write it on my neck, why don't ya?

@casa lapo / ft. wren

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    TW: porno. eh amie che vi devo dire più di così.

    also, disclaimer importante: col cazzo che la scrivo in italiano. troppa sofferenza.
    continuo da qui :uhuh:


    vittorio emanuele linguini
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    Vittorio aveva molteplici talenti, che si parlasse del suo innato carisma, la sua abilità nel gioco d’azzardo, o l’incredibile affinità che aveva con le droga, ma quello che gli permetteva di sopravvivere ogni giorno era la sua faccia di bronzo. Davvero, non c’era nulla che potesse toccarlo, perché in primo luogo non prestava abbastanza attenzione. Un uomo con la testa tra le nuvole, più per necessità che per scelta, che aveva deciso di Non Vedere. Era più facile la sua esistenza quando poteva fingere di essere una creatura guidata unicamente dal suo ego e da cosa si trovava tra le sue gambe. Ed era proprio a quell’ultimo che avrebbe attribuito la colpa di qualsiasi cosa stesse succedendo, perché rifiutava di assumersi le proprie responsabilità. «I miei occhi sono qui» ah sì? Peccato che, in quel momento, si stesse godendo tutta un’altra vista. Aveva imparato ad imprezzare le piccole cose, il Linguini, godersi più il momento senza affannarsi per forza alla linea del traguardo. Sbatté piano le palpebre, osservando l’Hastings attraverso le proprie ciglia, la lingua a bagnare le labbra per un momento «ma pensa, devo essermi fatto distrarre da altro» perché qualcuno andava in giro con il torso di fuori, e di certo non era colpa sua se era interessato allo spettacolo offerto. Era un uomo debole alla carne, e non ne aveva mai fatto un segreto. «credevo avessi detto che “torino offre molti svaghi”» oh, Wren, davvero? Era il primo ad usare quella tattica, fingersi più innocente e ottuso di quanto non fosse davvero per estrapolare verità scomode da chi aveva davanti. Ma sapete cosa? L’avrebbe accontentato, perché si era stancato di avere filtri che non gli appartenevano, barriere mentali che non avevano senso di esistere. Non aveva nulla da perdere, ma tutto da guadagnare. «svaghi, persone, è tutta semantica» potevano giocare a quel gioco in due, lanciare indizi non tanto velati, fino a che uno dei due non avrebbe perso quella sfida. E se significava avere il geocineta tra le proprie lenziola per una notte, sarebbe stato ben felice di cadere in ginocchio per lui e ammettere sconfitta. «sei abbastanza sveglio da capire cosa intendessi» or was he? In ogni caso, una certa dose di lusinghe era sempre una garanzia. Lo sapeva bene, era il preferito delle sciure di tutta Canosa. E dovette funzionare davvero, perché un attimo dopo si ritrovò le labbra di Wren sulla sua pelle, impegnate a lasciare una scia di baci che insesorabilmente stava per raggiungere il loro premio. Se non fosse stato che si arrestarono prima, così vicine che se avesse spostato il volto di qualche centimetro si sarebbero incontrate. «dimmi di smettere» non pensava proprio, non quando la sua proposta era stata accolta con tanto entusiasmo. Si era lasciato scivolare l’Hastings tra le dita già una volta, col cazzo che avrebbe commesso lo stesso errore due volte. No, non gli avrebbe detto di smettere, non quando voleva quello e altro da Wren- non si sarebbe accontentato di un assaggio, non quando poteva prendersi tutto. «oppure possiamo continuare in un posto migliore. casa mia, che dici?» soffiò sulle labbra del geocineta, così vicino da sfiorarle, una promessa che presto si sarebbe preso quello e altro. Era egoista, affamato, e per la prima volta abbastanza in sé da poter compiere quella scelta in maniera del tutto autonoma. Non si soffermò troppo su quel pensiero, perché la sola forma vaga e confusa ai confini della sua mente lo spaventava, perché significava essere responsabile per una volta delle proprie azioni. Ma non avrebbe dovuto pensarci ancora a lungo, non nel modo in cui Wren si strinse al suo braccio.
    Non si sa bene come, ma si smaterializzarono a casa sua senza che nessuno perdesse un arto. Il che era un grande traguardo, perché il Linguini non era concentrato nemmeno la metà di quello che sarebbe servito per effettuare un’operazione del genere. Preferiva lasciarsi trasportare dalle labbra di Wren che si allacciarono al suo collo non appena si materializzarono nel salotto, impaziente quanto lui di continuare quello che avevano lasciato in sospeso. Ma non era quello il piano di Lapo, che aveva intenzione di assaporare ogni minuto, almeno per una volta che se lo sarebbe ricordato la mattina dopo. O forse era solo petty (come un Paris qualsiasi) e voleva farlo arrivare a supplicare, come era stato tentato di fare il Linguini quell’estate. Peccato che Vittorio fosse disposto a mettersi in ginocchio solo per pochi eletti. «drink? qualcosa da bere?» propose al geocineta, il braccio a cingere la sua vita e ad attirarlo verso di sé, mentre i denti si chiudevano gentilmente sullo shell of his ear. Premette il pollice un po’ più forte sulla sua hipbone, accarezzando la pelle lì attraverso il tessuto della camicia «ancora mi si rinfacci di non essere ospitale» or not, il Linguini era un tipo aperto a ogni proposta, bastava chiedere.
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    Wren non era un tipo razionale.
    Era istintivo, era frettoloso e avventato, era intrepido. Era stupido.
    Era tante cose, ma non era razionale.
    Il fatto che avesse scelto volontariamente di pensarci su due volte, prima di compiere un passo verso il Linguini era già di per sé una novità. Non sapeva a cosa attribuire quel cambio nel suo modus operandi – che solitamente prevedeva cedere al primo sguardo languido, al primo doppio senso, al primo cenno di invito.
    Con Vittorio si era trattenuto; anche quando avrebbe voluto far sparire il sorriso orgoglioso dal viso dall'italiano a suon di baci, si era trattenuto. Perché sapeva concedere lo spazio a chi lo chiedeva, o a chi lo necessitava; e, anche se lo reputava una perdita di tempo inconcepibile, rispettava anche la mancanza di interesse. Non doveva condividerla o capirla, per rispettarla.
    Persino quando non in grado di intendere e di volere, mesi prima, sapeva di essersi trattenuto; non ne aveva la certezza, e temeva ancora di aver detto qualcosa di troppo, ma se Lapo era di nuovo lì, forse, dopotutto aveva detto la cosa giusta. Chi poteva dirlo; di certo non lui, confuso su più livelli.
    C'era solo una cosa che poteva fare.
    Che voleva fare.
    E ora che aveva ricevuto un invito semi ufficiale, si sentiva giustificato a (pro)cedere. Si era comportato da gentiluomo anche troppo a lungo.
    Aveva dato a Vittorio la possibilità di allontanarsi, di allontanarlo; non l'aveva fatto. E il triplo tuffo carpiato che fece il cuore, Wren dubitava fortemente fosse da attribuire solo alla smaterializzazione.
    Sentiva ancora il soffio leggero delle parole di Lapo sulle sue labbra, e non riuscì a trattenersi dal passarvi sopra la lingua, occhi ancora incollati sul viso del minore. Erano arrivati a destinazione sani e salvi? Chi poteva dirlo. Wren ormai aveva un solo pensiero nella testa e non risuciva a trovare interesse per nient'altro. Fategli causa.
    Non ci pensò nemmeno un secondo di più, prima di riprendere il lavoro interrotto per offrire all'italiano la possibile di ritirarsi: l'aveva persa, e almeno per il momento Wren sentiva di poter continuare. Tornò a baciare la pelle calda di Lapo, questa volta scegliendo di partire dal collo, e poi risalire lentamente la mandibola affilata, una scia di baci ad accarezzare ogni centimetro scoperto. Una mano era già dietro la nuca del minore, mentre l'altra scendeva, con la stessa calma, sul fianco di Lapo, alla ricerca di uno spazio sotto cui insinuarsi.
    I gesti del geocineta non sembravano risentire dell'urgenza che lo animava; erano precisi, calcolato, frutto della pratica. Avrebbe potuto fare quel gioco per ore — ma non voleva.
    Si staccò solo un istante per riprendere fiato, e Vittorio ne approfittò per invitarlo ad un drink. La risposta di Wren fu un sopracciglio arcuato, e le iridi bosco ormai del tutto mangiate dal nero: dicevano tutto, e anche di più.
    Avevano già bevuto, e lo colpì in quell'istante il pensiero di essere lucido. Non sobrio, c'era abbastanza alcol in circolo nel suo sangue da rendere tutto quello piacevolmente incredibile, ma era lucido; niente droghe strane, per Wren, quel giorno. E specchiandosi nelle iridi chiare del Linguini, realizzò che doveva valere la stessa cosa anche per lui.
    Cercò di non pensare a ciò che quello implicava (stavano scegliendo di farlo, senza scuse e attenuanti dietro cui nascondersi in un secondo momento) e di godersi solo il momento.
    La mano dietro la nuca salì per incastrarsi nelle ciocche cenere di Lapo, e quella che aveva perso la battaglia contro tessuto e jeans, scelse di tirare la stoffa per costringere il corpo dell'altro ad avvicinarsi al suo. Come se ci fosse altro spazio da poter occupare, poi. Il fatto che l'italiano stesse cercando a sua volta un maggiore contatto non lo aiutava di certo a pensare con più lucidità.
    Il morso leggero al lobo, fece il resto.
    Un gemito vibrò sulle sue labbra appena dischiuse, e pensò che avrebbe potuto rinfacciare a Lapo un sacco di cose (ad esempio: averlo privato di quel momento così a lungo) ma di certo non la mancanza di ospitalità. «Non credo sia questo ciò che si intende per 'calorosa ospitalità'», ma non sarebbe stato di certo lui a lamentarsi se Lapo voleva reinterpretare il concetto in quel modo.
    Continuavano a mancare entrambi l'obiettivo, però: tante parole, tanti gesti, ma ancora nessuno che prendeva l'iniziativa, quella vera. E c'era un limite alla sopportazione dello special.
    Con un ultimo verso, a metà tra un sospiro e un gemito, voltò il viso quel tanto che bastava per portare, finalmente, le proprie labbra a posarsi su quelle dell'altro, la lingua già pronta a spingere, alla ricerca di una fessura dove insinuarsi, disperata di assaggiare ogni centimetro della bocca dell'italiano. Non gli importava se quella disperazione trapelasse poi dai suoi gesti: un po' ci contava.
    E mentre procedeva a togliere il respiro ad entrambi, lasciò che la mano sinistra finisse di vagare in zone imprecisate, e trovasse finalmente il primo bottone dei pantaloni costosi di Lapo. Interruppe il bacio solo per riprendere fiato quando strettamente necessario, e con un sorriso impudico inchiodò lo sguardo in quello di Lapo. «Potresti anche darmi una mano» invece che perdere tempo con la sua camica che era già praticamente sbottonata, eh. «Ma ok, faccio da solo.» Si morse la lingua prima di portare entrambe le mani al petto dell'italiano e spingere appena, in modo che finisse contro il divano, e poi tornò ad armeggiare con la chiusura dei pantaloni. Era a tanto così dall'inginocchiarsi e dare finalmente ad entrambi ciò che desideravano, ma stava tergiversando per dare a Lapo il tempo di realizzare ciò che stava succedendo, o di ribaltare la situazione; Wren non era di tante parole, tra le lenzuola, faceva o si lasciava fare tutto quello che la situazione richiedeva, non aveva pretese e non aveva preferenze. E di solito i suoi amanti erano troppo fatti per capirci qualcosa (e pure lui), e quando non lo erano lasciava che fossero gli episodi e i momenti a decidere per lui cosa e come fare.
    Ma Lapo era lucido, pure troppo, e Wren aveva la sensazione che non avesse sperimentato così tanto con altri ragazzi da avere già le idee chiare. E il geocineta non sapeva come chiedere senza rendere tutto molto imbarazzante. Quindi perdeva tempo, fingendo di non riuscire a vincere contro i bottoni.
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    Nel mondo di Vittorio Emanuele Linguini, la terza legge di Newton non era niente più di un suggerimento, un concetto astratto che non necessariamente si applicava alle situazioni mondane. Lapo non era una persona particolarmente studiata, ma persino lui aveva un telefono per cercare la definizione della terza legge di Newton: Per ogni forza che un corpo A esercita su un altro corpo B, ne esiste un'altra uguale, in modulo e direzione, e contraria in verso, che B esercita su A. E perché le sue azioni avrebbero dovuto avere una corrispondente reazione, quando gli bastava distogliere lo sguardo ed ignorare il disastro a prendere forma sotto i suoi occhi. In ogni caso, bastava il giusto cocktail di pillole e alcol a distendere le linee tese del volto e la mascella serrata, o una scopata degna del suo nome. Anche quando quella scopata aveva un volto che ben conosceva, e ormai il suo nome un suono familiare sulla lingua. Perché, al contrario di quello che avrebbe fatto credere l’indomani, portarsi a letto Wren Hastings era una scelta calcolata e che ormai gli scivolava via dalle dita da mesi. Meglio tardi che mai. Non si sottrasse alla presa del maggiore, lasciando che le sue labbra lasciassero una scia di fuoco sul suo collo, il capo a piegarsi appena per concedergli qualsiasi cosa avesse voluto prendersi. Era un’amante più che generoso, il Linguini, come potevano testimoniare i suoi passati partner. Nemmeno lui sapeva cosa volesse da Wren, se non il grattare un morso di zanzara che lo tormentava da mesi, un languore a cui non avrebbe pensato due volte una volta soddisfatto. La verità, pura e non filtrata, era che Vittorio enjoyed the adrenaline and the elation of the catch. Se qualcosa era fin troppo scontato, fin troppo cedevole sotto i suoi denti, perdeva ogni divertimento. Lapo credeva che sarebbe impazzito, la bocca dell’Hastings sulla sua, il corpo premuto su quello dell’altro così vicino da poter sentirne il battito impazzito- un perfetto specchio del suo, non aveva dubbi. Ma non poteva essere da meno, non glielo avrebbe concesso. Era conscio che quella era ben lontana dall’essere una gara, ma aveva pur sempre una reputazione da mantenere, una proposta avanzata a Wren mille volte con un sorriso malizioso sulle labbra e l’accenno di uno scherzo nella voce. E lo era stato, uno scherzo tra di loro, un qualcosa che non avrebbe mai dovuto avverarsi.
    Fino a quel momento.
    Si allontanò da Wren quello che bastava a portare le mani sulle sue spalle, le mani ad insinuarsi sotto il tessuto e a mappare la pelle calda dell'Hastings. «Potresti anche darmi una mano» piegò le labbra, il Linguini, mettendo in mostra i canini e il suo solito sorriso da schiaffi «ma se te la stai cavando così bene da solo» una chiara allusione alle dita che stavano lavorando a sbottonare i pantaloni, le dita agili e fluide a tirare giù la zipper e liberarlo da quelli che erano divenuti dei confini fin troppo stretti. Accompagnò la camicia lungo le sue braccia, il materiale a scivolare sempre più giù fino a toccare terra- oh no, anyways, non gli sarebbe servita comunque. «sai, avremmo dovuto farlo molto prima» lasciò cadere gli occhi chiari sui muscoli del geocineta, i nei che costellavano le sue spalle, non era certo la prima volta che era treated a quella vista ma era l’unica in cui poteva permettersi di ammirarla senza alcun riserbo. Avevano già attraversato quel confine, e il Linguini non doveva più fingere che non vi era cosa che desiderava di più di lasciare l’impronta delle sue labbra sulla tela che aveva davanti a sé. E così fece, i canini a graffiare la delicata pelle del collo, le sue labbra a marchiarla ovunque riuscissero ad arrivare; l’idea di Wren a specchiarsi il mattino dopo e trovare il passaggio di Lapo sul suo corpo suscitava un particolare sentimento in lui. Non era certo di voler approfondire. Vittorio si lasciò spingere da Wren sul divano, la schiena ad impattare contro la pelle nera e la testa su uno dei cuscini abbandonati sulla seduta. Era un divano spazioso, che più di una volta aveva visto lo stesso scenario ripetersi sera dopo sera. Non era uno dei suoi posti preferiti, ma si sarebbe accontentato dato che non credeva di poter aspettare oltre. Aveva aspettato fin troppo che entrambi cedessero al richiamo folle di quel tira e molla, non voleva farlo per un momento di più. «hai dimenticato come si fa, ne?» e lui che lo pensava un esperto, o forse era solo nervoso- la sola idea era comica, come se non avessero fatto di peggio. Da vestiti. O almeno la promessa di qualcosa, Vittorio ancora se la ricordava la lap dance che aveva ricevuto l’estate passata. «fai fare a me» non capiva l’esitazione del geocineta, non quando vi era altro a raccontare una storia ben diversa. Ci pensò lui a liberarsi dell’impiccio di quei maledetti jeans, anche se con le mani dell’Hastings che vagavano su parti indistinte del suo corpo era difficile mettere un pensiero dopo l’altro. Aveva bisogno di sentirlo su di lui, il suo profumo a soffocarlo e quella maledetta bocca dove più aveva desiderava- quanto tempo aveva resistito, con solo la sua fantasia a sostentarlo? Troppo. Decisamente più di quello che Vittorio Linguini si sarebbe permesso normalmente. Piegò il capo, i riccioli biondo cenere a spargersi disordinati sotto al suo capo, e si concesse un momento per osservare Wren. Era un gioco pericoloso quello a cui stavano giocando, ma come poteva tirarsi indietro ora le pupille dilatate del geocineta si riflettevano nelle sue, quando le labbra rosse e gonfie supplicavano di essere messe alla prova. Ma non ci fu bisogno di esortarlo, perché le mani dell’Hastings si mossero esperte sui suoi boxer, abbassandoli sui suoi fianchi e oltre- ah beh, se era quello ciò che aveva in mente, non sarebbe stato lui a fermarlo. Lapo era più che pronto per lui, e lo dimostrò nell’avvolgere la mano attorno alla propria lunghezza, l’altra ad affondare nelle ciocche dell’Hastings «ora sì che puoi darmi una mano» o insomma, altro. La verità era che Lapo si trovava alla mercé dello special, avrebbe accettato qualsiasi cosa avrebbe deciso di dargli- ma cristo, Lapo, riprenditi. Guidò il capo di Wren verso dove più aveva bisogno, i denti ad affondare nel labbro per impedirsi di lasciarsi scappare qualsiasi rumore quando finalmente la sua bocca gli diede il sollievo che aveva tanto desiderato.
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    TW: sai quante volte mi hai fatto scrivere er*zione quest'oggi, elisa? troppe.



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    (Scommetto che questo non te lo aspettavi, eh?! Ma una promessa è una promessa: tu sei stata bravissima, ed ecco il tuo regalo. DOPPIO! Pensa.
    The things we do write for the people we love, etcetera etcetera.)


    «sai, avremmo dovuto farlo molto prima»
    Qualsiasi cosa stesse facendo prima di quel momento, Wren la interruppe e si dedicò totalmente all’italiano, trovandosi perfettamente d’accordo con lui: era esattamente ciò che aveva pensato anche lo special, dal primissimo momento sulla pista del Better Run.
    Annuì, lasciando che l’altro lo aiutasse a liberarsi della camicia e prendesse nota di quello che Wren aveva da offrire; lo sguardo di Lapo su di lui non era un problema, voleva che si appuntasse nella memoria tutto quello che aveva c’era da offrire e decidesse quali e quanti aspetti del geocineta gradisse di più. Wren avrebbe accettato con gioia qualsiasi giudizio, e qualsiasi marchio a macchiare la pelle, purché ne avessero rispecchiato il gradimento del Linguini.
    I denti e le unghie con cui l’altro stava lasciando segni sulla pelle olivastra di Wren, erano puro e grezzo piacere; la sua carne nuda era una tela che l'italiano avrebbe potuto riempire a piacere, le opere d'arte poi lasciate al geocineta l'indomani per poterle ammirare e ricordare che non era stato solo nella sua testa, ma che era successo davvero.
    Era tutto reale.
    «hai dimenticato come si fa, ne?»
    Il bacio delle labbra si piegò all'insù, piccole fossette a formarsi da una parte e dall'altra, altri posti dove Lapo avrebbe potuto lasciare dei impresse le proprie, se avesse voluto, a Wren non sarebbe dispiaciuto: per quella notte era suo, poteva fare ciò che voleva, e lo special sarebbe stato più che felice di realizzarlo, per lui.
    Se insinuare che fosse poco pratico, o il dover fare ricorso a commenti pungenti lo aiutava a stare più tranquillo, Wren l'avrebbe lasciato fare: il suo ego non era così fragile da frantumarsi sotto il peso di quelle (false) accuse, e avrebbe avuto modo di dimostrare con i fatti quanto poco vere fossero quelle insinuazioni.
    Alzò le mani e lo lasciò fare, così come da (ordine) richiesta dell'italiano, senza perdere tempo a spiegarsi: la sua esitazione nasceva e moriva nella sfera di concessioni e carta bianca, permessi, che lasciava a Vittorio, una libertà che Wren sentiva di potergli e dovergli concedere, perché chiunque aveva il sacrosanto diritto di ripensarci, e lui non avrebbe chiesto, né strappato, a Lapo niente di più di ciò che Lapo stesso avesse voluto offrire.
    Se per lasciargli prendere il controllo, per farlo sentire più a sup agio nella propria pelle, anche (e soprattutto) in quella situazione, Wren doveva sacrifica un po' del proprio orgoglio di uomo, lo avrebbe fatto; nulla era più importante della serenità e sicurezza di quello spazio che stavano costruendo insieme, lui e Lapo.
    Le mani, prive dell'ostacolo con cui si erano intrattenute fino a quel momento, presero a vagare sulla pelle dell'italiano, seguendo i jeans che venivano fatti scivolare via e desiderando di mantenere, e continuare, a scaldare la pelle ora nuda. I fianchi, le coscie, le caviglie: Wren accarezzò ogni centimetro possibile, con il tocco leggero e quasi reverenziale di mani che avrebbero potuto pregare al cospetto di un corpo del genere, se solo lo special avesse saputo farlo.
    Pensò, distrattamente, che per Lapo avrebbe potuto imparare come far scivolare le preghiere una dopo l’altra sulla lingua, una nuova droga con cui sostituire le vecchie abitudini.
    Quando alzò le iridi cioccolato, lo fece solo per incontrare quelle verdi dell'altro e specchiarsi finalmente in un mare limpido, e privo di increspature: non era mai stato un empatico sulla carta, Wren, ma non aveva bisogno di quel dono per essere in grado di leggere le altre persone — la sua umanità, la sua onestà, facevano sì che gli venisse naturale comunque.
    Nello sguardo di Lapo, non leggeva più solo desiderio e necessità, ma anche la certezza di sapere (o, quantomeno, capire) ciò che stava accettando di fare: Lapo lo voleva, e a Wren bastava quel tanto come concessione.
    Inconsciamente, si leccò le labbra quando vide la mano di Lapo stringersi intorno alla propria erezione, e sogghignò al tono provocatorio che lui gli riservò; una mano, due dita, la bocca — gli avrebbe dato tutto e di più, non c'era nemmeno da chiedere. E infatti lascio che la mano posata contro la sua zazzera di capelli miele lo conducesse laddove le sue attenzioni erano richieste, senza lamentele e senza obiezioni, ma anzi sorridendo al suono strozzato che sentì provenire dall'italiano quando finalmente la distanza tra loro venne ridotta allo zero. Quel genere di sinfonia aveva sempre fatto impazzire l'ex grifondoro.
    Ma non voleva renderla troppo facile per il Linguini — non quando c'erano mille e più modi per rendere quell'esperienza indimenticabile per entrambi. Piacevole, straordinaria.
    Unica.
    Applicando per la prima volta una leggera resistenza alla presa di Lapo, piegò il volto di lato e all'ultimo secondo possibile accarezzò con le labbra l'interno della coscia dell'italiano, la punta del naso a sfiorare la pelle umida e le mani a risalire verso i fianchi con una calma che cozzava contro il respiro affannato e il cuore impazzito dello special.
    Sulla pelle d'oca del Linguini , Wren sussurrò appena. «E se invece di una mano, ti dessi un bacio–» e posò le labbra contro la carne, premendo con passione, ma senza eccessiva forza, «qui?» Risalì appena la gamba, un altro bacio e poi un altro ancora. «E qui? E qui? E qui?» sperava di non star solo immaginando il rumore familiare di una mano che accarezzava con necessità laddove il desiderio si era fatto sempre più ingombrante, e che quei suoi baci stessero effettivamente sortendo l'effetto sperato, ma non si voltò a controllare, e tenne la testa chinata, e le labbra impegnate altrove. Baciò qualsiasi punto riuscisse a raggiungere, e cercò di far entrare in sintonia il proprio battito con quello che sentiva battere nella vena femorale del minore, quando vi poggiò le labbra contro; voleva unirsi a Lapo in tutti i modi possibili, non era più solo sesso, quello con l'italiano.
    Wren dubitava lo fosse mai stato, anche solo per un istante — almeno non per lui.
    Con le mani si spinse laddove, per il momento, non aveva avuto ancora il coraggio di spingersi altrove: oltre.
    Le portò ad accarezzare le natiche, premendo con i polpastrelli e sorridendo (anzi, ridacchiando) nel sentirle sode e allenate — aveva visto corpi che valeva la pena di adorare, lo special, ma in quel caso sentiva di aver centrato qualsiasi bersaglio di fortuna.
    Nella posizione (scomoda, precaria, casuale) in cui si erano ritrovati per la foga di cominciare, non fu difficile farle vagare tra la pelle nuda del Linguini e quella fredda del divano, esplorando ogni cosa, e di più. Le spinse fin dove poté, accarezzando e stuzzicando zone che per il momento non gli erano ancora concesse — ma magari prima o poi sì, non avrebbe insistito ma avrebbe accettato di buon grado qualsiasi permesso.
    Non aveva problemi, nel frattempo, a fare altro.
    E lo dimostrò arrestando la sua corsa di baci provocatori per dedicarsi, finalmente, all'erezione di Lapo, prima che l'italiano potesse stufarsi del lavoro (seppur instancabile) della propria mano.
    «e che mi dici di qui sussurrò infine, prima di posare le labbra sul vero premio, con tutta la morbidezza e il riguardo di cui era capace, mostrando finalmente che non avesse affatto dimenticato come si facesse; e lo fece prendendo tutto quello che Lapo aveva da offrire, da cima a fondo, avendone cura come si poteva fare solo con le cose che si amavano davvero tanto, e beandosi di ogni secondo, di ogni centimetro, di ogni nota di sapore sconosciuta che pian piano diventava familiare e benvenuta. Di ogni suono che la sua venerazione suscitava in Vittorio.
    Interruppe quel momento solo perché, purtroppo per lui, era un essere umano e aveva bisogno di aria, di tanto in tanto. Alzò lo sguardo quel tanto che bastava per osservare Lapo, e gli sorrise. «ancora sicuro di volere una mano, o posso continuare?»
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