato per loro; forse sì, forse no — non a tutti piacevano le storie a lieto fine. Hayden glielo diceva sempre che fosse un'inguaribile romantica e una sognatrice con l'immaginazione troppo fervida. Ma lei si piaceva così, intangibile e utopista. A tratti illusa, certo, ma sempre fiduciosa.
    E lo stesso stava facendo quel giorno, al parco. Morgana la Fata solo sapeva quanto tutti loro avessero bisogno dei suoi lieti fine, in quel periodo; delle sue trame romantiche e rocambolesche, spiritose e divertenti, ottimiste e leggere. Sapeva di non poterle davvero sostituire alla realtà, ma era comunque bello sognare di poterci provare.
    In quel preciso momento, osservava con attenzione lo stand spartano di un veggente, tal Ivan, – una simpatica scimmia che leggenda narrava avesse rischiato di essere rapita un paio di anni prima – dall'aria stanca e fortemente provata: gli faceva quasi pena, quella mascherina sfruttata per le sue doti precognitive, al punto da spingere la francese ad avvicinarsi al banchetto e chiedere alla donna che lo accompagnava se avessero per caso bisogno di qualcosa.
    Ciò che intendeva Lisi: una bottiglia d'acqua, un caffè, magari un dolcino per fare scorpacciata di zuccheri.
    Ciò che disse la donna: «oh, magari, sì grazie! stai qui qualche minuto, torniamo subito.» e prima che Lisi potesse ribattere (o anche solo capire cosa fosse appena successo) la donna, vestita come una zingara uscita direttamente dal cartone di Notre Dame, prese in braccio la scimmia e se la diede a gambe levate, lasciando la Selwyn spiazzata e confusa.
    Cosa si aspettavano che facesse, di preciso? Offrire letture a completi sconosciuti? Ok si che aveva la Vista (o un accenno di essa, una presunta tale che non aveva mai imparato a sfruttare nella vita, una qualità a quanto pareva ereditata dal papino) ma da lì a definirsi una veggente ce ne passava.
    Eppure la gente in attesa era tanta, la fila di persone spazientite per l'interruzione sembrava agitarsi sempre più, e Lisi, da sempre affetta da sindrome del pacificatore, decise di assolvere anche quel compito come se fosse una cosa perfettamente normale.
    Rivolse un sorriso radioso ai clienti, afferrò un pezzo di stoffa trovato lì intorno e lo legò a mo' di bandana sui capelli biondi. Poi prese posto laddove fino a pochi minuti prima era seduto Ivan, la scimmia veggente.
    «mi scuso per l'interruzione, ma Ivan ha avuto un contrattempo.» sorrise, a proprio agio come se non stesse improvvisando del tutto, «io sono la sua collega, Lady–» uh, okay — era anche, unironically, uno dei suoi film preferiti «Hawke» nome preso in prestito dal cartellone pubblicitario a qualche metro di distanza. «chi è il prossimo? fatevi avanti, non abbiate paura, coraggio.» indicó con una mano la sedia libera di fronte a sé, e nel frattempo escogitando un piano su come convincere gli ignari clienti che fosse davvero in grado di fornire letture (più o meno) accurate sul loro futuro: doveva leggergli la mano? I tarocchi? La mente? Ugh, quell'ultima sarebbe stata un pelino complicata da pullare… ma era certa che, al momento opportuno, si sarebbe illuminata con un'idea geniale.
    O così sperava.
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    Wicked Park
    A si ritrova a dover sostituire un veggente (Ivan la scimmia) nella tenda delle predizioni. B è il suo primo cliente.
     
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    «mi scuso per l'interruzione, ma Ivan ha avuto un contrattempo.» cavolo, non sarebbe mai riuscito a farsi predire il futuro da Ivan? Era shockbasito e un po' avvilito, era andato lì anche per quello. La sua fama lo precedeva. «io sono la sua collega, lady hawke» uh- beh, supponeva che in fondo fosse la stessa cosa, no? Dai, non gli fregava niente di chi fosse a leggergli il futuro, l'importante era che fosse bellissimo e splendente come lo era lui. Se lo meritava !! «chi è il prossimo? fatevi avanti, non abbiate paura, coraggio.» pft, paura. Aveva davvero vissuto di peggio che una seduta da una veggente, cosa sarebbe potuto andare storto? «paura? chi ha paura. aspettavo questo momento DA TUTTA LA MIA VITA.» non gli interessava affatto di mostrarsi fin troppo emozionato. Certo, c'erano possibilità che il suo futuro fosse un disastro ma voleva davvero pensarci? No. ci avrebbe pensato se e solo se, la sentenza fosse stata il suo inferno personale. Era troppo fiducioso per farsi avvilire. «finalmente direi. ciao, sono yejun mun ma questo tu devi già saperlo vero? ma lo sai che da noi sono le zingare a fare le veggenti?» disse presentandosi e porgendo la mano. Non era molto pratico se fosse il modo giusto di presentarsi ma comunque erano buone maniere !! «l'ho sempre detto a ma' che volevo farmi leggere il futuro» però insomma... il tempo, l'occasione, la guerra, la vita. C'erano state davvero troppe variabili che si erano messe in mezzo e poi a una certa se n'era solamente dimenticato. A volte succedeva. «però non so come funziona il tutto oddio... devo... dire qualcosa? porti domande? ti devo chiamare veggente? oracolo? portatrice del fato...? scusa» ridacchiò ora un po' nervoso «non l'ho mai fatto» ci pensò un attimo su dopo aver distolto lo sguardo dalla ragazza «cioè... questa cosa. la mia situazione sessuale va a gonfie vele»
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    Lisi Selwyn non si mai infilata in situazioni scomode, o troppo più grandi di lei, dalle quali non fosse capace di uscire, perché in dono da madre natura aveva ricevuto, oltre la bellezza di mamma, il dono dell’improvvisazione di papà. E quello dello spirito di adattamento di entrambi. Era sveglia, veloce a pensare, e con una fantasia davvero senza fondo: trovare il modo, o la scusa, per portare a suo favore una situazione iniziata scomoda, le veniva quasi naturale.
    Perciò non batté ciglio quando si ritrovò a dover pensare velocemente ad un modo per sostituire Ivan la Scimmia Veggente che fosse plausibile, e magari anche convincente abbastanza da farsi una nomea: le sarebbe piaciuto, pensò distrattamente circa tre secondi dopo aver messo il sedere sulla sedia di Ivan, tornare ancora al Wicked e presenziare come Lady Hawke, la sensitiva. Si vedeva già nella parte!
    E, per dimostrare – a se stessa, in primis – che ne fosse in grado, rivolse un sorriso smagliante al ragazzo che prese posto sulla sedia libera di fronte a lei, unendo entrambe le mani sulla tovaglia viola e attendendo che l’altro si mettesse a proprio agio.
    A giudicare dalla parlantina, lo era già.
    Perfetto!
    Le persone spigliate e chiacchierone, di solito, erano quelle più facili con cui inventare bugie perché davano loro stessi gli appigli a cui aggrapparsi in una conversazione; al contrario, persone più silenziose e introverse bisognava convincerle in maniera più subdola e fine.
    A quanto pareva quel giorno Lisi era stata graziata dagli astri.
    Il sorriso che rivolse al ragazzo avrebbe potuto illuminare tutta New York, per quanto abbagliante.
    «paura? chi ha paura. aspettavo questo momento DA TUTTA LA MIA VITA.»
    «ed eccoti qui!» esclamò, allargando le braccia per indicare il banchetto e… beh, loro; la fila aveva perso un po’ di numeri quando si era capito che Ivan non fosse più disponibile, e il resto del parco non stava prestando poi molta attenzione a loro, ma Lisi era felice che almeno una singola persona avesse scelto di sedersi davvero, e darle un’occasione. Ora che stava impersonando Lady Hawke, e si accingeva a leggere il futuro di qualcuno, non poteva credere di non averlo mai fatto prima. «il momento è giunto.»
    «finalmente direi. ciao, sono yejun mun ma questo tu devi già saperlo vero? ma lo sai che da noi sono le zingare a fare le veggenti?»
    Ok, il ragazzo parlava davvero tanto. A Lisi piaceva già. «piacere, yejun,» allungò una mano per prendere quella del ragazzo — non per stringerla in gesto di presentazione, ma per iniziare a studiarla. Da adolescente aveva avuto anche lei la sua fase “impariamo a leggere la mano”, ma a distanza di anni ricordava solo poche cose, tipo che la linea della vita era quella che partiva dal polso e andava a finire nello spazio tra pollice e indice.
    Forse.
    Gesticolò con le dita per invitarlo a prestarle la mano cosicché potesse studiarla, e una volta presa la rigirò tra le sue, fingendo di sapere ciò che stava facendo, quando in realtà stava solo prendendo tempo e lasciando che le chiacchiere del ragazzo la accompagnassero.
    «so un sacco di cose, in effetti» non c’era bisogno di aggiungere “non necessariamente riguardo te”, sembrava una cosa superflua (e fuori luogo.) da dire in quel caso, e poi rimanere sul vago era una prerogativa delle cartomanti, no?
    «l'ho sempre detto a ma' che volevo farmi leggere il futuro»
    Il sorriso di Lisi si ammorbidì, a quella confessione, e restituì la mano a Yejun.
    Negli anni – vuoi per indole o vuoi per necessità, in quanto ribelle – aveva imparato a leggere molto bene le altre persone, e da quel commento quasi casuale di Yejun trasse la sua personale conclusione: era un ragazzo fortemente legato alla famiglia, magari persino un fratello maggiore, e chiaramente (il ricordo di?) sua mamma era una figura importante nella sua vita. Era stata?
    Tornò ad unire le mani, affidando il peso allo schienale in legno, e studiando il viso simpatico e solare del ragazzo. «però non so come funziona il tutto oddio... devo... dire qualcosa? porti domande? ti devo chiamare veggente? oracolo? portatrice del fato...? scusa» Cercare una fessura in quel fiume di parole, dove potersi insinuare, sembrava uno spreco di energie: meglio lasciarlo fare e intanto capire come procedere. Tarocchi, magari? Chissà se Ivan ne aveva un mazzo, da qualche parte. «non l'ho mai fatto» Annuì, distratta, cercando con lo sguardo qualcosa che potesse assomigliare ad un mazzo di tarocchi, e commentando fra sé e sé con un nemmeno io che la fece sorridere.
    Espressione che l’altro dovette fraintendere per qualcosa di diverso, perché lo sentì subito chiarire: «cioè... questa cosa. la mia situazione sessuale va a gonfie vele»
    A quel punto, Lisi rise davvero: primo, perché aveva trovato i tarocchi; secondo, perché Yejun le piaceva davvero tanto.
    Divertente come proprio quel commento sembrò sancire la fine del monologo, e allora la strega ne approfittò per iniziare il suo.
    «ci credo bisbigliò come prima cosa, facendo un occhiolino a Yejun, «ricorda che non è a me che devi dirlo, la linea delle relazioni parla chiaro» o era quella dei soldi? Chissà, nel dubbio era abbastanza sicura che Yejun non avesse idea di cosa stava parlando, perciò era salva; indicò comunque con un indice la mano del ragazzo, come per fargli intuire che l’avesse letto lì. «scommetto che lei è una ragazza interessante, e sa come tenerti in riga» sentì di dover aggiungere, senza sapersi spiegare il perché.
    «e… “il tutto”,» usò le sue stesse parole, «funziona nella maniera che preferisci. quello che hai detto è tutto buono e valido, scegli tu. se hai una domanda per loro,» agitò il mazzo di tarocchi che nel frattempo aveva iniziato a mescolare, «saranno ben lieti di darti la risposta. altrimenti possiamo fare una lettura più classica, passato presente e futuro. oppure l’alternativa, amore carriera e salute.» bastava scegliere una qualunque tripletta, e funzionava comunque — anche kiss marry kill. «e puoi chiamarmi semplicemente Hawke, se ti fa sentire più a tuo agio.»
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2 replies since 9/9/2023, 00:26   162 views
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