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p-power | ft. JD

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    Sei mesi prima Grey aveva creduto di aver perso tutto, in primis il senso di quell'esistenza vissuta sempre a metà, mai in maniera completa, e allo stesso tempo vissuta un po' troppo perché non ne aveva solo una, di vita; ne aveva cinque, dieci, mille. E nessuna.
    Hwang Daehyun non era mai stato nessuno, e al contempo era stato fin troppe persone: fucking Trevor, Doyoon, Sean, innumerevoli altri di cui aveva cancellato ogni traccia e ogni fasullo ricordo; a volte era stato semplicemente un'ombra, una faccia senza nome e senza identità, una lama a brillare solo per un istante nell'oscurità più assoluta.
    Era stato tutto quello che Hajoon avesse imposto lui di essere, per quella o quell'altra missione; era stato il nome fittizio che i collaboratori dell'uomo scrivevano sui documenti falsi, ed era stato le personalità che Daehyun aveva deciso di ricamarci sopra ogni volta.
    Era stato tante cose, e non era stato nulla.
    Fino a che non era stato costretto a diventare qualcuno, un cittadino inglese con un nome, un'identità, una personalità tangibile e concreta. Non gli era piaciuto dover ufficializzare la sua esistenza, non gli era piaciuto affatto, eppure l'aveva fatto e aveva accettato di vivere con le conseguenze che ciò comportava: un lavoro, un codice fiscale, un indirizzo di residenza. Tutte quelle cose, per quanto normali agli occhi della banale e comune gente, erano per Grey delle funi legate al polsi, alle quali erano stati appesi pesanti macigni; e lui era stato gettato in mare, e lasciato affogare sotto il peso di quelle nuove costrizioni.
    Ma era stato anche Psy — e forse quello, ancora più del resto, aveva sconvolto definitivamente la sua esistenza. Sei mesi prima aveva creduto di aver perso ogni certezza, quando aveva acquisito quel nuovo potere contro la sua volontà; ma era stato solo aprendo la lettera – che al Platinum aveva stoicamente ignorato – che Grey aveva capito quanto poco senso avesse avuto la sua vita già in partenza.
    La sua mente non era riuscita a conciliare quella scoperta con la verità già conosciuta e vissuta, e anche a distanza di settimane (e mesi) l'idea di aver vissuto una vita di cui non ricordasse nulla, una vita non decisa per ma da lui, gli sembrava assurda e fuori da ogni logica. Ma in quella lettera, in quelle foto, aveva trovato dettagli che nemmeno il suo scetticismo era stato in grado di ignorare, o spiegare razionalmente. L'aveva accettato come un fatto, ma aveva anche fatto sì di pensarci il meno possibile.
    Le memorie erano demoni di un passato che non ricordava, volutamente dimenticato, per disperazione o per necessità, e che ora cercava il modo di tornare in superficie per destabilizzare un già precario equilibrio.
    Aveva pensato spesso, durante la guerra, di approfittare di quel periodo di confusione per far perdere nuovamente le sue tracce, e in maniera definitiva.
    Non l'aveva mai fatto.
    Perché, nonostante non riuscisse ad apprezzarli – o a capirli – quei pochi, ma necessari, rapporti instaurati negli ultimi tempi erano ciò che gli aveva permesso di non affogare del tutto; boe alle quali aveva potuto aggrapparsi, verso le quali era risalito con estrema fatica, e presso le quali aveva potuto tornare a respirare.
    Il PussyPower (Melvin) era una di quelle boe.
    Grey non aveva mai sperimentato sulla propria pelle cosa significasse avere (degli amici) delle responsabilità, al massimo aveva avuto dei doveri e dei compiti, ma mai un'attività che dipendesse anche da lui. E Grey, inutile negarlo, dipendeva dal locale stesso; passava più tempo lì che altrove, salvo per quando riceveva qualche ingaggio e spariva per lunghi periodi, ma alla fine tornava sempre lì, al PP, da Vin. Nella sua cucina.
    Non era un sentimentale, e non era mai stato particolarmente materialista, ma avere era sinonimo di concretezza, e in quel periodo di confusione e incertezza era qualcosa di cui lo special aveva necessariamente bisogno.
    Non avrebbe saputo spiegarlo a parole, poco affine a quel genere di sentimenti ed emozioni, ma gli piaceva avere un posto che fosse suo, e nel quale potesse sentirsi se stesso indipendentemente dall'identità assunta.
    Stava diventando persino un po' più tollerante nei confronti dei clienti stessi, e non sbuffava più così di frequente quando Vin gli chiedeva di occuparsi della sala al posto suo; perché gli chiedesse di fare tanto, quando era chiaro a tutti che fosse lei, tra i due, quella più predisposta a stare a contatto con il pubblico, era qualcosa che Grey non avrebbe mai capito, ma era anche vero che avesse smesso da un pezzo di mettere in discussione le scelte della collega, accettandole così come si presentavano.
    Quel giorno, dunque, era uno di quelli in cui aveva tolto il grembiule che di solito usava in cucina, aveva messo da parte le lame (non tutte, qualcuna ce l'aveva ancora nascosta sotto gli abiti attillati, pronto per qualsiasi evenienza) e aveva iniziato il suo giro della sala, prendendo ordinazioni e servendo quelle preparate nel frattempo. La sua aura era comunque così scura che i mici, troppo intelligenti per lasciarsi fregare, vagavano nel locale stando ben accorti a rimanere fuori dal suo radar.
    «cosa posso portarti?»
    Diretto, senza un buongiorno o un benvenuto, né un sorriso cordiale o di circostanza contrariamente a quanto avrebbe potuto concedere la sua socia; aveva imparato a farsi andare bene anche quell'aspetto del lavoro, non come diventare un essere umano decente. Dopotutto, l'empatico tra i due proprietari, non era lui.
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    Considerando quanto poco JD uscisse ultimamente per divertimento personale, quanto cercasse di non andare troppe volte negli stessi posti, e soprattutto quanto fosse difficile per lui raggiungere Hogsmeade ora che non poteva più smaterializzarsi, era comicamente isterico vederlo per la quinta volta in poche settimane seduto ad un tavolino di quel cat café.
    Non aveva in programma di stare molto. Non stava mai molto.
    Le sue visite li più o meno andavano sempre alla stessa maniera: Jieun tamburellava le dita smaltate sul tavolo leggendo le notizie del giorno dal cellulare; se qualche gatto si avvicinava lo coccolava lasciando in cambio bacetti sul pelo; prendeva il solito (caffè, e un dolcetto sempre diverso); se ne andava con un sorriso. Di soldi cartacei JD non ne aveva mai molti, ma si premurava comunque di (rubare portafogli per tempo) averne abbastanza per dare una piccola mancia alla proprietaria bionda del locale.
    Si accontentava di quella piccola interazione con lei, fingendo nella sua testa dialoghi inesistenti. Guardava Vin, e si immaginava di chiamarla Pic (Partner in Crime), di invitarla a fare un giro dopo il lavoro, di essere suo amico (o amica, quando si vedeva nei panni Jieun).
    Andavano alle feste. Si offriva di aiutarla col locale. La metteva in contatto con Ethan perchè trovassero insieme casa a più micetti. Lei gli presentava qualcuno di carino. Lui le dava le recensioni sui sex toys più interessanti. Guardavano film scemi. Cantavano in mezzo alla strada non per chiedere l'elemosina, ma perché potevano.
    Un'amicizia normale, niente politica in mezzo. Niente segreti indicibili. Niente sentimenti irrisolti. Niente guerra mondiale.
    Niente paura di farla finire in prigione o rovinarle la vita.
    Nella sua testa erano felici.
    Era sano vivere così, ignorando le cose che potevano farlo felice, e vivere nel suo AU? No!! Ma era meglio dell'alternativa: distruggere di nuovo la tranquillità di qualcun altro perché era egoista. Lo aveva fatto con Ethan e Blaise, lo aveva fatto con Finn, con le rispettive famiglie. Basta rovinare vite di chi non ha scelto di correre rischi volontariamente (ciao ribelli): delulu is the solulu!
    Ken glielo aveva detto mesi prima, anche se JD al tempo non lo aveva ascoltato (continuando allora a sentire Ethan, o finendo per scrivere a Blaise che per lui avrebbe lasciato anche la resistenza - la sua unica ragione di vita negli ultimi dieci anni - venendo friendzonato): "noi non siamo come loro". Avevano fatto delle scelte, e dovevano conviverci.
    Fosse tornato indietro JD forse avrebbe- no. Non avrebbe smesso di lottare. Non che fosse utile pensarci: aveva già provato a riavvolgere il tempo, sperandosi, ubriaco e disperato, cronocineta, e non aveva funzionato, quindi come l'abbiamo aperta, richiudiamo la parentesi special. Non era pronto ad affrontarla del tutto, ancora.
    Si sedette al tavolino, picchiettò le dita sul tavolo scaricando il nervosismo, lesse distrattamente le novità del mondo (altri morti, altre sparizioni; lo faceva stare peggio sentirlo, ma lo faceva stare meglio capire che stava facendo la scelta giusta a restare nel regno unito piuttosto che scappare), e alzò lo sguardo preparando un sorriso attendendo l'arrivo della cameriera.
    il sorriso tentennò vendo l'homo invece di Melvin.
    Non è che a JD non piacesse Grey: quando lavorava allo Sweetnight il maggiore era stato sempre gentile, aveva cercato anche di fare amicizia, e il fatto che Grey fosse carino da guardare aiutava a farglielo stare simpatico.
    È che non si fidava troppo di lui.
    Ovviamente il Kim aveva cercato di indagare sul coreano appena era entrato nelle vite di Ringo e Beltè, per assicurarsi non fosse una minaccia per i suoi amici (ancora ricercati in Corea) e non aveva trovato... niente. E non niente nel senso "niente di sospetto", ma proprio il nulla più totale sul suo passato. Era un po' strano, no? Se non hai niente da nascondere, perché nasconderlo in primo luogo?
    Però aveva lasciato correre, allora come adesso: non aveva messo totalmente da parte il rischio che fosse un sicario (che a quanto pare non era un lavoro legale, shock), o un mercenario, e che accertatosi della taglia sui Merenda si sarebbe fatto avanti... ma forse era solo un ragazzo solo che voleva scappare da qualche trauma passato. Chi era JD per giudicarlo, in quel caso?
    Certo era che fosse un po' geloso che un ragazzo senza passato (o con un passato potenzialmente pericoloso) facesse parte della vita di Vin e lui non potesse.
    «cosa posso portarti?»
    Sistemó il sorriso, posò la mano sotto il mento.
    «un caffè, grazie, e il dolce più strano che avete. C'è qualcosa di particolare, oggi?» Guardò oltre lui, verso la porta che aveva imparato dare sulla cucina. «Melvin oggi non c'è?»
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    Di pazienza, il Hwang, non ne aveva mai avuta molta; aveva finto di averla, quando l’identità del momento l’aveva richiesto, ma da quando era tornato ad essere semplicemente Grey, aveva smesso di fingere o nascondersi dietro sorrisi accomodanti ed espressioni morbide che non gli appartenevano.
    Tutto quello, ovviamente, valeva anche all’interno del PP — e la cosa più strana di tutte era che i clienti, nonostante tutto, non ci facessero troppo caso. A nessuno davano fastidio le sue occhiate impassibili, o i suoi modi sbrigativi e poco cordiali; tanto, alla fine, era chiaro che andassero lì per altri motivi, più baffuti e pelosetti, e con la tendenza a rifarsi le unghie addosso alle gambe di legno delle sedie, e “il proprietario antipatico” veniva facilmente dimenticato ai primi accenni di fusa, o quando Vin faceva la sua apparizione nella sala.
    Un'altra ragione, quella, per cui vivere nel microcosmo del PussyPower lo faceva stare bene: non c'erano (quasi mai) problemi nel loro locale, e quelli che si presentavano di solito potevano essere risolti facilmente e senza troppe preoccupazioni.
    Ai clienti, poi, importava solo che il cibo fosse buono e i micetti di buon umore e contenti di farsi accarezzare e coccolare: potevano chiudere gli occhi (tutti, anche il terzo, nel caso della sua collega) di fronte al caratteraccio di Grey. Buon per loro.
    Fare il giro per i tavoli, una volta appurato che a nessuno (o quasi) importava di lui, era diventato meno pesante anche per lo stesso special: poteva farlo senza doversi costringere a stampare uno stupido sorriso sulle labbra, o senza beccarsi gli sguardi infastiditi dei clienti poco inclini a sopportare la sua ostilità. Era ancora molto lontano dall’essere nella sua zona di comfort, che rimaneva ancora (e per sempre) la cucina, ma quantomeno non provava più l’irrefrenabile voglia di accoltellare tutti quelli presso cui si fermava a prendere ordinazioni. Erano i piccoli successi che contavano!
    Come era prevedibile, non ricambiò il sorriso della ragazza bionda seduta al tavolo, e il fatto di averla riconosciuta come una cliente che era già passata di lì non era un motivo sufficiente per far addolcire la sua espressione, che rimase la stessa, implacabile e impassibile, di sempre.
    «un caffè, grazie, e il dolce più strano che avete. C'è qualcosa di particolare, oggi?»
    Abbassò lo sguardo per prendere appunti, e suo malgrado fu catturato da una foto vista di sfuggita sul cellulare dell’altra: poteva essere…? Strizzò le palpebre, mettendo a fuoco un viso che, suo malgrado, conosceva fin troppo bene, e si prese più tempo del previsto per ricollegare razionalmente l’espressione stupida del ragazzo nel selfie, al nome che rieccheggiava nella sua mente da anni: Ethan.
    L’ultima volta che si erano visti – proprio lì al PP –, ripensò lo special, non era finita bene; ma d’altro canto, cosa ci si poteva aspettare da due come loro, con così tante questioni in sospeso lasciate a marcire troppo a lungo, fino al punto da divorare anche una parte di loro, logorandola con sensi di colpa (da una parte) e attese di chiudere la storia una volta per tutte (dall’altra), se non esattamente quello?
    Ancora una volta, Grey non aveva fatto finire il mago sotto terra, ma era solo una questione di tempo. E tutto quello, nella mente del Hwang, era chiaro. Cristallino.
    Si rese conto di essere rimasto in silenzio troppo a lungo quando iniziò a percepire lo sguardo della ragazza su di lui, ma finse di non accorgersene e si limitò a scrollare le spalle. «strano? quanto strano? abbiamo,» e iniziò ad elencare i dolci del giorno con voce atona, «dei cupcake alla crema di limone decorati con fiori commestibili, una mousse mela e cannella, un gelato al cocco e pepe nero servito su uno strato di biscotti al cocco, un tiramisu al pistacchio, dei muffin carote e zucca, cheesecake ai tre cioccolati e frutti di bosco… la lista è lunga. » erano tutte ricette che Psy gli aveva mandato dal futuro — ma questo non lo disse, lo tenne per sé, un pensiero fugace sul quale non si soffermò troppo a lungo, preferendo rimanere ancorato al presente. «sono scritti lì.» indicò la lavagna poggiata sul bancone, dove ogni mattina modificavano la lista dei piatti del giorno, a seconda dell’umore dello chef. «melvin non c’è, è uscita. non so quando tornerà.» spiccio, sbrigativo: se era lì per la bionda, poteva decidere di aspettare o andarsene: a lui non interessava — e ok, non era così che funzionavano le attività commerciali, e senza clienti non sarebbero andati proprio da nessuna parte, ma non avrebbe costretto nessuno a rimanere se non era ciò che desideravano, sai quanto gli fregava!
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    Non si accorse al volo di cosa il ragazzo stesse guardando: aveva sempre dipinto Grey nella sua testa come un tipo particolare, sulle sue, e se si era incantato a osservare il tavolo, piuttosto che lei, che colpa poteva fargliene Jieun? Per quanto ne sapeva, il cameriere poteva avere difficoltà a guardare la gente negli occhi e basta (come Arianna e gli autistici) (wait a minute-)...
    Ma dopo un secondo buono JD seguì il suo sguardo incuriosito, il sorriso a congelarsi nel ricambiare l'occhiata del bel ragazzo dal suo cellulare. Merda.
    Con uno scatto girò il telefono sul tavolo, nascondendo il sorriso di Ethan ma mostrando, piuttosto, il retro della cover con l'adesivo di una cocorita.
    Si rese conto che il suo gesto doveva essere sembrato un po' esagerato, e deglutì cercando di calmarsi. Ridacchiò agitando una mano in aria, il nervosismo nascosto dietro le labbra rosse incurvate.
    «scusa, reazione istintiva. Colpa di mia madre, mi spiava sempre messaggiare e non mi è mai passata» bugia, ovviamente. Da ragazzino neanche aveva detto a sua madre di aver recuperato un cellulare - e a lei comunque non sarebbe importato un cazzo di quello che JD ci faceva, figuriamoci se gli avrebbe spiato i messaggi. Sarebbe stata solo felice se un pedofilo lo avesse sedotto e rapito.
    "...Davvero, Joonho? Sei arrivato a quel punto di senso di colpa da inventarti headcanon?" Si odió da solo per aver pensato una cosa del genere di Kim Chong Eun, guidato da anni di traumi; sua madre l'aveva amato, anche se era più facile convincersi del contrario dopo tutto quello che le aveva fatto passare.
    Un miagolio lo riportò al presente, e scacciò, come al solito, il pensiero intrusivo, chiudendolo da qualche parte lontano. Sorrise un po' di più, inclinando la testa di lato.
    Si chiese se Grey avesse notato che il ragazzo della foto fosse Ethan - e per questo avesse indugiato a fissarlo. JD aveva davvero reagito esageratamente: era solo un articolo sul ballerino e la sua colonia di gattini, niente di compromettente. E sì: gli capitava di cercare notizie sul Lynx. Un conto era ignorarlo nell'attesa che all'altro passasse la cotta per lui, un conto dimenticare che esistesse o fingere con se stesso non gli importasse di quello che faceva.
    Self care, ok? Aveva tutti i suoi AU anche con l'americano.
    «Lo conosci? È un ballerino piuttosto famoso» della serie: non è che lo conosca eh, ihihih (Jieun non aveva mai nascosto di conoscere Ethan Lynx, si era pure presentata ai suoi post spettacolo, lo seguiva sui social... ma un conto era che la gente lo scoprisse da sola, un conto vendersi e mettere di nuovo a rischio la vita del Lynx).
    Cautamente, rialzò il cellulare per mostrare meglio l'articolo. Gli si strinse il cuore di nuovo a guardare il ragazzo, il suo sorriso da fotografia calcolato, bellissimo ma quasi freddo, ben diverso da quello che aveva più volte riservato al Kim - quando stringeva gli occhi felini fin quasi a chiuderli, la bocca aperta in una risata ben poco elegante e inaspettata come un uragano, e ugualmente profonda-
    «ha da poco aperto un gattile- oh! dovreste fare qualche evento insieme!»
    Ethan avrebbe amato quel locale!! Subito avrebbe arricciato il naso come faceva sempre quando era sospettoso, avrebbe fatto mille domande su come venivano trattati i micetti li. Erano felici? Avevano abbastanza giochi? Ma quando avesse capito che sarebbe stato utile collaborare per aiutare la gente ad adottare si sarebbe impegnato anima e corpo in quel progetto. JD già immaginava il sito che avrebbe scritto loro, riutilizzando la base che aveva già fatto per Ethan e che mai aveva usato con i profili dei gatti tipo Tinder e-... la sua mente iniziò a vagare.
    Sbatté le palpebre più volte tornando alla realtà dopo qualche secondo.
    «Tu cosa mi consigli di prendere? Mi ispira il gelato cocco e pepe» Non disse che avrebbe provato ad aspettare Melvin (o la sua visita sarebbe stata inutile): non le avrebbe parlato comunque, meglio non far sorgere dubbi.
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    La reazione della ragazza, se non fosse stata accompagnata da una giustificazione e fin troppe parole per i gusti del Hwang, sarebbe persino finita in secondo piano con Grey, da sempre poco incline a prestare un certo tipo di attenzione alle persone — specialmente, poi, quando non lo richiedeva un lavoro.
    Ma la risatina, e il modo in cui aveva deciso che scusarsi fosse la soluzione al problema, avevano catturato, seppur in parte, le attenzioni del cuoco. Alzò entrambe le sopracciglia, suggerendo apertamente che le scuse non gli interessassero minimamente; era più incuriosito da ciò che aveva visto, ma comunque non abbastanza da fare domande o ricevere risposte — nulla era mai abbastanza per Grey.
    (O quasi nulla.)
    Il fatto che lei stesse leggendo un articolo su Ethan e la sua colonia di gattini randagi (non stupitevi: Grey ci vedeva molto bene, e aveva fatto del leggere velocemente e assimilare solo i dettagli più importanti un'arte, nonché la ragione per cui era ancora vivo dopo tutti quegli anni nel suo settore lavorativo) non avrebbe dovuto destare curiosità — non quando a farlo era una cliente abituale del PP cat cafè, e quindi una persona chiaramente amante dei gatti. Per quel che ne sapeva lui, a casa aveva milioni di poster felini appesi alle pareti; era quasi banale e anticlimatico che si informasse pure sulle colonie messe su da ballerini (senza talento), quasi… scontato. Un profilo che si scriveva da solo. Non che Grey fosse mai stato in grado di farne uno dettagliato, certo, non era mai stato il suo compito; lui si limitava a studiare quello che vedeva e usare quanto appreso per favorire la propria posizione. Di tutto il resto, del vero o dell’ipotizzato, non gli interessava.
    Ciò che l'aveva incuriosito, in quella circostanza, era stata, per l’appunto, la reazione di lei; e il modo in cui aveva cercato di portare avanti la conversazione, in un modo o nell’altro.
    «Lo conosci? È un ballerino piuttosto famoso»
    Chissà cosa, poi, nell'espressione impassibile di Grey, le aveva dato l'impressione che fosse disponibile (o intenzionato) a fare una chiacchierata. La cosa più strana, però, fu che Grey decise volontariamente di risponderle.
    Così, perché a quanto pareva ogni tanto aveva il brutto vizio di stupire persino se stesso.
    (L’occidente l’aveva profondamente cambiato.)
    «ci siamo incrociati un paio di volte» vero, e comunque abbastanza vago da non dire nulla di compromettente sul loro passato, «ed è venuto al locale una volta» perché neppure Ethan Lynx era abbastanza stupido da tornarci due volte, non dopo esser stato minacciato (e quasi accoltellato) nel retro del locale.
    Lo sguardo scuro scivolò, suo malgrado, sulla foto che la ragazza gli stava mostrando, a quel sorriso finto che più di una volta Grey aveva tramutato in un'espressione più selvaggia, e proprio per questo cento volte più sincera.
    «sembri conoscerlo molto. Sei una fan?» l’unica risposta che gli interessava riguardava un bacino di possibilità molto più ampio: che lo conoscesse davvero, che fosse sua amica, qualcuno da poter usare a proprio vantaggio, da minacciare nel caso in cui Ethan avesse deciso di compiere un passo falso. L’ennesimo Finley, per intenderci.
    Non le sorrise, e distolse le attenzioni subito dopo, infilando il taccuino delle ordinazioni nella tasca del grembiule.
    «ha da poco aperto un gattile- oh! dovreste fare qualche evento insieme!»
    Un battito di ciglia.
    La voce di Vin a ricordargli che a volte, se non si aveva qualcosa di carino da dire, era meglio tenere la bocca chiusa.
    Un sospiro pesante, le labbra poi strette tra loro nel silenzio imbarazzante (per la bionda, di certo non per Grey) che venne a seguire, e infine. «Lo dirò a Melvin» secco, lapidario, perché informarla che fosse una pessima idea per loro (per lui) collaborare con Ethan Lynx avrebbe significato dover dare poi delle motivazioni in più che Grey non era disposto a condividere.
    Rimase un istante a fissare la ragazza, notando si fosse persa nei suoi stessi pensieri, e domandandosi se potesse prenderlo come un invito ad andarsene e tornare dopo per finire l'ordinazione. Ed invece, proprio mentre lo special faceva per girare i tacchi, lei gli domandò «Tu cosa mi consigli di prendere? Mi ispira il gelato cocco e pepe»
    Si fermò un attimo, chiedendosi se tante volte fosse una telepate e se avesse letto quella risposta tra i suoi pensieri, perché era proprio quello che avrebbe consigliato anche lui, insieme alla cheesecake per chi si sentiva meno audace e preferiva scegliere gusti più comuni. «il gelato è un'ottima scelta. Ci vuoi qualcosa vicino? Dei waffles, o della panna montata…» tornando (al crack) a parlare di cose per cui immaginava fossero lì entrambi, finalmente, perché Grey non era affatto un gran conversatore e non lo sarebbe diventato di certo per una sconosciuta.
    Scusa ari, troveremo il modo di mandare avanti questa role, promesso.
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    «ci siamo incrociati un paio di volte. ed è venuto al locale una volta»
    «title of his sextape» mormorò con forzata allegria dopo un istante (e un istante di troppo) di espressione ferita, il labbro inferiore portato in avanti in un broncio infantile. Era un bravo bugiardo, ed era veloce a inventare scuse quando era sotto copertura come ribelle o investigatore-... più difficile, invece, reagire a Ethan o Blaise o qualsiasi altra relazione sensibile.
    Era offeso che il Lynx non gli avesse detto del PP cafè, di esserci stato, e dei piani che indubbiamente aveva fatto per collaborare (perchè non avrebbe dovuto farli? Melvin era fantastica!). Due pesi due misure, certo. JD poteva ignorarlo, aveva le sue ragioni, ma Ethan avrebbe comunque dovuto raccontargli le sue giornate e-... "No. No, non deve. Che sto pensando? Non mi deve niente. Se mi ignora e non gli va di raccontarmi cose, tanto meglio. È quello il punto dell'ignorarlo".
    Minchia com'era difficile essere vivi e fare la cosa giusta.
    «Farete collab? Sarebbe pazzesco»
    Grey era espressivo come un cucchiaino, e JD inclinò un po' la testa per cercare di studiare le sue espressioni, incuriosito dalla sua apatia apparente. Ethan era-... Ethan. O lo si amava, o gli si voleva torcere il collo. Forse il Kim era un po' biased a vederla così, ma gli pareva assurdo al cameriere non fregasse nulla di nulla del Lynx.
    «sembri conoscerlo molto. Sei una fan?»
    Eh. «qualcosa del genere» loro malgrado. Sarebbe stato più facile per tutti se JD avesse semplicemente ignorato l'esistenza di Ethan fin dall'inizio. Forse non avrebbe perso Blaise, o forse sì, ma Ethan e l'Han avrebbero continuato a uscire insieme se non si fosse messo in mezzo fra loro JD-...
    «Io lo... stimo molto» "Mi tieni sano" gli aveva scritto una volta. Same thing.
    Aggrottò le sopracciglia, divertita. «tu no?» incrociò le dita sotto il mento, appoggiandocisi mentre teneva il viso sollevato verso l'alto incuriosita. «Mi piacciono i pettegolezzi»
    Il silenzio che seguì la proposta di fare cose insieme, era una risposta di per sè, ma avrebbe voluto saperne di più. Poter parlare di Ethan era... liberatorio. Doloroso, ma bello. Come tutto ciò che riguardava la sua relazione con lui e Blaise.
    Agitò una mano smaltata in aria alla domanda del cibo, accompagnando il gesto con un sorriso brillante. «sorprendimi. Porta cosa vuoi, anche tutto quanto» dopo aver pensato tanto a Ethan, aveva decisamente bisogno di una ricarica potente di zuccheri. Non era abituato a mangiare molto, ma mal che andava poteva portarsi le cose a casa per il pranzo del giorno dopo.
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    and then I lose
    the strength to leave
    whenoctober 2023
    p-power, quo vadiswhere
    gifsone & two
    i Can't Handle
    Change, ROAR
    whojd aikawa jieun kimroleguestALIGNMENTrebel
    info25 y.o. | special wizardinfoaccountant | PIinfohacktivist
     
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