london's burning, if the world is ending let's stay up all night

pre quest #10 | ft. just @ aconitea

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +5    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Special Wizard
    Posts
    140
    Spolliciometro
    +281

    Status
    Offline
    wren hastings
    so live fast && die young && stay forever numb;
    you said that maybe this is where it ends,
    take a bow for the bad decisions that we made;
    so we'll make the same mistakes
    'til the morning breaks
    «è un cazzo di casino, just» ossigeno a riempire i polmoni e palpebre pesanti a cadere su occhi stanchi, «un gran cazzo di casino» Wren non si riferiva al discorso di Seth — figuriamoci, quello non era ancora nemmeno iniziato.
    I “casini” di Wren avevano una faccia e un nome diverso; parlavano una lingua diversa e, più in generale, ruotavano intorno a tutt'altro argomento.
    Vi dirò: tutto sommato i progetti di conquista del mondo di Abby sarebbero stati una distrazione gradita. Cioè, insomma, anche meno zio, ma l'Hastings avrebbe accettato di tutto pur di non pensare a Lapo Linguini, in quel momento.
    (Dai, non proprio tutto tutto, ma gli piaceva essere un po' melodrammatico.)
    Prese un'ulteriore boccata di ossigeno, prima di passare lo spinello a Just. Ma non era tutto più facile quando il suo unico problema era rollare una canna perfetta, e lasciarsi conquistare dalla sveltina del giorno? Quando era diventato – oddio, terribile anche solo pensarlo, quel termine – monogamo?
    Non che l avesse mai detto all'italiano di sentirsi così, figurarsi; la loro relazione continuava ad evolversi solo tra le lenzuola, fuori da lì nulla era cambiato, perciò Wren non aveva davvero un motivo per mandare in palla l'altro. Ma erano argomentazioni sufficienti per far avere a lui una crisi di mezza età, quello sì.
    Non aveva dato informazioni specifiche nemmeno al Case, comunque.
    O a chiunque altro, per quel che importava: a chi gli chiedeva perché fosse meno civettuolo del solito Wren rispondeva semplicemente di aver finalmente messo la testa a poso (con grande sgomento, e non poca preoccupazione, di coloro che meglio lo conoscevano) — a volte accennava anche che si stesse vedendo “frequentemente” con una stessa persona (aka: più di un paio di volte) senza fare accenni a nomi o particolari dettagli che potessero compromettere il Linguini — ma già quello, il fatto che fosse tornato più di un paio di volte a cercare la stessa compagnia, metteva sul chi va la le persone più vicine al geocineta, che sapevano quanto poco prono fosse al cadere in certe abitudini, per così dire.
    Però alla fine, non c'era niente di serio da raccontare, no? Nulla di– ugh. Si riprese la canna e la portò alle labbra, aspirando come se da quelle boccate di fumo dipendesse la sua stessa esistenza. «un gran– uh? ma'?» l'ultima cosa che Wren si era aspettato di vedere, in quel momento, era il viso di sua madre fare capolino attraverso la porta nascosta che divideva la Sala Verde dal resto dell'Aconitea. «Ragazzi,» già il semplice fatto che Vals li avesse interrotti prometteva poco di buono: la strega sapeva farsi gli affari suoi, e decideva volontariamente di non mettere il naso negli affari del figlio e dei suoi ospiti, che fossero Just o North o Ellis, poco importava, sapeva esser più furba di così; il tono di voce serio della ex tassorosso, però, mise definitivamente in allerta lo special. «dovreste davvero venire a vedere.» La conosceva abbastanza da sapere che non fosse un invito, ma una sorta di comando.
    E i due c'erano andati — eccome se c'erano andati. Erano tornati nella sala principale e lì Wren aveva osservato le immagini con occhi stanchi e non aveva capito; non subito, perlomeno.
    O forse non aveva voluto capire: meglio credersi stupido piuttosto che dare per buona l'ipotesi che Abbadon stesse davvero dichiarando guerra al mondo babbano.
    Con una mano passata intorno alle spalle di Just, e lo spinello di nuovo a pendere dalle labbra, Wren osservava l'evolversi della questione con un misto di incredulità e timore: sentiva lo sguardo di sua madre perforargli la nuca, ma non aveva il coraggio di guardarla. Sapeva cosa avrebbe letto nelle iridi verdi di Valerie Hastings.
    Una domanda scomoda, a cui Wren non voleva pensare.
    Ci stai pensando?
    E perché non avrebbe dovuto, infondo: Abbadon stava promettendo un mondo migliore per quelli come lui, no? Gli special avrebbero finalmente visto riconoscersi il posto nella società magica che gli spettava; e tutti loro, special e maghi, quello nel mondo che sarebbe dovuto essere loro di diritto da sempre.
    Tutte cazzate.
    Non era mai stato in grado di sopportare i bulli, Wren.
    Mai.
    E Seth era un bullo.
    Certo, uno con dei poteri che nessuno di loro poteva comprendere o quantificare, ma pur sempre un bullo. E forse sua mamma lo conosceva fin troppo bene da sapere ciò che stava pensando; o forse luo non era così bravo a nascondere le proprie emozioni dietro una faccia da poker (ecco perché Will lo batteva sempre, quando giocavano, allora) — fatto sta che alla fine la donna richiamò l'attenzione dello special, passando delicatamente la mano sulle ciocche biondo cenere. Wren non aveva bisogno che pronunciasse a voce le parole, per sapere cosa stava pensando.
    Pensava che Melissa e Trevor Hastings l'avrebbero fatto; no, anzi. L'avevano fatto; si erano messi contro il governo, e avevano perso la vita per quel motivo. Avevano reso Vals un'orfana, e Pat una mamma distrutta dal dolore.
    Lo avrebbe fatto anche lui?
    Non aveva mai detto a sua mamma di essersi unito alla Resistenza, ma non ne aveva avuto bisogno: Valerie, nel suo cuore, lo sapeva già. Era una donna molto più intelligente di quello che dimostrava.
    Wren aveva finalmente trovato uno scopo nella vita, tra le file dei ribelli; ed era lo stesso scopo che aveva animato, ed interrotto fin troppo precocemente, la vita dei suoi nonni.
    Voleva davvero infliggere una simile sofferenza a sua mamma? Farla preoccupare mentre lui andava a difendere il mondo babbano che, per quelli come lui, non aveva mai speso una buona parola, e per colpa dei quali i maghi continuavano a nascondersi da tempo immemore?
    Sì, voleva.
    La vita la rischiava già tutti i giorni, anche se in maniera meno palese: perché non prendere in mano la situazione, dunque, e fare qualcosa di utile per una stracazzo di volta nella sua misera vita?
    Perché amava sua madre. E amava i suoi amici. E non voleva che le conseguenze delle sue azioni ricadessero anche su di loro.
    Ma non lo rischiava già?
    Era troppo fatto per pensare lucidamente. Che tempismo di merda, Abby.
    Non disse nulla, ma mollò la presa da Just e tornò nella Stanza Verde. Si mise seduto sui divanetti di velluto e prese la testa fra le mani, borbottando tra sé e sé: «rettifico: questo è un gran cazzo di casino»
    E non avevano ancora visto nulla.
    gif code
    1997
    geok.
    rebel
     
    .
  2.     +4    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Special Wizard
    Posts
    126
    Spolliciometro
    +122

    Status
    Offline
    justin hapless case
    They've been making blanket statements, scaring everyone
    They've been making you feel like you never did belong
    Yeah, he said, and she said, yeah, they say a lot
    So many things, they just think you forgot
    Accolse lo spinello con le sopracciglia corrugate, lo sguardo cioccolato fisso sul migliore amico spiaggiato poco lontano. Non rispose immediatamente, e riflettendoci non aveva davvero qualcosa da dire a quel suo «è un gran casino, just», diventato ormai il mantra ufficiale dell’Hastings da un tempo indefinibile.
    Da una parte, avrebbe voluto dirgli che fossero cazzi suoi – metaforicamente e non. Non sapeva come aiutarlo, il Case, se oltretutto si ostinava così caparbiamente a tenersi tutto per sé: del fatto che sosteneva di aver messo la testa al proprio posto, non sapeva cosa farsene. Troppo vago, troppo casuale; non che normalmente fosse più preciso e comprensibile, non lo era mai stato, ma per il ribelle sì. Di solito riusciva a leggere tra le righe, percepire quel che Wren non diceva, scavare un po’ più a fondo ed arrivare a ricostruire il puzzle del migliore amico come se questo gli avesse spiegato per filo e per segno gli incastri di ogni tassello: non aveva nemmeno bisogno di sforzarsi più di tanto per farlo, era un processo istintivo che funzionava da ambo i lati. Ma quella volta, oltre a non voler parlare più del necessario, sembrava volesse tenergli nascosta gran parte della realtà dei fatti – ed impegnandosi, ci riusciva anche abbastanza bene. Justin non era permaloso, non era offeso con il geocineta perché non voleva sbottonarsi completamente con lui, ma se era così un gran casino – beh, doveva dargli un po’ più di informazioni perché potesse provare a dire qualcosa di sensato.
    Non lo stava facendo, e lo conosceva abbastanza bene da sapere che non lo avrebbe fatto per un bel po’. «dimmi la verità,» chiuse gli occhi, mantenendo sul palato il sapore dell’erba prima di soffiarlo via in una densa nuvola grigiastra. «ti sei finalmente preso una cotta?» lo propose con leggerezza, dischiudendo appena una palpebra. Avrebbe negato, lo sapeva. Uno dei tanti punti sui quali avevano sempre condiviso il pensiero, era la reciproca incapacità di impegnarsi in qualcosa di serio – soprattutto a livello relazionale, quando impegnarsi significava mettere in piazza i propri sentimenti ed accettare che un’altra persona potesse deriderli o, peggio ancora, ricambiarli. Era certo che fosse così, che non fosse solo il “frequentare lo stesso essere umano per più di due volte consecutive” a mandare in paranoia lo special; non al punto da mandarlo così in tilt. Voleva vedere, attraverso quella sottile fessura, quanto avrebbe sussultato alla sua domanda. Quanto potesse comprendere dalle spalle tese, dallo sguardo a vagare veloce per la stanza alla ricerca di un appiglio, dalle labbra morse, quanto si fosse messo in una situazione alla quale non era assolutamente pronto.
    Era felice per lui? Più o meno.
    Sì, se quel cambiamento l’avrebbe fatto stare bene.
    Assolutamente no, perché temeva che s’illudesse soltanto – da solo, per lo più.
    Tossì pure l’anima, quando Vals sbucò dal nulla. Istintivamente, agitò in aria le mani cercando di cacciare via la cappa da tossici che avevano creato nella saletta dell’Aconitea: non aveva assolutamente alcun senso farlo, dopo tutti gli anni che avevano passato a farsi canne anche in presenza della zia di cuore, ma si sentiva comunque e sempre come un bambino colto con le mani nel barattolo della marmellata.
    «ragazzi, dovreste davvero venire a vedere.»
    Just pregò di non aver mai seguito la donna, e di non aver visto nulla.
    Rimase a fissare le immagini talmente a lungo che gli si impressero a fuoco nella retina, le parole di Seth a risuonare come un metronomo nelle orecchie. Non aveva avuto bisogno di un battito mancato nel petto per sapere cosa fare; non aveva avuto bisogno di empatizzare con quel demonio per dubitare di ogni sillaba uscita dalla sua bocca; non aveva avuto bisogno di pensare, di riflettere, di ponderare.
    Sorrise dolce a Valerie, dopo che il figlio fu tornato nella sala dalla quale li aveva rubati poco prima, e con lenta intenzione strinse con altrettanta tenerezza la spalla di lei tra le dita. Entrambe le persone presenti in quel locale erano diventate la sua seconda famiglia: non aveva stupide pretese in merito, ma sentiva di comprendere un po’ ciò che i due evitavano di dirsi a voce.
    «non pensarci nemmeno, ok?» chiuse la porta alle sue spalle, e con le gambe intorpidite dallo spinello scivolò nuovamente a terra. Poggiò la schiena contro l’uscio, un ginocchio al petto e l’altro esteso. Era calmo, il criocineta.
    Fin troppo.
    «hai già il tuo gran cazzo di casino,» scherzò, sbuffando una risata a fior di labbra. «vedi di non fare il coglione.» non gli disse “ci penso io”, ma Wren avrebbe potuto tranquillamente leggerlo tra le righe. Non lo disse perché era ovvio che non ci credesse affatto – a cosa cazzo voleva pensare lui, soprattutto senza la sua spalla? A nulla.
    Ma non sarebbe rimasto a casa mentre un sociopatico metteva a ferro e fuoco il suo mondo, quello al quale s’era votato anni prima: per un sacco di anni aveva evitato la comunità magica, rifugiandosi in quella babbana e amandone ogni sfaccettatura. Era scontato che avrebbe trovato una resistenza alla sua avanzata, e ne avrebbe preso parte; allo stesso modo, era scontato che il ragazzo con le mani tra i capelli davanti a lui stesse pensando alla stessa cosa.
    Al contrario di Justin, però, lui aveva troppe cose da perdere – lui no.
    Hold? Figurarsi se non avrebbe capito un cazzo per un altro e non se la sarebbe ritrovata sul campo di battaglia. Ci si poteva giocare molte cose, e sapeva già di aver vinto quella scommessa.
    Mood e Check? Forse avrebbe fatto loro solo un favore – non voleva crederlo, ma era bene convincersene: erano cresciuti bene anche senza il fratello maggiore, quello cacciato di casa e talmente tossico da riuscire a malapena a sostentare sé stesso.
    «o stai già cercando di scappare?» sollevò le sopracciglia. Lecito, per carità, chi era lui per giudicare.
    gif code
    1996
    cryokinesis
    rebel
     
    .
  3.     +2    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Special Wizard
    Posts
    140
    Spolliciometro
    +281

    Status
    Offline
    wren hastings
    so live fast && die young && stay forever numb;
    you said that maybe this is where it ends,
    take a bow for the bad decisions that we made;
    so we'll make the same mistakes
    'til the morning breaks
    Se n'era andato senza guardarsi indietro, Wren, e non si era neppure preoccupato di chiudere la porta della Sala dietro di sé, sapendo bene che nulla avrebbe tenuto fuori Valerie, se la donna si fosse messa in testa di seguirlo per fargli cambiare idea — nemmeno cementare ogni ingresso alla stanza avrebbe funzionato.
    Stava solo rimandando l'inevitabile.
    E lo sapeva, il geocineta. Lo aveva saputo nel momento stesso in cui aveva girato i tacchi e se n'era andato; quando aveva posato le chiappe sul velluto verde del divano e aveva preso la testa fra le mani; quando aveva lasciato sfuggire un sospiro e si era lamentato ad alta voce del casino in cui erano finiti.
    Lo sapeva, e comunque non poteva evitare di pensare che volesse, dopotutto, prendere quella decisione.
    Di infliggere quella coltellata nel ventre di sua mamma, e di sua nonna, e prendere l'ennesima decisione del cazzo della vita. Almeno in quello, rimaneva coerente. Che razza di deficiente. Ma chi glielo faceva fare — eh già, chi glielo faceva fare. Il buon senso, ecco chi. Un tempismo del cavolo, svilupparlo proprio in quel periodo, eh; la resistenza l'aveva cambiato.
    O forse era sempre stato così, e avere uno scopo nella vita aveva solo fatto emergere quel lato di lui che per ventiquattro anni aveva taciuto e tenuto a bada. Che testa di cazzo, pensò, perché ora che lo sapeva non poteva fare nulla per fermare quei pensieri.
    «non pensarci nemmeno, ok?»
    Sapete cosa? Forse, infondo, avrebbe preferito affrontare Vals piuttosto che l'amico. Infatti non alzò lo sguardo verso Just, quando lo sentì entrare e chiudersi la porta alle spalle, ma passò i palmi sul viso e poi indietro, sui capelli, verso la nuca, dove le lasciò riposare, dita intrecciate tra loro a fare pressione e tirare appena le ciocche biondo cenere.
    Troppo tardi, ormai.
    Era fottutamente troppo tardi, ok Just? Era la storia della vita di Wren: mai in orario, mai preciso. Sempre in anticipo o in netto ritardo. Sempre sbagliato e fuori posto. E non lo sarebbe stato anche quella volta, dopotutto? Uno special che andava contro un altro special, che ironia maledetta e bastarda. Cosa ci guadagnava a voler fermare Abbadon? Niente, letteralmente nulla. Quelli come lui, al contrario, avevano tutto da guadagnare nello schierarsi col fondatore dimenticato: un mondo nuovo, gli prometteva — glielo garantiva. Potevano fidarsi? No, certo che no; ma lo avevano già visto fare cose impensabili, inconcepibili, perché non credere che gli fosse possibile anche di rovesciare l'intero sistema.
    Piegò il volto verso l'alto, Wren, socchiudendo gli occhi.
    «ok non ci penserò» solo a quel punto, con un sorriso che di divertito (o divertente) non aveva nulla, abbassò le iridi bosco per cercare quelli dell'amico, «solo se non ci penserai nemmeno tu» e lo sapevano già che era una guerra persa in partenza, quella.
    La loro, intendo; sperava che per la guerra vera, quella dichiarata da Abbadon, ci fosse ancora qualche speranza. A fatica, distolse lo sguardo dal Case per abbassarlo sulle dita incrociate davanti a sé, gomiti a premere sulle ginocchia e cuore a martellare nel petto. «vedi di non fare il coglione» infondo, era una frase che si applicava bene ad entrambi. Non a caso erano migliori amici, fratelli; fatti della stessa sostanza di impulsività e idiozia.
    Cercò di non abboccare alla provocazione dell'altro special, ma non riuscì ad evitare di pensare che forse la risposta era sì. Forse stava cercando di scappare, di trovare un alibi dietro cui nascondersi, una scusa diversa e inoppugnabile per evitare di cadere ancora, e ancora, in quella trappola mortale che erano i sentimenti. Perché Wren aveva sempre provato tanto, tutto insieme, per tutti: ma quella volta era diverso.
    O forse voleva solo fare la cosa giusta, facendo quella sbagliata. «sai just,» sospirò, pescando dalla tasca dei jeans un accendino e riaccendendo lo spinello che, nel frattempo si era spento, «temo proprio di sì»
    Si era preso una cotta; e se non aveva risposto subito alla domanda del Case era solo perché si era convinto, in quel frangente, di avere più tempo per analizzarla, processarla, trovare una risposta esaustiva e vaga nello stesso momento. Quel tempo, alla fine, sembrava non avercelo. «ma non è niente di serio» e il problema stava proprio lì: nel fatto che, alla fine, il geocineta voleva lo fosse mentre il Linguini no, e di quello Wren ne era certo.
    Immagazzinò quanto più fumo possibile, palpebre calate su occhi già stanchi ancora prima di iniziare. «quale è la tua scusa, invece, mh?» cos'aveva il Case da guadagnare, nel partecipare a quel conflitto; e soprattutto, cosa più importante, cos'aveva da perdere.
    Perché, alla fine dei fatti, si riduceva tutto a quella semplice domanda.
    gif code
    1997
    geok.
    rebel
     
    .
  4.     +2    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Special Wizard
    Posts
    126
    Spolliciometro
    +122

    Status
    Offline
    justin hapless case
    They've been making blanket statements, scaring everyone
    They've been making you feel like you never did belong
    Yeah, he said, and she said, yeah, they say a lot
    So many things, they just think you forgot
    Umettò le labbra, posando lo sguardo sull’amico – serio, inquisitorio; a tratti poteva anche sembrare offeso dall’affronto che gli era stato lanciato. «wren... da quanti anni mi conosci?» retorico ma neanche troppo: erano cresciuti insieme, avevano condiviso tutto; gli sembrava di aver passato con lui tutta la vita, sin dal primo vagito, ed ogni tanto dimenticava che non fosse realmente così. Gli concesse qualche istante di tempo per assorbire il quesito, e valutare se ricorrere a quell’arma oscura e potente che era la matematica o se lasciare che il silenzio valesse come risposta. «ti risulta che io sia una persona che pensa?» mantenne l’ironico stoicismo, in netto contrasto rispetto alla piega sul volto dell’amico – un’opposizione talmente diametrale da annullarsi.
    L’ovvia risposta a quella domanda non poteva che essere negativa: chiunque conoscesse un minimo Justin Case sapeva quanto impulso e istinto avessero sempre la meglio su un suo possibile ragionamento logico, comprensivo di probabili ripercussioni e risultati.
    La realtà, più viscerale, era che tendesse a farlo anche troppo se lasciato a sé stesso: privo di inibizioni, di freni a placare un meccanismo sempre in funzione, quel pandemonio di concetti era il suo peggior nemico; lo odiava.
    E dunque non aveva minimamente preso in considerazione l’idea di ragionarci sopra: aveva deciso, senza dubbi né ripensamenti. Al tentativo di Wren di rilanciargli la battuta, non poté che sollevare allusivo le sopracciglia e le spalle: lui era un coglione, non aveva bisogno di farlo. Il problema, alla fine, era che lo fossero entrambi – lo sapeva perfettamente, il criocineta, quanto tutta quella conversazione fosse destinata a fallire sin dalle prime parole masticate e gettate sul pavimento tra i due, ma provare non avrebbe nuociuto a nessuno dei due. Tutt’altro, se in due avessero avuto almeno la metà di un neurone funzionante e la capacità di rivalutare i propri passi.
    Una battaglia persa in partenza.
    «niente di serio…» annuì, fronte corrugata e labbra piegate verso il basso. «farò finta di crederci quando sputerai completamente il rospo.» e anche in quel momento, non lo avrebbe fatto. Quando mai Warren Trevor Hastings aveva ammesso di essersi preso una cotta? Con quegli occhi, con quel peso ad incurvare le spalle? Non gli lasciava nemmeno il sacrosanto beneficio del dubbio.
    «io? uh, di che scuse avrei bisogno?» non aveva nulla da guadagnare da quella guerra; tutto e niente da perdere nel caso non avesse partecipato. Era attaccato al mondo babbano da un cordone ombelicale che non aveva intenzione di recidere, da una passione per quella che era appena stata definita dall’autoproclamatosi Messia della Magia come la razza inferiore: non esisteva che si tirasse indietro.
    Ed aveva da perderci Mood e Check, se non fosse tornato – non che per loro sarebbe stata una grave mancanza, lo sapeva; forse non se ne sarebbero nemmeno accorti, se di lì a pochi minuti non avesse provato a chiamarli ripetutamente.
    «mi piacciono le imprese impossibili, lo sai.»
    gif code
    1996
    cryokinesis
    rebel
     
    .
  5.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Special Wizard
    Posts
    140
    Spolliciometro
    +281

    Status
    Offline
    wren hastings
    so live fast && die young && stay forever numb;
    you said that maybe this is where it ends,
    take a bow for the bad decisions that we made;
    so we'll make the same mistakes
    'til the morning breaks
    «wren... da quanti anni mi conosci?»
    Lentamente, il geocineta portò le iridi cioccolato sul migliore amico. La risposta era solo una, ovviamente: da tutta la vita. Poteva non essere la verità, ma era così che Wren sentiva nel suo cuore; esattamente come North, la cui presenza era rimasta impressa a fuoco nell’esistenza di Wren dopo il trauma dei laboratori, anche il Case era diventato fondamentale per lui. Non riusciva a ricordare un singolo momento, una sola memoria, che non comprendesse anche l’altro special.
    A lui rispose solo con un pigro «decisamente troppo tempo» che nascondeva solo in parte il sorriso, e l’amore, che provava per Just. C’era un motivo se, dopo tutto quello che avevano condiviso, tutte le volte che avevano fucked up, e le notti che aveva passato con Justin riverso sulla tazza del cesso, tutte le volte che lo aveva ripulito quando si era spinto troppo oltre, le volte che avevano condiviso il letto più o meno strafatti e coerenti — c’era un motivo se erano ancora così legati, uniti da un legame che nulla avrebbe mai potuto scindere. «Davvero, Just, se ci pensi è proprio fottutamente tant-» «farò finta di crederci quando sputerai completamente il rospo.»
    Quindi mai.
    Mai.
    Perché non esisteva assolutamente che Wren confidasse fino in fondo i suoi sentimenti; che ammettesse di essersi fatto fregare da Vittorio Linguini.
    Non esisteva.
    Abbozzò un falso sorriso in direzione dell’amico, pollice destro sollevato verso l’alto: diceva “tutto ok”, ma non era ok nulla. Proprio un cazzo.
    «Non mi credi mai, sei molto ingiusto.»
    Come se fosse solito mentire, poi.
    Non lo era.
    Era una persona onesta — fin troppo. Lo faceva persino a danno di se stesso. Che stupido. «Ma va bene,» se è una promessa che ne riparleremo ancora, più avanti, e che saremo vivi per farlo, ti dirò tutto, «quando capisco cosa sta succedendo ti farò sapere.»
    Ancora una volta: mai.
    Perché non avrebbe neppure avuto il tempo per salutare l’italiano, di quel passo, se non con un codardo “scusa, alla fine non riesco a venire domani sera, rimandiamo?” — a data da destinarsi.
    «Ci facciamo prepare il té da Vals, e ci pitturiamo le unghie» non era nemmeno ironico, lo avevano fatto in più di un’occasione.
    «io? uh, di che scuse avrei bisogno?»
    Non avevano tutti bisogno di scuse? Lapo era la sua, infondo. Quali erano quelle di Just?
    «mi piacciono le imprese impossibili, lo sai.» AH beh,aveva senso.
    «Siamo una grab bella coppia» di cretini.
    Love you, brother.


    gif code
    1997
    geok.
    rebel
     
    .
4 replies since 25/4/2023, 17:27   145 views
  Share  
.
Top