do you catch your breath when I look at you? are you holding back, like the way I do?

ft. Paris | prom 23

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +3    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Bolla
    Posts
    82
    Spolliciometro
    +169

    Status
    Offline
    reginald o'malley
    theo kayne
    sold my soul to the devil for a pack of lights && a night spent in jail;
    I can keep as a memento X's on my hand && a hospital bracelet.
    No one gets to say I never went for it
    Alla fine, se doveva essere sincero con se stesso, Theo era costretto ad ammettere che non era valsa la pena fare tutta quella fatica per partecipare al Prom; una festa noiosa, poco attiva, di cui salvava solo, e solamente a tratti, la musica.
    Ma dopotutto, cosa si erano aspettati?
    Organizzare un ballo per concludere quel particolare anno scolastico era stata esattamente la trovata stupida che tutti si erano immaginati: nessuno aveva voglia di fare festa, di celebrare e di ballare, o anche semplicemente di essere lì.
    Comprensibile, infondo.
    A metà serata, Theo era già pronto ad andarsene e raggiungere Mini, dimostrare di essere stato all'altezza della scommessa e di aver portato a termine la missione — si era imbucato, si era fatto due o tre giri dei cortili salutando quello o quell'altro studente nascosto dietro il sorriso da scemo di Reginald O'Malley, e non si era fatto beccare. Era anche discretamente sbronzo, per gentil concessione dell'alcol nascosto nella tuta-pigiama; meno di quanto avrebbe voluto e più di quanto avrebbe dovuto con tutti quei professori e assistenti in giro per il ballo a controllare che tutto procedesse per il meglio. Non era un vero problema per lui, mai lo era stato e dubitava fortemente lo sarebbe diventato in quel preciso momento, e se doveva essere del tutto onesto, il brivido al pensiero di rischiare di essere scoperto lo aveva emozionato più del ballo stesso; certo, si era destreggiato qua e là con le attività, raccontando una o due storie nell'angolo apposito, facendo domande stupide alla palla al centro della sala, sfidando qualcuno ad una partita di carte o di scacchi (tutte perse), ma solo perché gli servivano come scatti per testimoniare la sua presenza alla Russa Infame che, senza prove visive, non ci avrebbe mai creduto.
    Però, alla fine, poggiato contro una colonna del porticato, sentiva solo di aver sprecato un'intera serata; avrebbe potuto utilizzare quelle ore per divertirsi insieme a Sinéad, per nuotare nel Lago Nero o per correre nudi in giro per la foresta, per intrufolarsi nell'ufficio di qualche prof e cambiare i voti delle pergamene o per sgraffignare cibo nelle cucine — e invece no. Era al ballo, da solo, e per di più con le sembianze di in coglione palliduccio e dal viso ebete, non c'era nemmeno la soddisfazione di guardare qualcuno negli occhi e lanciare uno sguardo che dicesse sì, hai visto bene, sono proprio io, Theo Kayne: non dovrei essere qui e invece ta-da!
    Di tutte le cose stupide fatte in quegli ultimi quattro anni, partecipare di nascosto al prom era stata di sicuro la meno emozionante. Buh-uh.
    Con un colpo di reni si staccò dalla colonna, riservando al cortile un'ultimo sguardo di delusione: poco ma sicuro, quella era la prima e ultima volta che metteva piede al ballo scolastico. Era proprio giunta l'ora di ricongiungersi con la sua satanica metà e rendere ciò che rimaneva di quell'ultimo giorno al castello memorabile; anche perché constatò, rovesciando la fiaschetta di metallo – intarsiata con delle iniziali che non appartenevano al giovane grifondoro, così come non gli apparteneva nemmeno la fiaschetta stessa –, che non gli rimaneva più nemmeno una goccia di polisucco: presto o tardi l'effetto della pozione sarebbe svanito e Theo sarebbe tornato ad essere se stesso.
    Grazie al cielo, non vedeva l'ora.
    Aggirò silenziosamente un gruppo del sesto anno che stava ballando (o forse era più giusto dire che fosse in presa ad un isterismo di massa, a giudicare dal modo in cui si agitavano sulle note della canzone) e attraversò verso il cortile interno, passando accanto ai fortini di cuscini e coperte che erano stati letteralmente presi d'assalto: che mood, anche pandi voleva dormire. Theo, invece, si limitò a gettare un occhio ad ogni roccaforte di piume e cotone, sbuffando nel sentire risatine e commenti tristi alternarsi gli uni con gli altri: erano tutti dannatamente pazzi, lì dentro. Per dispetto, diede un leggero calcio a delle ciabatte abbandonate fuori da una tenda, e le osservò rotolare per qualche metro fino ad incastrarai tra i piedi di una studentesse che, poco lontana, ballava insieme ai suoi amici; la poverina cadde a terra, e Theo scoppiò a ridere, fermandosi solo un attimo per godersi la scena, prima di incamminarsi di nuovo.
    A pochi passi dall'apertura nel porticato che lo avrebbe condotto in uno dei corridoi, e che avrebbe segnato la fine a quella tristezza assoluta, però, Theo fu costretto (sì, costretto) a fermarsi nuovamente. Ma chi aveva permesso che la gente si presentasse al ballo in mutande? Nessuno aveva controllato gli outfit, all'ingresso? Cose da folli.
    Perché non c'era verso che quei pantaloncini giro-chiappa fossero legali o consoni per un ballo scolastico; al diavolo, non erano nemmeno un pigiama! Theo non stava affatto fissando le chiappe di nessuno, sia ben chiaro, ma la scritta sugli shorts rosa, intellegibile per uno come lui, lo aveva catturato e ora riuscire a decifrarla era più una questione di principio che una vera necessità. Se solo fosse stato meno concentrato su quello, e avesse alzato lo sguardo per continuare a percorrere la figura di spalle fino a notare a chi fossero attaccate quelle due gambe magroline e pallide (e corte, prrrrrr), probabilmente non si sarebbe arrischiato a farsi beccare mentre (non) fissava il culo di Paris Titpon solo per leggere la stupida frase sulle mutande, aspetto mascherato dalla polisucco o meno.
    E invece.
    Quando finalmente staccò lo sguardo, solo per prendere una pausa (era riuscito a leggere solo parte della frase, fino a quel momento), fece l'errore di posare gli occhi chiari di O'Malley sul viso del corvonero e un'imprecazione appena sussurrata lasciò le sue labbra; era ancora in tempo per fare dietrofront, mischiarsi nella folla e scivolare via in uno dei corridoi vuoti del castello, no?
    Quella serata non poteva mica peggiorare, vero? Era impossibile.
    Ma, di nuovo: e invece.
    Ho molto sonno, elisa, andiamo a dormire.
    gryffindor
    iv | goalie sub
    party crasher
    tell me I'm alive
    all time low
     
    .
  2.     +3    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Ravenclaw
    Posts
    112
    Spolliciometro
    +196

    Status
    Anonymous
    paris bentley tipton
    andrea linguini
    diamond life, lover boy we move in space with
    minimum waste and maximum joy city lights and business nights
    when you require streetcar desire for higher heights
    Per un qualche assurdo motivo, Paris si aspettava una replica del Ballo della Ceppa. Nel senso di trovare del punch drogato e finire per perdere la sua dignità davanti a mezza scuola. Di certo non lo si poteva biasimare per avere del PTSD, era una reazione del tutto normale. Quella volta era stato più furbo e aveva evitato di toccare qualsiasi cosa vi fosse sui tavoli imbanditi di cibo e bevande, affidandosi alla sua fedele fiaschetta che aveva contribuito a renderlo allegramente brillo. Si era lasciato trascinare a ballare dai Ben e da Lux, perso nella musica che Balt aveva messo (sotto minaccia) e nel calore della folla. Per essere uno stupido prom, si era divertito. E tanto aveva dovuto ammettere ad alta voce ai ben che avevano fatto parte del comitato, perché era un amico splendido e supportive. E perché non poteva sopportare il broncio che gli avrebbe messo Ben in caso contrario. Ora che l’adrenalina era scemata e la stanchezza si faceva sentire nelle ossa, Paris era molto vicino dal cercare la prima superficie disponibile per sdraiarsi e chiudere gli occhi– magari non i fortini che erano stati presi d’assalto, non era mai stato un fan dei ménage à trois. Sapete, era un ragazzo timido e riservato, non era come se avesse le chiappe al vento e il crop top striminzito coprisse ben poco. La cosa buona era che l’alcol gli teneva compagnia e lo avvolgeva come l’abbraccio di un amante, per cui ormai la brezza estiva non lo disturbava come aveva fatto all’inizio della serata. Non aveva idea di che ore fossero o di dove si fossero imboscati i Ben e la sua accompagnatrice, e a quel punto aveva smesso di farsi domande. Aveva le sue teorie su Ictus ed Erisha ma preferiva evitare di soffermarcisi per evitare di bloccarsi la crescita, ed era abbastanza sicuro che Mona e Ben fossero a fare la loro lesbian thing da qualche parte. Cristo, se persino Ictus era riuscito a pucciare il biscotto, Paris non poteva essere da meno. Andava contro le leggi dell’universo, come se da un giorno all’altro il cielo e la terra si fossero capovolti– impensabile, capito? Dall’altra parte, il prom stava volgendo al termine e andare a cercare compagnia per la serata sarebbe stato da disperati. Avrebbe potuto farlo prima, certo, ma era stato distratto da altro. Ed eccome come era finito poggiato a una delle colonne del porticato, capo volto all’insù a scrutare il cielo notturno. L’inquinamento luminoso del castello non era eccessivo, quasi sembrava di stare a Penne, quindi non era difficile perdersi tra la miriade di stelle che popolavano il cielo. La serata poteva essere finita in maniera diversa da quello che pensava, ma in fondo la compagnia del firmamento non era male, in un certo senso lo confortava: c’era della familiarità, un pattern conosciuto e che avrebbe saputo trovato ovunque fosse. Mille storie legate a quelle costellazioni da raccontare, e che negli anni Paris aveva imparato ad apprezzare– era un nerd, era nella job description che fosse anche appassionato di astronomia. Avrebbe continuato a trastullarsi nella sua solitudine, se solo non avesse avuto la sensazione di avere degli occhi puntati su di sé. Voltò pigro il capo per sbirciare oltre la spalla, le ciglia bionde a sfiorare appena le guance quando socchiuse gli occhi in direzione di O’Riley. O come si chiamava. Non aveva un grande rapporto con la mascotte grifondoro, se non una grande pena: doveva essere deprimente dover tifare per una squadra scarsa come la loro. L’unica nota positiva era Julian Bolton, anche se quel rispetto se l’era guadagnato in classe piuttosto che sul campo. L’angolo delle labbra si alzò leggermente quando si accorse della direzione dello sguardo del ragazzo, più derogatory che altro– un classico, così tonto da non riuscire ad essere nemmeno discreto nello spizzarlo. Proprio un grifondoro. Sorriso di scherno che si allargò quando le iridi chiare del cheerleader incontrarono sorprese le sue «hai finito di farmi la radiografia?» si sentiva un po’ objectified ma in fondo non gli dispiaceva, o non sarebbe andato in giro con le chiappe di fuori. «lo fai spesso? dico stare nascosto nella penombra e fissare il culo alla gente» ed era chiaro dal tono di voce che lo stesse prendendo in giro, anche se il Tipton si stava genuinamente ponendo quella domanda. «o forse voi grifondoro non sapete leggere, non saresti il primo» si stava riferendo a gente come Lee e Hiraga, chiaramente, l’aveva potuto constatare in prima persona. Non si accennò a muoversi verso il grifondoro, contento di stare al suo posto a braccia conserte. Doveva ancora capire cosa volesse, forse l’aveva scambiato per la Caritas.
    ravenclaw
    v year
    goalkeeper
    smooth operator
    sade
     
    .
  3.     +3    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Bolla
    Posts
    82
    Spolliciometro
    +169

    Status
    Offline
    reginald o'malley
    theo kayne
    sold my soul to the devil for a pack of lights && a night spent in jail;
    I can keep as a memento X's on my hand && a hospital bracelet.
    No one gets to say I never went for it
    Ho già detto che Theo fosse discretamente sbronzo quella sera, vero?
    Bene, ricordatelo anche in futuro, perché il grifondoro avrebbe incolpato proprio a quello stato alterato tutto quello che sarebbe successo da quel momento in avanti; e no, non doveva nemmeno saper prevedere il futuro per sapere che sarebbe stato terribile.
    Una tragedia, una disgrazia.
    La conclusione peggiore possibile ad una serata già di per sé non eccezionale.
    E se non aveva bisogno di leggere i fondi del tè o la sfera di cristallo era perché lo sapeva che quando c’entrava il Tipton – mischiato, certo, anche alla sua sfavillante personalità; ma quello Theo non l’avrebbe mai ammesso, era troppo orgoglioso per considerarsi parte del problema –, non ne usciva mai nulla di buono. Era diventata ormai una (spiacevole, ew) abitudine per loro incontrarsi e rovinarsi l’esistenza. Sembrava quasi che, per quanto ci provassero entrambi a stare lontano l’uno dall’altro, il fottuto destino avesse altri programmi.
    (O magari non ci provavano abbastanza; magari non ci provavano affatto.)
    «hai finito di farmi la radiografia?»
    Che gran pallone gonfiato, così sicuro di sé da aver TOTALMENTE frainteso cosa stava succedendo. Eppure Theo, anziché informarlo su quanto male avesse letto la situazione, si lasciò sfuggire un verso di scherno misto a risata, e gli rivolse il miglior sorriso da schiaffi di Reggie.
    Ricordate sempre che era: dignitosamente sbronzo. No, discretamente; di dignitoso Theo Kayne non aveva più nulla, ormai.
    «ammettilo, ti piacerebbe fosse così.»
    Non aveva idea da dove uscisse quel commento, di certo non era qualcosa che avrebbe mai pensato di dire, ma forse, incoraggiato dall’aspetto mascherato e dall’alcol che bruciava nelle vene, si era sentito al sicuro; protetto, come se gli fosse concesso, almeno per una volta, di rispondere a tono alle provocazioni di Paris. Una volta andato via da lì, l’altro non avrebbe mai neppure saputo che ci fosse lui dietro l’aspetto di Reginald.
    Valutò se avvicinarsi al corvonero o rimanere al sicuro, ad una distanza che gli permetteva ancora, in caso di necessità, di allontanarsi con discrezione e mettere quanto più castello possibile tra lui e il Tipton; doveva resistere ancora una manciata di minuti, il tempo di quella conversazione, e poi per due mesi interi non avrebbe più rivisto il viso stupido dell’altro, né si sarebbe spieccato nello sguardo scocciante, né ne avrebbe sentito la voce fastidiosa, o sentito i passi molesti avvicinarsi.
    Pochi minuti; ce la poteva fare.
    «lo fai spesso? dico stare nascosto nella penombra e fissare il culo alla gente»
    Un altro «mpft» sfuggì dalle labbra di Theo-Reggie, le braccia incrociate al petto e il peso a shiftare da una gamba all’altra. «non sono mica un pervertito» e se c’era un pizzico di risentimento nella voce di Reg, a quell’accusa, lo lasceremo non detto; dopotutto colpiva ancora un po’ troppo vicino, quel particolare discorso, ma finché era Reginald ad affrontarlo – un Reginald ubriaco, ricordiamolo – e non un Theo più sobrio e assolutamente conscio di sé, andava tutto bene.
    «o forse voi grifondoro non sapete leggere, non saresti il primo»
    «conosci molti grifondoro» punto: l’idea che Paris potesse conoscerne altri oltre a lui era stranamente insopportabile in quel momento, per Theo «che non sanno leggere?» roteo gli occhi verdi di Reggie verso il cielo, a quella precisazione; era davvero uno stronzo, quel Tipton. E allora perché stava perdendo tempo a parlare con lui? «o è uno stereotipo dei tuoi, sai, come il corvonero intelligente e il serpeverde ambizioso» davvero perspicace, Paris, complimenti.
    E mi raccomando, ricordatelo: discretamente. sbronzo.
    (Anche se forse a questo punto dovrei smetterla di prendere in giro tutti e ammettere che Theo fosse schifosamente lercio, ma abbastanza in sé da rendersi conto che si sarebbe pentito di tutto quello il mattino successivo.)
    «sai che sappiamo fare anche altro, vero? tipo giocare a quidditch» avevano vinto una coppa, negli ultimi anni, pandi ne è quasi certa — ma forse si sta sbagliando, chissà. «e organizziamo le migliori feste!» non che Theo partecipasse a molte, ovviamente, le preferiva sul lato illegale e con meno teste di minchia tra i partecipanti. «la vostra idea di noi è davvero riduttiva, Tipton.» quel nome a scivolare sulle labbra ancora prima che potesse fermarlo, morbido e familiare, nascondeva tante cose non dette di cui Theo non riusciva nemmeno a rendersi conto in quel momento.
    E poi gli sorrise, il sorriso caloroso e sincero di Reggie, il sorriso ebete ed estroverso — era già stanco di fare la persona civile, ma era anche divertente, per qualche secondo, calarsi nella parte e, semplicemente, stare al gioco.
    «quindi–» sciolse le braccia e mosse un (1) singolo passo verso il ben10, «posso finire di leggere?» così, chiedo per un amico. Aveva anche poco tempo per farlo, prima che l'effetto della polisucco iniziasse a svanire.
    gryffindor
    iv | goalie sub
    party crasher
    tell me I'm alive
    all time low
     
    .
  4.     +3    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Ravenclaw
    Posts
    112
    Spolliciometro
    +196

    Status
    Anonymous
    paris bentley tipton
    andrea linguini
    diamond life, lover boy we move in space with
    minimum waste and maximum joy city lights and business nights
    when you require streetcar desire for higher heights
    Giusto per ricordarlo alle masse, Paris aveva bevuto. Non un quantitativo esagerato, ma abbastanza sostanziale da renderlo più fluido nei movimenti e nei pensieri. Quella che da sobrio sarebbe sembrata una terribile idea, improvvisamente perdeva tutte le sfumature rosse che avrebbero dovuto tenerlo lontano. Basti prendere come esempio la situazione corrente, qualcosa in cui non vi si sarebbe mai immischiato se avesse avuto più padronanza di se stesso. Ma la colonna era così comoda, e Paris non poteva che appoggiare la testa e lasciarsi reggere in piedi dalla pietra. Quello, l’unico motivo per cui ancora si ostinava a rimanere lì. Assottigliò le palpebre, qualcosa a disturbarlo nel ghigno nella mascotte. Qualcosa di familiare e che stonava sul volto del grifondoro, come se non appartenesse a quei lineamenti. «ammettilo, ti piacerebbe fosse così.» ora, gli sarebbe piaciuto capire da dove provenisse quel tono eccessivamente sfacciato, come se fossero più di una conoscenza incrociata nei corridoi. «Vedo che qualcuno si sta sopravvalutando» a Paris prudevano già le mani, la malsana idea di avvicinarsi a Reginald per sostituire quel sorrisetto da schiaffi con il sangue a diventare sempre più allettante. Dov’erano i Ben quando gli servivano? Ficus a trattenerlo? Paris batté lento le ciglia, le labbra ad incresparsi in confusione. Fece tamburellare le dita sulle braccia incrociate, lasciando passare qualche battito prima di dare voce ai suoi dubbi «scusa….ma chi sei?» innocente, nella sua confusione, se non fosse stato per l'accenno di canini dietro le labbra e il modo in cui gli occhi passarono sprezzanti sulla sua forma. Davvero, ma chi sei. Paris accettava quel genere di confidenza da ben poche persone, ed era meglio per Reginald che lo capisse presto. «non sono mica un pervertito» disse, colui che era stato sorpreso a fissare il culo di un’altra persona. Ma no, ma che pervertito. Non lo degnò di una risposta, se non per un sopracciglio alzato nella sua direzione. Chissà se ci sarebbe arrivato da solo, che stava sparando cazzate. «conosci molti grifondoro» piegò il capo, Paris, scrutandolo con qualcosa che poteva essere descritto come curiosità e confusione. La mascotte sembrava quasi…delusa? Gelosa? Certo che conosceva molti grifondoro, la scuola ne era infestata, anche se personalmente ne avrebbe fatto a meno. «che non sanno leggere?» quella domanda non poté che strappare una risata al corvonero, quella conversazione stava diventando sempre più ridicola. In primis, perché non aveva idea di dove volesse andare a parare. «qualcuno più intimamente di altri» si premurò di calcare una parola più di altre, se non altro perché almeno qualche altro concasato aveva avuto la grandissima, enorme fortuna di catturare il suo occhio. Reginald O’Malley non poteva dire lo stesso. «o è uno stereotipo dei tuoi, sai, come il corvonero intelligente e il serpeverde ambizioso» gli- gli sembrava di sentire parlare un certo grifondoro. Avevano avuto quella discussione più di una volta, e puntualmente il Kayne ripiegava sempre sulla stessa tesi. Banale, prevedibile, familiare. Lo lasciò parlare, nuovamente intrigato dalle parole che uscivano dalla bocca di O’Malley. Ma non era quello l’unico dettaglio a portarlo a prestare maggiore attenzione alla mascotte, non quando qualcosa cominciò a mutare nell’aspetto dell’altro. Piccoli dettagli, davvero. Era la fossetta sulla guancia quando le labbra si piegavano un po’ troppo, o il modo in cui i capelli parevano essersi allungati e diventati indomabili. «sai che sappiamo fare anche altro, vero? tipo giocare a quidditch e organizziamo le migliori feste! la vostra idea di noi è davvero riduttiva, Tipton» scosse il capo tra sé, Paris, sull’orlo di una risata isterica. Oh cristo, oh santo don bosco. Si spiegavano così tante cose, dalla strana familiarità che la mascotte sembrava avere con lui o dalla facilità con cui avesse iniziato ad attaccare briga. Se prima aveva i suoi sospetti, bastò quel Tipton a scivolare morbido dalle labbra del grifondoro per donargli nuova sicurezza. Per il momento, Paris preferì non soffermarsi sul fatto che avesse sorpreso Theo Kanye a fissargli il culo. Unprompted. «non lo so, mi pare di ricordare che noi corvonero vi abbiamo battuto l’ultima volta» si dimenticò il resto della frase, che era sicuro dovesse essere ancora più derogatory, quando quel maledetto traditore del Kanye osò sorridergli. Sorridergli! Capito? Terribile, sconsigliato, blocked. Non pensava di essere mai stato l’oggetto di tale sorriso, non di scherno e gocciolante veleno, ma un sorriso caldo. Sincero.
    Ma cristo santo ma ti riprendi brutto deficiente.
    Si.
    Ok.
    Ora si riprendeva.
    Ma quanto aveva bevuto aiuto.
    Gli avevano messo la droga nella fiaschetta mentre non guardava?
    «quindi–» deglutì, il Tipton, al vedere Theo (che poi, era davvero Theo?) avvicinarsi. Stava già rimpiangendo di non essere fuggito. «posso finire di leggere?» per un breve, ma intenso momento Paris si dimenticò di cosa stessero parlando. Ora che il grifondoro si era avvicinato, la luce della lanterna sopra di loro rischiarava il suo volto, rivelando qualche randomica lentiggine che prima di quel momento non aveva notato. Chissà se l’universo stava cospirando contro di lui. Ci volle qualche attimo prima che ritornasse online, e la sicurezza a cui si era aggrappato fino a quel momento vacillò. Non poteva essere davvero Theo. Perché avrebbe dovuto sprecare il suo tempo lì con lui? Al Kayne, Paris non piaceva e viceversa. Paris, che era un corvonero, aveva un metodo foolproof per verificare se quello davanti a lui fosse Theo Kayne o meno. Per esempio, il portiere che conosceva lui non avrebbe mai sopportato la sua vicinanza. A meno che non fosse per tirargli una testata nei denti. Il Tipton sciolse le braccia e con un colpo di anche si staccò dalla colonna, decise di muovere un passo verso il ragazzo, e poi un altro ancora. A quel punto, non c’era molto a separarli. Dovette abbassare gli occhi per poter incontrare lo sguardo di O’Malley, una sfida a raccogliersi nelle iridi nocciola di Paris. «so che alcuni grifondoro hanno dei problemi a leggere» allungò una mano per stringerla attorno al fianco della mascotte e avvicinarlo a sé, un ghigno a dipingersi sulle labbra «ma so essere un ottimo insegnante» ma avrebbe già dovuto saperlo, no? E ora vi pregherei di non leggere la seguente parte perché fa parte della Paris Cringe Compilation. «come mi vuoi, piegato?» ovviamente, si intendeva per leggere meglio «o sei qualcuno che ha bisogno di un approccio pratico?» avvolse una mano attorno al polso della mascotte per portarla sul proprio sedere, dove poteva sentire meglio la scritta sui suoi shorts. Ora, se la tua teoria era corretta, avrebbe ricevuto una testata tra:
    tre-
    due-
    uno-
    ravenclaw
    v year
    goalkeeper
    smooth operator
    sade
     
    .
  5.     +4    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Bolla
    Posts
    82
    Spolliciometro
    +169

    Status
    Offline
    reginald o'malley
    theo kayne
    sold my soul to the devil for a pack of lights && a night spent in jail;
    I can keep as a memento X's on my hand && a hospital bracelet.
    No one gets to say I never went for it
    Quel «scusa….ma chi sei?» (niente affatto) innocente, con tanto di accenno di sorriso, non avrebbe dovuto suscitare in Theo cose, ma era andato ben oltre il limite della razionalità e del contegno, per quella (vita) sera, perciò lasciò che l'idea che Paris non conoscesse davvero O'Malley rilassasse i muscoli e il sorriso a piegare le labbra sottili della mascotte, ingenuamente felice di essere l'unico grifondoro [derogatory] che Paris Tipton, quantomeno, non fingeva di non conoscere.
    Non gli rispose, e non era abbastanza sveglio per capire che non ce ne fosse bisogno: il suo atteggiamento stava già parlando chiaramente al posto suo, che lui se ne rendesse conto o meno.
    (Meno.)
    Incolpò il calore al centro del petto all'ubriachezza (che riconosceva solo quando gli faceva comodo, come ogni persona matura che si rispettasse) e non di certo alle parole del corvonero, al suo «qualcuno più intimamente di altri» e ignorò i pensieri invadenti che gli sussurravano ipnotici alle orecchie, facendogli immaginare come sarebbe stato rientrare in quella specifica categoria, e li scacciò scuotendo appena la testa, senza perdere il sorriso liquido a piegare le labbra.
    Erano davvero pensieri stupidi, eppure gli venivano naturali; aveva provato a lungo a mascherarli, a nasconderli e a detestarli, ma nei momenti in cui la lucidità sfuggiva alla sua presa morbida, tornavano alla carica più irruenti che mai e Theo non aveva la forza di bloccarli del tutto. E forse non ne aveva nemmeno la voglia. Che male c'era, infondo, a fantasticare un po'? A immaginare dita leggere che accarezzavano i suoi capelli, labbra morbide che baciavano la sua pelle, braccia forti che stringevano una morsa attorno al suo corpo.
    Ecco, lo stava facendo di nuovo.
    Deglutì sonoramente, distogliendo appena lo sguardo per provare almeno a darsi un contegno, ma la verità era che fosse ormai andato perso, servivano momenti come quelli per renderlo palese e per farlo entrare in quella zucca cocciuta che si ritrovava.
    Si domandò, solo in maniera distratta, fino a che punto avrebbe potuto spingersi, nascosto dietro gli occhi verdi di O'Malley. Il concetto di "spingersi troppo oltre" non era mai appartenuto a Theo Kayne, e nemmeno quella sera sembrava averne minimamente idea: per tutta la sera aveva provato a non dare troppo nell'occhio, incanalando in sé l'essenza stessa di Reggie al meglio delle sue capacità, riservando i sorrisi della mascotte e le sue parole simpatiche a chiunque si fermasse per scambiare parole con lui; non era bravo a capire le persone, Theo, menchemeno a impersonificarle, ma ci aveva provato e quando era andata male aveva semplicemente tagliato la corda e lasciato che i drink corretti e l'alcol facessero il resto, creando confusione e scompiglio. Ma ora che la festa era giunta al termine (almeno per lui) e l'alcol aveva fatto il resto (almeno con lui) e di fronte aveva un Paris Tipton mezzo nudo, Theo aveva spento il cervello e gettato alle ortiche ogni pretesto, dando fiato a pensieri che, se avesse dovuto metterci la propria faccia, quasi certamente avrebbe tenuto per sé.
    Alla faccia del grifondoro.
    Se il danno era fatto, tanto valeva che andasse fino in fondo fintantoché avesse avuto la spinta dell'alcol dalla sua parte, a muoverne i fili come un sadico burattinaio; per rinnegare tutto (in primis a se stesso) c'era sempre il giorno dopo.
    Non era rimasto lì per parlare di Quidditch con il Tipton (almeno per una volta…) perciò glissò sulla questione e lasciò che il commento gli scivolasse addosso, preferendo rimanere concentrato sulla figura del portiere avversario che si stava pian piano avvicinando, un passo dopo l'altro, inesorabile e certo come Sorella Morte.
    (Se quella che avrebbe colpito Theo da un momento all'altro, o quella che il grifondoro avrebbe inflitto con le proprie mani sul corvonero, prima o poi, non è ancora chiaro. TBD.)
    Accettò la sfida letta nello sguardo nocciola dell'altro senza battere ciglio, conscio che non era la prima volta né sarebbe stata l'ultima, ma un po' scosso dalla facilità con cui riusciva a leggere le intenzioni del Tipton pur senza che questo parlasse; questo si rispecchiava anche nell'altro, in grado di capire Theo con un solo sguardo. Era qualcosa su cui il minore non voleva davvero soffermarsi. Non in quel momento, perlomeno.
    Così come preferiva non pensare al fatto che, per una volta, era lui a guardare dal basso verso l'alto Paris, situazione che di solito si verificava solo quando erano a terra in un groviglio di arti e divise, pronti a darsele di santa ragione.
    Ancora una volta, dovette pensare a tutto tranne che a quello che stava pensando, per riacquistare un briciolo di autocontrollo — destinato comunque a durare molto poco, perché l'istante dopo Paris era a pochi centimetri da lui, il viso così vicino da provocare, fisicamente, il Kayne, e una mano stretta intorno al suo fianco che mozzò del tutto i collegamenti alle sinapsi del grifondoro, fiato corto e parole rimaste incastrate in gola.
    «so che alcuni grifondoro hanno dei problemi a leggere ma so essere un ottimo insegnante»
    L'unica cosa che riuscì a sussurrare fu «così ho sentito dire» — dallo stesso Paris, numerose volte. Poi quell'infame bastardo lo mandò di nuovo in cortocircuito.
    «come mi vuoi, piegato?»
    Come rispondi ad una cosa del genere, eh? EH? Non lo fai, ti limiti a dischiudere appena le labbra come un emerito cretino e a fissare gli occhi nocciola della tua (ormai innegabile) crush annaspando in cerca di aria e minacciando il cuore di tornare a battere ad un ritmo normale, prima che tu possa strappartelo via dal petto per disperazione.
    Maledetto Tipton.
    Maledetto Paris.
    Inerme, lasciò che il corvonero guidasse la sua mano dove volesse, e nello stato in cui si trovava in quel momento, Theo avrebbe seguito la traiettoria davvero ovunque, beatamente perso in pensieri che non capiva del tutto e che era troppo stanco per continuare a combattere. Aveva osato un po' troppo, quella sera, forse già con l'intento (o la speranza) di perdere, e ora che era in balìa del Tipton non vedeva più a che pro resistere.
    Si sentiva uno stupido per averlo fatto fino a quel momento, chiuso nella sua testardaggine.
    «o sei qualcuno che ha bisogno di un approccio pratico?»
    La voce di Paris lo riportò momentaneamente al presente, ignaro del fatto che gli effetti della polisucco stavano ormai svanendo, e decisamente poco preoccupato del fatto che erano ancora al prom, sebbene in una zona più riservata e dove c'erano solo loro due. Battè le palpebre un paio di volte, inconsapevole della sfumatura castana che stava via via mangiando quella verde di O'Malley, e rivolse un ghigno impudico verso Paris. «sai cosa? in effetti e prima ancora che potesse rendersi conto di ciò che stava per fare, con la mano libera strinse il colletto del pigiama di Paris e lo avvicinò a sé. Ad un soffio dal viso dell'altro, sussurrò «le parole mi confondono, preferisco la pratica» e poi lo tirò a sé, alzando il viso giusto il necessario per incontrarlo a metà strada e premere le labbra di Reginald O'Malley contro quelle di Paris.
    Per i rimorsi c'era il domani, in quel momento a Theo interessava solo cogliere l'unica occasione che credeva di poter avere con il Tipton. Perché nonostante le battute, e nonostante l'atteggiamento del portiere blu-bronzo, Theo era certo di non piacergli affatto, e sapeva che quelle di Paris fossero solo parole dette per insinuarsi sotto la sua pelle e infastidirlo; che al momento del fatto, se a baciarlo fosse stato Theo Kayne, Paris si sarebbe tirato indietro, troppo il disprezzo che provava nei confronti del grifondoro.
    L'unica via che Theo aveva per mettere finalmente a tacere le voci nella sua testa (o per condannarsi definitivamente, pace all'anima sua) era approfittare delle sembianze di qualcuno che Paris non conosceva e non detestava, e pregare forte forte Godric Grifondoro di essersi sbagliato alla grande e di aver interpretato male i propri sentimenti.
    Ma le labbra di Paris erano morbide e sapevano di ciliegia e Theo aveva sempre odiato le ciliege fino a quel momento ma ora gli pareva il sapore più dolce del mondo, e in un attimo di improvvisa e scomoda lucidità capì di non essersi sbagliato affatto, e rendeva tutto più difficile.
    Decise che, se quella era davvero l'unica occasione che aveva, voleva sfruttarla appieno: ormai era fottuto e si sarebbe pentito di ogni singola cosa, dell'averne avuto un assaggio e del desiderarne di più, quindi insomma. Fanculo a tutto.
    Strinse la presa sulla camicia per impedire a Paris di ritirarsi, egoista e disperato com'era al punto da fregarsene della reazione dell'altro (era sorpreso? era ripugnato? era soddisfatto? impossibile dirlo, Theo non stava più capendo un cazzo) e con un gesto istintivo e dettato dalla foga del momento, strinse anche quella sul sedere del corvonero, avvicinandolo a sé.
    Cristodiomadonna, doveva davvero iniziare a riflettere prima di fare le cazzate, si sarebbe risparmiato davvero un sacco di rogne.
    Ma non era quello il momento per *stelline* maturare *stelline*; quello era il momento delle scelte idiote, dell'audacia (che non lo avrebbe ripagato, ne era abbastanza certo) e delle risposte. E oh boi se ne aveva avute, di quest'ultime; a giudicare dal modo in cui premeva con irruenza contro le labbra di Paris, le risposte erano esattamente quelle che Theo aveva sempre saputo di avere e che non aveva mai voluto accettare.
    Era a malapena uno scontro di pelle e denti, difficile definirlo un bacio, eppure non aveva nulla a che vedere con gli altri dati nella sua brevissima esperienza; non aveva l'incertezza di quello dato a Mini, dubbioso e che sapeva di una disperazione del tutto diversa (ti prego fa che vada bene e che dimostri qualcosa – cosa? qualcosa) né l'indifferenza di quelli scambiati al campo base ribelle, dettati dalla fugacità del momento e dal terrore che potessero essere i primi e gli ultimi. Non era nemmeno la consapevolezza di trovare finalmente giuste le forme spigolose a premere contro il suo corpo, o le mani grandi a imprimere le proprie orme sulla pelle accaldata, era altro. Era l'idea di star baciando Paris Tipton e avere un unico pensiero in testa: oh, finalmente.
    Era DAVVERO (pure il telefono lo mette in caps, perché sa) fottuto su ogni livello possibile e immaginabile.
    gryffindor
    iv | goalie sub
    party crasher
    tell me I'm alive
    all time low
     
    .
  6.     +4    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Ravenclaw
    Posts
    112
    Spolliciometro
    +196

    Status
    Anonymous
    paris bentley tipton
    andrea linguini
    diamond life, lover boy we move in space with
    minimum waste and maximum joy city lights and business nights
    when you require streetcar desire for higher heights
    Paris non aveva idea di quando o come fosse successo, ma sembrava aver attraversato un portale dimensionale che l’aveva trasportato in un universo alternativo. Davvero, non riusciva a spiegarsi i correnti avvenimenti in nessun altro modo. Poteva anche essere un corvonero, il Tipton, ma al momento aveva esaurito qualsiasi energia mentale. Vedete, era stato così sicuro di sbagliarsi, aveva fatto il possibile per provarlo a se stesso, che aveva dimenticato il punto cardine della questione: e se invece avesse avuto ragione? Paris non si lasciava guidare dall’istinto, preferiva basarsi su prove e fatti ben consolidati, ma quando si trattava di Theo Kayne tutte le sue convinzioni andavano in fumo. Non era così assurdo che la storia si fosse ripetuta, e Paris si trovasse disarmato davanti al grifondoro. Perché quello che si aspettava era una testata, una manifestazione improvvisa e incandescente della rabbia capricciosa del portiere, e invece tutto quello che ricevette era- troppo. Indubbiamente troppo, per qualcuno che amava stuzzicare, premere i bottoni dell’altro ancora ed ancora, giusto perché sapeva di poterlo fare senza affrontare alcuna conseguenza reale. Aveva promesso a se stesso che non sarebbe più accaduto, ormai stanco di trovare astio negli occhi nocciola del grifondoro, quella notte di inizio estate impressa dietro le sue retine a fuoco. Che senso aveva, continuare a rincorrere qualcuno che non avrebbe mai raggiunto? Doveva solo fare in modo di comprimere e soffocare quegli scomodi sentimenti che solleticavano il petto, un fluttuare umiliante e fastidioso che lo tormentava ormai da diverso tempo ma che non avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura. Perché come poteva lui provare qualcosa per un essere come Theo Kayne? Era assurdo, rude e così maledettamente reale da fargli paura. «sai cosa? in effetti sì» batté piano le palpebre, le labbra a dischiudersi mentre osservava incredulo il grifondoro- aveva sentito bene? Sentì saltare un battito alla vista del sorriso di Theo- Reginald, per poi prendere a battere a un ritmo irregolare. Faceva più caldo o era lui? Sentiva l’improvviso bisogno di spogliarsi e tanto avrebbe fatto, se la mano della mascotte non si fosse stretta attorno alla sua camicia. Abbassò lo sguardo per un attimo, per poi riportarlo inconsciamente sulle labbra del ragazzo. «le parole mi confondono, preferisco la pratica» furono quelle parole, all’apparenza innocenti, a mandarlo in cortocircuito. Ma l’ultima manciata di terra sulla tomba di Paris, furono le labbra di Theo a incontrare le sue. In un primo momento pensò di stare allucinando, finalmente l’alcol a bruciargli i neuroni rimanenti, ma quando le labbra del Kayne si mossero contro le sue capì che era tutto maledettamente reale. Fuckin’ finally. O forse era O’Malley, e Paris stava facendo un’enorme cazzata. Immaginava di dover correre il rischio, no? Chissà che non ne valesse la pena per Theo. Strinse le dita un po’ più forte sul fianco dell’altro, affondando i polpastrelli nella sua maglia in cerca di un appiglio. Non riuscì a sopprimere un gemito, subito soffocato dalla bocca dell’altro, quando sentì il Kayne lo strinse a sé; in tutta risposta, le labbra si Paris si fecero più affamate, la lingua a inseguire quella di Theo in una lotta che ormai avevano fatto loro. Preso dalla foga nemmeno si accorse quando lo spinse contro la colonna, o quando fu costretto ad inseguire la bocca del grifondoro perché più in alto. Dovette separarsi per prendere il respiro, con suo grande disappunto, ma non prima di aver fatto scivolare le labbra sul collo del ragazzo e aver premuto un bacio sulla sua giugulare. Un accenno di canini a graffiare la pelle, per poi tirarsi indietro.
    Non lo avesse mai fatto.
    Perché quello su cui posò gli occhi non fu Reginald O’Malley, o una versione simile, ma Theo Kayne.
    Theo che lo aveva appena baciato.
    Di sua spontanea volontà.
    Sapendo che fosse Paris.
    Quella consapevolezza era troppo da digerire al momento, ancora high on endorfine e alcol, ma il suo cuore traditore non glielo avrebbe lasciato dimenticare tanto presto. Non vi era sorpresa sul volto del Tipton, o almeno non troppa, quanto più una certezza, la soddisfazione di conoscere il Kayne così bene che nemmeno uno stupido travestimento poteva ingannarlo. E fu allora che gli sorrise sicuro di sé e soddisfatto, denti bianchi messi in mostra «lo sapevo» posizionò un braccio accanto alla testa di Theo per appoggiarsi alla colonna, intrappolando il grifondoro nella sua prossimità. Ormai conosceva il suo modus operandi, e di lì a poco avrebbe iniziato ad agitarsi come a suo solito. Ma quella volta Paris non l’avrebbe lasciato fuggire, non dopo quello che aveva fatto. «pensavi che non ti avrei riconosciuto?» si azzardò ad allungare un dito per attorcigliarlo attorno a un riccio, giocandovi pigro e prendendosi confidente che un respiro prima non avrebbe mai pensato. Mantenne saldo il ghigno impertinente sulle labbra, il volto ad avvicinarsi di una frazione a quello di Theo. Fu momentaneamente distratto dalle lentiggini a spolverare il naso e le guance del ragazzo, non potendo fare a meno di pensare a quanto fossero carine. Ugh, carine? Ma cosa gli prendeva. Era fuori di testa, aveva una malattia rara. «credevo che mi odiassi» anche se doveva essere un’affermazione, uscì più come una domanda, una a cui aveva il disperato bisogno di una risposta. Sperava non vedesse attraverso quella maschera, di come il sorriso si fosse fatto più tirato e le spalle ricurve come a prepararsi a incassare un pugno allo stomaco. Perché la verità era che Paris conosceva perfettamente la risposta alla sua domanda, ma voleva essere smentito per una volta. Non voleva essere odiato da lui, disprezzato e sminuito, quello che voleva era- non lo sapeva nemmeno lui. Ma gli sarebbe bastato così poco, anche solo che smettesse di evitarlo come se avesse il colera. Gli piaceva la compagnia del Kayne, anche quando gli dava sui nervi, e stava appena incominciando ad ammetterlo a se stesso.
    ravenclaw
    v year
    goalkeeper
    smooth operator
    sade


    BEH SCUSA NON POTEVO NON FARTI UN REGALO :pervi intensifies:
     
    .
  7.     +3    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Bolla
    Posts
    82
    Spolliciometro
    +169

    Status
    Offline
    theo kayne
    reginald o'malley
    sold my soul to the devil for a pack of lights && a night spent in jail;
    I can keep as a memento X's on my hand && a hospital bracelet.
    No one gets to say I never went for it
    Theo Kayne aveva poche certezze (nella vita, in generale; ma pure in quel momento specifico nel tempo e nello spazio) ma una di quelle era sicuramente il fatto che da quel dannatissimo bacio non si sarebbe mai più staccato. Non quando sentiva Paris rispondere con fervore, spingendo con la lingua oltre le labbra e i denti, chiedendo un permesso che Theo non si sentiva in condizioni di poter negare – né voleva farlo –, o quando avvertiva la presa sui fianchi farsi più stretta, più sicura, le dita del maggiore ad aggrapparsi sulla stoffa come se fosse l'unica cosa a tenerlo ancora in piedi — per Theo era così; se non fosse stato per l'altro, e per il fatto che lo avesse manovrato senza la minima resistenza da parte di Theo stesso, fino a spingerlo contro la colonna, il grifondoro sarebbe scivolato a terra, le gambe molli e le ginocchia deboli.
    Ma cosa diavolo gli aveva fatto.
    Ma sapete cosa? Non era quello il momento di pensarci.
    Theo non si rese conto di aver riacquistato i suoi centimetri, né di aver portato con sé il viso di Paris, la mano destra fatta salire dalla camicia al mento del corvonero per spingerlo leggermente all’insù, per accomodare e approfondire il bacio; avrebbe dovuto notarlo, avrebbe davvero fottutamente dovuto, ma l'unica cosa a cui riusciva a pensare era come suscitare un altro gemito nell'altro studente, lavorando con una dedizione e disciplina che non aveva mai messo in nient'altro. Pensare al suo aspetto, in quel momento, era davvero l'ultimo dei suoi pensieri.
    Soprattutto quando— «oh, cazzo». Un altro bacio come quello, denti a stringere appena contro la giugulare, e Theo non avrebbe più risposto di sé; cose del genere avrebbero dovuto essere illegali, qualcuno avrebbe dovuto impedire a Paris Tipton di giocare impudente con le labbra sul suo collo, sgretolando quel pochissimo autocontrollo che era rimasto al Kayne. Strinse le labbra tra i denti, così forte da assaporare il sapore metallico del sangue, pur di trattenersi dal gemere — come se fosse una gara a chi suscitava più piacere nell'altro e Theo Kayne non voleva dare a Paris Tipton la soddisfazione di vederlo annullarsi tra le sue mani, sotto i suoi baci. Non poteva farci nulla, certe abitudini nel Kayne erano dure a morire.
    Se già prima Theo aveva smesso di sentire le gambe, ora gli pareva di fluttuare a mezz'aria e di avere gli arti fatti di gomma o aria; si aggrappò il più possibile a Paris, cercando nella figura del portiere avversario un appiglio solido, ancora inebriato dal bacio e un po’ deluso dal fatto che l’altro l’avesse interrotto per una cosa stupida come incanalare aria nei polmoni; lo inchiodò con un'occhiata che, sperava, serviva a convogliare tutta la frustrazione per l'interruzione, e ci mi se un po’ a registrare lo sguardo – comunque indecifrabile – del Tipton: sembrava scioccato ma anche soddisfatto. Distrattamente, Theo pensò che fossero tutte emozioni suscitate da quello che avevano appena condiviso – e sperò che bastasse per convincere Paris a riprendere –; invece quel «lo sapevo» fece scoppiare la bolla di stordimento da cui Theo si era lasciato sopraffare, e riportò un minimo di lucidità nella mente del grifondoro.
    Ma in che senso.
    «pensavi che non ti avrei riconosciuto?»
    MA IN CHE CHE SENSO. AIUTO.
    Era troppo sconvolto per fare alcunché, dal rispondere a tono al processare il fatto che Paris stesse giocando con una ciocca dei suoi ricci ribelli– e che sorridesse compiaciuto da se stesso perché lo fottutamente sapeva– e lo tenesse comunque incastrato tra il suo corpo e la colonna– e che fosse rimasto comunque ad un respiro di distanza dal suo viso– e che oh fotuttissimo cielo: l'effetto della polisucco era terminato, non è vero?
    Come se il tocco fosse improvvisamente ustionante, Theo staccò la mano dal fondoschiena di Paris e lo portò ai propri capelli, riconoscendo ciocche con la familiare texture ruvida e spessa, i ricci indomabili; oh merda. La fece scivolare poi sul viso, accarezzando gli zigomi, il naso un po' storto, il dente scheggiato.
    Intrappolato tra Paris e la colonna, Theo non aveva molto spazio di manovra per sfuggire, e anche se avrebbe potuto lottare contro l'altro (e forse anche vincere) per liberarsi e andarsene, in quel momento era troppo sbalordito per fare alcunché, figuriamoci litigare con Paris.
    Paris.
    Che lo aveva saputo, eppure — «hai ricambiato.» Il tono accusatorio era involontario, forse a causa dell'abitudine, ma negli occhi nocciola non c'era astio, solo tanta confusione (e ancora un pizzico non così incomprensibile di lussuria); «lo sapevi–» come facevi a saperlo? «e hai comunque– tu. lo sapevi?»
    «credevo che mi odiassi».
    Oh santo cielo, Paris fucking Tipton, stai zitto.
    La mano di Theo, nel frattempo pietrificata sulla spalla di Paris, si strinse contro la stoffa della camicia. «sei un coglione.» affectionate? Derogatory per Theo? Chissà. «sei davvero–» brutale e disonesto, il ricordo del verso gutturale nato nella gola del Tipton quando Theo l'aveva stretto a sé tornò prepotente a ricordargli che fosse un cazzo di pagliaccio e che in quel momento faceva meglio a stare zitto lui, facendogli presente che la voglia di suscitarne ancora e ancora era sempre lì, presente insieme alla pelle d'oca e al calore che si diramava dal centro del petto.
    La presa sulla camicia si fece più morbida ma non meno decisa, e Theo si ritrovò a seguire la linea della mascella di Paris con lo sguardo, fino a salire su alle labbra e lì posarsi per qualche istante. Bestemmia.
    Era davvero un debole, porca vacca.
    Si rese conto di aver chiuso nuovamente la distanza tra loro solo quando, parlando, le sue labbra solleticarono quelle del corvonero. «chi ha detto che non ti odio.» e qui, se Theo avesse saputo leggere (.) avrebbe citato le parole di una saggia donna, un passo che andrebbe studiato a scuola, analizzato e compreso; venerato.
    Una cit che è fa più o meno così:
    "I didn't think I was a personal problem. You hate me, remember?"
    "Every inch of you," Andrew said. "That doesn't mean I wouldn't blow you."
    The world tilted a little bit sideways. Neil dug his shoes harder into the floor so he wouldn't fall over. "You like me."
    "I hate you," Andrew corrected him, but Neil barely heard him.

    Ora, io non sto qui a dire che Theo 🤝 Andrew, ma alzo le mani. Andava detto ed è stato detto.
    gryffindor
    iv | goalie sub
    party crasher
    tell me I'm alive
    all time low
     
    .
  8.     +3    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Ravenclaw
    Posts
    112
    Spolliciometro
    +196

    Status
    Anonymous
    paris bentley tipton
    andrea linguini
    diamond life, lover boy we move in space with
    minimum waste and maximum joy city lights and business nights
    when you require streetcar desire for higher heights
    Oh cazzo.
    Oh cazzo.
    Doveva essergli bruciato l’ultimo neurone disponibile, non vi era altra spiegazione. Paris sapeva di star facendo un’enorme cazzata, qualcosa di cui era certo si sarebbe pentito appena la realtà gli sarebbe stata sbattuta in faccia, ma in quel momento non trovava la forza di sottrarsi alle labbra del grifondoro. Non voleva, non quando era tutto ciò che aveva desiderato per mesi. Poteva negarlo, poteva scuotere la testa e digrignare i denti, ma sapeva bene quale fosse la verità. Una stupida attrazione, una che non avrebbe dovuto avere senso secondo tutti i canoni di logica, ma che per qualche assurda ragione lo faceva. Paris avrebbe dovuto fare un passo indietro nel momento in cui Theo aveva riacquistato le sue sembianze, non incastrarlo alla colonna e prendersi tutto ciò che gli era stato proibito fino a quel momento. Il Tipton credeva di aver perso completamente la ragione quando il grifondoro aveva portato il suo mento all’insù, e Paris era stato costretto a stringere una mano alla sua spalla all’improvviso cambio di altezza. In circostanze normali avrebbe odiato quei pochi centimetri che li separavano, ma in quel momento? In quel momento non poteva che ringraziare un dio supremo. Badate bene, non l’avrebbe mai ammesso ad anima viva, bastava quella vergognosa consapevolezza nella sua testa. Non poté che lasciarsi sfuggire un suono frustrato quando furono costretti a separarsi, anche perché Paris sapeva bene cosa sarebbe venuto dopo. Vergogna, rimpianto, odio- tutte emozioni che il Kayne avrebbe riversato su di lui. Osservò con occhi offuscati dalla lussuria e dall’alcol i movimenti rapidi del portiere, la lenta ma inesorabile consapevolezza di essere tornato alla sua forma originale a sedimentarsi in lui. Quasi sobbalzò, preparandosi all’assalto di parole e accuse che da lì a poco lo avrebbero tramortito. Quello che non si aspettava, era la morbidezza nel tono del Kayne, la confusione che smussava la solita aggressione «hai ricambiato. lo sapevi– e hai comunque– tu. lo sapevi?» premette le labbra in una linea sottile, lo sguardo a cadere per un attimo sulla camicia in disordine del grifondoro, tutto pur di non guardarlo negli occhi. Alla fine, decise che non c’era motivo per mentire, non sarebbe stato comunque molto credibile «avevo un presentimento» si azzardò a cercare le iridi nocciola del Kayne, i denti a torturare la carne del labbro mentre cercava le palle di pronunciare le successive parole. Non avrebbe più potuto rimangiarsele, o nascondersi dietro un muro di scherno e indifferenza «e poi volevo farlo da un po’» nel caso non l'avessi capito. Anche se, ad essere del tutto onesti, Paris era stato il primo ad usare la loro rivalità come scusa per testare i limiti del portiere, un insulto sibilato tra i denti un passo più avanti a sentire le sue mani addosso. No, non era un modo sano di affrontare i problemi e la vita, ma Paris non aveva mai sostenuto di esserlo. «sei un coglione» niente che non avesse mai sentito, ma che in quell’occasione si tingeva di un significato tutto diverso. Non riuscì a prenderlo come un insulto, non quando le parole parevano entrargli da un orecchio e uscire dall’altro. Evidentemente, scambiarsi la saliva con il Kanye l’aveva deprivato del neurone rimanente. «sei davvero–» continuò per lui la lista, dato che sembrava sopraffatto dall’immensa lista dei suoi pregi «intelligente, simpatico, bello, modesto» e sarebbe ancora andato avanti, ma la vicinanza al grifondoro lo distraeva troppo per tenere un filo logico. Il fatto che non si fosse ancora dimenato era più di quanto si aspettasse, il desiderio che si rifletteva nel volto di Theo era tutto ciò di cui ebbe bisogno per annullare le distanza tra i loro volti, le labbra a sfiorare quelle del grifondoro ad ogni respiro «chi ha detto che non ti odio» mh mh, si certo. Era davvero poco credibile- che poi, fermi tutti. Ma che razza di grifondoro era, che aveva bisogno di baciarlo sotto mentite spoglie? Rude, davvero molto rude. Ma non lo menzionò, perché in quel momento Paris riusciva a pensare ad una singola (1) cosa «non dire stronzate» la mano che era sepolta tra i suoi ricci tracciò la pelle fino ad arrivare sotto al suo mento, l’indice e il pollice a stringere appena il mento «sei un pessimo bugiardo» soffiò sulle sue labbra, così vicino da prendersi quello che entrambi agognavano, da assaporarsi nuovamente e perdersi tra sospiro e gemiti appena soffocati. Ma non glielo avrebbe concesso, non ancora, non fino a che non avrebbe tirato fuori le palle. Perché doveva essere solamente il Tipton a mettersi a nudo? «questo racconta una storia diversa» portò l’altro palmo in basso, premendo abbastanza da farsi sentire contro l’erezione che sentiva attraverso i pantaloni, un luccichio pericoloso negli occhi del corvonero. E perché amava vedere il Kayne soffrire, lasciò che le labbra cadessero sul suo collo, una scia di baci a risalire fino al suo orecchio, i canini a graffiare la pelle calda in una promessa «dimmi che non mi vuoi, dimmi che preferiresti che ti lasciassi qui» appena un sussurro, quella che sarebbe potuta essere una minaccia o una promessa a seconda di come gli avrebbe risposto il Kayne «o hai bisogno di nasconderti dietro un'altra faccia per avere le palle di prenderti quello che vuoi?» andava detto e l'aveva detto, niente di più o di meno.
    ravenclaw
    v year
    goalkeeper
    smooth operator
    sade
     
    .
  9.     +2    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Bolla
    Posts
    82
    Spolliciometro
    +169

    Status
    Offline
    theo kayne
    reginald o'malley
    sold my soul to the devil for a pack of lights && a night spent in jail;
    I can keep as a memento X's on my hand && a hospital bracelet.
    No one gets to say I never went for it
    Theo non era di certo nuovo a inebriamenti vari, ma quella situazione era meglio di qualsiasi sbronza o fattanza mai sperimentata in quei brevi (ma intensi) anni da adolescente, e il grifondoro sentiva di volerne ancora, sempre di più — peccato che una parte del suo cervello, quella rompicoglioni e spacca gioie, volesse a tutti i costi ricordargli chi fosse l’artefice di tutto.
    «avevo un presentimento»
    Oh certo, mr. avevo un presentimento gnegnegne. Il Kayne dovette sforzarsi di non replicare a quelle parole del Tipton, il solito intelligentone eh, ma comunque non avrebbe saputo cosa dire… perché cosa rispondevi poi a quel «e poi volevo farlo da un po’» che privò Theo di quel poco d’aria che aveva recuperato quando si era staccato (controvoglia) dal maggiore.
    Si ritrovò a ricambiare lo sguardo di Paris, tanto non sarebbe stato in grado di guardare da nessun’altra parte, cercando nello sguardo del corvonero quello che voleva disperatamente leggervi: presa in giro, scherno, menzogna. Qualsiasi cosa capace di smentire quelle parole, e far dissolvere il calore che avevano procurato al centro del petto del Kayne — ma in che razza di universo alternativo era finito?
    «co-cosa
    Purtroppo per lui – purtroppo per loro – non lesse nulla di quello negli occhi di Paris. Era– era fottutamente serio? Da quando.. no, da quanto tempo… anzi, sapete cosa? Theo non voleva saperlo: non poteva illudersi, o montarsi la testa. Paris aveva la nomina di Don Giovanni, no? Chi poteva dire che non fosse tutto un piano per aggiungere il suo nome alla propria lista?
    Cristo, stai zitto coglione e smettila — assurdo come la sua coscienza avesse lo stesso tono di voce di Mini, comunque, soprattutto quando si trattava di rimproverarlo.
    «sei davvero–»
    «intelligente, simpatico, bello, modesto»
    Strinse la presa sul pigiama di Paris, tirandolo a sé con aria minacciosa. «Zitto.» Un’altra parola, un altro respiro, e Theo avrebbe smesso di rispondere a se stesso; perché nonostante le mille paturnie, nonostante il pensiero tossico che lo portava a credere che il Tipton si stesse solo prendendo gioco di lui, non poteva negare che era disposto a lasciarlo fare. Non era l’unico, dopotutto, ad aver desiderato quel momento a lungo; peccato solo che Theo se ne fosse reso conto con fin troppi mesi di ritardo.
    Il fatto che Paris non facesse nulla per mettere distanza fra i loro volti lo stava mandando ai pazzi: quindi era così che sarebbero andate le cose tra loro? Era quello l'epilogo della loro rivalità? Una limonata contro il colonnato del cortile, e poi cosa?
    No, impossibile.
    Theo lo odiava.
    Doveva ricordare a se stesso l’ordine e le priorità delle cose, perciò lo disse ad alta voce, per ricordarlo anche al Tipton, nel caso in cui gli fosse sfuggito il memo in quegli ultimi anni.
    «non dire stronzate» «hai iniziato prima tu» gli fece notare, senza sottolineare dove o quando: era un problema tra Theo e Satana se credeva che Paris si stesse prendendo gioco di lui, non voleva dare al corvonero modo di ridere ulteriormente di lui.
    Lo lasciò comunque fare, ignorando come il tocco leggero di Paris a contatto con la sua pelle sembrasse bruciare, o come il respiro affannato dell’altro ad un passo dal suo gli facesse venire la pelle d’oca. «sei un pessimo bugiardo»
    «ah sì–»
    «questo racconta una storia diversa»
    Ok, quello non l’aveva previsto.
    Il verso che si lasciò sfuggire, direttamente sulle labbra di Paris, fu così poco dignitoso che Theo cercò di non dargli eccessivamente peso, ma era difficile avere pensieri razionali quando Paris lasciava riposare la sua mano con nonchalance all’altezza del cavallo della tuta, premendo leggermente contro il Baby Theo, che a quanto pareva stava apprezzando quasi quanto (se non di più) di Grande Theo.
    «posso odiarti–» cristo, ma da quando la sua voce era così roca? provò a schiarirla, abbassando la mano per portarla a stringere quella troppo curiosa dell’altro, ma senza allontanarla, «e volere comunque altro.»
    [No ragazzi non potevo farcela, ho la voce di Costas che mi perseguita.]
    Era la verità; o, perlomeno, era quello che Theo credeva fosse vero. Era più facile così, no?
    Le dita della mancina si strinsero intorno al polso di Paris — per fermarlo? Per invitarlo ad approfondire qualsiasi cosa stesse facendo? Non era chiaro. Theo non si era mai spinto così oltre con nessuno, e nonostante sapesse razionalmente che il fottuto cortile non fosse il posto adatto dove lasciare certe libertà al Tipton, c’era anche da dire che in quel momento il grifondoro fosse tutto fuorché dotato di raziocino (non una novità insomma…), non quando le labbra dell’altro avevano ripreso a lasciare una scia di baci sul suo cazzo di collo, i denti a graffiare la pelle, con tutta l’audacia e tranquillità del mondo.
    «dimmi che non mi vuoi, dimmi che preferiresti che ti lasciassi qui» Ma era scemo? Era scemo?! Certo che no, non c’era altro posto al mondo dove Theo avrebbe voluto essere. (Sottone.) «o hai bisogno di nasconderti dietro un'altra faccia per avere le palle di prenderti quello che vuoi?»
    «parli davvero troppo,» disse lui, mpf, «perché non mi dimostri che sei bravo anche con i fatti»
    Non aveva più un pensiero coerente che fosse uno, il Kayne — che già di base partiva svantaggiato. Ma con Paris deciso a smontarlo un bacio alla volta, e quella dannata mano ancora premuta sulla sua erezione, c’era ben poco che potesse fare o dire per suonare coerente (o meno disperato).
    Tanto, ormai, che aveva da perdere? La dignità non era più un’opzione.
    «magari sei tu che preferiresti essere altrove» doveva dirlo; doveva buttare lì la questione, lanciarlo come esca, e vedere se l’altro avrebbe abboccato. Doveva saperlo, prima di compiere il passo più lungo della gamba.
    (Troppo fucking tardi.)
    Con la mano libera, ancora chiusa a pugno intorno alla stoffa del pigiama del Tipton, lo tirò ancora più contro di sé, fino a condividere con lui ogni movimento della gabbia toracica, ad ogni fottuto respiro; erano così vicini che tra loro non sarebbe passato neppure un filo. Così vicini che persino Baby Theo, ora, premeva contro Baby Paris. Lo costrinse ad interrompere i baci, spostando la testa ed inseguendo invece le labbra arrossate con le proprie — ne aveva abbastanza di respirare, voleva riprendere da dove avevano lasciato indefiniti attimi prima.
    «sei ancora in tempo per ripensarci.»
    Lo era(no)?
    gryffindor
    iv | goalie sub
    party crasher
    tell me I'm alive
    all time low


    SPOILER (click to view)
    *radio silence*
     
    .
8 replies since 23/7/2023, 00:04   372 views
  Share  
.
Top