Votes taken by wild one;

  1. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    25.12.2000
    psychowiz
    metamorph
    sunday de thirteenth
    Aggiornò la home page di Twizard, gli occhi castani a scivolare sugli ultimi post con fare acritico ed assente, dando poco peso alle parole sparse – perché parlare di frasi, con il fervore (e, talvolta, la cultura media) di chi si impegnava così tanto a scrivere sul social, era difficile: flussi di coscienza con vaghi e astrusi frammenti di logica, più che altro, che comunque il metamorfo aveva sempre apprezzato. Non gli importava, degli hashtag in tendenza sui problemi di instagram o sulle polemiche riguardo il finale dell’ultima stagione di Mare Fuori (che lui per primo avesse contribuito a mandare in tendenza #nuncestaomarfor era del tutto irrilevante: aveva fatto il suo dovere da bravo cittadino lamentandosi di molte scelte della sceneggiatura, ma ad un certo punto bisognava pur andare avanti con la vita). C’era un solo tipo di commenti che, al momento attuale, aspettava con impazienza di leggere.
    Oltre alle anticipazioni di Terra Amara.
    Sunday De Thirteenth, di teorie del complotto, ci viveva. Era quindi ovvio che avesse un’opinione in merito alle scomparse di fine febbraio, e che non potesse fare a meno di seguire con accademico e sincero interesse gli scambi di battute tra chi aveva aperto il dibattito e le varie voci sotto al suo thread. Tuttavia aveva deciso di tenersi fuori, di non dire la propria aggiungendosi al caotico coro che era diventata la piattaforma da qualche giorno a quella parte. Perché, moralmente, non gli sembrava affatto il caso di farlo – non quando l’angoscia di Romolo Linguini diventava un po’ anche la sua per cause di forza maggiore; non quando alla propria, di fronte alla lista degli scomparsi, non era capace di dare una forma meno astratta di quella che gli premeva sulle tempie.
    L’americano di quei nomi ne conosceva qualcuno, ma solo perché come lui avevano deciso di sposare una causa comune: gli dispiaceva, ma non erano suoi amici, né la sua famiglia.
    E poi c’era Kieran Sargent.
    La stessa ragazza che mesi prima aveva contribuito a stravolgere una vita che era già stata messa in subbuglio dal nulla, ma alla quale non era riuscito a non sorridere – spontaneo, genuino – ogni volta che ne aveva incrociato lo sguardo; quella alla quale aveva voluto avvicinarsi ogni volta al Quartier Generale, e che alla fine aveva approcciato portandosi dietro un articolo di giornale che parlava di un messaggio audio captato da una stazione spaziale.
    Sapeva facesse parte della sua vita, come l’aveva capito nel primo momento in cui aveva rivisto CJ e gli altri: voleva soltanto che ricostruire i pezzi di quel puzzle fosse più facile di quanto non fosse.
    Alzò gli occhi dal telefono quando sentì la pentola borbottare, perso così tanto in quel loop da aver persino dimenticato di aver messo l’acqua a bollire. A sua discolpa, non era così tanto abituato a cucinare: grazie a Dio aveva sempre avuto altri che stessero ai fornelli per lui, e Lollo – non fidandosi delle sue abilità, giustamente – non era che l’ultimo di una lunga fila. Se aveva iniziato a farlo era stato per il meme, laddove il suddetto meme consisteva nel vedere l’italiano andare in escandescenze ogni tre per due davanti agli abomini del De Thirteenth.
    «non è il giorno adatto per rischiare la sorte.» con il pacco di pasta in mano, sollevò il capo per ricambiare lo sguardo del Linguini, labbra arcuate verso il basso e un’espressione decisamente colpevole dipinta sul volto. Era un pagliaccio per definizione, Sandy, e non era affatto sorpreso che avesse già capito le sue intenzioni; ciononostante, conosceva i propri limiti – che non li rispettasse mai era tutt’altro discorso – e sapeva leggere bene le persone. Non che ci fosse bisogno di essere uno psicomago per comprendere il significato poco recondito dietro al ringhio del coinquilino. Posò con estrema lentezza il pacco di spaghetti nella mensola, muovendosi come davanti ad una bestia feroce e pericolosa (Lollo, una bestia feroce e pericolosa: faceva già ridere così), perché la tentazione di spezzarli era così forte che non sapeva se avrebbe potuto resisterle davvero; preferì buttare nell’acqua un tipo di pasta che non era in grado di leggere senza farsi picchiare. Tirò fuori dal pacchetto di sigarette una canna già rollata, pronto per ogni evenienza, e dopo averla accesa con il fuoco dei fornelli ed averne tratto un lungo tiro, la porse al ragazzo.
    «sono offeso, sai?» assaporò per qualche istante il gusto acre dell’erba a pizzicare sul palato ed a condire le parole, prima di soffiarlo in un’ampia nuvola di fumo davanti a sé. «e l’ananas sulla pizza non ti sta bene, e gli spaghetti spezzati sono anticostituzionali testuali parole.
    Si sedette sulla sedia meno lontana, incrociando le braccia sul tavolo e premendoci il mento sopra. Non credeva fossero amici, loro due: Romolo aveva la sua vita, la sua cerchia, e così anche Sandy – sebbene, nel suo caso, fosse un po’ complicata viverla come avrebbe desiderato. Si erano semplicemente trovati nel momento del bisogno a condividere lo stesso tetto, ed era sicuro che se l’ex grifondoro volesse parlare di qualcosa riguardo alla merda che appestava tutto il mondo magico, ma quello personale un po’ di più, non l’avrebbe fatto con lui. Non sarebbe stato lo special, a chiedergli di aprirsi: sapeva, però, che era bravo ad ascoltare – o, al bisogno, a dire cazzate. «dovresti davvero darmi un po’ più di fiducia.» okay, non avrebbe dovuto dargliene per quanto riguardava quel mondo in particolare (ed il fratello di Romolo ci lavorava pure in una cucina, quindi insomma...), ma per tutto il resto? Almeno un po’.
    In the backstreets buildings
    and the neon lights
    When I heard the thunder, I could feel the rain
    It's the same to me
    just a different name
  2. .
    sunday de thirteenth
    25.12.2000
    united kingdom
    Trattenne per qualche istante di troppo la pallina da tennis tra le dita, sentendola diventare sempre più pesante davanti ai propri occhi. Solo quando la gravità vinse contro la forza del polso, e la piccola sfera gialla rischiò di cadergli in faccia, gli diede una spinta lanciandola contro il soffitto. Non lo raggiunse, ed il De Thirteenth la riprese al volo.
    Ancora.
    E ancora.
    E ancora, un'altra volta.
    Se il Linguini fosse entrato nella stanza del metamorfo – perché avrebbe dovuto?, beh... perché era un Romolo: ci conviveva da pochi giorni, ma già aveva iniziato a capire come funzionasse; non che la cosa lo disturbasse, ad ogni modo – un'ora prima, il giorno precedente o quelli più addietro, e in quel momento, non avrebbe trovato molte differenze. Sandy sarebbe stato sempre lì: sdraiato sul letto con una mano dietro la nuca, gli airpods nelle orecchie e una palla come passatempo. Quel che cambiava era la musica a tutto volume che gli veniva sparata direttamente dentro al cervello, o la lunghezza della canna stretta tra i denti che, purtroppo, non era immune all'infame scorrere del tempo.
    O la faccia con cui gli avrebbe sorriso tiepido, chiedendogli se volesse farsi un tiro o se avesse bisogno di qualcosa. Assurdamente, non per prendersi gioco di lui né di nessun altro; tantomeno perché non sentiva di riuscire a governare il proprio potere.
    Ciò su cui aveva perso il controllo, probabilmente, era sé stesso.
    Ogni mattina Sunday si svegliava, si preparava per andare al San Mungo, controllava che Lollo non avesse distrutto l'appartamento che condividevano durante la notte, e accettava il fatto di dover rimodellare il proprio aspetto davanti ad uno specchio che non sempre gli mostrava quello che aveva lasciato la sera prima, o che si aspettava di trovare. Si vestiva del viso con cui si era presentato al colloquio la prima volta, quello con cui avevano iniziato a conoscerlo a lavoro e con cui avevano preso confidenza i pazienti, come fosse una maschera: era stato sicuro che fosse il suo, quello vero, fino alla fine dell'estate; aveva già perso molte certezze nell'ultimo anno (più di quante avesse facoltà di dire), ma la festa hawaiana alla quale nemmeno voleva partecipare aveva dato il colpo di grazia – così il suo cervello aveva fatto fold e scelto il caos, o aveva inconsciamente deciso di lasciare le redini e smettere di trattenersi. Non avrebbe saputo dirlo, e nemmeno gli interessava più di tanto: aveva molti altri problemi a tenerlo inchiodato sul materasso, e salutare una persona diversa ogni mattina allo specchio era l'ultimo tra questi.
    Le notifiche ad abbassare il volume di Orville Peck che gli cantava del tentativo di sfuggire all'inevitabile destino che ci accompagna, invece, rientravano tra le cose che lo turbavano. Per un po' ignorò quell'ultima che aveva fatto vibrare il telefono sul comodino, alzandosi a sedere con l'unico intento di non farsi cadere la cenere addosso. Un atteggiamento che andava contro tutti i suoi principi: Sandy era esattamente quel tipo di persona che, se fosse stato possibile, avrebbe risposto ai messaggi prima ancora che potessero arrivargli, incapace di aspettare e di far aspettare. Ma non aveva voglia.
    Non aveva voglia di dire ai colleghi del San Mungo sui gruppi, che proponevano uscite o cazzate del genere, quanto poco gliene sbattesse di uscire di casa.
    Non aveva voglia di spiegare alle conoscenze fatte in quei mesi in America dove fosse finito, cosa gli fosse successo – perché tanto non avrebbero capito, e perché tanto non gli importava che lo facessero: non erano i suoi amici.
    Non aveva voglia di rispondere alle sue sorelle, qualsiasi cosa avessero da dirgli: le amava, ma non poteva negare che qualcosa, per lui, a quel punto fosse diverso.
    Soffiò il fumo verso il pavimento, palpebre pesanti e sguardo puntato verso il cellulare. C'era qualcosa –
    un braccio attorno alle spalle
    un buco nel petto
    le nocche sporche di sangue
    quel pizzico agli angoli degli occhi

    – qualcosa che lo spinse ad allungare la mano e a leggere il messaggio prima che avesse modo di ribellarsi al proprio corpo. Qualcosa che gli diceva fosse la cosa giusta da fare.
    L'unica che avesse importanza.

    Una sigaretta dietro l'orecchio, una mano affondata nella tasca della felpa e l'altra a tenere una busta, il De Thirteenth rimase qualche minuto ad osservare la Stamberga Strillante in lontananza – poco più vicino alla struttura rispetto a dove si era fatto lasciare dal suo taxi personale (Lollo) –, un angolo delle labbra sollevato involontariamente.
    Un sorriso acido, dal sapore di esperienze che avevano trapanato nel petto per restarci incastonate, e che poi erano state estratte lasciando solo un vuoto doloroso.
    E guardò il ragazzo sulla soglia della casa marcescente con lo stesso, innominabile, sentimento; e si chiese, per tutto il tempo che era rimasto lì impalato come un lampione, se davvero fosse l'unica cosa giusta da fare.
    Per sé, per l'altro.
    Ma era l'unica cosa che sentisse di voler fare.
    «è qui la festa?» il canto delle cicale in sottofondo suggerivano di sì. Deglutì. Inspirò più forte, a denti stretti e narici spalancate, perché porca puttana il petto non si allargava e faceva tutto più male di quanto riuscisse a comprendere, ma sorrise. «questa viene direttamente da novi lugubre,» tirò fuori dalla busta la bottiglia di vodka dal dubbio aspetto ed etichetta (le sue cose preferite, a dirla tutta), un po' per liberare le mani dall'impaccio e un po' per tenersi occupato. «dicono sia terribile.»
    Non era davvero una festa, né gli aveva detto di portare qualcosa da bere: sinceramente, non sapeva se l'aveva presa perché sentiva ne avrebbe avuto bisogno, o per altro.
    Senza dubbio, avrebbe fatto il suo dovere.
    hogwarts
    hufflepuff
    rebel2043: ramsespsychowizfreak?

    It’s true, true it follows me around
    Nothing to lose
    wouldn’t miss it anyhow
    It’s true, true it follows me around
    Nothing to lose
    lost it all anyhow
  3. .
    sunday de thirteenth
    ramses de thirteenth
    Falling too fast to prepare for this
    Tripping in the world could be dangerous
    Everybody circling, it's vulturous
    Negative, nepotist
    «mh.» appollaiato sulla panchina di fronte al Captain Platinum, Sunday De Thirteenth continuava a rigirarsi tra le mani nodose la lettera ricevuta qualche giorno prima, torturandola più in quei minuti di attesa di quanto non avesse fatto dal momento in cui Thor gliel’aveva portata in camera sua – una stanza dalla quale era uscito fin troppo di rado negli ultimi due mesi, ed unicamente per mangiare con chi della propria famiglia capitava in casa per pranzo o per cena; di mettere il naso fuori dal portone d’ingresso della villa non se n’era parlato per molte settimane e, fosse dipeso da lui, la propria reclusione avrebbe potuto protrarsi ancora a lungo.
    Non si sentiva pronto.
    Non si sentiva a proprio agio.
    Riflesso nello specchio vedeva sé stesso, senza alcun problema. Che gli occhi ambrati a ricambiare il suo sguardo fossero diversi da quelli dipinti nei ritratti disseminati per casa, o che la mano accarezzasse lineamenti più morbidi e meno affilati, capelli ramati decisamente più chiari e mossi rispetto a quelli nei quali era abituata a perdersi, gli era del tutto indifferente. Sapeva quello fosse lui, il vero Sandy – che non ci fosse niente di sbagliato, nel diverso aspetto con cui aveva bussato alla porta dei De Thirteenth all’alba di una guerra che avrebbe di lì a poco travolto l’intero mondo, magico e non.
    E quando distorceva i connotati di quel nuovo corpo a proprio piacimento e nei modi più disparati, lo faceva con una facilità e leggerezza che non aveva affatto preventivato nel momento in cui aveva percepito qualcosa cambiare nella propria magia. Non aveva avuto paura, non aveva provato alcun tipo di dispiacere, quando si era reso conto che i poteri di cui gli avevano fatto dono le sorelle anni prima avevano iniziato a scemare, fino a sparire completamente: era un tipo strano quello che gli aveva permesso di usare la bacchetta, ed altrettanto stravagante era la stregoneria che aveva usato; credere che sarebbe durata per sempre era un’idiozia. Si chiedeva perché fosse successo, , se avesse a che fare con l’incedere di Abbadon sul loro piano della realtà o se fosse semplicemente scaduto qualsiasi contratto che le gemelle avevano stipulato con Kosmo otto anni prima; quesiti di pura curiosità, che per quanto lo riguardavano potevano rimanere irrisolti per tutta la vita – non gli era nemmeno interessato perdere completamente ciò che lo legava all’universo nel quale aveva sempre vissuto, a dire il vero. Scoprire di avere quelle capacità fu strano, quello senz’ombra di dubbio, ma non di certo sconvolgente: a dire il vero, la semplicità con cui ci aveva preso dimestichezza gli avevano fatto pensare di averle sempre avute; un abito comodo e cucito su misura per lui, chiuso in un cassetto di un vecchio armadio ed ivi dimenticato per un sacco di anni.
    Tornare a Londra non era stato facile. Restare in America sarebbe stato inutile (aveva lasciato l’università, non aveva niente nel Nuovo Continente per cui valesse la pena trattenercisi; sentiva di volersene andare già da tempo, sebbene non ne comprendesse il motivo) ma doversi svegliare la notte perché non riusciva a respirare, non era facile; ritrovarsi con le guance rigate e la testa che minacciava di esplodere da un momento all’altro, non era facile. L’idea di girare per la capitale del Regno Unito, incontrare persone di cui non aveva più mezza memoria nonostante ricordasse di averci vissuto – e di aver vissuto Hogwarts, e delle maledette battaglie, e la cazzo di California dei ruggenti anni Venti, e la Resistenza alla quale non aveva ancora avuto il coraggio di rivolgersi – consapevole di quanto sarebbe stato assurdo per lui e per loro, non era fottutamente facile.
    Infatti, aveva inizialmente declinato l’invito. Una festa hawaiana, che già per definizione non poteva non essere trash, a Diagon Alley? Un sogno, forse una favola. Eppure, non gli c’era voluto molto, dopo aver letto la lettera, a ridarla alla sorella: le aveva proposto di andarci lei al posto suo, o magari qualche sua amica che immaginava avesse accettato. Thor gliel’aveva sbattuta in faccia con la delicatezza di un rinoceronte, dicendogli – testuali parole – di “non rompere il cazzo, idiota” e che “ti ci faccio arrivare a calci in culo se non ti alzi da quel letto”.
    Tutto sommato non poteva fargli così male una festa.
    «cazzo guardi?» aveva comunque ritenuto opportuno prendere le dovute cautele prima di infilarsi nella mischia. Precauzioni quali: prendere l’aspetto di una vecchietta, appostarsi su una panchina, fissare il locale da dietro le lenti scure, cercare di riconoscere qualcuno degli invitati man mano che entrava. Ma se non era riuscito a riconoscere nessuno – solo brividi lungo la schiena, o sorrisi trattenuti perché incomprensibili –, era invece stato capace di attirare l’attenzione di una giovane coppietta. «una signora della mia età non può farsi una canna in santa pace?» assurdo, non c’era davvero più rispetto per gli anziani. Attese che i due passassero oltre smettendo di fissarlo, osservandoli di rimando con l’aria torva dell’ottantenne qual era indispettita dalla gioventù dell’epoca; dunque, si alzò in piedi, scivolando in un vicolo per spogliarsi degli abiti della vecchietta – quasi letteralmente: toltosi di dosso quell’aspetto gli rimaneva una camicia a fiori sbottonata, un paio di bermuda abbinati e gli infradito, oltre allo spinello spento che pendeva dalle labbra.
    Inspirò.
    Quanto poteva essere tragica, una festa?
    Espirò.

    «si può fumare qui dentro?» non attese il «in realtà… no.» del proprietario del Captain Platinum, prima di accendere nuovamente la canna e sorridere sornione al Lovecraft. Sedeva sullo sgabello del bancone, gomiti poggiati sullo stesso e occhi rivolti alla sala: di tanti posti, non riusciva davvero a comprendere perché avessero scelto quello come location per un party con quel tema. Non aveva un cazzo di senso, e lo adorava.
    «duh.» rispose ai versi dell’altro ragazzo, piegando le labbra verso il basso e annuendo solenne ai suoi mah e boh: un mood, doveva ammetterlo. «un altro. doppio!» «anche per me!» non aveva assolutamente idea di cosa avesse ordinato il Withpotatoes, ma non gli interessava: la promessa dell’alcol gratuito era tra i due unici motivi per cui alla fine si era spinto fino a Quo Vadis Town (l’altro era, chiaramente, il trash), e non era un tipo particolarmente schizzinoso; mandava giù di tutto senza battere un ciglio. Anche avesse detto cosa voleva, non l’avrebbe davvero ascoltato: era troppo impegnato a guardarsi attorno, e a soffermarsi su poche persone.
    Il biondo dall’aria di uno che nel giro di pochi istanti sarebbe potuto morire seduta stante, e che una vocina nella testa di Sandy gli sussurrava che, se fosse successo, avrebbe avuto tutto il diritto di ballare sul suo corpo ancora caldo.
    La ragazza che sapeva essere tra le organizzatrici di quella serata, Kieran – non sapeva perché, ma la osservava e istintivamente pensava agli UFO. Okay, il metamorfo pensava spesso agli alieni, ma quella era una sensazione diversa, serena e leggera.
    Il ragazzo che «chissà se viene anche sunday.» uh.
    Aggrottò le sopracciglia e, guardandolo meglio, lo riconobbe. Prese il suo («cos’è?» «scotch.» «meh.») bicchiere e si avvicinò al moro, puntandogli contro indice (e medio, dato che erano uniti a tenere fermo lo spinello). «tu sei… quello che mi ha mandato il selfie, giusto?» era stato un momento davvero strano, quello in cui aveva ricevuto il messaggio ominous da parte sua – ma tanto a quel punto non si stupiva più di nulla. «sono io sandy,» strinse il filtro tra le labbra storte in un sorriso a metà, allungando la mano verso di lui. «ci conosciamo?» insomma – al diavolo l’idea di starsene in disparte e limitarsi a bere qualche cocktail, partecipando a quella festa senza farlo davvero.
    D’altronde, Sunday De Thirteenth era fatto così: o tutto o niente; nessuna zona grigia.
    24.12.2000
    metamorph
    psychowiz
    whatever it takes
    imagine dragons
  4. .
    the dado has spoken - e chi sono io per non ascoltarlo.

    ↳ PRIMA UTENZA: jic.
    ↳ NUOVA UTENZA: wild one;
    ↳ PRESENTAZIONE: magari no
    ↳ ROLE ATTIVE:
    JUSTIN: ft. barry [22.06] proprio allo scoccare dei dieci giorni bonus, daje lele daje
    BALTASAR: ft. shiloh [19.07]
    ALOYSIUS: ft. mae [29.07]
    DAVETH: ft. yale [27.07]
    ISAAC: ft. stiles [21.07]
    TVÄTTBJÖRN: ft. hans [22.07]
    KIEL: ft. bash [19.07]
    JEKYLL: ft. elias [01.08]
    ↳ ULTIMA SCHEDA CREATA: jekyll orwell crane-winston [15.06]
  5. .
    In lontananza, Sunday De Thirteenth poté chiaramente shentire un sospiro provenire da Kiel Kane, quando il bolide evitò di colpire la portiera (TM) dei Tassorosso: quello che non capì, e se si trattasse di sollievo o di rammarico. «Mh.» abbassò il capo, puntando gli occhi sul taccuino abbandonato sulle gambe distese. Se avesse avuto una penna sarebbe stato più utile, certo, ma era il pensiero che contava. E col pensiero, stava cerchiando il nome di Kaz Oh più volte. «Sai,» chi, boh. «gli ho letto i tarocchi, prima di iniziare la partita.» pausa.
    Suspence.
    Testa di cazzo dal sedile davanti che si lamentava dei piedi sulla sua testa.
    «Sono andate a fuoco. Non so quanto possa essere un buon segno.»
    Pregò per lui.
  6. .
    «Allora,» acciuffò un pop corn dal sacchetto di CJ, le gambe allungate sul sedile davanti al proprio ed un braccio posato sulla spalliera del sedile di Joey. Le iridi nocciola nascoste dalle lenti scure - cosa, pensate siano inutili gli occhiali da soli con la pioggia a novembre? Cazzi vostri - seguivano le azioni sul campo da Quidditch, ma senza davvero vederle: avrebbe preferito rimanere a letto, quella mattina. «chi dobbiamo tifare, oggi?» insomma, aveva delle scommesse da fare. Ovviamente avrebbe tifato per le tasse più Kaz - perché c'era Thor a giocare, più che perché fosse la sua casata -, ma erano cose che un giocatore d'azzardo doveva sapere. Chi era più quotato? Chi aveva i giocatori migliori? Su chi valeva la pena puntare per vincere qualcosa?
    Nel dubbio, lui in quel momento sapeva benissimo chi incitare a dare il meglio di sé.
    «VAI VAL SCUOTI QUEL SEDERE COME TI HO INSEGNATO!» this is his emotional support, sir.

    tifo tassorosso
  7. .
    Whatever I run to,
    it's just 'cause I want to
    Wherever I will go
    I'll steal the show
    sunday de thirteenth
    Prima della fine della serata, quel biglietto avrebbe finito per sgretolarsi al suolo. Se lo sentiva, Sunday De Thirteenth, che se avesse continuato a rigirarselo tra le dita avrebbe fatto una brutta fine - ma tanto, ormai, nemmeno lo guardava più. Le aveva lette così tante volte quelle quattro semplici parole, tentando invano di trovarvi un senso logico, da riuscire quasi a sentire la voce del Moonarie ripeterle mentre le trascriveva nero su bianco in quel pezzo di carta strappato da una pergamena.
    Quasi, ma non abbastanza da riuscire a convincersi che fosse stata sua la mano a calcare la piuma. Non era tanto il fatto di conoscere ormai bene Joey, quanto poteva bastare comunque a sapere che non avrebbe mai scritto un messaggio del genere o che non avesse affatto bisogno del suo aiuto per esercitarsi in nulla - a partire dal suo gioco preferito, nel quale il Tassorosso aveva brevemente militato solo per fare un favore alla propria casata, per arrivare a qualcosa relativo agli studi.
    Era una questione di fiducia, e di assenza di essa.
    Soltanto pochi mesi addietro, se avesse ricevuto un biglietto del genere (indipendente da quanto credesse che potesse trattarsi di una stronzata o meno) avrebbe fatto i tripli salti carpiati per scoprire di cosa si trattasse - armato solo di un sorriso tagliente a spaccare il viso e di tanta voglia di fare a pugni se qualcuno avesse deciso di prenderlo per il culo. Gli interessava sempre troppo o per niente: non aveva mai vissuto in zone grigie, Sandy, ed aveva sempre prediletto fiondarsi nell'ignoto o ignorare e basta. Senza vie di mezzo, senza tentennare a pochi metri da quello che gli era stato detto lo avrebbe aspettato.
    E sarebbe tornato a farlo, un giorno. Odiava quel sentore d'ansia a seccargli bocca e polmoni, a bloccare lo spavaldo incedere di un ventenne ancora al suo sesto anno di studi - e gli mancava, il vecchio se stesso.
    Ma quel giorno non era ancora arrivato.
    E non sarebbe giunto l'indomani, forse, né il mese successivo o quello dopo ancora. Fintanto che avesse continuato a svegliarsi madido di sudore nel cuore della notte, con impresse dietro le palpebre immagini che non avrebbe voluto ricordare, sapeva che avrebbe dovuto pazientare.
    Quel biglietto poteva essere reale o uno scherzo, ma poteva anche essere una vera e propria trappola: erano tempi strani quelli che correvano, ed aveva già rischiato la pelle troppe volte per potersi permettere di andarci con il cuore leggero.
    Spense la sigaretta sotto la suola della scarpa, stringendo dunque saldamente la presa sulla bacchetta prima di avvicinarsi al corridoio che portava ai vari spogliatoi.
    «Homenum Revelio» bisbigliò, replicando il movimento del catalizzatore che si era fatto spiegare dal professor Barrow così tante volte da farsi odiare persino dal proprio padre: a sua discolpa, non era mai stato una spada con alcun tipo di incantesimo.
    Tenne la bacchetta ben sollevata davanti allo spogliatoio dei Corvi. Non era certo avesse funzionato a dovere, ma in caso contrario la localizzazione aveva trovato solo un presenza oltre la porta. E non al centro della stanza, né tantomeno nei pressi degli armadietti: era proprio a due passi da lui, dietro la porta.
    Senza pensarci due volte, la spalancò e si catapultò all'interno, il catalizzatore presto puntato sulla persona rilevata.
    «STUPEFI-tta un attimo...» socchiuse gli occhi, mettendo a fuoco la figura. «Hazel?» poi uno sbuffo, seguito dalle braccia che più rilassate abbassavano la guardia e scaricavano gran parte della tensione.
    Certo che era Hazel, e si sentiva anche un po' scemo ad esserci cascato con tutte le scarpe. In realtà non sapeva perché fosse così poco stupito dalla presenza della Grifondoro, ma era una cosa così tanto da lei (cosa, poi, ancora non ne era sicuro: qualsiasi cosa fosse, era ovvio portasse il suo marchio di fabbrica) da non riuscire a sorprenderlo poi tanto. Stava cercando di incastrarlo? Di incastrarli? «Vorrei chiederti scusa per averti quasi Schiantata, ma te la saresti cercata.»
    Incrociò le braccia al petto ed inarcò le brune sopracciglia. «Cosa sta succedendo, qui?»
    former vandal @cool_kid
    sorry, my inner hoe came out
    3025 12.1k
  8. .
    sunday de13th
    drama queen
    «In che senso ti ha chiesto di andare al prom.»
    «In quanti sensi una persona può chiedere ad un'altra di andare al prom?»
    Sunday alzò gli occhi dal proprio baule, posando lo sguardo nocciola sul fratello che si era appropriato del suo letto. Non replicò alla domanda, se non con un bruno sopracciglio inarcato: entrambi conoscevano molto bene il soggetto in questione, e sapevano che in realtà non aveva senso.
    Non tanto che avesse proposto a Barry di accompagnarlo, quanto più che avesse chiesto e basta. Sì, certo, lo aveva fatto anche l'anno prima con Mac - ma sinceramente, il DeThirteenth aveva creduto che in quell'occasione Joey fosse stato sotto acidi.
    «Dio, è proprio un coglione.» sbuffò, riportando la propria attenzione sul cassettone e sulle cianfrusaglie che senza alcun criterio stava lanciando sul (fratello) letto e a terra.
    «No, tu sei un coglione.»
    Mc-fucking-scuse me.
    «'Fanculo, tu sei il coglione.»
    E avrebbero potuto andare avanti all'infinito - tra Sandy che affermava di essere stato lapissiano con il Corvonero, e Barry che oltre a smentirlo gli diceva di aver detto al Freak che ci sarebbe andato con lui -, ma «BRO!»
    Sì, perché ovviamente anche CJ era presente - sul suo materasso, mani dietro la nuca a fingere di non esistere e respiro così flebile da far davvero credere fosse morto. Con passo non molto felpato si avvicinò al ragazzo, gli prese la testa fra le mani e lo scosse. Non per costringerlo ad alzarsi, né per sentire il cervello rimbombare nella testa vuota dell'amico - nonostante fosse sempre un bel suono da ascoltare. «Chi è il coglione?» lo scosse, perché aveva ancora la magic-8-ball dipinta.
    "Prom?"
    «Mh...» arricciò il naso, gli angoli delle labbra piegate verso il basso. «deve essersi impallata...» la bocca si contorse in un sorriso a metà, mentre battendo con le nocche sul Knowles andava a cercare la complicità nelle iridi chiare di Barrow. «L'hai capita? Im-pallata» minchia com'era divertente. Lo Skylinski, occhi e sospiro grave a pesare sulle labbra: «Non ti rispondo nemmeno». Uno spaccagioie nato: assurdo fosse davvero suo fratello.
    «Siete tutti coglioni,», sentenziò infine CJ - il tono greve da Oracolo di Hogwarts, gli occhi verdi fissi sul soffitto. «tutti.» e tornò a dormire.
    Beh, non aveva torto.
    «Vedi quello che devi fare.»

    La sera stessa, Sunday DeThirteenth non aveva assolutamente visto quello che doveva fare. Non aveva un piano, non aveva un punto di partenza né una destinazione. Non era di certo colpa sua se Joey era un idiota e passava la metà del tempo a non capirlo, e l'altra metà a fraintendere quel che diceva - quando non lo ignorava del tutto, tra le altre cose. Credeva di essere stato abbastanza chiaro quando gli aveva risposto che sì, sarebbe andato con qualcuno al ballo, e che quel qualcuno era il biondo. Ma l'aveva evidentemente sopravvalutato, dal momento che si era proposto a Barry.
    A Barry. Tra tutti, proprio a quella merda di suo fratello.
    Non meritava che si facesse avanti, né allora né forse mai, e a lungo (un paio d'ore, poi si era annoiato) aveva riflettuto su chi avrebbe potuto invitare al posto suo.
    Ma gli altri Freaks erano già impegnati in maniere mistiche, i compagni di squadra del Moonarie avevano già un accompagnatore, e Swing, con cui era a conoscenza avesse una strana amicizia pastafariana o roba simile, non sarebbe stato presente all'evento. Le sue opzioni, basate sulle persone che avrebbe potuto avere al proprio fianco per far storcere il naso all'Idiota, erano terminate. E in realtà, temeva anche che Joseph come al solito non avrebbe capito. Anzi, lo sapeva.
    Era terribilmente complicato avere a che fare con quel ragazzo.
    Per questo motivo, lo aveva seguito mentre andava a fare gli allenamenti (nonostante il campionato fosse finito e vinto: aveva dei seri problemi). Non era entrato nel campo, sia mai: si era trascinato negli spogliatoi, ed era rimasto fermo davanti a quello che credeva (no, dai, lo sapeva) (...forse) essere l'armadietto del capitano dei Corvonero.
    Sospirò, lasciando un biglietto al suo interno.
    Aveva provato ad ascoltare i suggerimenti di Barry, ma erano talmente stupidi che aveva infine deciso di essere brutalmente sincero e schietto, e di seguire il proprio istinto.
    Per questo, aprendo lo sportello alla fine di qualsiasi cosa stesse facendo, avrebbe trovato poche parole («è un haiku» «nessuno sano di mente potrebbe mai considerare questo un haiku» «...» «...» «beh...» «ok, possiamo considerarlo un haiku»):

    Sei un coglione
    Una sega tu capisci
    Tu al prom con me


    E sì, a scanso di equivoci, sul retro aveva scritto un bel "so' Sandy".
    cool kid
    freak show
    got me
    trippin' like
    wow


    devo dirlo che non scrivo un post da... cinque mesi? e che non ha senso?
  9. .
    sunday de thirteenth
    fug ✦ 20 yo ✦ hufflepuff
    'i'm a motherfuckin' starboy'
    switch up my style, i take any lane
    i switch up my cup, i kill any pain
    look what you've done
    Aveva cambiato forma molte volte, Sunday De Thirteenth, ma ogni corpo nel quale si era ritrovato per periodi più o meno lunghi della propria vita aveva sempre avuto una certa... linea.
    Quella volta, gli era andata male.
    «I'M ROLLING IN THE DEEEEEEEEEP» ma strumentale.
    Conosceva il Fug, lo aveva studiato bene - così come aveva sempre fatto ogni creatura magica: avere sua sorella come professoressa di CDCM aveva reso quello che era un sano interesse nei confronti di quegli animali in una specie di ossessione; ci teneva a dimostrare a Wendy che ci tenesse, sebbene dei voti gliene fregasse poco e niente.
    Ciò non significava che fosse preparato a tutte quelle rotondità, o che avesse una benché minima idea di come far funzionare i poteri di una bestia magica. Per sua fortuna, quelli di quell'ibrido erano talenti perlopiù passivi.
    Trovare il suo corpo fu abbastanza semplice (strillava come un forsennato per qualsiasi cosa, era impossibile non notarlo), ma non per questo lo raggiunse subito. Prima doveva fare il proprio mestiere.
    O meglio: il mestiere di Dexter.
    E fu molto divertente seguire Jericho Lowell, saltellando dietro di lei intonando Immigrant Song dei Led Zeppelin; o sostare al fianco di un Costas che voleva usare un Mulier Adultera, ed accompagnandolo con Love To Love You Baby di Donna Summer; e arrampicarsi (con... molta fatica) su per il corpo di Callie Jackson e riprodurre fedelmente le sirene di una volante della polizia insieme alla ragazza? Una delle cose più belle della giornata.
    Avrebbe potuto fare da colonna sonora a tutti gli studenti, aveva una conoscenza infinita di suoni molesti e canzoni inopportune, ma gli toccava anche ritrovare il proprio corpo.
    Un corpo che non voleva essere trovato, quello di Sandy. «Perché ti sei nascosto?»
    «AAAAAAAH - ah sono io. Cioè, sei tu ma sono io e io sono tu ma sono io. Oddio che paura! I tuoi suoni non mi piacciono.»
    Il tassorosso era: confuso.
    «o...okay... »
    «mi ha morso un... fuckin pelato»
    «RUDE!» no, non il morso. «cigei ti ha morso quando non c'ero??? DOVEVA ASPETTARMI!! Prendi la bacchetta, ci vendichiamo»
    Dexter prese la bacchetta, e impazzì.
    Cosa che alla bacchetta non sembrò piacere particolarmente. Si arrampicò su di lui, prendendolo a schiaffi. «CALMATI!!!»
    Quando si calmò, diversi minuti dopo, riuscì a convincerlo a muovere il culo e a portare entrambi alla ricerca del Bro.
    «allora, mi raccomando, come ti ho spiegato prima: respira; punta la bacchetta; concentrati; ripeti la formula che ti ho detto; fine. se non riesci fa niente, io faccio schifo con gli incantesimi! ECCOLO È LUI!»
    Sollevò un dito grassoccio verso il suo pelato, e lo stesso fece Dexter con la bacchetta tremula stretta tra le dita.
    Fug!Sandy: «gotta-go-my-own-way.mp3»
    Human!Dexter: «TARANTALLEGRAAAAA»

    «shhh dai dex, andava bene, non è colpa tua se hai preso willow per sbaglio, però ora corri più veloce che puoi mi raccomando non fermarti»
    «AAAAAAAAAAAAAAAAAAAH»
  10. .
    tvättbjörn cömmstaj & sunday de thirteenth
    vi, ivorbone | vi, hufflepuff
    switch up my style,
    i take any lane
    i switch up my cup,
    i kill any pain
    «uè cazzoni» Sandy De Thirteenth, preso com’era a studiare le sorelle dalla dovuta distanza di sicurezza – alla fin fine sia Wendy che Thor si trovavano nel proprio habitat naturale, al Carrow’s, e qualsiasi trigger improvviso rischiava di riportarle allo stato brado che tentavano di celare tanto adorabilmente: doveva tenerle d’occhio, ma senza avvicinarsi abbastanza –, quasi non si accorse dell’arrivo della ragazza alle proprie spalle.
    Si girò nella sua direzione, la sigaretta appena accesa a penzolare dalle labbra, solo quando chiamò lui e CJ posando loro una mano sulla spalla. La osservò attentamente, corrugando le sopracciglia un po’ di più per ogni secondo che quella pausa si prolungava: era già abbastanza confuso dalla vita – troppe persone, troppo caos; sicuramente quella lezione combinata era una tattica dei due professori di uccidere quanti più partecipanti possibili senza destare troppi sospetti – senza aiuto di terzi, non aveva di certo bisogno che la Hale si presentasse così di soppiatto, e senza apparente motivo. Niente contro Harper, anzi!, le voleva bene, ma… che ci faceva lì? Diciamo che non erano – lui, i Freaks – esattamente il gruppo di persone alle quali la ragazza cercasse di avvicinarsi; soprattutto, non esordendo con un uè cazzoni degno di un «so’ barry» -
    Ah. Ah! Ecco.
    Rimase immobile per qualche istante, le iridi nocciola fisse su un volto che nulla aveva a che spartire con quello del gemello, chiedendosi cosa e quando fosse successo. Ma solo per qualche istante, perché – eh, mica era la prima volta. Cioè, magari per il Cooper sì, ma Sandy si era trovato così tante volte a cambiare forma che ormai niente poteva più stupirlo.
    Sorrise, tenendo stretto il filtro tra i denti ben in mostra. «blo,» chiamò, dando una gomitata al fianco del Knowles. «a quanto pale quella melda di bally è molto plima del plevifto.» sputò fuori il fumo, senza mai mollare lo sguardo della pirocineta; poi, alzò il pollice. «pelché o è molto e fi è leincalnato,» dunque, l’indice andò a seguire l’altro dito. «o a folza di infeguile la patata gli è ufcita a lui – COME TI FENTI AD AVELE LE TETTE?» domanda sinceramente interessata, quella del tassorosso: lui le aveva trovate sempre mediamente scomode, anche se tutto sommato si divertiva ad averle; doveva sapere suo fratello come si trovasse! «ola mancate folo tu e joey, plima o poi vi tocca – e fe a felfha efce il pene, top
    Non ditegli che non è lui, sta avendo il time of his life – uno dei tanti, si intende.

    Una cosa che, invece, Tvättbjörn Cömmstaj non sapeva nemmeno cosa fosse.
    Voleva morire, com’era prevedibile che fosse e come aveva già delicatamente cercato di far capire a Swag («swag, voglio morire»), e nemmeno nascondersi dietro le lenti scure degli occhiali da sole sembrava aiutarlo molto. C’era troppa gente, ed era fottutamente ovunque; se non stava rischiando di andare in iperventilazione, era solo perché muovendosi temeva avrebbe attirato l’attenzione. Fortunatamente, quel giorno c’era anche Jericho a lezione: sentiva di poter contare su di lei, se mai avesse voluto morire davvero e porre fine a tutti i propri problemi.
    Per il momento, cercava di resistere all’andarsene facendo dei piccoli passi: tenendo la mente occupata, il tempo sarebbe passato più velocemente. Anche se per farlo doveva mettersi in imbarazzo.
    Diede un’ultima occhiata al fogliettino sul quale aveva scritto il compito affidatogli dallo stesso professore che aveva deciso di portarli allo zoo, prima di riporlo nella tasca del giacchetto di pelle e muovere qualche passo. Senza starci troppo a rimuginare, afferrò il gomito del primo essere che gli capitò a tiro (avrebbe potuto essere letteralmente chiunque, tanto conosceva la fauna che popolava Hogwarts) e cercò di catturare la sua attenzione parlando il più piano possibile. «conosco il tuo segreto, so cosa hai fatto» e sperava che non avesse fatto davvero nulla, la Persona che aveva fermato: avrebbe complicato la propria posizione. «posso non dire nulla o posso aiutarti, ma mi devi un pavone.»
    Aveva finito.
    No, forse no: «*favore.»


    PARTECIPANO ATTIVAMENTE
    - sunday de thirteenth, tassorosso vi anno
    - tvättbjörn cömmstaj, ivorbone (vega) vi anno
    - aloysius crane, adulto

    ALTRI
    - kiel kane, corvonero vi anno
    - gemes hamilton
    - chariton deadman
    - king bread
    - floyd villalobos
    - non ricordo chi altri io abbia
  11. .
    I can be a liar, I can be a cheat
    I can be neurotic, I can be a freak
    I can be everything in between, but
    you always find the best part of me
    sunday de thirteenth
    «THOR MA CHE CAZZO FAI!!!» qualche patatina volò dal cartoccio alla testa del ragazzino seduto nella fila davanti alla sua, mentre oltraggiato Sandy si alzava dal proprio sedile e sollevava le braccia al cielo, praticamente travolgendo chiunque avesse di fianco – ergo, sicuramente CJ e Barry, o chiunque volesse, non sto qui a sindacare sui posti a sedere. «NON È QUELLO CHE TI HO INSEGNATO!!!» la domanda, dunque, sorge spontanea: il De Thirteenth, che aveva vestito i colori dei tassorosso solo nell’anno precedente e solo perché avevano una squadra vuota, e che di fatto di quel gioco se ne fregava quanto necessario, aveva istruito in qualche modo quell’adorabile bestia di sua sorella sul Quidditch?
    «PIÙ VAGA QUANDO COLPISCI LA GENTE, PIÙ VAGA! ERI SGAMABILISSIMA!» assolutamente no. Se proprio doveva educarla su qualcosa, era su come picchiare. Non che ne avesse davvero bisogno, ma era compito suo farlo.
    Si risedette con un tonfo, poggiando i piedi sullo schienale della sedia davanti a sé. «Sono così fiero di lei.» nonostante si fosse fatta ammonire, sì; era stata comunque bravissima.
    Povero Julian: da un De Thirteenth beccava i limoni, da un’altra le pigne.
    Beh, comunque: «Ooooh, quel bolide fa male!» se lo sentiva. Ancora gli rimbombava in testa quello che si era preso durante un allenamento e che lo aveva lasciato in infermeria per mezza giornata. «JONI FATTI VALERE UCCIDILI TUTTI!!!»
    former vandal @cool_kid
    kiss me, you piece of shit
    3025 12.1k


    tifo per joni
  12. .
    sandy de13th
    freaky friday → barney delon
    «Sì, vabbè, ciaone.»
    Ma di cosa erano fatti, quei due? Incluso nel corpo di Mac c'era anche la bamba che usava il Corvonero? Perché era davvero assurdo, non ci stavano nemmeno provando a farsi fare un livido, un bernoccolo, qualche taglio esteticamente appagante. Tutto, schivavano quelle merdine. Tutto.
    «Vi odio un po',» li guardò entrambi, con quel faccino adorabile che si ritrovava, puntando sulla dolcezza che altresì non avrebbe potuto giocare come carta vincente. Non credeva sarebbe comunque servito a nulla, ma era giusto muoverli a compassione per poi picchiare duro. «brutte merdine maleducate.»
    Rinsaldò la presa sul manico della mazza, cercando di scansarsi dalla bastonata del cattivissimo Mac con nonchalance - dovuta più che altro alla consapevolezza che tanto non avrebbe fatto abbastanza punti in difesa, quindi poteva sciallarsela -, per poi tentare di colpirlo alle ginocchia con l'arma. Con eleganza, e con abbastanza tristezza ad accompagnare le sue movenze (fosse stato il suo corpo non avrebbe nemmeno cercato di difendersi dal tentativo di Dylan di denundarlo, ma era in quello della Delon e voleva preservare la sua dignità dal momento che nemmeno sapeva chi fosse), avrebbe dunque cercato di disarmare la ragazza con la falce per non farsi tagliuzzare i vestiti colpendola con la mazza, e senza smettere di muoversi avrebbe poi calato il legno sulla testa dell'Hale. «Questo è per i miei amiketti morti.»
    Il tentativo, s'intende.


    DIFESA SANDY (sandy + sandy): si scansa da joni + cerca di disarmare fitz
    ATTACCO JONI (sandy + sandy): due bastonate a joni, prima sulle ginocchia e poi in testa
  13. .
    sandy de13th
    freaky friday → barney delon
    Se gli angoli della bocca di Barney Delon avessero potuto scendere più in basso, ancheggiando Sandy avrebbe tracciato dei piccoli segni sulle sponde del Lago Nero.
    Perché Mac era davvero posseduto da qualche demone. Perché il fantasma di una falsa Willow tirava katane più forte di quanto non facessero i vivi. Perché ci aveva provato, ma decisamente troppo poco. Perché Jordan - «mi sono confuso» - non ci aveva nemmeno provato a rotolare via.
    «Eh, pensare alla gente che tuba durante uno scontro non è mai l'ideale.» scosse la testa, il saggio Tassorosso, portando le braccia ad incrociarsi sotto al seno. «O limoni mentre combatti - tecnica collaudata da più persone, giuro! -, o tieni a bada i tuoi istinti animaleschi.» un vero maestro di vita, anche a Val dava quel tipo di lezioni.
    Annuì brevemente a Dylan, la quale saggiamente parlava di safewords, e la indicò al suo compagno di squadra - come a volergli dire di prendere appunti? Più o meno.
    «La vedo davvero brutta.»
    «E ringrazia che ancora la vedi!» perché di lì a poco avrebbe visto solo il buio. A quel punto non restava che pregare.
    Che è esattamente ciò che fece il DeThirteenth, trottorellando verso un Gedeone-Giordano che rotolava (... speriamo davvero, stavolta) via dai nemici, dicendogli quanto fosse stato /stato/ duellare con lui. Gli si scioglieva il kwore. Perciò lo raggiunse, e prima che potesse morire avrebbe fatto un segno della croce, una preghierina al volo per il nuovo amiko, e gli avrebbe stampato un casto bacio sulla fronte - prima di perdere anche quel compagno.
    Okay, tecnicamente non ancora, aspettiamo il fateggio, ma 31 PA...
    «NOOOOOOO JOOOORDAAAAAN NON LASCIARMIIIIIII» (lo lasciò.) e lo scosse violentemente, come Stiles avrebbe fatto di lì a poco in infermeria con chi doveva tornare al volo in campo, per poi recuperare la mazza e correre addosso ad un posseduto Mac.
    «Dai, almeno uno muoia, poi non è equo due contro uno!» e, al grido di «Ë Q Û Ī T Æ !!!» avrebbe fatto bonk sulla testa del battitore.


    DIFESA JORDAN (sandy + jordan): preghierina (eterno riposo)
    ATTACCO MAC (sandy + jordan): mazzata in testa
  14. .
    sandy de13th
    freaky friday → barney delon
    «Oddio, scusa?» non troppo convinto, il DeThirteenth tette-munito, perché ad ogni modo qualcuno doveva perire lì dentro pur di vincere il torneo, però forse aveva esagerato con quella mazzata.
    Soprattutto perché aveva colpito una falsa Willow con quella vera nel proprio gruppo. Non temeva la corvonero, ma riconosceva la sua aura di terrore e la rispettava. Perciò quando sentì Jordan urlare si voltò nella direzione sua e della ragazza, solo per scoprire che quest'ultima già stava venendo portata via su una barella. «Aaaaah vabbè, ma allora!» tutto appostissimo, se non per il fatto che volevano colpire il suo nuovo amiketto.
    «SAAAAAAANDY colpisci il Mac cazzuto» ah okay. Detto fatto: con la furia di un berserker di un metro e sessanta si scagliò sull'Hale. «Ma non lo vedi che è una patata terrorizzata???» Jordan, non Mac: il corvo lo era di base, ma non quella volta. Una mazzata per distrarlo, dopodiché, con un altro swing: «ESCI DA QUESTO CORPO!!! ahah capita?» perché era posseduto, ma anche perché non era davvero il suo corpo. «Mamma mia come sono simpatico.»


    DIFESA JORDAN (sandy + jordan): mazzata
    ATTACCO JONI (sandy + jordan): mazzata
  15. .
    sandy de13th
    freaky friday → barney delon
    Quello che succedeva in infermeria non era affatto previsto restasse in infermeria: non erano mica a Las Vegas, ed era ben più che giusto le voci corressero alla velocità della luce. Perciò, dopo aver recuperato una mazza da baseball - il bastone non gli aveva portato fortuna, era il caso di tornare alle vecchie abitudini e fare il cavernicolo come piaceva a lui -, corse subito a stringere le spalle (almeno idealmente, dato che per farlo davvero Barney Delon avrebbe dovuto avere minimo una ventina di centimetri in più) dei suoi compagni e, dopo aver sorriso entusiasta alla felicità del grifondoro per averlo di nuovo tra di loro, condivise Ciò Che Aveva Visto E Sentito prima che lo imbottissero di bevande magiche e pasticconi per farlo tornare di corsa a combattere. «Costas e Turo stanno per fare fiki fiki anche se Costas è ancora Twat e Turo ancora Jordan, davvero strange forte PERÒ!!! Sono veramente euforico!» quasi quanto Willow felice di farsi picchiare da se stessa.
    Prima di staccarsi, diede una pacca sul sedere di Gideon!Jordan. «Urla quando devi attaccare, così sembrerà che ti stia dando la carica» ammiccò, per poi correre in direzione della tipa col corpo di Willow insieme a quella vera, la mazza ben stretta tra le dita, e con uno swing (non il cinese) degno di nota avrebbe tentato di assestare un colpo preciso alla spalla della ragazza.


    ATTACCO JANE (sandy + willow): mazzata
82 replies since 15/3/2015
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