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il generale e la sua recluta più fedele -
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fazione: pro
nome pg: kaz oh
dov'è:
RAPITO OBLINDER O MINIQUEST
nome pg: Melvin Diesel
dov'è:
RAPITO OBLINDER O MINIQUEST
nome pg: Friday de thirteenth
dov'è:
PARTECIPANTE QUEST CHE NON E' NELL'ULTIMA SETTIMANA
nome pg: mood bigh
dov'è:
ULTIMA SETTIMANA — NORMALE
nome pg: stan luna
dov'è:
ULTIMA SETTIMANA — NORMALE
fazione: contro
nome pg: madein cheena
dov'è:
ULTIMA SETTIMANA — OSTACOLO NELLA BOLLA
nome pg: troy bolton
dov'è:
ULTIMA SETTIMANA — NORMALE
nome pg: yale hilton
dov'è:
PARTECIPANTE QUEST CHE NON E' NELL'ULTIMA SETTIMANA
nome pg: Bennett Meisner
dov'è:
PARTECIPANTE QUEST CHE NON E' NELL'ULTIMA SETTIMANA
nome pg: poor withpotatoes
dov'è:
PARTECIPANTE QUEST CHE NON E' NELL'ULTIMA SETTIMANA
nome pg: yale hilton
dov'è:
PARTECIPANTE QUEST CHE NON E' NELL'ULTIMA SETTIMANA
nome pg: barbie jagger
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RAPITO OBLINDER O MINIQUEST
nome pg: kai kageyama
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RAPITO OBLINDER O MINIQUEST
nome pg: mis jacksson
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RAPITO OBLINDER O MINIQUEST
nome pg: Mac Hale
dov'è:
RAPITO OBLINDER O MINIQUEST -
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stanley luna Life's been eating me up, it's poisoned my cup
And if I leave the house, I'll get hit by a truckJoseph Moonarie non era solo un conoscente, per Stanley Luna. Nella sua, del tutto peculiare, concezione di rapporto umano, erano amici, malgrado non sapesse nulla del ragazzo che era andato a recuperarlo in stazione. Non sapeva quanti anni avesse, cosa facesse per vivere, o se avessi fratelli o sorelle più grandi, ma sapeva quale musica ascoltasse, che gli piacessero i coltelli, che non avesse alcuna conoscenza di cultura popolare, e che avesse un adorabile furetto. Non era una di quelle persone che condividevano dettagli sulla propria vita gratuitamente, ma il serbo l’aveva costruito come un puzzle, prendendo i pezzi lasciati impliciti fra un messaggio e l’altro per creare quello che credeva essere un intero. E se non lo era, non aveva importanza, perché quanto aveva era bastato perché Stan si sentisse abbastanza al sicuro da prendere un borsone, e decidere di trasferirsi in Gran Bretagna.
Wow. Detto così, non aveva molto senso. Qualcosa pungolò la sua coscienza, una fetta affilata a suggerire che avesse fatto una stronzata, che avrebbe dovuto pensarci meglio, che la sua presenza a Londra non fosse gradita, e non avesse le skills per ricominciare in un paese che non conosceva in una realtà appena conosciuta. Il battito cardiaco recuperò quei pensieri prima che potesse farlo il cervello, acquistando velocità in un impeto che quasi bastò a fargli venire le vertigini. Il sapore dei colori a sciogliersi sulla lingua, iniziava a sapere di bile, e consapevolezza che l’unica soluzione a tutti i suoi problemi fosse lasciarsi morire.
Quindi sorrise, perché non poteva dire a Joey che stesse valutando il suicidio assistito come tattica di sopravvivenza a se stesso. Non dal vivo, perlomeno – non ancora. «sembrava quello della pubblicità delle scatolette Cesar» rispose, perché no, non conosceva le razze, a meno che non possedessero caratteristiche univoche e molto particolari. Tutti gli altri, erano semplicemente cagnetti.
«Ho vent'anni» Ricambiò l’occhiata, ma senza vederlo realmente. Nel caotico marasma dei suoi pensieri, Stan pensava ai suoi vent’anni, quand’era ancora ebbro di entusiasmo ed il resto della vita davanti a sé per decidere come spenderla. E a venticinque anni no? Beh, no, e neanche prima che una guerra magica rivoluzionasse il mondo così come lo conosceva: dopo aver trovato lavoro, aveva sacrificato tutte le proprie ambizioni in cambio della comodità di uno stipendio fisso, senza aspettative per il futuro o per migliorare se stesso. Sognava solo la pensione che avrebbe avuto a ottant’anni, se fosse stato fortunato e gli avessero offerto qualche scivolo fiscale. Certo non sarebbe mai stato abbastanza indipendente da vivere da solo, o avere la possibilità di raccattare qualcun altro e trascinarlo sotto il suo stesso tetto.
Era ammirato. Ed un po’ terrorizzato. Sarebbe stato anche umiliato, se non avesse adorato Joey con ogni misera fibra del suo essere: era felice fosse più funzionale rispetto a lui; qualcuno doveva pur esserlo, e non sarebbe stato Stan Luna. Lo seguì senza fare domande, sguardo basso sui propri piedi in silente contemplazione del piano fisico. «A casa ho la moka» Un guizzo delle labbra verso l’alto, ed un’occhiata rapida verso il ragazzo. «stai cercando di sedurmi?» Vorrei dire che poche cose al mondo arrivassero dirette verso il cuore del Luna, ma non sarebbe stato vero. Poteva però dire, con assoluta certezza, che la promessa del caffè – ed un caffè buono, perché non poteva pensare di essere amico di qualcuno che usava la minaccia all’umanità che rappresentava il caffè solubile – fosse uno dei modi più veloci per conquistare la sua fiducia, e la sua venerazione. Sapeva, con l’assoluta certezza possibile solo ai tossico dipendenti, che il caffè avrebbe risolto tutto. L’impaccio del primo incontro, il disordine dei propri pensieri, la presa friabile che aveva sulla realtà. «prima mi inviti a casa tua, poi mi offri il caffè» elencò, spostando la testa ad ogni numero spuntato dalla lista, come se quello non fosse esattamente e precisamente stato il comportamento che qualunque essere umano avrebbe adottato con un barbone raccattato per strada. «hai una cotta per me o qualcosa» sorrideva leggero, perché quel particolare senso dell’umorismo era uno dei suoi tanti copy mechanism al complicato processo che era vivere, e perché con Joey si sentiva abbastanza a suo agio da poterlo fare. In compenso, non appena qualcuno ci provava davvero, o non se ne rendeva conto, o disingaggiava come un pro - non che fosse mai capitato davvero, ma gli bastava un complimento per decidere che le dita a pistola fossero una risposta adatta.
«Ti porto io il borsone, se vuoi» Strinse il suddetto borsone protettivo al petto, drizzando la schiena per dimostrare di essere un UOMO INDIPENDENTE, e di non essere affatto provato da quel peso che sembrava attirarlo verso il cuore stesso della Terra. Sarebbe morto prima di lasciare che qualcuno si facesse carico dei propri fardelli, fisici o emotivi che fossero. «nah, grazie, non mi da fastidio» gli dava molto fastidio, invece, ma persistette a sorridere come se ancora avesse una percezione del proprio braccio, e la gravità non lo stesse lentamente uccidendo. Lo seguì con la cieca fiducia di un cane con il proprio padrone, lasciando che facesse strada in un silenzio che, bisognava dirlo, era molto meno imbarazzante di quanto si sarebbe aspettato. Fremeva comunque come uno studente prima dell’interrogazione, Stan, attendendo il social cue adatto per iniziare una conversazione.
Una qualsiasi.
«vivi lontano da qui?» domandò, guardando l’orologio. «tra quanto passa il pullman? Possiamo andare subito, se preferisci» Una pausa, sguardo al cielo. Ma passavano i pullman? Non ricordava di aver visto tratte urbane, nel suo pellegrinaggio verso Londra. Dopotutto, i maghi non ne avevano bisogno. «o mi... Boh. Swippi via??» Come funzionava la vita. Corrugò le sopracciglia, fermandosi di fronte al bar scelto dal Moonarie. «tu prendi qualcosa?» Un’altra pausa. Frugò nelle proprie tasche cercando il portafoglio, che tenne fra le mani soppesandolo.
«ma che. Soldi vogliono» non aveva pensato di cambiarli. «dici che accettano i dinari» ma che valuta avevano inSerbiaquel posto. Strinse le labbra fra loro, infilando nuovamente il portafoglio in tasca. «in effetti. Possiamo prima andare a casa» poteva rimandare il caffè se significava non farsi troppe domande sulle cose badger da fare.gif code 1998's muggle serbian -
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non mi scuserò. sapevate che non aprivo photoshop da mesi VOSTRO RISCHIO E PERICOLO. SPOILER (clicca per visualizzare) -
.stanley luna1998novi sadAdrenalina? Shock post traumatico? Non vi è dato saperlo, vi basti essere consapevoli del fatto che Stan Luna fosse perfettamente funzionale e nel pieno delle proprie capacità motorie e fisiche, tanto da togliere il piede dal freno e tornare ad accelerare. Non un pensiero, non uno solo, nei primi metri consumati con una sconosciuta appena investita al posto del passeggero.
Poi la realtà, lenta ma inesorabile, iniziò a farsi strada nella nebbia del suo scarsamente abitato campo emozionale, costringendolo a deglutire saliva e bile e spostare effettivamente lo sguardo dalla strada per portarlo sulla ragazza. Perfino guardandola, temette fosse uno strano frutto della sua immaginazione. O peggio: un fantasma vero e proprio, che ancora non fosse a conoscenza di essere morto. Era possibile? Sentì gli occhi pungere di lacrime, ma si rifiutò di versarle. Spettro o meno, c’era qualcuno nella sua auto, e Stanley Luna non aveva alcuna intenzione di spiegare ad un’entità, fisica o meno che fosse, i suoi copy mechanism in merito al terrore, o all’improvvisa assenza di epinefrina nel sangue. Provava la strana sensazione di essere asciutto dentro, privato di ogni liquido come una medusa incagliata in un lido. Provò a passare la lingua sulle labbra, ma sentì tutto affilato, e ruvido; carta vetro su parti dure. Tentò anche di schiarirsi la gola, invano. Quando aprì bocca per parlare, ne uscì lo stesso rantolo che accompagnava le mattinate di chi lavorava nelle fattorie - un asino, ed uno che non fosse felice di essere stato svegliato. Ricompose mentalmente quanto detto dalla persona.
«non sono sotto shock»
(era molto sotto shock. Tremava così forte da dover serrare le dita attorno al volante, per impedirsi di prendere il volo come una delle fate con cui giocavano sempre le sue vicine al piano di sotto)
«andiamo???» MA DOVE. DOVE DOVEVANO ANDARE. Un altro verso di gola sgusciò dalla bocca del Luna, qualcosa di sofferente e decisamente poco umano. «oddio ti ho investito scusa ma è sangue quello? sembra sangue. non ho cerotti non ho bende non ho conoscenze posso cercare su internet però» tutto insieme, a flusso di coscienza. Stan seguiva la filosofia di pensiero per cui sentire i ragionamenti ad alta voce, li rendeva sensati e reali. Il primo passo per ideare un piano, era elencarne gli obiettivi, e seguirli fino a giungere ad una soluzione. Mai come in quel momento sentì la mancanza di un quaderno dove prendere appunti. Non era progettato per agire d'impulso, od adattarsi alle situazioni di stress. Non era in grado di reagire - ma stava continuando a guidare senza entrare in full modalità panico, e credeva fosse più di quanto chiunque, viste le sue circostanze, potesse chiedere. «dove devi andare. oltre che in ospedale. dove ti porto. al san fungo??» MA C'ERANO LE INDICAZIONI PER IL SAN FUNGO SU GOOGLE MAPS? «non sembri preoccupata. perchè non sei preoccupata? ti ho investito. messo sotto con la macchina. sprimacciata come un cuscino sotto le gomme» era uno scrittore, conosceva mille modi per dire le cose, ed in quei :sparks: momenti :sparks: in cui il sangue non arrivava al cervello, li diceva tutti. Un moderno poeta. «sei già morta vero? oddio sei già morta» curvò le labbra verso il basso, le nocche bianche per lo sforzo di stringere il volante. Di nuovo, sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
E poi: «non era così che avevo immaginato il mio primo omicidio» Per errore, capito? Che modo di merda per andare in prigione.
diploma??? helpmuggle 25 y.o. serbian ???? -
.nickname: [ heavy sigh ]
gruppo: muggle (e per davvero!!!)
link in firma? aspetto un set in regalo (cosa? cosa) -
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↳ prima utenza: #epicwin
↳ nuova utenza: [ heavy sigh ]
↳ presentazione: per spice things up tempo di rivelarvi la verità su chi sia veramente
↳ role attive:
→ MAEVE: matrimonio [02.10]
→ WILL: matrimonio [01.10]
→ STILES: nicky [17.10]
→ LYDIA: matrimonio [14.10]
→ JERICHO: liam [18.10]
→ REA: matrimonio [08.10]
→ RUN: turo [16.10]
→ IDEM: noah [19.10]
→ BELLS libera [25.10]
→ ERIN: libera [17.09]
→ FRAY: nate [21.10]
→ CJ: matrimonio [02.10]
→ HYDE: maddox [27.10]
→ BARBIE: yejun [26.10]
→ YALE: piz [14.10]
→ MCKENZIE: bonus stan [24.10]
→ JANE: libera [16.10]
→ JAMIE: gugi [23.10]
→ FAKE: libera [18.09]
→ VIN: clod [07.10]
→ POOR: willa [04.10]
→ KAZ: libera [15.10]
→ TROY: ictus [15.10]
→ BEN: mona [21.10]
→ MOOD: cory [15.10]
→ KAI: nolwenn [14.10]
→ JOE: hamish [08.10]
→ MIS: mini [08.10]
↳ ultima scheda creata: Mis Jacksson [01.09]
non vi metto manco gif trionfanti. i have NO idea di come sia arrivata qui. grazie mamma credo -
.stanley luna1998novi sadSoffiò una ciocca bionda dalla fronte, troppo impegnato a reggere il volante con entrambe le mani per spostarlo con le dita. Il fatto che la strada fosse completamente al buio, non aiutava i nervi già tesi di Stanley Luna: il serbo stava alla guida come un criminale stava alla condanna all’ergastolo – male, esatto. Umettò le labbra, ancora nuovo all’abitacolo di quell’automobile.
Che non era sua. Cioè, la era, ma non davvero: non era registrata a lui, non aveva il bollo, non aveva l’assicurazione, e non sapeva neanche se da qualche parte al suo interno avesse un libretto, perché aveva avuto l’ansia di controllare (e quindi guidava senza saperlo? Esatto, perché l’ignoranza era una benedizione, e se la polizia l’avesse fermato, avrebbe potuto puntare tutto sulla sincerità dell’essere stupido). Non l’aveva rubata, ok? L’aveva trovata, abbandonata da più di un mese nello stesso posto, con ancora la chiave inserita. Non aveva neanche dovuto cercare su Google come accendere una macchina con i fili – grazie a Dio, perché avrebbe finito per rimanerci secco con una [ carlo conti’s voice] scossa - e l’aveva ritenuta di conseguenza un regalo dei non troppo generosi britannici in favore di un povero serbo che in quella città non conosceva nessuno se non Joseph Moonarie. Aveva deciso di meritarsela.
(Dopo aver scritto un biglietto, ed averlo lasciato sul sedile; non avendo ricevuto risposta dopo settimane, aveva decretato che i proprietari fossero morti, e Lolla fosse ufficialmente sua.)
Era perfetta. Non era inglese, quindi aveva l’abitacolo dell’autista al posto giusto, e se anche un tempo, in un’altra vita, l’idea di guidare per una metropoli come Londra – tutta al contrario, poi! - l’avrebbe mandato in una spirale di panico e terrore, a quello Stanley non importava più. Era coraggioso. Indipendente. Un uomo forte che aveva affrontato un lungo viaggio della speranza, senza nulla più che una valigia, per trasferirsi dal suo sugar daddy (non lo chiamava così in sua presenza.) tascabile. Rivoluzionato.
Aiutava il fatto che milioni di persone fossero morte e i superstiti non guidassero per le strade di Londra, ecco. Aveva incrociato più o meno tre auto, ed immaginava che la quota non sarebbe aumentata. E dove stava andando, il buon Stan, nel cuore della notte?
Se lo ripetè, ma ad un passo dalle lacrime: dove cazzo stava andando, Stan, nel cuore della notte?
Era certo di aver messo l’indirizzo giusto su Google Maps, e lo sapeva perché aveva l’indirizzo salvato su tutte le applicazioni di delivery, l’unico mezzo di sostentamento in quei tempi difficili (di certo nel santo anno 2023 non avrebbe chiamato per ordinare una pizza, duh) aka in cui Joey andava in trasferta, e lui rimaneva da solo con se stesso.
E la connessione wifi. Ma soprattutto se stesso.
Voleva solo un gelato, ok. Un mcflurry. Solo quello. Aveva cercato il McDonald’s più vicino, e l’aveva trovato distrutto; quello successivo, abbandonato. Eccetera, eccetera. Non si azzardava a recarsi nei locali magici, anche perché dubitava l’avrebbero servito in primis, e il Mc non consegnava al loro indirizzo. Un gelato alla vaniglia con gli smarties, ok? Non voleva le stelle ed il firmamento. Si era sentito abbastanza badger da salire in auto, e darsi quel contentino. Aveva bisogno di energie se voleva trovare la forza per connettersi alle piattaforme di ricerca del lavoro ed inviare il suo CV (portarlo cartaceo? Preferiva morire di fame.) e… solo quello.
Non sapeva più dove fosse.
Il sole era calato.
Non c’era neanche un lampione.
Se avesse fermato la macchina, sapeva non l’avrebbe più rimessa in moto. Sarebbe rimasto a dormire lì, vivere lì, finché Joey non fosse andato a prenderlo, ed avrebbe anche pianto un po’ già che c’era. Osservando il nulla oltre il finestrino, come la protagonista di una qualsiasi romcom su Netflix. Non poteva fermarsi. Ormai stava guidando per inerzia, con i sintomi di un attacco di panico a premere sulla gola struggendolo di tachicardia. Deglutì forzatamente.
Un rumore. Metallico e secco. Temette di aver perso la marmitta, Stan. Il cerchione, e magari esserci passato sopra bucando la ruota. Un pezzo di motore, forse.
Decise di fare l’unica cosa che qualsiasi altra persona matura avrebbe fatto: allungò le dita verso la manovella della radio, alzando il volume fin quando non riuscì a sentire altro se non i bassi a far tremare i vetri.
«bella questa» obbligò le parole a uscire dalla gola, e la testa a muoversi a tempo. Sentiva i muscoli della schiena irrigiditi, il soffitto della bocca terribilmente asciutto. «I just wanna go baaaaaaaaack, back to 1999, take a riiiiide to my ooooold neighborhoooooood» si rilassò abbastanza da staccare il palmo sudato dal volante, in favore di un tamburellare ritmato con la sola punta delle dita.
Ok. Ok! Poteva farcela. Tranquillamente, perfino. Sarebbe andato sempre dritto finché non avesse riconosciuto… qualcosa, o Gmaps fosse tornato ad andare. Aveva tutto sotto controllo. Gli venne perfino da ridere. Cioè, ma poteva essere così pirla da preoccuparsi per un minuscolo imprevisto? «I JUST WANNA GO BAAAAACK, SING “HIT ME BABY ONE MORE TI-”» non avrebbe negato lo strillo che sfuggì dalle labbra. Avrebbe solo, come tanto gli veniva bene, finto non fosse mai successo.
Ma gridò, Stanley. Sbattè la testa contro il sedile dell’auto, schiacciando il pedale del freno così improvvisamente da sentire la cintura di sicurezza tagliargli la pelle del collo, le dita arrotolate sul volante cercando di fermare la macchina fisicamente. C’era qualcuno in mezzo alla strada
Tunf.
Oddio.
Oh mio dio.
Oh -
La macchina si fermò. Charlie XCX e Troye Sivan continuarono a cantare di voler tornare nel millenovecentonovantanove, e il cuore di Stan batteva così veloce che doveva aver raggiunto la velocità necessaria per viaggiare nel tempo ed accontentarli. Aveva investito qualcuno?
Mh.
Doveva – guardare. Scendere. Controllare? Rimase a guardare la strada di fronte a sé, illuminata unicamente dai suoi fanali, con tanto di bocca dischiusa in sorpresa e vertigini causate dalla botta di adrenalina. Oddio.
Aveva.
No.
Cosa.
Uh.
Mh.
Battè le palpebre.
E sentì qualcosa picchiare contro la parete del passeggero.
Gridò di nuovo, portando la mano al collo come una dama ottocentesca, coprendo poi la bocca con le dita. Si zittì solo quando qualcuno aprì la porta, si lanciò sul sedile, e gli intimò di partire prima ancora di aver chiuso la portiera. E cosa potevi fare quando una persona sconosciuta, in una strada desolata e abbandonata di Londra, ti finiva quasi sotto l’auto, e poi si accomodava al suo interno intimando con urgenza di partire??????????
Partivi. Senza domande.
Andava tutto bene.diploma??? helpmuggle 25 y.o. serbian ???? SPOILER (clicca per visualizzare)ebbene. ebbene.
sì. ancora io.
non mi scuserò. vi dirò però che: può essere chiunque. State scappando da qualcuno? da QUALCOSA? siete solo arrabbiati in generale?? fuggiti di casa?? Non lo so. andiamo all'avventura insieme, di ignoranza. A CAZZO DURO! -
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stanley luna Life's been eating me up, it's poisoned my cup
And if I leave the house, I'll get hit by a truckCiondolava sul posto, Stanley Luna, rimbalzando da un piede all'altro con la peculiare sensazione di aver passato le ultime ventiquattro ore sott'acqua. Non si era mai domandato come dovesse essere la vita di un orsetto gommoso, ma immaginava non potesse essere così diverso da come si sentisse in quel momento. Nello specifico, uno di quelli lasciati a mollo nella vodka, dimenticati, e cresciuti di tre taglie rispetto all'originale.
E non aveva bevuto. No, non era neanche stupefacente di natura, caso mai ve lo steste chiedendo. Era solo tragicamente, inevitabilmente, stanco - dalla nascita; quand'era bambino, il suo gioco preferito era fingere di essere il proprietario di un'azienda di materassi di nome Stan & Co, e che il suo compito fosse quello di testare tutte le superfici dei lettini in circolazione per trovare quello perfetto- e per quanto la stanchezza fosse una parte integrante del suo carattere, mescolato alla reale e concreta deprivazione del sonno era una sensazione nuova. Un livello sbloccato. Il nirvana, forse. Se avesse sporto la lingua fuori dalle labbra, avrebbe potuto sentire il sapore dell'universo; tolte le cuffie, avrebbe udito la risposta a tutti i suoi problemi ("ucciditi", probabilmente; meglio l'ignoranza). Si sentiva in grado di performare la morte del cigno, ma era certo che una sola piroetta avrebbe accantonato la danza in favore del mero ciclo vitale dell'animale. Non era molto atletico normalmente, figurarsi quando a reggerlo in piedi era il non sapere dove altro poggiarsi se non sulle proprie scarpe.
Sbloccò nervosamente il telefono, osservando la chat con insistenza. Era online! Stava scrivendo! Non stava più scrivendo. Corrugò le sopracciglia, premendo play sul proprio audio per assicurarsi di aver detto qualcosa di sensato. Provava sempre uno strano senso di irrealtà quando sentiva la propria voce; cercava di immaginarsi come dovesse essere per gli altri, che lo conoscevano con quel tono d timbro. Gli dispiaceva per loro.
Qui dove, apparse sullo schermo.
Stan si guardò attorno, ma le dita già si muovevano sulla tastiera per renderlo partecipe in tempo reale: "qui" e "non lo so" per concludere con un aperto ad interpretazione "ci sono tante persone" che non voleva dire nulla più di quanto detto. Gli piaceva parlare con Joey perché era facile: non doveva chiedersi quante emoji mettere per apparire innocuo, se fosse necessario aggiungere punti esclamativi, quanto tempo dovesse passare da un messaggio all'altro per essere socialmente accettabile. Poteva essere spontaneo e senza senso. Non rispondere ai messaggi prima ed iniziare un nuovo discorso. Offrire un flusso di coscienza senza contesto a cui l'altro replicava "Devo rispondere?" e Stan sapeva che se avesse detto no non l'avrebbe fatto e sarebbe andato bene così. Era un po' come parlare con il bot della Tim - non sembrava un complimento, ma per il Luna lo era.
"Sei tu?"
"O forse...sei tu." Rispose in automatico, sorridendo fra sé per la battuta, perché ridere da soli in pubblico non era mai un buon segno di equilibrio mentale. Poi aprì effettivamente la foto, zoomando sulla propria faccia.
Gesù. Giuseppe e Maria. Sembrava spiritato.
"Lo spero. Ma dicono che abbiamo sette sosia al mondo. Sta alzando la mano?" Attese la doppia spunta sul messaggio, prima di muovere timidamente un braccio verso l'alto, sventolando le dita.
"Selfie con il morto (io. dentro)"
Fu in quel momento. In quel preciso battito di ciglia, un istante che avrebbe ricordato come breve ed infinito, che Stan si rese conto di non aver mai chiesto a Joey quanti anni avesse, e che mai in quegli anni si fosse posto il problema. Non avevano mai affrontato tematiche strane, per carità, però? Battè le ciglia, perché... wow, non si erano neanche mai mandati una foto. Per quanto ne sapeva - e ne sapeva: succedeva di continuo - poteva essere un catfish, e lui si era appena fatto giorni di viaggio per essere fregato. Avrebbe dovuto pensarci prima di partire, ma aveva scelto di non farsi domande, perché al primo interrogativo si sarebbe arenato e perso Una Grande Avventura (capitalized so you know it's true).
Massì. Ormai era lì. Erano amici, l'età era solo un numero, e poi Joey era vecchio dentro (o Stan giovane: misteri della vita). "Noi" Commentò.
E poi. Quindi. Ok.
Forte. Era preparato.
(Non lo era.)
Era più grande, no? Dai, sembrava più grande, quindi era giusto che si comportasse come tale prendendo l'iniziativa. Si avvicinò a Joey, labbra strizzate fra loro.
«ehiiiiila» con tanto di mano a disegnare un arco nell'aria. Si chiese se dovesse abbracciarlo (immaginava di no), presentarsi (poteva già sentire la risposta impassibile di Joey sul fatto che già si conoscessero), ed alla fine optò per offrire il palmo così che battesse il cinque.
Normale. Normalissimo.
«c'era un cane sul treno» un fatto importante che meritava di essere menzionato subito, e per il quale riuscì perfino a sorridere. E poi, visto che si voleva del male: «sei una persona» Fine? Ci riflettè un attimo. «giovane. pensavo fossi vecchio » Invece era un umpa lumpa. «caffè? per favore» ne aveva bisogno per fingersi umano.gif code 1998's muggle serbian
Edited by etc. - 27/9/2023, 12:03 -
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stanley luna Life's been eating me up, it's poisoned my cup
And if I leave the house, I'll get hit by a truckStanley Luna aveva vissuto la sua adolescenza sperando di morire prima di arrivare all’età adulta. Coricato nel proprio letto, sommerso da più coperte e piumoni di quanto fosse lecito avere in qualunque stagione, aveva spesso sognato l’apocalisse. Zombie, biblica, anarchica, il genere non gli era mai importato: Stan voleva solo qualcosa che ribaltasse gli equilibri terrestri, così che potesse smetterla di preoccuparsi di cosa fare della propria vita (se il suo titolo di studio andasse bene, e se il percorso scolastico fosse obbligatorio; come fare a trovare un lavoro e tenerselo; pagare le tasse; andare a vivere da solo; chiamare il medico di base per prenotare una visita). Gli era sembrato tutto lontano, ed impegnativo.
Aveva un quarto di secolo. Venticinque anni, tondi come gli zero del suo conto in banca, nessuno dei quali preceduto da altre cifre. Non sapeva se il suo titolo di studio andasse bene; aveva un lavoro, ma part time; non sapeva pagare le tasse, né fare l’F24 – ma che cazzo era, poi; non viveva da solo; preferiva morire che chiamare il dottore, per quanto lento e doloroso fosse lasciare la Terra in quella maniera.
E l’apocalisse era arrivata davvero.
Il Luna era nel suo ufficio quando il mondo era esploso. Le dita allungate per tenere ferma la tazzina di caffè tremolante sotto la macchinetta, la testa poggiata al frigorifero e lo sguardo posato assente sui palazzi oltre la finestra. Si domandava se avesse fatto il 730 - gli sembrava di sì - e se l’avesse corretto - non gli sembrava affatto - ed il bollo quando doveva pagarlo? L’assicurazione? Quando aveva fatto il tagliando l’ultima volta? Tutti pensieri accatastati gli uni sugli altri ad immergerlo in uno stato di ansia perenne e costante, mentre attendeva che la Nespresso facesse il suo dovere riempendo la porcellana dell’unica droga che potesse permettersi. Stanley era un convinto sostenitore che se la cocaina fosse stata più abbordabile, sarebbe stata la sua religione; il massimo che poteva offrirsi, erano pacchi di cialde da cento capsule a tredici euro (cemento macinato con sabbia industriale, esatto.) ed il tabacco più scrauso in circolazione con cui ossidarsi i polmoni, e già gli sembrava un sabotaggio di lusso.
(«guarda che ti fanno male»
«anche vivere lo fa, eppure!»
haha...ha.)
L’apocalisse era arrivata davvero, e Stan Luna era… confuso. Non era come se l’era immaginata. Innanzitutto, esisteva la magia, ed a quanto pareva, l’aveva sempre fatto. Esistevano maghi e streghe in grado di fare incantesimi con bastoncini del sushi, ed altri individui appena usciti da xmen in grado di fare tutto il resto. Poi. A quanto pareva, quando la tua patria natia veniva conquistata e distrutta, nessuno ti pagava i danni, e nessuno ti mandava comunicazioni se fosse o meno il caso di tornare a lavoro il giorno successivo. Non c’era la cassa integrazione, e Google non aveva risposte su che fine avessero fatto i suoi sudati contributi pensionistici. Come se la sua vita non fosse già stata una beffa cosmica, la guerra si era portata via tutto ciò che aveva, tranne l’unica cosa che avrebbe voluto si prendesse.
Sbloccò lo schermo del telefono togliendo le notifiche di whatsapp – un link di facebook da suo padre, una chiamata persa da sua madre – e sollevò smarriti occhi scuri su King’s Cross.
Non ricordava quando fosse stata l’ultima volta che avesse chiuso occhio. Arrivare alla stazione inglese, era stato… impegnativo: non gli era permesso prendere i mezzi magici (grazie a Dio: in che senso entravano in un camino… era così che li avevano gaslightati all’esistenza di Babbo Natale?) e quelli babbani non avevano più voli low cost a cui il Luna potesse appellarsi per evitare di perdere uno stipendio. Novi Sad, in Serbia, non era esattamente conosciuta per essere una città collegata al resto del mondo, un problema che l’aveva sempre interessato relativamente considerando quanto poco amasse spostarsi.
Un giorno intero di viaggio. Aveva preso un flixbus fino a Budapest, poi il treno fino a Monaco di Baviera, un altro da Monaco a Bruxelles, e l’ultimo per arrivare alla stazione di Londra. Non ricordava quando fosse stata l’ultima volta che avesse dormito. L’aveva giàscrittodetto? Ecco, dovrebbe bastarvi per comprendere il livello del suo AU. Non aveva la più pallida idea di dove fosse o di chi fosse; i suoni avevano un sapore, ed i colori si scioglievano come gelato al sole. Aveva la bocca impastata, e probabilmente la saliva incrostata sul mento. Abbassò, con quanta più finezza possibile, il naso verso la propria ascella, confermando il suo peggior timore.
Puzzava pure.
Respira Stan, respira.
Strinse il borsone al petto, passando la mano libera fra i corti capelli biondi. Ora che si trovava lì, finalmente lì, iniziava ad avere dei rimpianti. E se l’avesse odiato? Se non fosse stato abbastanza? Se non l’avesse voluto? L’avevano cresciuto dicendo di non fidarsi mai delle amicizie online, ma Stanley se n’era sempre sbattuto il cazzo. Certo, non si era mai spinto così oltre da prendere tutti i propri (pochi) averi per intraprendere un’avventura con qualcuno conosciuto su internet, ma come biasimarlo? Era l’unico legame vero e reale che sentisse di avere; non c’era più nulla a tenerlo ancorato a casa propria. L’aveva invitato lxi dopotutto, quindi…? Vabbè. Vabbè. Si disse, non per la prima volta, che se quell’incontro fosse andato male, avrebbe trovato qualcos’altro da fare. Si faceva di necessità virtù, e no, non aveva le competenze per svolgere qualsivoglia lavoro o per trovarselo, ma contava che qualche mago o special necessitasse di manovalanza per, boh, pelare patate. Si sarebbe regalato facilmente come schiavo, un sogno: qualcuno che gli dicesse cosa fare, tutto il tempo, e lo privasse di una libertà del quale in ogni caso non avrebbe usufruito? subito! Sarebbe anche stato un servo eccellente, non alzava mai la voce ed era un people pleaser. Insomma, aveva un solido piano B.
Ma preferiva l’opzione A, anche solo per il semplice fatto che avesse un (1) cuore e non avesse l’animo adatto perché glielo spezzassero. Non aveva molti amici che ...no, niente. Non aveva molti amici punto.
Si posizionò nel punto della foto che l’altra persona gli aveva mandato, e prese il telefono per mandare un audio: li odiava, ma aveva bisogno sentisse quanto fosse disperato.
«sono qui?» interrogativo, perché non era in nessun punto specifico del cosmo. Non quello fisico, perlomeno. «devo dormire» sara @ saragif code 1998's muggle serbian SPOILER (clicca per visualizzare)CIAO, SONO SARA SR ♥ in tutti i sensi (.) e quindi. se non avete letto, stan si è spostato dalla serbia (novi sad. si, esatto) per amiki conosciuti su internet, quindi sentitevi liberi di essere quell'amico e adottarlo. davvero. non ho specificato nè il genere nè il come ci siamo conosciuti, così possiamo sceglierlo insieme, tanto non so nulla di questo cristo - e non sono certa di volerlo sapere, chissà. non affezionatevi troppoma chi. ha un'età a caso, working on it a seconda di che gif decido di usare (eh si lo so sono cose importanti)
Edited by etc. - 27/9/2023, 12:02