[oblinder] viii. strenght

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    Magari la lettera, quella che ti è arrivata anonima la sera prima, non l'hai neanche aperta. Forse neanche vista, se non intenzionalmente ignorata. Oppure l'hai vista, ed hai pensato fosse lo scherzo di un amico, di uno sconosciuto annoiato, del vicino di casa a cui hai accidentalmente dato fuoco alle rose del giardino - insomma.
    Potresti non averci dato peso. O l'hai fatto, ed hai passato gran parte della notte a chiedere aiuti e suggerimenti alle persone di cui ti fidi, a cercare su internet, a rigirarti nel letto provando a dormire (o peggio, o meglio: a non, dormire).
    Insomma. Non importa la considerazione che tu abbia avuto della pesante busta lilla, e non importa quante precauzioni o meno tu abbia preso in merito.
    Vai a dormire nel letto della tua camera, sotto le tue coperte, circondato da un mondo che conosci ed odi ed ami a seconda dei giorni.
    Il dove apri gli occhi il giorno seguente, però, è un mistero.

    Dev'essere stato l'odore, a svegliarti. Un olezzo tutt'altro che piacevole, un misto di bruciato e polvere che ti fa arricciare il naso. Ti massaggi le palpebre abbassate, rannicchiandoti su te stesso quando senti l'aria farsi pungente...qualcuno ha aperto una finestra?
    Socchiudi le palpebre: no, decisamente nessuno ha aperto una finestra. Non sei nella tua stanza.
    E nulla di quello che vedi, è come lo ricordi.
    Le strade piene di macerie. I palazzi crollati per intero od a metà. Una luce bianca, innaturale, a illuminare il tutto come si trovasse in un limbo fra alba e tramonto perenne.
    E le persone. Le persone...non ci sono.
    Così come i rumori.
    Non riesci a sentire niente.
    Ha tutto l'aria di vecchio ed usurato, di consumato e spaccato - di morto.
    Non c'è nulla di vivo, da quelle parti, e l'idea che offre è che non vi sia nulla di vivente da molto tempo. Ti rendi conto di non essere solo, però: c'è qualcuno, con te. Forse sta dormendo; forse è morto. Probabilmente non è morto.
    Abbassi lo sguardo. Un chiodo tiene impigliato al suolo un pezzo di carta, e quella che sembra essere una carta dei tarocchi: strenght. Sul foglio, ci sono solo sei parole - e mai avresti pensato che sei parole potessero pesare così tanto.
    Eppure lo fanno.
    Non è possibile leggere nei sogni.


    Ci sono altri tre foglietti, uno indirizzato ad entrambi, ed uno per ciascuno di voi.
    (insieme) cerca modi di comunicare con i superstiti.

    (diamonds )Giocare a obbligo o verità

    (ahok)raccontare la prima crush mai avuta

    Frugandovi nelle tasche, potete trovare una Un cestino da picnic (diamonds) e un Block notes (ahok).
    Ah, quasi dimenticavo: la magia non funziona.


    tarocchi
     
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    «Sinclair, una lettera per te.»
    Inarcò le sopracciglia bionde, il Sinclair in questione, voltandosi verso la busta color lilla che il compagno di casata gli aveva lasciato sul piumone del letto a baldacchino. «Uh. Grazie.» Immaginava. Che fosse una lettera di uno dei suoi MiLlE uao addirittura ammiratori?? Gliela avevano forse inviata per San Valentino – che tra l’altro era l’indomani??? In tal caso, il Serpeverde aveva davvero il timore di cosa avrebbe potuto trovare al suo interno; gli studenti del castello avevano trovato il modo di coniugare l’atmosfera antica del castello coi tempi moderni dei social, inviandogli dei nudes STAMPATI e in romantiche – solo all’apparenza – buste di carta col suo nome scritto sopra.
    Aveva già ricevuto un altro paio di buste anonime, e aveva captato la voce secondo cui qualcuno avesse fondato un… suo fan club…?, quindi non gli parve strano che gli fosse giunto l’ennesimo messaggio adorante (voglio dire, il Sinclair non poteva biasimarli, anche lui si amava in maniera incondizionata e si voleva accanto a sé ogni secondo della sua vita) (che poi era così, infatti era super soddisfatto della sua vitaTM che valeva la pena di essere vissuta) (no non è vero, la consolazione di essere Persessinclairdellacasatadeiserpeverde non era sufficiente per cancellare il suo mainagioia). INSOMMA, non aveva mai compreso perché molti aspettassero il 14 febbraio con impazienza. Lo doveva ammettere, ogni anno faceva trovare a Theia tre (3) scatole di cioccolatini, i suoi preferiti da quando erano bambini, ma a parte questo non…? Bah, probabilmente il Sinclair aveva un animo poco romantico – la gioia di essere emotivamente costipato.
    Voleva seriamente aprire la lettera contenente chissà quali oscuri dettagli, in quel momento in cui avrebbe rovinato il sonno di bellezza con immagini che i suoi regali e raffinatissimi occhi di ghiaccio non avrebbero mai voluto vedere? La risposta era tanto semplice quanto immediata: no, certo che no. E poi era troppo stanco – aveva passato un intero pomeriggio a fare da portatore di buste a Theia, onore che spettava solo e soltanto a lei –, non voleva altri traumi adolescenziali. Aveva già il kit pronto: cuffietta sotto cui celare i candidi capelli, maschera viso notte e fettine di cetriolo. Non poteva farci nulla, Perses, era attraente e belliximo pure conciato in quel modo; la sua personalissima maledizione.
    Doveva dormire.
    «Lo faccio.»
    Lo fece.


    Ma… che… puzza strana. Fu così che il nostro principe si svegliò col naso arricciato, sia dal disgusto che dalla disapprovazione. «Behemoth, quante volte ti devo dire che accendere un cero non esaudirà le tue preghiere.» Non avrebbe avuto i capelli più belli dei suoi, punto e basta. Quanto gli ci sarebbe voluto per accettare la realtà? Per Salazar, condividere il dormitorio con lui stava diventando insostenibile. Allungò la mano per cercare il bordo del piumone da tirare su, ma la mano incontrò solo la propria gamba. Tastò attorno, accigliandosi appena, le dita che incontravano… cosa. Cemento? Okay, cos’era quello stupido scherzo.
    Aprendo gli occhi, vide solo un colore bianco verdastro. «Ma che.» Ah ok, erano solo le fette di cetriolo. Si mise seduto, togliendosele dalle palpebre e guardandosi attorno.
    Vabbè, quando avrebbero avuto fine quegli incubi orribili??? Si rimise le fette. Se le tolse. Se le mise. Se le tolse. Si prese a schiaffi con la fettina di cetriolo, la cuffietta caduta a terra e abbandonata – poco male, tanto voleva cambiarla (cosa? Cosa) –, la pelle perfettamente liscia ancora coperta dalla maschera nera. «Mai nella vita mi ridurrò a un clicker pieno di pustole, nemmeno nei miei peggiori incubi.» E mentre si appuntava quel giuramento nella propria mente, sul suolo di quell’ambientazione post apocalittica, da Tottington, scorse un foglietto con sopra scarabocchiato qualcosa. «(U)ao, sono fortemente risentito.»
    “Non è possibile leggere nei sogni.” Abbinato ad esso, una carta dei tarocchi
    Fece un sospiro secco ed arricciò le labbra. Scrutando in lontananza il niente che aveva capito di quella frase si accorse di non essere solo – in compagnia di una persona o magari di un cadavere. Per la prima volta nei suoi diciotto anni, sperò fosse la prima opzione.
    Di male in peggio. «… Dimmi che non devo scuoterti e respiri.»

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    Quella busta era così bella, di quel colore, ma chi poteva averle mandato una lettera? Di solito era sua madre, ma non era stato il gufo di famiglia a portarglielo e soprattutto era fuori orario. Forse era uno scherzo che volevano farle i suoi compagni, capitava spesso che venisse presa in giro perchè sembrava stranulata ma la realtà era che era solo timida, parlava poco e solo con le persone che consceva bene. L'idea di dover parlare con gli altri le metteva ansia quindi per gran parte del tempo stava zitta in un angolo. Quindi potete capire quanto fosse strano per lei ricevere una lettera. Nessuno la cercava, neanche per sbaglio Credo che la leggerò domani disse poggiandola sul cassetto accanto al suo letto per poi mettersi il suo bel pigiamone intero a forma di pulcino giallo (questo se non fosse chiaro) Ne aveva di vari tipi e quella sera aveva voglia di mettersi quello a forma di pulcino.


    Faceva un gelo che persino con quel pigiama iniziava a tremare. Possibile che i suoi compagni di casa non importava se qualcuno - lei - stesse ancora dormendo? poteva capire che volessero cambiare aria ma non avevano proprio rispetto. Avrebbe voluto urlare di chiudere perchè non solol'aria gelida la stava praticamente facendo morire ma il puzzo non stava uscendo, rendendo l'aria davvero nauesante. Avrebbe voluto dirne tante ma la voce non usciva e solo quando sentì la voce di un ragazzo «dimmi che non devo scuoterti e respiri » che balzò in piedi e aprì finalmente gli occhi. Che ci faceva un maschio nella sua camera? «Aspetta, questa non è la mia stanza» ora iniziava a capire - non è vero - quello che stava succedendo. Il freddo non era dovuto dalla finestra aperta e quell'odore di morte era vero. Era tutto così strano, silenzioso e pauroso. E Poi c'era Perses. Un ragazzo!! l'allarme nella sua testa la fece indietreggiare per creare distanza e si coprì, rendendosi conto di essere praticamente un pulcino giallo, spettinato e confusa, non che senza quell'abbigliamento potesse sembrare più intelligente. Cercò di pettinarsi al meglio i lunghi capelli rosa, guardando il compagno ( ancora non l'ho smistata) «Do-ve s-siamo?» perchè c'erano solo loro due, avrebbe anche chiesto ma aveva il terrore di sembrare stupida agli occhi del biondo, quindi decise che per il momento una domanda era più che sufficiente, anche se voleva chiedere perchè era tutto distrutto? Perchè c'era odore di morte? Perchè quella carta? e soprattutto perchè lei aveva un cestino da picnic? Sarebbero morti.
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    Unica buona notizia: la ragazza, di cui colse come primo dettaglio i capelli rosa, era viva. Seguì i suoi movimenti affrettati con ben più di un velo di diffidenza, chiedendosi perché ci fossero soltanto loro due in quel posto. E se fosse stata una trappola? Se quella tipella dall’apparenza tanto spaventata e innocente fosse in realtà pronta a tramutarsi in un clicker? I suoi incubi ci tenevano sempre a ricordare che, in Tottington n. 1, non aveva avuto una fine molto piacevole; Tottington n. 2 non gli faceva pensare sarebbe andata tanto meglio.
    «Aspetta, questa non è la mia stanza.» Mmmh. Si portò la fetta di cetriolo al mento per compensare il pizzetto che non aveva, riflettendo; sembrava davvero impaurita, e aveva nominato la sua stanza come se fosse stato l’ultimo luogo (normale.) in cui si era addormentata. Come lui. Constatando che la ragazza non riportava alcuna ferita, strisciò per allontanarsi appena, così, per una misura di sicurezza che magari si sarebbe rivelata superflua. «Sono felice tu non abbia una stanza che non somiglia a questo.» Sarebbe stato deprimente. In effetti, il pigiama da pulcino bastava per fargli capire che no, non c’entrava granché con il contesto. Quindi non avrebbe provato ad ammazzarlo per rubargli la chioma e farci un magico parrucchino che gli avventurieri avrebbero cercato in lungo e in largo per i secoli a venire, tipo il vello d’oro.
    Immaginando quello scenario di gloria, quasi ne rimase deluso.
    «Purtroppo non ho una risposta,» le comunicò, gli angoli della bocca curvi verso il basso a formare il broncio più bello d’Inghilterra – come meglio gli permetteva la maschera di tessuto. Nel frattempo era tornato a studiare la zona in cui aveva trovato i primi oggetti, raccogliendo con perplessità altri foglietti. Inclinò la testa da un lato, tornando a scrutare la ragazza. «Ho trovato queste cose.» Le porse carta, foglio con la frase super filosofika e un altro su cui credeva fosse scritto il suo nome. «È per te. Sei Sana?» chiese conferma, soffermandosi su di lei per un attimo di più. I suoi modi di fare analitici gli avevano fatto dimenticare che Sana doveva essere a dir poco terrorizzata – come francamente sarebbe stato lui se non fosse stato provvisto del suo ferreo autocontrollo da PersesTM. «Stai tranquilla. C’è sicuramente una spiegazione.»
    Spiegazione che comprese quando lesse il biglietto stupidissimo indirizzato a lui. Lo lesse, talmente incredulo da scandire le parole a voce, con impassibile(??) indignazione. «Racconta la prima crush mai avuta. Cos’è, uno scherzo?» O forse- «….. San Valentino. Deve essere un dannato piano di qualche shipper malato.» Non ci poteva credere. Quale idiota tanto IDIOTA aveva organizzato tutto quello? Poi, il terzo e ultimo biglietto: «C’è scritto che dobbiamo cercare un modo per comunicare coi superstiti Di tutta quella pAgLiAcCiAtA? Ah, quindi c’erano altre povere anime nella loro situazione: fantastico. Si rivolse alla compagna, con più calma e gentilezza possibili – ormai era certo non fosse colpa sua. «Hai idee? Io avevo solo un block notes in tasca.» Posò a terra il blocchetto, in attesa dell’Ispirazione Divina.

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    Guardò Perses, trovandolo molto carino non solo fisicamente ma era anche gentile nei suoi riguardi. Forse le voci di corridoio erano totalmente false, non che lei ci avesse davvero creduto. Forse. «Ho trovato queste cose.» Le porse la carta dei tarocchi: strenght. Era davvero macabra, da brividi. Poi prese il foglio che sembrava indirizzato proprio a lei «È per te. Sei Sana?»
    «si» gli diede un'occhiata e divenne rossa all'istante, quasi in tinta coi capelli «Obbligo o verità» come se sapesse davvero giocarci. Lei che non faceva quasi mai amicizia perchè troppo timida per rivolgere anche solo un saluto verso persone che non conosceva. Perses non era completamente un estraneo ma non erano neanche così intimi da fare un gioco del genere. Alzò finalmente gli occhi proprio verso il biondo che come lei trovava assurdo quello che dovevano fare. Confessare una crush non era sicuramente una cosa facile, per lei non lo sarebbe mai stato e per uno come Perses poi, sicuramente non ne aveva una crush, dai era Perses, il bel biondo di Hogwarts. Se solo fosse stata presente a Tottington si sarebbe ricreduta dopo quello che era successo con Costas. (Io non lo dimenticherò mai).
    «Stai tranquilla. C’è sicuramente una spiegazione.»
    «Speriamo» mise in tasca (?) quella missione, cercando di non pensarci al momento e si concentrò su quello che dovevano fare insieme. Cioè ci provava, ma era ancora molto imbarazzata.
    «C’è scritto che dobbiamo cercare un modo per comunicare coi superstiti.» si guardò immediatamente intorno e la situazione non era rassicurante. «Ma come e dove li troviamo se qui sembra tutto morto e distrutto.» panico. PANICO! Era solo una sedicenne vestita da pulcino. PANICO e PENA aiutatemi voi!
    «Hai idee? Io avevo solo un block notes in tasca.»
    «Io..io» cosa aveva lei di utile? «Ho un cesto da pic-nic.» Utile no? e magari dentro era persino vuoto. «Mi sento cappuccetto rosso, ma in versione gialla...» sospirò per poi cercare conforto in Perses, che ripeto sembrava meno cretino simpatico e pronto ad aiutarla. O magari al primo ostacolo l'avrebbe usata come sacrificio, era pur sempre un serpeverde. «Controlliamo in giro?» se ne sarebbe pentita sicuramente, ma era sempre meglio provare che morire lì. Si avvicinò al compagno, eventualmente si sarebbe attaccata a lui così da non farsi lasciare da sola.

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    Persessinclairdellacasatadeiserpeverde era inviperito. Ma tipo, tanto inviperito, avrebbe voluto trovare chi aveva organizzato lo scherzone e denunciarlo e poi farlo picchiare; picchiarlo personalmente no, non era tipo da sporcarsi le mani + avrebbe rovinato le nocche dalla pelle vellutata e non ne valeva davvero la pena.
    Nonostante quei pensieri di vendetta stessero occupando gran parte della sua attenzione, il Sinclair rimaneva comunque un gentleman. Una persona educata come lui non avrebbe mai maltrattato una ragazza che comprendeva meno di lui cosa stesse accadendo. Pareva molto timida, in base a come era arrossita dopo che le aveva passato la carta – be’, era un Essere Lucente lui, comprensibilissimo –. Perciò, quando Sana lesse “obbligo o verità”, si sforzò di non dare a vedere quanto tutto quello lo irritasse. Ugh, raccontare del primo amore, obbligo o verità, che… scialbi. Non poté, però, fare a meno di esprimere (la sua vena snob) l’indignazione: «Patetico. Non ho mai nemmeno avuto una “crush”.» Gli standard erano chiari: se stesso. E bello come se stesso non c’era nessuno – faceva eccezione sua sorella, ma lei era del sesso opposto e non erano comparabili (cosa? cosa). Il broncio signorile non scomparve, mentre accartocciava stizzito il proprio foglietto e lo lanciava alle proprie spalle. «Si può contare quella per mia sorella? Platonica e disinteressata, si intende.» #onesto.
    Se non altro, Sana si stava dimostrando piuttosto ragionevole: tu guarda, erano assolutamente d’accordo sul fatto che sarebbe stato alquanto difficile individuare dei superstiti. (pensiero lampo piuttosto urgente: se la doveva togliere la maschera?? o poi avrebbe rovinato la pelle perché non poteva applicare subito siero crema e compagnia cantante per mantenere la sua beata perfezione? che urto) Appianò la fronte corrucciata, perché l’ultima cosa che voleva erano le rughe. «Dovremmo pensare a un modo per lasciare delle tracce e farci trovare,» ipotizzò, le braccia conserte al petto mentre sbirciava il cestino da picnic che la ragazza aveva con sé. Non voleva farsi domande sul perché avesse quel cestino. «C’è del pane, dentro? Possiamo lasciare delle briciole mentre camminiamo.» «Mi sento cappuccetto rosso, ma in versione gialla...» Lanciò alla compagna un’occhiata imperscrutabile. Non era incline a pensare positivo, ma neanche al peggio. «Ho sempre odiato il rosso.» Certo, a lui il rosso stava bene (come tutto), ma faceva un po’ effetto Edward Cullen (ciao prof Dick). Cominciò a camminare tra le macerie, non scorgendo alcuna forma di vita – Perses incluso. «Tu studi a Hogwarts, vero?» La sua memoria fotografica non lo ingannava mai. «Mi chiedo come sia possibile che siamo finiti qua.» Ovviamente, ancora non scorgeva anima viva dall’alto dei suoi 181 centimetri.

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    «Si può contare quella per mia sorella? Platonica e disinteressata, si intende.» la rosa guardò il biondo, sentendosi anche nana visto il suo scarso metro e sessantacinque.
    «Non credo che valga» disse dolce e per fortuna di Perseo non pensò ad altro come avrebbe fatto qualsiasi altro mio pg.
    «dovremmo pensare a un modo per lasciare delle tracce e farci trovare» in effetti non aveva avuto una brutta idea, era intelligente il biondo. Forse aveva dubitato, leggermente, specialmente dopo l'affermazione su sua sorella, ma alla fine non era così male. Per ora. Provò insieme a lui anche a cercare dentro al cestino a picnic ma era chiaramente vuoto.«Niente briciole di pane» disse sconfitta, si vedeva già spacciata. Per fortuna lui non sembrò disperato, come invece lo era la ragazza perché era certa che non sarebbe sopravvissuta. Forse Perses era più in gamba di lei e avrebbe salvato entrambi «studi ad Hogwarts, vero?» non sapeva se rimanerci male oppure no,era chiaro che uno come Perses non poteva sapere o ricordare davvero che lei frequentava Hogwarts, questo perché era spesso in disparte o con Sarang, l'amico di una vita. Ma non c'era tempo per imbarazzarsi o almeno più del dovuto,«scsa.» «si»[/color] disse semplicemente - ma non chiedere la casa che devo smistarla- . Fece un passo ma quasi cadde e per non ritrovarsi con la faccia a terra afferrò il braccio del biondo, ancorandosi saldamente a lui «scsa.» sbiascicò quello "scusa" mentre diventava paonazza e faceva qualche passo distante da lui. «ma davvero non hai mai avuto una crush?».
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    Figuriamoci, sarebbe stata una gioia di troppo scoprire che nel cestino c’era qualcosa di utile: e infatti era vuoto. Assottigliò lo sguardo, maledicendo una volta di più – e mai di troppo – le menti malvagie che avevano architettato una fregatura al posto di San Valentino. «Mh.» Un mugugno secco e contrariato, mentre lasciava ricadere il coperchio in vimini del cestino. Stava tentando di elaborare un’alternativa, in quei secondi di prolungato silenzio, e quando le iridi fredde caddero sul block notes fu come una folgorazione. Un modo di comunicare, certo. Come aveva fatto a non arrivarci prima? «Strapperò la carta e ci farò delle palline che lasceremo dietro di noi, così segnaleremo la nostra presenza. Non pare esserci vento, quindi con un po’ di fortuna rimarranno al loro posto,» spiegò brevemente, e nel frattempo le dita diafane erano andate a strappare un angolo del foglio, accartocciandolo e buttandolo a terra. Se avesse avuto una penna sarebbe stato mille volte meglio.
    La carta continuava a insospettirlo, ma al momento non avrebbe avuto la più pallida idea della sua utilità – probabilmente non ne aveva neppure una, e l’avevano lasciata con una funzione simbolica; ci avrebbe riflettuto dopo. La zona in cui si trovavano adesso era troppo esposta e lo innervosiva. Come aveva immaginato, Sana studiava a Hogwarts: il Sinclair era noto per il suo atteggiamento scostante, distaccato e, se vogliamo, alquanto antipatico, ma non era mai stato insensibile e anzi si reputava abile a leggere gli altri. Lo captò, il sentore di delusione della ragazza – che doveva aver mal interpretato le sue parole, perché seppur aveva voluto una conferma, che l’avesse vista per i corridoi del castello ne era già certo. Sfortunatamente, però, correggere e giustificare le proprie parole implicava un livello di confidenza che con la giovane dai capelli rosa non aveva certo raggiunto. «Direi che dobbiamo spostarci-» Frase che Sana doveva aver interpretato come “andiamo incontro alla nostra dolorosa morte”, perché incespicando quasi gli finì tra le braccia. La afferrò al volo dalla vita con un braccio, lasciandola quando fu sicuro che l’altra avesse recuperato l’equilibrio; eeeeeh visto, un vero gentleman alla faccia di chi dUbItAvA (ma chi? boh, qualcuno). Se notò il rossore dell’altra, non ne fece parola. «Ci siamo?»
    Giunta la risposta affermativa della ragazza, individuò un muro diroccato in cui si era aperta una specie di apertura. «Sembrano i resti di un locale, magari in quello o negli altri vicino incontriamo qualcuno,» propose, avviandosi in quella direzione, proseguendo a lasciare le palline come tracciamento del loro percorso. «ma davvero non hai mai avuto una crush?» Non poteva mentire, un po’ quella curiosità lo infastidiva – ma era conscio del fatto che fosse un proprio limite, non una giustificazione per rispondere male a Sana. Era tanto, troppo riservato, un riccio che si chiudeva su se stesso quando si parlava di sentimenti; le persone con cui riusciva ad aprirsi si contavano sulle dita di una mano.
    Non aveva mai avuto una crush? In qualche angolino della sua coscienza, il ricordo di Corey pungolava per riaffiorire – tuttavia, era un ricordo che Pers aveva sigillato anni prima, e che non intendeva riesumare. Perciò, il suo «No, mai,» suonò imperturbabile e onesto, senza tracce di incertezza. Portò l’attenzione su Sana, mentre attraversavano il foro del muro. «E tu? Facciamo che è la verità che ti chiedo.» Alzò e abbassò le spalle, ricordando del compito della ragazza.

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    «Strapperò la carta e ci farò delle palline che lasceremo dietro di noi, così segnaleremo la nostra presenza. Non pare esserci vento, quindi con un po’ di fortuna rimarranno al loro posto,» non era in effetti una brutta idea anche se la ragazza avrebbe volentieri suggerito di mettere quei fogli di carta sotto a dei massi, per non farli volare via ma così che si potessero vedere. Ma non disse niente, non voleva contraddirlo, aveva ancora leggermente paura di lui, oltre che di tutta quella situazione. Tra l'altro era anche stato molto gentile a non dire una sola parola per quella sua quasi caduta a terra. Fu grata al Serpeverde per non aver menzionato il fatto che la rosa stesse praticamente cadendo alla Bella di Twilight, pensare che Peres era bello e tenebroso come Edward. In passato aveva persino pensato che fosse un vampiro. Se solo avesse visto quanto poco elegante era quando aveva mostrato, spavaldo il sedere a Costas, forse non si sarebbe neanche avventurata con lui verso la morte.
    «Ci siamo?»
    si guardò intorno, per capire dove erano esattamente. Lei non aveva capito assolutamente niente di tutta quella faccenda, ma forse per il biondo la faccia confusa della kinese poteva essere scambiato per un si, perchè si fermarono. «Sembrano i resti di un locale, magari in quello o negli altri vicino incontriamo qualcuno»
    «quindi dobbiamo entrare?» quello era un film horror e ben presto lei, persona inutile del cast sarebbe morta, non aveva dubbi al riguardo. Di solito le comparse erano le prime ad andarsene.
    «sei certo che troveremo altre persone?» possibilmente vive.
    Fece finta di credere che non avesse avuto una crush, anche se era certa che una Bella c'era stata nella sua vita, o magari un Edward, chi era lei per giudicare. Anzi se fosse stato gay, sarebbe potuto diventare un grande amico. Con i gay la ragazza si sentiva più serena perchè non doveva fare colpo, non doveva per forza parlare in modo intelligente o apparire in un modo diverso da come era solo per farsi piacere; rapportarsi con loro era molto più facile, almeno che non si parlava di ragazzi, ma con lei questo non era un problema perchè non ci pensava mai.
    «E tu? Facciamo che è la verità che ti chiedo.» eh? per un attimo si era persa nei propri pensieri, quando tornò dal biondo; rimase in silenzio per un secondo, così da capire quello che le aveva detto.
    «Ah, mi stai aiutando con la mia missione? Quindi se ti dico la mia verità la completo?» Oh, lei non non aveva capito il gioco.
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    «quindi dobbiamo entrare?» La poca voglia di esplorare un locale diroccato era condivisa, il Sinclair non poteva che comprendere silenziosamente lo sbigottimento di Sana. Avvicinandosi, inoltre, gli parve di riconoscere nella forma dei muri – e di ciò che ne era rimasto all’interno – il posto in cui si era recato ad Halloween con Gideon e Willow. «Purtroppo sì. Penso di sapere anche dove siamo,» aggiunse, più per dovere di informazione che altro – ai fini della loro sOpRaVvIvEnZa era alquanto inutile. Mise da parte l’educazione, sorpassando il muro prima della ragazza per accertarsi che non ci fossero (clicker) bestie strane funghettose e piene di pus (ty clicker). Era tutto tranquillo, e Persessinclairdellacasatadeiserpeverde, dall’alto del suo perenne sdegno per essere stato interrotto dal suo sonno ristoratore, non sapeva se rincuorarsene o preoccuparsi; ma in fondo, in quel dannato mondo magico non poteva mai stare tranquillo.
    Benedizione: essere perfetto. Maledizione: venir cercato da tutti per la sua perfezione – eh. Se era certo che avrebbero trovato altre persone? Il suo parere era stato chiaro e lampante dal primo secondo in cui aveva letto il foglietto, ed era un: «Assolutamente no.» Era già tanto se lui e Sana si erano trovati a vicenda – motivo per cui quella di San Valentino era un’ipotesi sempre più probabile –, non poteva pretendere il miracolo di trovare altri. Che dire, essere poco rassicurante era un suo talento naturale. Si volse per controllare la ragazza dai capelli rosa lo stesse seguendo, facendole un cenno di incoraggiamento con il capo. «C’era scritto “obbligo o verità”, quindi almeno un turno a testa, suppongo.» Uh guarda, aveva trovato qualcosa!!!11! Calcinacci. Unexpected. «Perciò! Sei interessata a qualcuno?» Se solo fosse stato disposto a sporcarsi le manine inutilmente, avrebbe spazzato via la polvere per capire se quello era davvero il bancone del Fiendfyre. «Sempre se vuoi rispondere, altrimenti cambio domanda.» Si passò una mano tra i capelli morbidi e splendidi splendenti alla PerseoTM – stava valutando di lanciare una linea di cura del corpo col suo nome (cosa? Cosa) –, rassegnandosi al fatto che oltre a persone non c’era neanche un (1) singolo insetto a brulicare tra le macerie del locale. Solo grigio, cose rotte, polvere su polvere. Ew, che noia gli scenari post apocalittici.

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    «Purtroppo sì. Penso di sapere anche dove siamo,»
    «Meno male» fu quasi sollevava che il ragazzo avesse preso in mano la situazione pechè lei era proprio in alto mare. Stare con lui era rassicurante ma terribile allo stesso tempo, era sempre più convinta che presto o tardi l'avrebbe sacrificata per poter tornare nel proprio dormitorio, ma fino a quel momento sembrava molto gentile. Magari sarebbero stati amici se fossero sopravvissuti, anche se il biondo era chiaramente una spanna sopra di lei, dato che la rosa non aveva davvero idea di dove fossero, era completamente in balia degli eventi e sarebbe stata sepolta da questi, non era capace di reagire e l'ovvietà che non avrebbero trovato nessuno in quel posto era la conferma che sarebbe morta.
    Si guardò intorno, vedendo solo massi, rovine e ancora massi; era tutto così deprimente «siamo senza via d'uscita.» disse così demoralizzata. Avrebbe anche iniziato piangere se non fosse stata timida anche sotto quell'aspetto e non voleva farsi vedere in quel modo, specialmente se aveva Perses davanti a lei; e se l'avesse presa in giro per il resto della vita? No, grazie.
    «C’era scritto “obbligo o verità”, quindi almeno un turno a testa, suppongo.»
    «Ah, si gioca così quindi. ok» Che ingenua di una kinese.
    «Perciò! Sei interessata a qualcuno?»
    «cosa?»
    «Sempre se vuoi rispondere, altrimenti cambio domanda.»
    «no..no no» agitò le mani davanti al ragazzo per enfatizzare il suo diniego, mentre diventava paonazza, ancora una volta. Quel ragazzo aveva la capacità di metterla in imbarazzo facilmente. Ok, forse sarebbe diventata color peperone anche senza quella domanda, era molto facile per lei vergognarsi. Si fece più piccola, in quel pigiamone e abbassò gli occhi «devo dire la verità giusto?» anche volendo non era brava a mentire, era più forte di lei e poi quando provava a dire una bugia le diventavano le orecchie rosse e balbettava. «Si l'ho» e non disse altro, alla fine non aveva chiesto il nome. Così la player potrà riflettere ancora per un altro paio di post sul nome.
    «Quindi ora tocca a me...vediamo» cercò di pensare cosa chiedergli, dato che il biondo aveva scelto verità anziché obbligo. Se solo fosse stata più maliziosa o Costas avrebbe trovato sicuramente una domanda piccante ma per fortuna del serpeverde era solo Sana «sei gay?» troppo personale e diretta? Oh si perchè alla fine la player non è così ingenua.
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    Sana pareva veramente, veramente in ansia. Ed era una cosa che Perses poteva gestire – non aveva mai amato i lavori di gruppo, preferiva svolgere i compiti da sé tranne rare eccezioni in cui questo non era possibile –, pur rendendosi conto che la ragazza doveva avere una natura molto timorosa; era ovvio che svegliarsi in uno scenario affatto rassicurante, con alcuna anima viva tranne loro nel raggio di chissà quanti chilometri, non era l’ipotesi più rassicurante neppure per le persone più coraggiose, e non poteva biasimare Sana per i suoi timori. Eppure, a quel «siamo senza via d’uscita» pronunciato con un tono totalmente rassegnato, gli fece voltare la testa verso di lei e giudicare che fosse il momento di evidenziare alcuni fattori inevitabilmente positivi: «C’è sempre una via d’uscita.» E in un certo senso, era matematico. Se c’era un modo – per quanto misterioso – di infilarsi in una situazione, c’era pure quello per uscire. Lo disse con sicurezza, riflettendo poi sul contenuto dei propri incubi, a dir poco grotteschi e spaventosi e che da qualche tempo non lo lasciavano in pace. Non li sognava tutte le notti, per fortuna, ma quasi. Anche lì c’erano palazzi distrutti, ma mancavano i rumori sinistri, le stanze buie e i tonfi – senza tralasciare il sangue. «Sono sempre più convinto che sia uno stupido scherzo di San Valentino. Non penso che siamo in pericolo, anche se… è davvero poco romantico,» riconobbe. Forse, se avesse letto quella maledetta busta lilla che gli era tornata in mente, ci avrebbe capito qualcosina di più. Maledizione.
    Attraversò un altro uscio senza porta, con più confidenza di prima: come sospettava, non c’era niente e nessuno. Magari non erano senza vie d’uscita, ma il Sinclair sperava vivamente che quel giochetto non sarebbe durato ancora per molto. Che comportamento, avrebbe dovuto denunciare l’ideatore di tutto quello, quant’era vero che la sua pelle era la più morbida che vi fosse in circolazione – si radeva anche la poca barbetta che gli cresceva con il preciso scopo di lasciarla liscia come una pesca, perché nascondere tanta beltà dietro un cespuglio?? Una tragedia.
    Avrebbe dovuto aspettarsi, data l’indole timida di Sana, che la sua domanda l’avrebbe messa in difficoltà: in fondo, lo aveva anche previsto, ma che gusto c’era se nessuno ti metteva mai in difficoltà? Occhieggiò un lato del muro costeggiato di bottiglie frantumate e cocci di vetro. «Attenta a non camminare lì.» Il volto della ragazza aveva assunto un colorito rosso, con un netto distacco con la pelle chiara del collo, e distrattamente il serpeverde si chiese se l’avrebbe ammazzata con quella domanda: sarebbe stato un plot twist inaspettato. «Si l’ho.» Uh uh, a questo punto un amante del gossip avrebbe premuto per sapere il nOmE; ma essendo Persessinclairdellacasatadeiserpeverde, un Essere Lucente che si stava annoiando a morte… avrebbe premuto anche di più. *sticker lelia*
    «Quindi ora tocca a me… vediamo.» Lasciò un’altra pallina di carta a terra, con espressione neutra. «Attendo.» «sei gay?» First reaction: shock. Guardò la ragazza. UAOOOOO ma «che audacia.» Il metamorfomagus era piuttosto sorpreso, si era aspettato tanti interrogativi da Sana, ma quello superava ogni aspettativa. Comunque, Perses non aveva mai cercato di nascondere il proprio orientamento sessuale – cioè, non ce n’era stato bisogno dato che gli stavano tutti sulle pluffe – perciò non faticò a dire la semplice verità. «Sono bisessuale.» E sottolineiamo, il pRiNcIpE dei bisessuali. (a caso? A caso, lui doveva essere sempre il principe in tutto, lo era pure nelle ff che scrivevano gli altri senza che dicesse niente!!) «Altra verità: nome e cognome della crush senza nomignoli in codice.» Zan zan zaaaaan.

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    «C’è sempre una via d’uscita.» Mentre la rosa continuava a non avere idee e non riusciva ad essere positiva, il suo compagno al contrario sembrava essere più sicuro e certo che sarebbero sopravvissuti. Fece un timido sorriso, rassicurandosi leggermente nonostante avesse ancora lo stesso timore da quando lo aveva incontrato: sarebbe stata sacrificata presto o tardi.
    «Mi fido di te jack» forse non doveva davvero affidarsi completamente a lui ma fino a quel momento si era dimostrato molto gentile nei suoi riguardi, lentamente si stava aprendo a lui.
    «Sono sempre più convinto che sia uno stupido scherzo di San Valentino. Non penso che siamo in pericolo, anche se… è davvero poco romantico,»
    «é l'esatto opposto del romanticismo. » non si aspettava niente per San Valentino ma aveva da sempre sognato che il ragazzo dei suoi sogni le avrebbe chiesto tramite un mazzo di rose rosse di uscire con lei e dopo aver mangiato insieme a quel nuovo ristorante coreano, avrebbero preso poi un dolce e passeggiato fino a rientrare a casa o in quel caso a Hogwarts. Insomma era la tipica sedicenne che credeva ancora al principe azzurro. Ma la realtà era totalmente diversa, uno schifo ma c'era speranza.
    «Chissà se l'avrò mai» sussurrò più a se stessa che a Perseo e sperava davvero anche che non avesse sentito o almeno ignorasse quelle parole.
    «Attenta a non camminare lì.»
    «eh? ah, s--si grazie» si era quasi distratta mentre lo seguiva in quelle macerie come un cagnolino fedele che neanche stava guardando dove stava mettendo i piedi. Era proprio in balia degli eventi, di Perses, sperava davvero di non finire gettata da qualche parte per poter avere tempo di scappare. Cercò di superare quegli ostacoli, mettendo un piede davanti all'altro e soprattutto provando a non morire di vergogna per la domanda che gli aveva fatto. Era stata troppo diretta e se ne era pentita subito per avergli fatto una domanda così personale e delicata
    «che audacia.» sempre più rossa in volto provò a dirgli che poteva non rispondere se era in imbarazzo, anche se dalla disinvoltura non sembrava essere davvero così sconvolto, forse era persino scocciato.
    «Sono bisessuale.» Ah. non avrebbe mai avuto possibilità con uno come Perseo, non che ci avesse davvero fatto un pensiero, lei non era quel genere di ragazze. Viveva ancora nel mondo delle favole e degli unicorni.
    «Bene» gli sorrise perchè forse potevano comunque essere amici, lei andava molto d'accordo con i gay, cioè non che avesse un gregge di amici di gay, ma con Sarang erano molto amici e presto o tardi avrebbe anche smesso di avere una cotta per lui.
    «Altra verità: nome e cognome della crush senza nomignoli in codice.» Appunto. Poteva mentire, ma per la barba di merlino non era in grado di farlo, quel gioco consisteva nel dire la verità per non parlare che aveva seri problemi con le bugie. Anche se il biondo non la conosceva e magari poteva non accorgersi della menzogna.
    «Sarang Park» ok, forse poteva sembrare impossibile, anche perchè tutti li scambiavano per parenti, forse perchè avevano lo stesso cognome, o forse perchè erano entrambi orientali; le persone spesso non capivano che non tutti i kinesi con lo stesso cognome erano parenti, semplicemente Park era molto comune. In più era chiaro che il compagno fosse gay e con lui non potesse avere altro se non una splendida e profonda amicizia, ma era pur sempre la sua prima cotta.
    «Ma ti prego non dirlo a nessuno» anche se forse neanche si ricordava di lui, non erano al centro dei pettegolezzi i due amici e spesso passavano inosservati. Perciò non voleva diventare una di quelle persone chiacchierate «non voglio finire sulla bocca di tutti» come lui, avrebbe voluto aggiungere ma era meglio non sfidare la sorte, non voleva rimanere lì da sola.
    «Ok, allora ora tocca a me» si dovette fermare per pensare a che tipo di obbligo fargli fare. Purtroppo non era Costas perchè in quel caso un'azione da fare l'avrebbe già detta, ma c'era Sana accanto a Perseo e la sua mente era decisamente meno malata del serpeverde «Ti obbligo a non lasciarmi se la situazione dovesse peggiorare» eh si, il non farsi abbandonare era la sua priorità, anche se quello non era un'azione particolarmente imbarazzante da compiere. «o forse dovevo chiederti qualcosa di diverso ma non ho mai giocato a questo tipo di gioco. Dai ora tocca a te» però stava iniziando a piacerle.


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    Attenta a non camminare lì, le aveva detto. E invece stava andando a camminare proprio lì. Si girò a controllare che l’avesse sentito, Perses, accorgendosi che la ragazza era stata con la testa fra le nuvole fino a un secondo prima di ringraziarlo. Fece solo un secco cenno del capo, odiava rispondere in modo mieloso ai ringraziamenti – un grazie era semplicemente un grazie, e non aveva fatto davvero nulla di che se non evitarle di ferirsi i piedi coi cocci di vetro. Non sempre i Serpeverde si comportavano in maniera meschina, e nel suo caso era troppo bello e al di sopra per sentire il sinistro bisogno di essere meschino con qualcuno. Men che meno con un pulcino spaventato e tremante come quella ragazza, si doveva essere crudeli e senza cuore.
    Inaspettatamente il pulcino spaventato tirò fuori sfacciataggine sufficiente a porgli una domanda sulla sua sessualità; non il primo dettaglio che ci si premurava di conoscere di una persona, ma immaginava fosse soltanto curiosa. Era consapevole che la sua freddezza rendesse improbabile indovinare il suo orientamento sessuale, e la riservatezza non glielo faceva sbandierare ai quattro venti seppur non lo tenesse nemmeno nascosto. Non era un ragazzo di tante parole, il Sinclair, e questo sì che era risaputo. «Che significato dai a “bene”?» pose incuriosito il giusto, lasciando altre palline di carta a terra strappando i foglietti.
    Dal canto proprio, le restituì il favore con una domanda altrettanto indiscreta. Persessinclairdellacasatadeiserpeverde non era davvero in grado di provare vergogna o imbarazzo, lui campava di sdegno e amore verso se stesso con la sua solita modestia – l’unico tratto ereditato dai genitori assieme all’eleganzaTM. AHIME’, troppa beltà per una sola persona, meno male che la divideva con sua sorella Theia, bella come una calla (eh harper. EH) (forse dovremmo dire zAnTeDeScA).
    «Sarang Park.» Individuò mentalmente il viso del ragazzo, inespressivo. «Ah, quindi non siete parenti.» Scavalcò un cumuletto di macerie, passando a esplorare quelle che doveva essere zona dello staff, oltre il bancone mezzo distrutto. La preghiera di Sana su non dirlo a nessuno gliela fece osservare per qualche secondo, prima di ricominciare a esplorare e cercare, magari, un cellulare intatto o qualcosa con cui comunicare. Iniziava a sospettare che le missioni fossero una presa per il culo, comunque. Lui che diffondeva pettegolezzi? No – potevano arrivargli delle voci, ma non era mai lui a diffonderle. «Non mi interessa spifferare i tuoi segreti in giro.» (e poi si degnava di parlare con pochi eletti, tsk tsk) L’obbligo della ragazza dai capelli rosa lo lasciò tanto perplesso quanto la sua richiesta di non parlare a nessuno della sua cotta: ma che, aveva la faccia di (uno snobbone? Sì) un codardo?? Fece un vago gesto della mano, rilasciandola cadere sul fianco. «D’accordo, ci posso stare.» Una vocina gli sussurrò che quello era un paradiso, in confronto ai suoi incubi di clicker e finali cruenti. Alzò gli occhi al cielo, scacciando quelle immagini. Ma non era possibile cancellarle, non del tutto e non quando erano così vivide. La ragazza scelse verità, e lui rifletté. «Se potessi cambiare qualcosa del mondo o della tua vita, cosa cambieresti?» Così, perché Perseo era un po’ intellectual falzo e doveva rompere le scatole.

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    «Love looks not with the eyes but with the soul ...»

    Era ancora viva dopo tutto quel tempo era grazie anche a Perses, che stava risultando una piacevole compagnia anche se poteva sembrare snob o poco attento alla ragazzina, non era davvero così; stava conoscendo un lato nuovo del biondo che pensava non potesse esistere ed era felice di ciò, credeva davvero che sarebbe potuta nascere una vera amicizia tra di loro. Prima però doveva solo sperare di non essere abbandonata.
    «Che significato dai a “bene”?»
    «Pensavo che fossi un snob» Aspetta! Non voleva davvero dire quello che stava dicendo, o almeno non in quel modo così diretto. «scusa non intendevo, nel senso non pensavo fossi così aperto mentalmente e mi fa piacere che tu non sia omofobo» non era migliorata molto ma iniziava a parlare senza ragionare quando era in imbarazzo.
    «forse dovrei stare zitta» abbassò lo sguardo mentre continuavano a camminare, credo, e il ragazzo sicuramente stava facendo qualcosa di molto più utile che sparare a zero sulla rosa, al contrario di lei. Era davvero pessima.
    Per fortuna non sembrò essersela presa troppo per quel suo modo goffo e anche molto stupido di approcciarsi; voleva sprofondare! decise di porle un'altra domanda. Sembrava quasi il gioco delle confessioni invece che obbligo o verità e in fondo le piaceva perchè non stava andando troppo male con le domande, anche se sperava davvero di non ricevere altre domande sulla sua cotta, non era pronta a parlarne, o meglio voleva dimenticare presto quella sua cotta per l'amico, sperava di incontrare il suo principe azzurro. Probabilmente era l'unica sulla faccia della terra a crederci, ma non avrebbe smesso di crederci perchè quel mondo era troppo cinico per sognare.
    «D’accordo, ci posso stare.» forse esistevano ancora i ragazzi per bene, e il biondo sembrava essere davvero uno di quelli, dato che le aveva appena promesso che non l'avrebbe lasciata da sola. Era così grata e felice che fece un salto per abbracciarlo. Una frazione di secondo, giusto il tempo per diventare color peperone e si staccò; si chinò e iniziò a blaterare «scusa» era molto avvezza a quella parola, specialmente col compagno di avventura, ma ancora una volta fu grata per il cambio argomento .
    «Se potessi cambiare qualcosa del mondo o della tua vita, cosa cambieresti?»
    «che domanda impegnativa...» si mise a grattare la testa cercando una risposta sincera, anche se era difficile doveva trovare una giusta risposta «Se fosse qualcosa di superficiale, la mia timidezza ma se dovessi scegliere qualcosa di più ampio, magari vorrei poter cambiare le torture, cioè vorrei eliminarle. » forse non era così ampia come risposta perchè era comunque riferito a Hogwarts ma anche il resto, non lo sapeva bene.
    «Bene tocca a me» il ragazzo aveva scelto obbligo ma non era così facile come pensava la ragazza decidere di fargli fare qualcosa. Avrebbe anche provato a fargli una domanda ma si rese conto che continuavano a camminare ma lei non aveva idea di dove fossero diretti, avevano davvero uno scopo? Si stava completamente affidando al ragazzo, chissà se stava facendo bene. «ma stiamo andando verso la direzione giusta?» era ancora confusa dalla situazione che faticava a capire come muoversi. Scosse la testa per tornare al gioco «Vediamo cosa potrei chiederti di fare...» era davvero scarsa in quel gioco, ma non ci aveva neanche mai giocato «Mi porti sulle spalle?» cosa?
    Ciao Perses / joined the chat /
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