[oblinder] iii. the empress

polistirolo + MissYou

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    Magari la lettera, quella che ti è arrivata anonima la sera prima, non l'hai neanche aperta. Forse neanche vista, se non intenzionalmente ignorata. Oppure l'hai vista, ed hai pensato fosse lo scherzo di un amico, di uno sconosciuto annoiato, del vicino di casa a cui hai accidentalmente dato fuoco alle rose del giardino - insomma.
    Potresti non averci dato peso. O l'hai fatto, ed hai passato gran parte della notte a chiedere aiuti e suggerimenti alle persone di cui ti fidi, a cercare su internet, a rigirarti nel letto provando a dormire (o peggio, o meglio: a non, dormire).
    Insomma. Non importa la considerazione che tu abbia avuto della pesante busta lilla, e non importa quante precauzioni o meno tu abbia preso in merito.
    Vai a dormire nel letto della tua camera, sotto le tue coperte, circondato da un mondo che conosci ed odi ed ami a seconda dei giorni.
    Il dove apri gli occhi il giorno seguente, però, è un mistero.

    Dev'essere stato l'odore, a svegliarti. Un olezzo tutt'altro che piacevole, un misto di bruciato e polvere che ti fa arricciare il naso. Ti massaggi le palpebre abbassate, rannicchiandoti su te stesso quando senti l'aria farsi pungente...qualcuno ha aperto una finestra?
    Socchiudi le palpebre: no, decisamente nessuno ha aperto una finestra. Ti svegli all'interno di una gabbia. Una a pezzi, che ha solo il ricordo di esserlo stata.
    Tutto, ti rendi conto a breve, è a pezzi.
    Le strade piene di macerie. I palazzi crollati per intero od a metà. Una luce bianca, innaturale, a illuminare il tutto come si trovasse in un limbo fra alba e tramonto perenne.
    E le persone. Le persone...non ci sono.
    Così come i rumori.
    Non riesci a sentire niente.
    Ha tutto l'aria di vecchio ed usurato, di consumato e spaccato - di morto.
    Non c'è nulla di vivo, da quelle parti, e l'idea che offre è che non vi sia nulla di vivente da molto tempo. Ti rendi conto di non essere solo, però: c'è qualcuno, con te. Forse sta dormendo; forse è morto. Probabilmente non è morto.
    Abbassi lo sguardo. Un chiodo tiene impigliato al suolo un pezzo di carta, e quella che sembra essere una carta dei tarocchi: the magician. Sul foglio, ci sono solo sei parole - e mai avresti pensato che sei parole potessero pesare così tanto.
    Eppure lo fanno.
    Non è possibile leggere nei sogni.


    Ci sono altri tre foglietti, uno indirizzato ad entrambi, ed uno per ciascuno di voi.
    (insieme) trova, o crea, un riparo.

    (polistirolo) Prendere per mano l'altra persona

    (missyou) Invia per gufo/messaggio la frase “Ti amo. Dovevo dirtelo.” a tre persone che conosci superficialmente o per nulla (FIRMANDOTI!)

    Frugandovi nelle tasche, potete trovare un iphone (polistirolo) e fotocamera (missyou).
    Ah, quasi dimenticavo: la magia non funziona.


    tarocchi
     
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    «prende? PRENDE??? ODDIO PRENDE» ma voi cosa prendete. «STA PRENDENDO!!!!! scherzo non prende.»
    Arricciò le labbra, lasciando cadere le braccia ai fianchi – disappointed but not surprised, la Mizumaki, che fece scorrere il dito sullo schermo rotto del telefono un’ultima volta prima di tirare l’elastico dei pantaloni del pigiama e infilarci l’apparecchio (eh: a mali estremi, estremi rimedi).
    Un po’ ci aveva sperato; fighissima la simulazione interattiva, ma non era certa di a) voler morire abbandonata nel nulla – perché Chouko, Choukino, aveva scelto, dopo l’attacco di panico iniziale, di fingere per il bene della propria salute mentale di non considerare l’opzione “mentre dormivi è stato spazzato via il mondo e tutti quelli che conosci sono morti”, e come biasimarla – e b) il suo deficit dell’attenzione non le permetteva di fare la stessa cosa per più di quaranta minuti esatti prima di necessitare di una distrazione breve e indolore.
    E vabbè. The garbage will do. Letteralmente, perché non c’era molto altro da fare quando era del tutto isolata dal mondo e l’ambientazione apocalittica in cui era capitata l’aveva privata di contatto umano.
    Fece scorrere le dita tra le ciocche ondulate, passi incerti a trascinarla verso massi spezzati, cumuli di detriti, edifici tutto fuorché agibili (o invitanti, se per questo: l’olezzo all’esterno, quantomeno, si disperdeva nell’aria fino ad attutirsi – non voleva scoprire quale fosse la situazione di negozi chiusi da chissà quanto tempo, grazie ma no grazie). E per un po’, si limitò a questo – ad avvicinarsi silenziosa a qualunque cosa circondasse i pochi metri d’area in cui si era (molto felicemente) svegliata, occhi da cerbiatto a studiare qualunque cosa catturasse la sua attenzione con estrema cautela, e poi battere i pugni sulla superficie dell’oggetto, o resto architettonico che fosse, in attesa del familiare ping che era solito precedere la caduta dei loot boxes. Casomai li avessero inclusi nel pacchetto, for shits and giggles.
    Ancora. E ancora. E ancora.
    E ancora.
    Alzò il volto in aria, quindi, tirando un bacio al cielo per (i weuge) il fato. «apprezzo il tentativo ma ti metto comunque due stelle su Steam.»
    Una semi-minaccia che, evidentemente, servì a qualcosa; trotterellò verso la strana forma accartocciata a terra, sopracciglio inarcato mentre cercava di dare un senso al… tutto.
    Inclinò la testa da un lato, poi dall’altro. E strinse le labbra in una linea retta, indice alzato in aria come Doctor Strange mentre, solenne, si arrendeva all’idea di dover toccare quel corpo alieno fatto di strani tessuti – quindi affondò il dito nel materiale, fight or flight instinct a tanto [emoji con pollice ed indice che quasi si toccano] così dall’attivarsi. Strange forte: era una persona.
    «????????&&&&SGHDHS%&/D» recitato punto interrogativo per punto interrogativo. «AAAAAAAAH?» direttamente nell’orecchio del fortunello – che continuò a punzecchiare senza pietà alcuna, felice come un fanciullino alle prese con il primo bambolotto.
    «CHI SEI AAAAAAAAAAA.»
    T’oh! Una carta per la lettura dei tarocchi che in realtà è un bigliettino con /indizi/ sopra! «nnnnnon ho capito.» Addio carta per la lettura dei tarocchi che in realtà è un bigliettino con /indizi/ sopra.
    «hey,» e ticchettò piano contro la spalla del perfetto sconosciuto, labbra arricciate. «hey, credo voglia convincerci che non stiamo sognando.» pat, pat. «hey.»
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    Laurel Goldstein aveva dei progetti per quel San Valentino ventiventuno. Grandi progetti - e no, anche se chiunque la conoscesse almeno un po' *stessa emoji di indice e pollice che quasi si toccano* avrebbe potuto scommettere su una pozione d'amore per fregare il Sinclair, non intendeva conquistare l'Erede di Serpeverde in quel modo subdolo e molto scontato. I progetti non li aveva fatti per sè stessa, ma per suo fratello: San Valentino era il giorno perfetto per uno studio approfondito del libro sui figoni fantastici e dove trovarli - una parte di Hazel McPherson, molto grande e molto importante, aveva dato il meglio di sè con quel bellissimo regalo, e Laurel poteva giurare, GIURARE che lei non avrebbe tratto alcun beneficio dallo sfogliare quelle pagine ricche di gnocchi seminudi e single - li repelleva, in verità, che schifo davvero .
    Quel San Valentino era tutto per Jordan.
    E invece nope
    AAAAAAAAH? Occhi sbarrati.
    Una voce femminile gli squillò nelle orecchie facendole vibrare il timpano con fervore. AAAAAAAHHH?! Più di spavento che di sorpresa, capelli biondo scuro scomposti a ricarderle sul viso, si passò una mano tra le ciocche mosse, mandandoli indietro per guardare dritta in viso l'urlatrice.
    CHI SEI AAAAAAAAAAA.
    Eddai, vabbè che non si è mai bellissimi appena svegli, esisteva solo una (1) persona in grado di apparire splendida in qualsiasi contesto, a qualsiasi ora della giornata, e persino durante un apocalisse zombie, e questa persona sappiamo tutti chi sia (non Laurel, certamente), ma mica era così brutta da meritarsi quelle strilla, non era nemmeno sorda, ci sentiva benissimo.
    IO LAUREL E TU SEI UNA BANSHEE? Strizzò lo sguardo verde, focalizzando la figura della giovane, il tenero viso dai tratti orientali in forte constrasto con l'ambiente post apocalittico alle sue spalle. Lampadina accesa, cassetto della memoria ad aprirsi al momento giusto. AH. Ma sei...Chouko? Si tirò su, ponendosi troppe domande sul dove (si trovasse), sul come (fosse arrivata proprio lì), sul quando (che fosse sonnambula era la novità che non si aspettava), e soprattutto sul perchè (doveva esserci un motivo, per forza).
    L'avevano drogata e rapita?
    Aveva dormito cent'anni? Decisamente non era un sogno, Laurel sognava solo cose belle, e quella cosa non era bella per niente.
    Si spazzolò il pigiama dalla polvere passandoci sopra i palmi delle mani, scuotendoli poi per scacciare eventuali residui. Al collo una fotocamera - !!!
    L'accese, impostandola sul video e puntandola verso la Mizumaki, forse aspettandosi di vedere riflessa nello schermo un'aura demoniaca perchè aveva ancora il pallino della banshee, ma niente, era umana. Sollevò la fotocamera allontanandola dal viso e intromettendosi nell'inquadratura così che riprendesse entrambe. Selfie apocalittico? No, diario di bordo. Per i posteri: non sappiamo dove ci troviamo, nè perchè ci troviamo qui. Poi si voltò verso la Mizumaki, ricercando nel suo viso una qualche risposta. Zero. No, non lo sappiamo. Concluse. Qui tutto puzza, sembriamo al mercato del pesce. Fa freddo, le strade sono distrutte. Puntò la fotocamera sulle macerie e sulle gabbie aperte e rovinate, lasciandola pendere al collo così che continuasse a riprendere mentre con passo incerto si avvicinava alla tassorosso per osservare i biglietti che aveva in mano. I TAROCCHI? Dov'era Vin quando serviva?? Era lei l'esperta. E poi, il resto delle informazioni.
    (insieme) trova, o crea, un riparo.
    Sollevò lo sguardo su Chouko, capendo TUTTO.
    Siamo finite negli Hunger Games.
    I ricordi di Twitter vividi a farla dubitare: avrebbe passato la notte a raccontare storie a Chouko per poi venire ammazzata il giorno dopo? Si sarebbe messa a pescare? Avrebbe raccolto i fiori? Avrebbe pensato a casa? Si sarebbe mimetizzata tra i cespugli o avrebbe ricevuto acqua da uno sponsor sconosciuto? Lesse i restanti biglietti, per trovare maggiori informazioni ma... ?
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    Era la sua occasione.
    E l'avrebbe certamente sprecata - principalmente perchè non aveva nè Gufo nè telefono.
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    «Siamo finite negli Hunger Games.»
    Strinse il palmo contro il petto, sussultando drammaticamente.
    «first reaction: SCIÒK.» sciok biceueueuse: «non ho mai visto l’ultimo film.» e come si sopravvive agli Hunger Games senza sapere com’è schiattato Peeta (ah, non schiatta? e vbb, nell’Hunger Games secondo Lia almeno Katniss doveva morire).
    Certo era che come prima (almeno per quanto ne sapesse lei – magari era una cosa ricorrente e lei semplicemente non se n’era mai accorta perché era tutta una cosa underground? Chi lo sa; intanto esistevano i laboratori segreti degli estremisti ribelli, tutto era possibile. SECOND REACTION: SCIÒK???) edizione vera degli Hunger Games le pareva un po’ scorretta.
    «cioè, ma scusa.»
    Calpestò un sassolino per enfatizzare: «ma a Katniss e Peeta non avevano permesso di prendere roba dalla cornucopia?»
    Okay che lo scopo era farli fuori tutti, ma insomma. Arricciò il labbro superior, contrariata, prima d’imitare l’espressione della Goldstein – due cervelli importanti, quelli di Laurel e Chouko: «oddio.»
    Portò le mani tra i capelli, spostando lo sguardo verso un punto imprecisato mentre, man mano, sistemava i tasselli del puzzle: «oddio. Mentre gli altri prendevano la roba noi dormivamo.»
    Non così difficile da credere, considerando il fatto che Chouko era facile da svegliare quanto un cadavere. «oh no
    Si sistemò affianco a Lau, spiando da dietro alla sua spalla il resto dei messaggi in codice (ma manco troppo – trova, o crea, un riparo. era abbastanza straightforward anche per una Chouko incapace di risolvere i puzzle più facili dei santuari di Zelda senza la guida step by step su Youtube).
    «beh.»
    Un po’ ci aveva giocato, lei, all’esploratrice. «quei negozi non sembrano esattamente utili ai fini della sopravvivenza,» hint: perché sembravano pronti a crollare da un momento all’altro. «ma potremmo provare ad entrare in uno di quelli?»
    E puntò il dito verso strutture più lontane, apparentemente più intatte; da sola non era certa sarebbe entrata, perché aveva giocato a The Last Of Us e non era armata fino ai denti così da poter evitare di venir mangiata viva da (Taichi) zombie latitanti, ma con una seconda capra sacrificale al fianco poteva anche pensarci.
    «altrimenti non… non saprei?»
    Nel dubbio: «oh no once again, per enfasi.
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