Votes taken by milk bath

  1. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    20 y.o.
    british
    ne'er do well
    raegan dayanna lynch / shogun
    «l’ho scritto io?»
    Sperava di no.
    «lo hai scritto tu?!»
    Sperava sinceramente di no.
    «mi sono ammanettata alla mora sbagliata?!!?»
    Sperava davvero davvero – eh no, aspetta un attimo, ritirata tattica.
    Sollevò lentamente la fronte dalla sua spalla, indecisa su cosa provare a riguardo. Boccheggiò inutilmente per qualche secondo di troppo; poi assottigliò lo sguardo. «mi stai già tradendo?»
    Manco sapeva come minchia si chiamasse, e già era stessa storia, stesso bar. Almeno poteva dire di avere temi ricorrenti nella vita che la salvavano dalle brutte sorprese, Reggie. Il low blow dei low blows.
    E a proposito di non conoscere il suo nome. «ma ci siamo presentate?» non che la linea temporale degli eventi fosse davvero rilevante, ormai. C’erano cose che le sfuggivano di secondo in secondo; i vestiti ultimo dei suoi problemi, perché svegliarsi negli abiti di qualcun altro rientrava comodamente in una settimana semi-tipica della Lynch. Certo, tendeva a brulicare tra ragazzini che si compravano Van Cleef con la leggerezza di chi si prende un caffè al bar e il poliestere della sua giacca suggeriva una storia diversa. Ma comunque.
    «sono reggie.» così, lanciato lì. Neanche si chiese se si conoscessero o meno prima di quel momento; inutile, con la sua memoria riservata unicamente alle persone che voleva trinciare come un pollo di rosticceria. Il fatto che non fosse in grado di collegare volto a persona era sicuramente un buon inizio, tutto sommato.
    «e la mattina non mangio» o a pranzo, o a cena. Fece spallucce e picchiettò l’indice contro il suo zigomo, prima di fare un cenno verso il menù. Un invito a prendere tranquillamente controllo della situazione. «mi gonfia.»
    Fato: eh che strano il cielo. Proprio particolare. Non notate quanto è mistico che sia soleggiato? Dovrebbe proprio piovere!!
    Reggie, an intellectual che a malapena ricordava in quale giorno della settimana si ritrovassero: anyways. «non ti puoi drogare?»
    Buffering.
    Buffering.
    Buffering.
    «ma dai, io non ho nulla di così utile.» spinse il labbro in fuori, accartocciando il volto in un broncio infantile. «posso solo dissanguarmi ogni tanto.»
    Allora, sempre perché le sue priorità erano interessanti, portò la mano libera contro la bocca spalancata. «vuoi vedere??»
    Ah, il suo party trick preferito; un toccasana per gli stomaci deboli. «quando usciremo da qui, ovvio.» perché non esageriamo. E perché era scontato che una via d’uscita l’avrebbe trovata – insieme a lei o con la sola mano mozzata di Hold a batterle contro il polso. Quello era ancora da decidere.
    «senti, a proposito.» si dondolò sui talloni, e tese il collo nella direzione della porta. Ma quindi. «dove pensi che siano gli altri?»
    E anche in quel caso, meno un’intuizione data dalle circostanze e più da un’allegra indifferenza nei confronti del pericolo. Figlia di genitori ricchi core: spavalda, perché dai suoi guai riusciva a sgusciare via ogni singola volta. Non sempre nel migliore dei modi, e non sempre integra, ma era ancora miracolosamente viva. Un cacciavite parlante non avrebbe cambiato le cose.
    «e secondo te, se qualcuno di loro ha una chiave per le manette e lo uccidiamo per appropriarcene, conta come legittima difesa?»
    Chiedeva per un amico.
    E mi hanno detto che la vita è preziosa
    Io la indosso a testa alta sul collo
    La mia collana non ha perle di saggezza
    A me hanno dato le perline colorate
    Per le bimbe incasinate con i traumi


    SPOILER (click to view)
    AsoJOJ9

    mah
  2. .
    I think I'll pace my apartment a few times
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    20 y.o.
    british
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    raegan dayanna lynch / shogun
    E Hold toccava.
    Ok, ok.
    Rizzò la schiena, improvvisamente più interessata alla situazione che si spiegava di fronte a lei. Non che avesse davvero le energie psicofisiche per rischiare la giocata. O il giusto quantitativo di dentifricio tra i denti.
    Ma ci poteva lavorare sopra.
    Batté le ciglia, labbra già curvate in un sorriso mieloso. Aveva i suoi chiari problemi con chi allungava facilmente le mani, Reggie, ma le sue restrizioni severe si limitavano al gentil sesso; in quanto donna per le pari opportunità, credeva nel lasciar passare ogni cosa al genere femminile e concedere qualche osso scartato al resto.
    «grazie.» t’oh! Fece pure finta di darsi davvero una sistemata, a quel punto: passando l’indice sul contorno labbra, pettinando alla bell’e meglio le ciocche disordinate. Un po’ più umana, casomai ci fossero telecamere a documentare quello scambio.
    E visto che c’era, intrecciò le dita in quelle della compagna di sventura; se proprio dovevano trascinarsi in giro come cani, almeno potevano farlo senza darsi accidentalmente schiaffi in faccia. O farlo comunque, ma insieme! Besties.
    «spero abbiano l’acqua di fogna.» un paio di barcolli dopo, e la trascinò con se verso il depliant in questione. E casomai fosse stata necessaria una spiegazione in più, si piegò verso di lei – un segreto da condividere. «ai ricchi» tipo sua madre «piacciono quelle cose terribili che sanno di vero caffè. io voglio la scarica d’energia senza l’aggiunta del sapore.»
    Che faceva schifo, primo. E rischiava d’ingiallirle i denti, secondo.
    Puntò lo sguardo sulla stampa, a quel punto, e tamburellò le unghie laccate sulle scritte. Il genere di corsivi orribili che volevano dare aria d’eleganza al posto; ne aveva visti così tanti, nella sua breve vita, da essere diventati solo pezzi di carta privi di valore. Un discorso che valeva per un po’ tutto ciò che la circondava in quel momento, a dire il vero.
    Tanto che alla sua domanda si limitò a fare spallucce. Troppo abituata ai suoi stessi casini inutili, Reggie, per cercare una risposta che fosse sensata.
    «qualcosa di profondamente sbagliato come lasciare il bicchiere inosservato da qualche parte.» e per dimostrare il suo punto, fece cenno nella direzione generale del suo braccio. Che l’altra avesse problemi con l’eroina non era poi del tutto da escludere, ma insomma. «e no, non penso.» sorrise ancora; divertita, stavolta. «fossimo state in prigione ti avrei lasciata a morire in cella.»
    Non per cattiveria, figuriamoci. Mai per cattiveria. Era solo fatta così, Raegan Lynch: pensava a se stessa e a chiunque potesse aiutarla a mantenersi viva. La prigione avrebbe significato una chiamata dritta dritta a papà, una limousine che la riportava a casa, tante promesse vuote, e l’ennesimo lasciapassare. Se si sforzava a far uscire qualche lacrima, poi, al premio si aggiungeva anche un bracciale di Cartier.
    «una mezza idea ce l’ho.»
    Confermata dal lembo di carta che tirò via da sotto al menù. Tu guarda, il destino. Lo lasciò cadere sopra all’ennesimo elenco di piatti francesi, lasciando a entrambe il tempo di osservare quella chiara minaccia. Nel suo caso, anche il tempo necessario per arrendersi alla realtà. Come se non l’avesse già fatto nel momento stesso in cui aveva collegato data a sfiga immane.
    «credo proprio tu sia chiusa con me qua dentro per un po’ di tempo.» quale gioia. Beh, di meglio da fare di certo non ne aveva. Appoggiò la fronte contro la sua spalla, turbata da quel risvolto tanto quanto una persona al suo secondo giro poteva esserlo. Cioè: per niente. «buon san valentino, anima gemella!!@@»
    Kaffé?
    E mi hanno detto che la vita è preziosa
    Io la indosso a testa alta sul collo
    La mia collana non ha perle di saggezza
    A me hanno dato le perline colorate
    Per le bimbe incasinate con i traumi
  3. .
    I think I'll pace my apartment a few times
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    20 y.o.
    british
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    raegan dayanna lynch / shogun
    Lo spoiler fa ridere, perché in effetti è proprio così.
    Non il più gradevole dei risvegli, quello. Ci provò davvero a ignorare la mosca nell’orecchio, un po’ come sta facendo ora giulia perché ne è entrata una e non ne vuole sapere di andarsene, ma nel sentirsi scuotere come una maraca non poté far altro che scattare — vabbè, scattare parolone. voltarsi pigramente — nella sua direzione. Ma cosa voleva. Era all’ottava ora su dodici di beauty sleep, minchia, zero rispetto.
    Volto accartocciato in un’espressione irritata, prese prima atto della ragazza causa di tutto quel trambusto. Poi della lochescion (dieci, onesti e tondi; ma una punzecchiata in più poteva far ribaltare il risultato). Infine, ultimo pensiero, delle manette.
    Quindi sospirò, infinitamente più scocciata. «prima volta in una situazione di vita o morte?»
    Scosse la testa e schiacciò un’altra volta la faccia contro il cuscino. O quello che le pareva essere un cuscino, e che poteva benissimo essere la gamba della vasca. E con la mano libera scostò le ciocche finite inevitabilmente in bocca. «dammi altri cinque minuti.»
    O almeno, il piano era di tornare beatamente a dormire fino all’inevitabile arrivo di qualche creatura ultraterrena; poi masticò l’aria, e tutta insieme la coscienza la colpì a grandezza grande.
    Non era un giorno qualunque, quello.
    Era il quattordici di fucking febbraio.
    E lei era ammanettata a una persona in una stanza d’hotel.
    Il vizio dell’alcol, e la sua attitudine tutta speciale, l’avevano portata in condizioni discutibili prima di quel momento? Sì. Ma come coincidenza era un po’ troppo tirata.
    Spalancò gli occhi, allora. E guardò di nuovo Hold.
    «non di nuovo.»
    Il secondo San Valentino fuori dal suo controllo e già ne aveva le ovaie piene. Manco il coraggio di farsi una risata; al secondo giro comincia a essere preoccupante. Qualcuno doveva proprio lanciare il memo a Polgy — Reggie, un po’ come Nate, era destinata a vagare il mondo senza una fottuta anima gemella BASTA AMEN ARRENDIAMOCI.
    Sospiro lungo, e tentò a sua volta di alzarsi da terra. Poco aggraziata, ma se il suo obiettivo era quello di sedurre aveva già perso in partenza, d’altronde. Abbastanza certa di avere il mascara colato a polvere sulle occhiaie, il rossetto sbavato. Un vago olezzo di whisky misto al profumo; sperava quantomeno che quello di tabacco fosse svanito. Doveva davvero imparare a evitare quel particolare brand di bello e dannato — che, tra parentesi, l’attirava per la naturale propensione all’abbandono che erano soliti portarsi dietro. Funzionava alla grande con ragazze come Raegan Lynch, che gli uomini li toccava solo con la promessa di tenerli zitti e non vederli mai più.
    Vabbè. Innanzitutto: «siamo in white lotus?»
    Domande importanti. Alla fuga poteva pensarci dopo; tanto, conoscendo gioco e giocatori, il massimo a cui poteva aspirare era un servizio in camera. E a proposito di ciò: «voglio un caffè.»
    Per la sua compagna di sventura sembrava poco necessario, ma chissà. Piegò il volto, e la considerò attentamente. Non male, in un universo alternativo in cui Reggie possedeva il dono dell’object permanence.
    «sola a san valentino?»
    Noiiiiii.
    E mi hanno detto che la vita è preziosa
    Io la indosso a testa alta sul collo
    La mia collana non ha perle di saggezza
    A me hanno dato le perline colorate
    Per le bimbe incasinate con i traumi
  4. .
    reggie.

    2003

    I am no good nor evil, simply I am
    And I have come to take what is mine
    I was there in the dark when you spilled your first blood
    I am here now, as you run from me still
    Run then, child
    You can't hide from me forever
    nome. un nome che porta il suo bel bagaglio di significati importanti, scelto con la cura necessaria - e che lei ignora bellamente. peccato: non le sfuggirebbe l'ironia, se solo se ne interessasse un minimo. raegan è sinonimo d'impulsività e nobiltà, due qualità che hanno segnato - nel bene o nel male - circa tutta la sua vita. per chiunque che non siano i suoi genitori, comunque, è reggie. un nomignolo che si scioglie più facilmente sulla punta della lingua, e che le conferisce un'aura più gentile rispetto alla durezza di raegan. finché non apre bocca, quantomeno.
    del secondo nome, dayanna, sa solo che appartiene a qualche parente della madre che le sfugge sempre. la sorella, forse, o la nonna? la bisnonna? una cugina molto cara? ah, boh. chi li ha mai conosciuti, gli acosta.
    data di nascita. c'è chi è problematico, e poi c'è chi nasce gemelli ascendente scorpione. il 21 maggio, allo scoccare delle 20, reggie ha graziato il mondo con la sua presenza: in tempo per far saltare la cena alla manciata di persone strette nella sala operativa -- entrambe le volte, perché al destino a volte piace fare il burlone. a sua madre, donna saggia, è bastato incontrare le pozze scure e curiose della neonata raegan lynch per capire quanto promettessero danno.
    famiglia. la solita solfa: questione complicata. ma davvero, davvero complicata. anche togliendo dall'equazione la variante bitchinskarden. il fatto, vedete, è che ai lynch piacciono i segreti -- sporchi, esclusivamente. suo padre ha il vizio delle donne e voci di corridoio dicono: anche di altro. promesse mai mantenute, debiti e buste di soldi sfusi racchiusi in cassetti di mogano. a sua madre, invece, i suoi vizi piace sfoggiarli attorno ai polsi; hanno la forma di diamanti, di manici in pelle di coccodrillo, e nomi francofoni. mostra sorrisi bianco latte e offre mani curate a chiunque voglia stringerle. ride, e ride tantissimo, perché il suo potere è nel modo in cui sfoggia apertamente ciò che è, non lasciando spazio ad alcun tipo di sussurro. tutti sanno che salo è prima d'ogni cosa una donna d'affari; di gran lunga migliore di suo marito, a dirla tutta. origini umili surclassate da un'attenzione ai dettagli che le ha assicurato un posto a tavola con i pezzi grossi. la moglie trofeo perfetta: una che soppesa l'oro e le relazioni sulla stessa bilancia. è anche una madre affettuosa e premurosa, con così tante psicopatie condivise con sua figlia che è difficile immaginare non abbiano legami di sangue. un bene, perché nessuno lo sa: neanche il caro harold, che quando si è trovato l'allora avventura extraconiugale sul portico della sua villa agli hamptons con in braccio una bambina di pochi mesi si è solo fatto i conti in tasca per capire quale opzione gli sarebbe costata di più -- gli assegni di mantenimento o il divorzio da una moglie che, a differenza di salome, già aveva riempito gli zigomi di botox. con la seconda scelta ha finito solo per perderci la casa a cabo: poco male.
    figlia unica, in teoria. nella pratica -- problemi per la raegan del futuro. letteralmente.
    allineamento. non me ne sbatte una minchia core. le fanno schifo i mangiamorte tanto quanto i ribelli; i primi li ritiene dei trogloditi privi di un cervello funzionante in grado di distinguere la propaganda spiccia dalla realtà. i secondi, invece, sono un po' il motivo per cui la sua vita si è ribaltata in un loop continuo per un anno intero. la politica non le piace; chi ne è così appassionato da schierarsi da una parte o l'altra, ancor meno. onesta neutrale, dritta come una statua, decisamente poco influenzabile. almeno sotto questo punto di vista, t'oh.
    raegan
    fucking lynch
    aspetto fisicotemperamento
    è sempre stata carina, reggie. ossessionata dal suo aspetto nel modo malsano tipico di chi nasce con gli attributi giusti e un genitore che a certi dettagli ci tiene un po' troppo: quando tua madre a tavola si sistema un piatto d'insalata scondita e, amorevolmente, schiocca la lingua se lo sguardo ti cade su di una fetta di torta, è inevitabile. salo le ha insegnato tante lezioni preziose; come mantenere la lucidità dei capelli, come e quanto truccarsi per sembrare graziosa, mai una maschera di cera. che vestiti comprare, come parlare, come battere le ciglia nel modo giusto, come sorridere. per poi pentirsene amaramente quando reggie, di tutti questi insegnamenti, ne ha fatto un problema -- svariati, a dirla tutta. ingerisce un quantitativo di calorie giornaliere che sosterrebbero a malapena un bambino di quattro anni, ed è anche diventata eccezionalmente brava a nasconderlo. non che ce ne sia troppo bisogno, ormai; dietro le mura del suo appartamento in south london, pagato e mantenuto dai suoi genitori ma lontano dai loro sguardi attenti, non deve sforzarsi troppo.
    almeno con l'adolescenza alle spalle è diventata meno, come dire. intensa, sotto questo punto di vista. certe cose sono ormai parte della sua persona, difficili da scardinare; ma non è più solita iniziare la sua giornata due ore prima per apparire al suo meglio. i suoi capelli rimangono lucidi e lunghi di un nero corvino, liscissimi, che non tinge perché si rifiuta categoricamente di esplorare il mondo delle doppie punte. cura ancora le mani con la cadenza regolare di chi può permettersi di non vedere mai l'ombra di una ricrescita o la mezzaluna delle cuticole. predilige colori scuri, ora, ma il suo armadio è ben fornito e costantemente aggiornato. col trucco è meno fiscale, ormai, ma non esce mai di casa senza almeno quella passata di correttore e fondotinta che la fanno sembrare un po' più umana: nutrimento scarso, se non del tutto assente, e la perdita di sangue costante hanno irrimediabilmente cambiato la sua pelle. ha sempre qualche livido sparso lungo il corpo, e il colore naturalmente olivastro è ora più spento, grigio. menomale che c'è ... tutto il resto su cui concentrarsi. quando da piccola si lamentava perché era la più bassa tra i cugini sua madre le sorrideva e scuoteva la testa; che ne sapeva, reggie, del potere che aveva tra le mani. la crescita le ha donato quei centimetri in più che bramava, ma mai abbastanza da rientrare nella media. ha però capito che non è il peggiore dei difetti: l'altezza è una di quelle cose che colpisce così nel profondo l'orgoglio dell'uomo medio da rendere nullo ogni altro sforzo, e per rendersi più gentile al sesso opposto avrebbe dovuto per forza di cose eliminare i tacchi. orrore! disonore! una grande arma, quella che gli è stata donata: peccato che ora gli uomini le provocano un disgusto viscerale e poterli cacciare via come mosche così facilmente le tornerebbe utile. alas.
    mercuriale. da piccola lamentava il fatto di non riuscire del tutto a essere come le sue coetanee, nonostante si sforzasse attivamente per spiccare. sorrisi brillanti, voce di un'ottava più alta per risultare melodiosa, mai maschile. non è mai stata prima in nulla, reggie; insoddisfatta e sempre in cerca di attenzioni che, se ricevute, finivano per metterla a disagio. non si è sentita mai scelta davvero -- una ruota di scorta, in mancanza del premio principale. e l'universo non le ha dato prova del contrario. c'è sempre una heather morrison di turno a buttarla nell'ombra e farla sentire parte dell'arredo; almeno finché quella meta non si dimostra irraggiungibile, e allora entra in campo raegan. con il tempo e l'esperienza ha imparato a renderlo un vantaggio, ma non si è mai lavata di dosso l'invidia. è gelosa di tutto e tutti; non può farci niente, quando questo si traduce nell'istinto di strappare via le cose dalle mani degli altri. un po' lo ritiene un suo diritto. e non è cattiva, davvero, solo -- difficile. le piace tagliare nelle persone, perché è l'unico modo che conosce per lasciare un marchio. tutto fuorché diplomatica, predilige il survival of the fittest: nella sua personalissima bibbia, la miglior lezione di vita è sempre quella che ricevi con la forza di un calcio nello stomaco, e quindi ne ha fatto una missione personale quella di darne trenta al giorno. reggie per il sociale!
    non è mai stata una persona molto incline al contatto fisico, e da quando è stata nei laboratori la questione non ha fatto che peggiorare; ora fatica a tendere una mano, e s'irrigidisce quando sono gli altri a farlo. calcolatrice, vendicativa, asfissiante. non ricorda più come ci si affeziona alla gente senza perdere ore di sonno al pensiero di quando, esattamente, la tradiranno. un evento raro, in ogni caso -- i pochi prediletti a cui tiene cerca sempre di allontanarli in un modo o nell'altro.
    In your basement I grow cold, Thinking back to what I was always told
    "Don't talk to strangers or you might fall in love"
    Freezer bride, your sweet divine
    You devour like smoked bovine hide
    How funny, I never considered myself tough
    You poor thing
    Sweet, mourning lamb
    There's nothing you can do
    It's already been done
    segni particolari. citando la nostra santa signora kimberly kardashian: honey, would you put a bumper sticker on a bentley?
    ha un paio di cicatrici che si porta dietro dai laboratori, e quel piccolo incidente pre che l'ha lanciata con un biglietto di sola andata tra le braccia di abaddon. le nascondeva con pozioni estetiche, all'inizio; poi ha cominciato a trovare esilaranti le espressioni contrite di chi nota gli squarci sui suoi polsi, e ha addirittura iniziato a sfoggiarle. quando ha voglia di dare spettacolo, tra parentesi; il resto del tempo, sono malcelate sotto fabbrica e bracciali.
    istruzione. lo so, difficile da immaginare. ma ad un certo punto della sua vita reggie è persino sfilata tra i corvonero. nessuno sa veramente come sia successo o perché; un chiaro caso di glitch nel matrix per il cappello, corretto di cattiveria quando si è fatta quella fetta di tempo rinchiusa nei laboratori, tornando a scuola in qualità di altair. non particolarmente brillante. non particolarmente amata. era solo lì, raegan. l'onesta e universale esperienza liceale.
    potere. assurdo, davvero; manco il tempo di vivere la sua fantasia di angelina jolie in ragazze interrotte che boom, è diventata carne da macello. nel senso più letterale: per mano del suo quasi-carnefice, e poi in un laboratorio in russia, di tanti posti. è così special di cuore e di fatto che è stato uno dei primi casi registrati di emocinesi in inghilterra. prima anche di twat, eh. tutti fatti che potrebbero essere veri come no; tanto la cosa innegabile è che è più bella degli altri. dillo alla mamma, dillo all'avvocato.
    Even the iron
    still fears the rot
    BACKGROUNDPG
    BACKGROUNDPG
    BACKGROUNDPG
    i'm your doll
    fka twigs
    ptolemaea
    ethel cain
    designer sadness
    zheani
    dead but pretty
    ic3peak
    liquid smooth
    mitski
    sofia carson is raegan lynch
    gifs: iiiiii
    There is no bad, there is no good
    I drank all the blood that I could, Made myself mythical


    Edited by homini lupus - 16/11/2023, 17:42
  5. .
    raegan lynch
    I think God is moving its tongue
    There's no crowd in the streets and no sun In my own summer
    The shade is a tool, a device, a savior
    See, I try and look up to the sky But my eyes burn
    «spero il mondo dato alle fiamme sarà di tuo gradimento»
    Ah, ma lo vedi. Lo vedi, Heather, come c’inviti a nozze.
    «dipende, sai.»
    Picchiettò un dito contro il mento, poi cinse i fianchi della bionda con gesti lenti e calcolati. Poggiò persino la fronte contro la sua spalla, affettuosa in una maniera che non le apparteneva più da fin troppo tempo; complice il bel bagaglio di puttanate che l’aveva resa in quella maniera. Era sempre stata una mina vagante, Raegan: rissosa nel mondo passivo aggressivo di chi non era motivato da rancore personale, ma un più banale desiderio di lasciare un marchio, seppur negativo. Non era cattiva, ma neanche buona. Selettiva, se vogliamo – non era mai stato particolarmente facile rimanere nelle sue grazie.
    Poi erano arrivati i laboratori. Le conseguenze: un potere non richiesto che dall’alto della scala sociale l’aveva posizionata nel baratro, e una nuova rabbia ad animarle il petto. Da selettiva era divenuta impossibile. Non era più scegliere di chi fidarsi, il problema, ma il fatto che non ricordasse più come si facesse.
    «brucerai anche tu?»
    Si chiese, non per la prima volta, cosa ne sarebbe stato di lei se la vita non l’avesse portata a quel punto. Tra i corridoi del Ministero con un lavoro rispettabile come la Morrison? In una gonna corta a scuotere pompom per una rinomata squadra di Quidditch, come aveva scritto nel suo diario d’infanzia? O era sempre stato quello il suo destino – una nullafacente senza un futuro che poteva unicamente contare sul pesante conto in banca, magari rinchiusa in un matrimonio infelice a sfornare bambini che mai avrebbe amato per fingere di avere la situazione sotto controllo? Non che pensarci servisse a qualcosa.
    «vorrei entrare nella tua testolina bionda» e scostò una mano dai suoi fianchi per passare delicatamente le dita tra le ciocche di Heather. «e capire cosa provi.»
    Sentimenti indubbiamente estranei a Reggie. Troppo castana.
    «la scala sociale è un concetto che andrebbe lasciato tra i banchi di scuola. È valida solo lì, tanto.»
    Una cosa che le era parsa piuttosto apparente nel momento stesso in cui si era diplomata ed era divenuta una bellissima nessuno. Battesimo di fuoco.
    Si scansò nuovamente da lei per battere le scarpe contro i cocci – calciarli via, incurante, prima di andare a recuperare la borsa.
    Estrasse il gloss dalla zip, ripassandolo un paio di volte sulle labbra prima di chiudere il tubicino e premere i palmi contro i capelli, volumizzando ove necessario. In guerra solo con Fenty Heat e una piega decente; non ci credeva più, nella bellezza che ti salva da tutto, ma era un po’ diventata la sua religione. Persisteva come meccanismo di difesa. Poi si voltò ancora verso di lei, a quel punto; e curvò la bocca in un sorriso mieloso, lo sguardo al limite del pietoso. «forse è meglio se tu ancora non l’hai capito.»
    Lo diceva per lei, davvero. Se con Reggie il lavaggio del cervello aveva smesso di essere effettivo quanto desiderato, era stato solo a causa di forze maggiori. Quell’incoscienza la invidiava e l’augurava.
    «staccati da quel brandy, ti ho cresciuta meglio di così.» Schioccò la lingua contro il palato, e si avviò verso la porta.
    «e chiamami.»
    gif code
    brit
    emokinetic
    pro
  6. .
    raegan lynch
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    The shade is a tool, a device, a savior
    See, I try and look up to the sky But my eyes burn
    Che modo complicato per dire che lo stesse facendo per tornaconto personale. Curvò ancora le labbra in un sorriso, la mancina a disegnare cerchi in aria col bicchiere, e guardò il liquido trasparente ondeggiare per qualche secondo di troppo. Era affascinata, Raegan Lynch. Inutile dire. Dall’ambizione e l’inguaribile ottimismo che la sua compagna di bevute le stava dimostrando. Così evidente che vivessero in due realtà ai poli opposti; quel tutto quanto, a lei, aveva fatto inarcare un sopracciglio. Il discorso da campagna elettorale sul potere degli special, invece, l’aveva presa contropiede – il suo voto, nel dubbio, non ce l’aveva – e un po’ uccisa dentro. Ma poco poco. Fu abbastanza gentile da non scoppiare a ridere; dopotutto era il pensiero che contava.
    «quello che cambierà.»
    Un eco delle sue parole che enfatizzò scandendo lettera per lettera; il volto piegato contro la spalla, gli occhi serrati e fissi in un punto imprecisato della stanza. Schioccò la lingua contro il palato, e prese un altro, salutare sorso di finto long island.
    «troppo carino da parte tua.» no, davvero! Sporse le labbra in fuori, smorfiuccia emozionata a farsi strada sul suo volto. Premette persino un palmo contro il cuore, per farle capire esattamente quanto fosse toccata dalla sua vena patriottica e al contempo progressista.
    «voglio dire.» picchiettò contro il vetro, prima di avvicinare la bocca e bagnarla di cocktail fortificato. Era evidentemente troppo abituata a spaccarsi il fegato regolarmente, perché nonostante i rapidi sorsi avvertiva ancora solo un superficiale alleggerimento degli arti; peccato. «credo tu sia appena distaccata dalla realtà, ma hai lo spirito giusto.»
    Ed era quello, a fin dei conti, che contava.
    Ah no?
    Pensa.
    Si strinse nelle spalle, e cercò le iridi chiare di Heather. «pensi che un paio di diritti in più ci renderà più carini agli occhi dei vecchi sudici del country club che vogliono usare le nostre teste mozzate come palle da golf?» dal suo personale punto di vista, la risposta era un secco no. Non era informata, ma non era una totale deficiente, Reggie. Degli occhi ce li aveva. L’esperienza, pure. Che discorso da Miss Universo, quello di Heather: una poster girl cotonata con delle belle parole scritte che non sapeva un cazzo di niente.
    «il tuo bel Ministero non beneficia nessuno, se non l’uomo a capo di tutto.» uomo – essere. Sillogismi inutili. Tanto, insomma: «a conti fatti, io rimarrò sempre fottuta.»
    Alzò il bicchiere in un ulteriore brindisi, e butto giù il resto del contenuto. Come se lei avesse scelto quella vita, e non glie l’avessero forzata giù per la gola.
    Le pareva un concetto semplice. Indipendentemente da quanto potere riuscissero ad acquisire, la società era sempre una società magica. Fatta di persone come Heather. Come suo padre e sua madre. Come Reggie, prima che diventasse la bambola di pezza di un matto con degli spilli da balia in mano. Il loro astio non sarebbe cessato solo perché Seth Rogen aveva deciso che fossero la razza superiore; a dirla tutta, prevedeva un rapido e inesorabile declino all’orizzonte. Ma anche in caso contrario – diventare la regina del ballo non avrebbe riscattato nulla, per lei. Né la sua sete di vendetta, uno tsunami impossibile da frenare; né il dolore che aveva provato. Il terrore. L’alienazione.
    Nulla, in grado di farle dimenticare quello che si prova a svegliarsi in una cella e chiedersi se avrebbe visto l’alba. Scostare le ciocche di capelli dal viso madido e incavato, e sperare solo di essere meravigliosa e terribile al contempo: un cadavere la cui decomposizione avrebbe dato vita alla belladonna, così da stringere dita scheletriche attorno alla gola del mondo.
    «non voglio aiutare nessuno.»
    Spinse il bicchiere contro il bordo del bancone, e lo osservò rotolare e rompersi a terra.
    «voglio solo guardare qualcosa bruciare.»
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  7. .
    raegan lynch
    I think God is moving its tongue
    There's no crowd in the streets and no sun In my own summer
    The shade is a tool, a device, a savior
    See, I try and look up to the sky But my eyes burn
    Lasciò la borsa sulla prima superficie disponibile, le braccia già spalancate ad abbracciare l’armadietto pieno di bottigliette di vetro dai nomi più svariati. Che lei non riconosceva, tra parentesi, ma era forse importante? L’alcol era alcol. Ne afferrò una a caso, cercando distrattamente sull’etichetta qualche vaga indicazione sui contenuti – e aggrottò la fronte, tirando fuori la lingua per mimare un teatrale conato. Dio, ma quale vecchio sudicio si andava a bere il brandy a una spa. Lo abbandonò sul bancone, perché non era così disperata, e tornò a cercare qualcosa di vagamente papabile.
    «sembra di essere tornate agli anni di hogwarts»
    Sorrise, sempre sulla fine linea tra il divertito e l’amareggiato. Storia della sua vita. «dici?»
    Evidentemente una di loro due era cresciuta davvero, in quei pochi anni. Surreale, dal suo punto di vista. Per Raegan la grande differenza tra gli anni di Hogwarts e il presente si era vista nella serie di cattive abitudini che la momentanea distrazione della scuola avevano limitato. Perché non aveva avuto scelta, semplicemente. Nasconderle era diventata un’impresa di gran lunga più faticosa di qualunque pratica meditativa che le avevano inculcato nel suo breve periodo di forzata riabilitazione.
    «dovremmo uscire di più.»
    Girò l’ennesima bottiglia nel palmo, un ah-ha! (ah-ha) nel notare il primo, vero bottino. Picchiettò con un’unghia laccata contro il vetro per portare il gin alle attenzioni della compagna di bevuta – e alzò la testa in tempo per notare che si fosse già attaccata ad altro. Inarcò un sopracciglio, e non disse nulla.
    Per un po’.
    «mi pulisco la bocca»
    «con il brandy?»
    Al massimo stava facendo il contrario. Sospirò, e cliccò la lingua contro il palato. «la polvere degli scaffali del ministero ti ha proprio plagiata.»
    Povera stella. Non come lei, che invece si prese persino la briga di cercarsi un bicchiere – una vera signorina matura, mica no – per versarsi un long island alla bell’e meglio. Decisamente troppa tequila e vodka a mangiarsi la cola, il rum e il gin, ma un’annusata vaga le confermò che fosse quantomeno bevibile; una vittoria, seppur poco onorevole.
    La guardò posare soldi sul bancone, e non replicò il gesto. Un’altra cosa nella lista dei problemi di cui non le fregava una beneamata minchia; come se poi non se li sarebbe intascati il primo a fare breccia nel negozio. Carino il pensiero, però. Il genere di considerazione del prossimo che Reggie non aveva, molto chiaramente: non l’avesse fatto Heather, il pensiero non le sarebbe manco balzato per la mente. Se mamma l’aveva fatta stronza non era colpa sua.
    «All'imminente guerra, mh?»
    Rise, a quel punto. Spinse il bicchiere in avanti per colpire la bottiglia dell’altra – un brindisi alternativo. «all’imminente apocalisse.»
    E buttò giù tre, lunghi sorsi. Se proprio doveva crepare, preferiva farlo allegra. Non c’erano apparenze da mantenere, in ogni caso; non con Heather Morrison, sulla quale aveva messo un sasso da fin troppo tempo. Gli anni di Hogwarts. Per l’appunto.
    Si strinse nelle spalle e si arrampicò sulla superficie chiara del bancone, incurante delle bottiglie pericolosamente vicine, prima di accavallare le gambe.
    «t’interessa davvero così tanto?»
    Avevano indubbiamente due idee molto… differenti, sulla vita. Qualcosa che sapeva già – che aveva incrinato la loro amicizia nel momento stesso in cui avevano smesso di avere un pretesto per vedersi regolarmente. Ma mai era stato vero quanto in quel momento.
    «cosa ti stai giocando?»
    Oltre alla pelle. Irrilevante, per Reggie; forse meno per lei.
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    raegan lynch
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    Quanto cazzo parla.
    L’unico pensiero costante a passare nella mente di Raegan Lynch. Dio, signor Seth, quanto siamo prolissi. Ma non sputava mai?
    Il resto era stato un contorno. Un po’ noioso. Un po’ strano, a tratti. È che lei non capiva il principio, proprio. La politica e i giochi di potere e la voglia di scendere in piazza e rovinarle i piani per la giornata – che comprendevano, tra parentesi, una manicure (che aveva fatto), un daiquiri (che aveva sorseggiato solo in parte), un iced caramel macchiato più grande della sua testa (che non aveva avuto il tempo di prendere), e qualche gadget di ricordo da rubare a qualche bancarella del festival (che a quel punto, con la folla nel panico, era forse un po’ troppo facile: si perdeva tutto il divertimento, boo).
    Per quel che le concerneva, ovvero molto poco, era tutta una grande, faticosa perdita di tempo.
    I discorsetti motivazionali, innanzitutto, perché Reggie non era una cima ma qualcosa del mondo lo aveva capito; e il fatto che sotto lo sguardo di un dittatore non esistesse il forse e il no era indubbiamente una di quelle.
    E poi battersi per qualcosa, punto. Men che meno, battersi per il giusto. Il suo non era puro cinismo, davvero; era solo molto realista. Conscia – perché lo aveva visto, come lo aveva visto chiunque altro – che tagliata una testa, ne sarebbero sbucate altre. Uguali o peggiori di quella prima. Non c’era rivoluzione che potesse cambiare quel semplice dato di fatto. Preferiva lasciare il salvataggio del mondo dai ribelli brutti e malvagi (e vice versa – stabilire chi delle due fazioni avesse più rogne era un’altra delle cose che non le interessavano minimamente) a qualcun’altro.
    Del resto non ci aveva capito un cazzo, e non aveva intenzione di provarci davvero. Lo statuto? Ma cosa poteva fottergliene. Il genocidio dei babbani? Ma cosa poteva fottergliene.
    Non erano stati loro a rinchiuderla in un laboratorio russo per punzecchiarla con degli aghi e cambiare il suo codice genetico. Ma erano stati loro, che l’avevano resa una facile preda degli estremisti. Non che fosse più poi così importante: la storia l’aveva archiviata nel momento in cui Nikolaj – o quel che restava di lui, insomma – era caduto ai suoi piedi.
    Piangersi addosso non le piaceva particolarmente. Si rovinava il trucco.
    Per tutte queste motivazioni facilmente riassubili con contro ogni aspettativa Reggie non era una deficiente, avrebbe dovuto girare i tacchi e andarsene. Lasciare i suoi amici della fiera alle loro guerre nel nome di nessuno.
    Eppure.
    Eppure.
    Posò la guancia contro il palmo, e osservò affascinata la bella ministeriale fare il suo passo avanti. E i leader. E i creduloni del cazzo.
    Poi si guardò attorno, e si fece sfuggire anche una risatina. Mizumaki Chouko, nel suo vestitino succinto da maid dei poveri, a indietreggiare. Altri, come lei. Così convinti di avere una scelta! La selezione naturale se ne sarebbe occupata senza ombra di dubbio; sperava solo non subito, perché la sua giacca era nuova, e un po’ le scocciava l’idea di farsela tappezzare di sangue.
    Quando finalmente il suo sguardo cadde su di una chioma bionda inconfondibile, il suo sorriso si allargò. Inquietante, se vogliamo: carbon copy del simpatico ghigno di Seth.
    Ah, Heather Morrison. Quanto tempo era che i suoi occhioni zaffiro non incontravano i suoi? Decisamente troppo. Reunion! Quale occasione migliore.
    Spintonò via chiunque fosse di troppo così da poter allacciare il braccio attorno a quello dell’altra, obbligandola a voltare il busto nella sua direzione.
    «ba—rbie!»
    Sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, e si strinse di più a lei.
    «quale buon vento.»
    La morte? Certo.
    Batté le ciglia lunghe, e abbassò il mento. «mi sembri… provata.» Understatement del secolo. Strinse le labbra a cuore, considerandola per qualche istante; poi la trascinò con lei verso l’insegna dell’Amortentia.
    «vieni,» non che avesse troppa scelta. «sistemiamo quel broncio prima che ti vengano le rughe.»
    Tanto – c’era forse qualcuno che potesse fermarle dall’assaporare i superalcolici del bancone senza pagare? Riscatto per il daiquiri che aveva dovuto abbandonare a causa della voodoo magic del signor Seth, scusatela.
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    real hot girl shit
    female behavior that exudes confidence and a carefree attitude
    «cosa abbiamo fatto di male nella vita?»
    Una domanda interessante. E insomma, a essere sincere sincere quore aperto: «tante cose, in realtà.» sì, tutte e due. forse aveva passato un anno rinchiusa in un collegio del dodicesimo secolo e (tristemente) di conseguenza distante dalla tecnologia, ma la sua buona dose di trash era comunque riuscita a iniettarla nelle vene – complice la copia di TV Sorrisi e Canzoni che le era stata recapitata direttamente dalla finestra del dormitorio per tutta la durata della sua reclusione forzata. E, well, di certo miss Ivy League un angioletto non lo era, e qualcuno di più saggio di lei, in un momento simile, avrebbe probabilmente lanciato un bacio al cielo per il karma. Sempre in ascolto, la merdina.
    «io comunque la prenderei con un pizzico di filosofia. sarebbe potuta andare peggio, tutto considerato.» e vi chiederete: ma peggio come. beh, peggio più o meno come la volta in cui a legarla a un albero era stato il suo ex ragazzo, che poi l’aveva lasciata a morire dissanguata come un maiale spellato mentre lui e la sua squad finivano il criss cross applesauce dedicato a satana or whatever. Ah, l’adolescenza.
    Avrebbe scrollato le spalle se solo Penn fosse stata in grado di vederla dallo scomodo angolo in cui si ritrovava (ecco, e qui è bene precisare: non l’aveva assolutamente vista in faccia; Penn Hilton era stata fiutata dal tono della voce, il naso che sua madre aveva portato dritto dritto dal chirurgo per farlo replicare sulla sua faccia e le extension che la stessa Reagan aveva richiesto identiche al suo parrucchiere di fiducia – luxy hair, 16 inches, fuck me up sis). Reagan Lynch stava ‘na crema, a essere del tutto onesti. Si stava godendo quel po’ d’aria aperta necessaria per il superamento del post sbronza in una giornata così merda inglese da poter essere benissimo tardo pomeriggio; persino i raggi solari della morte avevano scelto di ritirarsi e renderle la giornata un tantino migliore. Poi era in compagnia di una vera vip non scherziamo. Come minimo sarebbe giunto un intero squadrone di marines a salvare la bella fanciulla; nessun motivo d’allarmarsi.
    Anche perché lei aveva priorità molto serie. «prima che tutto finisca: paris e kim sono davvero tornate amiche o è tutta una trovata pubblicitaria?» che era un po’ la versione fatto in casa da benedetta del test della verità: “no, si detestano” era la risposta giusta, “skerzi si amano e si sentono tutti i gg” significava automaticamente che non poteva fidarsi di formaggino spalmabile alla sua sort-of-sinistra.
    «e per te quanti anni hanno?» non kim e paris, ma gli animaletti sotto funghi allucinogeni che danzavano come la versione problematica e vagamente razzista dei nativi americani. «per me dai tredici ai trentaquattro in base all’angolatura.» e inclinò la testa lateralmente, bocca arricciata e sopracciglio destro inarcato; tutte informazioni apparentemente prive di un’utilità, ma stava solo cercando di calcolare quanto se la sarebbe rischiata a tagliar loro le palle e rioffrirgliele su di un piatto d’argento come Ramsay di noialtri.
    «e comunque io sono reagan!» piacerone.
    kim ur
    sister's
    goin to
    jail
    reagan-lynch
    at my funeral take the bouquet off my casket and throw it in the crowd to see whos next
  11. .
    BDFRJNERHFBHERBNCKMSJDNHGFHJDKSZ,MX NC E' BELLISSIMO I CANT GRAZIE SOCIZ ;_____________;
  12. .
    ➞ nome otp: cheeky
    ➞ nomi componenti: chouko mizumaki + nicky winston
    ➞ confirmed/not yet confirmed: cosa? le ship di giulia... canon? never
    ➞ nomi pv: lalisa manoban (chou) + maia mitchell (nicky)
    ➞ link profili (sotto CODE):
    nicky
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    chouko
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    ah ma pensa ero collegata da reagan


    Edited by homini lupus - 11/4/2020, 10:55
12 replies since 4/3/2020
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