[oblinder] v. the hierophant

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    Magari la lettera, quella che ti è arrivata anonima la sera prima, non l'hai neanche aperta. Forse neanche vista, se non intenzionalmente ignorata. Oppure l'hai vista, ed hai pensato fosse lo scherzo di un amico, di uno sconosciuto annoiato, del vicino di casa a cui hai accidentalmente dato fuoco alle rose del giardino - insomma.
    Potresti non averci dato peso. O l'hai fatto, ed hai passato gran parte della notte a chiedere aiuti e suggerimenti alle persone di cui ti fidi, a cercare su internet, a rigirarti nel letto provando a dormire (o peggio, o meglio: a non, dormire).
    Insomma. Non importa la considerazione che tu abbia avuto della pesante busta lilla, e non importa quante precauzioni o meno tu abbia preso in merito.
    Vai a dormire nel letto della tua camera, sotto le tue coperte, circondato da un mondo che conosci ed odi ed ami a seconda dei giorni.
    Il dove apri gli occhi il giorno seguente, però, è un mistero.

    Dev'essere stato l'odore, a svegliarti. Un olezzo tutt'altro che piacevole, un misto di bruciato e polvere che ti fa arricciare il naso. Ti massaggi le palpebre abbassate, rannicchiandoti su te stesso quando senti l'aria farsi pungente...qualcuno ha aperto una finestra?
    Socchiudi le palpebre: no, decisamente nessuno ha aperto una finestra.
    Nulla di quello che vedi, è come lo ricordi.
    Le strade piene di macerie. I palazzi crollati per intero od a metà. Una luce bianca, innaturale, a illuminare il tutto come si trovasse in un limbo fra alba e tramonto perenne.
    E le persone. Le persone...non ci sono.
    Così come i rumori.
    Non riesci a sentire niente.
    Ha tutto l'aria di vecchio ed usurato, di consumato e spaccato - di morto.
    Non c'è nulla di vivo, da quelle parti, e l'idea che offre è che non vi sia nulla di vivente da molto tempo. Ti rendi conto di non essere solo, però: c'è qualcuno, con te. Forse sta dormendo; forse è morto. Probabilmente non è morto.
    Abbassi lo sguardo. Un chiodo tiene impigliato al suolo un pezzo di carta, e quella che sembra essere una carta dei tarocchi: the hierophant. Sul foglio, ci sono solo sei parole - e mai avresti pensato che sei parole potessero pesare così tanto.
    Eppure lo fanno.
    Non è possibile leggere nei sogni.


    Ci sono altri tre foglietti, uno indirizzato ad entrambi, ed uno per ciascuno di voi.
    (insieme) cerca una fonte di cibo.

    (moopoint!) Dare un bacio sulla guancia

    (moonriver00) Confessare la più grande paura

    Frugandovi nelle tasche, potete trovare una Ginocchiere (moopoint) e un Portafogli (moonriver00).
    Ah, quasi dimenticavo: la magia non funziona.


    tarocchi
     
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    «una lettera»
    «sì»
    «per me»
    «sì»
    «ma mi sto allenando»
    Le priorità erano molto chiare. E così, ignorò bellamente l'involucro lilla per concentrarsi sui primi 33 kg di pesi da sollevare; non è che non gli interessasse o non fosse curioso, è che aveva imparato col tempo che per ottenere risultati in palestra c'era bisogno di costanza e per mantenere la costanza bisognava eliminare qualsiasi distrazione. Doveva ammettere, però, che mentre sollevava continuamente il manubrio con i pesi, continuava a pensare a cosa potesse essere, da parte di chi, che profumo fosse stato utilizzato perché era davvero... pungente, arrivava addirittura a pizzicargli le narici, gli faceva storcere il naso e gli impediva di concentrarsi come voleva, quindi fece l'unica cosa che gli restava da fare: spinse via la lettera, allontanandola dal suo angolo gym, e facendola finire sotto il letto, o meglio, nel dimenticaio. Sì perché dopo aver finito l'allenamento, dopo aver fatto la doccia, dopo aver cenato abbondantemente, dopo aver cazzeggiato in Sala Comune per un tempo indefinito, dopo aver cazzeggiato (di nuovo? sempre) su Twitter, una volta messosi a letto, la famosa lettera divenne l’ultimo dei suoi pensieri.

    Arricciò il naso e si rigirò su un fianco, affondando la testa nel cuscino; non lo ricordava così poco soffice, ennesima cosa che gli fece storcere ancora il naso, oltre al persistente odore di bruciato. Non si destò subito, sapeva cosa stesse succedendo, quindi si limitò a sbuffare e bofonchiare «ma se devi bruciare di nuovo i compiti di storia della magia almeno fallo nel cortile, non in camera» si lamentò con voce impastata, ma dal compagno di stanza nessuna risposta. «jerry» che stava per Jordan, che era anche un Jerry. «jerry!» ancora niente «JERRY!» si mise a sedere infine, spazientito, ma davanti a lui non c’era Jordan, né la loro stanza, né… a dire il vero davanti a lui non c’era proprio niente. Solo macerie e resti. Si alzò a fatica, la bocca dischiusa per lo stupore. Si guardò intorno con la stessa energia caotica e disorientata di un Vincent Vega a casa di Mia Wallace, poi realizzò. «AH MA SI’» tutto chiaro e tondo «ma sono tornato in Russia!» era l’unica spiegazione plausibile perché il paesaggio era proprio quello della casa in campagna dove andava da bambino, prima che la regione diventasse il luogo preferito per quegli strani uffici governativi che si chiacchierava fossero utilizzati per esperimenti alieni. Ma insomma, era la Russia, probabilmente era semplicemente il posto dove Putin torturava i suoi rivali politici. Si grattò la nuca e continuò a guardarsi intorno perché non ricordava come e quando era tornato in madrepatria, but still. Si tastò le tasche e scoprì di avere delle «ginocchiere!!» con tono entusiasta, perché qualsiasi cosa dovesse fare («procurati del cibo», lo lesse qualche attimo dopo) era sempre meglio farla con delle ginocchiere per proteggere ovviamente le proprie ginocchia, per non stressare troppo i muscoli, i tendini, i legamenti etc. Tornando alla sua missione, gli toccava cercare da mangiare ma non c’era niente lì intorno di commestibile, solo macerie e resti; senza muoversi di un passo perlustrò con lo sguardo l’orizzonte e fece un inventario.
    «macerie e resti, macerie e resti, macerie e resti, macerie e resti» che piano piano diventarono un «MA C’ERI E RESTI!» esclamò alla vista dell’altra persona, poi si rabbuiò. «devo mangiare te?» sarebbe stato strano ma neanche troppo trovandoci in Russia quindi dai era una domanda più che lecita.
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    Cos'è una cosa estremamente snervante e sfiancante?
    ▪ Arrivare sempre ultimi a delle gare sportive.
    DDAENG DDAENG DDAENG - RISPOSTA SBAGLIATA
    ▪ Dover rispondere a dei quiz improvvisi con più di 100 domande.
    DDAENG DDAENG DDAENG - RISPOSTA SBAGLIATA
    ▪ Pulire tutto dopo una lunga giornata di attento servizio.
    DIN DIN DIN DIN DIN - RISPOSTA ESATTA
    Jae-Yong in quel momento era davvero molto stanco. Dopo 13 ore passate ai fornelli, l'ultima cosa che avrebbe voluto fare era proprio quella di mettersi a pulire il ristorante da tutto il caos (e lo schifo) lasciato dai clienti nel corso della giornata... ma non era un lavoro che poteva essere rimandato al giorno successivo e quindi doveva essere fatto subito (e bene).
    Le braccia però protestavano. Gli occhi quasi si chiudevano per la stanchezza.
    Jae-Yong avrebbe voluto poter svenire sul pavimento e dormire almeno per 48 ore di fila. Purtroppo però non sarebbe mai stato possibile, anche perché l'indomani si lavorava e per di più era San Valentino.
    In molti avevano già prenotato un tavolo per festeggiare allo SWEETNIGHT (단밤) quelle ore spensierate con la propria metà, quindi anche per questo doveva essere tutto pronto per garantire un servizio adeguato. Anche se in verità Jae-Yong era stato tentato più volte di chiudere il ristorante per poter passare quella giornata di festa con il suo compagno, Hyunjin.
    Purtroppo però avevano bisogno di tanti soldi. E San Valentino + i numerosi clienti avrebbero fatto il miracolo. Per questo non potevano permettersi di prendersi una giornata libera, nonostante desiderassero altrimenti.
    In pratica quindi tutti i piani romantici di Jae-Yong erano andati così in fumo.
    Avrebbe voluto portare Hyunjin a fare un picnic.
    Avrebbe voluto riempirlo di regali.
    Avrebbe voluto poi tornare a casa e riempirlo di baci.
    Ed invece avrebbe solo potuto strapazzarlo di coccole solo a fine giornata, un po' come faceva già tutti i giorni. Ed era questo a dargli fastidio: voleva che quella giornata fosse speciale ma non avrebbe potuto renderla tale.
    Però aveva un asso nella manica: una coppia di anelli che voleva regalare a Hyunjin come pegno del suo amore (uno l'avrebbe indossato lui). Non era ancora un anello di fidanzamento dato che erano pur sempre tanto giovani... ma non ci voleva un genio per capire che avrebbero passato tutta la loro vita insieme, quindi era solo un simbolo del loro amore.
    Sperava davvero che Hyunjin avrebbe apprezzato sia il gesto che il regalo.
    Mancava comunque più di un giorno per scoprirlo! Che stress.
    Intanto Jae-Yong non faceva che pulire tavoli, sedie... pavimenti. Una tortura.
    Naturalmente Hyunjin era accanto a lui e si dimezzavano il lavoro a vicenda.
    Una confessione? C'era un plus: Hyunjin era estremamente carino mentre puliva, soprattutto quando ballava e cantava a ritmo di musica (tenevano spesso la musica accesa -a medio volume- anche dopo una lunga giornata di lavoro). Jae-Yong veniva distratto ogni singola volta dalle sue mossette carine e dalla sua risatina, il che prolungava di molto il lavoro ma ne valeva la pena.
    Era irresistibile per Jae-Yong. Che ci poteva fare? Poverino.
    Un cuore innamorato trova adorabili anche le più piccole sciocchezze.
    «Abbiamo finito?» chiese poi Jae-Yong guardandosi intorno dopo un'altra mezz'ora di duro lavoro. Hyunjin gli sorrise da lontano, annuendo, e Jae-Yong lo raggiunse per abbracciarlo. Strofinò il viso sul collo del compagno per poi guardare sul mobiletto alle loro spalle.
    «È arrivata posta oggi?» chiese poi in modo retorico, guardando la pila di lettere poste sul mobile. Intravedeva un qualcosa di lilla ma sinceramente non aveva voglia di vedere che cosa fosse. Voleva solo andare a letto e coccolare il suo compagno prima di crollare sfinito nel sonno.
    «Vedremo domani...» disse il mago. Prese tutte le buste in una mano, Hyunjin nell'altra ed insieme salirono al piano di sopra (dove abitavano).
    Ci misero poco a prepararsi per la notte, troppo stanchi per perdersi in chiacchiere. Si ritrovarono l'uno tra le braccia dell'altro in men che non si dica e dopo pochi attimi si addormentarono. La busta lilla era stata posta insieme alle altre sopra un cassettone posto nella loro camera da letto.

    ---

    Jae-Yong era sempre stato molto sensibile agli odori troppo forti (pungenti e persistenti). Poteva anche non riuscire a respirare per alcuni minuti.
    L'odore della benzina o del fumo ne erano un esempio. O dello smog.
    Pertanto non poté fare a meno di svegliarsi senza respiro proprio a causa dell'odore di bruciato che impregnava l'aria.
    Il suo primo pensiero andò a Hyunjin. Dov'era? Stava bruciando casa?
    E poi aprì gli occhi e si ritrovò in un posto che non conosceva. E da solo.
    Si alzò di scatto e si guardò intorno, scioccato da ciò che vedeva.
    I palazzi erano crollati. Le strade non erano percorribili con le auto a causa delle macerie. Anche la luce era diversa, quasi come se ci si trovasse in uno di quei videogiochi ambientati dopo la fine del mondo. Tipo Death Stranding.
    Ma che stava succedendo?
    C'era un silenzio spettrale.
    Quello che più lo preoccupava però era l'assenza di Hyunjn.
    «HYUNJIN!!» urlò Jae-Yong. «JIN... DOVE SEI?» ma nessuna risposta arrivò.
    Fu in quel momento che Jae-Yong notò un qualcosa di strano.
    A terra c'era una carta (qualcosa di simile a dei tarocchi). Ed un biglietto con su scritto Non è possibile leggere nei sogni.
    Il mago era sempre più confuso. Perché si trovava lì? Che cos'era "lì"? Che cosa voleva dire quella carta? The hierophant.
    E dov'erano le persone? Hyunjin?
    «HYUNJIN!!» urlò ancora. Ma niente di niente.
    Onestamente Jae-Yong non era preoccupato per se stesso. Il suo unico pensiero era come sempre Hyunjin. Doveva trovarlo. Doveva salvarlo se era in pericolo. E per farlo doveva capire dove si trovava e come tornare a casa.
    Si frugò nelle tasche e trovò solo il suo portafogli. Poco male. Non gli sarebbe servito ad un granché in quelle circostanze. Senza persone non c'era bisogno di comprare qualcosa. Poteva semplicemente prendere e basta, nel caso gli servisse qualcosa. Ma poi davvero non c'era nessuno in quel luogo? O era solo un'impressione? Misteri su misteri.
    Si passò una mano tra i capelli, frustrato. E poi sentì una voce.
    «macerie e resti, macerie e resti, macerie e resti, macerie e resti» e non ebbe neanche il tempo di girarsi che la voce gli arrivò alle spalle.
    «MA C’ERI E RESTI!» urlò un ragazzo e Jae-Yong lo guardò perplesso e corrucciato. Ed ora chi era quel ragazzo? E che stava dicendo? Le domande non facevano che moltiplicarsi.
    «devo mangiare te?» chiese poi lo sconosciuto.
    Al che Jae-Yong cominciò ad alterarsi. Che cosa voleva fare questa persona? Mangiarlo? Ma col cavolo proprio! Era fuori di testa? E se era una battuta non faceva ridere perché non si trovavano già in una splendida situazione e non era il caso di rivolgersi così ad uno sconosciuto.
    «Non credo proprio.» disse Jae-Yong, duro.
    Continuò a guardarlo malissimo. Pronto comunque ad attaccarlo se fosse stato necessario.
    Aveva notato di avere la bacchetta con sé ma in ogni caso non se la sarebbe cavata male neanche nel corpo a corpo.
    «Sei di queste parti? Sai che cos'è questo posto?» chiese lui, cercando di interrogarlo. Sapeva di non avere di certo l'aspetto di una persona potenzialmente pericolosa ma sapeva il fatto suo. E voleva delle risposte.
    Notò comunque un altro biglietto a terra e lo raccolse.
    «Confessare la più grande paura... e che vuol dire? È una sfida? Siamo qui per una sfida?» chiese Jae-Yong, rivolgendosi in realtà un po' al cielo ed un po' ad uno sconosciuto. Il suo cervello comunque elaborava nel frattempo teorie e complotti.
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    «non credo proprio»
    Il tono duro e l'occhiataccia che gli lanciò il ragazzo gli fecero fare un mezzo balzo indietro perché sì, dall'alto dei suoi 196 cm di muscoli, aveva avuto paura che a) l'altro potesse attaccarlo in qualsiasi momento per difendersi, e b) decidesse di essere lui il primo ad attaccare e a procurarsi del cibo, facendo ovviamente del grifondoro la sua cena – o pranzo, era difficile stabilire l'ora del giorno in cui si trovassero; per quanto ne sapeva potevano essere passati giorni, o mesi, o anni, magari era rimasto ibernato nel ghiaccio come Cap e in realtà era passato un secolo, chissà. Ad ogni modo, era infinitamente sollevato che il ragazzo non si fosse prestato a fargli da materia prima per eventuali spiedini, non pensava sarebbe stato comunque pronto ad uccidere e mangiare una persona, era russo ma non così tanto russo e sì ci teneva all'apporto proteico giornaliero, ma, again, non così tanto da darsi al cannibalismo. Se proprio non avessero trovato una fonte di cibo quanto prima, allora si sarebbe offerto lui stesso come tributo volontario per il superamento di quella prova, tanto l'ambientazione da Hunger Games c'era ed era sicuro che una sua gamba sarebbe bastata a sfamare chiunque per giorni interi. «scusa» si affrettò a dire, e a rendere ancora più palese la sincerità e la trasparenza delle sue parole, si aggiunse la mano sul petto – altezza cuore – «n-non volevo /davvero/ mangiarti» e okay, forse la mano sul petto era lì anche a controllare che i battiti non raggiungessero numeri troppo elevati per lo spavento subito. Eh Jae-Yong, ti è capitato quello grande e grosso ma che non fa paura, uno Shrek in pratica, ma meno verde. Si guardò di nuovo intorno, poi prese un respiro profondo. Sapeva dove si trovavano? Difficile stabilirlo, si trovavano su una montagnetta fatta nient'altro che di cumuli di polvere e detriti, le strade intorno a loro erano assolutamente uguali a qualsiasi altro tipo di strada nel mondo e il cielo era di un pattern che andava dal rosa fenicottero, al dorato, al vermiglio più apocalittico che avesse mai visto (c'erano anche resti di insegne varie, e tavoli in legno e indizi di diverso tipo per terra ma Julian non era così tanto furbo e scaltro, sveglio, da averle notate). Sospirò pesantemente, poi annuì con lentezza e con amara consapevolezza. «temo di sì» noi temiamo la risposta «siamo nel villaggio di Nomemoltobruttovich, in Russia» annunciò tristemente «sono cresciuto qui. Anche tu sei russo?» duh, at least he tried. Sapeva perché erano lì? Quello no, ma a dire la verità quella era domanda che non si era ancora posto, né si era chiesto in che modo fosse stato letteralmente catapultato lì da un momento all'altro. Erano cose a cui avrebbe pensato dopo, eventualmente, ora la sua priorità era fare una buona prima impressione al suo nuovo amiko per la fine del mondo, perché aveva paura che avesse dato l'impressione sbagliata con quella proposta di cena “alternativa” «io sono Julian» si presentò con il suo miglior sorriso a trentatré (se erano trentadue? un'invenzione delle lobby dentistiche per nascondervi la verità) denti e allungò la mano verso Jae-Yong per stringere la sua. «eee» uno sguardo al secondo bigliettino con la task da completare «devo darti un bacio» lo guardò e sorrise «sulla guancia» puntualizzò perché non si poteva mai sapere. Insomma, non che prima d'ora si fosse fatto /troppi/ problemi a baciare chicchessia per il superamento di qualche prova (aveva ancora i war flashback dell'ultima gita a Daremyland) ma i due erano completi sconosciuti, non poteva sapere se gli facesse piacere o meno e poi non era troppo nel mood? Erano soli in un posto sconosciuto, tra le macerie e senza un'anima viva; era sicuro che ci fosse qualcuno che avrebbe trovato l'ambientazione kinky ma lui non era tra quelli. Si prese un attimo di pausa. «giuro che non proverò a mangiarti» anche queste puntualizzazioni sempre necessarie.
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    Jae-Yong era tutt'altro che spaventato. Ci voleva ben altro per ridurlo ad un ammasso di gambe tremanti, con annesso cervello in pappa.
    Con un passato complicato come il suo era difficile che si intimorisse per così poco: quattro macerie e la quasi totale assenza di esseri viventi. Sembrava quasi un paradiso, invece, in confronto a ciò che aveva passato qualche anno prima, quando era stato rinchiuso con diversi altri membri del gruppo dei ribelli in delle prigioni a seguito della loro irruzione in casa Park.
    Ricordava ancora le urla dei suoi compagni. Le torture. Il viso spento e sporco di Hyunjin. Il senso d'impotenza. La mancanza di libertà e speranza.
    Tutto il contrario della situazione in cui si trovava in quel momento, malgrado il doveroso disagio di non sapere i motivi per i quali si trovasse nel bel mezzo di una distruzione immotivata e incomprensibile.
    Quantomeno non era incatenato all'interno di una cella buia. Quantomeno era libero di spostarsi a suo piacimento ed esplorare ogni più piccolo anfratto di quel luogo. E soprattutto, almeno per il momento, non c'era nessuno a minacciare attivamente la sua vita. Il che poteva dargli il tempo di prepararsi al meglio ad una eventuale offesa di un nemico invisibile.
    Parliamoci chiaro: qualcuno l'aveva portato in quei luoghi. Jae-Yong si era addormentato al fianco di Hyunjin ed era certo di non essersi spostato da solo. Quindi qualcuno o aveva fatto una magia o l'aveva prelevato da casa sua e magari aveva pure preso il suo fidanzato.
    Per quanto ne sapeva, questo poteva essere l'ennesimo attacco del ministero contro un membro (o più) dei ribelli che qualche anno fa avevano tentato di fermare i soprusi che avvenivano sia alla Mabeobkakkeun Hakkyo (scuola di magia) che in Corea del Sud, dunque era ancora più inquieto.
    Viveva tranquillo da pochi anni e sarebbe stato da stupidi credere di essere al sicuro al 100% perché non erano di certo persone da mollare il colpo.
    Era quindi una loro vendetta? O no? E Hyunjin? Dov'era?
    Lo stomaco di Jae-Yong si contorceva per il timore. Il non sapere lo stava uccidendo. Guardava oltre le macerie nella speranza di veder sbucare una testolina tanto amata. Ma niente. Del fidanzato nessuna traccia.
    L'aveva già perso una volta, il suo amato Hyunjin. Non poteva sopportare l'idea di farlo per una seconda volta. Per questo strinse i pugni e cominciò a ragionare sul da farsi, poco prima che un tizio sbucasse dal nulla.
    Jae-Yong non era molto bravo nel socializzare. In realtà non lo era mai stato e negli anni era prima peggiorato (a scuola non parlava mai con nessuno) per poi migliorare leggermente anche grazie all'aiuto del gruppo dei ribelli (e di Hyunjin) ed alle varie attività sportive ed artistiche a cui aveva preso parte.
    Quindi normalmente non avrebbe risposto proprio in modo carino ad uno sconosciuto, semplicemente a causa di un disagio mai del tutto curato.
    Poi se quest'ultimo, addirittura, voleva mangiarlo... beh. Ci stava che non ne fosse felice e che gli avesse risposto male. Si era pure trattenuto.
    «scusa» disse subito il ragazzo, portando poi una mano al petto, forse per sembrare più credibile. Ci voleva però ben più di questo per farsi credere dal mago. «n-non volevo /davvero/ mangiarti» disse ancora e Jae-Yong alzò un sopracciglio, dubbioso. Di sicuro non gli avrebbe creduto così facilmente. Fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio. Quel ragazzo non l'aveva mai visto in vita sua quindi poteva essere anche una spia del ministero o colui che l'aveva buttato in quel luogo. Essere giovani non voleva dire niente. Anche lui da giovanissimo era entrato a far parte di un gruppo di ribelli, quindi era meglio non fidarsi troppo e tenere la guardia sempre alta.
    Per capirne di più, Jae-Yong lo riempì di domande. Sperando di riuscire a carpire alcune informazioni utili. Però la situazione non era esattamente facile da sbrogliare. C'erano biglietti, carte dei tarocchi, puzza, macerie. Un mix troppo insolito. Gli mancavano proprio le fondamenta per capire in che situazione si fosse cacciato. Un pezzo fondamentale!
    «siamo nel villaggio di Nomemoltobruttovich, in Russia» disse il ragazzo. Ed a quelle parole, Jae-Yong sgranò gli occhi. Insomma, va bene tutto, però... CHE C'ENTRAVA LA RUSSIA? «sono cresciuto qui. Anche tu sei russo?» chiese il ragazzo e Jae-Yong cominciò subito a scuotere la testa. Pensando però che gli sembrava davvero strano che quel posto si trovasse in Russia. Più che altro non capiva che connessione potesse avere lui con la Russia... ma ok.
    «No. Sono nato e cresciuto in Corea del Sud. Solo da pochi anni abito a Londra. È da lì che mi hanno preso per arrivare fin qui. Sei sicuro che siamo in Russia?» chiese nuovamente per conferma. Ogni pezzo era fondamentale per risolvere quel puzzle così complicato. E Jae-Yong aveva solo un obiettivo: tornare a casa da Hyunjin. O salvarlo nel caso fosse finito pure lui in quel casino. Perché si: ancora non aveva modo di capire se avessero preso solo lui o entrambi. E questo lo faceva impazzire.
    «io sono Julian» disse poi il ragazzo, allungando una mano di modo che Jae-Yong potesse stringerla. In realtà il coreano avrebbe volentieri evitato quel contatto fisico non richiesto -li accettava solo dalla sua cerchia ristretta di amici-, ma pensò di passarci sopra. Anche una stretta di mano poteva dire molto di un uomo, quindi gliela strinse.
    «Jae-Yong.» disse il coreano, non ricambiando il sorriso. Si concentrò ad analizzare la stretta di mano. Salda, quasi amichevole. Si sentiva che Julian fosse abituato ad allenarsi. Forse qualcosa in comune lo avevano. Ma da qui a fidarsi di lui ce ne sarebbe voluto parecchio, soprattutto per il carattere chiuso e riservato di Jae-Yong. Ci aveva messo molti mesi per permettere a Sehyung di trascinarlo con sé, quindi immaginate un po'.
    «eee devo darti un bacio» disse Julian, facendo corrucciare Jae-Yong in 4 secondi netti. Alla faccia del no-touching. Jae-Yong che odiava il contatto fisico doveva ricevere un bacio da uno sconosciuto per superare una sfida? Oh no. Oh no. Oh no no no no no. «sulla guancia» aggiunse poi Julian, come se questo potesse cambiare qualcosa. Nell'effettivo un bacio sulla guancia da uno sconosciuto era decisamente meglio di un bacio sulla bocca. Però a conti fatti erano entrambi una cosa mostruosa. Jae-Yong si stava sentendo male. E la cosa peggiore era che comunque lui amava molto le sfide ed odiava perdere. Però così no. Questo era giocare sporco.
    La rassicurazione di Julian sul fatto che non l'avrebbe mangiato, credetemi, serviva davvero a poco. Jae-Yong era solo disgustato da quello che avrebbe dovuto fare. O più che altro ricevere.
    «Siamo sicuri al 100% che dobbiamo fare queste sfide, vero?» chiese lui perché un bacio gratis, grazie ma no. Provò a guardarsi di nuovo intorno e trovò anche una carta dei tarocchi (non li aveva mai studiati) ed anche un altro biglietto con su scritto Non è possibile leggere nei sogni.
    «Ma io sto leggendo...?» disse Jae-Yong e questo probabilmente era un segno che chiunque avesse scritto quel biglietto non intendesse in modo letterale. «O forse questa è la conferma definitiva che non è un sogno ma la realtà.» disse lui, passando il bigliettino a Julian. Stava temporeggiando? Yes. Tutto pur di fuggire ancora un po' a quella che si prospettava essere una tortura gratuita, anche se perpetrata per pochi secondi.
    «Hai trovato qualche altro biglietto?» chiese poi Jae-Yong. «Altrimenti posso iniziare a confessare la mia più grande paura, così da toglierci di mezzo una missione. Sempre che non ci stia sfuggendo qualcosa.» disse infine, sperando che un miracolo lo salvasse da quel bacio.
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    Era un peccato che Jae-Yong non avesse mai conosciuto Julian prima d’ora perché se l’avesse fatto in quel preciso istante avrebbe saputo che non avrebbe dovuto aver paura perché non sarebbe mai stato capace di organizzare qualcosa di così ben elaborato, con carte, tarocchi, significati nascosti, la fine del mondo vicina, il viaggio in Russia, né tantomeno sarebbe stato capace di fare del male a qualcuno. O meglio, ne sarebbe stato capace probabilmente, e sarebbe riuscito con molta facilità nel suo intento, ma lo avrebbe fatto malvolentieri, la violenza sarebbe sempre e comunque stata la sua ultima scelta. Sgranò gli occhi quasi incredulo. «COREA?!» ripeté come fosse un gran segreto e il ragazzo non avesse tratti chiaramente orientali «è molto lontana la corea» è vicino a Padova la Corea!!1! Dopo quella osservazione molto arguta si esibì in una risatina divertita e scosse leggermente la testa. «ma pensa, chissà come siamo finiti qua insieme» si domandò giustamente ma la sua unica risposta fu una scrollata di spalle. Sì, la cosa lo incuriosiva e lo straniva, c’erano ancora tanti quesiti a cui non sapeva dare una risposta (perché erano lì, com’erano arrivati lì, chi li aveva portati lì, che posto fosse questo ) ma in realtà era mosso come da una piacevole agitazione, una scarica di adrenalina improvvisa; più che timoroso si sentiva stranamente eccitato. Bisognava trovare la via d’uscita da quella situazione ambigua e per farlo dovevano compiere delle missioni e superare delle sfide e god knows how Julian amava sfidare gli altri e se stesso superando i propri limiti e le proprie paure. Però effettivamente era un’accoppiate un po’ sui generis, dal valore quasi politico: una coppia formata da un cinese/giapponese/coreano (pick your fighter asia edition) e un russo poteva essere considerata la kryptonite del sistema capitalistico americano. Chissà se quella era un’esercitazione organizzata dalle potenze comuniste e da un momento all’altro sarebbe spuntato un manichino di Donald Trump da prendere a calci, sarebbe stato molto divertente. E che la Corea del Sud non fosse uno stato comunista – e teoricamente neanche la Russia – non importava davvero, avevano tutti i loro buoni motivi per odiare gli Stati Uniti d’America. «Sei sicuro che siamo in Russia?» con una mano si accarezzò il mento, facendosi pensieroso, e perlustrò ancora il posto con lo sguardo, facendo un veloce giro su se stesso. «beh in Russia abbiamo i sassi» check, quelli c’erano in abbondanza «le luci» check, c’era luce anche in quel posto, nonostante fosse di quella sfumatura strana «manca solo…» Babbo Natale, ah no quella era Vicenza, sorry my bad. «la neve! È strano che non ce ne sia neanche un po’, di solito in questo periodo a casa mia nevica sempre e fa molto freddo» il dubbio che non fossero dove aveva inizialmente pensato iniziò ad insinuarsi in lui e se non erano davvero in Russia allora non ne aveva assolutamente idea. L’aveva percepita, Julian, la tensione nella stretta di mano del ragazzo, segno che aveva ancora qualche remora nei suoi confronti e che non si fidasse pienamente, e la cosa lo fece spontaneamente ridere. Non voleva prendere in giro Jae-Yong, lungi da lui, ma provava un certo divertimento nel constatare che potesse incutere una certa voglia di distacco nelle persone?! Lui non si era mai fatto troppi problemi a fare amicizia, abbracciare sconosciuti, scambiare affetto e contatto fisico ristretto con tutti, ma ora realizzava che effettivamente qualcuno poteva trovarsi in difficoltà anche davanti a un semplice bacio sulla guancia. E la successiva mini crisi da parte del coreano ne fu la prova. Accartocciò il suo bigliettino e lo conservò nella tasca dei pantaloncini con i quali era andato a dormire la notte precedente e rivolse un sorriso morbido al suo compagno di apocalisse, prima di allungargli l’altro bigliettino che aveva trovato per terra «allora possiamo iniziare a cercare del cibo, nel frattempo» quella, a quanto pare, era la loro missione «e se vuoi puoi dirmi qual è la tua più grande paura, così magari iniziamo a conoscerci meglio e» fece un mezzo balzo per scendere dalla montagnetta di macerie e poi si voltò con il mezzobusto vero Jae-Yong «quando poi vorrai reclamare quel bacio» allargò le braccia e fece spallucce «sono qui» si aggiustò le ginocchiere così da non farsi male nel caso incontrassero ostacoli pericolosi «e se invece non vorrai, beh, credo che… in realtà non so cosa succede se non facciamo le nostre “missioni”» mimò con l’indice e il medio di entrambe le mani il simbolo delle virgolette «mal che vada, non so, restiamo qui per sempre magari» ridacchiò al pensiero, ma se si fosse dimostrato vero tutto quello, allora avrebbero dovuto davvero trovare il prima possibile da mangiare perché aveva già saltato la colazione, il pasto più importante della giornata duh!, non poteva anche saltare il resto, a quel punto Jae-Yong avrebbe seriamente rischiato di essere fatto alla brace. «cominciamo da destra o da sinistra?»
    jae-yong kook / joined the chat /
    gifs: julian + moonriver00
    i panic! at (a lot of places besides) the disco // sketch by chris
    i see it, i like it, i want it, i got it
     
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5 replies since 14/2/2021, 00:00   292 views
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