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  1. .
    tyler n. wood
    slytherin ✦ 17 yo ✦ insufferable
    the road to love leads back to you
    you got me swimmin' in your ocean
    && in your eyes I see devotion
    but I will always take my time with u
    Continuava ad essere un ballo infinito, ripetuto mille e mille volte, quello tra loro.
    Una solfa continua che non portava mai da nessuna parte, nel bene o nel male.
    Una storia vissuta così tante volte, che Tyler avrebbe saputo descriverne ogni possibile finale — perché li aveva già vissuti tutti; e non importava le sfumature diverse in ciascuno di loro, l’esito era sempre lo stesso.
    Lui se ne andava, Adam restava indietro; qualche volta era il tassorosso ad andarsene, per il suo bene, ma comunque allontanato dallo stesso Tyler.
    Non riusciva a vedere come – né perché – quella volta avrebbe dovuto essere diversa.
    Non lo era.
    E prima il Cox se ne sarebbe reso conto, prima avrebbero potuto tornare entrambi a vivere la propria giornata (la propria vita) come se nulla fosse. Fino al prossimo litigio, ovviamente.
    «Non capisco perché tu non vuoi che io capisca. E non vuoi capire nemmeno te stesso. Perché non lasci entrare nessuno… perché non lasci entrare me.»
    Ebbe l’impulso di rispondere perché dovei, puntandogli un dito contro il petto e domandandogli cosa avesse lui di diverso da tutti gli altri — perché lasciar entrare Adam Cox nella sua vita fosse la soluzione a tutti i problemi.
    Non lo era.
    Stava per farlo, stava per riversare sul minore tutti i suoi pensieri più maligni, ma la risata maliziosa e infantile di Adam rovinò il momento. Come al solito. Bastò quella consapevolezza a fargli riprendere il controllo di se stesso, la presa allentata in un singolare e passeggero momento di poca lucidità e debolezza, e farlo sospira in maniera pesante.
    A che pro, combattere contro quella testa dura di un Cox?
    Non sarebbe mai cambiato, così come non sarebbe cambiato nemmeno Tyler; ecco perché tra loro le cose non avrebbero mai funzionato.
    «Ma vorrei solo che smettessi di farti questo.»
    Non gli rispose nemmeno quella volta, ma alzò il mento con aria fiera (fin troppo) dimostrando che non avesse rimpianti di alcun tipo, e che non si trovava affatto d’accordo con Adam: non si stava facendo nulla, perché continuare ad insistere? Piuttosto, sembrava essere il tassorosso quello intenzionato a continuare, a battere a pugni chiusi contro un muro di cemento con la speranza di farlo crollare, e ricevendo solo in cambio silenzio e nocche spaccate. Un masochista.
    «Tyler»
    Almeno quanto lui che, pur professando di essere inscalfibile e distaccato dalla cosa, continuava ad essere lì; continuava a stuzzicare il Cox, a giocare un gioco pericoloso che portavano avanti da troppi anni. Non faceva bene a nessuno dei due, e Tyler odiava ogni cosa.
    Più di tutto, odiava il modo in cui il suo nome suonava quando pronunciato dal tassorosso — come se indicasse una persona completamente diversa, che solo Adam conosceva; che solo Adam poteva amare. Lo odiava, perché sapeva benissimo che non sarebbe mai stato in grado di diventare quella persona lì. Neppure per il Cox. Neppure volendolo.
    Continuò a fissarlo con lo sguardo più scuro e cupo, nulla a che vedere con la tensione ormai palpabile nella stanza che scuriva invece lo sguardo di un eccitato Adam Cox; Tyler era furibondo, perché quella situazione non gli piaceva più, e forse gli piaceva un po’ troppo — e perché i suoi abiti erano fottutamente spariti nel nulla. Quando pronunciò il nome di Adam, lo fece senza la nota calda piena di passione dell’altro; c’era piuttosto una quieta minaccia in quel nome pronunciato con tanta calma.
    Rivoleva i suoi abiti.
    Ma il bacio di Adam bastò a sconvolgere tutti i piani del giornalista in erba. Non lo ricambiò, e rimase impassibile anche dopo aver allontanato il compagno, accusandolo di soffrire di una forma acuta e grave di satiriasi. «Mi sembra di non averne mai fatto segreto. Il sesso non mi basta mai.»
    Oh, lo sapevano bene entrambi.
    «Sicuro di non essere tu a esserlo?»
    «cosa, prevedibile?» un verso di scherno sfuggì alle sua labbra arrossate, mentre la mano scendeva con lentezza lungo i corpi di entrambi, «dubito.» Anche se c’erano cose peggiori al mondo, tipo il non avere il minimo senso estetico o non sapere mettere due parole sensate una di fila all’altra. Eh Adam.
    Ma esortò comunque l’altro studente a dire di più, aumentando solo per un istante il ritmo con cui massaggiava l'intimità del tassorosso. «Perché ora come ora sei esattamente dove volevo che fossi.»
    Provò l’istintivo bisogno di alzare gli occhi al cielo, ma non lo fece: nonostante tutto, era incantato dalle microespressioni che vedeva apparire sul viso di Adam, le labbra dischiuse dal piacere e le palpebre che di tanto in tanto mascheravano l’eccitazione visibile nello sguardo dell’altro.
    Gli conferì persino il permesso di accarezzare il proprio corpo, beandosi di quelle attenzioni che sapeva di meritare; era un narcisista, dopotutto, ed era ben più che felice di essere oggetto di quelle meticolose cure.
    «E stai anche facendo quasi tutto quello che volevo che facessi»
    Che impertinente, che faccia tosta.
    Non lo aveva ancora capito? Era davvero così stupido?
    «O magari sto facendo quello che volevo fare io
    Quella volta ricambiò il bacio, e inseguì la lingua di Adam in una danza familiare e nella quale entrambi erano avvezzi, mordendo le labbra e continuando a far lavorare la mano esperta nella maniera che sapeva avrebbe fatto impazzire il Cox entro breve, suo malgrado influenzato egli stesso dagli effetti di quei gesti impudici.
    Poi, d'improvviso, si staccò da Adam e liberò l'erezione del tassorosso dalla presa, lasciandolo annaspare in cerca di aria mentre si divincolava dal suo lascivo abbraccio, e gli sorrideva beffardo. «Io posso smettere quando voglio, Cox.»
    Sapeva di poterlo fare.
    Ma la vera domanda era: voleva farlo?
    Cercò di convincersi che la risposta fosse sì, che volesse, che volesse avere il controllo di quella situazione e accendere o spegnere la propria eccitazione come fosse un interruttore — eppure non funzionava così. Perché Adam aveva il brutto vizio di prendersi qualsiasi libertà con Tyler, e Tyler quello di lasciarlo fare, al punto da scollegare persino il proprio cervello per qualche minuto e bearsi di quel silenzio immacolato di cui si beavano tutti quelli con un QI inferiore al suo; quando era tra le braccia del tassorosso, Tyler Wood diventava argilla pronta ad essere modellata con cura ed esperienza da mani che sapevano esattamente ciò che stavano facendo.
    Odiava sentirsi così.
    Dare tutto quel potere a qualcuno, persino ad Adam, lo faceva sentire debole, una nullità, inaffidabile. Se amare voleva dire dare agli altri la possibilità di esercitare su di lui un tale potere, Tyler non era sicuro di essere disposto a farlo. Neppure con Adam Cox. Non gli piaceva sentirsi privato del controllo su se stesso, sentirsi manipolabile e vano.
    Ma sapeva anche di non avere più possibilità di decidere, non quando si trattava di Adam.
    Era troppo tardi.
    E l'unica cosa che poteva fare era prendere le distanze dal minore — emotivamente, e fisicamente. In quel momento più che mai.
    Raggiunse dunque il bordo della vasca, senza guardare mai neppure per un secondo il tassorosso, e prima di tuffarsi (e sperare così che il silenzio e la calma dell'acqua calda mettessero a tacere tutte le altre voci) ricordò al Cox: «dovresti andare via» per il benessere psicologico di entrambi.
    Di Tyler sicuramente.
  2. .
    CITAZIONE
    forse andava messo prima ma eh TW per contenuti espliciti SMACK

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    Ancora una volta, rimase impassibile alle osservazioni ovvie (e inutili) del tassorosso, che dimostravano solo quanto avesse ragione Tyler nei suoi riguardi; avrebbe potuto infierire e costringere entrambi a rimanere lì a fare quel gioco infantile per tutto il pomeriggio, ma i programmi del giornalista in erba prevedevano tutt'altro, per quel giorno, e non li avrebbe di certo fatti deragliare per colpa del Cox.
    «Tu con me non parli mai chiaro» avrebbe potuto fargli presente che non fosse lui a non parlare chiaro, ma Adam a non capire mai nulla — però, davvero, non voleva incastrarsi in una discussione senza fine con quel testardo di un tassorosso. C'erano già passati fin troppe volte, e sempre riguardo gli stessi discorsi, al punto che Tyler era stanco, svuotato, stufo di ripercorrere sempre gli stessi tracciati senza mai arrivare a nulla.
    Per questo motivo, perché era una storia vecchia quasi quanto la loro non relazione, le successive parole di Adam contribuirono ad alimentare il cattivo umore di Tyler, indispettendolo più del dovuto e procurando al prefetto un fastidio che avrebbe spiegato poi, più a se stesso che agli altri, come disappunto per l'ostinazione del Cox a voler rimarcare ancora e ancora su argomenti già affrontati a ripetizione.
    «Non lo so, infatti. Semplicemente lo sento. Lo vivo. Non è qualcosa che si può studiare o imparare. Lo si deve vivere e basta.»
    Mah, facile aprire la bocca e dargli fiato: erano parole incomprensibili per Tyler, non nella forma ma nel significato — perché parlavano di qualcosa di intangibile, di emotivo, qualcosa a lui (volontariamente) precluso. E Adam lo sapeva. «Lo sapresti, se la smettessi di avere un cuore così stitico» Adam lo sapeva e ogni volta tornava a spingere lì, fastidioso come sabbia dentro le scarpe o un dito puntato contro le costole.
    Forse, dopotutto, non se lo meritava il suo silenzio — non se lo meritava affatto. Nemmeno il rischio di finire a parlare per ore della stessa cosa ma in font diversi poteva fermarlo, ora, dal rispondere a tono al tassorosso, braccia incrociate al petto e sguardo duro.
    «Non hai appena detto che con me bisogna parlare chiaro? Forse sei tu che non sai spiegarti, invece di essere io a non capire.»
    «no,» c'era una punta di veleno già percettibile in quella singola sillaba, «sei tu a non capire.» annunciato come se fosse un dato di fatto, una banalità, una cosa così ovvia per cui non valeva la pena neppure sprecare più di quelle semplici parole o un tono che fosse meno smunto e incolore.
    «Sai qual è il problema?»
    «immagino che stai per dirmelo?» gli parlò sopra, fregandosene delle buone maniere e del rispetto: Adam Cox lo stava mettendo alla prova (come ogni dannata volta) e lui era stanco.
    «Ti concentri sempre sulle cose sbagliate. Vuoi spiegarmi le cose sbagliate. Inutili, persino.»
    Ah sì? E quali erano queste cose “inutili”? A Tyler non risultava. Lo esortò, con uno sguardo allusivo, ad andare avanti e illuminarlo con la sua saggezza.
    «Come i vestiti. Sono inutili. Certo, a parte per ripararsi dal troppo freddo o troppo caldo, ma perché civile dovrebbe essere uguale a vestito? Non ha senso.»
    «non sta a me spiegarti le basi della convivenza civile, Cox, hai due genitori per quello.» come avevano fatto a fallire così tanto, con lui e con quell'altra bestia di sua sorella? Era un quesito che spesso metteva alla prova la mente sveglia del serpeverde — e che cementava sempre di più la sua convinzione sul non voler avere figli suoi, in futuro; sembrava un lavoro troppo faticoso che lasciava volentieri a persone con ambizioni diverse dalle sue. «e non hai chiaramente colto il punto, nemmeno stavolta» una cosa che non avrebbe dovuto stupire Tyler, e infatti non c'era stupore nella sua voce, ma solo la stessa freddezza riservata all'altro fin dal primo momento.
    «Ma te l’ho già detto: mi piace soffrire»
    A quel punto rivolse lo sguardo scuro al soffitto incantato, allontanandosi dal biondo per iniziare a spogliarsi: ne aveva sentite veramente troppe, c'era un limite a tutto.
    Non poté comunque trattenere quel minimo di soddisfazione che lo costrinse ad alzare appena l'angolo delle labbra, quando sentì il verso poco umano che sfuggì da quelle di Adam quando la camicia venne via — non lo stava facendo apposta, e non era di certo colpa sua se l'eccitazione veniva trasmessa nel corredo genetico di Cox in Cox come la pelle chiarissima e gli occhi chiari, ma non poteva non sentirsi un minimo fiero del modo in cui, nonostante tutto, riusciva ancora a premere i giusti bottoni nell'altro, pur senza fare assolutamente nulla se non una cosa semplice e banale come sbottonarsi la camicia e prepararsi per un bagno.
    La piega delle labbra del serpeverde aveva un che di presuntuoso che non poteva – né voleva – nascondere. Non ad Adam, comunque.
    «Cristo santo»
    «puoi chiamarmi Tyler, ne abbiamo già parlato» gli ricordò con semplicità, facendo lo spiritoso, solo per creare maggior disagio in un Adam Cox già visibilmente provato, destabilizzandolo con vani tentativi di fare il simpatico.
    A giudicare dal nuovo verso gutturale (e animale) che suscitò nel minore, doveva star funzionando.
    «Sai cosa?»
    No, non sapeva cosa, ma aveva come l'impressione che, qualsiasi cosa fosse, lo avrebbe scoperto a breve.
    E non gli sarebbe piaciuto.
    E infatti: «Evanesco.» Ebbe appena tempo di notare la bacchetta del Cox puntata contro di lui (quella magica; l'altro era sull'attenti già da un pezzo e a Tyler non era sfuggito quel particolare) che improvvisamente la sua divisa immacolata era sparita, lasciandolo nudo come il giorno che era venuto al mondo.
    «adam.»
    Il tono gelido parlava da sé, e in quel nome c'erano tutti gli ammonimenti che non serviva ripetere ad alta voce: se c'era una cosa che Tyler non sopportava (beh, una delle tante cose che Tyler non sopportava) era che qualcuno rovinasse i suoi abiti, per errore o di proposito.
    Era pronto ad insultare il Cox e rammentargli quanto caro avrebbe pagato quel gesto, ma l'altro fu più veloce ad avvicinarsi e sussurrare quel «Vaffanculo» a fior di labbra, costringendolo a ricambiare quel bacio disperato che fece suo, rubandolo ad un Tyler immobile ed esasperato al cento percento.
    Queste le motivazioni che il serpeverde diede a se stesso come giustificazione del fatto che, alla fine della fiera, non oppose resistenza e lasciò che il Cox si prendesse quello che, era evidente dal modo in cui la sua erezione premeva conto quella ancora acerba di Tyler, desiderava disperatamente — era una persona magnanima, quando voleva, Tyler Wood.
    Sollevò una mano per posarla sui riccioli biondi del minore, incastrando le dita esili tra ciocche color grano, per poi tirare leggermente e costringere Adam ad interrompere il bacio. «credevo fossi in sciopero,» gli ricordò, «che ce l'avessi con me e blablabla» non si allontanò da lui, parlando a pochi centimetri dalle labbra arrossate e dischiuse dell'altro, presuntuoso e sicuro di sé e del potere che aveva sul tassorosso. «dunque avevo ragione, il sesso–» lo schernì, usando le sue stesse parole, «con gli altri non ti basta.» Sarebbe tornato sempre da Tyler; così come Tyler, suo malgrado, sarebbe sempre tornato da Adam. «sei davvero troppo prevedibile, Cox» e, così dicendo, portò la mano libera a scivolare tra i loro corpi, posandola maliziosa sull'erezione di Adam, massaggiando con movimenti lenti e calcolati, deciso a farlo soffrire più del dovuto. Se era quello il gioco che Adam voleva fare, Tyler era disposto a dimostrare che sapesse giocare — e che intendesse vincere.


    stai zitta non dire nulla non guardarmi non percepirmi non rileggo nemmeno e getto il telefono oltre l'oceano qui finisce la mia zona di comfort e inizia il disagio SOLO PER TE
  3. .
    tyler n. wood
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    Non si scompose alle, né si lasciò stuzzicare dalle, provocazioni verbali del tassorosso a mollo.
    «Ripeti con me. Sesso. S-e-s-s-o.»
    Sesso, era semplice.
    Era quello che facevano loro, no? Solo sesso, niente di più. Non c’era alcun bisogno di etichettare quello che c’era tra loro, qualunque cosa fosse in nessun’altra maniera. Ma non era quello il motivo per cui Adam stava sottolineando la parola, e Tyler lo sapeva benissimo.
    «Devi smetterla di nasconderti dietro a giri di parole senza senso, come se fosse tutto un tabù e non la cosa più naturale del mondo. Non dopo che ti ho visto usare quella bocca in ben altro modo.»
    «Scusa, hai ragione,» said, Tyler, never, «alle volte dimentico quanto il tuo vocabolario sia limitato, Cox. Con te bisogna parlare chiaro Qualsiasi altro tormento implicito nelle parole del tassorosso, scivolò in apparenza sulla pelle di Tyler, pur rimanendo fastidiosamente impresso laddove contava di più: nel cuore.
    Sapeva di avere qualche limitazione, il Wood, in primis quella di non essere ancora affrontato, nemmeno con se stesso, quel particolare discorso — ma trovava fossero affari suoi il come e il quando (e il se) affrontare la questione. Di certo non spettava ad Adam Cox forzare la sua mano.
    «Sei adorabile quando fingi che non te ne freghi nulla dei miei programmi, e di quelli di Daisy»
    Doveva star proprio delirando, il Cox, se credeva davvero che Tyler stesse fingendo; o forse non lo conosceva così bene come sosteneva. «E poi una comare come te deve essere sempre informata su tutto.»
    Alzò gli occhi verso il soffitto a volta del bagno, sospirando affranto ma non sorpreso. «Volerlo sapere per informazione generale e interessarmi sono due concetti ben diversi,» ma non si aspettava che Cox capisse la sottile differenza nelle sfumature di una lingua che, chiaramente, non padroneggiava.
    Riportò lo sguardo sull’altro solo per prendere bene nota di lineamenti che, suo malgrado, conosceva già alla perfezione, e per ascoltare con più attenzione le parole di Adam.
    «Funziona così, quando si ama una persona. Si passa del tempo con lei. Si vuole stare con lei il più possibile. Diventa una… necessità. Come mangiare»
    Lo trova come minimo esagerato, ma non glielo disse; preferiva lasciarlo vivere nella sua utopia rosea, ma non accettava che ci trascinasse dentro Margarita. «La ami davvero?» Nella piega arricciata del naso poteva leggersi chiaramente un certo disgusto, ma non era geloso; piuttosto, credeva che Adam non fosse semplicemente all’altezza di sua cugina. «Hai sedici anni, come puoi sapere cosa sia l’amore?» E non ne avevano forse già parlato, in più di un’occasione? Eppure non trovavano mai un terreno comune su cui rimanere saldamente in piedi; crollavano sempre giù, come castelli di sabbia troppo fragili, con fondamenta instabili.
    Preferiva di gran lunga quando i loro scambi di parole si limitavano ad argomenti simili, a frecciatine non troppo velate e commenti caustici.
    «Rimane il fatto che tu non ti sei mai lamentato»
    «Magari non hai mai voluto ascoltare.»
    Era troppo stronzo da parte sua insinuare il dubbio di insoddisfazione nel biondo? Forse, ma troppo tardi ormai. Si strinse nelle spalle, senza argomentare ulteriormente quel commento, lasciando ad Adam la libertà di prenderlo come voleva — una verità, una bugia, una provocazione. Tutto, o nulla.
    «Siamo in un bagno, è chiaro che sto bagnando»
    Fece un favore ad entrambi a non commentare il modo in cui lo sguardo del tassorosso cadde sul cavallo dei pantaloni e non sulle scarpe, perché era un signore, ed era stato cresciuto meglio (del Cox) di così. Preferì invece allontanarsi – per una serie molto lunga di motivi, in primis perché non voleva che Cox gli rovinasse le scarpe – e lo invitò nuovamente a lasciare il bagno.
    «E mi lasceresti andare in giro così? Cosa ne sarà del mio buon nome? Del mio onore??»
    «È per questo che ti ho ridato i vestiti.» Spiegò, come se avesse di fronte un bambino di cinque anni — perché era esattamente così. «Vanno indossati, sai? Addosso Imitò il gesto di rivestirsi, continuando a spiegare, «so che è un altro concetto sconosciuto per te, ma nella società civilizzata si usano strati di indumenti per coprire le proprie grazie, e risultare rispettabili.» O, almeno, non rischiare di essere passabili di denuncia.
    «Sei senza cuore»
    «Credevo lo sapessi già» Tono asciutto, secco; credeva di averlo già dimostrato. Forse non abbastanza. Forse non davvero.
    «E sei anche un vecchio. Me l’hai già detto, appunto. È il bagno dei prefetti e io non posso starci e…» Eppure era ancora lì.
    «A quanto pare hai bisogno che venga ripetuto, però.»
    E lo aveva anche zittito, un punto a favore di Tyler!
    Si limitò, come il gran signore che era, appunto, a commentare con un solo sopracciglio a svettare sulla fronte, continuando a spogliarsi come se nulla fosse, liberando un bottone alla volta con agonizzante lentezza, compresi quelli dei polsini. «La porta sai già dov’è…» Una volta sbottonata del tutto, rimosse la camicia una manica alla volta, piegandola poi e poggiandola insieme al resto della divisa, sulla panchina; lo sguardo era tutto per il tassorosso impalato di fronte a lui, ammutolito, con gli abiti stretti al petto e nulla a coprire l’erezione impossibile da notare, e quella mente sconcia che doveva star lavorando come poche volte prima di quel momento.
    Abbassò la testa e sorrise trionfo, Tyler, pur non facendo nulla per andare incontro al povero Cox, iniziando a slacciare i lacci delle scarpe, una alla volta. «Ti piace quello che vedi?»
    Sul serio: Tyler poteva farlo tutto il giorno, non aveva alcuna fretta al contrario di qualcuno.
  4. .
    gifsjournalist
    deatheater
    former slytherintyler wood
    currently playing
    Ready for you
    Years & years
    thinking you might slip through,
    there won't be another day I let you get away
    'cause we started something good,
    but just know that before you
    I wasn't ready for you
    Perso nei suoi pensieri sempre più fitti e ingarbugliati, Tyler non aveva sentito quello che, in altri momenti, avrebbe colto senza problemi: il rumore di passi, reso ovattato dai tappeti che aveva costretto Adam e Daisy a comprare per decorare la casa; la porta che si chiudeva in maniera non così silenziosa come il tassorosso credeva; il cigolio del penultimo gradino della scala, che tutti sapevano facesse rumore ma nessuno alzava la bacchetta per sistemare. Ancora di più, non gli sarebbe di certo sfuggito l’ingresso del compagno in cucina, che invece Tyler notò con un pizzico di ritardo, il cucchiaino con cui aveva girato il té per i precedenti svariati minuti stretto tra indice e pollice.
    Il singolo sopracciglio a svettare verso la fronte, l’espressione più impassibile di cui fosse dotato e lo sguardo scuro a specchiarsi in quello ancora assonnato di Adam.
    «Appft! Fei qui!»
    Dove altro avrebbe dovuto essere?
    Non lo chiese, abbassando con deliberata lentezza gli occhi sul pancake stretto tra le labbra dell’altro, e che ora cadeva in terra, tazzina ancora a mezz’aria e linguaggio del corpo che parlava senza che Tyler avesse bisogno di dire alcunché.
    «Allora? Il tuo articolo? È uscito?»
    «Adam, puoi, per cortesia, far finta di non essere stato cresciuto dai lupi nel cuore della foresta? Almeno in casa?» Ma anche fuori, in realtà: portarsi dietro il Cox, molto spesso, era imbarazzante. «Stiamo crescendo una figlia, non delle bestie. Il minimo che tu possa fare è dare il buon esempio.» Nessun buongiorno, per lui, per loro; erano un po’ di mattine che, loro malgrado, si svegliavano sempre più lontani e i piacevoli risvegli pigri e pieni di passione erano solo uno sbiadito ricordo; la scusa ufficiale era che Minnie, sempre più spesso, lasciasse il suo letto per intrufolarsi nel loro nel cuore della notte, e rimaneva con loro fino all’indomani, ma sapevano entrambi che il problema di quella distanza aveva radici ben più profonde.
    Non era mai stato uno devoto all’ozio o alla poltronaggine, il Wood, ma aveva sempre trovato tempo per il compagno, mai a discapito del suo lavoro, certo, ma pur sempre impegnandosi per dedicare quante più attenzioni possibili all’altro e cedere a quelle che Adam stesso era solito riservargli; ma da un po’, fingere che non ci fosse una crepa nella loro casa, sempre più profonda, era diventato impossibile e si ripercuoteva non solo nella sfera emotiva, ma anche in quella sessuale, sì. Soprattutto lì. E Tyler, che non era mai stato bravo a indossare i propri sentimenti in maniera trasparente, affinché tutti potessero leggerli, aveva (non così) involontariamente richiuso quello spiraglio di onestà che l’aveva avvicinato, negli anni, al Cox. Suo malgrado lo amava – e sempre lo avrebbe amato – ma ignorare che ci fossero problemi seri a gravare sul loro rapporto non stava giovando alla cosa.
    Con una manciata di minuti di ritardo, ancora in piedi con la tazza di té fumante stretta fra le mani, si prese la briga di rispondere ad Adam. «Sì, è uscito.» Una risposta arida, il cui tono, sperava, avrebbe precluso altre domande: non ne voleva parlare, non quando non si reputava fiero del suo lavoro. Quello che avevano stampato, infondo, non era il suo operato.
    Sfidò comunque il Cox a chiedere altro, il mento appena alzato e le labbra tirate in una linea serratissma, conscio che dandogli troppe libertà avrebbe finito per ottenere esattamente il risultato opporto; ma non ci fu tempo per scoprire se avesse ragione o meno, perché proprio in quel momento sentirono la porta di casa aprirsi e una voce familiare annunciare il suo arrivo.
    «Sto forse interrompendo qualcosa?»
    Tyler ci mise qualche secondo di intensissimo silenzio prima di distogliere lo sguardo dal compagno e portarlo sulla figura appena giunta di sua cugina, parlando a bassa voce. «Non sarebbe una novità», commentò, al posto di un buongiorno. Non lo era. Lo era di rado, per lui.
    Osservò Daisy spogliarsi del suo camuffamento, impassibile ad una scena vista e rivista fin troppe volte; il modo in cui sua cugina sfuggiva alla stampa nel quotidiano era direttamente proporzionale al modo in cui la cercava negli eventi sociali. Indicò gli occhiali da sole, facendo schioccare la lingua contro il palato. «Quelli sono miei.» E, doveva ormai saperlo, un po’ di tutti: era così che gli avevano detto i due, no? Che in quell’unione condividevano tutto; Tyler aveva risposto di non aver firmato alcun pre-nup e, pertanto, di non essere d’accordo con tale affermazione. Le sue proteste erano state cordialmente declinate e ignorate.
    Non commentò, invece, lo sguardo gonfio di Daisy o l’aria triste; aveva imparato sulla sua pelle che il posto di cugino preferito avrebbe dovuto condividerlo per sempre con il fantasma di uno strappato alla Bulgakov prematuramente, e la cosa non lo preoccupava. La competizione, in generale, non lo preoccupava; menchemeno quella con i morti. Per tutte le altre cose che rendevano Daisy Bulgakov un po’ meno brillante, giorno dopo giorno, Tyler si impegnava a fare quel che poteva laddove poteva; c’erano molte cose che andavano ben oltre il suo potere. E l’empatia era sempre mancata, all’ex serpeverde.
    «Rita.» L’ammonì con il tono secco di chi era stanco, nel vederla scalciare via le scarpe da ginnastica: possibile che in quella casa fosse l’unico con un minimo di decenza e voglia di tenere le cose in ordine?
    (Forse anche troppo; la morsa di rigore che Tyler stringeva intorno alla sua famiglia era a tratti soffocante.)
    Lei, molto prevedibilmente, lo ignorò. «Molto british da parte tua»
    Lui non fece lo stesso, abboccando alla sua provocazione. «Io sono british.» Dalla punta dei piedi a quella dei capelli, e lo sapevano bene entrambi i maghi che gli stavano di fronte. Maghi che, chiaramente, erano in combutta contro di lui a giudicare dall’occhiata complice che si erano appena scambiati. Cercò di pensare a quella, Tyler, quando riabbassò lo sguardo cupo sul liquido ambrato, ignorando il bacio che i due si erano scambiati; non era geloso, un tempo forse lo era stato – se dell’uno o dell’altra era poco chiaro – ma non più, però certi atteggiamenti lo lasciavano ancora un po’ turbato pur sapendo che non avrebbero dovuto, avevano un figlio insieme quei due, per Morgana. E sapeva che Adam amasse entrambi, in egual misura; e che Rita amasse entrambi, in eguale misura; e che lui amasse entrambi, in egual misura — ma con bisogni ben diversi.
    Accettò comunque l’abbraccio di Rita, e quel bacio sapientemente calibrato e lasciato all’angolo delle labbra, riuscendo persino a non irrigidirsi a quel «Tutto okay?» bisbigliato nel suo orecchio.
    No, pensò, non è tutto okay.
    Ma a lei, quando la staccò con delicatezza da se stesso, rispose con il solito sguardo scuro e una scrollata di spalle. Non avrebbero intavolato quella conversazione di fronte ad Adam; così come Adam e Tyler non intavolavano certe conversazioni di fronte a Daisy e come, era certo, Daisy e Adam non intavolassero altre conversazioni di fronte a lui. Funzionavano così, loro tre.
    «Ecco qua, ora manca solo un buon caffè bulgaro!» Tyler riservò ai pancakes un’occhiata poco convinta, da sempre non un grande estimatore dei cibi troppo dolci, e lasciò che i due maghi si affogassero nello sciroppo mentre lui sorseggiava il suo té. «Minnie sta ancora dormendo?»
    Annuì, non riuscendo a trattenersi dall’aggiungere un caustico «è ancora presto» e se la svegliate vi affatturo lasciato non detto, ma chiaramente leggibile nella posa tirata delle labbra. «Dove sei andata?» C’era stato un periodo non particolarmente brillante della sua vita in cui Tyler aveva perso momenti, e spesso interi giorni, confuso e spaesato, sempre più distante e scollegato da se stesso, in cui dimenticava appuntamenti, cose già dette o sentite, persona e parole; erano stati giorni (settimane, mesi) terribili, per i quali aveva incolpato – almeno davanti a Rita – lo stress a cui era sottoposto a lavoro; sapevano tutti e tre che fosse una balla. Ma da quel momento in poi, comunque, – e soprattutto dopo, con l’arrivo di Minnie e Albie, e i loro doveri quotidiani triplicati – avevano deciso di tenere una lavagna dove segnare le cose più importanti di cui tutti dovevano essere informati, come uscite, appuntamenti, cene e la lista della spesa. Indicò la lavagna appesa al muro con un cenno della testa. «Non c’è scritto nulla, lì sopra.»
    Controllare dove andassero, quando e con chi, era l’unico modo che Tyler aveva per accertarsi che i suoi cari stessero bene; il minimo che potessero fare era rispettare quell’accordo e non dargli ulteriori preoccupazioni. Era troppo giovane per ammalarsi di ulcera al fegato.
    sooner or later you're gonna tell me a happy story. i just know you are.


    devo uscire con barrie, giuro che poi (forse.) rileggo. io e tyler vi sbaciamo in tutta la nostra diticità :v:
  5. .
    tyler n. wood
    slytherin ✦ 17 yo ✦ insufferable
    the road to love leads back to you
    you got me swimmin' in your ocean
    && in your eyes I see devotion
    but I will always take my time with u
    L’espressione che Tyler riservò ad Adam, quando il minore riaprì pigramente gli occhi, strizzando le iridi azzurre dietro palpebre pesanti e palesemente sognanti, fu una di completa e innegabile indifferenza. Se non fosse stato per le successive parole, che pur provandoci non riuscì a trattenere, si sarebbe potuto dire che Tyler non avesse nemmeno prestato attenzione ai gesti inconfondibili di Adam, nella vasca. Eppure dovette parlare, fu letteralmente più forte di lui: un bisogno quasi primordiale, che sentiva sempre quando dall’altra parte delle sue parole fredde e velenose c’era il Cox.
    «cosa c’è, i tuoi… rendez-vous ti lasciano insoddisfatto, al punto di dover ricorrere alla tua stessa mano per un po’ di piacere, Cox?» Era caduto davvero molto in basso, c’era poco da dire o fare a riguardo. Gli lanciò anche un mezzo sorriso di scherno, le braccia ancora incrociate al petto e nella mente l’immagine di nonna Wood con il grembiule a fiori che agitava, tutta alterata, il mattarello con cui aveva steso poco prima la sfoglia per la torta di mele — un’immagine pietosa, ma di cui il serpeverde aveva assolutamente bisogno per evitare che il cavallo dei pantaloni diventasse troppo stretto al pensiero di dove stesse riposando, proprio in quel momento, la mano del tassorosso immerso fino al collo. Non si sarebbe fatto fregare, o peggio, trascinare in quella situazione dal biondo.
    «Da quando sei così informato sui miei movimenti? E ti importa dei miei voti?» E non avrebbe neppure abboccato alle sue provocazioni. «Non mi sono “informato”,» gli rispose, con fare pratico e tagliando corto la questione, «è stata Rita a condividere con me i vostri programmi, nella futile speranza che potesse interessarmi qualcosa, tsk.» O forse nella speranza che si sarebbe unito a loro, magari.
    Nel dubbio, Tyler non aveva concesso né la prima, né la seconda.
    Evitò anche di rispondere riguardo la (tragica) situazione scolastica del tassorosso: sapevano entrambi che rimanesse ancora a galla solo per l’aiuto costante di Daisy, e quello un po’ più riluttante di Tyler stesso. «Non è così strano, sai.» Lo rimbeccò, facendogli presente che «passi davvero un sacco di tempo con mia cugina, purtroppo.» Volente o nolente, Tyler era destinato a sapere molto più del Cox di quanto desiderasse.
    Che poi dovesse convincere se stesso che non gli importasse così tanto, era un altro discorso.
    «Hai finito?»
    La voce sicura di sé dovette arrivare in qualche modo alle orecchie di Adam, perché finalmente alzò lo sguardo per incontrare il suo, e Tyler inarcò un sopracciglio, in attesa — del responso di quella radiografia improvvisata. «Se sei alla ricerca di altro materiale per le tue fantasie ad occhi aperti, non è qui che lo troverai.» Bugia, e lo sapevano bene entrambi: non c’era nulla, sotto la divisa, che Adam non avesse già visto più e più e più volte.
    Ma la consapevolezza che, alla fine della fiera, Adam Cox sarebbe sempre tornato , da lui e solamente da lui, lo fece sorridere compiaciuto. Il biondo era davvero troppo prevedibile; e Tyler troppo egocentrico per vedere qualsiasi altra verità.
    «Due minuti sono sufficienti per fare tante cose…» Ancora una volta, sorrise beffardo, prendendo in giro Adam. «Sì, lo so benissimo che sei incredibilmente veloce.» Derogatory, sempre e solo derogatory. «Rimane il fatto che tu qui non possa starci.» Ed iniziò a contare, come si faceva con i bambini — perché davvero, Adam Cox era solo un bambinone un po’ troppo cresciuto.
    Ed infatti, Tyler lo osservò immergersi nell’acqua proprio mentre lui iniziava a contare, e roteò gli occhi al cielo. Non era un suo problema, si ripeté: era un prefetto, aveva tutto il diritto di denunciare quell’effrazione.
    «…due.» Serrò le labbra quando il minore emerse ricoperto di schiuma, e gli rivolse un’altra occhiata priva di alcuna espressione. «Temo che il record mondiale di apnea vada leggermente oltre i due minuti, se era questo ciò che stavi cercando di dimostrare…» Annunciò, senza scomporsi quando lo vide issarsi su dal bordo piscina; in realtà un po’ era sorpreso, Adam non era di certo un tipo atletico, era un miracolo che non fosse scivolato battendo le chiappe nude sul pavimento. Peccato.
    «Ops. Ho dimenticato l’accappatoio… Non posso bagnare i corridoi, rischierei la sala torture…» L’istinto di dargli una spinta e ributtarlo nella vasca fu molto,ma Tyler si trattenne. «Stai bagnando ovunque.» Indicò le proprie scarpe, senza però abbassare lo sguardo, nella testa ancora l’immagine della nonna incazzata che sbraitava. «I due minuti sono scaduti.» Con un colpo di bacchetta, appellò i vestiti del biondo e gli schiaffò il fagotto contro il petto. «Fuori di qui, hai un sacco di altri bagni dove continuare il lavoro interrotto.» Le labbra si piegarono in un sorriso perfido, conscio che l’altro non doveva trovarsi in una posizione comoda in quel momento, e deciso a tormentarlo il più a lungo possibile. Perché infondo era così che funzionavano, no?
    Si allontanò di un passo, dunque, senza dargli le spalle, e allentando con movimenti calcolati il nodo della cravatta. «Come ho già detto, questo bagno è riservato ai prefetti e ai caposcuola.» Lo osservò con sguardo carico di intenzioni, sciogliendo definitivamente il nodo e iniziando a giocare con i bottoni della camicia. «Tu non rientri in nessuna delle due categorie, Cox. E non ti coprirò le spalle mentendo per te. Non dirò di averti invitato io, lo sai vero?» Nel frattempo, aveva già liberato tre bottoni dalle asole, lasciando la camicia parzialmente aperta sul petto.
    Solo a quel punto si voltò, per raggiungere le panchine e posare lì, in maniera ordinata, la divisa che avrebbe sfilato di lì a poco: ci mancava solo che finisse a terra e si sporcasse, ugh. Dopo qualche passo, guardò oltre la propria spalla, in direzione del Cox. «Quindi? Sei ancora qui?» Tyler poteva continuare a fare quel gioco per ore.
  6. .
    CITAZIONE
    ciao daisy e lincoln, ciao bobbi e hunter

    io ti denuncio, ma lo vedi che ore sono? È TROPPO PRESTO PER QUESTE COSE (ma pandi, sono passati 84 anni....) (è. troppo. presto. fa. ancora. male.)

    *mega sospiro*

    No, non è vero, non ha risolto nulla: mi manca AOS - ma quello delle prime stagioni, per intenderci. La stagione nello spazio non è mai successa, nel mio AU, così come un sacco di altre cose che (non ricordo davvero perché ho rimosso.) fingo di non ricordare. DETTO QUESTO. Ciao Elena, benvenutissima! Io sono pandi, molto piacere :flower: per qualsiasi dubbio o domanda si è già offferta eli :uhuh: quindi ti rimbalzo a lei (ghgh) e mi accodo al dicci di più sulla tua schedaaaa qui siamo tutte suocere gossippare, ci piace spiacere *side eye* CI BECCHIAMO IN GIRO SMACK
  7. .
    All’ennesimo gorgolio indefinito, Tyler sospirò pesantemente ed alzò lo sguardo sulle figure sdraiate in terra, ai piedi del divano sul quale sedeva lui, composto e rigido — quindi, praticamente, a suo agio. «hai intenzione di continuare a fare quei versi molto a lungo?» le iridi cioccolato erano puntate sulla fonte di quei versi animaleschi: il suo compagno. Prima ancora che Adam potesse rispondere, con l’affermazione che Ty sapeva sarebbe arrivata, il giornalista alzò un dito e pose una nuova domanda: «non potresti andare a farli altrove?» Voglio dire, quell’appartamento aveva almeno altre cinque stanze, e se non fossero state sufficienti, c’era sempre il maniero dei Bulgakov; ad Adam sarebbe bastato prendere la bambina con cui stava giocando, caricarsela sulle spalle come piaceva tanto ad entrambi, e scegliere una qualsiasi altra stanza dove continuare la loro riproduzione fedelissima di una normale giornata allo zoo.
    Purtroppo per Tyler, però, conosceva già la risposta anche a quel quesito.
    «incredibile.» Cacciato dal suo stesso studio, non poteva crederci; ma il sorriso del Cox, e il modo in cui era già tornato a rivolgersi alla piccola Minnie, non lasciavano spazio ad interpretazioni sbagliate. Ty raccolse le sue cose, tutte le pergamene e i libri che stava sfogliando prendendo appunti per il suo articolo, e con il sospiro più pesante che riuscisse a sfoderare, marciò elegantemente verso l’ingresso e poi, da lì, verso la porta. «se non è troppo da chiedere, potresti almeno pensare alla cena?»
    Attese un secondo in silenzio, ma dallo studio arrivarono solo i soliti versi ovattati; a quanto pareva, avrebbero ordinato su Deliverowl anche quella sera. Doveva pensare a tutto lui.

    A Tyler non dispiaceva recarsi in biblioteca, ad essere sinceri. Era un posto confortevole, familiare, e soprattutto aveva qualsiasi tomo a sua disposizione per una consultazione veloce dell’ultimo momento; internet era affidabile, sì, ma lui continuava a preferire le fonti originali, quelle cartacee.
    Però — però. Non aveva speso una letterale fortuna per avere il suo studio perfetto, in casa, per essere poi cacciato a giorni alterni solo perché il suo compagno era più bambino della loro effettiva bambina e decideva di conquistare il tappeto dell’ufficio come roccaforte personale. Ma d’altra parte, cosa s’era aspettato? Conosceva Adam da una vita, e pensare– no, anzi, sperare che la paternità lo avrebbe cambiato, e fatto maturare, era stato un salto nel buio per il quale Tyler non era ancora stato ripagato; se possibile, il Cox era diventato ancora più bambino, avendo intorno Minnie e Albert. Come facesse a rimanere così immaturo e spensierato, nonostante tutto e nonostante le vicende più recenti, era un mistero (e francamente anche un po’ problematico, mh mh) per il giornalista — e anche uno dei motivi per cui, sotto sotto, amava Adam Cox.
    Non in quel particolare momento, però, ancora troppo inviperito per l’aver dovuto rinunciare ai suoi spazi solo per un capriccio dell’ex tassorosso; e lavorare con lui nella stanza, che giocava a riprodurre la fattoria dello zio Tom a pochi metri, era fuori discussione. E quell’articolo, Tyler, doveva necessariamente consegnarlo entro breve.
    Il Cox era davvero, davvero, fortunato che a Tyler piacesse davvero un sacco la pace e tranquillità della biblioteca.
    «amore mio.»
    Come non detto.
    Rimase rigido e con le braccia lungo i fianchi, laddove l’abbraccio molesto le aveva incastrate, occhi sbarrati e iridi scure a scrutare la chioma rossa che gli solleticava la guancia. Ma che cosa stava succedendo; era a tanto così dal denunciare lo sconosciuto per molestie. Fece per aprire la bocca e avvisare l’avventore della cosa (che persona magnanima), quando questi si staccò di sua spontanea volontà, osservandolo con aria sconvolta e confusa e rassegnata e — triste?
    Tyler cercò di concentrarsi su quanto riusciva a leggere nell’espressione dell’altro, piuttosto che pensare alle mani di uno sconosciuto che scivolavano sul suo viso, accarezzando la barba scura in una maniera riservata a pochissime persone su quel pianeta — due, per la precisione.
    Non lo trattenne quando l’altro arretrò di un passo.
    Ma non lo spinse nemmeno; che, credetemi, era un’enorme conquista per il nostro Rosso Malpelo.
    Non battè nemmeno ciglio, né commentò la dialettica impeccabile del molestatore (“cazzo, cazzo cazzo”, complimenti davvero, è così che vinci le cause, Harrison?), ma assottigliò impercettibilmente le palpebre al successivo commento, inclinando la testa verso la spalla.
    «ho sbagliato di nuovo linea temporale.»
    L’utilizzo di quel “di nuovo” non sfuggì alle orecchie allenate del giornalista, e la sua mente, come prevedibile, scelse di incagliarsi proprio lì. «presumo di sì,» lo informò, facendo a sua volta un passo indietro per mettere quanta più distanza possibile tra i loro corpi, «ti capita molto spesso di sbagliare linea temporale?» Non che in quel mondo fosse una cosa in grado di sorprendere il Wood, certo, ma non era così familiare con persone che sbagliavano linea temporale così assiduamente da commentare con un “di nuovo”.
    Lo osservò con occhi severi e imperscrutabili, la domanda «chi credevi che fossi» sulla punta della lingua, pronta a mettere in imbarazzo il rosso — se solo non avesse portato, per certi versi, imbarazzo anche su di sé; Ty non era certo di volere la risposta a quel quesito, non prima di essersi assicurato che quello sconosciuto lo avesse scambiato davvero per qualcun altro, pur essendo abbastanza certo di non averlo mai visto prima in tutta la sua vita. Non aveva l’aria di qualcuno che Ty avrebbe volontariamente frequentato, ma c’erano davvero troppi giorni e troppe notte di cui l’ex serpeverde non aveva assolutamente alcun ricordo, e non poteva permettersi di correre rischi di alcun tipo. Non quando le cose con Adam iniziavano finalmente ad andare per il verso giusto.
    tyler
    wood

    stitch by stitch, I tear apart;
    if brokenness is a form of art,
    I must be a poster child prodigy.
    I'm only honest when it rains,
    an open book, with a torn out page.
    02.09.95 | london, uk
    journalist | deatheater
    dad of two (for now)
  8. .
    tyler n. wood
    slytherin ✦ 17 yo ✦ insufferable
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    && in your eyes I see devotion
    but I will always take my time with u
    Erano passati giorni e Tyler Wood continuava a non sentirsi in colpa nemmeno un po'.
    Zero.
    Non c'era stata nemmeno una traccia di pentimento nelle sue parole quando aveva confrontato Adam, né dubbio nello sguardo scuro che aveva rivolto al tassorosso quando gli aveva ricordato, per l'ennesima volta, che pretendere qualcosa, o sperare di poter etichettare quello che c'era tra loro, non era solo inutile, ma era anche una perdita di tempo per entrambi.
    O meglio, per il serpeverde di sicuro, visto che lui, al contrario di qualcun altro, aveva davvero cose da fare.
    Non era la prima volta – e non sarebbe stata l'ultima – che affrontavano quel discorso; e ogni volta le loro posizioni non accennavano a cambiare, Tyler sempre rigido nella sua, fermo e solido; Adam più morbido, ottimista, sempre convinto che “questa è la volta buona”. Come se potesse davvero bastare una discussione del genere per far cambiare idea al serpeverde: ecco, proprio quella ingenuità dimostrata dal Cox, rendeva palese agli occhi di Tyler quanto poco lo conoscesse, e quanto invece proiettasse le proprie convinzioni su una relazione che, di relazione, non aveva nulla. Una scopata nelle serre o in un'aula vuota, di tanto in tanto, non li rendeva una coppia; il fatto che il cuore di Tyler battesse un po' più forte ogni volta che il tassorosso lo stringeva a sé, non significava nulla.
    Tyler Wood sapeva esattamente ciò che voleva, e ciò che voleva non era una relazione. Non a diciassette anni, non con tutto il futuro ambizioso che si era prefissato ancora da realizzare, e non di certo con Adam Cox, inaffidabile e caotico, imprevedibile, sregolato. Ty aveva dei principi solidi, degli ideali ferrei, e un carattere che non ammetteva sbavature o imperfezioni: Adam rappresentava tutto quello che il prefetto verde-argento non era, e che non poteva accettare.
    E Adam lo sapeva.
    Come poteva perciò pretendere che definisse quella cosa tra loro come qualcosa di più di qualche booty call quando strettamente necessario? L'immaturità dimostrata dal Cox lo lasciava sempre più basito. Il fatto che condividessero l'affetto di Rita, poi, sembrava aver convinto il tassorosso dell'inevitabile destino che li univa: tsk, era una cosa ridicola. Ma nemmeno Tyler poteva negare che la presenza di Margarita nella loro vita creava una sorta di collante — e comportava anche un problema perché Tyler sapeva benissimo di dover condividere necessariamente la cugina anche con il tassorosso, e che quello era uno dei tanti motivi per cui, pur volendo, non avrebbe mai potuto tenere Adam Cox fuori dalla sua esistenza. Erano legati da un filo invisbile ma resistente, e un po' quella cosa faceva girare le palle del serpeverde: che cosa ridicola.
    Va da sé, dunque, che lo mandasse in bestia il modo in cui Adam continuava comunque a provarci, imperterrito, testardo e immaturo, come se volesse a tutti i costi averla vinta; e lo indispettiva ancora di più sapere che non poteva confessare quelle cose a Rita, essendo la cugina troppo vicina anche al Cox. Ancora una volta, era solo con i suoi pensieri, Tyler; l'unico su cui potesse fare affidamento era – e sempre sarebbe stato – solo se stesso.
    Non riusciva a togliersi di dosso la sensazione, però, che quella volta fosse diverso: il modo in cui Adam non aveva insistito, il silenzio sulle labbra morbide del tassorosso, lo sguardo azzurro impossibile da decifrare... Erano delle novità. Delle spiacevoli novità, a detta di Tyler, che negli anni aveva imparato a conoscere ogni sfumatura del carattere irrequieto del biondo, e ogni microespressione che nasceva sul suo viso. Non poterlo leggere, in quel caso, lo infastidiva in maniera incredibile. Non che l'avesse lasciato intendere al Cox, ovvio: si era dimostrato freddo ed impassibile (senza riuscirci, perché Tyler non era l'unico che, col tempo, aveva imparato a leggere l'altro; valeva anche il contrario) e non aveva battuto ciglio quando alle sue orecchie da comare era giunta la voce che Adam Cox si fosse portato a letto chissà chi, e fossero stati beccati mentre uscivano dal loro nascondiglio (non così) segreto. A detta di Tyler, era tutto un piano del tassorosso: farsi scoprire di proposito in modo che la voce arrivasse anche al Dito Supremo TM, che viveva di gossip nella stessa maniera in cui le fatine vivevano di applausi.
    (O forse quella era Rachel Berry. Mi si mescolano le analogie nella testa.) (Ma non importa.)
    Doveva dargli atto che, come piano, fosse ben congeniato e idealmente perfetto: ma il Cox aveva tralasciato un particolare non indifferente, ovvero che a Tyler Wood non interessava assolutamente se Adam Cox si scopava altre persone, era libero di fare ciò che voleva e non sarebbe stato di certo lui a tarpargli le ali, figuriamoci.
    E non era affatto geloso.
    Se in quegli ultimi giorni aveva evitato sia Adam che Rita era solo perché aveva cose più importanti a cui pensa, come... Beh, sì, fare il suo lavoro da prefetto, per esempio. Che comprendeva anche delle sacrosante pause e dei bagni rilassanti, ogni tanto. Se le meritava.
    Ciò che non si era aspettato, entrando nel bagno riservato ai prefetti, era di beccare qualcuno che una spilla con una simile importanza e autorità non l'aveva mai vista nemmeno con il cannocchiale. «Dammi un motivo per non riportare la tua effrazione, e per non spedirti in sala torture, Cox Nello sguardo scuro di Tyler non si leggeva nulla, se non incredibile fastidio: avere a che fare con Adam proprio in quel momento era l'ultimo dei suoi pensieri, e decisamente non quello che aveva sperato chiudendosi alle spalle la porta del bagno. «Credevo stessi studiando con Rita.» Avrebbe dovuto essere in biblioteca con lei, non nudo sotto lo sguardo malizioso della sirena. «Non puoi stare qui.» Ma non lo sconvolgeva più di tanto trovarlo esattamente dove non avrebbe dovuto stare; e il Wood sospettava ci fosse lo zampino della sua cara cugina, in tutto quello. «Rimedia una spilla da prefetto e ne riparliamo.» Tanto Tyler lo sapeva che Adam non aveva assolutamente le carte in regola per essere eletto, mica come lui.
    Lasciò cadere l'asciugamano ai propri piedi, la divisa ancora perfetta come se gli fosse stata cucita addosso, incrociando le braccia al petto. «Hai due minuti per uscire dall'acqua, rivestirti specifica doverosa: non sarebbe stata la prima volta che Adam Cox andava in giro per il castello con tutte le grazie al vento, voleva evitare un ripetersi della scena, «e andare via.» Due minuti concessi solo come favore personale a Margarita: l'avrebbe insultato come la camionista che fingeva di non essere, se una soffiata di Ty avesse sbattuto di nuovo Adam in sala torture. Come se non le piacesse, poi, giocare a fare la crocerossina e curare tutte le ferite del Cox, bah.
    «Uno...» e si mise a contare, perché Adam Cox andava trattato esattamente come il bambino che era.
  9. .
    gifsjournalist
    deatheater
    former slytherintyler wood
    currently playing
    Ready for you
    Years & years
    thinking you might slip through,
    there won't be another day I let you get away
    'cause we started something good,
    but just know that before you
    I wasn't ready for you
    Alzò gli occhi dal quotidiano, lentamente e trattenendo un sospiro tra le labbra serrate, occhi scuri a vagare senza meta verso il muro, oltre la parete, perso in pensieri contradditori e che si accavallavano uno sull'altro. Era la sua voce, quella che riconosceva nell'articolo appena letto; e allo stesso tempo, era la voce di una censura che stringeva una morsa troppo stretta attorno all'informazione pubblica.
    La metà dei dati che aveva raccolto, e delle notizie che aveva ricevuto, Tyler non aveva neppure potuto utilizzarli; e di quelli che era riuscito a infilare nell'articolo, solo una parte di essi era rimasta intatta e libera dalle manipolazioni dei censori.
    Portò le dita a pizzicare il ponte nasale, occhiali già sfilati e dimenticati sul quotidiano aperto di fronte a sé. Con un sospiro pesante, Tyler si alzò dalla poltrona e raggiunse la cucina, nel silenzio tombale di una casa troppo grande. Aveva lasciato Adam e Minerva a dormire, e lui era sceso al piano di sotto all'alba per combattere contro i fantasmi di un'insonnia che era tornata prepotente con l'arrivo del conflitto mondiale. Si era chiuso nel suo studio, desiderando non per la prima volta di non aver fatto sparire tutte le bottiglie di whiskey da casa; la tentazione di affogare nel liquido ambrato ogni problema era sempre tanta, e contrariamente a quanto gli avevano ripetuto tutti, non accennava a diminuire con il tempo che passava.
    Lo sguardo, poi gli era caduto sul giornale vecchio di qualche giorno che Ty aveva impilato insieme a tutti gli altri sul tavolino basso ai piedi del divano, e si era soffermato a leggere le sue stesse parole, ritrovandoci dentro una persona diversa.
    Certo, lo aveva messo in conto, non era uno sprovveduto; scegliendo quella carriera aveva accettato anche i limiti imposti dalla redazione prima, e dal governo poi, ma gli procurava un fastidio tremendo sapere che qualcuno mettesse bocca sui suoi articoli; che li rivisitasse, e applicasse ben più di una semplice correzione.
    Era suo il nome che firmava quegli articoli, ma non era completamente suo il punto di vista che li narrava; e, più di tutto, lo infastidiva il fatto che qualcun mettesse mano su dei lavori già perfetti come i suoi.
    Ma poteva accettarlo, perché non era sempre così, e non tutte le volte che la sua piuma abbozzava un articolo grandioso, qualcuno lo stravolgeva; era un sacrificio che era disposto a fare in luce di un progetto più grande, il successo. La carriera era l'unica cosa che importasse davvero, in fin dei conti, e non aveva bisogno di arrivarci moralmente integro. Era qualcosa su cui era disposto a cedere.
    E sì, si rendeva conto ci fossero cose ben peggiori in quell'articolo del non riconoscere la propria voce, come ad esempio il preoccupante numero di vittime (destinato poi ad aumentare con il passare dei giorni, e delle pubblicazioni) e il fatto che raccontasse gli avvenimenti di una guerra — ma Tyler Wood era molto bravo a preoccuparsi solo di ciò che lo toccava molto da vicino, e fintanto che Adam fosse rimasto a casa, vicino abbastanza affinché il giornalista potesse controllarlo e non temere che facesse una delle sue cazzate, andava tutto bene. Anche se non andava bene nulla.
    Mise il bollitore dell'acqua sul fuoco, ed nell'attesa preparò una tazza e qualche foglia di tè in un infusore, un rituale giornaliero che ripeteva ogni mattina, e ogni sera; lo teneva con la mente impegnata e gli faceva desiderare un po' meno di attaccarsi al collo di una bottiglia e trangugiare il contenuto fino a dimenticare il proprio nome. Specialmente in quell'ultimo periodo, era sempre più forte il bisogno di perdersi in un vizio troppo più grande di lui, con le conseguenze di una guerra a pesare sulle teste di tutti loro, e con la concreta possibilità che quello scontro si rivelasse ben lontano da essere concluso.
    Tyler temeva fosse l'inizio della fine, e che le cose fossero destinate ad evolversi in maniera sempre peggiore; immaginava che solo il tempo lo avrebbe detto, e lui era già pronto con piuma e taccuino per raccontare la storia. O una parte di essa, comunque; qualsiasi cosa la censura li avrebbe lasciati pubblicare.
    Quindi sì, il tè era una necessità e un vizio, pallida imitazione di ciò che avrebbe desiderato davvero, ma se lo faceva bastare perché aveva fatto una promessa, e aveva preso un impegno insieme ad Adam; certe volte sembrava che fosse l'unico dei due a ricordarselo. Aveva visto il Cox fremere, vibrare quasi, con il bisogno di partecipare a quel conflitto e fare qualcosa di utile, perché la sua famiglia era tutta lì e lui non poteva essere da meno; e Tyler gli aveva dunque ricordato, giorno dopo giorno per un mese e mezzo, che la sua famiglia fossero loro. Tyler, Minerva, Rita e Albie. Che Adam avesse fatto una scelta, avesse preso delle responsabilità, e Tyler l'avrebbe ucciso con le proprie mani prima di vederlo partire per andare a morire in un conflitto truccato col finale già scritto. Inutile dire che era stato motivo di litigate, sai che novità!, e che l'aria che si respirava in casa Tydam era pesante e tesa; ma alla fine, Tyler aveva avuto ragione, e “i contro” avevano davvero perso ogni cosa, dopotutto aveva fatto un favore all'ex tassorosso, impedendogli di partecipare, che l'altro la vedesse in quel modo o meno.
    Era salvo, era vivo.
    (Era ancora un mago.)
    Ed era lì, al piano di sopra, che russava stringendo tra le braccia la loro bambina. Alzò gli occhi verso il soffitto, come se volesse cercare attraverso il muro le sagome dei due, e sospirò. Erano passati due anni da quando avevano firmato le carte per l'adozione, ma ogni tanto Tyler ancora faticava a credere che fosse davvero così, che fossero genitori, che dopo tutto quello che avevano passato, i litigi e i tira e molla, i segreti e le scuse, le ferite inferte l'un l'altro solo per ripicca — dopo tutti quegli anni, fossero davvero diventati una famiglia.
    Il fischio del bollitore lo richiamò all'attenzione, e Tyler si mosse subito con gesti ripetuti così tanto spesso da risultare quasi automatici, da fare inserendo l'autopilota — ma avrebbe mancato lo scopo principale per cui lo faceva, in quel modo, perciò si costrinse a seguire anche con la mente, e non solo con gli occhi, ogni minimo passaggio, dall'infusione delle foglie nell'acqua bollente al latte versato in un piccolo bricco per poi aggiungerlo al tè stesso; contò i minuti, imponendosi di smetterla di pensare a tutto quello che non poteva (e non voleva) cambiare nel mondo, e pensare invece a ciò che avrebbe dovuto fare quel giorno, come cittadino, come giornalista e come padre e compagno.
    Innanzitutto, sopravvivere alla mattinata: che sembrava già estremo così, senza dover aggiungere altro.
    sooner or later you're gonna tell me a happy story. i just know you are.


    Edited by leeren - 13/6/2023, 11:01
  10. .
    morsmordre
    il bollettino ufficiale del mondo magico -- 23.05.2023
    Il conflitto imperversa. Conquistata la Russia; l'America resiste. Il ministero inglese mobilita altre truppe.
    Numerose le vittime; danni ingenti alle città e a luoghi simbolo in tutto il mondo.
    sale il bilancio delle vittime; abolito lo statuto di segretezza
    A più di un mese dall'inizio del conflitto, continuano gli scontri nel mondo babbano; sono numerose le città già liberate dalla resistenza, e sulle quali la società magica ha rivendicato il proprio controllo.
    Lo statuto di segretezza è stato ufficialmente abolito, ma rimane alta la percentuale di popolazione babbana che ancora combatte, e protesta, alla luce dei nuovi eventi; alcune città simbolo, come Washington DC, hanno respinto l'esercito magico inviato da Lamovsky; Parigi è divisa in zone conquistate e in zone ancora in mano ai babbani; questi ultimi, hanno ricevuto aiuto in termini di rinforzi e munizioni anche da maghi e special quarantottisti, che hanno scelto di combattere al loro fianco e andare contro l'appello fatto da Seth durante, lo ricordiamo, i festeggiamenti per la Fiera di Primavera dello scorso 20 aprile, ad High Street.
    I numeri destano molte preoccupazioni: si parla già di migliaia di vittime, tra civili e soldati, tra maghi e babbani. Il Ministro inglese Kimiko Oshiro afferma ancora una volta di aver cercato un dialogo con i capi di governo di tutto il mondo babbano, ma che in pochi hanno accettato di stringere la sua mano. «Abbiamo offerto loro una possibilità, una via d’incontro» ha detto il Ministro, «ed in molti, ancora una volta, l’hanno rifiutata. Non era necessario che andasse così. Alcuni paesi hanno aperto il fuoco ancora prima che si potesse arrivare al dialogo,», sostiene, e prosegue dicendo che in molti casi, il sangue versato avrebbe potuto essere risparmiato se solo i babbani avessero accettato di confrontarsi e dialogare.
    «Purtroppo,» riprende la Oshiro, con aria solenne, «lo scontro è ben lontano dal vedere una fine.»
    Altre truppe continuano ad essere inviate in soccorso dell’esercito di Lamovsky, nel campo base stanziato all'indomani della chiamata alle armi e dove soldati e volontari di tutto il mondo sono stati addestrati per combattere questa guerra; sempre meno uomini e donne vi fanno ritorno, ma l’avanzata non accenna a desistere; l'obiettivo rimane uno, ha confermato il generale Lamovsky.
    Negli scorsi giorni, sono state conquistate altre importanti roccaforti, come ad esempio la zecca di Spagna, che si aggiunge alla Corea, all’Azerbaigian e al Belgio, già precedentemente sottratti alle cellule dei sovversivi. Proprio questi ultimi hanno rivendicato un attacco terroristico in Russia, più precisamente all’interno del Cremlino di Mosca, preso d’assalto con armi batteriologiche dagli effetti potenzialmente devastanti; non c’è modo, dunque, di dire fino a che punto siano disposti a spingersi, questi gruppi di rivoltosi, pur di ostacolare le truppe di Lamovksy.
    L’esercito magico sta cercando di contenere i danni in tutto il mondo, combattendo valorosamente e respingendo i nemici su ogni fronte, e offrendo ai babbani la possibilità di salvarsi, facendo la scelta giusta.
    Purtroppo, stando alle fonti, gli scontri sono destinati a continuare anche nelle prossime settimane e i cui effetti cambieranno per sempre le carte in tavola. È una guerra civile che si combatte non solo sui campi di battaglia, ma anche nelle strade, e il mondo così come lo conoscevamo è già cambiato per sempre.
    Il ministero inglese invita i cittadini a rimanere al sicuro, e a seguire le linee guida in caso di necessità o nell'eventualità in cui gli scontri dovessero spingersi fino alle porte di Londra, e dintorni. Molti punti di ritrovo e rifugi sicuri sono stati messi a disposizione di tutti i civili, nella speranza di non dovervi mai far ricorso; Hogwarts continua a rimanere aperta per tutti coloro non abbiano un posto dove poter tornare, ma numerosi studenti sono stati già richiamati a casa dalle famiglie, mentre i corsi e le lezioni procedono a pieno regime, anche a distanza.
    Sembrano invece essersi placati gli scontri a New Hovel, che in un primo momento era stato scenario di orribili atti vandalici da parte di maghi, fermati poi dalle forze dell'ordine, convinti che la colpa per lo scoppio della guerra fosse da attribuire ai cittadini del quartiere special.
    Di Seth, in queste settimane di conflitto, neppure l’ombra: è Sabine Decima, il suo braccio destro, a rilasciare qualche commento ai giornali, di tanto in tanto. Si dice tranquilla, non sembra preoccupata per l’esito della guerra; «c’è ancora tempo», ripete, e aggiunge che ogni sacrificio fatto in nome di Abbadon sarà infine ripagato.


    Edited by ad[is]agio - 23/5/2023, 15:31
  11. .
    pandi *handshake* eli

    ↳ prima utenza: peetzah!
    ↳ NUOVA UTENZA: leeren
    ↳ PRESENTAZIONE: dopo la cerco (non l'ho più cercata)
    ↳ ROLE ATTIVE:
    - MORLEY: 02.05
    - ARTURO: 21.04
    - NICE: 23.04
    - HANS: 18.04
    - DYLAN: 21.04
    - NATHAN: 01.05
    - WREN: 23.04
    - LOLLO: 10.04
    - MADDOX: 26.04 (bonus)
    - LUPE: 22.04
    - KYLE: 23.04
    - GREY: 28.04
    - CLOUD: 27.04
    - NELIA: 29.04
    - HOLD: 01.05
    - REESE: 20.04
    - MONA: 01.05
    - IDYS: 02.05
    - BASH: 19.04
    - WILLA: 20.04
    - LANCE: 20.04
    - JAVA: 25.04
    ↳ ULTIMA SCHEDA CREATA: Java (09.04)
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