Votes taken by tidal wave

  1. .
    no pronouns: do not refer to me, ever

    I suoi saluti, Kyle, li aveva fatti.
    Pochi, perché non aveva così tante persone care all’interno della Bolla, e non le avrebbe perse quando, inevitabilmente, avessero scelto di voltare le spalle alla comunità e tornare al mondo fuori da lì.
    Ma li aveva fatti.
    Quelli che gli erano stati concessi, certo; se avesse potuto chiedere il permesso di farne altri, probabilmente si sarebbe smaterializzato a casa per prendere Hiro, e portarlo con sé; per salutare JD, e assicurargli che avrebbe fatto tutto il possibile per aiutarlo anche se non sembrava; avrebbe salutato Bye, forse addirittura scusandosi per essere l’ennesima persona che se ne andava. Avrebbe scritto una lettera ai Kang, e una diversa per sua sorella, e le avrebbe augurato buona fortuna ora che finalmente diventava lei il capo effettivo dell’azienda familiare.
    Ma non ce lo aveva quel tempo, e ad essere del tutto sinceri, non gli era pesato non averlo: chi lo conosceva, sapeva che fosse naturale così, che sparisse senza dire nulla, che lasciasse indietro solo meri ricordi di sé e progetti lasciati a metà. Sperava che JD ci si sarebbe divertito, con quei progetti; che lui e Zac avrebbero dato vita a ciò che Kyle aveva interrotto prima del tempo. Che i ribelli lo avrebbero perdonato per aver scelto un’altra via, una più pratica, una soluzione diversa.
    Aveva comunque salutato quei pochi che conosceva, Mis e Murphy ed Ethan e — uh, basta, probabilmente. Non c’erano così tante persone con cui avesse stretto legami, in quei due mesi; quei pochi con cui era successo, avevano deciso di fare la sua stessa scelta, poi.
    Con la testa china sui tavoli dell’officina, e la mente sempre impegnata a tenere il conto dei tentativi o a pensare a soluzioni per aggirare quello o quell’altro problema, anche nei momenti più conviviali, Kyle era stato solo di passaggio; mai un grande chiacchierone, mai troppo propenso a partecipare alle conversazioni, ai giochi, alla vita quotidiana.
    Quei pochi saluti che aveva concesso, erano stati più per educazione e perché, con quelle persone, aveva condiviso qualcosa; i ribelli, ed Ethan. Non lo conosceva così bene, ma da quando lo aveva visto la prima volta nella foresta, dopo essere letteralmente uscito a mani nude dal terreno umido, aveva sentito subito una connessione con l’altro coreano, che non aveva mai potuto spiegare a parole. La stessa che, da quando lo conosceva, lo legava a doppio filo a Kaz, pur senza averne necessariamente un motivo.
    Aveva salutato persino Troy, quando ce n’era stata l’opportunità.
    E poi aveva girato le spalle, raccolto le armi e offerto supporto ai compagni non in grado di reggersi sulle loro gambe. Aveva aiutato Kaz a prendersi cura di Clay, e aveva sistemato per loro qualche piccolo aggeggio robotico affinché potessero sentire un po’ meno il peso di quella scelta che li aveva, di fatto, tagliati via da tutto ciò che avevano conosciuto per diciassetta anni di vita.
    Non era bravo a dare supporto morale, a malapena riusciva in quello fisico, ma per i mini ribelli sentiva un’inclinazione particolare, diversa, più sincera.
    Più facile.
    Erano comunque quelli meno semplici da gestire, socialmente parlando, ma erano anche gli unici che non gli rompessero più di tanto le scatole quando voleva solo starsene per i fatti suoi e si rifiutava di partecipare attivamente al resto della vita comunitaria nella bolla.

    Che avesse passato più tempo nell’officina che nella propria stanza al Lotus, in quei due mesi, non era certo una nozione che avrebbe sconvolto i più; pensare che ne avrebbe passato ancora di più, di tempo, lì dentro, era quasi… beh, scontato.
    Sapere che non sapesse di quello o quell’altro locale adibito a punto di ritrovo o svago, sorprendeva ancora meno: Midnight Gate? Mai sentito nominare. Giardini botanici? Figuriamoci. Il Bottom? Anche no. Era già tanto che si ricordasse, quando capitava, di recarsi fino alla mensa per mangiare qualcosa — ecco, se proprio, della vita fuori dalla Bolla gli mancavano le app per la consegna a domicilio.
    Quello che succedeva nella Bolla, delle nuove installazioni, dei nuovi ospiti, eccetera eccetera eccetera, a Kyle importava poco. Il giusto. (Quindi sì, davvero poco.) Per esempio, non metteva il naso fuori dalla sua stanza-slash-nuovo ufficio da.. boh, tre giorni? Insomma, tutti quelli che i sacrifici avevano passato in convalescenza, lui li aveva passati chino sulle armi che avevano distribuito ai soldati e che avevano spillato sangue amico, e non solo. Era uscito solo per farsi la doccia, e mangiare qualcosa; per il resto, il tempo era trascorso tra una sistemazione e l’altra, sempre troppi cacciaviti stretti tra le dita, tra i denti, ficcati dietro le orecchie.
    Così tanto abituato all’andirivieni della gente che entrava nella stanza, gli parlava, non riceveva risposta, se ne andava, che non ci fece neppure caso quando la porta si aprì per l'ennesima volta, facendo entrare l’ennesima persona che, dopo essersi scontrata con il muro di silenzio di un Kyle assorto in cose ben più importanti, avrebbe girato i tacchi e se ne sarebbe andata.
    Giusto?
    Hhhh.
    Se, infine, alzò lo sguardo sulla fonte di distrazione, fu solo perché quel qualcuno pensò bene di mettere mano dove non doveva, e tirare giù una serie ben impilata di schede LED e farle capitombolare a terra.
    Dire che la biondina fosse fuori posto, tra cavi di rame, bulloni e dispositivi EMP era dire poco. Ma Kyle l’avrebbe fatto, senza neppure alzare il visore protettivo. «ti sei persa.» E no, non era una domanda quella del coreano. «la spa non l’hanno ancora aperta.» AH! Quello lo sapeva, e solo perché aveva sentito Melvin affermare che avrebbe accettato al volo un posto all’interno del centro benessere, se lo avessero aperto. Kyle aveva stretto le spalle, ed era andato oltre. «non toccare più nulla.» Disse all’intrusa, poi, riabbassando lo sguardo sul chip che stava saldando, e riprese a fare il suo lavoro.
    Ciao Liz.
    Addio Liz!
    kyle
    kang hae-il

    next time I'm opening up to someone
    is my autopsy
    error 404
    conviviality not found.
    wizard
    the brain and the brawl
    the honest — 1998, magitechnician, rebelmake social calculations,
    know when you're supposed to cry,
    fake real communication,
    rehearse your scripted lines
    machine learning
    j. maya
    moonmaiden, guide us
  2. .
    kang haeil kyle
    every motive escalate, automotive incinerate;
    light a candle, light a votive, step down, step down.
    Watch your heel crush, crushed, uh-oh, this means
    no fear, cavalier renegade steer clear,
    a tournament, a tournament, a tournament of lies;
    offer me solutions, offer me alternatives && I decline
    (it's the end of the world as we know it)
    Per Kyle non esistevano argomenti di conversazione scomodi, di alcun tipo, nemmeno quelli che tendevano a mettere a disagio lui stesso; credeva, invece, in argomenti privi di interesse (tutto quello che concerneva la sfera umana, emotiva e relazionale) e altri che, al contrario, valesse la pena esplorare — e perché proprio tutti quelli relativi alla scienza dell'inspiegabile.
    La magia, se non fosse nato con quella scintilla assurda a scorrergli nelle vene, probabilmente non gli sarebbe interessata affatto: persino alle sue orecchie sembrava troppo fantascientifica prr avere morivo di esistere. Eppure era così, e lui – come tanti altri maghi – ne era la prova; se non fosse stato così, però, non ne avrebbe mai cercato una spiegazione o una causa di origine.
    E il fatto che ci fosse semplicemente nato, a suo modo lo rendeva meno (magico) interessante agli occhi del Kang.
    Un discorso che non valeva affatto per la scienza, piena di misteri inspiegabili e binomi causa-effetto che, specialmente se inseriti in un contesto magico, avevano esattamente zero ragioni per esistere, o semplicemente per essere contemplate. E invece lo erano. Valeva la pena provare a studiarli, a capirlo. Kyle ne aveva fatto la propria (ossessione) missione.
    Per come la vedeva lui, la magia che scorreva nelle vene degli special, specialmente se ex maghi, era al pari di quelle stranezze che, come molte altre domande relative all'universo e al suo funzionamento, rimanevano senza risposta.
    Gli sarebbe dispiaciuto per Bye, e per l'evidente sensazione di disagio in cui l'avevano trascinato le domande scomode e clinicamente sterili appena fatte, se solo le risposte non avessero occupato uno (o due; o tre) scalini più in altro nella scala d'interesse del mago.
    «ero troppo piccolo»
    Annuì, come se Bye gli avesse appena ricordato che fuori il sole fosse alto nel cielo, o che alcuni uccelli non fossero in grado di volare per via di strani effetti evolutivi dettati dall' adattamento della specie, e non come se riconoscesse la fatica enorme che stava facendo l'altro a continuare quella conversazione. Avrebbe dovuto immaginarlo che la magia a scorrere nelle vene del Choi prima dei laboratori fosse stata ancora troppo acerba, ai tempi, per comprenderla davvero fino in fondo, ma valeva sempre la pena fare un tentativo. «non è stato bello però» No, immaginava di no: probabilmente lui stesso non avrebbe reagito bene ad un cambiamento del genere, e non solo perché fosse una creatura terribilmente abitudinaria, ma soprattutto perché si sarebbe sentito strappare via una parte fondamentale del suo essere, se qualcuno avesse deciso di rimuovere la magia per sostituirla con un altro potere scelto a caso nella lotteria dei poteri.
    Ancora una volta, immaginava che JD si fosse sentito esattamente così, settimane prima.
    «ricordo che c'è stato un momento in cui mi sono sentito vuoto.» Comprensibile. JD aveva provato anche quello? Kyle sentiva che la risposta, anche in quel caso, fosse affermativa; per di più, accettare la sensazione di avere qualcosa di estraneo a cercare di mettersi comodo nel proprio organismo, al punto da riadattare ogni altra cellula per farsi posto, non era facile — almeno quello, sebbene per motivazioni e fini differenti, Kyle poteva capirlo.
    Inconsciamente, una mano andò a massaggiare distrattamente la felpa, e il petto coperto da essa, come a voler cercare il bypass magico che permetteva al suo cuore di non cedere nei momenti meno opportuni. Tutta quella magia, e non riuscivano a trovare una soluzione a quel genere di problemi. Sai che utilità!
    «forse per lo stesso motivo non ho capito subito cosa fosse quel cambiamento»Battendo le ciglia un paio di volte, Kyle tornò a guardare il profilo di un Bye intento ad osservare la TV senza davvero vederla. «ho davvero capito di essere un piromane quando ho iniziato a dar fuoco a troppe cose senza volerlo. era sempre e solo fuoco, non c'era traccia di altro tipo di magia» «pirocineta» lo corresse in automatico, a bassa voce, pur sapendo non fosse importante «è stato come... mmhh... spegnere e riaccendere un interruttore? solo che in quell'intervallo di tempo in cui era spento, deve essere cambiato... qualcosa e la luce invece di uscire gialla è uscita rossa»
    Mh.
    Si fece pensieroso, riflettendo su una metafora più nelle sue corde, e che il minore aveva cercato di invocare senza dubbio per facilitare la comprensione di Haeil riguardo quell'argomento.
    Era come se avessero… invertito il circuito, dunque? O inserito un elemento affinché ne cambiasse l'elemento di output. O, magari, qualcosa era stato rimosso. Quel tanto lo immaginava già, ma faceva comodo avere una vaga interpretazione da parte di chi, suo malgrado, ci si era ritrovato dentro.
    E anche se sapeva che gli esseri umani non funzionavano come i robot (lo sapeva?) c'era comunque qualcosa su cui poter lavorare, stando alle parole di Bye.
    Peccato che, all'ordine di come stavano le cose, Kyle non avesse né i mezzi, né le competenze, per poterlo fare. Ciò non significava che non ci avrebbe provato comunque.
    C'erano così tante possibilità ancora inesplorate, tentativi da fare, studi da condurre e, soprattutto, informazioni da raccogliere; il problema principale, oltre alla scarsa conoscenza che si aveva in merito alla questione "special" e relativi poteri, e alle scarse strumentazione utili per studiarla affondo, era che, per farlo, avessero bisogno, necessariamente, di qualcuno su cui testare ed avanzare le proprie teorie. E Kyle, nonostante fosse disposto a tutto per la scienza e la conoscenza, sentiva di voler tracciare una linea alla sperimentazione umana — non era come i Dottori, lui. E non aveva intenzione di diventarci.
    Ma c'era un limite che la teoria potesse raggiungere in quel contesto, giusto? Ad un certo punto finiva il momento delle formule e delle piastrine studiate al microscopio (per di più inutilmente, non essendo lui un biologo) ed iniziava quello dei test applicati; quello era il modo in cui Kyle aveva sempre lavorato, ma un conto erano ingranaggi e fili di rame e oggetti inanimati, un altro erano muscoli, e pelle e occhi sgranati ad osservare inermi il loro operato.
    Non poteva pensarci.
    Distratto quanto bastava dai suoi pensieri, non registrò subito quando Bye smise di parlare e riprese a smanettare con il telecomando, comodo in un silenzio che aveva sempre ritenuto più confortevole delle parole. Solo nel sentirlo rivolgersi ad Hiro, tornò allora a guardare Bye.
    «hai sentito hiro? andremo da jd»
    Era incredibile come, certe volte, e specialmente nel caso del minore, bastasse così poco per rendere… felice qualcuno. Kyle non poteva dire di essere un esperto a riguardo, e la cosa lo metteva non poco a disagio.
    Distolse lo sguardo dall'altro, portandolo ovunque fuorché sulla coppia animale-umano intenta a farsi le coccole, sentendosi ancora una volta di troppo, persino nel suo stesso appartamento-slash-officina.
    «non hai ancora scelto nulla,» rammentò a Bye, senza guardarlo, «vuoi che faccia io?» perlomeno in quello poteva non fallire.
    gif code
    halfb.
    babysitting
    1998
  3. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    rebel
    mar. 17th, 1998
    magi-tech
    kang hae-il (kyle) | errorsound
    In un'altra vita, Kyle avrebbe saputo come intrattenere una conversazione e far sentire Dani meno a disagio; in un'altra vita, si sarebbe interessato alle sue origini, pur provenendo da due città diverse, e avrebbe fatto domande, indagando magari sul tipo di lavoro dei genitori, come si fosse trovato in Inghilterra, e cosa avesse fatto dagli undici anni poi; in un'altra vita, avrebbe condiviso le sue più recenti esperienze in occidente, e le motivazioni che avevano portato lui dall'altra parte del mondo; magari, in un'altra vita, TikTok tutte quelle cose le aveva chieste — quelle, e di più. Seduto sulle gambe dei suoi genitori, o su quelle di uno zio di cui al momento non aveva memoria, aveva fatto domande e ascoltato risposte e poi fatto altre domande. Perché c'era stato un tempo, troppo lontano affinché Haeil potesse ricordarlo, in cui conoscere le persone gli era piaciuto; l'aveva trovato divertente, interessante perfino.
    E invece ora i suoi unici interessi ruotavano quasi esclusivamente intorno a due topic principali: magia e tecnologia, spesso mischiate in un unico calderone per tirarne fuori qualcosa di nuovo; e Dani non aveva l'aria di chi, né Corea o né Inghilterra, avesse dato una possibilità allo studio della tecnomagia, sembrava più... uno che preferisse le materie umanistiche, ecco, a quelle scientifiche. Non sapeva dire perché, Kyle, ma aveva quell'impressione. Perciò c'erano poche cose, temeva, che i due potessero avere in comune — le loro interazione erano destinate alla fugacità di un breve attimo condiviso più per sbaglio, che per interesse.
    «il mio corpo dovrebbe voler espellere le tossine.»
    Ci pensò su un attimo, ignorando parecchi dettagli che non arrivavano a preoccupare abbastanza il coreano, nonostante avrebbero dovuto: il fatto che Dani fosse vestito da paladino della giustizia con una gonnellina rossa e un fiocco ingombrante al centro del petto, non lo scalfì — chi era lui per giudicare?
    (Uno con troppa poca curiosità per quel genere di cose, ecco chi.)
    La conclusione ai suoi pensieri arrivò con un istante di ritardo, ma nella sua semplicità aveva così tanto senso che Kyle quasi si rimproverò da solo per non esserci arrivato subito. «probabilmente non c'è niente da espellere, non è detto che abbiano iniettato una droga.» l'aveva dato per scontato, in un primo momento, ma le possibilità erano infinite in quei tempi bui fatti di scienze incomprensibili ed esperimenti folli. «potrebbe essersi trattato di una semplice sedativo per rendere più facile il trasporto, o di qualche inibitore per la magia.» strinse le labbra, si corresse. «magari entrambe le cose.» non sapeva se ci fosse stato anche altro all’interno della soluzione (come qualcosa in grado di stordire più a lungo di qualche ora — non era il tipo da interessarsi al meteo per rendersi conto se fosse o meno il giorno esatto, e abbiamo già detto come lo scorrere del tempo per lui fosse soggettivo). «all'inizio credevo fossero degli incantesimi ad impedirci di usare la magia,» i suoi erano pensieri ad alta voce che avrebbero dovuto aiutarlo a formulare un'ipotesi quanto più solida (e, sperava, corretta); che fossero rivolti anche a Dani, o meno, erano dettagli minimi a cui Kyle non diede peso. «ma ora sono sicuro non sia così,» aveva passato abbastanza tempo a studiare e smontare la magia pezzo per pezzo, per spiegarne quanti più lati possibili, da esser diventato in un certo modo familiare con il ronzio appena percettibile che la traccia magica lasciava dietro di sé; se si concentrava il giusto, avrebbe quasi potuto sentirlo riecheggiare nella stanza, come il rumore statico di una televisione lasciata accesa su un canale non sintonizzato.
    Voleva testare la sua nuova teoria.
    Ma prima gli sembrava quantomeno educato far finire a Dani la sua spiegazione, dopotutto era stato lui stesso a chiedere. «e quale è lo scopo dell'evento?» dubitava che costringere due (o più, immaginava — vivevano nel ventunesimo secolo infondo) persone ad un appuntamento al buio non fosse un'azione a sé, ma che avesse un fine, uno scopo, appunto. Studiarli? Vedere le interazioni tra due esseri umani in situazioni al limite dell'assurdo? A Kyle sfuggiva il senso (o la nota di divertimento) di un'attività simile, ma ancora: era Haeil, non funzionava esattamente come chiunque altro. «Vogliono studiarci?» quello avrebbe potuto capirlo, sebbene non condividesse la scelta: a lui avevano da sempre affascinato di più le cose non umane, piuttosto che le persone stesse, ma era un uomo di scienza e aveva passato così tanti anni a studiare per cercare di capire che non poteva giudicare chi facesse altrettanto, nonostante argomenti di studio alquanto discutibili. Troppo volubili, le persone; troppo instabili per formulare teorie e pensieri che fossero validi — quello dello strizzacervelli non sarebbe mai stato il suo mestiere.
    «ci stanno osservando per portare avanti uno studio antropologico e formulare previsioni, cercando di ipotizzare entro quando ci estingueremo, incapaci di portare avanti la razza umana?» e sapete cosa? Lo domandò con un'aria così seria che nessuno avrebbe potuto pensare non lo fosse davvero: credeva davvero tanto in quello che diceva, Kyle.
    Ad ogni modo, la teoria.
    «dani,» evitò di toccarlo perché figuriamoci se avesse volontariamente allungato le mani verso un altro essere umano, mi dispiace amici del fantaoblinder, ma richiamò comunque l’attenzione del minore schiarendosi la voce, «ho una teoria. ti va di testarla?» che, detto con il tono basso e a quella distanza ravvicinata poteva quasi suonare inquietantemente personale come domanda.
    Ma era Kyle: non era come tutti gli altri, bla bla bla. Non ci aveva nemmeno lontanamente pensato ai vari risvolti di una proposta simile.
    «non è nulla di pericoloso, né di incomodo» E l’avrebbe fatto lo stesso, ma sperava di non doversi trascinare il marinaio intergalattico per la stanza, sarebbe stato (faticoso, e non era fatto per il lavoro faticoso lui) (ah, joke's on him) di cattivo gusto.
    Si alzò lentamente, dando il tempo a Dani di fare altrettanto o di rifiutarsi, anche se, onestamente, non lo faceva il tipo.«vorrei provare con la finestra, o con la porta.» e se le sue ipotesi erano giuste, non si sarebbe aperta nessuna delle due — ma forse avrebbe sentito il pulsare sordo della magia accentuarsi, e le scariche di energia statica pizzicare la pelle in una maniera che fosse stata familiare. ci contava.
    Era anche ora che iniziassero ad esplorare un po'.
    Chissà Dani cosa pensa che voglia fare, mh.
    for all I know the best is over && the worst is yet to come.
    is it enough to keep on hoping when the rest have given up?
    && they go "I hate to say I told you so" but they love to say they told me so
    (at least I try to keep my cool when I'm thrown into a fire.)
  4. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    rebel
    mar. 17th, 1998
    magi-tech
    kang hae-il (kyle) | errorsound
    «sai, no, come nei film. Il primo a morire è quello meno utile.»
    Apprezzava molto i tentativi del ragazzo di fare conversazione (no, non è vero, a malapena stava ascoltando quello che diceva) ma il punto non era quello. E lo sguardo privo di alcuna emozione che posò su di lui, prima di aprire bocca, la diceva lunga sui sentimenti del Kang riguardo quell’affermazione. «se sei inutile, ti lascerò indietro.» Difficile capire se era uno scherzo (no) o se l’avrebbe fatto davvero (sì), e non avrebbe giudicato se Dani si fosse fatto una mezza risatina al tono involontariamente comico, nella sua serietà, credendola una battuta.
    Aveva sacrificato compagni ribelli, in missioni molto più pericolose: persone con cui aveva servito, e che per necessità aveva lasciato indietro quando non era stato più possibile, per loro, continuare. Era un soldato, ma ancora di più era una persona pragmatica, e se si rendeva conto che non ci fosse alcuna speranza per qualcuno, preferiva sacrificarlo o lasciarlo indietro — sarebbe tornato a prenderlo una volta messo in sicurezza tutto il resto. Forse.
    (Iniziava male, nel non avere una forcina. Ma neppure Kyle ce l’aveva, quindi si sentiva abbastanza magnanimo da perdonarlo.)
    Non tollerava granché l’inutilità, il Kang.
    Strinse le labbra fra loro, studiando la figura esile e la posizione curva delle spalle di Dani, decidendo che, perlomeno, era onesto: sembrava non credere granché nel proprio potenziale, o nelle sue capacità. Senza magia, poi, Kyle immaginava fosse ancora meno utile. A quel proposito, gli sembrava strano gli avessero permesso di tenersi le bacchette, ma evidentemente i rapitori erano molto sicuri sulla tenuta degli incantesimi (o della tecnologia?! Kyle era: incuriosito) che avevano messo fuori uso la loro magia. Thinkin.
    In effetti, stava pensando ad un sacco di cose diverse, in quel momento, il Kang. E poche riguardavano Dani. Aveva già dimenticato di avergli fatto delle domande, o di essersi presentato. Smise di osservare il panorama oltre la finestra, e si voltò a guardare il minore. In effetti, sembrava uscito da scuola l’anno prima, o poco più. «sì, nato e cresciuto a seoul» avrebbe evitato di dire che la sua famiglia risiedeva in uno dei quartieri benestanti della città, o che suo padre era a capo di un’impresa che fatturava milioni — quelli non erano comunque soldi suoi. Lo guardò più intensamente per un attimo, e poi aggiunse (come il disagiato sociale che era, borderline sociopatico) «non darò per scontato lo sia anche tu» che voleva essere anche un modo per fargli capire che non avrebbe indagato oltre, e che qualsiasi cosa Dani avesse scelto di condividere con lui, Kyle l’avrebbe accettata come un’informazione da immagazzinare in un fascicolo virtuale che esisteva solo nella sua testa, e niente di più.
    Ascoltò invece, con più interesse, tutto quello che Dani aveva da dire sul luogo in cui si trovavano — poco, ma ad ogni modo più di quanto avesse da aggiungere Kyle, che come unico contribuito riuscì ad uscirsene con un «ah, sì, le gazze ladre di montrose» per sua sfortuna aveva avuto il piacere di passare più di qualche turno in compagnia di Peetzah, al qg, e quell’uomo non parlava d’altro se non del quidditch.
    (Erano stati turni imabarazzanti e fatti principalmente di silenzi da parte di Kyle.)
    «quindi siamo a montrose. o da qualche parte lì intorno.» annotò mentalmente quella nozione, riflettendo. «posto peculiare, un resort, per tenere degli ostaggi, non trovi?»
    «ce lo hai anche tu?»
    Di solito non apprezzava chi rispondeva ad una domanda con un’altra domanda, ma fece comunque il favore di spostare lo sguardo scuro su Dani, per osservare la cosa così importante che aveva attirato la sua attenzione al punto da non farlo rispondere. E quello che vide, non gli piacque. Ebbe per un attimo l’istinto di informarlo che i suoi svaghi ricreativi non interessavano l’inventore, ma si trattenne nel notare l’espressione di puro terrore dipingersi sui lineamenti asiatici del ragazzo.
    E, per pura curiosità scientifica, pur sapendo (nel bene o nel male) la risposta, alzò la manica, e non si stupì di trovare dei segni simili, seppur meno accentuati, nell’incavo del proprio gomito. «a quanto pare.» e quindi, ecco spiegato come erano riusciti a trasportarlo fin lì senza che se ne rendesse conto: lo avevano drogato. Non ne era particolarmente felice. «come ti senti?» lui immaginava che… avrebbe dovuto sentirsi più stanco? Più confuso? Non che non lo fosse, certo, ma le opzioni erano diverse: o il suo fisico aveva un’incredibile resistenza alle sostanze narcotiche, oppure avevano usato un dosaggio abbastanza alto da tenerlo addormentato il tempo necessario ma non troppo da essere rincoglionito al risveglio, oppure la droga aveva smesso di essere in circolo da diverso tempo — in quel caso, da quanto, di preciso, erano lì?
    Nessuna di quelle ipotesi gli piaceva.
    «ogni anno c’è questo… evento. per san valentino.»
    «uh?»
    «ma perché arrivare a certi estremi per una cosa simile?»
    Non ne aveva mai sentito parlare. E la cosa stupiva assolutamente nessuno.
    Ma si trovava d'accordo con Dani sul resto: erano maniere un po' troppo estreme, quelle. «non credo che l’iscrizione fosse uno dei requisiti fondamentali» affermò con una calma che avrebbe potuto mettere i brividi, o rasserenare l’animo: la stava prendendo particolarmente bene, come notizia.
    O, più probabile, non sentiva nulla.
    «quindi pensi sia il quattordici.» e che quello fosse un evento per un giorno che non aveva alcun peso specifico nell’esistenza di Haeil, ok. Annuì, poco convinto: era comunque una spiegazione più plausibile dell’esser stato rapito perché ribelle. «mh, e cosa succede solitamente durante questo evento?» chiese, nella speranza di mette altre informazioni nelle giuste colonne di pro e contro, e tracciare un quadro completo della situazione.
    Per il momento, fame e stanchezza e segni di punture d’ago sul braccio a parte, non sembravano essere in pericolo di vita: avevano tempo per fare brainstorming e capire cosa stesse succedendo.
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    rebel
    mar. 17th, 1998
    magi-tech
    kang hae-il (kyle) | errorsound
    «stavo cercando di capire se fossi intenzionato a uccidermi.»
    «non sono un assassino»
    sara’s voice: io cero in quest
    «non uccido le persone»
    tranne i mangiamorte
    «perché dovrei ucciderti?»
    Una domanda lecita, e del tutto priva di inflessione, quella che rivolse al ragazzo. «dovrei farlo?» ed erano in due a non essere grandi conversatori.
    Abbassò lo sguardo sul polso, cercando istintivamente il quadrante familiare dell’orologio che teneva sempre al polso. «uh.» non c’era. Che lo avesse dimenticato nella sua officina-slash-appartamento? Non lo esludeva: se ne separava raramente, ma certe volte i campi magi-magnetici dei suoi esperimenti ne sballavano i circuti e lui era stufo di doverlo resettare ogni volta, perciò aveva preso l’abitudine di toglierlo quando lavorava a qualcosa di potenzialmente fastidioso. Non ricordava se fosse quello il caso, o meno.
    Arricciò le labbra, perso nei suoi pensieri, e se non fosse stato per il braccio sollevato dall’altro, i loro polsi ancora legati dalle manette d’acciaio, avrebbe persino continuato ad ignorare la sua presenza nella stanza; non per cattiveria, ma per la scarsa abitudine (e propensione) di Kyle a interagire con gli altri essere umani.
    «hai una forcina? qualcosa per forzare la serratura,» delle manette, ma volendo anche della porta: dubitava che, avvicinandosi, l’avrebbero trovata aperta. «la magia non funziona.» e lo disse con il tono di stava sottolineando l’ovvio, senza dare a dani alcun beneficio del dubbio.
    «forse dovremmo capire cosa– come uscire?»
    «che giorno è? il tredici? il quattordici?» Kyle non era proprio la persona più affidabile quando si trattava di tenere il conto dei giorni che passavano; dimenticava di pranzare o cenare, alle volte persino di dormire, figuriamoci se tenesse a mente i giorni della settimana che si ripetevano tutti uguali uno dopo l’altro, settimana dopo settimana. Poteva essere ancora gennaio, o già direttamente marzo, per quel che ne sapeva lui. Era strano il tempo, per Haeil.
    A quel proposito.
    «haeil,» si presentò, troppo distratto dalla finestra che dava sul mare per guardare dani mentre facevano la conoscenza uno dell’altro. Gli indicò lo scorcio di scogliera che si intravedeva attraverso i vetri. «riconosci il posto?» lui no, ma c’era anche da dire che non avesse girato molto dell’inghilterra e dintorni per poter riconoscerne le coste, o i resort per quel che valeva.
    Per un attimo pensò che forse c'entravano i Mangiamorte, che lo avessero beccato e in qualche modo tramortito e rapito senza che avesse avuto tempo di reagire, ma Dani non era un ribelle, e sarebbe stato troppo casuale e randomico per lui finire con un civile qualsiasi. Sicuramente c’era un’altra spiegazione.
    Una che, per quanto lo infastidisse, Kyle non aveva.
    Non ancora.
    «ricordi qualcosa di anomalo, avvenuta nei giorni scorsi?» gli chiese di punto in bianco, osservandolo solo per un attimo, prima di riportare lo sguardo sulla porta. «possiamo provare con quella, ma non siamo preparati ad affrontare eventuali ostacoli ad attenderci lì fuori.» un dato di fatto, quello lì: cosa avrebbero fatto, preso a cuscinate i loro carcerieri? «dobbiamo capire prima di tutto dove siamo, e perché. E possibilmente liberarci di queste,» aggiunse un istante dopo, indicando il polso ammanettato, «questo è un hotel,» capitan ovvio all'opera, «magari non siamo soli.» un'idea si stava formando nella sua mente, ma prima di urlare a squarciagola per farsi sentire da eventuali altri ospiti nelle stanze accanto, voleva essere certo ci fosse qualcuno.
    «proviamo ad origliare? In bagno dovrebbe esserci un bicchiere» metodo infallibile, consigliato cento percento.
    for all I know the best is over && the worst is yet to come.
    is it enough to keep on hoping when the rest have given up?
    && they go "I hate to say I told you so" but they love to say they told me so
    (at least I try to keep my cool when I'm thrown into a fire.)
  6. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    rebel
    mar. 17th, 1998
    magi-tech
    kang hae-il (kyle) | errorsound
    Cavolo sono: euforica.
    Grazie pallina per questa perla, è davvero il personaggio che mai, MAI!!, mi sarei immaginata di portare all’oblinder. C’è un che di terribile iconico nelle scelte di quest’anno, ma questa è la più bella. Lo giuro. KYLE!! E va bene, basta pandi, scrivi cose serie.

    Tipo.
    Quanto meno era già canon che a Kyle capitasse di svegliarsi in momenti random della giornata e di non sapere, almeno per i primi istanti, dove fosse; la novità era che quella sensazione di confusione e disorientamento persistesse anche dopo svariati minuti di veglia. Ora, Haeil, mente razionale quale era, sapeva dovesse esserci una spiegazione a tutto quello, così come sapeva di non aver assolutamente prenotato una stanza d’hotel, né di soffrire di sonnambulismo e aver fatto tutto quello senza rendersene conto. La sua ipotesi più accreditata era che qualcuno l’avesse costretto a farlo — ma non aveva assolutamente idea di come rispondere alla domanda più importante: chi.
    Dubitava fosse uno scherzo, voleva sperare che i suoi amici lo conoscessero meglio di così e non avessero davvero orchestrato tutto quello solo per averlo, privo di conoscenza e confuso, ammanettato a uno sconosciuto.
    (Do’ per scontato lo sia, Kyle conosce quattro persone in croce quindi le probabilità che non sappia chi è sono molto alte.)
    Detto questo, rimanevano ancora così tanti punti irrisolti nella questione che continuare a rimuginarci su, i pensieri a rincorrersi gli uni con gli altri senza arrivare a nulla, non avrebbe portato a nulla se non ad un grande mal di testa. Aveva una scaletta mentale su cosa fare, ovviamente:
    1. cercare l’uscita
    2. —
    Cercare l’uscita era la sua priorità. Nonché unico punto nella lista, esatto. Solitamente programmava e organizzava tutto nel dettaglio, ma quella aveva tanto l’aria di non essere una situazione come tutte le altre; non era un progetto che il ribelle potesse smontare in tanti piccoli pezzi e rimontarli poi nella maniera che avesse più senso. Qualcosa in tutto quello era profondamente sbagliato — e a sostegno di quella (sensazione) tesi c’era anche il fatto che la sua magia non funzionasse.
    Certo che aveva provato a castare un banale incantesimo sulle manette per farle sparire; figuriamoci se voleva davvero rimanere legato a quel qualcuno per anche solo un altro istante. Non c’era stato verso di far collaborare il catalizzatore però; morto, ridotto ad un ramoscello senza utilità. E dubitava che persino i suoi gadget tecnomagici avrebbero funzionato in quella circostanza.
    Era tutto: terribile.
    «puoi smetterla di fissarmi»
    (Non era una domanda.)
    Quella presenza ingombrante al suo fianco, poi, non rendeva le cose più facili.
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    ci divertiremo molto................... io di sicuro. sono al settimo cielo, nemmeno in quest ero così entusiasta
  7. .
    kang haeil (kyle)
    once: tiktok boba
    welcome to your worst nightmare:
    the days are getting dark, you should be scared.
    The death of who we are is right here,
    it's never gonna stop, plug into your new soul, ice cold
    In quel momento, Hae-il si sentiva un ribelle.
    Ok, tecnicamente era sempre un ribelle, ma in quello specifico frangente, seduto sui talloni in un vicolo buio di Inferius, con un cacciavite stretto tra le labbra e altri due stretti ognuno in una mano, ad armeggiare con la sua ultima invenzione, si sentiva un po’ più ribelle. Specialmente, poi, se suddetta invenzione era stata ideata per assistere la resistenza in battaglia, e anche nella vita quotidiana, certo.
    Ma quelli erano dettagli.
    Lo erano?
    Forse, non che al Kang interessassero piccole quisquiglie come quelle, infondo: lui era sempre proiettato già al dopo, al successo, al nuovo grande progetto che attendeva solo di essere realizzato. Gli unici dettagli che davvero gli importavano erano quelli riguardanti i suoi stessi lavori, e solo perché erano sempre le piccole cose a fare differenza tra successo e fallimento. Ed era proprio per quello che, in quel momento, stava chino sul suo magi-drone a sistemare ancora una volta quel maledetto microchip che non ne voleva sapere di fare il suo dannato lavoro. Ora, Kyle poteva apparire leggermente ossessionato dal suo lavoro, da fuori, ed era esattamente così: non tollerava i margini di errore, e cercava sempre di portarli a zero, quando e come possibile.
    Quel drone di teletrasporto, non era da meno: ideato con lo scopo di scambiare in tempo reale messaggi e piccoli oggetti tra i membri della resistenza, era (almeno sulla carta) più sicuro e meno intercettabile della smaterializzazione o di qualsiasi altro incantesimo di trasferimento, perché non lasciava dietro nessuna traccia magica — sempre: almeno sulla carta. Purtroppo, i test condotti quella notte dimostrarono che ci fosse ancora del lavoro da fare riguardo il drone, perché nonostante fosse un progetto top priority (almeno per Kyle; dubitava a Boss Barrow interessasse così tanto), portava con sé ancora così tante imperfezioni e problemi che sarebbe stato difficile poterlo replicare in larga scala e metterlo a disposizone della milizia ribelle entro breve. E Kyle non era assolutamente la persona che accettava di rilasciare cose fatte a metà solo perché non c’era abbastanza tempo, duh. Affrettare le cose e rischiare di compromettere i colleghi? O peggio, che tramite la traccia (presente, seppur flebile) di energia che il drone lasciava dietro dopo la sua smaterializzazione, potessero risalire a lui? Ma perfavore: Kang Hae-il, per gli occidentali solo Kyle, era molto più intelligente di così.
    E la perfezione non andava affrettata, mai.
    Aveva tutta la notte per provare il drone; e tutte le notti dopo quella, l’insonnia cronica di cui soffriva finalmente a dare i frutti della sua discutibile utilità.
    Con il cacciavite nella mancina strinse la minuscola vite, resa visibile solo ed esclusivamente dal raggio di luce proiettato dagli occhiali che Kyle indossava — l’unica cosa, a mani bassissime, che aveva impedito al mago di diventare cieco stando dietro a componenti spesso microscopici. Li tirò sulla fronte, chiudendo lo sportello del drone ed osservandolo nel buio per accertarsi fosse tutto al proprio posto e pronto ad un nuovo salto spaziale, poi con un fischio basso richiamò l’attenzione di Hiro (il suo cane— vedete, non era un mostro! approfittava di quelle uscite anche per portare Hiro a fare una passeggiata, duh!!) e il cane, ormai addestrato dai numerosi tentativi svolti, corse alla propria postazione e iniziò a scodinzolare, in attesa.
    Suo malgrado, Kyle sorrise alla cieca fiducia e obbedienza del cane: a che servivano gli esseri umani, quando poteva avere un Hiro?! «bravo ragazzo, ora preparati…» sfilando la bacchetta da dietro l’orecchio, dove era tenuta ferma incastrata nella fascia elasticizzata degli occhiali, impostò le coordinate con un gesto fluido del polso e sussurrò l’incantesimo per attivare il meccanismo di teletrasporto. L’istante successivo, il drone (e la pallina che aveva legato ad esso) arrivavano da Hiro, che tutto felice la riportava al padrone.
    Mentre accarezzava il manto peloso del cane, e osservava lo spazio vuoto di fronte a sé con una particolare lente d’ingrandimento per accertarsi che il residuo di energia fosse (pari a zero, in un mondo perfetto) minore rispetto al test precedente, pensò che il prossimo passo in linea di priorità doveva essere quello di rendere i droni già incantati, in modo che bastasse una sola parola per far scattare la magia e il meccanismo, e fossero fruibili anche dai ribelli special.
    Ma c’era ancora troppo residuo nell’aria, e quella rimaneva la priorità assoluta.
    «ancora una volta, Hiro» ma stavolta, avrebbe provato a far arrivare il drone un pochino più lontano, anche per testare i limiti di viaggio e l’effort che andava messo nell’incantesimo affinché funzionasse anche su ampie distanze — altrimenti a che cosa sarebbe servito?!
    Forse, col senno di poi, non avrebbe dovuto sottovalutare i vicoli bui di una Inferius non così deserta come immaginava il mago.
    «no, Hiro! Vieni qui!»
    Quando realizzò le intenzioni del cane, e lo vide scattare verso l’ignoto probabilmente attirato da suoni che solo lui era ingrado di percepire, Kyle imprecò a voce bassa sapendo già di essere in ritardo, e di non poter impedire al cane di infilarsi in qualche casino; ma lo seguì comunque (non prima di aver recuperato il drone, però, perché costava una fortuna e perché ci aveva dedicato un sacco di tempo e magia; non poteva mica abbandonarlo lì alla mercé di chiunque) fino a trovarlo all’interno di un casolare in condizioni pietose, e chiaramente centro di attività illegali nelle quali Kyle non voleva immischiarsi.
    Troppo tardi.
    Impossibile non spostare lo sguardo dall’uomo legato alla sedia, alla ragazza che sembrava confondersi con le stesse ombre, nera come una notte senza stelle, e poi di nuovo all’uomo che doveva aver visto giorni migliori. Ma sapete cosa? Non erano affari di Kyle.
    «sono solo venuto a riprendermi il cane.» disse, la voce prima di alcuna inflessione e sinceramente zero preoccupazioni per vittima e carnefice. Avrebbe dovuto, certo che avrebbe dovuto, ma sapete cosa? Aveva già un sacco di problemi, e se l’uomo non era un ribelle catturato, né qualcuno che gli fosse stato espressamente ordinato di salvare, l’avrebbe lasciato al suo destino. «andiamo, bello, su.» ciao amico, problemi tuoi.
    Kyle out?
    17.03.1998
    rebel
    magi-tech
    artificial
    daughtry


    alla prima role libera di veena, mi sono trattenuta perché ho pensato ci fossero altri con più bisogno di role per il censimento



    ma ora acab, ho voglia di conoscere veena on game sin dalla quest e dopo aver letto la scheda ne sono ancora più affascinata, quindi EKKIME!! I REGRET NOTHING CIAO ISETTINA
    mi dispiace solo averti mandato Kyle, ma sai cosa? non così tanto, perché mentre leggevo veena ho pensato subito che, tra tutti i miei pg, quello con cui potrebbe davvero andare d'accordo è proprio lui, perché infondo si somigliano, pur essendo ai poli opposti. immagino lo scopriremo insieme se è vero o no!!! SMACK
  8. .

    kanghaeil
    «ti credo» Disse lo sconosciuto, con il tono di chi non ci credeva affatto — ma Kyle non era mai stato bravo ( o interessato) a leggere le persone, e si era sempre limitato a recepire le parole così come venivano dette, senza interpretarle o affidarsi al tono di voce o alle inflessioni. Perciò, naturalmente, annuì convinto che l'altro gli credesse davvero.
    Quindi, messa da parte la questione "odori", ne rimaneva un'altra da affrontare: «a sotterrarti? no.»
    «okay.» Spazzolò via un po' di terra dai capelli e dalla maglia, annuendo ancora, valutando se credere o meno alle sue parole, e decidendo che non avesse ancora sufficienti prove per provare la sua innocenza. «a farti risorgere? forse?»
    Un po' meno «okay…?», e lo smarrimento a piegare appena i lineamenti del ribelle doveva tradire tutta la sua confusione. «risorgere?» inclinó la testa di lato, studiandolo: ma in che senso? «non sono morto.» duh? Aveva la pelle dura, lui, nonostante l'aspetto fragilino e il portamento elegante da rampollo di famiglia per bene tradissero la sua vera forza.
    All'altro ragazzo rivolse perciò un cenno di congedo con la mano, per fargli capire che aveva sbagliato a leggere la situazione e che non avesse capito nulla.
    O forse non proprio nulla.
    «qualcuno deve odiarti davvero tanto per farti questo»
    Già, qualcuno forse lo odiava davvero; peccato che Kyle aveva una sola risposta a quel commento. «vorrei sapere chi» Detto con calma e naturalezza, e onestà; non perché credesse di essere simpatico e benvoluto da tutti, ma perché non aveva davvero idea di chi avrebbe fare una cosa simile — le possibilità erano infinite, la lista troppo lunga e bla bla bla.
    «cosa hai combinato??»
    Si strinse nelle spalle, pensandoci.
    «non saprei dirlo», perché anche lì la lista era molto lunga e comprendeva disordini si varia origine, aggressioni a pubblici ufficiali, tentativi di sovversione, sommosse, rappresaglie in pubblico, disturbo della quiete pubblica, lotta al governo reggente e tante altre cose. «non mi viene in mente nulla» bugiardo, ma sempre con la pacatezza che crescere nella famiglia Kang gli aveva conferito, così naturale e in pace con se stesso da risultare persino credibile.
    «sei proprio conciato male bello mio»
    Occidentali e la loro confidenzia presa assolutamente per caso. “Bello mio”, ma chi era, suo padre fratello?
    Gli rivolse una smorfia poco convinta, e rifiutò con cortesia la bottiglia offerta. «No grazie non bevo. E a prescindere, non credo sia indicato farlo dopo una possibile contusione.» non aveva ancora fatto una vera conta dei danni, preoccupato più ad uscire da sottoterra per contate effettivamente ferite o traumi: gli era bastato sapere di avere ancora tutti gli arti al loro posto, la testa attaccata al collo e una bacchetta funzionante e il resto era scivolato immediatamente in fondo alla lista.
    Ora, però, che dal buco nel terreno in cui era stato prematuramente ficcato, ci era uscito (e anche tutto intero) poteva effettivamente dedicare qualche minuto al come, se non tanto al perché, fosse finito in quella buca a cielo aperto.
    O, comunque, lo avrebbe fatto se fosse stato solo e in santa pace. In quel momento, non era nessuna delle due cose.
    «senti, ti fidi?»
    La voce dell'altro lo riportò immediatamente al presente e, nemmeno a dirlo, non c'era bisogno di pensarci su: «no.» fu la pronta risposta alla domanda del suo presunto miracoloso aiutante. «sì, hai ragione, manco io mi fiderei di uno sconosciuto se fossi in te. però-» ecco, bravo, allora forse non era totalmente uno spreco di spazio e aria.
    Forse.
    «ti assicuro che questo lo uso solo per asciugarmi il viso una volta sciacquato. niente sudore o altro.»
    Fece un('altr)a smorfia: perché aveva dovuto specificare? Ovviamente Kyle non arrivò neppure a pensare cosa potesse intendere con “o altro”, già l'idea dell'asciugamano sporco di sudore era abbastanza rivoltate.
    Ancora per metà interrato come una pianta particolare ed esotica, lo vide bagnare il panno e poi avvicinarsi per passarglielo sul viso.
    E Kyle rimase fermo. Immobile. Pietrificato da qualcosa che non riusciva a spiegare (o comprendere) nemmeno lui.
    Per un attimo, il tempo di un battito di ciglia o di registrare quello improvvisamente irregolare del cuore – già di per sé difettoso –, Kyle lo lasciò fare, disarmato dalla naturalezza e familiarità di quel gesto, lottando contro il sé stesso che intimava di allontanarsi (o di allontanarlo) e che gli ricordava che essere toccato da estranei (e non) non gli piaceva affatto; aveva rimproverato Minkyung per molto meno, era inconcepibile che lasciasse a quell'estraneo la possibilità di un tale gesto.
    E invece lo stava facendo, osservando da vicino un viso che non conosceva e che comunque, per qualche assurda ragione, gli suscitava impossibilmente le stesse sensazioni che spesso anche la presenza di JD gli provocava. A Kyle non piaceva quell'elemento; le emozioni – e più in generale le cose che non riusciva a spiegare – lo mettevano incredibilmente a disagio e non riusciva ad affrontarle.
    Bastò quel pensiero a farlo rinsanvire, a farlo tornare lucido abbastanza da allontanare il viso dalle cure dell'altro proprio quando quest'ultimo smetteva di passare lo straccio bagnato sulla terra ancora fresca.
    Kyle afferrò l'asciugamano e ci affondò il viso, improvvisamente conscio di esser stato violato in quell'intimità che negava a chiunque, persino alle persone a lui più vicino. Ci mise un attimo prima di riprendersi, e mascherò quella debolezza strofinando l'asciugamano per eliminare il resto del terriccio.
    Quando rialzò lo sguardo sull'altro, era serio e duro, schegge ebano scure quanto il cielo sopra di loro parzialmente nascosto dalle fronde degli alberi.
    «Ti ringrazio iniziò, restituendogli il panno, perché era pur sempre un ragazzo educato, nonostante la voce fosse fredda e piatta, «ma non farlo mai più.»
    Una volta liberate le mani, ne usò una per farsi forza e rimettersi in piedi, sgranchendosi i muscoli intorpiditi e passando una mano sulla nuca per testare eventuali zone doloranti, e per accertarsi non ci fosse sangue raffermo da nessuna parte. All'altro, ora tenuto a distanza di sicurezza, chiese: «dove siamo? Sembrerebbe una foresta» Capitan Ovvio. Ma infondo, Kyle lì ci si era risvegliato per caso; l'altro c'era andato appositamente, quindi immaginava che almeno lui sapesse dov'erano.
    1998rebelinventorsole.asd

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  9. .

    kanghaeil
    Se Kyle fosse stato un fan dei giochi di ruolo, e più nello specifico un accanito seguitore dell’Hellfire Club, avrebbe subito paragonato la sua situazione agli scheletri guardiani dell’ultima sessione del gruppo — e invece era una persona con priorità diverse e non aveva tempo per quelle cose, quindi il collegamento tra il suo brusco risveglio all’improvvisa apparizione di qualcun altro all’interno del cimitero, non arrivò. In realtà, Kyle stava pensando a tutto fuorché a D&D.
    E quando dico tutto, intendo tutto: come era finito lì, chi ce lo aveva spedito, da quanto tempo era sotto terra, in quali punti s’erano intrufolati i vermi maledetti, cosa avrebbe trovato un volta uscito da lì sotto, a che punto aveva interrotto il suo ultimo progetto, se aveva ancora qualcosa in frigo o se, già che c’era, doveva pure andare a fare spesa, che ora fosse, se avrebbe dovuto cerare di andare a fondo alla questione sul perché e come fosse finito sotto terra, eccetera eccetera.
    Tutto.
    La CPU così occupata che, davvero, pensare alle sessioni di gioco sarebbe stata a prescindere la sua ultima priorità.
    Fece pressione con il palmo della mano verso l’alto, e sospirò di sollievo nel sentire l’ultimo strato di terra umida cedere sotto i suoi sforzi: almeno era abbastanza vicino all’auto dissotterramento, decisamente qualcosa che non aveva previsto nella sua vita. Sperava che fosse la prima ed ultima volta che succedeva, aveva terriccio ovunque ed era abbastanza certo che qualcosa gli stesse strisciando pericolosamente vicino all'orecchio: non voleva sapere cosa.
    Sent’ l’aria fresca accarezzare le dita quando, finalmente, riuscì a farle emergere attraverso lo strato di terra, foglie e radici spezzate, e a quel punto spinse con più forza aiutandosi con il busto, per far uscire l’intero palmo e avambraccio; nel frattempo stava provando a scavare il resto della fossa con la mano libera, allargando il buco dal quale, con molta fortuna, sarebbe uscito da lì a breve. Davvero una situazione umiliante, sperava non ci fosse nessuno a testimoniare quel terribile momento.
    «è risorto»
    E invece.
    Quando un’altra mano si strinse intorno alla sua, Kyle ebbe l’istinto di ritirarla e tornare nella sua prematura fossa, ma non lo fece; ricambiò invece la stretta, usando la forza tirante sconosciuta per liberarsi di quello strato che lo teneva ancora sotto terra. Non servì a molto tenere le labbra strette fino alla fine, perché si ritrovò comunque costretto a sputacchiare terra (e speriamo solo quella) quando finalmente il viso uscì allo scoperto. Era ancora parzialmente interrato, ma almeno il torso e la testa erano liberi.
    «puzzi di morto. eau de parfum»
    Aprì piano gli occhi, due schegge ebano puntate contro il buio, e l’unico altro occupante di quello spazio oltre a lui. «profumavo prima di essere sepolto vivo.» Ma poi, chi diavolo era quello lì.
    (Suo padre in un’altra vita, ma Kyle non lo sapeva ancora.)
    (E anche il ~qualcosa di JD, ma Kyle fingeva di non saperlo.) (O forse non lo sapeva davvero: non gli interessava tenere traccia della vita sentimentale dei suoi amici.)
    Piantò entrambi i palmi sull’erba bagnata, e fece forza con le braccia per tirarsi su, liberando anche le gambe. Era tutto terribile come sembrava, esatto.
    Quando si mise a sedere sull’erba, ricoperto di terra, piccoli sassi e foglioline, alzò di nuovo lo sguardo verso lo sconosciuto, liberando la fronte e i capelli da quanto più sporco possibile.
    «sei stato tu?» Non c’era limite alla stupidità umana, e poteva benissimo esser stato quel tipo a tramortirlo e buttarlo lì dentro, salvo poi tornare indietro e aiutarlo ad uscire per via dei sensi di colpa.
    O magari era lì perché non aveva ancora finito il lavoro.
    Oppure, ancora, era rimasto per assicurarsi che Kyle rimanesse morto.
    Sopresa!
    Si guardò velocemente intorno, notando la vegetazione fitta e qualche roccia in formazioni strane che non riconosceva. Sembrava a tutti gli effetti una foresta, ma lungi da lui capire che fosse proprio quella Proibita (o una zona di essa, comunque).
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  10. .
    ma sì . perdiamo tempo anziché scrivere

    → almeno un mio pg è quasi morto (≥ 5PS) > turo 0ps in quest
    → almeno un mio pg è morto davvero (rip) > wren........
    → almeno un mio pg è resuscitato > sempre wren......................

    → sono arrivato a pagina 2 in una role privata > freese, ma anche myde che non è ancora chiusa (e secondo me anche altre ma vabbè)
    → ho aperto e chiuso una role in 7 giorni (min 8 post) > coturo (10 post, dal 13 al 19 gennaio)
    → ho aperto 4 nuove role in una settimana > 02/09 (lita) - 03/09 (nice) - 07/09 (reese) - 09/09 (lisi)
    → ho scritto 4 post in un giorno > (25/08) nelia - irma - bash - maddox
    [WORKIN SULLE SEZIONI DEL GDR - 5!! ]

    → ho postato in [not so fun facts] resistenza > 26/10
    → ho postato un articolo di giornale > tyler, aggiornamento eventi guerra

    → ho raggiunto il livello mago (821+ pe) > letteralmente tutti i gruppi tranne 3b (WORKING ON IT ANCHE PER LORO!!)
    → ho raggiunto il livello leader (1621+ pe) > gruppo 1 sdfghj!!!

    → ho partecipato a una quest > quest 10 !1!1!1!
    → tre miei pg hanno partecipato a una o più quest > ne avevo ben 7 veri .
    → ho partecipato ad una quest con un fittizio/wip > hottina
    → ho iniziato, e finito, una role pre quest > TUTTE 1!!1!1 (turo/sersha - wren/just - hot/rick - willa&java/kaz&barbie - law/wyatt - kyle/jd)


    hey, look ma I made it!
    badge sbloccato!
    I was there
  11. .

    kanghaeil
    Chiunque avesse deciso di seppellire Kang Haeil vivo, aveva fatto un pessimo lavoro.
    Con una calma e una compostezza difficili da trovare in qualcun altro nella sua stessa situazione – ricoperto di terra umidiccia e lasciato a marcire insieme ai vermi del sottosuolo –, Kyle aveva riaperto gli occhi nel buio più totale e aveva sospirato.
    Non gli ci era voluto molto, stando al dolore martellante alla testa, a capire di essere stato messo k.o. con una botta ben assestata mentre era di spalle — peccato che non riuscisse a ricordare il perché di tale gesto. Insomma, sapeva di non essere esattamente la persona più adorabile del pianeta, o quella più facile da sopportare, ma da lì ad ispirare violenza gratuita??? Gli pareva un tantino esagerato.
    Per quanto gli costasse ammetterlo, c’era un buco di qualche ora nella sua memoria in cui non ricordava assolutamente come fosse passato dal proprio appartamento-slash-officina, ad una fossa nel terreno troppo stretta per ospitare il suo generoso metro e settanta; non era nuovo ai momenti di amnesia e vuoto cosmico, ma solitamente erano dovuti al troppo lavoro e al suo modo ossessivo-compulsivo di gettarsi a capofitto in qualche nuovo esperimento e perdere completamente la cognizione del tempo, muovendosi con gesti automatici e facendo cose mondane senza realizzarlo davvero. Ma nessuno dei suoi progettini lo aveva mai fatto finire sotto terra prematuramente.
    (Non poteva dire lo stesso, invece, di incidenti che lo avevano lasciato stordito e privo di sensi per qualche ora, ma capitava sempre che si risvegliasse all’interno del proprio appartamento, mai… altrove.)
    Si passò una mano sul viso, dopo averla spazzolata velocemente contro il jeans per rimuovere lo sporco prima in eccesso, e iniziò a pensare seriamente al da farsi: la priorità era uscire da lì prima che l’ossigeno venisse meno – facendo dei conti veloci e approssimativi, aveva svariati minuti di autonomia, considerando il fatto che non ne avrebbe bruciati alcuni facendosi prendere dal panico e consumando più ossigeno del necessario –, ma magari anche capire come ci fosse finito sarebbe stato importante. Sentiva di essersi perso qualcosa nella trama generale, un filo sfuggito al suo occhio attento, quello che, una volta rimesso al giusto posto, avrebbe dato un senso a tutto il quadro e fatto luce sugli eventi.
    Con una palpata generale di gambe e torace scoprì, per sua fortuna, di avere tutti gli arti al loro pos– no, poco rilevante: ciò che Kyle stava effettivamente cercando era la bacchetta magica, che per sua fortuna era ancora lì dove la teneva di solito, incastrata tra il pantalone e la schiena. Che fosse ancora sana era qualcosa di molto vicino al miracolo. La usò per castare un Lumos silenzioso e illuminare la fossa, una mano a grattare leggermente contro la terra appiattita sulla sua testa. Bene, ma non benissimo.
    Incastro il manico del catalizzatore tra i denti, serrò le palpebre per evitare che la terra gli finisse negli occhi, e iniziò a spingere verso l’alto, assestando la compattezza e la densità della sua bara fatta di detriti e suolo non concimato.
    Non era certamente un campione di prestanza fisica, il Kang, ma qualcosa la vita da ribelle gli aveva donato: le braccia erano abbastanza forti da riuscire a smuovere il terreno, anche solo impercettibilmente, e la sua volontà d’acciaio faceva tutto il resto — era sopravvissuto a imboscate, guerre, l’assalto dei fottuti vampiri, e alla sua famiglia coreana: non sarebbe di certo morto lì, sotto terra, e con i vestiti sporchi.
    La Dea Bendata, sempre e comunque dalla sua parte, sembrava essere dello stesso avviso: chiunque avesse nascosto Kyle, aveva fatto un lavoro approssimativo e frettoloso, la terra messa a ricoprire il corpo privo di sensi del ribelle in maniera grossolana, tanto che, dopo qualche minuto di pressione dal basso e di insistenza, il Kang riusciva quasi a sentire lo strato di terra farsi più sottile e cedevole. Ancora qualche spinta, e sarebbe riuscito a far sbucare almeno una mano; poi, da lì, avrebbe avanzato verso l’esterno un braccio alla volta. Non vedeva già l’ora di smaterializzarsi fino a casa e farsi una doccia; non sarebbero bastati tutti gli scrub del mondo per levarsi di dosso il tanfo di umidità e la sensazione di vermiciattoli di terra che strusciavano sul suo corpo, ew.
    1998rebelinventorsole.asd

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    300parole e si vola dai.
  12. .
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    kang 'kyle' haeil
    24 | inventor | rebel
    Kyle non si era mai reputato una persona confusa, ma doveva ammettere che incontrare gli occidentali gli aveva ampiamente fatto rivalutare quel sentimento, perciò non poté (né volle) contenere l'espressione sempre più smarrita man mano che la conversazione con il ricciolino continuava.
    «è quello che ti hanno detto?» Beh sì, i Kang erano stati abbastanza schietti e sinceri, almeno con lui, riguardo un sacco di cose che lo riguardavano — tipo l'adozione, o il fatto che non fosse un purosangue come loro, o che non avesse, appunto, nemmeno un briciolo del sangue Kang come invece facevano credere da anni all'opinione pubblica. Perché alla fine tutto quello che contava era proprio quello, no? L'opinione. E il fatto che non potessero avere eredi maschi, nessuno che portasse avanti il nome e il business della famiglia, sarebbe stata una macchia troppo grande per loro, al punto da spingerli ad adottare un Haeil ancora in fasce e fingere per tutto quel tempo che fosse loro legittimo erede.
    A Kyle non importava troppo delle menzogne, o della sopracitata opinione pubblica, ma aveva apprezzato almeno l'onestà nei suoi riguardi; era stato l'unico motivo per cui aveva continuato a rispettare i Kang anche dopo, e l'unica ragione per cui aveva lasciato la Corea dando loro una sorta di spiegazione e una falsa aspettativa che sarebbe tornato, prima o poi, a riprendere il suo posto in azienda. Arrivati a quel punto, però, sperava che l'avessero capito anche loro che il fatidico giorno non si sarebbe mai presentato: Haeil non voleva prendere le redini, ed era più che contento di lasciare tutto quanto in mano a Soon-Bok, sua sorella, certo che prima o poi avrebbero visto quanto valesse e quanto si impegnasse e quanto tenesse all'azienda (molto più di lui, su tutti e tre i fronti, a mani bassissime) e avrebbero soprasseduto al fatto che fosse una donna (derogatory, perché vivevano ancora in una società maschilista e retrograda, boo-hoo).
    Di tutto questo, però, a l'altro disse solo: «mi hanno detto le cose che reputavano di mio interesse», perché sapevano che tutto il resto sarebbe stato fiato sprecato con lui, come quello del ragazzetto insomma.
    Che però, a quanto pareva, ne aveva davvero un sacco di fiato che gli avanzava ed era deciso a liberarsene tutto in una volta, e proprio con Kyle. Yay.
    «ecco cosa significa affidarsi alle false religioni, che vogliono isolarti, nasconderti la tua vera natura. Ecco perché il nostro compito è quello di educare gli umani alla Vera religione, allontanarli da certe miscredenze» Oddio, tanto una “religione” non gli parevano, i Kang, ma magari l’altro intendeva “setta” e Kyle aveva solo perso qualcosa nella traduzione; convintosi della sensatezza di quel pensiero, non rispose, preferendo solo annuire come se avesse di fronte un caso umano senza possibilità di redenzione.
    Come se.
    «tu hai tutti noi, siamo noi la tua famiglia. Ecco chi sei.» Era abbastanza certo di averne un'altra, di famiglia, ma a quel punto forse il pazzoide andava solo assecondato? Perciò annuì, lentamente e senza staccare gli occhi scuri da quelli allucinanti dell'altro, se non per qualche secondo, necessario a prendere coscienza delle lampade tutte intorno a loro, degli scaffali anonimi e del silenzio dell'enorme negozio.
    Sì, aveva davvero qualche rotella fuori posto, se pensava di poterlo convincere ad essere imparentato con delle luci da scrivania.
    «E ora mi stai dicendo che abbiamo anche una sorella?!?»
    «Ho Pose quanta più enfasi possibile sul verbo, «ho una sorella.» Che avrebbe preferito vederlo morto, piuttosto che al vertice del business familiare, ma ok; almeno su quello i due Kang andavano d’accordo.
    Niente da fare, però, le parole di Kyle, per citare un vecchio proverbio della regione Gyeonggi: da ‘na recchia je entravano, e dall’artra je ‘scivano. «Non credo ci sia bisogno di cadere nel blasfemo, sai.» Stava proprio su un altro pianeta, send help? Anche per la mano ancora piantata sul suo braccio: non voleva davvero cogliere l'hint, e allora: «senti, puoi per favore staccare la mano dal mio braccio, lo apprezzerei davvero molto.» Pur non essendo un tipo violenti (cit Kyle the Vampire Slayer) , era a tanto così dallo schiantare il minore contro gli scaffali del negozio.
    Con estrema impassibilità, e con il tono di voce più monocorde possibile, gli fece notare ancora una volta come non fossero in qualche luogo sacro ma semplicemente da Ikea. E lui? «ESATTO, BRAVO! Ah, vedo che inizi a capire» Allora, innanzitutto: mcscuseme? Kyle capiva sempre tutto e al primo colpo, tranne come comportarsi con le persone, ma nessuno era perfetto.
    Secondo: «siamo da Ikea, proprio nel luogo dove tutto ha avuto inizio, dove papà ha deciso che doveva donare agli umani questo paradiso in terra»
    «Tuo padre è Ingvar Kamprad?» Solo così, mettendo chiaro e tondo le cose come stavano, Kyle sarebbe venuto a capo di quella situazione. Se così fosse stato, se quel ricciolino era davvero il figlio del fondatore della catena di negozi blu-giallo, allora okay; rimaneva sempre un po' folle, ma Kyle si sarebbe sentito meno in colpa a lasciarlo lì, in quanto quella era davvero, per vie traverse, casa sua.
    «Non ti sei mai chiesto da dove provenisse questo tuo legame speciale con Ikea?»
    Huh? Quale legame speciale? Kyle non ci voleva nemmeno venire, da Ikea. «Mh no, decisamente no. Nessun legame speciale.» Ok il voler dargli corda, ma solo fino ad un certo punto.
    E fu in quel momento che, finalmente, forse per proteggerlo da ciò che stava per succedere, gli omini che lavoravano incessantemente nella sua scatola cranica per mandare avanti ingranaggi e quant’altro, e che solitamente lo rendevano Kyle, entrarono in sciopero. Così, de botto; al punto che il coreano, per qualche lunghissimo (e piacevole, lasciatemi dire) istante, non sentì nulla. Zero. Nisba. Solo rumore statico, o di onde che si infrangevano sugli scogli, musica leggera che lo cullava e lo calmava.
    Una beatitudine che durò molto poco, purtroppo.
    E quando Kyle rientrò in possesso delle sue facoltà mentali (purtroppo per lui) perse del tutto quel briciolo di sanità che gli era rimasta, a furia di parlare con Swag.
    Batté due, tre, dieci volte le palpebre, registrando con orrore e ritardo ciò che era appena successo, come quello scopino da bagno – forse nuovo, o forse no – era stato passato su tutto il suo corpo mentre lui entrava in sospensione come i pc; le parole – vuote, e senza senso – del minore; il fottuto scopino che aveva accarezzato i suoi abiti e la sua pelle.
    Ma. Che. Cazzo.
    Senza neppure rendersene conto, una macchina comandata probabilmente dall’IA e niente più, alzò il braccio per afferrare lo scopino direttamente dalle mani di Swag, sfilarlo come se nulla fosse approfittando del gesto inaspettato e della sorpresa del ragazzo, e lo scagliò via, il più lontano possibile. Speriamo addosso a qualcosa che potesse rompersi in mille pezzi, nello stesso modo in cui si era frantumata la sanità mentale di Kyle: sarebbe stato un momento cinematografico molto interessante e poetico.
    Per giunta, quanto Swag ebbe l’ardore di avvicinare una mano al suo viso e invitarlo a fare silenzio, Kyle ebbe l’istinto di spalancare le fauci e azzannarlo: tanto due mani non servivano a nessuno, no? Ne bastava una. «L’unica cosa che sento è la voglia metterti al posto di quel banner pubblicitario lassù.» Gliene indicò uno a caso, non era picky e se ne sarebbe fatto andare bene uno qualunque: tutto, pur di togliersi il riccio da davanti agli occhi. Era una persona calma e pacata, il Kang, ma non era al di sopra di compiere omicidio in quel momento. E quando saltò per scompigliargli i capelli, quasi lo fece.
    Prese la maglia di Swag con un gesto repentino, e la strinse nel pugno, una morsa così stretta che pur divincolandosi il minore non sarebbe andato da nessuna parte.
    «non c'è rischio, papà, già ci vogliamo bene»
    «Non direi, no.» Omicida, nel suo tono di voce, ecco cos’era Kyle; pure Caino e Abele erano fratelli, no? Kyle si sentiva quanto mai vicino al primo, in quel momento.
    Impassibile alle sue minacce, Jattelik continuò a parlare jabberish e nonsense.
    «dici che sarebbe stato meglio metterla in un bong?»
    «No, non dicevo quello.» Non l’aveva mai detto, ma sapete cosa? L’assurdità di quel ragazzo fece scemare la follia omicida di Haeil, che mollò la presa e si allontanò da lui — per il bene di entrambi; Kyle non era fatto per posti come Azkaban, e dovette ripeterselo come un mantra per non avadakedavrizzare il minore su due piedi.
    «pianifico da mesi di venire in pellegrinaggio qui da Nostro Padre. Tu invece, com'è che ti sei trovato proprio oggi qui? Hai ricevuto la chiamata o sei stato guidato anche tu dall'istinto fraterno come me?»
    «No.» Una lunga serie di sfortunatissimi eventi lo aveva portato lì, e Kyle si pentiva come mai prima di aver lasciato il silenzio e la tranquillità di casa sua.
    Era finito lì trascinato dal Milkobitch (magari avrebbe schiantato anche lui, così, per soddisfazione personale) e non per sua volontà; non credeva (alle parole di Swag, né) al destino, perciò quella storia dei fratelli non l'aveva capita nemmeno un po'.
    (Ah, ci sarà da divertirsi poi quando dovrà scoprire di Kaz. Kyle be like: eye mouth eye.)
    «Senti, pellegrinaggio o no, io dico che sei completamente fatto e che sarà meglio cercare una via d’uscita prima che qualcuno, insospettito dalle telecamere, dai rumori, o da chissà cosa, mandi qualche guardia e ci faccia arrestare.» Che senso aveva tentare di installare un po’ di senno nel minore? Nessuno, e infatti Kyle lo stava facendo per se stesso, ciaone. Ripetersi certe cose serviva a non farlo uscire del tutto di testa. E si, anche la parte dell’essere fatto: si era convinto fosse tutta colpa del fumo passivo di Swag, infondo lui non aveva mai fumato in vita sua, quindi era plausibile che un po’ di fumo dolciastro lo mandasse subito ai pazzi. «Non mi interessa se non sei d’accordo, ora ce ne andiamo.» E girò i tacchi, lasciando Swag dov’era: sempre perché Kyle stava parlando con se stesso, capito? Se l’altro avesse voluto seguirlo era libero di farlo, ma il coreano sperava tanto di no.
    I'm odds and ends
    but I'll be stumbling away
  13. .
    kang haeil kyle
    every motive escalate, automotive incinerate;
    light a candle, light a votive, step down, step down.
    Watch your heel crush, crushed, uh-oh, this means
    no fear, cavalier renegade steer clear,
    a tournament, a tournament, a tournament of lies;
    offer me solutions, offer me alternatives && I decline
    (it's the end of the world as we know it)
    Osservò Bye coccolare Hiro,felice come un bambino la mattina di Natale, e di rimando osservò il cane lasciare che lo special lo sbaciucchiasse ovunque sul manto peloso, ma non disse nulla; non si sentiva a disagio di fronte alle dimostrazioni d’affetto, per il puro e semplice fatto che non le capisse fino in fondo e, di conseguenza, non riuscisse a processare abbastanza per percepirle come situazioni incomode. Però una punta di dispiacere la sentiva: voleva bene ad Hiro, e sapeva che il cane ne volesse a lui, e per quanto fosse l’unica creatura al mondo con cui Kyle si lasciasse andare a gesti amorevoli, non era comunque sufficiente: non era capace di elargire affetto, non nella maniera che, era evidente, Hiro necessitava.
    Guardarlo reagire alle coccole di Bye era… beh, illuminante; una prospettiva che Kyle non aveva mai preso in considerazione.
    Era contento di aver chiamato a sé il cane, anche se era iniziato come una scusa per avere una distrazione da regalare allo special; non era una persona altruista, Kyle, ovviamente l’aveva fatto con un duplice scopo, ma non se ne pentiva.
    Ciò di cui un po’ si rammaricava, invece, era aver dato il telecomando in mano al Choi: era chiaro, dopo dieci minuti di zapping tra un titolo e l’altro, che non avrebbe scelto nulla nel breve tempo. Spostò lo sguardo verso di lui, notando come stesse andando nel pallone per l’indecisione, e ipotizzò per un attimo di prendere il telecomando e scegliere al posto suo — ma perché farlo quando (non aveva voglia di vedere nessun film, l’aveva suggerito solo per tenere compagnia a Bye) poteva lasciare che le cose si evolvessero come diceva un vecchio detto popolare coreano: “non è forse la scelta del film da guardare, il film stesso".
    Si mise comodo sui cuscini del divano, la schiena dritta e un braccio piegato sul bracciolo, in attesa: aveva un sacco di cose da fare, ma dopotutto poteva permettersi quella piccola pausa: aveva gli occhi stanchi, i muscoli indolenziti e un fastidioso principio di mal di testa. Rifletté che, nell’attesa che Bye scegliesse un film, avrebbe potuto chiudere gli occhi e riposarsi un po’ — tanto il minore aveva il cane con cui giocare.
    E invece no, alla fine aveva ceduto a parole di conforto che non sapeva da dove venissero fuori. Il problema, con Kyle, era che non fosse dotato di una sufficientemente ampia gamma di emozioni per rendersi conto che le sue parole avevano mandato in para il Choi; si era limitato a parlare sciorinando le cose per ciò che erano: dati di fatti, perchè purtroppo erano l'unica cosa che potesse offrire all’altro, in modi fin troppo pratico e freddo.
    Ancora una volta: gli dispiaceva che Bye avesse scelto proprio Kyle come compagnia, o come supporto morale, perché il coreano non era assolutamente la persona adatta per quel genere di esperienze.
    Tenne lo sguardo dritto di fronte a sé, fisso sul televisore, anche quando sentì lo sguardo di Bye cercarlo; solo quando la mano del minore si strinse contro la stoffa della manica: era un contatto leggero, abbastanza moderato affinchè Kyle potesse accettarlo. E lo lasciò fare perché lo sapeva, pur processando meno emozioni di un AI, che Bye ne avesse bisogno; e forse, infondo, ne aveva bisogno un po’ anche lui.
    Ma era durato anche troppo, quel momento, aiuto, basta; Kyle fu lesto a distrarre il minore, cambiando argomento e suggerendo invece di fare una foto.
    Ad Hiro.
    Gli pareva di essere stato molto chiaro, a riguardo.
    «kyle?»
    Non si aspettava, dunque, una foto a tradimento e la sua espressione confusa, immortalata dal cellulare del pirocineta, doveva dirla lunga — che razza di furfante, se la rideva anche!!!
    Suo malgrado, sorrise anche Kyle, osservandolo digitare un messaggio per il Kim; era troppo sbalordito per reagire a parole.
    «potremmo provare ad andare da lui assieme, un giorno.» Oh no, Kyle non era pronto. «se poi non ci vuole vedere... almeno ci abbiamo provato» Reclinò la testa all’indietro, poggiandola sul cuscino del divano: Bye aveva ragione — potevano almeno provarci; non era detto che JD avesse voglia di vederli (egoisticamente, Kyle un po’ ci sperava: non era sicuro di sapere cosa dire al collega, o come comportarsi) ma non poteva nemmeno negare che le parole dello special non facessero una piega.
    Se solo Kyle fosse stato una persona migliore, e un bravo amico…!
    «magari preferisci andarci da solo, era solo una proposta»
    Senza dire una parola, ruotò appena il viso per cercare l’altro coreano, pensieroso. Sembrava davvero facile, detto così; bastava uscire di casa, raggiungere l’appartamento di JD, o ovunque si fosse rintanato in seguito alla guerra, e bussare. Non era così difficile; ma Kyle non poteva affrontare l’amico a mani vuote — aveva fatto una promessa a se stesso, e aveva giurato che sarebbe stato in grado di guardare JD negli occhi, prima o poi, e informarlo che sapeva come fare: sapeva come restituirgli la magia.
    Fino a quel momento, però, aveva fatto solo un buco nell’acqua dietro l’altro.
    Le persone, e la magia, e in generale quel tipo di esperimenti, non funzionavano come la tecnologia: non erano circuiti di viti e fili che potesse smontare, spostare e rimettere insieme. Era tutto diverso, tutto nuovo, e Kyle brancolava nel buio. Ma non voleva saperne di mollare; non aveva mai accettato a cuor leggero un fallimento, e non avrebbe iniziato proprio ora.
    «Minkyung,» era un uomo di scienza, Kyle, era curioso e spesso a discapito suo, o del buonsenso; ma non poteva negare la sua natura di studioso «tu ricordi com’è stato il cambiamento?» Dubitava fosse ciò di cui il Choi volesse parlare, ma era il primo special che gli fosse capitato sotto mano in quel momento: e Kyle non era abbastanza accorto da pensare che le sue parole potessero mettere a disagio il minore — era solo una domanda curiosa, la sua, oggettiva; per capire uno dei segreti dell’universo di cui ancora non aveva la chiave. «A livello biologico, intendo» non emotivo, il cielo ce ne scampi! Per quello, Kyle poteva immaginare fosse stato molto traumatico e doloroso e un sacco di altre cose, okay. «le differenze… tra il prima e il dopo?» Non gli disse che stava cercando un modo per riparare quanto fatto da Abbadon, non era necessario dare false speranze anche a lui quando il Kang non aveva uno stralcio di nulla con cui andare avanti.
    Solo alla fine realizzò di non aver mai risposto alla sua proposta. «Ok, va bene: andremo a trovare JD, insieme.» Il quando lasciato vago di proposito; meglio pensarci in un altro momento.
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    babysitting
    1998
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    Alla domanda del minore, Kyle non aveva risposto.
    Era rimasto in silenzio, la cosa che gli riusciva meglio (oltre a giudicare gli altri; spesso, le due, andavano a braccetto) e aveva tenuto gli occhi fissi sulla figura del Choi mentre quest’ultimo prendeva il cuscino del divano e provava a soffocarcisi contro. Oddio, non morire, in generale, nella vita, ma soprattutto: non in casa sua. Sarebbe stato poi estremamente difficile spiegare che non era stato lui ad uccidere nessuno, e bla bla bla.
    Stava prendendo tempo, Kyle.
    Usava la crisi di nervi dello special come scusa per non dover affrontare la domanda scomoda che gli era stata fatta, perché se da una parte era certo che il Kim non avrebbe mai potuto odiare nessuno dei suoi amici, men che meno il baby del gruppo, dall’altra non aveva assolutamente idea di cosa passasse nella testa del padre collega in quei giorni; ciò che era successo ad alcuni di loro era paragonabile al lutto, e come per ogni lutto, le reazioni e il modo di affrontarlo erano diverse da persona a persona. Kyle non aveva l’arroganza di credere di sapere come stesse JD, o cosa pensasse di tutti loro in quel periodo; degli special, ma anche di chi, a differenza sua, conservava ancora la propria magia.
    Non lo sapeva — perché non aveva avuto le palle di recarsi fino alla sua porta, bussare, e chiederlo. Proprio come Bye, nemmeno lui era andato a trovarlo; e involontariamente ripensò all’abbraccio che aveva concesso al Kim il giorno in cui Abbadon aveva dichiarato guerra al mondo babbano, e una morsa gli strinse la bocca dello stomaco. Un vero amico avrebbe fatto lo sforzo di andare, mettendo da parte il proprio disagio e dando risalto ai bisogni, o alle attenzioni, altrui. Ma anche lì: come poteva essere certo che a JD avrebbe fatto piacere ricevere visite?! O parlare con qualcuno? E perché avrebbe dovuto parlare con Kyle, quando aveva tanti altri amici.
    A Bye rifilò solo una scrollata di spalle, suggerendo di vedere qualcosa in tv.
    Non si aspettava di certo di essere invitato a unirsi. Ma, in effetti, avrebbe dovuto farlo.
    Osservò il minore picchiettare con la mano aperta il posto libero accanto a sé, braccia ancora incrociate al petto e occhiali tirati sulla fronte. Mhhhh, pass. Poi si rese conto di esser stato già abbastanza rude nei confronti di Bye, perciò sospirò e si avvicinò, per prendere posto sul divano, non senza aver prima fatto una piccola deviazione per afferrare il telecomando della tv.
    Si mise comodo sui cuscini, gambe incrociate e un’ultima occhiata al minore mentre accendeva la tv e attendeva che caricasse la schermata di home. «ricorda la safeword era importante, specialmente perché in guerra i suoi spazi erano già stati invasi più di una volta — ma ok, poteva accettarlo, se a piccole dosi. Non era Bye il problema; il suo bisogno di affetto, o di costante contatto fisico, non era mai stato un problema per nessuno di loro, ma era più facile accettarlo quando c’erano altre persone disposte a ricambiare quegli abbracci, nella maniera in cui il Choi necessitava e meritava. Il massimo che Kyle potesse offrirgli, invece, era una ciotola di cereali secchi e senza latte.
    Sospirò, di nuovo, e poi ebbe l’illuminazione. «Hiro!» poteva usare il cane come distrazione! Come cuscino per Bye! Come separè! Idea geniale. Lo chiamò quindi a sé, con un leggero fischio e un cenno della mano, mentre sullo schermo apparivano finalmente le prime icone per selezionare i programmi tv, o le cartelle con film e serie tv. Si, anche Kyle era un pirata dello streaming. Senza dire una parola, allungò il telecomando verso Bye e lo invitò a fare da sé, scegliendo il contenuto che preferiva, mentre lui ne approfittava per fare i grattini dietro le orecchie pelose del labrador.
    Dopo qualche istante di silenzio, osservando i titoli scorrere davanti ai suoi occhi senza vederli, parlò. «JD non ti odia» almeno quello, Kyle era certo di saperlo; «non potrebbe mai odiarti, o pensare che tu faccia schifo» ancora una volta, non cercò lo sguardo del minore, parlando; erano riflessioni ad alta voce, le sue, come spesso gli capitava di fare quando doveva analizzare un problema.
    «È un momento delicato, di cambiamenti imprevisti e non desiderati, non posso dire di sapere esattamente cosa sta pensando— o provando... ma so», e non c’era alcuna traccia di ombra, o dubbio, nel tono del Kang, «che non potrebbe mai guardare te, o Hyunjin, pensando che faccia schifo essere come voi. O che facciate schifo voi.» Rimanevano la sua famiglia, no? E aver perso tutto non avrebbe mai potuto cambiare quello, nemmeno vivendola con il peggiore degli stati d’animo.
    Solo allora, alla fine di tutto, colpevole, posò le iridi scure su Minkyung. «Nemmeno io sono andato a trovarlo» e, ancora peggio, aveva fatto il possibile per non farsi mai beccare neppure al QG. Non ne andava fiero, ma aveva avuto le sue ragioni — ovvero: la mancanza di qualsiavoglia forma di social skills con cui confortare il Kim. «Ma se vuoi, puoi mandargli una foto di Hiro, secondo me apprezzerebbe.» E in cambio magari ne avrebbe mandata una di Sith?! Win–win?!
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    1998
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    yolo sta diventando una scusa vecchia ma... eh, yolo.

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