Votes taken by awanasnais

  1. .
    irma buckley
    13.03.1994
    danzica, pl
    L’idrocineta non stava vivendo il miglior pomeriggio della sua vita.
    MA!! Non stava vivendo nemmeno il peggior pomeriggio della sua vita, quindi, per citare un saggio, daje? Le cose non andavano così male, a parte qualche escoriazione, il giacchetto di pelle da buttare (l’unica vera nota triste di tutta quella vicenda, rip amigo) e una o due costole incrinate – stando al dolore che aveva sentito dopo essersi voltata un po’ troppo bruscamente per controllare se ci fossero creature fatte uscire clandestinamente dallo zoo –; era ancora viva, no? Perciò doveva reputarsi fortunata.
    Tipo letteralmente, perché non aveva mai fatto nulla, nella vita, che fosse prudente e non avrebbe di certo iniziato in quel frangente; perciò, poter dire di esserci arrivata a vivere quel giorno era un successo di cui tenere conto, nel grande insieme delle cose.
    Poi, oh, mica aveva sbattuto la testa o cose simili, cadendo! Era stata abbastanza sveglia (disse lei, mai nella vita) da attutire il colpo con le braccia e non finire con il cranio sull’asfalto, perciò, di nuovo, daje. Perché l’altro si preoccupasse così tanto, proprio non lo riusciva a capire.
    «perché non vuoi andare in ospedale?»
    «perché mia mamma lavora lì e non voglio si preoccupi!»
    Facile, la bugia a scivolare sulla lingua; una di moltissime, e di certo non l’ultima che avrebbe rifilato al ragazzo. O, in generale, nella vita.
    «preferisci un ambulatorio veterinario?» Portò la mano al petto, a quel suggerimento, spalancando la bocca con aria esterrefatta. «mi stai dando della» cagna «bestia?» Del tono serio del biondo, Irma non sapeva che farsene; non lei, che amava tendere al ridicolo e al (tragi)comico qualsiasi circostanza. «scherzo, non sono offesa.» Pausa. «o forse….» altra lunga pausa. «no, non è vero. ti sto prendendo in giro.» Il tutto, nello spazio di pochi minuti — ma quelli, ne era più che certa, sufficienti a confondere ancora di più il povero cristo.
    Se non avesse il precedente di averla tirata sotto le ruote della sua carretta, probabilmente Irma si sarebbe sentita quasi dispiaciuta per lui.
    «non ho l'assicurazione»
    «quindi se muoio è un gran bel casino, per te, amico?» A occhio e croce avrebbe detto di sì. Lo sarebbe stato anche per lei, in effetti, ma lungi da Irma Buckley arrivare a pensare a tanto. O riuscire ad unire i puntini. «sei fortunato che stia bene sottolineò allora, per l’ennesima volta, perché non sarebbe morta in quella carcassetta di lamiere e sedili di pelle rovinata.
    E, vecchia e rovinata per vecchia e rovinata, Irma alzò una gamba e posò lo stivaletto sul cruscotto dell’auto, con la nonchalance di davvero nessuno che si fosse ritrovato nella sua stessa situazione. Si mise ad armeggiare con la stoffa strappata dei jeans, accendendo poi anche la luce di cortesia per osservare meglio la ferita sul ginocchio, tamponando il sangue che scendeva (fortunatamente in maniera modesta) e provando a fare la conta di quanti minuscoli granelli di asfalto si fossero conficcati sotto la sua pelle.
    Il tutto, , sotto lo sguardo del povero biondo. C’erano priorità, e priorità; lo sconosciuto non rientrava in nessuna delle due categorie, per Irma.
    Si lasciò sfuggire un «do cholery» nella sua lingua natale, stringendo poi le labbra tra i denti, quando un’ispezione un po’ più invasiva del previsto fece scattare un interruttore invisibile e una scarica da millemila volta partì dal ginocchio, arrivando fino al cervello. Minchia se faceva male. Nulla a cui non potesse sopravvivere, certo, però «porcaputtanaladra
    E intanto, quello parlava e parlava.
    Ma quanto parlava?
    E se lo diceva lei, poi!!
    «e non ti ha insegnato a guardare prima di attraversare?!»
    «e a te nessuno ha insegnato a guidare?! hai un fanalino rotto, genio!!» o forse lo aveva rotto lei, sbattendoci contro, difficile dirlo – non aveva i ricordi così chiari riguardo quanto successo. Era accaduto troppo in fretta perché Irma ne registrasse anche i dettagli. «come minimo, ci scappa la multa e anche qualche punto sottratto alla patente.» tiè!!!
    Rimise giù la gamba, decidendo che stuzzicare la ferita non fosse la più saggia delle idee, e sperando che Connie non avrebbe fatto troppe domande quando sarebbe tornata a casa, sanguinante e zoppicante, per l’ennesima volta.
    In qualche modo, poi, si rese effettivamente conto che la conversazione avesse virato su tutt’altro argomento, e si fermò ad osservare il profilo del ragazzo con le sopracciglia a aggrottate.
    «si. ed anche a come morirò. funerale e colonna sonora compreso»
    Rimase in silenzio a lungo, occhi sbarrati rivolti al’altro, che nel voltarsi brevemente verso di lei la trovò esattamente così: esterrefatta, confusa e, ugh terribile, odiava ammetterlo, un pochino eccitata. «tu no?» Assurdo???
    Era davvero troppo strano.
    Lui, intendo. Non la situazione che stavano vivendo.
    Scosse piano la testa, senza perdere l’espressione beota disegnata sul viso. «sai com’è, tendo a preferire il contrario. godermi la vita! lo so, lo so, assurdo» e minchia sì, lo stava sfottendo. E anche alla grande. Stesso tono di voce e tutto il resto!!!
    «e dimmi.» per sua sfortuna, però, zitta proprio non sapeva rimanerci. «com’è che te lo immagini? pieno di gente? e che canzone suonano? hallelujah di leonard cohen
    Se le avesse risposto “no, la versione di Jeff Buckley” si sarebbe yeetata dall’auto in corsa.
    wizard
    hydrokinesis
    halfblooddeatheaterw.i.t.c.h.rascal


    && now you can't turn back
    because this road
    is all you'll ever have
    (literally!!)
  2. .
    irma buckley
    def not a party-chrasher
    slam slam, oh hot damn — what part of party don't you understand?
    can't stop, comin' in hot, I should be locked up right on the spot.
    Ora.
    Non è che Irma fosse stata invitata alla festa aziendale della MaiSoli, non nel senso letterale del termine, comunque, quello secondo cui si propone la partecipazione ad un evento di qualsiasi genere, estendendolo ad una persona di cui si gradisce la presenza. No, ecco, se si intendeva “invitata” in quel senso, la giovane special non poteva dire di esserlo, nopety-nope.
    E, vedete, non era nemmeno lì come accompagnatrice di uno degli invitati (effettivi) alla festa.
    Vi chiederete, dunque, cosa ci facesse mai una come lei – apparentemente senza invito – se non quello che aveva sgraffignato settimane prima all’inconsapevole signorina Tattyslate (che poi, che razza di nome era Tattyslate, mah.) e che aveva mostrato all’ingresso – all'esclusivo party organizzato da McLean… eh, bella domanda. La cui risposta era molto semplice, in realtà, ma non destinata proprio a tutte le orecchie.
    Ovvio che avesse un motivo (e un fine) per essere lì, quando mai Irma Buckley faceva qualcosa senza avere un motivo (ok, spesso — ma!! quello era un altro discorso, e qui la situazione più seria), ma non poteva mica renderlo così ovvio, o spiattellarlo in giro.
    E no, non era lì per il buon vino e lo champagne.
    Cioè, non solo.
    Ma per chi l’avete presa!! Se era l’alcol gratis che le interessava, avrebbe scelto di imbucarsi ad un’altra festa di ricconi qualunque, e non a quella della società magica più famosa in ambito di sicurezza e allarmi. Che poi, faceva quasi ridere che fosse riuscita ad imbucarsi proprio alla festa di un’azienda simile ma, hey! Le andava riconosciuto anche il merito di sapere sempre come rendere l’impossibile possibile.
    No, l’idrocineta era lì per ben altri motivi — ma il buon vino era un bonus gradito; erano i medesimi motivi che da un anno a quella parte la facevano finire nelle situazioni più assurde (come essere investita da un babbano alla guida di un catorcio e poi scorrazzata in giro dallo stesso ragazzo) e tutto solo perché aveva scelto di fare l’unica cosa che in tutta la sua vita non le era mai interessata, e che persino al capezzale della zia aveva giurato a se stesso non l’avrebbe mai coinvolta, ovvero: mettersi alla ricerca di suo padre.
    Aveva iniziato dal posto più ovvio, la Polonia, ma poi per cause di forza maggiore (aka la guerra) aveva dovuto interrompere le indagini e tornare a casa, nella ridente e soleggiata inghilterra (meh.); aveva atteso pazientemente di poter rimettersi al lavoro, mentre nel frattempo il mondo intorno a lei andava in fiamme, ma poi sul più bello le era arrivata una nota che la informava che la persona che stava cercando, era più vicina di quanto pensasse. Proprio a Londra. Bello, no?! Peccato che cercare l’uomo si fosse rivelato dannatamente difficile — specialmente poi, perché la Buckley tutto era (in primis: scema) fuorché una detective. Avrebbe potuto assoldarne uno, certo, ma le piacevano le cose fatte a mano, in casa, con sudore eccetera eccetera.
    E, più importante, non le piaceva confidare in nessuno.
    Quindi, ecco spiegato (sommariamente, ma chi ce lo ha il tempo per descrivere tutto per filo e per segno? di certo non questa ragazza qui) come fosse arrivata alla festa di natale della MaiSoli: le sue indagini, una svolta dopo l’altra, l’avevano condotta fino alla porta dell’azienda.
    Porta che, poi, era rimasta chiusa perché a quanto pareva non bastava presentarsi al banco informazioni e chiedere di parlare con il Boss Supremo per essere ricevuta in udienza; ma dai!
    La cosa fottutamente ironica era che, adesso, il Boss Supremo ce lo aveva proprio di fronte, e la stava persino invitando a seguirlo nella stanza (dei giochi? ughhh. blocked.) dei vip
    Lanciò un’occhiata ammiccante al mago tutto d’un pezzo che seguiva Sheridan McLean come un’ombra, ma questi non ricambiò; che antipatico, pensava bastasse a farle perdere il buon umore?! Mpf. «uh, sigari e whiskey? figo, ho sempre desiderato essere invitata in uno dei boys club per gente ricca» “sempre”... ma da quando, poi? Perché stava dicendo cose a vanvera? Non era minimamente vero… che le fregava di essere inclusa nei momenti da bro di uomini ricchi? buhhh.
    La stanza dove venne condotta era finemente addobbata, e strabiliante come tutte le altre sale dove Irma aveva messo il naso fino a quel momento: divani in pelle, quadri alle pareti, tappeti che avevano l’aria di essere molto più vecchi della magione stessa, e scaffali su scaffali di libri. Quasi bello, se tanta opulenza non l’avesse fatta sentire improvvisamente piccola e indegna, ricordandole che provenisse dall’esatto opposto di tutto quello, e che fosse solo una truffatrice e una ladra e una ex galeotta. A quel pensiero, mentre Sheridan McLean si scusava e andava a prendere qualcun altro in giro per la sala, Irma mandò giù il contenuto del suo bicchiere e se ne servì un altro, prendendolo da una delle ampolle lasciate sui mobili antichi. Oh, il vecchio aveva detto “fate come se foste a casa vostra”, prima di lasciarla, e lei ci teneva ad essere una cortese ospite! Si versò due dita di quello che sperava fosse whiskey, e poi ne aggiunse un’altra perché non approfittare della gentilezza di McLean sarebbe sembrato maleducato. Solo a quel punto, mentre rimetteva giù la caraffa, sentì finalmente dei rumori alle sue spalle e di poco non mollò la presa, rischiando di inzuppare il tappeto di whiskey. E il suo abito!! Oddio, per fortuna non l’aveva fatto, sapete quanto le era costato quel dannato pezzo di stoffa che indossava?!?! Una fortuna!!! Non vedeva l’ora di riportarlo indietro, e farsi ridare i soldi — certo che aveva tenuto il cartellino, mica era una principiante. E quando diceva “pezzo di stoffa” intendeva letteralmente: un quadrato di cotone che era divenuto esattamente l’abito di cui aveva bisogno nel momento in cui l’aveva indossato, ma nemmeno lo stupore di quella magia l’avrebbe convinta che la fortuna di galeoni spesi per quel coso ne valessero la pena. Li rivoleva indietro.
    Alla persona magicamente apparsa alle sue spalle, Irma rivolse un sorriso tutto denti per mascherare l’imbarazzo e il fatto che fosse stata presa contropiede. «devi essere anche tu tra i mh,» come l’aveva definita, il Boss? «clienti più facoltosi della MaiSoli, eh.» alzò il bicchiere nella loro direzione, e mandò giù il whiskey. Poi, dalla borsetta, tirò fuori la scatolina di mentine che aveva rubato dalla borsa di Cornelia, quel pomeriggio, e ne mise in bocca un’altra. L’ennesima. Oh, in mancanza delle sue TicTac, a qualcosa doveva attaccarsi!! Allungò il pacchetto all’altra persona, e chiese, «mentina?» come un maniaco qualsiasi, esatto.
    13.03.96
    wizard
    hydrok.
    raise your glass
    p!nk




    SPOILER (click to view)
    +++ avvento: "festa aziendale", caramelle menti-no e stoffa magica, yay

    QUOTE
    7) Si sa, le cose che accadono durante una festa aziendale, sono destinate a rimanere in quella parentesi, considerando che la maggior parte degli invitati ha - giustamente. - affogato i propri dispiaceri lavorativi nell’alcool. Ma. Ma? Quest’anno, al party aziendale della “Mai Soli”, siete stati invitati anche voi e non avete idea del perchè. Siete all’infuori di tutte le dinamiche interne, vi sentite pesci fuor d’acqua, ma insomma… cibo ed alcool gratis, chi siete voi per rifiutare?
    3. Sheridan McLean, il proprietario dell’azienda, ti scambia per uno dei suoi clienti più facoltosi, offrendoti un posto nella sala vip.

    3) Un pacchetto di caramelle! Non hanno l’etichetta, magari le riconoscete comunque - o magari no. Sono “menti-no”: sono pasticche di zucchero aromatizzate, dai vari colori sgargianti diversi in base al gusto (arancione zucca, rosso fragola, blu anice, nero pipistrello...) e prendono il nome dal loro ingrediente segreto-non-poi-così-segreto: una goccia di veritaserum.

    22) Un pezzo di stoffa che si adatta al vostro corpo e diventa qualsiasi capo di abbigliamento vogliate. Ormai lo sanno tutti che in giro non si trova niente di decente, ma questo oggetto sarà la vostra salvezza! Attenti però, l’effetto durerà solo cinque ore.
  3. .
    irma buckley
    13.03.1994
    danzica, pl
    Suonerà strano e assurdamente folle, ma essere investita da un’auto in corsa non era la cosa peggiore che fosse successa alla Buckley — dopotutto, era stata abbandonata dai suoi genitori, rimasta orfana dell’unica donna che avesse mai considerato come mamma, l’avevano rinchiusa nei laboratori per anni … voglio dire: finire sotto le ruote di quell’auto sgangherata non era nemmeno nella top 20 delle cose più terribili mai successe in quei venti e qualcosa anni di vita.
    Ok, aveva fatto male, e l’asfalto aveva lasciato escoriazioni, laddove il tessuto degli abiti si era strappato lasciando la pelle scoperta, ma poteva sopportarlo. Inoltre, poteva sempre ricorrere al suo potere e guarire almeno in parte alcune delle ferite, ma per il momento non voleva ancora giocarsi la carte “special” con lo sconosciuto (non aveva ancora del tutto eliminato l’ipotesi che fosse un serial killer — e sì, ok, era stata lei a salire sulla sua auto, ma chissenefrega).
    «non sono sotto shock»
    Senza guardarlo, ma tenendo comunque traccia della sua figura e dei suoi movimenti con la coda dell’occhio, rispose distrattamente «uhuh» mentre controllava i danni della caduta: il gomito, stando alle scariche elettriche che sentì pervaderla quando lo tastò con due dita, doveva avere avuto la peggio, e il giacchetto di pelle era decisamente da buttare. «era il mio preferito, uff» borbottò tra sé e sé, togliendolo per avere una visuale migliore sulla ferita. Anche la gamba destra aveva riportato graffi e tagli, ed era abbastanza certa che piccoli granelli di asfalto fossero rimasti incastrati nella pelle lacerata, ma li avrebbe rimossi in un secondo momento.
    Fu un lavoro certosino ma molto veloce, era piuttosto abituata a fare una stima precisa dei danni anche con poche occhiate, e quando distolse le iridi nocciola per riportarle sul biondo al volante, la sua espressione era chiaramente quella di una che non se l’era bevuta. «certo»
    Era molto sotto shock.
    Bastava vedere l’espressione attonita e il modo in cui serrava il volante con una forza tale da suggerire che potesse sdradicarlo.
    «quindi…»
    «andiamo???
    «eh, se ti va.»
    Non capiva, sinceramente, cosa stesse aspettando: l’intervento della guardia nazionale?!
    «sai che– oddiocoseraquelverso?!?!?» cos’era stato? Si voltò di scatto per osservare i sedili posteriori, convinta di trovare un asino o qualche creatura magica rubata dallo zoo. «cos’hai nel portabagagli?! cosa–» «oddio ti ho investito scusa ma è sangue quello? sembra sangue. non ho cerotti non ho bende non ho conoscenze posso cercare su internet però»
    Ah.
    Era stato lui.
    Tornò a rilassarsi contro il sedile, la special, accarezzandosi un fianco che, nel voltarsi di fretta, aveva notato facesse più male del previsto: forse, dopotutto, la conta dei danni non era stata così precisa. «hey, hey!» sventolò una mano nella sua direzione, sperando di non distrarlo troppo perché l’ultima cosa che serviva ad entrambi era andare a sbattere contro un albero, «stai tranquillo, ok? sono viva e sto bene. un po’ di sangue al massimo macchierà la tappezzeria della tua auto ma non mi ucciderà.» pensate, avrebbe anche potuto aiutare a lavarlo via, se lui si fosse dimostrato una persona che valeva la pena di aiutare — Irma stava ancora decidendo, a riguardo.
    «dove devi andare. oltre che in ospedale. dove ti porto. al san fungo??»
    «ah-a! nope, nessun ospedale.» Non è che avesse propriamente un problema con i camici bianchi, ma aveva un problema con i camici bianchi: le ricordavano i giorni nei lab e se poteva li evitava. «sto bene, davvero. solo qualche graffio, passeranno.»
    «non sembri preoccupata. perchè non sei preoccupata? ti ho investito. messo sotto con la macchina. sprimacciata come un cuscino sotto le gomme» «parli davvero un sacco, lo sai?» e, più lui parlava, più Irma iniziava a sospettare che non fosse un serial killer: solo un poverino che si era trovato nel posto sbagliato, al momento sbagliato. «non sono preoccupata perché–» «sei già morta vero? oddio sei già morta» Al ché, Irma sollevò un sopracciglio e riservò un’occhiata sbieca al biondo. «nemmeno tu hai un’aria molto sana, eh. mpf.» ma guarda un po’ questo! «non sono morta, ho solo corso molto forte, e molto a lungo.» ci tenne a chiarire, braccia conserte al petto e smorfia imbronciata a curvare le labbra. «e, come cercavo di dirti, non sono preoccupata perché non è la prima volta che mi investono. hai delle gomme da masticare?» un cambio di argomento repentino, non perché avesse da nascondere qualcosa e non volesse parlare degli altri incidenti in cui era finita, ma semplicemente perché erano così banali e all’ordine del giorno, per Irma Buckley, che non valeva nemmeno la pena perderci su tempo. «o una mentina. oh, una boccetta d’acqua magari!! sarebbe il top.»
    Intanto lui: «non era così che avevo immaginato il mio primo omicidio»
    E quindi lei: «pensi spesso a come sarà il tuo primo omicidio…..?»
    Forse, infondo, magari era davvero un serial killer — uno che non era ancora sbocciato, però.
    wizard
    hydrokinesis
    halfblooddeatheaterw.i.t.c.h.rascal


    && now you can't turn back
    because this road
    is all you'll ever have
    (literally!!)
  4. .
    irma buckley
    13.03.1994
    danzica, pl
    Alla sesta volta che il telefono iniziava a vibrarle nella tasca posteriore dei jeans, finalmente Irma si decise a rimuovere uno dei quanti, sfilandolo con i denti, e a tirare fuori il Redmi, sollevando appena gli occhi verso il soffitto quando notò chi la stava chiamando.
    «heeeey, connie» a voce bassa, per evitare di farsi sentire da tutto il condominio (disabitato, a quell'ora, ma non si poteva mai sapere), salutò la sua bestia (non un typo) allungando un po' troppo quella prima vocale, per nulla sospetta, dicono da regia. «non è un buon momento,» – focus su una telecamera immaginaria che, dal primo piano sulla special, pian piano allarga l'inquadratura e mostra sempre di più dell'ambiente circostante: una stanza, buia, un mobile che sembra una scrivania con tanto di PC portatile lasciato acceso ma con lo schermo bloccato, e due mobili a giorno appoggiati contro le pareti a nord e sud della stanza; Irma, rannicchiata a terra, teneva la schiena premuta contro uno di questi due – «priorità: non sono morta, e non mi hanno arrestata» ancora «di nuovo» andava specificato, «non potevo rispondere, scusa, e ora devo proprio andare.» sentiva dei passi avvicinarsi oltre la porta a vetri che dava sul corridoio lugubre, e non poteva rischiare di essere beccata lì. «non aspettarmi per cena BACI» e prima di poter sentire le repliche della geocineta – perché sapeva che sarebbero arrivate – Irma chiuse la telefonata imprecando fra sé e sé: non le piaceva essere maleducata con Cornelia, anche perché sapeva che l'altra non l'avrebbe apprezzato, ma in quel caso faceva di necessità virtù.
    …che non era proprio il detto giusto per la situazione ma sapete a chi non importava? Esatto, alla rossa che si era intrufolata in quell'ufficio senza permesso, e non voleva davvero essere beccata lì dal proprietario di quel bellissimo cagnone che aveva visto nella fotografia su tutte le mensole (giuro: su tutte.) e dovergli spiegare cosa ci facesse nel suo ufficio, chiaramente senza appuntamento. Era finita nei guai per molto meno, e la sua fedina era molto più che sporca, era praticamente uno straccio lercio, e non poteva davvero permettersi un'altra nota rossa sul registro.
    «veloce, pensa.» più facile a dirsi che a farsi, quando l'adrenalina faceva pompare il sangue più forte e il tum-tum-tum del cuore arrivava a martellare fin dentro alla scatola cranica.
    Dovette ricordarsi che non era il suo primo rodeo, che si era tolta da situazioni ben peggiori, ma le sue uniche via di fuga in quel momento erano le scale antincendio dall'altra parte del corridoio (nel quale, ricordiamolo, passeggiava ignaro di tutto un povero cristo – nella peggiore delle ipotesi, lo stesso cristo che di lì a breve sarebbe entrato nell'ufficio per recuperare la borsetta del pranzo dimenticata quel pomeriggio o chissà cos'altro) oppure la finestra alle spalle della scrivania — purtroppo l'idrocinesi non aveva donato alla Buckley il dono della levitazione, e fare un volo di cinque piani non le sembrava il massimo delle aspirazioni.
    Ok, quindi: «a cazzo duro» sia.
    Abbassò il berretto nero sulla fronte, attenta a nascondere bene ogni ciuffo ramato, e poi lo calò sugli occhi, coprendo intanto la bocca e il naso con il collo alto del maglioncino indossato: si sentiva molto Nancy Drew, o Arsenio Lupin.
    Tutto quello sbatti, e non aveva trovato neppure quello che cercava UGH.
    Rimanendo accucciata – precauzioni inutile, ma faceva troppo totally spies per non farlo – raggiunse il dispenser dell'acqua e ne riempì un bicchiere, portandolo con sé fino alla porta, dove versò il contenuto proprio ai piedi dell'uscio, spingnendolo poi con il proprio potere fin sotto la fessura, verso il corridoio, concentrandosi per allargarlo e renderla una macchia quanto più grande e scivolosa possibile — non voleva far male al poverino, voleva solo rallentarlo e darsi la possibilità di raggiungere le scale prima di essere acciuffata e sbattuta prima a terra, poi ad Azkaban.
    Quando sentì il tonfo inconfondibile di un corpo che cade a terra a peso morto, allora scattò in piedi, aprì la porta e corse come una forsennata, come non aveva mai corso in vita sua (e per un buon motivo).

    Incredibile la disperazione a che cosa poteva portare: nel caso si Irma, a correre a gambe levate per chilometri senza badare al fiatone o alle gambe doloranti o al fatto che, se fosse stata abbastanza disperata tutta la vita, avrebbe potuto benissimo competere per la maratona di New York. Ah, le occasioni sprecate nella vita.
    Si decise a fermarsi per riprendere fiato solo quando sentì i polmoni bruciare e le gambe minacciare di cedere sotto il peso dello sforzo, e quindi arrestò la sua corsa lì dove si trovava (dove si trovava?) senza minimamente accettarsi se fosse un luogo sicuro o meno. Non ne ebbe il tempo.
    Vide i fari dell'auto ancora prima di sentire il rumore del disco dei freni che veniva letteralmente ucciso da una frenata senza pietà, poi sentì il muso dell'auto impattare contro il suo fianco e in seguito l'asfalto mordere la pelle morbida della coscia e del palmo della mano, con cui aveva cercato di evitare di schiantarsi di testa sulla strada.
    Stordita, e già messa a dura prova dalla fuga a gambe levate, Irma ci rimise un po' a rimettersi in piedi, e quando lo fece fu borbottando un «ma chi gliel'ha data la patente» più che doveroso — come se non fosse stata lei quella al centro della carreggiata, ferma immobile con le mani premute contro ginocchia e il fiato corto.
    Ma sapete cosa?
    Lì, nel bel mezzo del nulla dimenticato pure da dio Justin Timberlake, l'apparizione di quell'auto era quasi provvidenziale. Poteva mai rifiutare un segno del destino (come una role aperta dove imbucarsi) e non approfittarne? No, esatto.
    Fece esattamente quello che qualsiasi folle malintenzionato avrebbe fatto: il giro dell'auto, fino ad arrivare al lato del passeggero, e poi iniziò a battere sul finestrino come una forsennata.
    Quando il conducente iniziò a gridare, Irma gridò con lui. «NON URLARE DAI MA CHE MODI» Era davvero una persona peculiare, aveva persino lasciato le sicure sbloccate — o era un malintenzionato a sua volta e non lo preoccupava l'idea di venire aggredito fermo al semaforo (si vede che non aveva mai guidato sulla Colombo) oppure era solo scemo.
    Irma, dal canto suo, non ci pensò due volta prima di salire sulla vettura e chiudersi lo sportello alle spalle. Non le sfuggì la scelta ironica della canzone sparata a tutto volume nell'abitacolo.
    Dopo svariati secondi di silenzio, in cui aveva fissato apertamente il biondino alla guida, sollevò entrambe le sopracciglia e indicò la strada. «beh, che facciamo?» Quando vuoi puoi partire, eh.
    Ah, ok, aveva capito: aveva visto un sacco di episodio di 911 la rossa (e con un sacco intendo: tutti, anche lo spin-off) e sapeva esattamente di cosa si trattava: «sei sotto shock. Ma guarda, sto bene!» si toccò in più punti, dimostrando di essere tutta intera, «ora possiamo partire?»
    wizard
    hydrokinesis
    halfblooddeatheaterw.i.t.c.h.rascal


    && now you can't turn back
    because this road
    is all you'll ever have
    (literally!!)


    SPOILER (click to view)
    scusa amo doveva andare così
  5. .
    HTML
    [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=62891868]Irma Buckley[/URL]

    - barista al better run CIAO RUNNINA1!!!1
  6. .
    primo pg del gruppo? no
    link scheda: x
  7. .
    uhhhhhhh bello ariii grazie!!!!!!!
  8. .
    sono di nuovo io, siete sconvolti lo so

    ↳ prima utenza: peetzah!
    ↳ NUOVA UTENZA: awanasnais
    ↳ PRESENTAZIONE: dopo la cerco (non l'ho più cercata)
    ↳ ROLE ATTIVE:
    - MORLEY: 29/09
    - ARTURO: 05/09
    - NICE: 29/09
    - HANS: 01/10
    - DYLAN: 29/09
    - NATHAN: 03/10
    - WREN: 12/09
    - LOLLO: 19/09
    - MADDOX: 04/10
    - LUPE: 10/10
    - KYLE: 03/10
    - GREY: 12/10
    - CLOUD: 12/10
    - NELIA: 12/09
    - HOLD: 09/10
    - REESE: 11/10
    - MONA: 17/09
    - IDYS: 11/10
    - BASH: 10/10
    - WILLA: 11/09
    - LANCE: 29/09
    - JAVA: 27/09
    - TYLER: 04/10
    - LITA: 08/09
    - THEO: 08/09
    - ELIAS: 10/10 (bonus irma)
    - LISI: 08/09
    ↳ ULTIMA SCHEDA CREATA: Lisi (13/09)
  9. .
    irma buckley
    ur honor,
    i zoned out.
    what?
    «scusa . ?»
    Irma aveva perso la cortesia e il buonumore almeno una bottiglia di tequila e un’intera nottata di baldoria prima; non ne era rimasta alcuna traccia da poter convogliare nello sguardo nocciola che posò, lentamente e con estrema fatica, sul ragazzo. Né c’era empatia nel «che c’è» strascicato che fece sgusciare via dalle labbra secche — ma ancora truccate.
    «ho l'aria di uno che crede alle pubblicità ingannevoli?»
    Allora, innanzitutto: «dude, potremmo avere la stessa età» perché sì, vero, aveva ancora il cervello spento per il sonno e la sbronza ma era abbastanza certa di aver detto “quel vecchio lì”, e va bene che tutti le dicevano sembrasse più giovane dei suoi ventisette anni ma a guardare il tipello non sembravano avere poi molta differenza di età, perciò.
    Poi, punto secondo: «non stavo parlando di te,» jeez, egocentrico much, eh?!
    (Guarda, Cornie, un tuo simile! Bacini besty.)
    Con pigrizia, e piangendo internamente, Irma fece lo sforzo di indicare un punto imprecisato alle spalle del ragazzo, in direzione di un vecchietto ancora ignaro di tutto. «t’oh, guarda: un vecchio
    OK, vero: Irma avrebbe potuto tentare di essere un po’ meno spiccia nei toni e nei gesti, ma proprio non ce la faceva– tra quanto passava quel dannato autobus? Voleva solo tornare a casa e dormire, nella speranza che Cornelia non fosse in vena di chiacchiere, quel giorno.
    Alla ragazza che cercava di racimolare denaro in maniera piuttosto discutibile, poi, rivolse a malapena un cenno della testa, fatto più per spostare da davanti i capelli una ciocca di capelli sfuggiti all chignon che altro.
    Solitamente era più simpatica di così; lo era davvero! Curiosa, chiacchierona, sempre con la battuta pronta: Irma Buckley non era fatta per i silenzi imbarazzanti o i luoghi silenziosi. Ma quando aveva alle spalle un’ora scarsa di sonno rubato sul pavimento dell'appartamento sconosciuto, le cose cambiavano.
    Ad esempio, non si era resa conto che, tra uno sbadiglio e l’altro, aveva di nuovo zoned out clamorosamente.
    «...sei il meccanico della Mamm't? Lavori all'officina con Mads»
    Ma chi, lei?
    Alzò lo sguardo sul ragazzo, rendendosi conto che non stesse affatto parlando con lei, ma con l’altra. Ugh, sarebbe sembrato molto brutto e maleducato chiedergli di andare a chiacchierare qualche metro più in la? Dubitava di poter fare affidamento sulle sue fedelissime cuffie, non in quel momento perlomeno, con il mal di testa martellante che rimbombava contro le tempie.
    «avete bisogno di pubblicizzare così l'officina?»
    Ormai era, suo malgrado, nella conversazione e a che pro fingere di non star ascoltando?
    «ho visto fare di peggio» tipo dei pietosissimi car washing in costumini striminziti, o vendita porta-a-porta di biscottini fatti in casa scout-style. «purché se ne parli, cit.» così diceva il saggio, no? Alzò un pollice poco convinto in direzione della presunta meccanica, senza sorridere. «state andando alla grande, visto, qualcuno vi ha già riconosciuto» SUPPORT YOUR LOCAL MECHANIC SISTERS o qualcosa del genere
    Era più forte di lei: parlare non era mai stato un problema per la polacca, al contrario invece del farsi gli affari suoi che proprio non le veniva naturale e, anzi, l’aveva fatta finire in non pochi casini nel corso della vita.
    «non che ci cascherei»
    Percepì, più che sentire, l’occhiata di sfida del ragazzo a quelle parole e, per tutta risposta, si strinse nelle spalle senza guardarlo, ma facendo l’amore con il suo triplo caffé ormai freddo. «bravo, sei davvero in gamba, sono fiera di te» oh mio dio? Gli voleva già bene, che bellissimo caso umano: come volevasi dimostrare, ne aveva attirato un altro — o forse due? Era troppo presto per dire lo stesso dell’altra, ma a giudicare dalla sua presentazione eh, era sulla buona strada anche lei.
    gif code
    1996
    special
    hydrok.


    SPOILER (click to view)
    scusate so che non era il mio turno ma mi serviva un post (non è neanche così bello sono duecento parole di ignoranza scusate pt 2)
  10. .
    irma buckley
    ur honor,
    i zoned out.
    what?
    La giornata di Irma era iniziata: male. Ma nulla che non potesse superare... eventualmente.
    Cacciata dall’appartamento dove era crashata la notte prima, con ancora addosso gli stessi abiti, e il peggior post sbronza in mesi, le ciocche ramate arruffate in uno chignon disordinato e incasinato in cima alla testa, gli occhiali da sole spinti bene sul ponte nasale per nascondere lo sguardo morto al mondo intero, un caffè triplo stretto nella mano e la più vuota delle espressioni rivolta al nulla. Conoscendosi, sarebbe rimasta in quello stato catatonico almeno fino al tardo pomeriggio, riprendendosi dal torpore giusto in tempo per prepararsi alla nuova serata: una doccia, un outfit messo insieme in fretta e furia, una bottiglia di tequila nella borsa e via, nuovo giro nuova corsa.
    Non era bellissima, l’estate?
    Non che il resto dell’anno fosse poi molto diverso, in quanto a ritmi, per l’idrocineta: non aveva percezione del giorno e della notte, l’uno si confondeva con l’altra quando lavoravi tutti i giorni dalle 18 alle 2-3 della mattina dopo, infondo; ma sapete cosa? Ad Irma, la sua vita irregolare piaceva un fotutto casino. Non era stata concepita per stare negli schemi, o per rientrare in dei contorni specifici e definiti; semplicemente, ci stava stretta. La sua intera esistenza era stata una Carta Imprevisto pescata una dopo l’altra; ogni volta che provava a fare anche solo l’accenno di un progetto, il karma si concedeva una fragorosa risata, si metteva seduto sulla comoda poltrona e le riservava un dito medio in bella mostra. Ci aveva provato ad adattarsi, a fingersi la figlia perfetta che la sua famiglia adottiva (che per ragioni di trama chiameremo i Cohen, finché non ne troveremo una on game disposta ad adottarci, yay, rottura della quarta parete) si meritava — ma anche lì, non era finita molto bene. Sapeva che loro le volessero bene, nonostante tutto, e che i sacrifici che avevano fatto per averla (e tenerla) con loro non avrebbe potuto ripagarli nemmeno nel corso di tre vite, ma… semplicemente non ci riusciva. La bella casa, le colazioni intorno al tavolo imbandito, le feste e le cene eleganti, i ritratti di famiglia a Natale e i maglioni coordinati– erano stati un po’ troppo; alla prima opportunità, Irma aveva cercato di riconquistare la propria indipendenza, trovandosi un lavoro e una stanza lontana dai Cohen, che continuava ad andare a trovare almeno una volta a settimana perché erano diventati, a conti fatti, la sua famiglia e per quanto agognasse la libertà, non poteva negare di sentire la loro mancanza — specialmente quando tornava a casa all’alba e si rendeva conto di dover fare tutto da sola (e poi, spoiler, non faceva nulla perché lo sanno tutti che “ugh no, lo faccio più tardi” è la scusa più vecchia del mondo e porta solo a procrastinare ancora e ancora).
    Ma era estate! Era in ferie!
    E sì, il mondo era uscito da poco dalla guerra eccetera eccetera ma sapete chi aveva il disperato bisogno di vivere quelle ferie come se fossero le ultime della sua vita perché era fottutamente stanca? Esatto, questa rossa qui. Quindi avrebbe continuato a fare le ore piccole, per poi pentirsene al mattino; e allora avrebbe amoreggiato senza rimorsi con un triplo caffè amaro, fino a sentirsi un po’ meno morta dentro, avrebbe lasciato che Morfeo reclamasse il suo corpo e la sua mente per qualche ora, il tempo necessario per ricaricare le pile, e poi: avrebbe rifatto tutto da capo.
    YO-FUCKING-LO!
    Seduta alla fermata del bus, una gamba accavallata sull’altra e il gomito abbandonato sul ginocchio, osservava una figura fare avanti e indietro di fronte a lei, senza vederla davvero: tempo altri due minuti e si sarebbe addormentata lì, seduta sul seggiolino scomodo, all’ombra della pensilina. Alla fine, pure se la stava guardando da un po’, trasalì quando la mora si avvicinò a lei e parlò — troppo veloce perché i neurone ancora sbronzo di Irma potesse comprendere cosa avesse detto, perciò il massimo che poté fare fu rifilarle un’espressione vuota e morta (dentro e fuori), mettendola a fuoco da dietro le lenti scure degli occhiali a goccia. «non ho assolutamente capito mezza parola.» cit. pandi se le parli prima del caffé giornaliero (ma pandi non prende caffé…) (e infatti.) «ma non compro nulla» aveva già tutto quello di cui aveva bisogno: il suo triplo amante stretto nella mano, le mancava giusto un letto. «prova con quel vecchio lì, ha l’aria di uno che crede alle pubblicità ingannevoli o ai messaggi delle compagnie telefoniche» non la stava scacciando, figuriamoci, mh.
    gif code
    ‘1996
    special
    idrok.


    SPOILER (click to view)
    ma si dai, invado la tua role libera così innauguro irma prima della scheda #wat
    (sono pandi!)
10 replies since 22/8/2023
.
Top