[oblinder '24] non mi piace niente, ma tu mi togli il respiro

dailyReminder ft. shogun

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    Lotus Mirage Resort - room #014
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    Lotus Mirage Resort, un hotel situato a Montrose, piccolo villaggio portuale magico sulla costa est della Scozia. L?edificio è su quattro piani (reception, hall, bagno, sala da pranzo ? all?occasione sala da ballo ? e cucine al piano terra; alcune stanze al primo piano, altre stanze e due suite al secondo; alloggi dello staff, magazzino e stanze di servizio al piano interrato) ed è inserito perfettamente nella conformità paesaggistica del luogo, con le pareti di pietra dai colori chiari, il tetto di tegole rosso mattone e il basso muro di cinta che accoglie gli ospiti, mettendo in mostra l?insegna (il nome dell?hotel con sul fondo un fiore di loto i cui petali si aprono e si chiudono).
    Durante i mesi di campionato, quando la squadra della città ? i Montrose Magpies ? gioca in casa, la struttura ospita tifosi arrivati da ogni parte della Scozia, e dei dintorni; il resto dell?anno, è principalmente meta dei turisti che scelgono di visitare il villaggio magico e le spiagge rocciose di quel lato della Scozia, una vista mozzafiato che la posizione privilegiata in cui è stato costruito il resort (in cima ad una collinetta che affaccia proprio sul mare) regala a tutti i villeggianti.
    Noia. Curiosità. Ricerca. Psycho shipping. Fascinazione.
    Potrebbero essere tante, forse addirittura troppe, le ragioni dietro il perché la notte del quattordici febbraio sia diventata, oramai, una notte speciale nel mondo magico; quali che siano i motivi che spingono persone, o gruppi di persone, a lanciarsi ogni anno nell?organizzazione più assurda per garantire la migliore riuscita dell?evento, comunque, non è importante. Il perché raramente lo è, infondo. Non cambia le conseguenze, e non rende più comprensibile l?incredibile ? e francamente inspiegabile ? clamore dietro una notte che, all?apparenza, dovrebbe essere una come tutte le altre.
    Il passaggio di testimone, da un anno all?altro, serve solo a sottolineare ancora di più l?imprevedibilità che San Valentino porta con sé; simulazioni, sopravvivenza, ricerca scientifica.
    Cosa succederà l?anno prossimo?
    È la domanda che si fanno tutti.
    Beh, quasi tutti.

    E poi, in uno schiocco di dita, l?anno prossimo è già qui ? e maghi e streghe e special e babbani (perché no, non c?è più alcun velo a separare i due mondi, dopotutto) di ogni età si trovano, loro malgrado, ad essere i più vicini a scoprire la risposta a quella domanda.
    Che lo abbiate desiderato per trecentosessantacinque giorni o meno, che l?abbiate temuto o agognato, che abbia occupato anche solo una minima parte dei vostri pensieri in questi dodici mesi oppure no, non importa: perché quest?anno il fato ? o chiunque sia a muovere i fili del destino al suo posto, a questo giro ? ha scelto proprio voi come vittime.
    Uhm, pardon: come fortunati vincitori della lotteria annuale.
    Una scelta probabilmente fatta a caso, il proverbiale bastoncino corto beccato per sbaglio, e contro la vostra volontà; o magari vi hanno tenuto d?occhio per tutto l?anno, prendo appunti e aggiungendo note e trascrizioni alla murder board tenuta in soggiorno; lo so, è una possibilità terrificante, non è vero? Essere controllati. Eppure, nessuno può escluderla.

    Qualsiasi sia la ragione, qualsiasi sia il prima, non ha importanza.
    In quella stanza di albergo, quest'anno ci siete voi, e non siete soli.
    E in quello stesso istante, nel momento in cui aprite gli occhi e prendete nota di ciò che vi circonda ? del materasso morbido e delle lenzuola delicate, o del pavimento fresco, o di quanto sia stranamente comoda la vasca? ?, quello è il momento in cui vi rendete anche conto di essere ammanettati a qualcuno. Proprio così: vere manette d'acciaio fredde al contatto con la pelle nuda del polso.
    E potrà sembrare assurdo, ma non è quella la cosa più strana di cui vi rendete conto; e ne prendete velocemente atto quando provate ad avvicinarvi alla porta della stanza, portandovi dietro la vostra anima gemella, e in un battito di ciglia siete di nuovo al centro, accanto al letto, o nel bagno. Potete riprovarci quante volte volete, e potete persino tentare con la finestra che da sul mare: non importa, quanti, o quali, tentativi facciate, non c?è via d?uscita, e perseverare non porterà a nulla ? solo ad un forte mal di testa. La magia che vi tiene lì, è chiaramente una magia più forte di quello che vi sareste aspettati. Ed è anche l'unica magia che funzioni: non ci mettete molto a capire che né le vostre bacchette, né i vostri poteri, sembrano funzionare.

    Quanto alla stanza... beh, è una banalissima stanza d?hotel. Niente di particolare salta all?occhio, se si esclude il fatto che non possiate uscire da lì, certo.
    C?è il numero per contattare la reception al piano terra e il menu per ordinare la colazione in camera, ma nessun dispositivo con cui mettersi davvero in contatto con l?esterno: non un telefono, né alcun oggetto incantato con cui comunicare; c'è una piccola toeletta disposta contro la parete, e una sedia; c'è il bagno (con la vasca, perché a quanto pare l'hotel, il resort, non si fa mancare nulla); c'è il letto, due comodini, alcune stanze hanno persino un balcone ? non che voi possiate uscirvi fuori, certo: vi dovrete accontentare di osservare il paesaggio da dietro i vetri delle finestre.
    E poi c?è un foglio.
    Sul letto, a terra, sulla toeletta, ovunque capiti.
    Poche parole, leggere sulla pergamena ma pesanti sulla coscienza. Cinque beffarde parole.
    Buon San Valentino, miei cari.


    //OFF: BENVENUTI AMICI AD UN NUOVO ED EMOZIONANTISSIMO OBLINDER!!
    Siete pronti?? SIETE KARIKI??? Mi auguro per voi (e per i pg) di sì!!
    Come avrete capito, siete in una stanza di hotel (dalla quale NON potete uscire) che alcuni potranno riconoscere magari dal logo sulle lenzuola o dal panorama esterno (se ci sono già stati). Cosa dovrete fare? BEH!! Ma ovvio: interagire con l vostra anima gemella. Non cercate un modo di uscire, sarebbe solo tempo perso: non c'è una via d'uscita SMACK
    Pensate piuttosto a fare una più approfondita conoscenza della persona con cui siete stati abbinati; il resto verrà da sé.
    XOXO
     
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    C’era un che di fottutamente ironico, in quello.
    In Hold che veniva tramortita e rapita e portata chissà dove nelle grazie di un dio in cui non credeva. Era davvero… davvero… «forte Divertentissimo, per una come lei. Vendetta, da parte di qualche povero cristo che aveva avuto il (dis)piacere di incrociare il cammino nell’acidocineta negli ultimi anni? Ci sperava un sacco; sarebbe stato !! epico !! Non vedeva l’ora di sapere.
    Sin dal momento in cui aveva aperto gli occhi, il suo primo pensiero non era stato cercare di capire dove fosse — o come ci fosse arrivata; insomma, non le cose che una persona normale si sarebbe chiesta — ma perché fosse. Quando aveva fatto vagare gli occhi verde bosco nella stanza, aveva avuto per un (1) attimo la vaga impressione di saper dare un nome a quel posto, o un motivo alla sua visita, ma era durato appena il battito delle ciglia — no, non era lì per un weekend romantico con Kieran, peccato. Era bastato il respiro regolare della figura accanto a lei per farle capire che le sue, per quanto interessanti risvolti della faccenda, fossero solo speranze dettate dall’immaginazione — una figura che Hold non conosceva. O, comunque, non abbastanza bene per giustificare le manette che legavano il suo polso sinistro a quello destro della persona sconosciuta.
    Persona che, per inciso, Hold fissava da svariati minuti, labbra arricciate e capelli arruffati. «hey? c’è nessuno in casa?» Era… morta? L’aveva uccisa lei?
    (E si, pronomi femminili perché empieza el matriarcado eccetera eccetera.)
    Con un dito, pungolò la coscia dell’anima innocente (beh, di certo più innocente di una Hold May Beer qualsiasi, perciò…) che se la dormiva al suo fianco — insomma, voleva accertarsi che non fosse davvero davvero morta, prima di alzarsi e trascinarla a peso morto per la stanza, mentre cercava di uscire di lì. Perché… doveva uscire di lì, no? Non sapeva come ci fosse arrivata, e l’ultima cosa che ricordava era di star guardando la tv sul divano di casa sua, quella bestia pulciosa del cane di Just arrotolato contro il suo fianco, e il telecomando in precario equilibrio sulle ginocchia strette al petto. Si era addormentata mentre guardava Mr. & Mrs Smith?!
    …altamente probabile.
    «ohi.» minchia ma quanto dormiva? Cioè anche lei si sentiva scombussolata ed era abbastanza certa di aver visto mattine migliori, ma almeno era viva?! «weeeee.» l’ultimo tentativo fu quello di strattonare il braccio ammanettato, per infastidire Sleeping Beauty, e poi tornò a sedersi a gambe incrociate sul pavimento, in attesa.
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    mi dispiace, ma non abbastanza: se la tua anima gemella è hold, probabilmente in una vita passata hai fatto cose bruttissime.

    inoltre ho deciso che 200parole e si vola
     
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    Lo spoiler fa ridere, perché in effetti è proprio così.
    Non il più gradevole dei risvegli, quello. Ci provò davvero a ignorare la mosca nell’orecchio, un po’ come sta facendo ora giulia perché ne è entrata una e non ne vuole sapere di andarsene, ma nel sentirsi scuotere come una maraca non poté far altro che scattare — vabbè, scattare parolone. voltarsi pigramente — nella sua direzione. Ma cosa voleva. Era all’ottava ora su dodici di beauty sleep, minchia, zero rispetto.
    Volto accartocciato in un’espressione irritata, prese prima atto della ragazza causa di tutto quel trambusto. Poi della lochescion (dieci, onesti e tondi; ma una punzecchiata in più poteva far ribaltare il risultato). Infine, ultimo pensiero, delle manette.
    Quindi sospirò, infinitamente più scocciata. «prima volta in una situazione di vita o morte?»
    Scosse la testa e schiacciò un’altra volta la faccia contro il cuscino. O quello che le pareva essere un cuscino, e che poteva benissimo essere la gamba della vasca. E con la mano libera scostò le ciocche finite inevitabilmente in bocca. «dammi altri cinque minuti.»
    O almeno, il piano era di tornare beatamente a dormire fino all’inevitabile arrivo di qualche creatura ultraterrena; poi masticò l’aria, e tutta insieme la coscienza la colpì a grandezza grande.
    Non era un giorno qualunque, quello.
    Era il quattordici di fucking febbraio.
    E lei era ammanettata a una persona in una stanza d’hotel.
    Il vizio dell’alcol, e la sua attitudine tutta speciale, l’avevano portata in condizioni discutibili prima di quel momento? Sì. Ma come coincidenza era un po’ troppo tirata.
    Spalancò gli occhi, allora. E guardò di nuovo Hold.
    «non di nuovo.»
    Il secondo San Valentino fuori dal suo controllo e già ne aveva le ovaie piene. Manco il coraggio di farsi una risata; al secondo giro comincia a essere preoccupante. Qualcuno doveva proprio lanciare il memo a Polgy — Reggie, un po’ come Nate, era destinata a vagare il mondo senza una fottuta anima gemella BASTA AMEN ARRENDIAMOCI.
    Sospiro lungo, e tentò a sua volta di alzarsi da terra. Poco aggraziata, ma se il suo obiettivo era quello di sedurre aveva già perso in partenza, d’altronde. Abbastanza certa di avere il mascara colato a polvere sulle occhiaie, il rossetto sbavato. Un vago olezzo di whisky misto al profumo; sperava quantomeno che quello di tabacco fosse svanito. Doveva davvero imparare a evitare quel particolare brand di bello e dannato — che, tra parentesi, l’attirava per la naturale propensione all’abbandono che erano soliti portarsi dietro. Funzionava alla grande con ragazze come Raegan Lynch, che gli uomini li toccava solo con la promessa di tenerli zitti e non vederli mai più.
    Vabbè. Innanzitutto: «siamo in white lotus?»
    Domande importanti. Alla fuga poteva pensarci dopo; tanto, conoscendo gioco e giocatori, il massimo a cui poteva aspirare era un servizio in camera. E a proposito di ciò: «voglio un caffè.»
    Per la sua compagna di sventura sembrava poco necessario, ma chissà. Piegò il volto, e la considerò attentamente. Non male, in un universo alternativo in cui Reggie possedeva il dono dell’object permanence.
    «sola a san valentino?»
    Noiiiiii.
    E mi hanno detto che la vita è preziosa
    Io la indosso a testa alta sul collo
    La mia collana non ha perle di saggezza
    A me hanno dato le perline colorate
    Per le bimbe incasinate con i traumi
     
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    «dammi altri cinque minuti.»
    Oddio, proprio come Kieran la mattina. Per un attimo, già colpita dalla mancanza della mimetica che sentiva al centro del petto come se non la stringesse da giorni quando invece, con ogni probabilità. erano passate solo una manciata di ore, Hold per un attimo si ritrovò ad aprire e chiudere la bocca a corto di parole — quei capelli scuri, e gli occhi scuri velati dal sonno, l’avevano un po’ fatta vacillare.
    Kier?
    Ma no, la voce non era dolce e morbida come quella della Sargent, e —
    «non di nuovo.»
    Quando gli occhioni castani di Reggie si spalancarono su di lei, Hold si strinse nelle spalle. «vorrei sottolineare che questa volta non è colpa mia.» Sì, insomma: di persone ne aveva rapite abbastanza negli ultimi anni, ma quella volta aveva le mani pulite. «giuro.»
    Lasciò all’altra (Reg ma ci conosciamo? vivi a New Hovel? unclear) il tempo di mettersi seduta e svegliarsi, una cortesia che Hold May Beer raramente concedeva: lo sapeva solo Justin di quello che era capace la sorella, quando di buon umore. Saltare sul letto e rischiare di far finire in terra entrambi era il minimo. Una volta lo aveva accidentalmente intossicato per quanto era felice. Insomma, classiche attività di bonding tra fratelli.
    Specialmente per una Hold che non aveva alcun senso dello spazio personale altrui. Ed infatti, la prima cosa che le venne di fare fu quella di allungare una mano verso il viso di Reggie, e passare il pollice sullo zigomo della special. «hai il trucco sbavato.» strano, la faceva tipa da avere una routine di skin care con almeno dieci passaggi, da ripetere ogni sera prima di andare a dormire.
    (Quella di Hold invece prevedeva al massimo un po’ di sapone e l’acqua fredda.)
    «siamo in white lotus?»
    «UH! L’ho vista!» cioè, aveva iniziato a guardarla insieme a suo fratello — poi erano andati in guerra, Just era morto, era risorto, era sparito… insomma, Just being Just. E Hold non se l’era sentita di continuarla da sola. «non mi spoilerare, devo ancora finire la prima stagione.» Priorità.
    Così come una priorità per Reggie sembrava essere la caffeina. «lì c’è un menu!» le indicò tutta sorridente il foglio posato sul comodino. «proviamo a chiamare la reception? colazione in camera?» già che c’erano.
    Poi, alla domanda della mora, si strinse nelle spalle. «boh,» per quel che ne sapeva, Kier era andata a comprare i cornetti e stava per rientrare in hotel.
    (Perché fossero all’hotel, rimaneva ancora un mistero.)
    Così come non aveva ancora spiegato l’origine dietro il mistero delle manette.
    «senti, ma come siamo finite così?» e alzò il polso, portando con sé quello dell’altra special. «se abbiamo fatto qualche gioco strano, stanotte, non lo ricordo. OH!! siamo evase da qualche prigione?!» FORTE.
    E, a gambe incrociate e occhioni spalancati per l’entusiasmo, rimase in attesa di chiarificazioni.
    E idee.
    Quelle di certo non sarebbero giunte dalla Beer.
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    Chi più, chi meno, sembrate riprendervi tutti dopo il primo momento di confusione e disagio. Ma è realmente così? Solo il tempo potrà dirlo, cari amici. Di sicuro, c’è che quella sensazione di smarrimento sembra essersi appiccicata alla vostra pelle; avete dato un nome (forse) al posto dove siete, ma non ancora una motivazione sufficientemente credibile per spiegare il perché. Beh, quello è ovvio, amici: è San Valentino. E se non sapete dell’oblinder, chiaramente non avete amici nei posti giusti, perché è l’evento più atteso delle stagione da anni. Ed è anche altrettanto chiaro che non leggete i miei articoli, tsk.
    Non è quindi del motivo che dovreste preoccuparvi, ma piuttosto delle condizioni in cui ci siete arrivati. Lo stomaco a gorgogliare prepotente nei momenti di silenzio indica forse una cena troppo leggera la scorsa sera? Non sapete dirlo, in effetti non ricordate di preciso qual’è stata l’ultima cosa commestibile che avete mandato giù. Brutto segno? Forse no, mi dispiace solo non ci sia un banchetto ricco ad attendervi nelle stanze: per il momento dovrete combattere contro la fame e la sete, e contro lo stordimento, alla vecchia maniera: arrangiandovi.
    Niente rimedi estremi, capito? Non siamo la società della neve, qui.
    Ma… hey, sì dico a te, non sei un po’ troppo giovane per avere quegli ematomi nell'incavo del braccio? Sembra quasi il segno di ... ah, magari qualcuno di voi saprà riconoscerlo. Ago.
    Uh, uh, amico… la droga non è mai la risposta.
    (Unless.)

     
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    E Hold toccava.
    Ok, ok.
    Rizzò la schiena, improvvisamente più interessata alla situazione che si spiegava di fronte a lei. Non che avesse davvero le energie psicofisiche per rischiare la giocata. O il giusto quantitativo di dentifricio tra i denti.
    Ma ci poteva lavorare sopra.
    Batté le ciglia, labbra già curvate in un sorriso mieloso. Aveva i suoi chiari problemi con chi allungava facilmente le mani, Reggie, ma le sue restrizioni severe si limitavano al gentil sesso; in quanto donna per le pari opportunità, credeva nel lasciar passare ogni cosa al genere femminile e concedere qualche osso scartato al resto.
    «grazie.» t’oh! Fece pure finta di darsi davvero una sistemata, a quel punto: passando l’indice sul contorno labbra, pettinando alla bell’e meglio le ciocche disordinate. Un po’ più umana, casomai ci fossero telecamere a documentare quello scambio.
    E visto che c’era, intrecciò le dita in quelle della compagna di sventura; se proprio dovevano trascinarsi in giro come cani, almeno potevano farlo senza darsi accidentalmente schiaffi in faccia. O farlo comunque, ma insieme! Besties.
    «spero abbiano l’acqua di fogna.» un paio di barcolli dopo, e la trascinò con se verso il depliant in questione. E casomai fosse stata necessaria una spiegazione in più, si piegò verso di lei – un segreto da condividere. «ai ricchi» tipo sua madre «piacciono quelle cose terribili che sanno di vero caffè. io voglio la scarica d’energia senza l’aggiunta del sapore.»
    Che faceva schifo, primo. E rischiava d’ingiallirle i denti, secondo.
    Puntò lo sguardo sulla stampa, a quel punto, e tamburellò le unghie laccate sulle scritte. Il genere di corsivi orribili che volevano dare aria d’eleganza al posto; ne aveva visti così tanti, nella sua breve vita, da essere diventati solo pezzi di carta privi di valore. Un discorso che valeva per un po’ tutto ciò che la circondava in quel momento, a dire il vero.
    Tanto che alla sua domanda si limitò a fare spallucce. Troppo abituata ai suoi stessi casini inutili, Reggie, per cercare una risposta che fosse sensata.
    «qualcosa di profondamente sbagliato come lasciare il bicchiere inosservato da qualche parte.» e per dimostrare il suo punto, fece cenno nella direzione generale del suo braccio. Che l’altra avesse problemi con l’eroina non era poi del tutto da escludere, ma insomma. «e no, non penso.» sorrise ancora; divertita, stavolta. «fossimo state in prigione ti avrei lasciata a morire in cella.»
    Non per cattiveria, figuriamoci. Mai per cattiveria. Era solo fatta così, Raegan Lynch: pensava a se stessa e a chiunque potesse aiutarla a mantenersi viva. La prigione avrebbe significato una chiamata dritta dritta a papà, una limousine che la riportava a casa, tante promesse vuote, e l’ennesimo lasciapassare. Se si sforzava a far uscire qualche lacrima, poi, al premio si aggiungeva anche un bracciale di Cartier.
    «una mezza idea ce l’ho.»
    Confermata dal lembo di carta che tirò via da sotto al menù. Tu guarda, il destino. Lo lasciò cadere sopra all’ennesimo elenco di piatti francesi, lasciando a entrambe il tempo di osservare quella chiara minaccia. Nel suo caso, anche il tempo necessario per arrendersi alla realtà. Come se non l’avesse già fatto nel momento stesso in cui aveva collegato data a sfiga immane.
    «credo proprio tu sia chiusa con me qua dentro per un po’ di tempo.» quale gioia. Beh, di meglio da fare di certo non ne aveva. Appoggiò la fronte contro la sua spalla, turbata da quel risvolto tanto quanto una persona al suo secondo giro poteva esserlo. Cioè: per niente. «buon san valentino, anima gemella!!@@»
    Kaffé?
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    Forse l’adrenalina inizia a fare effetto, scuotendo membra evidentemente provate, perché dopo il livido sul braccio, vi rendete conto di qualcos’altro. Qualcosa a cui prima, troppo presi dalla sorpresa dell’insieme – svegliarsi in un posto che non conoscete, senza magia, ed ammanettati a qualcuno – non avevate fatte caso.
    Abbassate lo sguardo sui vostri vestiti. Alcuni sono troppo grandi per voi, o troppo piccoli. Taglie sbagliate, forme che mai avreste pensato di indossare. Sembrano pescati casualmente, come se qualcuno avesse afferrato gli abiti abbandonati nell’hotel, e ve li avesse messi addosso.
    Profumano di bucato, però. Almeno quello. Una cosa è sicura: non sono i vostri.

     
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    Il pensiero che il suo gesto potesse non risultare gradito alla Lynch, non arrivò neppure lontanamente vicino a sfrecciare nella galassia dove esisteva la Beer, figuriamoci poi passarle per la mente; non c’era neppure la più remota possibilità che succedesse, mai le era importato che agli altri non piacesse essere toccacciati dalle sue mani piene di dita (potenzialmente velenose), perché avrebbe dovuto iniziare proprio in quel momento?! Con una persona, per giunta, alla quale era ammanettata; duh, il contatto fisico immaginava fosse l’ultimo dei loro problemi.
    (Immaginava, come spesso accadeva, male.)
    Perciò si preoccupò solo di sorriderle entusiasta, nel vederla sistemarsi — avrebbe voluto dirle che non ce ne fosse bisogno, che fosse carina anche così, e infatti lo fece. E aggiunse: «hai dei bei capelli, anche arruffati.» non era mai stato detto che sapesse fare dei complimenti, scusate, ed era una persona fin troppo banale per pensare a qualcosa di originale. Hold era fatta così (male, di base) ma almeno era una persona genuina, nel bene o nel male che fosse.
    La lasciò intrecciare le dita alle sue (Kieran non si sarebbe arrabbiata, no? anche lei prendeva per mano i suoi amici — e Hold e Reggie erano ormai amiche, giusto? Insomma, non ti ammanettavi mica a qualcuno se non lo consideravi un amico; era un ragionamento che non faceva alcuna piega)
    «spero abbiano l’acqua di fogna.»
    «oh si!! lo spero anche io!!!»
    Silenzio.
    Altro silenzio.
    Davvero troppo silenzio.
    Hold, un’intellettuale: «cosa–»
    «ai ricchi piacciono quelle cose terribili che sanno di vero caffè. io voglio la scarica d’energia senza l’aggiunta del sapore.»
    Ah, aveva senso! Anche se non ce lo aveva affatto — ma chi era Hold May Beer per giudicare il senso altrui, dico bene? «hai perfettamente ragione.» Anche se non ci aveva capito nulla: si fidava, così per principio.
    (Evidentemente aveva un tipo, la Beer, e Reggie rientrava perfettamente in que canoni. Mica era colpa dell’acidocineta!)
    Arricciò le labbra al commento della mora, osservando insieme a lei il menù e pensando a cosa volesse divorare per colazione (nel dubbio, stando al buco nero che sentiva crescere nello stomaco, tutto). «non possono drogarmi» affermò con semplicità, come se fosse la cosa più banale sulla faccia della terra — e forse, per la Beer, lo era. «al massimo sono io che stordisco gli altri… uh, prendiamo le uova? ho una fame da lupi» nessun nesso logico tra i due periodi, o perlomeno nessuno che valessa la pena di essere spiegato, o di esistere fuori da una mente che viaggiava ad una velocità tutta sua.
    Si rese conto solo con qualche istante di ritardo che le sue parole potevano sembrare sospette.
    «uh– non sono stata io, eh.» lo aveva già detto, ma valeva la pena ripeterlo. E la indicò, abbassando poi lo sguardo sul livido violaceo sul braccio di Reg. «nemmeno quello è opera mia» duhhh «non mi serve bucare qualcuno per intossicarlo» duhhh parte due.
    Al commento sulla prigione non rispose, perché avrebbe solo potuto dire (onesta) step on me e non le pareva il caso. Disse invece. «è san valentino?!1!!» era San Valentino!!!
    Oddio. Era San Valentino.
    Ora.
    Non è che lei e Kier avessero fatto die programmi ah-ah-ah cosa dite, e l’invito di Hold ad uscire per andare ad assaggiare le nuove torte di Madama era stato puramente casuale, ah-ah ah a h — ma.
    Prese il foglietto con la mano libera e lo avvicinò al naso, studiandolo con attenzione. Sembrava vero. Sembrava reale. E Reggie sembrava esserne abbastanza convinta. «l’ho scritto io?» non le sembrava la sua calligrafia. quindi chiese: «lo hai scritto tu?!» oddio… oddio!!! «mi sono ammanettata alla mora sbagliata?!!?» dubitava di averlo fatto di proposito… né di aver organizzato qualcosa per lei e Kier che prevedeva delle manette (non aveva i kink di nonno Sin, lei), ma magari sì? Onestamente, chi poteva dirlo con Hold May Beer; erano più le volte in cui stupiva persino se stessa, che non.
    Magari alla fine, sul più bello, era andata in corto circuito e ci aveva ripensato?! E si era ammanettata a qualcuno di random?! Freudiano da parte sua scegliere proprio Reggie, ma non si sentiva di giudicare. Aveva fatto cose più strane.
    E poi.
    «anima gemella??»
    ODDIO! ODDIO!!
    Adesso ricordava.
    L’aveva letto sul Polgy dell’anno precedente!!!
    (E solo perché, a quanto pareva, entrambi i suoi fratellini s’erano fatti rinchiudere nel cimitero per trovare la loro anima gemella, AW???)
    «ANIMA GEMELLA!!»
    Bello???? Toccava anche a lei, finalmente?!?!? GUARDA KIER HO UN’ANIMA GEMELLA!!
    «buon san valentino a te!!!


    ordiniamo le uova?»

    C’erano delle priorità, e chiaramente non erano gli abiti che aveva addotto (chiaramente non suoi) perché, ancora una volta, non era il suo primo rodeo: si era già svegliata nuda, o indossando le maglie di Just, o dei capi rubati a qualche negozio di roba usata, cosa problemi volete che destassero in lei una maglia sformata o dei pantaloncini da pescatore in più o in meno, tsk.
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    Cercando di uscire dalla stanza, vi rendete conto di tre cose: primo, non sentite alcun passo provenire dal corridoio, segno che nessuno stia facendo la ronda all'esterno della camera; secondo, riuscite a percepire, seppur distanti, i mormorii indistinti di vittime come voi - vicini, altri più lontani, ma forse potreste fare qualcosa in merito; terzo, e questa è la parte in cui vi viene la pelle d'oca, spiando dalla finestra notate che…non ci sia nessuno. È bassa stagione, certo, ma siete in un hotel, e perlomeno il personale e la manutenzione dovrebbero passare ogni tanto. Qualcuno nelle altre stanze, magari lo notate pure; hanno le manette come voi, però. Dove sono tutti gli altri? Questo gioco, non è più divertente.

     
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    Sempre più dettagli vengono alla luce, ora che la situazione pare prendere una forma; sapere che non siete soli, in quella follia, forse aiuta a rendervi più lucidi. Ed è proprio in questo modo che vi rendete conto di un’altra cosa molto strana: c’è il sole, fuori dalla finestra. È alto, ad occhio e croce mezzogiorno deve essere passato da qualche ora — ma ciò che vi colpisce è il cielo sereno. Non una nuvola all’orizzonte; strano, il meteo aveva previsto pioggia per quel giorno, e alcuni di voi sicuramente avranno buttato un’occhio alle previsioni, prima di organizzarsi per quel San Valentino… che i meteorologi si siano sbagliati? Possibile.

     
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    «l’ho scritto io?»
    Sperava di no.
    «lo hai scritto tu?!»
    Sperava sinceramente di no.
    «mi sono ammanettata alla mora sbagliata?!!?»
    Sperava davvero davvero – eh no, aspetta un attimo, ritirata tattica.
    Sollevò lentamente la fronte dalla sua spalla, indecisa su cosa provare a riguardo. Boccheggiò inutilmente per qualche secondo di troppo; poi assottigliò lo sguardo. «mi stai già tradendo?»
    Manco sapeva come minchia si chiamasse, e già era stessa storia, stesso bar. Almeno poteva dire di avere temi ricorrenti nella vita che la salvavano dalle brutte sorprese, Reggie. Il low blow dei low blows.
    E a proposito di non conoscere il suo nome. «ma ci siamo presentate?» non che la linea temporale degli eventi fosse davvero rilevante, ormai. C’erano cose che le sfuggivano di secondo in secondo; i vestiti ultimo dei suoi problemi, perché svegliarsi negli abiti di qualcun altro rientrava comodamente in una settimana semi-tipica della Lynch. Certo, tendeva a brulicare tra ragazzini che si compravano Van Cleef con la leggerezza di chi si prende un caffè al bar e il poliestere della sua giacca suggeriva una storia diversa. Ma comunque.
    «sono reggie.» così, lanciato lì. Neanche si chiese se si conoscessero o meno prima di quel momento; inutile, con la sua memoria riservata unicamente alle persone che voleva trinciare come un pollo di rosticceria. Il fatto che non fosse in grado di collegare volto a persona era sicuramente un buon inizio, tutto sommato.
    «e la mattina non mangio» o a pranzo, o a cena. Fece spallucce e picchiettò l’indice contro il suo zigomo, prima di fare un cenno verso il menù. Un invito a prendere tranquillamente controllo della situazione. «mi gonfia.»
    Fato: eh che strano il cielo. Proprio particolare. Non notate quanto è mistico che sia soleggiato? Dovrebbe proprio piovere!!
    Reggie, an intellectual che a malapena ricordava in quale giorno della settimana si ritrovassero: anyways. «non ti puoi drogare?»
    Buffering.
    Buffering.
    Buffering.
    «ma dai, io non ho nulla di così utile.» spinse il labbro in fuori, accartocciando il volto in un broncio infantile. «posso solo dissanguarmi ogni tanto.»
    Allora, sempre perché le sue priorità erano interessanti, portò la mano libera contro la bocca spalancata. «vuoi vedere??»
    Ah, il suo party trick preferito; un toccasana per gli stomaci deboli. «quando usciremo da qui, ovvio.» perché non esageriamo. E perché era scontato che una via d’uscita l’avrebbe trovata – insieme a lei o con la sola mano mozzata di Hold a batterle contro il polso. Quello era ancora da decidere.
    «senti, a proposito.» si dondolò sui talloni, e tese il collo nella direzione della porta. Ma quindi. «dove pensi che siano gli altri?»
    E anche in quel caso, meno un’intuizione data dalle circostanze e più da un’allegra indifferenza nei confronti del pericolo. Figlia di genitori ricchi core: spavalda, perché dai suoi guai riusciva a sgusciare via ogni singola volta. Non sempre nel migliore dei modi, e non sempre integra, ma era ancora miracolosamente viva. Un cacciavite parlante non avrebbe cambiato le cose.
    «e secondo te, se qualcuno di loro ha una chiave per le manette e lo uccidiamo per appropriarcene, conta come legittima difesa?»
    Chiedeva per un amico.
    E mi hanno detto che la vita è preziosa
    Io la indosso a testa alta sul collo
    La mia collana non ha perle di saggezza
    A me hanno dato le perline colorate
    Per le bimbe incasinate con i traumi


    SPOILER (click to view)
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    «ma ci siamo presentate?» Ah. Vero. Era così che funzionava la società; ogni tanto (molto spesso) Hold se ne dimenticava.
    Osservò comunque Reggie con aria confusa, perché il viso a cuore e gli occhi profondi avevano un che di familiare — solo dopo, quando l’altra si sarebbe rivelata emocineta, Hold avrebbe distrattamente pensato che forse si erano già viste in qualche laboratorio, o magari si erano incontrate per le vie di New Hovel. Chi poteva dirlo, di certo non l’acidocineta che viveva su un pianeta tutto suo.
    «sono hold, piacere!» e le porse la mano, senza sentirsi a disagio qualora Reggie avesse deciso di non stringerla, lasciandola appesa. «è la prima volta che vengo rapita per una cosa del genere! sono molto emozionata!!» e Reggie no? Una tragedia; ma Hold poteva esserlo per entrambe.
    Volle dire qualcosa riguardo le abitudini alimentari della sua nuova anima gemella ma chi era lei per giudicare, a ciascuno la propria routine. Fece invece spallucce al «non ti puoi drogare?» «beh, ci ho provato ma non ha mai funzionato. la mia resistenza all’alcol è molto forte, e le tossine del mio potere aiutano.» era il 2024, per l’amor del cielo, non era più un taboo parlare dei propri poteri!! Non che Hold l’avesse mai considerato tale, nel bene o nel male. «è davvero una palla, sai quanto spendo in alcol?! duh.» come pandi: troppo. «e… fa male, quando ti dissangui?» Hold aveva come unico esempio vissuto sulla propria pelle, i dolori del ciclo mestruale, ma nella sua testa raggiungevano più o meno gli stessi picchi di dolore. «»
    «vuoi vedere??» Oddio e glielo chiedeva anche?! CERTO CHE VOLEVA! «quando usciremo da qui, ovvio.» Oh, ok. Anticlimatico, ma va beh.
    «non puoi chiedere ad una ragazza se vuole vedere, e poi lasciarla a bocca asciutta. è quasi crudele.» e il sorriso ad allargarsi sui denti la diceva lunga su quello che pensava la Beer in quel momento «mi piace.» Forse doveva imparare una cosina o due da Reggie, sembrava saperla lunga, e magari avrebbe aiutato Hold nella sua missione per conquistare Kieran.
    «senti, a proposito. dove pensi che siano gli altri?» Ma… gli altri chi. «uhm… ci interessa?» a Hold non così tanto, sperava stessero vivendo anche loro la best life insieme alle proprie anime gemelle! «dobbiamo trovarli per forza? fa parte del gioco?!» a conti fatti era Reg quella esperta, Hold era lì solo per accompagnare, ed era felice anche così, a fare la conoscenza della sua nuova amichetta.
    Le indicò comunque prima le pareti, allargando il braccio libero («vuoi provare ad urlare? a sbattere qualcosa contro il muro? magari ci sentono.») e poi indicando la finestra. «oppure possiamo affacciarci e ci facciamo un selfie!! guarda che bel paesaggio!!» aveva un telefono con lei? No, ma in qualche modo avrebbero risolto. «cioè, dicevo, proviamo a guardare nelle altre stanze,» wink?
    «e secondo te, se qualcuno di loro ha una chiave per le manette e lo uccidiamo per appropriarcene, conta come legittima difesa?»
    E lo chiedeva a lei? Proprio a lei??
    «certo che sì.»
    Che vi aspettavate.
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    Gli indizi c’erano tutti: la stanchezza ingiustificata, la fame, il luogo in apparenza abbandonato e abbastanza appartato da non destare alcun sospetto, degli abiti non vostri e la sensazione a pizzicare sotto la pelle che fosse passato più tempo di qualche manciata di ore, dall’ultimo momento che ricordavate di essere coscienti.
    Perché è esattamente così.
    E la conferma è proprio lì sotto il vostro sguardo, stampata nero su bianco su quella pagina di Morsmordre che vi fissa di rimando; o sull’intestazione sbiadita di uno scontrino dimenticato; o ancora, su quella copia del Boccino d’Argento lasciata per errore sul comodino da qualcuno. Non sapete chi, dovrebbe importarvi, ma non abbastanza perché le vostre attenzioni sono tutte per quel numero che si prende, beffardo, gioco di voi.
    24 febbraio 2024.
    Potete dirlo ai vostri amici, urlarlo attraverso le pareti o continuare a scriverlo con il sangue sui vetri; la domanda è se qualcuno vi crederà, o no. A malapena riuscite a crederci voi.

     
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    Che sia perché state facendo la conoscenza gli uni degli altri, o perché siete intenti a scrivere col vostro sangue sul vetro, oppure perché state urlando attraverso le pareti per farvi sentire da chi, come voi, sembra finito in quell’incubo, non importa: siete tutti troppo impegnati, troppo distratti, per accorgervene in tempo. E chi di voi lo fa, arriva comunque troppo tardi.
    Ha l’aria innocua, un disco di metallo di dieci centimetri di diametro e non più di due di spessore, tre al massimo. Era nascosto: sotto il secchio, dietro la sedia, sotto al letto. Non importa nemmeno quello; perché quando sentite il click, e il successivo sibilio, capite subito che qualcosa non va. Qualcuno, i più reattivi – o quelli abituati alle situazioni estreme e complicate –, proverà a proteggere naso e bocca con rimedi di fortuna (le lenzuola, i cuscini, la stoffa degli abiti che indossano). Ma, ancora una volta, è troppo tardi. Non sapete cosa sia la sostanza gassosa rilasciata dal dischetto, ma la state respirando, e nonostante i vostri valorosi sforzi soccombete, chi prima e chi dopo, ai suoi effetti. Nulla di troppo terribile, chiunque vi abbia messo lì dentro non vuole uccidervi — o l’avrebbe già fatto. Vogliono solo rendervi innocui, disorientarvi ancora di più e confondere i vostri sensi. E, con i poteri inibiti, funziona su tutti, special compresi.
    Passa un minuto, poi due. Il gas ha smesso di fuoriuscire, e voi di tossire — o di ribellarvi inutilmente ai suoi effetti. Ed è in quel momento che la porta della stanza si apre, e vorreste tentare di approfittare di quell’occasione per fuggire ma lo stordimento ve lo impedisce, ed è facile per quelle persone (mercenari assoldati da qualcuno? Cacciatori inviati dal ministero? non sapreste dirlo) trascinarvi fuori dalla stanza, insieme a loro.

     
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