extra: tassorosso vs grifondoro

Qualche settimana prima

Hazel non si impegnava mai in qualcosa di costruttivo – al massimo era bravissima a distruggere cose!!!! Da che avesse ricordo detestava studiare, e ogni volta che ci provava rischiava di fracassare la sedia a furia di agitarsi. Alla lunga detestava persino – PERSINO – leggere le fanfiction che amava tanto: semplicemente, non andava d’accordo con gli obblighi e ciò che la faceva stare ferma per più di cinque minuti e che non fosse un hamburger gigante. Non era tagliata, la McPherson, per i compiti intellettuali che rendevano orgogliosi i genitori – magiavvocato, o un guaritore, o magari un insegnante rinomato e rispettato dai colleghi!! Era Gideon il fratello intelligente, pacato coscienzioso e studioso della famiglia, e le andava benissimo così; loro due erano gli opposti, letteralmente, e saltava all’occhio anche di chi non li conosceva affatto – eppure, in qualche strano modo, insieme riuscivano a funzionare. Haz era l’altra faccia della medaglia, energia incontenibile se non con una botta in testa, caos imperante e disordinato, senza capo né coda. E, diciamolo pure, la grifa si impegnava solo in due cose: le ship, sacrosante ship, e il Quidditch.
In fondo cos’altro poteva appassionare la stessa ragazza che pareva uscita da una caverna, con una mazza in mano – o nel migliore dei casi un enorme fonzie – al posto della clava?? Nel Quidditch non le era richiesto di stare seduta di fronte a un tristissimo e anonimo banco per ore e ore e ore, in cui l’attenzione della piccola McPherson era puntata ovunque tranne che sulla lezione. Al contrario si divertiva un botto!!! Sfogava l’iperattività e aveva le capacità fisiche per farlo, e quando iniziavano le partite per lei non esisteva altro – e bonus da non sottovalutare, con la sua cara pluffa poteva spaccare arti in modo legale, con quel soave rumore di ossa spezzate che era musica per le sue orecchiette!
Adorava il Quidditch con tutto il suo cuoricino sadico, e si impegnava perché era una priorità assoluta, davvero. Eppure, non le era mai premuto diventare CAPITANO della squadra, per lo stesso motivo per cui tutti sussurravano il suo nome come temendo che potesse spuntare dalle pareti nella peggiore delle maledizioni: Hazel era Hazel. Il minuto prima faceva a botte, il minuto dopo sghignazzava per aver chiuso (Joey e Sandy) gente promettente in qualche aula isolata di Hogwarts, quello dopo la si trovava a fare a gara a chi beveva più Burrobirra senza esplodere. Aveva – ce l’aveva? – una logica imprevedibile, e se si metteva in testa qualcosa non si piangeva addosso, facendo in modo di raggiungere l’obiettivo divertendosi.
Doti che si potevano adeguare alla figura di un capitano: passione, imprevedibilità in gioco, determinazione, spirito positivo. Le piaceva divertirsi e, seppur con una dose di competitività che nel Quidditch superava alla grande la soglia del pericolo pubblico, quel gioco non le sarebbe piaciuto allo stesso modo se fosse divenuto a sua volta impegnativo o impersonale. Come… scrivere un elaborato di Erbologia. Non ci trovava niente di divertente.
Quindi no, Hazel McPherson non aveva mai pensato di diventare Capitano. Ma, ma, con la squadra Grifondoro era diverso. E non solo perché era la loro battitrice da quando si era trasferita in Inghilterra, non solo perché una delle sue amicheTM – quelle pazze quanto lei – aveva rivestito quel ruolo e credeva Hazel avesse la stoffa per succederle, mettendole il tarlo nella testolina vuota; era diverso perché era la sua squadra del cuore. Anche in quel momento, mentre si preparava in spogliatoio, il ruolo di Capitano non le pesava sulle spalle come un dovere di cui avrebbe voluto liberarsi, pur sapendo che sarebbe stato in un certo senso diverso. E capitava sempre che rifuggisse più o meno volontariamente dalle responsabilità veloce come il vento, un po’ per mancanza di voglia, un po’ per evitare le ennesime sgridate di mamma Vicky o i sospiri rassegnati di Gideon. Si sentiva liberissima di godersi gli allenamenti e maltrattare i suoi amiketti, pur con qualche accortezza in più – un buon cap non faceva mai squalificare la squadra per eccesso di falli?? Ah no?? – e la differenza che, stavolta, l’allenamento lo aveva organizzato lei. Perfidamente, un lento sorriso le fece capolino sulle labbra.

Mani sui fianchi come un vero (mini) generale (ah qualcosa in comune con Joey ce l’ha.), aveva proclamato ai compagni l’inizio dell’allenamento barra inferno. Che poi, molto comprensibilmente, ora che Haz aveva il Potere della Mazza magari credevano che avrebbero dovuto sfacchinare fino alla morte – il che non era assolutamente vero!!! «JUUU/UUUUULIAAAAAAN/, A CHE DIAMINE TI SERVONO I MUSCOLI SE NON SAI USARLI? Alla tua età io le corse le facevo con le mani legate e una mela in bocca in un campo seminato di mine.» Cosa? Cosa. Il nonnismo era essenziale per comandare una squadra, lo sapevano tutti!!1! Continuando a correre in quello che era solo il riscaldamento iniziale, diede una spallata a Jordan evidentemente speranzoso di morire presto, mentre Asher che trotterellava fiero e intoccato dalla fatica era il suo orgoglio: andavano d’accordo loro due!!! #0QI «Che c’è Griffith, stai pensando alla tua crush di cui dovrei sapere?? No??? Allora CORRIII.» Il Gallagher, invece, pareva star registrando la sigla di Baywatch: insomma, tutto nella norma.
Dopo una decina di minuti, ebbe l’onore di soffiare nel fischietto per la prima volta – riuscendo a risultare molesta anche con un semplice fischio. «VA BENE RAGAZZI, inizia la seconda parte dell’allenamento!» Eco immaginario del gong. «Someone is gonna die… of fun!!» Fece un cenno alla biondissima e tenerissima Theia, aspettando le posasse accanto un sacco nero, all’interno degli oggetti che non sembravano né piccoli né leggerissimi. OOOOH, ERA COSI’ ELETTRIZZATA!! Batté le mani con tanto di saltello, elettrizzata come una bambina (malvagia, sempre). Avrebbero dovuto chiamarla Annabelle. «Oggi lavoreremo in un modo che servirà a tutti, non importa il ruolo in squadra!!! Forza delle braccia, equilibrio, rapidità di riflessi nell’evitare i bolidi, mira…» Oh my, cosa mai poteva essere!!1! Sondò le reazioni dei suoi compagni, godendosi l’effetto sorpresa che ad Hazel McPherson non mancava mai, e infine aprì il sacco rivelandone il contenuto estremamente simile a dei fucili.
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Jordan, anima pura: «Almeno sparatemi per primo.»)
Ridacchiò. «Conoscete il paintball?? È uno sport babbano in cui devi soltanto-» Si chinò ad agguantare un fucile, lo sollevò e mirò sparando a Julian (poverino, chissà se era lì lì per morire d’infarto #wat): la sua maglietta era diventata di un bellissimo arancione fluo!!! C’era un motivo se aveva detto a tutti di mettersi vestiti che non avrebbero mai usato per uscire! «AW ma quanto sei carino!! Ecco, giocheremo a colpirci e schivare gli attacchi sulle scope! Consiglio di mettere i caschi.» Semplice, intuitivo, dinamico, terra terra proprio come piaceva alla McPherson e il suo unico neurone. Si portò – di nuovo – una mano sui fianchi, un sorriso largo e genuino sul volto. «Allooooora, PRONTI A DIVERTIRCI???» Perché se il Quidditch era una cosa seria, il gioco lo era altrettanto: non l’avrebbe mai fatto sembrare un dovere, la McPherson. O almeno, non un dovere noioso.


Giorno della partita

«L’importante è divertirsi, ma se vinciamo anche meglio.» Questa era stata la premessa, prima che arrivasse Uragano Chelsey a fomentare gli animi col suo solito ardore da giocatrice professionistaTM. Haz aveva contribuito con trasporto perché il divertimento era essenziale, ma se c’era una partita allora dovevano cercare di VINCERLAH con tutte le loro forze – senza farsi prendere dall’ansia però!!! L’attimo prima di entrare in Campo, l’adrenalina che scorreva prepotentemente e le faceva venire voglia di lanciare una pluffa contro qualche bel nasino, incrociò lo sguardo dei compagni e poi quello di Chelsey prima che si allontanasse, con un sentimento molto simile alla nostalgia; era la prima partita che non giocava con lei nella squadra e le sembrava talmente strano. Ma sapeva che sarebbe stata una supporter eccellente (aveva provato a convincerla a distrarre Jeremy mentre lei faceva fallo ma eh, non era andata benissimo ahimè). Strinse il manico della scopa, il solito sorrisetto malefico che le delineava i lineamenti altrimenti angelici. «ANDIAMO!!!»
Ebbe giusto qualche secondo di tempo per godersi la sensazione del vento che le sferzava il viso e le scombinava i capelli biondi raccolti in una pratica coda. Subito dopo, lo sguardo le cadde su un bolide che si stava dirigendo fulmineo verso Jordan, e si sarebbe attivata all’istante per volare verso il ragazzo; avrebbe provato a intercettarne la traiettoria e rispedirlo indietro (il bolide, non Jo ihih CI SERVI ANCHE SE SEI FALZO!!!) con un colpo della sua amata mazza, dirigendolo invece verso un giocatore dell’altra squadra – ciao Joni!!! GUERRA TRA BOLIDI.