nobody likes you when you're 23

titolo alternativo: '23 bucio de culo aiutame te' | aperta agli studenti

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    «ti devo proprio spiegà tutto, eh» a quanto pareva sì, ma andava avanti così da tutta la vita quindi non era nemmeno più una novità, e Romolo c'aveva fatto il callo (e l'abitudine) ad essere il gemello più intelligente «si chiama stanza delle necessità, caro fratello, e questa è una necessità.» mica succedeva tutti i giorni di compiere ventitré anni (e trovarsi ancora a scuola .); era qualcosa che andava festeggiato. Era la tappa a metà tra i devastanti diciotto e i disperati trenta. I ventitré erano la terra di mezzo, dove si è ancora abbastanza giovani per fare certe stronzate ma non ancora troppo vecchi da sentirsi decrepiti.
    E poi era un bel numero, indossato, seppur di tanto in tanto solo di passaggio, da nomi che Lollo ancora ricordava con un certo affetto e nostalgia.
    Ad esempio, era stata la seconda volta in giallorosso di «aeroplanino montella» e già così si poteva chiudere la discussione, «vucinic» per un breve periodo prima di riappropriarsi del 9, «panucci» ricordato sempre con affetto, senza un motivo specifico: Lollo nemmeno se lo ricordava, aveva quattro anni quando lui stava alla Roma, ma vabbè, «mancini» appena un soffio leggero, gli occhi a cuoricino per l'attuale centrale titolare, «piris» scommetto che non ve lo ricordavate, eh!, ivanpiri(s).
    Ma anche — si prese un attimo prima di aggiungere quell'ultimo nome, la voce rotta dall'emozione e gli occhi sempre lucidi quando il pensiero volava a «davide» che per tutti sarebbe rimasto il #13, ma a Roma aveva vestito un'altra maglia perché il suo numero al tempo decorava la schienona di Maicon.
    Socchiuse gli occhi, il romano e romanista, le immagini di tutti quelli che si erano passati la maglia, di stagione in stagione, a rincorrersi nella sua memoria, ora alternandosi anche a tutti gli altri venuti e andati presso lo spogliatoio giallorosso: che ci volete fare, Romolo Linguini era un sentimentalone, un romantico. Certe cose le portava nel cuore.
    Un buffo poco leggero ma molto affettuoso planò direttamente sui riccioli castani del gemello, poi con lo stesso braccio Romolo cinse le spalle di Remo. «ma è anche, e soprattutto, er bucio de culo che ci ha permesso di arrivare fin qui» nella vita, ma più nello specifico al settimo anno: chi l'avrebbe mai detto!
    «non c'è posto migliore dove festeggiare» forse il bar dello sport, ma già lo sapevano, i gemelli della lupa, che in cambio di quella concessione avrebbero dovuto sottoscrive un patto di sangue e accettare di lavorare tutti i futuri weekend della loro esistenza: quindi grazie, no grazie. Avevano già chiesto gli alcolici a (quella strozzina di) Gin ed erano costati loro più di un paio di stipendi — a testa. Ma, guardandosi intorno nella sala addobbata e con i tavoli stracolmi di alcolici, Romolo accettò che ne fosse valsa la pena.
    Le decorazioni erano (a dir poco.) minimaliste, giusto qualche striscione giallorosso rosso-oro appeso qua e la; però, oltre a poltrone, sedie e tavolini, la stanza aveva fatto trovare loro il top del top: tavolini di plastica (quelli classici da baretto e da spiaggia) sparpagliati in giro con tanto di mazzi di carte piacentine e da poker; un tavolo per giocare a beer pong; una stazione per le freccette e, infine, la cosa più bella che Romolo avesse mai visto in quel di Hogwarts: il biliardino.
    «dopo erisha, spero»
    Certo che sì, che commento del cazzo era quello, mannaggia a Remo.
    «idiota» con affetto, così come affettuoso fu l'ennesimo coppino che rifilò all'altro grifondoro, prima di staccarsi da lui e attraversare la stanza a grandi falcate. La musica iniziava già a pompare nelle casse (portatili, dovevano arrangiarsi.) collegate via cavo al suo telefono, sul quale aveva scaricato una versione crackata di Spotify che, a quanto pareva, funzionava pure al castello — o così gli avevano detto. Va beh, quello era il minimo: dopo un po' di shottini nessuno avrebbe davvero più badato al sottofondo musicale.
    Gli alcolici erano stati disposti equamente su svariati tavoli addossati alle pareti, e le attività occupavano solo una parte della stanza; quel che rimaneva poteva essere utilizzato per qualsiasi cosa, dall'occasionale sfida di breakdance alle limonate selvagge: l'unico limite era la fantasia.
    «beh, direi che c'è tutto» l'indispensabile per il loro compleanno, ovvero alcol e giochi scemi in cui sfidare cugini e amici: cos'altro serviva?
    Accolse i primi studenti scambiando qualche cinque alternato ai «chi cazzo è questo» silenziosi rivolti a Remo, ma in fin dei conti non gli interessava molto della lista invitati: erano lì per una ragione, e una soltanto. «STASERA RIMANGONO SOBRI SOLO GLI INFAMI E I LAZIALI!» In piedi su una sedia si plastica bianca, Romolo alzò il bicchiere verso l'alto e brindò — alla sua, a Remo, ai compagni, a chiunque; ogni scusa era buona per bere, quella sera.
    Le eliandi avrebbero apprezzato.
    Saltò giù dalla seduta, mischiandosi nuovamente al gruppo (di Linguini, immagino) lì attorno. «Chi si fa una partita a biliardino? Dai, famo 'ste squadre!!» e perché proprio Romolo e Ciruzzo vs gli altri.

    «cheers!» fu il prezioso contributo della battitrice rosso-oro, che a malapena degnava il festeggiato di uno sguardo durante il brindisi, molto più interessata a cercare qualcun altro tra le teste di cazzo che le impedivano la visuale. Ma dove diavolo era quel serpente da quattro soldi?
    Mannaggia a lui, un po' lo detestava per essere così bravo a letto: sarebbe stato molto più facile fingere che non le importasse di lui se non avessero passato l'estate a scopare ogni volta che si fosse presentata l'occasione.
    Posò la testa sulla spalla di Barb, sospirando. «Quando lo vedo, lo massacro» love language ♡
    i don't give a damn
    about my bad reputation


    — romolo: parla con remo, brinda con tutti e beve (d7: 3), propone la prima sfida a biliardino [romolo + (ciruzzo vuoi essere tu??)]
    — hot: aspetta rick, beve (d7: 5)

    NOTE:
    — La festa è aperta ai soli studenti, ed è illegale; è stato fatto un passaparola nel pomeriggio di venerdì, in modo che circolassero luogo e ora (stanza delle necessità, post cena) e niente più.
    — Ad ogni partecipante, all'entrata, verrà dato un braccialetto che oltre ad essere molto fiko è anche incantato (gli studenti non lo sanno): se proverete a fare la spia non siete figli di Maria agli adulti, durante l'arco della serata e della notte, vi ritroverete a cantare le canzoni di Lando Fiorini, perché sì.
    — L'alcol è alcol: "non ci saranno dimezzamenti di tiri o stupidi incantesimi in questa festa", semicit. Quindi anche i minorenni bevono come i grandi #stopalbullismo
    — Romolo beve dalla sua scorta personale (corretta), quindi non dimezzerò i suoi tiri.
    — In tutte le attività, beve chi vince (e vince chi beve.) Perché altrimenti cosa siamo qui a fare, dico io.
    — Ogni pg ha massimo due bevute per post (che siano per attività, o libere)
    — Il tiro di dado per l'alcol è d7 (perché capitan Pellegrini non si discute)
    — Se arrivate a 23 di alcolometro, riceverete un limone da un Linguini a vostra scelta #cosa?cosa (grazie cugini per aver accettato tacitamente questa clausola)
    — Come per il freakshow, la role è valida per fidelity e attivazione account!

    ATTIVITÀ:
    Beer pong
    si tira il dado per vedere l'esito (d2: 1 entra, 2 non entra); se entra si tira il dado per l'alcol. Totale di 5 tiri d2 per pg.

    Biliardino
    si fanno squadre da due pg, chi vince passa il turno e gioca con quella dopo; si tirano tre dadi (d5) e la somma più alta vince. (Potete ruolare la partita, se volete, ma ogni 24h verranno postati i vincitori, la nuova coppia che subentra e ci sarà il cambio.)

    Braccio di ferro
    uno vs uno, un tiro di dado (d5) ciascuno dove vince il tiro più alto. In caso di parità, si tira di nuovo (on gdr: il turno è sempre lo stesso, ma molto combattuto.)

    Giochi di carte
    svariati tavoli, quello per burraco, per briscola, per tresette; ve la potete giocare tra voi oppure usare siti e/o i bot di telegram.

    Freccette
    uno vs uno; tre tiri d20 per pg: se escono due numeri pari, il secondo tiro viene duplicato; se escono tre numeri pari, il terzo tiro viene triplicato (e il secondo rimane comunque raddoppiato); vince la somma più alta e si cambia coppia di sfidanti.

    Se non si fosse capito, lo scopo della festa è prendersi la sbronza più epocale di sempre, quindi dateci dentro ♡ buon(a 'mbriacatura e buon) divertimento!
     
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    remo & rick
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    «ti devo proprio spiegà tutto, eh» Piegò le labbra verso il basso, distogliendo lo sguardo dagli addobbi della Stanza delle Necessità per portarlo sul gemello; non emise un singolo fiato, preferendo affossare le mani nelle tasche della giacca ed arcuare allusivo le sopracciglia. Remo Linguini aveva imparato molto presto - tipo all'età di quattro anni, quando l'altro aveva tardivamente appreso un vocabolario più elaborato rispetto al "mamma pupù" "papà acqua" "memo eccheccazzo" - che quando Romolo partiva per la tangente, bisognava lasciarlo parlare fino a che non si fosse stancato (cosa che non accadeva mai), non avesse finito le cose da dire (altrettanto improbabile), o non avesse rotto talmente tanto le palle da venir zittito con un destro in bocca dal primo cui capitava a tiro (ecco, quello succedeva praticamente sempre). Certo, non avrebbe aspettato che si stufasse né avrebbe optato per il pugno in faccia - non quel giorno, almeno -, però sapeva che quello fosse uno dei momenti in cui il capo ultrà dei Grifondoro aveva bisogno di dire qualcosa.
    Qualsiasi cosa, apparentemente. «si chiama stanza delle necessità, caro fratello, e questa è una necessità.» marcò maggiormente la piega falsamente impressionata sulle labbra, annuendo appena nella sua direzione. Un genio.
    «aeroplanino montella» ah merda, di nuovo. Chiuse gli occhi, sospirando piano.
    Sia chiaro: romano et romanista lo era anche lui; non avrebbe potuto essere altrimenti, né lo avrebbe voluto. Ma non ai livelli del fratello. Non al punto di estraniarsi dal mondo circostante per ripetere tutti i numeri 23 della Magica dal 1927 al 2022.
    Non lo giudicava per la sua ossessione: ipocrita da parte sua, dal momento che aveva passato tutto il giorno - tra un preparativo e l'altro - ad aggiornarsi sullo stato della nazionale di pallavolo in previsione della semifinale dell'indomani.
    Lo giudicava per il tempo che ci avrebbe messo a concludere quel viaggio nel viale dei ricordi e delle emozioni, dal momento che presumibilmente chi aveva accolto l'invito era in procinto di entrare nella Stanza.
    Alla fine, gli porse un fazzoletto - accartocciato, forse pure sporco, o magari era uno scontrino che non aveva avuto il modo di buttare: chi avrebbe mai potuto dirlo - per asciugarsi le lacrime. «io comunque nt'avevo chiesto n'cazzo, lò» perché è bene specificare che il licantropo avesse fatto tutto da solo. Non aveva idea da dove avesse preso il pretesto per cui credeva di dovergli spiegare qualcosa. Non c'era alcun motivo per cui avesse dovuto iniziare a svarionare.
    Vabbè, gli voleva bene così.
    «non c'è posto migliore dove festeggiare» ecco: su questo aveva dissentito da subito. Non si era opposto, l'aveva trovata un'ottima via di mezzo - comoda per gli invitati, per le lezioni, per qualsiasi cosa volesse fare Romolo con Erisha -, ma.
    Ma.
    Tirò fuori una mano dalla tasca, e nella perfetta imitazione di Berlusca iniziò ad elencare sulle dita.
    Uno: «il parchetto de via dell'archeologia»
    Due: «er mc sullo stradone de tbm»
    Tre: «i pratoni de tor vergogna»
    Era un sentimentale, Remo Giulio Linguini. Un tradizionalista. Se proprio avesse dovuto decidere, ovviamente i luoghi della sua infanzia sarebbero stati il posto migliore dove festeggiare quel giorno simbolico.
    «ah,» quattro: «canosa.» ma lì avrebbero comunque festeggiato nel primo weekend disponibile.
    «ce s'accontenta, dai» diede una spallata all'altro, le labbra dischiuse in un sorriso sincero. La cosa fondamentale, per il neo ventitreenne, era passare quel giorno con quel coglione di Romolo, il suo migliore amico.
    Dopodiché, gli invitati iniziarono ad arrivare.
    «oh, bella!»
    «aò frà, t'apposto?»
    «bombeeer»
    Non ne conosceva mezzo.
    Andava bene così.
    Quando tutti (o insomma, molti) furono dentro, alzò il bicchiere al fianco del fratello. «allora regà, niente regali» ma chi glieli faceva. «ma se ve va, qua sul tavolino ce sta una raccolta fondi pensata da me e lollo!» e con un ampio gesto del braccio, mostrò agli invitati sette bellissimi barattoli di marmellata con sopra delle etichette (scritte male).
    Per comprare una dignità a Lapo; per comprare un paio di scarpe decenti a Gigio; per comprare dei vestiti veri a Lux, da mettere ogni tanto - non avevano troppe pretese, i gemelli della lupa -; per darli a Crez - che poi volesse ripagarsi qualche debito o buttarli tutti a Montecarlo, fatti suoi -; per finanziare il Linguinis, dato che Ciruzzo era uno zingaro; per pagare un abbonamento decente a Sky («e dazn?» «non nominare dazn in questa casa.») per il Bar dello Sport di Gin; per tutto quello che volesse Giacomino.
    La scelta era vasta. «fate del bene. CHI VUOLE GIOCÀ A BEER PONG?»

    «quando lo vedo, lo massacro»
    «addirittura?» nemmeno ci provò, Yagmur, a mascherare il tono annoiato con cui si palesò al fianco delle Saus. Voleva essere letteralmente ovunque, piuttosto che in quella stanza a fare una festa. Se lo avesse invitato chiunque altro al posto della battitrice, probabilmente non si sarebbe mosso dal dormitorio. Ma vabbè: era venerdì sera, uno sgarro si poteva pure fare. «mi sembra un po' eccessivo» o meglio: «insomma, davanti a tutti... pensavo che un minimo di pudore lo avessi.»
    Brindò, ignorando beatamente gli inviti a giocare o a fare una donazione: mica era la Ferragni, oh. Era lì solo per l'alcol.
    E per la promessa di un after. «per quanto hai intenzione di restare a sorbirti questa roba?» chiedeva.
    CITAZIONEUNO
    CITAZIONEDUE


    remo. parla con romolo, beve (d7: 7), propone il beer pong.

    rick. parla con hot, beve (d7: 6)
     
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    Joni + Gigio
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    «ma che cazzo?!?»
    c'era qualcosa di molto sbagliato in quello che gigio stava leggendo — e no, non si trattava di Hook.
    «che. cazzo.» ancora, dal cuore. strinse il libretto tra le dita con più forza, gli occhi chiari strabuzzati per la confusione e il disappunto «tu lo sapevi?» nel sollevare lo sguardo su Remo, il minore se ne pentì quasi subito: cosa minchia poteva sapere Remo, che a 23 anni suonati stava ancora a scuola con i ragazzini. e se gigio si trovava li, seduto in un angolo della Stanza delle Necessità era proprio per festeggiare l'ennesimo anno di vita dei gemelli, un ulteriore passo più vicino alla fossa; non proprio un pensiero positivo, ma come poteva, il linguini, godersi quella festa a base di alcol e discernimento quando non riusciva a ricordare nemmeno una riga di ciò che stava scritto in quel libretto del demonio? «bah, lascia perdere» lo chiuse con un movimento secco e frettoloso, il pugno stretto attorno alle pagine arrotolate «non prenderò mai la patente» and that's a fact.
    ovviamente sarebbe tornato su quelle pagine malefiche nel giro di poche ore, perché non poteva permettere alla teoria delle precedenze di avere la meglio su di lui, ma per il momento poteva fingere di mandare tutto al diavolo e darsi all'alcol «STASERA RIMANGONO SOBRI SOLO GLI INFAMI E I LAZIALI!» ecco, appunto — l'ultima cosa che gigio linguini avrebbe voluto nella vita, era essere scambiato per un laziale: persino peggio che interista, capite? un pensiero, quello, che strappò al serpeverde il più dolce dei sorrisi «LONG LIVE THE BAYERN TEAM!» prese tra le dita un bicchierino che dal colore pareva proprio limoncello di nonna, e lo sollevò a mezz'aria; la mano destra premette sul cuore, le iridi grigio azzurre infine rivolte al soffitto «e un salutino alla regina» si baciò la punta delle dita, poi bevve il suo shottino tutto d'un fiato (d7: 7).
    oh, si trovavano in Scozia, una battuta sulla morte della Vecchia era quanto meno necessaria.
    «CHI VUOLE GIOCÀ A BEER PONG?» ah, his time to rise and shine. gigio non si tirava mai indietro di fronte ad una sfida a beer pong, soprattutto se aveva del tempo da perdere; dopotutto, livy non era ancora arrivata alla festa «a nonno, ti sfido io» giovani vs anziani, una questione generazionale.
    prese la prima pallina, schioccandoci sopra un bacio, lanciandola poi dall'alto come un cestista esperto: quella fece una piccola parabola discendente, precisa e letale quanto una punizione di Vlahovic, e finì per centrare il bicchiere più lontano. chef kiss «a bomba, a bomba» qualcuno gli versò qualcosa di non meglio specificato, e al grido di BEVI! BEVI! BEVI!, gigio mandò giù un bel sorso a scaldare cuore e stomaco «PER GIROUD!» e anche un po per i gemelli, dai.

    la scuola era iniziata solo da nove giorni, e già le mancava Mac.
    non si era davvero preparata all'eventualità, la tassorosso, forse perché fino a quel momento non aveva mai dovuto rinunciare a nessuno. con i diplomandi degli anni precedenti non era mai stata davvero in confidenza, e quasi tutte le persone a cui joni teneva frequentavano il suo stesso anno — ad eccezione dell'hale. una consapevolezza che l'aveva colta di sorpresa già dal primo giorno, quell'ultimo 1 settembre della sua vita da studentessa; tra i libri di scuola, nella borsa, teneva con se anche un quadernino ormai consunto, pagine e pagine colme di scarabocchi.
    l'avrebbe mostrato a Mac, se solo si fossero incontrati in Sala Grande durante la cerimonia di smistamento per i nuovi arrivati, ma ovviamente il corvonero non c'era.
    e la peetzah quei pensieri confusi trascritti su carta non li aveva condivisi con nessun altro; non avrebbe potuto, anche volendo. perché di quegli incubi, dei ricordi sbiaditi, dei battiti ad accelerare improvvisi nel petto non be aveva mai parlato, tenendo persino Dylan all'oscuro: sarebbe stato troppo complicato da spiegare, troppo assurdo.
    «ok, io so già cosa voglio fare» no, non nella vita, ma a quella festa. aveva addocchiato subito le freccette, joni, prima ancora del biliardino: con le prime si era allenata parecchio negli anni, utilizzando una foto di Cillian Noolan come bersaglio per sfogare le proprie frustrazioni. indicò la postazione con un cenno del capo, tenendo un braccio sulle spalle di Dylan mentre entrambe avanzavano all'interno della sala; vide Giuliano svettare in mezzo alla gente di statura normale e gli rivolse un saluto con la mano sollevata in aria. prima ancora di rendersene conto, stava sorridendo.
    ugh.
    «prendo qualcosa da bere» che era un'alternativa valida all'avvampare come una scolaretta dodicenne: aveva una reputazione da mantenere, joni peetzah, soprattutto per fare terrore psicologico sulle nuove reclute tassorosso intenzionate a entrare in squadra. si diresse prima al tavolo con i bicchieri e gli alcolici, riempiendone due con qualcosa che profumava di frutta e consegnandone uno alla Kane «se sono ancora a scuola a 23 anni uccidimi, ok?» (augurissimi linguini ❤) poi dopo aver bevuto un sorso e aver sostituito il sorriso con una smorfia un po' schifata, si diresse baldanzosa al bersaglio delle freccette «al meglio dei tre?» già pronta con una freccetta in mano, rivolta a chiunque le fosse accanto: vuoi essere tu?

    'work on your emotional control'
    'get hit by a car'


    gigio:
    parla con Remo
    beve (d7: 7)
    accetta la sfida a beer pong
    (d2: 1)
    beve (d7: 4)
    (d2: 2)

    mancano tre tiri

    alcol: 11

    joni: parla con Dylan (canon che ci sia, dai), saluta Julian (idem)
    beve (d7: 5)
    sfida X a freccette
    tiro 1: 4
    tiro 2: 8
    tiro 3: 6

    4 + 16 + 18= 38


    alcol: 5
     
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    Dylan & Romolo
    huffle & gryff | 17 & 23 | keeper & cheer
    «ok, io so già cosa voglio fare»
    «uhhhh!!! BALLIAMO?» Anno nuovo, stessa speranzosa Dylan che, nell'udire l'affermazione della migliore amica che la stringeva in un abbraccio (un braccio attorno alle spalle è un abbraccio, stacce Joni), sperò sul serio che il suo Cap volesse portarla in pista.
    Invece no.
    «ah,» gli angoli della bocca premettero debolmente verso il basso, ma fu solo una questione di istanti: un battito di ciglia e la Kane stava già sorridendo, godendosi l'atmosfera della festa e la compagnia della sua amica. «va bene, ci sto!!» l'avrebbe sfidata volentieri perché un po' di goliardia tra amiche era salutare e teneva vivo il rapporto (wat) e anche perché non era propriamente certa di cos'altro volesse fare per primo: voleva fare tutto, insieme e subito. Quindi una bella sfida di freccette era un buon compromesso per iniziare.
    Non le sfuggì il modo in cui Joni sorrise nello scorgere Julian in lontananza, e con a sua volta un bel sorriso complice a curvare le labbra rosee, Dylan puntellò il fianco dell'amica con l'indice: era bello vedere Joni felice, era bello vedere tutte le furie felici!!, specialmente se per questioni sentimentali. DYLAN ERA AL SETTIMO CIELO!!!!! Le sue amiche stavano tutte vivendo relazioni più o meno stabili con le persone perfette per loro e !!!1!1! persino Dylan !!1!1! incredibile ma vero !1!1!1! aveva iniziato a sentirsi quotidianamente con Gaylord durante i mesi estivi. Certo, le loro chat erano piene zeppe principalmente di memes e foto di cuccioli adorabili, e Dylan doveva ammettere di essere ancora abbastanza confusa su... Beh, tutto e, anche per questo, non aveva detto ancora nulla alle furie ma !1!1! ERA FELICE!1!1!1 quell'estate era stata una delle migliori della sua vita, aveva persino passato un sacco di tempo a casa di Kiel !! (Anche se lui c'era stato molto poco, troppo preso dalle sue sessioni di studio con la prof Ramos :c per riuscire a diventare responsabile al San Mungo) PERÒ RIMANEVA IL FATTO CHE !! DYLAN !! KANE !! FOSSE !! FELICE !!
    Era tutto bellissimo.
    «Sarà un settimo anno indimenticabile» e il fatto che fosse l'ultimo (sperava) lo rendeva ancora più (dolceamaro) elettrizzante.
    «se sono ancora a scuola a 23 anni uccidimi, ok?»
    «ghgh» perché sapeva che Joni si sarebbe lanciata giù fa una scopa in volo piuttosto che ripetere così tante volte l'ultimo anno, e non c'era molto da dire se non «salute!!!» prima di mandare giù lo shot (d7: 7)
    «al meglio dei tre?»
    «dopo di te!!!!» e rimase indietro di qualche passo, osservando la migliore amica fare un punteggio decisamente più che dignitoso: forse era stata una pessima idea accettare di sfidarla. «sei un cecchino. Morley ti ha messa sotto con gli allenamenti, in questi mesi?» infondo oh, avevano un campionato da vincere (almeno quell'anno.........) «DAJE CAAAPPP»
    E, baciandola sulla guancia stando attenta a non infilzarla accidentalmente con le freccette, prese il suo posto di fronte al bersaglio. Come nel quidditch, Dylan era tutta passione e niente tecnica: la figura troppo sbilanciata in avanti, i piedi poco larghi, il gomito piegato male.
    Eppure dalla sua doveva avere per forza il culo del principiante, perché non c'era altro modo di spiegare come riuscì a beccare ben due volte il 12 (una persino raddoppiando) e un nove.
    As Joey would say: «ueppa!!!!!» aveva vinto !!! «rematch??? O vogliamo fare qualcosa di diverso... tipo cercare le altre furie..... o julian, cosa? cosa.» bacino bacetto in direzione di Pepper ♡

    Intanto, il festeggiato.
    «io comunque nt'avevo chiesto n'cazzo, lò»
    «perchè sei un infame biancoceleste, rè» e, per direttissima, si beccò un bel coppino. E un altro (in serie .) arrivò quando il gemello iniziò ad elencare tutti i posti in cui sarebbe stato più appropriato festeggiare i loro ventitré.
    «vabbeh, nessuno t'ha chiesto niente» ammazza che palle, e che guastafeste. BUH REMO BUUUHH
    «non prenderò mai la patente» spostò lo sguardo scuro sul milanese (che stava già iniziando a sbiancarsi, come se il sole pugliese non lo avesse mai lontanamente sfiorato durante quei mesi passati tra i campi di famiglia e la spiaggia), arcuando un sopracciglio ma sorridendo. «mejo così, un pericolo in meno» non si fidava molto di un Gigio al volante. Non si fidava di Gigio nemmeno su una scopa volante, ad essere sinceri. «esiste l'autobus, tanto» tranne quando saltavano le corse o prendevano fuoco, ma Milano non era Roma — purtroppo, sotto quel punto di vista, Romolo doveva accettare che la città lombarda battesse quella laziale 1-0.
    Allargando il sorriso sulle labbra già divertite, Lollo alzò la propria fiaschetta al brindisi del Serpeverde.
    «e un salutino alla regina» «bravo, si, briandiamo pure alla Ferilli» occhi a cuoricino (e non solo) al pensiero della regina che intendeva lui. (d7: 1)
    Mica stava pensando alla vecchia, secondo lui era tutta una montatura e non era davvero morta (un po' come Michael Jackson.) «e brindiamo alla Roma, pure se mi ha fatto incazzà» per ben due partite di fila, mortacci de Pippo. (d7: 2)
    Smorfia di (delusione.) dolore perché
    «che cazzo» intercalare, non il battitore giallonero, «stavolta nonna c'ha messo l'acqua nel limoncello bleah»
    that's beyond stupid
    he's created a new kind of stupid


    — Dylan: parla con Joni, beve (d7: 7), accetta la sfida a freccette, beve per la vittoria (d7: 1)
    d20 freccette:
    12
    12
    9
    Totale: 12 + 24 + 9 = 45
    Alcolometro: 7+1

    — Romolo: parla con gigio e remo, beve (d7: 1), pensa alla ferilli, beve (d7: 2)
    Alcolometro: 3+1+2
     
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    Gryffindor
    bello figo
    Ora c’è tutto!” Sorriso a 32 denti, due dei quali rigorosamente d’oro perché ormai era zingaro dentro e fuori, Ciruzzo fece il suo ingresso nella Stanza delle Necessità. Davvero Lollo aveva anche solo per un attimo pensato ci fosse tutto l’indispensabile prima dell’arrivo del suo cuginetto preferito? “23 anni e ancora questi errori da dilettante!” Se possibile, la curva delle sue labbra si allargò ancora di più, tanto quanto le sue braccia prima di stritolare il licantropo in un caldo, e ancora sobrio, abbraccio. “Remo.” Proseguì tirando una pacca sulla schiena dell’altro romano e (più moderato) romanista. “Sai che la formazione non uscirà prima di domani, vero?” Domandò mentre gli sfilava lo smartphone dai pantaloni e se lo intascava per impedirgli di controllare in modo ossessivo-compulsivo le news sul vollei. Lo starting six era più o meno il solito: Giannelli capitano, Balaso libero, il terzetto Michieletto, Romanò e Lavia come terminale offensivo e poi Galassi e Russo al centro. “Spero sempre scelga di partire con Anzani titolare, non si può sottovalutare la Slovenia, ed è ora tu smetta di piangere – e idolatrare – Zaytzev. Si può vincere anche senza di lui.” Si doveva vincere anche senza lo Zar, perché finalmente in uno sport si era scelto di dare precedenza ai giovani, a quella generazione che finalmente poteva muovere i primi passi senza le zavorre dei senatori che per anni hanno precluso la convocazione a giovani molto più promettenti.
    All’urlo di battaglia di Lollo levò su l’immancabile limoncello di nonna: niente benzina per brindare Lollo e Remo.
    “L’anno prossimo si festeggia a Mykonos.” Perché finalmente non avrebbero più avuto la scuola a rompere il cazzo. O così sperava, quello poteva pur sempre essere il primo settimo anno di una lunga serie.
    “Su, su... Oggi nessuno può essere triste.” Passò un braccio sulla spalla di Gigio, prima di dargli una manata di incoraggiamento sul petto. “Devi solo ricordare una cosa: la precedenza va sempre a destra. Tranne ai fasci.” E possibilmente imparare a memoria tutte le combinazioni di lettere per superare i quiz sugli incroci, ma non sarebbe stato certo Ciruzzo a svelare il suo trucco, era pur sempre quello che la sera prima dello scritto aveva sconvolto tutti dicendo che non si sorpassa a sinistra ma quello che aveva portato a casa il risultato.
    Poi… poi sentì il richiamo.
    “Eccomi!” Prese al volo un altro bicchiere, forse questo riempito direttamente dalla fiaschetta speciale di Lollo, e si affiancò al cugino. “Oh, gioco io in difesa che te già da sobrio sei peggio di De Sciglio.” Dire Alex Sandro sarebbe stato un insulto decisamente più pesante. “Sembra di stare a Margherita.” Aggiunse con una leggera gomitata al licantropo, un modo come un altro per dire che sì, la location era decisamente da diesci.
    “Allora, 'sta pallina? Iniziamo?”
    Lui era pronto, prontissimo! Per l’occasione aveva indossato anche la nuova pettorina alla Dybala.
    Mentre si muove fa
    Pam pam pam pam pam pam pam pam
    pam pam pam pam pam


    Parla con Lollo, Remo e Gigio. Va a giocare a biliardino con Lollo.
    Shots: 2+5
     
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    Il ritorno ad Hogwarts era stato molto emotivo per Kaz. C’erano state lacrime, abbracci, racconti (inventati) di come avesse passato le vacanze, e più tempo di quanto la eteronormatività avrebbe concesso a due amici per accarezzarsi i capelli e scambiarsi occhiate languide, ma a nessuno importava di cosa o meno la norma volesse per due BEST FRIEND 5 EVER – o in generale, SMASH THAT SHIT – quindi insomma.
    «ma siete stati insieme tutta l’estate…?»
    E quindi. Kaz aveva guardato esasperato il fratello allargando le braccia ai fianchi, uno sbuffo seccato a scuotere le spalle. Doveva per forza rovinare il momento solo perché lui non aveva un Clay? UH? VAI A SENTIRE OLIVIA RODRIGO IN LOOP è QUELLO CHE TI MERITI SFIGATO. Insomma, aveva ragione, ma l’inizio della scuola era simbolico, un ritrovarsi empatico, qualcosa di metafisico che andava oltre il raziocinio ed il senso logico delle cose. Poco importava che avesse visto i suoi amici durante l’estate: quelli erano i suoi compagni. Era diverso! Ed aveva bisogno di quel genere di entusiasmo per poter affrontare un altro anno a scuola. Alcune lezioni erano interessanti, i suoi compagni gli piacevano, endpark for the win eccetera eccetera, ma a nessuno piaceva andare a scuola, e Kaz non era l’eccezione. Un anno aveva perfino cercato di convincere papà Oh a fingere la sua morte così che potesse proseguire i suoi studi al Quartier Generale, ma no, voleva che socializzasse e avesse, per quanto possibile, un’adolescenza normale, quindi era rimasto fra gli Ivorbone fino al suo sesto anno. Sesto anno, capito? IN MENO DI UN MESE SAREBBE DIVENTATO UFFICIALMENTE MAGGIORENNE NEL MONDO MAGICO! Che… non gli cambiava nulla in realtà, ma era una pietra miliare, e se non prendevi la vita come un videogioco da superare a livelli, qual era il punto dell’esistenza.
    Comunque.
    «CIAO*» (*in italiano!) Tolse lo sguardo dal braccialetto (bellissimo, amava i gadget gratuiti) per posarlo sui due festeggiati, salutando allegramente con entrambe le braccia. Conosceva i Linguini? No, solo Giacomino, ma aveva importanza quando c’era in corso una festa, clandestina!!, nella stanza delle necessità? Esatto, no. Aveva perfino portato un regalo, perché papà l’aveva cresciuto bene, ed era un ragazzo educato. Il poco preavviso e la povertà l’avevano costretto ad improvvisare, ma la leggenda narrava che contasse il pensiero, quindi si avvicinò a Romolo e Remo porgendo loro due pacchettini quadrati e sottili. «TANTI AUGURI*» (*in italiano!!! sapeva poco della lingua, ma qualcosa lo sapeva – le tre ipotesi, ad esempio, ma era presto per giocarsi quell’asso nella manica) «vi ho fatto anche una spilla!!!!! cioè, due» frugò nelle tasche cercando le due spille tonde con scritto best birthday boi, e porse anche quelle ai due Grifondoro. Alzò i pollici, allontanandosi dal magico duo – il beer pong non faceva per lui, non era un grande fan dell’alcool - per approcciare l’altro magico duo. Durante le vacanze aveva visto Dylan e Joni? Certo, così come il resto delle Furie (Dylan l’aveva sentita più di altre, e per un buon motivo: «ma l’hai vista la foto!! su instagram!!! in spiaggia!!!! deparkendgame») ma gli era mancato averle a portata di mano ogni giorno, tutti i giorni, e dopo un millisecondo di esitazione nel notare la mira terrificante delle due Tassorosso, si infilò fra loro poggiando un braccio sulle spalle di ciascuna. «LA NOSTRA PRIMA FESTA DELL’ANNO!!! INSIEME!!!!» era proprio ufficialmente iniziata la scuola. Le guardò arcuando le sopracciglia, una chiara aspettativa nelle iride scure.
    Hint: questo è il momento in cui gli dite quanto sia cresciuto e quanto sia diventato bello durante l’estate, perché siete sue amiche e se lo merita. Dai Joni…..

    Spinse le labbra all’infuori, le braccia strette in vita. In parte, Bennett era entusiasta di essere ad una festa illegale – la prima a cui partecipava sul suolo di Hogwarts – ma … a quale prezzo. Il compleanno dei gemelli Linguini? Ugh fuck me with a chainsaw. Romolo Linguini aveva osato rubare Erisha ad Harper (in che senso era solo una fanfiction) e Bennett Meisner non perdonava mai. Nessuno, figurarsi il primo frat boi cinquantenne di passaggio. Non era neanche un Dilf come si deve, solo una capra e pure rumorosa. «ok. Sono qui. yay» guardò di sottecchi capitano Byrne, strizzando parole poco carine fra lingua e palato. Inarcò un sopracciglio, ruotando gli occhi verso Paris. Lui avrebbe Capito TM. «che spreco» bisbigliò comunque, tamburellando le dita sul braccio.
    Almeno un po’ di dignità, Erisha. Non aveva neanche bisogno di leggere il suo post vederla, per sapere che in quel momento non ne avesse, e stesse emanando vibes di puro amore verso il festeggiato. Neanche un po’ di lussuria, capito? AFFETTO! SINCERO! DOV’ERANO I FUCK ME EYES UGHHH IL PEGGIO TIPO DI COPPIA ETERO, non ne voleva più sentire parlare (ben… nessuno ha detto niente). Afferrò uno shottino a caso.
    1. War flashback della festa freaks.
    «eddai. andiamo» puntò accusatoria gli occhi sui Linguini, il tradimento visibile negli occhi scuri. Potevano essere scoperti da un momento all’altro, e loro andavano servendo colluttorio? Che spreco doppio. Sospirò e si guardò attorno, forse sperando di vedere almeno il suo passatempo per la serata – e invece no. Linguini e Furie? Duh. Oh, era una fan delle seconde sia sul campo che fuori, ma erano tutte impegnate, e non il tipo da pomiciate sotto al tavolo. Cheppalle – e fu così che sentì le magike parole di uno degli italiani. Quello che non era Romolo, per intenderci. Si chiamava Barca forse? Una roba simile. «beer pong sia .» SFIDA ACCETTATA. «a squadre, due contro due? » (chi erano i secondi? Mistero, accettiamo candidature) Portò indice e medio davanti agli occhi, indicando prima Barcaiolo e poi se stessa, portando alle labbra un secondo shottino. Più meritevole dell'altro, c'era da dirlo. «boomer» GASP!
    thoughts?
    not even one


    KAZ: fa gli auguri a lollo e remo, gli da il regalo (ha fatto due disegni, uguali. non ringraziate) e due spillette di best bois, poi va a salutare dylan e joni
    BEN: vi giudica in silenzio, accetta la sfida a beer pong e giudica ad alta voce (.) e beve. DAI VENITE A GIOCARE A BEER PONG FACCIAMO DUE VS DUE

    ALCOL:
    KAZ: --
    BEN: 1+6
     
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    fino all’ anno precedente, per erisha, settembre significava fine del divertimento: il ritorno a scuola, allo studio e, unica nota positiva, il quidditch, quell’anno però, c’era qualcosa che le rallegrava l’umore, qualcosa che faceva diventare settembre più luminoso del solito.
    No, non stava parlando solo del proprio compleanno (che sarebbe stato qualche giorno dopo il loro rientro), bensì di quello del grifondoro che ormai occupava i propri pensieri da oltre un anno.
    Aveva fatto l’impossibile, quell’estate, per convincere sua madre e suo cugino a visitare l’italia magica, e ci era riuscita, a loro era piaciuta talmente tanto che avevano giurato di ritornarci l’anno successivo, erisha ne era stata felicissima, ed aveva potuto passare quei due giorni con Romolo nella capitale.
    Ora, durante tutta l’estate aveva pensato tantissimo al regalo da fare al romano e romanista, e alla fine si era messa a lavorare a maglia sotto l’ombrellone ed il sole cocente italiano; la sciarpa che indossava romolo qualche tempo prima sotto la neve, quando erisha si era accorta di essersi presa una stratosferica cotta per lui, era quella scolastica e se la ricordava leggermente sfilacciata: così ne aveva fatta una del tutto nuova e sopratutto super morbida, sotto lo sguardo severo delle nonnine in spiaggia che parevano contrariate dal fatto che la cacciatrice lavorasse il cashmere ad agosto sotto l’ombrellone, di un rosso e un giallo sgargianti e alla quale aveva aggiunto dei ricami fatti a mano, una R ed una L affiancati dallo stemma della roma e quello dei grifondoro, per quelli aveva dovuto invocare l’aiuto della madre, e di Crez al telefono, che ovviamente l’aveva presa in giro ogni minuto passato al viva voce, e si era punta non poche volte le dita, ma rigirandoseli tra le mani ora non poteva fare altro che pensare che fossero venuti proprio bene, sperava che a Romolo piacessero tanto quanto piacevano a lei.
    Per l’altro gemello, invece, era stato più difficile di quanto pensasse, aveva scoperto di conoscere Remo meno del previsto, ma per fortuna, o per sfortuna visto che si era dovuta arrangiare da sola nel parlare al telefono con il rivenditore autorizzato che ovviamente non capiva l’inglese, aveva avuto l’idea di prendere due biglietti per l’ultima partita del girone di europa league (non ho voglia di andare a cercare quale sia scusa pandina) in modo che i gemelli avessero la trasferta assicurata.
    Insomma, i regali c’erano, Crez probabilmente era già lì che la aspettava, e lei stava ancora combattendo con il cosa indossare «Rosso o nero?» chiese alla sua nuova compagna di stanza, indicandole i due vestitini sul letto, uno di raso rosso, l’altro nero a pois bianchi «Nero, come la mia anima» erisha alzò gli occhi al cielo, ben era un tipo particolare ma le era simpatica, era sincera quando non usava il sarcasmo, ed era una buona confidente, l’aveva convinta a venire alla festa, da buon capitano qual era, dicendole che la squadra aveva bisogno della sua cacciatrice anche nei momenti in cui non si giocava «Ti aspetto lì, allora?» le disse con voce ovattata, mentre si infilava il vestito a pois nero, per poi riemergere dalla stoffa dopo qualche secondo con la sua massa di capelli scuri «Devi per forza venire, la tua prima festa da giocatrice ufficiale!!» le sorrise mentre si avvicinava allo specchio, aprendo il rossetto rosso e ritoccando quello che aveva già messo poco prima «A dopo!» aveva detto dopo aver (esagerato col profumo) afferrato i regali, la bacchetta che aveva infilato in uno stivale, ed essersi precipitata fuori dalla stanza, in modo che Ben non potesse ribattere, sperava si portasse dietro anche Mona, dopo aver leccato la panna montata, da ubriaca, dalla sua clavicola aveva scoperto che era una possibile nuova cheerleader dei blu-bronzo, come poteva farsela sfuggire?


    Quando entrò nella stanza delle necessità con i regali stretti al petto, ed un leggero fiatone, visto che era in ritardo e si era praticamente messa a correre per i corridoi (scusa prefetto), osservò che c’era più gente di quanto pensasse, era strano? assolutamente no, i linguini erano caotici e popolari, i gemelli si erano fatti conoscere tra le mura scolastiche per le esultanze, sul campo da quidditch e non, e per la loro simpatia, non c’era da stupirsi che tutti fossero entusiasti della loro festa di compleanno.
    Erisha si rassettò i capelli e si guardò intorno, cercando di avvistare la famiglia italiana da qualche parte nella stanza, quando la avvistò non esitò ad avviarsi verso loro, si fermò davanti al festeggiato, quello per cui aveva cucito tutta l’estate , ignorando l’imbarazzo di essere dinnanzi ad un pubblico non indifferente «Ciao, buon compleanno.» gli rivolse un sorriso morbido, a labbra serrate «Per te» gli porse il pacchetto rosso, con un nastro di organza giallo , con dentro la sciarpa, aspettando che l’afferrasse «Per te e tuo fratello» lanciò un’occhiata a Remo, lì vicino, porgendo a Romolo la busta con dentro i biglietti «Così potete andarci insieme» e lo sguardo di Erisha, come aveva detto Ben che la malediceva da lontano in aramaico antico, trasudava amore da tutti i pori.

    But when you call me baby
    I know I'm not the only one


    non beve, per ora, ma da il regalo ai gemelli


    Edited by Melanie~ - 11/9/2022, 23:30
     
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    Vabbè, everyone act surprised: lui con quel gruppo di gente non c’entrava un cazzo.
    Poco importava che il gruppo fosse abbastanza eterogeneo da essere in realtà venti comitive adolescenziali rinchiuse in un cappotto, tanto Eggsy (non lo sapeva) aveva l’invidiabile capacità di non riuscire a mimetizzarsi manco coi muri.
    Incrociò le gambe e sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, occhi a seguire furtivamente i movimenti dei presenti; gente che, contrariamente a ciò che si penserebbe di un individuo come il Saintwich, non disprezzava in quanto anticonformista ribelle. Non il genere di persone con cui era solito passare il suo tempo libero, certo. Un po’ troppo noiosetti per i suoi standard: le faccette pulite che vivevano la loro vita e prendevano ciò che il mondo gli offriva, perché non avevano mai dovuto combattere davvero per qualcosa. E non lo avrebbe mai ammesso apertamente, Eggsy, ma individui come la Byrne gli provocavano un forte senso di disagio – era in costante attesa di vedere la realizzazione nei suoi occhi, e un dito accusatorio puntato contro il suo petto a marchiarlo ufficialmente come impostore. Di motivazioni valide, dopotutto, ce n’erano a bizzeffe. Erisha avrebbe avuto solo l’imbarazzo della scelta.
    Il suo rientro a scuola era somigliato a ogni singolo altro rientro che aveva fatto in passato. Un po’ più sobrio, forse, dell’anno precedente; non aveva smesso di essere umiliante, la differenza d’età tra lui e buona parte degli studenti del suo anno, ma l’espressione sul volto di suo padre – la patetica curvatura della bocca e le rughe marcate sulla fronte mentre lo guardava battere pigro le ciglia e barcollare verso il vagone – lo aveva traumatizzato abbastanza da convincerlo a non voler ripetere quelle sue scelte discutibili (perché inutile dire che lo aveva sognato per buona parte dei mesi seguenti, lo sguardo a metà tra il deluso e il preoccupato del Saintwich senior, fino a che la pausa invernale non era arrivata ed era finalmente riuscito a concedere a entrambi un’immagine di Eggsy più composta, seppur altrettanto infelice).
    Il corpo studentesco lo aveva graziosamente ignorato. I docenti, per grazia divina, lo avevano lasciato a farsi i fatti suoi invece di tentare strani discorsi motivazionali che avrebbe in ogni caso dimenticato. Non che ci avessero mai provato, le anime pie di Hogwarts, ma l’assistente di Trasfigurazione – un ragazzo che a sua volta non era mai riuscito a diventare qualcuno nella sua carriera da studente, nonostante i suoi voti alzassero la media di buona parte del castello e possedesse una sorta di bellezza sovrumana che, inspiegabilmente, non gli aveva comprato un ticket automatico di sola andata nel gruppetto popolare – aveva tentato di prendere a cuore la sua causa, e non era finita bene. Senza contare che si portava dietro ancora i fantasmi di Salem: tutte le volte in cui si era dovuto sedere e abbassare lo sguardo e ascoltare, mortificato, un monologo sul suo potenziale sprecato. Lo so che sono un deficiente, avrebbe voluto dirgli, ma non potete accettarmi così come sono?
    C’erano pergamene dimenticate sotto al suo letto, in dormitorio; anche questo, nulla di nuovo. Decisamente più nuova la frequenza con cui i suoi occhi cadevano sulla squadra calcio Linguini in cerca di un volto in particolare, ma quello era un problema che aveva scelto con saggezza d’ignorare finché non sarebbe scomparso da solo.
    Altrettanto nuova la sua partecipazione a una festa studentesca – il genere di cosa che mai prima di quell’estate avrebbe fatto se non sotto esplicita minaccia di morte. Non che non si stesse pentendo di ogni scelta che lo aveva portato lì in quel momento, sia chiaro: semplicemente non sapeva dove altro andare, con il suo spazio dedito allo spaccio occupato da un po’ di italiani rumorosi.
    Roteò l’alcol nel bicchiere, e prese un sorso. Avrebbe potuto farsi i cazzi suoi. No, per dire. Non si era manco portato dietro la sua magica scorta, literally zero scuse. Forse, forse, forse quello era un suo tentativo di fare le sue esperienze. Si era imposto di rendere quello il suo ultimo anno a scuola, promozione o meno. Con tutto il rispetto per i gemellini di Shining che stavano scartando regali, lui non era intenzionato a festeggiare ulteriori compleanni tra quelle mura. Di fronte a un esito negativo avrebbe molto semplicemente rinunciato. Quindi: nel bene o nel male, la scuola per lui finiva quell’anno. Toccava prendere palle al balzo. Dire carpe diem e fare l’adolescente di merda comune.
    (86) ‘23, baby.
    «a squadre, due contro due?»
    «mi aggiungo.» e tirò un braccio in aria, alzandosi a fatica da terra prima di buttare giù un altro sorso di alcol unimpressive e condannarsi a quel momento d’alta socializzazione.
    And on the t-shirt that I wear
    Pick the thorns out of my hair


    si siede a terra, fissa la gente, beve, si aggiunge al team beer pong

    alcol: 3 + 1


    Edited by homini lupus - 25/9/2022, 21:00
     
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    darae sunwoo
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    «beer pong sia .»
    «cringe» roteò i suoi begli occhi da vampiro che non dorme da duecento anni (si era truccato perchè le occhiaie sembrassero ancora più infossate? maybe!), ma non si spostò da lì, bevendo invece il suo drink (d5) e osservando gli altri partecipanti chiedendosi cosa potesse spingere non un ben10, ma due (o tre? si era perso paris, vicino a bennett fino a un attimo prima) a fare un gioco da film anni 2000 antigenico con gente vecchia.
    Andare a quella festa era stato ovviamente scontato: quando aveva ricevuto la soffiata, Dara aveva valutato i rischi (parecchi) e i benefici (alcolici gratis in una location strafiga!), e deciso che i suoi genitori non sarebbero stati contattati per così poco anche fossero stato beccato dai professori; si sarebbe giusto guadagnato una visita in sala torture e qualche punto in meno - poteva sopportarlo, anche fosse capitato (o si sarebbe inventato una scusa con i signori Sunwoo, chissà; non voleva pensare all'eventualità di deluderli).
    Tuttavia, giocare con i Linguini? I Bens stavano già facendo agli italiani dono della loro presenza stellare, dovevano pure giocarci insieme per sopperire alla timidezza e vergogna del resto degli invitati, spaventati probabilmente che sarebbero stati presi "scherzosamente" a pugni o buttati a parlare con i pesci del lago nero se si fossero comportati male? Dovevano passare la serata con i Linguini, e neanche con i loro preferiti? Dov'era ad esempio Ficus!Linguini, quello un po' fulminato ma adorabile, il Re del prom dell'anno prima?? O Crez?
    I gemelli non erano l'ideale di popolarità a cui aspirava Dara: voleva essere l'outsider dannato e pericoloso, non il pagliaccio himbo. Senza contare che fra i due festeggiati, RomoloeRemolo (tutto unito perchè erano un'unica cosa sì), il secondo era il più anonimo; almeno l'altro era in alto sulla scala sociale come capo ultras (cheerleader, same thing), l'altro era ... beh.
    .
    Esisteva.
    E a proposito di gente che stava lì ed esisteva.
    «mi aggiungo.»
    Si versò altro da bere, osservando di sottecchi il rocker apparso misticamente dal nulla.
    O forse era sempre stato lì in silenzio, chi lo sa.
    così tanto potenziale sprecato quel corvonero......................
    intanto, il capellone spacciava, e poteva essere utile diventare loro amico e avere gli sconti.
    Poi era maggiorenne, e avrebbe potuto comprare loro l'alcol senza problemi.
    Terzo, sarebbe stato divertente tirare fuori il satanista latente che era in lui e renderlo da goffo (lo era? boh nel suo immaginario sì, forse era solo sempre fatto) outsider sfigato, a re del metal della scuola, temuto da tutti tranne dai ben perchè come lo avevano creato così potevano distruggerlo.
    ... oh mio dio era geniale DOVEVANO prenderselo loro prima delle cricche himbo (giù le mani linguini), o quelle sfigate!!!!!! cioè in queste probabilmente già girava (non esisteva un club di giochi di ruolo o nerdate simili?) MA POTEVANO CONDIVIDERLO PERCHE LORO ERANO PIU FORTI E DEI MISERICORDIOSI!!
    Se aveva appena adottato un ragazzo più grande di lui per fargli effetto princess diaries o quel nuovo film reboot con mortino? sì.
    «gioco con Ben e-» guardò il concasato. Doveva davvero dire ad alta voce quel nome......... di solito lo chiamava solo Linguini, ma nella tana della lupa si sarebbero girate mille persone «Gigio.............» si sentiva già sporco, un po' come arianna che chiama ezra ciruzzo ed è subito italian starter pack. «più siamo meglio è» ammiccò al metallaro.
    Tanto erano tutti così alticci o fatti che non si sarebbero accorti che erano tre contro due (che poi non cambia niente in beer pong .) «sfida gen z contro i boomer»
    Fece l'occhiolino agli sfidanti (a eggsy*). Dara sapeva giocare? non così bene. Era un gioco da ricchi bianchi etero alle feste del college, o almeno così appariva nei film vecchi, ergo non il suo genere di divertimento, ma potevano trarne qualcosa di buono: ad esempio, un altro shottino quando riuscì a fare punto!! chissà se sarebbe morto per i germi o l'alcol disinfettava tutto........................
    "do your tattoos have any meaning?"
    yeah and the meaning is that i'm cool


    osserva bevendo la scena al beer pong e si aggiunge a giocare con ben e gigio VS eggsy e remo

    beer pong:
    2 + 2 + 1 (se posso tirarli 5 volte, + 2 + 1)
    quindi visto che con 1 si vince ne fa entrare solo due. Non so davvero le regole del beer pong lascio così .
    forse non dovevo tirarli tutti ma non so se riposto con dara ??? gli eventi mi confondono sempre perch è sono lenta ;;
    per la vittoria beve d6 !!!!

    alcol: 5+6
     
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    remo & balt
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    «aò, ma la voi fa finita?» si massaggiò il collo, ormai rovente per tutti i coppini che il gemello gli aveva rifilato solo negli ultimi minuti. «te'e tajo mentre dormi, 'ste mani.» era un tipo fisico, Remo, e certe dimostrazioni - d'affetto o meno che fossero, dipendeva da contesto e persone - le condivideva con Lollo, ma il paragone con il licantropo faticava a reggersi su due piedi: il capo ultrà era decisamente più estremo di lui sotto molti punti di vista, tra cui quello. A ventitré anni appena compiuti aveva ormai accettato che per comunicare una frase di dieci parole dovesse metterci in mezzo un minimo di cinque manate addosso all'interlocutore di turno, per enfatizzare, portando il proverbiale gesticolare all'italiana ad un livello di scazzo altrui per il quale non poche volte aveva dovuto (assisterlo, e poi) tirarlo fuori da più risse di quante entrambi ricordassero.
    Ma prima o poi quelle mani gliele avrebbe staccate davvero. Con affetto.
    Non sapeva bene cos'avesse buttato giù nel brindisi inaugurale, prendendo la prima bottiglia che gli era capitata a portata di mano, ma era qualcosa: probabilmente Gin aveva messo in mezzo agli alcolici anche un po' di benzina dello SpacoBot, spacciandola per roba del Baretto solo per risparmiare («anvedi che purciara»); se quello era l'inizio, temeva per i più piccoli là dentro.
    «ma sì, ma a che cazzo te serve la patente gigè» diede una pacca sulla spalla del milanese, sollevando il bicchierino vuoto nella direzione di suo fratello per sottolineare le sue parole. «già ci stanno troppi scemi pe strada, lascia fa»
    Altri invitati, «lunga vita alla regina» «ma è morta» «ao ma che cazzo stai a dì che significa non fa sti scherzi testa de cazzo» (aveva ignorato Gigio, aveva sentito solo la Ferrilli e si era gasato), giochi che iniziavano, regali da parte di Erisha (che... ok, grazie Byrne per il doppio presente a Lollo, appreciated comunque) e Kaz («aw grazie, carinissimo... ci conosciamo?» perché molto apprezzato, però voleva sapere chi ringraziare e non era sicuro di sapere chi fosse l'Oh, se non un giocatore dei tassorosso), Ciruzzo.
    Santissimo Ciruzzo.
    «lo so.» ignorò lo smartphone che gli veniva portato via, ricambiando il saluto del minore stringendogli le spalle in un morbido abbraccio; lo stava facendo per il suo bene, non avrebbe provato a recuperarlo mentre giocava a calcio balilla con Lollo. Forse. «e sì, ma è lo zar! mi capisci...» poco gli importava che anche lui preferisse vederlo fuori dai giochi, puntando su uno schema più giovane e fresco: il suo era un attaccamento sentimentale al giocatore. «anzi, sai che c'è?» socchiuse gli occhi e curvò le labbra in una smorfia, rassettando pieghe invisibili sugli abiti del cugino. «n'me ne frega n'cazzo cirù» due pacche finali sul petto del Grifondoro, prima di lasciarlo libero. «tanto perdemo, a che serve infognaccese sopra. domani ce pensamo e rosicamo, oggi se beve.» sorrise, soffrendo internamente.
    E dunque, giunse il momento del beer pong. «gioco con ben e - gigio........» si prese un altro sorso di limoncello - quella volta più onesto del primo - e raggiunse il tavolo, lanciando un sorriso ai suoi avversari. Non a Gigio, sia chiaro: era un sorriso di compassione, quello del festeggiato Linguini. «mi dispiace per voi,» non perché il Serpeverde non sapeva che gioco fosse; buon dio, Remo nemmeno aveva mai fatto quella roba - sembrava solo figa da inserire nel caos, quindi l'avevano inserita. Quanto più perché era Gigio, e i due avevano volontariamente deciso di prenderselo in squadra. Coraggiosi. «ma meglio per me!» strinse un braccio attorno alle braccia del Saintwitch, prima di seguire il coreano e fare il suo tiro - pessimo, solo una pallina imbucata. «tu sei americano, no?» chiese al ragazzo, perché non era sicuro di conoscerlo affatto: non era un animale sociale come il resto della sua famiglia, il Grifondoro. «confido nella tua anima a stelle e strisce.» dai, ce l'aveva nel sangue il beer pong. O anche soltanto la beer, che ne sapeva lui.

    Baltasar osservò Ben e Dara allontanarsi per raggiungere la postazione del beer pong, sorridendo entusiasta nello stringere un braccio attorno alle spalle di Paris, e virare la sua attenzione altrove - ergo: al tavolo degli alcolici. Il tassorosso era veramente euforico, ma niente di particolarmente diverso dal solito; viveva di party, l'unica differenza era che quello fosse illegale e dentro Hogwarts.
    Bellissimo, davvero bellissimo. Chissà se li avrebbero beccati, quanti what if avrebbe potuto scriverci al riguardo. Sempre che non li uccidessero per la trasgressione delle regole, quello non sarebbe stato molto simpatico.
    Certo, c'era da dire che quell'arredamento non fosse tra i preferiti del quindicenne: troppo minimalista, non era abituato a così poche luci psichedeliche e gente che ballava e caos generale, ma i Linguini non gli dispiacevano e quindi accettava anche quello stile da straccioni.
    Prese un bicchierino già riempito di qualcosa, e senza domandarsi cosa fosse lo mandò giù invitando il Tipton a fare lo stesso. Very strong, iniziava già bene. «maaaa io voglio giocare a biliardino!!!» giocare = perdere. Avessero messo una PlayStation con Fifa, Romolo e Ezra non avrebbero avuto scampo; ma quello?
    «IO GIOCO!» sollevò il braccio, avvicinandosi per farsi vedere dai due Grifondoro. «tu giochi?» ma Paris, invero, si era già allontanato. Merdina. «ok no ho bisogno di un compagno.» chissà se Ficus avrebbe risposto al suo richiamo mentale.
    CITAZIONEUNO
    CITAZIONEDUE


    remo interagisce con un po' di gente (Lollo, Gigio, Ciruzzo, Erisha, Kaz), poi va a giocare a beer pong e parla con gli altri, beve a caso (d7: 1)
    5d2 (1; 2; 2; 2; 2) -> d7: 4
    alcolimetro: 7+1+4= 12

    balt parla con Paris (che nemmeno c'è), beve (d7: 7) e va a giocare a biliardino
     
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    Avrebbe riso, Eggsy – del modo in cui il Serpeverde aveva trascinato ogni vocale e palesato il suo disgusto, della situazione in generale, di tutto – ma purtroppo era un pelino a disagio. Perché vedete, c’erano tante cose di quella scena in particolare ad avere del surreale, ma. Ma.
    Due erano le opzioni.
    (1) Dara pensava che Eggsy ci stesse provando con la sua amica, e che avesse deciso di giocare a beer pong per attirarla nella sua trappola ed essere il Machine Gun Kelly della sua Megan Fox. Di conseguenza si stava comportando in quel modo per sorprenderlo in un momento qualsiasi e ucciderlo per gelosia. O qualcosa del genere, non aveva ben capito quanto esattamente fossero psicotici i ben10. Sapeva solo fossero grandi ammiratori dei freaks, e qualcuno gli aveva detto che CJ possedeva una motosega, quindi le premesse non erano delle migliori.
    (2) Dara aveva deciso in quel momento, in quel giorno, in cui Eggsy era già stralunato di suo, di provare a farsi rifilare droga gratis. Non ricordava di aver mai venduto nulla ai marmocchi – e se lo aveva fatto, era a sua volta talmente fuori di sé da non riuscire a distinguere le facce dal muro –, ma magari in un futuro lontano sarebbero potuti essere clientela potenziale. E poi Eggsy non sapeva un cazzo (su nessuno, nel dubbio), quindi per quel che gli riguardava i ben10 potevano avere già la scuola nel pugno in qualità di nuovo gruppetto extra poppppulare. Non voleva di certo farsi rovinare la reputazione da qualche gossip malaugurato solo perché si era rifiutato di donargli tavolette come se fossero caramelle nella sala d’attesa di un ufficio medico.
    Altre spiegazioni che giustificassero l’improvviso interesse nei suoi confronti, d’altronde, non c’erano. Lui e i suoi amichetti non erano attirati dalle celebrità di Hogwarts come falene? Che se ne faceva, di un lower than low come Eggsy Saintwich. Cosa esattamente poteva ottenere da un disadattato sociale che poteva sperare, al massimo, di finire a lavorare in una topaia per quattro soldi e rimanere un miserabile per tutto il resto della sua vita.
    Rischiò uno sguardo in direzione di Dara, allora: stava ammiccando.
    Merda. Stava ammiccando a lui?
    Batté gli occhi da cerbiatto lentamente, e trattenne lo sguardo su di lui: il genere d’espressione che non traspariva altro se non una certa noia, un disturbo pigro. Che era il genere di tattica opossum che era solito usare con le persone che voleva placare. Quando uno dei tuoi amici più stretti vende ketamina al chilo e cresci in una scena dove la maggior parte dei concerti si svolgono nei garage con la puzza di piscio prevalentemente riempiti di cinquantenni skinhead col vizio dell’alcol facile e tu sei un ragazzino trans che non riesce a guardare la gente della sua stessa età negli occhi, bambini, impari tanti trucchetti per la sopravvivenza. Innanzitutto, ti tappezzi di tatuaggi orribili e illegali che fanno capire alla gente che sei un cretino qualunque come loro e non un fiorellino di campo della generazione dei social justice warriors. Poi impari a roteare le spalle e fingere di essere la persona più disinvolta e tranquilla che abbiano mai visto (e forzi, di concerto in concerto, di pub in pub, di garage in garage, a mantenere lo sguardo alto: non sei lì per creare problemi e non sei lì per farti spaccare le ossa nel mosh pit più deprimente che tu abbia mai visto). A un certo punto, diventi persino credibile.
    Sperava, cazzo se ci sperava, di esserlo anche per Sunwoo Darae, perché l’opzione 3 – quella che prevedeva che Dara ci stesse provando con lui, cristo – non era una che era particolarmente interessato a intrattenere.
    E Dara stava ammiccando e parlando con lui.
    Oh, merda.
    «sono della tua stessa generazione.»
    Lo disse piano, scandendo qualche parola e biascicandone altre. Disinvolto! Cool! Porca puttana.
    Che poi, boh, forse non era vero in effetti. Cioè Eggsy era un gen z, e fin lì: Dara non ne era troppo certo. Quanti anni aveva, tredici? Terribile.
    Tirò fuori il pacchetto martoriato di Winston e ne posò una tra le labbra; si prese la briga di accenderla, prima di lasciarla bruciare al lato della bocca, esalando dal naso come un drago.
    «tu sei americano, no?»
    Oddio, n’altro.
    Gli rivolse un sorriso divertito, battendo contro il petto per poi stendere le braccia in fuori, busto piegato in avanti – un semi-inchino. Aveva fatto anni di teatro; sue him.
    «cosa mi ha tradito?»
    Il twang pesante del sud più profondo? Eh, mi sa. La Gran Bretagna non era riuscita a lavare via il suo animo da redneck; qualcosa che, era certo, Remo poteva capire.
    «non fidarti troppo.»
    Che lui a quei giochi partecipava solo per ubriacarsi disperatamente.
    E via di tiri.
    And on the t-shirt that I wear
    Pick the thorns out of my hair


    vabbè del tutto a caso ma ogni tanto penso a questa role
    beer pong! spiccia due parole con remo e dara
    5d2: 2 + 2 + 1 + 1 + 2

    alcol: 3 + 1 + 3 + 2
     
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10 replies since 8/9/2022, 23:00   431 views
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