Posts written by paso adelante

  1. .
    xavier lucas stevens
    burn it to the ground
    nickelback
    We're going off tonight
    To kick out every light
    Take anything we want
    Drink everything in sight
    E quindi.
    E quindi porca virgola.
    Si era davvero ridotto a quello. Agli strascichi. Al dover scommettere contro se stesso per convincersi ad apparire sul grande palco della vita– anche chiamato censimento. Ma la domanda fondamentale, quella domanda che tutti si stavano ponendo era la seguente: perché una persona come Xavier Stevens si trovava alla sagra della salsiccia? No pun intended. Ecco, se lo stava domandando anche lui, sguardi circospetti ai suoi dintorni e sorpresa nel constatare che i………..Nickelback fossero lì. Ma perché. Ma erano ancora vivi? Ma poi chi erano. Insomma, il pirocineta era pieno di domande, ma aveva deciso di lasciare che fossero le sue figlie a prendere in mano la situazione. Aveva pensato che portarle all’Aetas per festeggiare il carnevale sarebbe stata una cosa diversa dal solito, una tradizione che potevano avere come famiglia, solo loro tre. E in effetti, per quanto avesse sbagliato giorno perché non vi era alcun carro o coriandoli sparati in aria, pareva essere capitato a un evento simile. Pieno di pagliacci e co. Non che lui fosse messo tanto meglio, vestito da un certo Kaegan dell’Hellfire club. Non aveva idea di chi fosse, ma aveva deciso per una volta nella sua vita di accettare il consiglio di Stiles, e lasciarsi scegliere un personaggio a caso. Non era colpa sua se non aveva idea di cosa fosse in al momento, vivere per anni in Messico l’aveva tagliato fuori dal mondo. E voi mi direte: ma come, non avete Internet in Messico? Fatti i cazzi tuoi. Xavier sapeva solo di aver esagerato con il realismo, e avere un'armatura addosso si stava rivelando più complicato del previsto sia per il range di movimento che per il peso, ma nell'abbassare lo sguardo sui volti entusiasti di Juno e Atlas decise che forse ne valeva la pena. Anche se lo stavano trascinando verso lo stand di salsicce. «Guardate che ho i soldi contati» - cit ogni padre alla fiera della domenica
    pinkfr1day
    hearing that i'm on thin ice
    makes me wanna do a flip idk

    gifs: minasgifs.tumblr.com
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
  2. .
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    xavier lucas stevens
    '97 | dad | muggle | pyrokinesis
    Doveva concederglielo, Lita sapeva come giocare sporco. Forse era un qualcosa che si apprendeva attraverso la loro professione, o forse era un qualcosa di insito nel corredo genetico, fatto stava che Lita sapeva dove colpire con una letale precisione. Era un qualcosa che ammirava di lei, ed era una delle poche persone che potevano concedersi un tale lusso. C’era un detto babbano che recitava it is lonely at the top, ma Xavier trovava che la costante presenza della brasiliana a coprirgli le spalle fosse un balsamo da quell’isolamento. C’erano cose di cui non poteva parlare ai fremelli, questioni che non gli avrebbero fatto onore, e che solo qualcuno di altrettanto compromesso poteva comprendere. «quindi se ti dicessi che sei uno yankee ti andrebbe bene lo stesso?» un colpo al cuore, quell’insulto, e tanto le dimostrò portando la mano al petto e dischiudendo le labbra «questo è un insulto pesante. noi non mangiamo le uova con il ketchup ogni mattina» il solo pensiero lo faceva rabbrividire, come immaginava facesse Alessia ogni mattina oltreoceano. Doveva ammettere che gli era mancata l’Inghilterra durante quegli anni passati all’estero, non perché brillasse per le attrazioni turistiche o il tempo, ma perché sapeva inevitabilmente di casa. Non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura, ma sospettava avesse a che fare con le persone, e le memorie che ogni luogo echeggiava. «mi devo preoccupare?» seguì con lo sguardo le nuche delle bambine che sparivano oltre la porta, per poi spostarlo verso la special «la conosci già la risposta» sempre, ovviamente. O non sarebbe stato Xavier Stevens, perennemente con un piede nella fossa. Metaforicamente e non. In quel caso, si trattava della prima casistica «e io sarei mancata a te» sbuffò divertito, ma non crudele, considerando per un attimo le parole di Lita. No, non poteva negarlo, ed entrambi ne erano consapevoli. Avevano già dato entrambi, e la lontananza non faceva per loro: il neurone funzionava meglio quando era vicino. «stai cercando del lip service da me? lo sai che non funziona» e invece a quanto pare funzionava, perché il pirocineta si stava ammorbidendo a forza di condividere gli spazi con la Carvalho «ma hai ragione, te lo concedo» sventolò la mano che non reggeva il calice in un gesto ampio e annoiato, per poi imitare la ragazza e bere il vino. Ah, aveva degli ottimi gusti. Sapeva che il tempo passato in Abruzzo avrebbe affinato i suoi sensi e arricchito la sua cultura, nonché danneggiato il suo fegato ma quello era l’ultimo dei suoi pensieri. «Magari portiamo dei fiori in memoria dei caduti?» batté piano le ciglia, osservandola senza rispondere per una manciata di secondi: davvero, Lita? Lo Stevens a malapena portava i fiori ai vivi, figurarsi ai morti. Era uno spreco di tempo, energie e soldi, dopotutto non era come se potessero apprezzare. Si obbligò a mordersi la lingua, perché c’era qualcosa nell’espressione di Lita che lo frenò– si chiamava saper leggere la stanza e non essere un cretino. Anche lui stava migliorando! «potrebbe essere un gesto carino. non la gita che pensavo, visto che è praticamente come essere al cimitero, ma te la concedo» ah, cosa non si faceva per i propri partner in affari e migliori amici. Sperava quasi di essere scampato a quello che sospettava stesse diventando un interrogatorio, ma era chiaro che la Dea Bendata l’avesse abbandonato tempo prima. «perché sono la tua família, Xav. voglio conoscerla. voglio sentire i loro racconti e metterti in imbarazzo insieme ai tuoi fratelli» ok, rude. Semmai era il contrario, con Xavier che raccontava storie imbarazzanti sui fremelli. Al loro contrario, lui non aveva momenti mortificanti. All’incirca. «sei davvero un sadica, te l’ho mai detto?» soffocò un lamento (groan, suona meglio in inglese) nelle nocche, osservando sconfitto la special. Sapeva scegliersi le sue battaglie, e sapeva anche come vincerle, ma quella non era una che valeva la pena combattere. «te ne pentirai appena li conoscerai. sono tipi strani, ok? e attenta, jay ha la tendenza a baciare le persone sbagliate» ignorò la morsa di dolore che attaccò il petto per qualche attimo, costretto a ricordarsi che quel Jay era ormai sbiadito solo più nelle sue memorie. Ormai aveva dei figli, e dubitava che Lydia fosse permissiva da lasciarlo paccare alla mezzanotte con un terzo. «la cosa vale anche al contrario, lo sai, vero?» non evitò lo sguardo di Lita, non era un codardo, ma faticò a mantenerlo perfettamente neutrale. Sì, lo sapeva nell’astratto, ma sentirselo dire era diverso. Considerò la proposta, e nemmeno a dirlo sapeva che fosse una terribile idea. Non aveva niente contro i Carvalho, ma la sua comprovata esperienza con le famiglie non brillava per i suoi successi, e tendeva a non andare d’accordo con le figure genitoriali. Non aveva nessuna illusione che quella volta sarebbe stato diverso, ma non voleva deludere Lita (e non era quello, un sentimento del tutto nuovo?) per cui si limitò a premere le labbra in una linea sottile e ad annuire. «lo sai che troverò il modo per vedere quelle foto, vero? non puoi essere l’unica a non soffrire, mi dispiace» si strinse tra le spalle, fingendo un dispiacere che non sentiva per nulla «e forse alle gemelle farebbe bene stare con qualcuno della loro età» aggiunse pensieroso in un secondo momento, lo sguardo a perdersi nel liquido del calice. Intanto, Lita era partita per la tangente e stava già elaborando il suo piano (malvagio, senza dubbio) per incastrare i fremelli in un’uscita; era tutto terribile, e Xavier avrebbe preferito perdere l’udito. «ma certo che gli piace. e anche se non fosse, abbiamo le birre! e un sacco di amari! e–» allungò una mano sulla sua per fermarla prima che potesse elencare tutti gli alcolici che avevano nell’inventario «va bene, ok, hai vinto. cosa vuoi, un pranzo? o forse è meglio un brunch, meno ore seduti vicini» lo diceva per il bene di tutti, davvero. Soprattutto il suo, but still «e non offrirei alcolici a stiles, non so se ti ricordi ma…ha avuto problemi» un modo molto soft per metterla, ogni tanto anche lui sapeva essere pacato «ma ora sta bene, penso. al massimo puoi offrigli il succo delle bambine» tanto l'età mentale era quella, diciamocelo.
    how i reclaimed the word
    cunt by being one
  3. .
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    xavier lucas stevens
    '97 | dad | muggle | pyrokinesis
    Con il senno di poi, Xavier riconosceva che avrebbe dovuto dormire di più. Non era in nessuna condizione di mantenere una conversazione con un altro essere umano, a meno che questo essere umano non fosse un cadavere. Non vi erano abbastanza ore al giorno per gestire la vita (punto), ma lo Stevens si intestardiva comunque. Ed Elisa aveva scritto questo pezzo a Pescara quando dormiva due ore a notte ma lo terremo comunque, Xav uno di noi. «Isso é português, cabrão» un guizzo tirò all’angolo delle labbra dello Stevens, un accenno del canino a fare capolino. Poggiò una mano sul cuore, fingendosi quasi offeso «com certeza, querida» un sorriso sardonico tirò alle labbra, le parole a scivolare dalla lingua con scioltezza. Perché sapeva cinque vocaboli, ed erano abbastanza per premere i giusti tasti della Carvalho. «Portoghese, brasiliano, stessa cosa» erano ben altre le cose che definivano la cultura di una persona, come il numero di coltellini che riusciva a lanciare al centro del bersaglio. Skills di sopravvivenza del genere, altro che la geografia. In quanto alle lingue, quella parlata universalmente era la violenza, e Xavier era diventato un esperto. Sorvoliamo sul papino perché ci sono bambini presenti e lo Stevens doveva tenersi lontano persino da certi pensieri. «E poi che fai, le ricatti tenendo in ostaggio Nairobi? Buhhhh» non aveva mai detto di essere un santo, o un padre modello «ascoltate bene, figlie mie. prima regola della vita: abbi qualcosa che gli altri desiderano, non si sa mai quando potresti doverlo scambiare per un favore» se non c’era lui ad educarle sulla dura legge della giungla, chi l’avrebbe fatto? Di certo non la loro madre, che alla prima occasione le aveva abbandonate sul suo portico. Ma erano passati anni, e con il senno di poi il pirocineta riconosceva che era stata la decisione migliore per entrambi. «Sono io la mente, docinho» lo special sollevò un sopracciglio, labbra a premere tra di loro per trattenere una delle sue espressioni da schiaffi. Per fortuna c’era Atlas, degno sangue del suo sangue, a dargli ragione. Accarezzò i capelli della bambina, prima di schioccare un bacio rumoroso tra i suoi capelli «ah, la mia degna erede» ormai Juno era una venduta per zia Lita, ma ci avrebbero lavorato «i bambini sono sempre la bocca della verità, non lo sapevi?» un po’ come il vino e la deprivazione di sonno, entrambi dei quali lo Stevens era diventato un cliente abituale. «Voglio proprio vedere “pagliaccio” in che posizione si classificherà. Aggiungi anche “comic relief” alla lista, Stevens» erano poche le persone che poteva parlare a Xavier in quel modo senza ritrovarsi -shock!- senza una lingua all’improvviso, ma la Carvalho si era guadagnata quel privilegio. Anzi, Xavier lo trovava anche divertente. «Non ti preoccupare, tra i due sei te il pagliaccio migliore» menomale che aveva Atlas in braccio, il suo scudo personale. Anche se le gambe stavano incominciando ad addormentarsi, avere una bambina di sette anni in braccio era troppo persino per lui. Sorseggiò un altro po’ di vino nella speranza di anestetizzare tutto (punto.) un po’ come una persona qualsiasi a Pescara. «Solo le bambine? Meu amor, le bambine sanno badare a se stesse meglio di quanto sappia fare tu» e continuava, tanto che Xavier si domandava se Lita stesse cercando di fargli raggiungere un record per il livello di pazienza mantenuto. Ma, appunto, c’era molto che lasciava scorrere quando si trattava della special. «Non ti ho seguito solo per le bambine, in Messico non c’era più nulla per me» ovviamente, non l’aveva seguito solo per le bambine, ma per la sua personalità brillante. A proposito di bambine «Juno, Atlas, perché non andate ad esplorare il resto del locale?» lasciò scivolare la bambina giù dalle gambe, sentendo il sangue che tentava di irrorare nuovamente i muscoli, indicando loro dove andare- ossia il retro dove non teneva cose pericolose. Sentiva che sarebbe stato meglio se Atlas e Juno non fossero state presenti per il resto del discorso. «Cosa me ne restavo a fare laggiù?» poggiò i gomiti sul tavolo, appoggiandosi con tutto il peso alla superficie «avresti sentito troppo la mia mancanza, ammettilo» piegò il capo sul palmo, il tono di voce leggero nonostante i pensieri che occupavano la testa del pirocineta: quei maledetti laboratori, il cartello che avrebbe dovuto bruciare al suolo quando ne aveva avuto l’occasione. Nessuno faceva del male ai suoi e ne usciva incolume. «Anche se qui non ho visto nemmeno uno dei posti che mi avevi promesso di mostrarmi, e non mi hai ancora presentato i tuoi fratelli gemelli. Non puoi usare la scusa della guerra ancora a lungo, lo sai vero?» ed era qui che si sbagliava, perché: «non mi ricordo di aver fatto alcuna promessa» anche perché non era bravo a mantenerle, un'ottima scusa dietro cui rifugiarsi in quei momenti. Si prese il suo tempo per finire il vino nel calice, sentendone la mancanza già nel momento in cui l'ultima goccia bagnò le labbra «ma hai ragione, c'è più da farti vedere oltre a londra: ston- ah no, quello l'hanno distrutto» grazie a tutti e vaffanculo, non potevano distruggere un KFC? Ce n'erano così tanti al mondo che nessuno ne avrebbe sentito la mancanza. «Tanti posti che non includono casa di Stiles e Jay, in ogni caso. Non sono nemmeno simpatici, non capisco questa voglia di volerli incontrare» e con ogni probabilità, Jay era scomparso per l'ennesima volta.
    how i reclaimed the word
    cunt by being one
  4. .
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    xavier lucas stevens
    '97 | dad | muggle | pyrokinesis
    Xavier non aveva mai pensato che, anni dopo la sua dipartita per il Messico, un giorno sarebbe tornato in Gran Bretagna. Certo, il pensiero era sempre stato lì, dormiente in uno spazio infilato tra le costole e la gabbia toracica, così piccolo e fragile che il minimo scossone avrebbe potuto sgretolarlo per sempre. Era un’idea stupida.
    Finché non lo era più stata.
    Aveva vissuto la sua vita in Messico. Vi aveva cresciuto le sue figlie, o almeno ci aveva provato: non aveva avuto il più grande degli esempi. Non era father material, lo Stevens, ma aveva imparato dai suoi errori giorno dopo giorno e aveva cercato di essere migliore. Era maturato, un qualcosa che nemmeno poteva immaginare di fare anni e anni prima. Ma era quello che una nuova famiglia -e quella vecchia, sempre, nonostante tutto- ed essere a capo di un cartello facevano. Non era mai stato bravo a gestire le responsabilità, eppure bastava guardarlo per vedere come il suo impero criminale prosperava anche oltre i confini del paese, e come le Atlas e Juno fossero ancora vive. In quanto a lui- era ancora tutto in un pezzo, doveva pur valere a qualcosa, no? Nonostante i fori di proiettile ricuciti alla meglio, e le crude cicatrici a correre per il suo corpo, inclusa quella che ormai vedeva tutti i giorni riflessa allo specchio. Dava carattere, si era detto. Almeno nessuno l’avrebbe più confuso con Stiles o Jay. «no, menina, non puoi bere questo vino» Xavier si limitò ad osservare impassibile la special di fronte a lui, il mento poggiato sul dorso delle mani e assolutamente nessuna intenzione di lasciarsi ingaggiare in quella discussione. Voleva vedere dove sarebbe andata a parare, perché quando si trattava della Carvalho ve n’era sempre uno, seppur per arrivarci sarebbero stati cinque minuti lì. Gli ricordava un po’ Stiles, somewhat affectionate e derogatory tutto insieme. «Che c’è? Dovranno iniziare prima o poi, tanto vale guidarle. Non vorrai mica che finiscano a bere vino in confezione?» in effetti, in Messico bambini della loro stessa età già lavoravano, parte di un sistema che difficilmente li avrebbe lasciati andare. Terribile, davvero terribile, ma un ottima fonte di lavoro sottopagato. «Ma ok, se vuoi fare il papà brontolone e guastafeste fai pure» e no, questo non avrebbe dovuto dirlo. Lo special era ormai avvezzo a quello scontro verbale, ma non quando cercava di sminuirlo davanti alle bambine per conquistarsi il posto di zia migliore. Non valeva, era chiaramente giocare sporco. E tanto disse ad Atlas nel depositare un bacio in mezzo ai capelli, che nel frattempo aveva deciso di salirgli in braccio- ogni tanto si sentiva come uno dei quegli alberi per gatti. Xavier mantenne lo stesso sguardo truce quando Lita si avvicinò, perché cosa avrebbe dovuto fare, grato di avere Atlas a stemperare la follia della brasiliana. Sì, follia. Era circondato da pazzi. «Só te estou a avisar, Stevens» in tutta risposta, Xavier curvò gli angoli della bocca all’ingiù, fingendosi quasi dispiaciuto «non parlo brasiliano, scusa» sapeva benissimo che quello fosse portoghese, ma sapeva anche quanto desse fastidio a Lita. Dopotutto era un povero bambino cresciuto in un orfanotrofio, sapeva a malapena leggere! Boo hoo, cos’è la geografia. Quando Lita aprì la bocca, Xavier tappo abilmente le orecchie ad Atlas, la figlia più vicina. «Non le dare idee, che poi quando diventerà grande vorrà spodestarmi dal mio impero criminale» non aveva mai visto Succession? Queen of the South? Che domande, certo che no. Perché qualcuno si era fatto rinchiudere in un laboratorio perché non pensava mai alla conseguenza delle proprie azioni. Ma Xavier non era ancora petty, figurarsi. Non era una di quelle persone che teneva stretti al petto i grudges. «Cosa che non succederà, o per voi niente funko pop di Nairobi» ammonì le due bambine, ma senza alcuna severità nel tono. Aveva un debole quando si trattava delle gemelle. E sì, le stava guidando verso la criminalità facendole guardare la Casa de Papel, non ci vedeva niente di male. «Non posso mica fare tutto io» il pirocineta la osservò per qualche attimo, per poi curvare le labbra in un sorriso affilato, di sfida «ah no? non è quello il compito del mio braccio destro?» in braccio a lui, Atlas annuì, perché era chiaro che fosse Team Papà. O forse Team Portafoglio. «il mio compito è, vediamo un po’» finse di rifletterci su per qualche istante, per poi alzare le dita ed incominciare ad elencare tutti i suoi grandi e importanti compiti «coordinamento inghilterra-messico, ispezione dei carichi, essere un padre modello, ceo del migliore caffè latte di londra- devo continuare?» la modestia, lo sapevano entrambi, era una delle sue più grandi doti. Prese lo stelo del calice di vino tra indice e medio e diede un giro veloce al vino per lasciare che gli aromi si sprigionassero, e tutte quelle cazzate varie che piaceva decantare agli esperti di vino. Con l’altra mano avvicinò i bicchieri di succo di mirtillo alle figlie, così che potessero brindare anche loro, dopotutto quel locale era anche loro in parte «alla nostra, socio. E a Junias» alzò il bicchiere in alto per brindare insieme alla sua socia «a junias, e a un nuovo inizio» perché quello era il suo inizio, vaffanculo chi avrebbe detto il contrario. Lasciò scorrere il primo sorso del liquido giù per la gola, assaporando i diversi aromi che si sposavano in bocca, dalla ciliegia al lampone, e nessuna della cocaina che di solito scioglievano nei loro vini. «sono felice che mi abbia seguito in questa follia. anche se non lo dico abbastanza» pausa. «insomma, le bambine hanno bisogno di una babysitter» ah ecco. Quale momento toccante.
    how i reclaimed the word
    cunt by being one
  5. .
    nickname: paso adelante
    gruppo: muggle
    link in firma? chi lo sa
  6. .
    nome personaggio:
    HTML
    [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=56778075]Xavier Stevens[/URL]

    dichiarato?
  7. .
    ruolo: paziente
    distretto e laboratorio: londra, 1
    personaggio e data di permanenza:
    HTML
    [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=56778075]Xavier Stevens[/URL] (feb. ‘13 → lug. ‘14)
  8. .
    personaggio:
    HTML
    [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=56778075]Xavier Stevens[/URL]

    !!! SE ANIMAGUS O CON UN POTERE:
    HTML
    [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=56778075]Xavier Stevens[/URL] - <b>pirocinesi</b>

    razza: babbani
  9. .
    HTML
    </li><li>[URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=56778075]Xavier Stevens[/URL]

    NEUTRALE
  10. .
    dylan o'brien xavier stevens scheda pg

    HTML
    <span class="pv-m">dylan o'brien </span> xavier stevens [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=56778075][color=#A33213] scheda pg[/color][/URL]
  11. .
    ↳ prima utenza: ms worldwide
    ↳ nuova utenza: paso adelante
    ↳ presentazione: so true bestie
    ↳ role attive: STRATEGIA!
    NIAMH: at least i can say that i've tried (25.06)
    SHARYN: split me right down the middle (07.06)
    AMOS: hit me with your best shot (16.06)
    SINCLAIR: 'cause karma is the thunder rattling your ground (03.06)
    AKELEI: revenges are cold; so am i [bonus] (29.05)
    DARDEN: tag: accidental baby acquisition (03.06)
    SERSHA: jesus needed a three day weekend to sort out all his bullshit (06.06)
    KIERAN: i know i talk too much, so give me your two lips && baby, i'll shut up (07.06)
    SHILOH: arcidan (taylor's version) (13.06)
    WILLIAM: fries are cold, so am i (25.06)
    RYUZAKI: menomale che silvio c'è (13.06)
    GAYLORD: champagne problems (25.06)
    VITTORIO: write it on my neck, why don't ya? (25.06)
    PARIS: i owe you a black eye && two — hhhhhh. (17.06)
    CHERRY: the violence of the dog days (04.06)
    RENEE: right where you left me (05.06)
    EMILIAN: i tell myself i'm leaving, this is hell, but i'll stay right here (02.06)
    ↳ ultima scheda creata: emilian cortés gibson (26.05)


    IL GRANDE RITORNO GLORIOSO DEL NARCOS
  12. .
    roanoke
    c'est la vie, that's how it is on this bitch of an earth
    beech
    Roanoke era certa che se avesse prestato maggiore attenzione, avrebbe potuto sentire il suo cuore esplodere nel petto. Non era certa se stesse tremando per la scarica di adrenalina del momento o per la sorpresa del volto davanti a sé, a quel punto le pareva persino nasconderlo al ragazzo davanti a lei, gliela si leggeva in faccia la sua sorpresa. Sarebbe stato così semplice dirgli di non aver capito la situazione, giocarsi la carta di essere bionda per una volta tanto nella sua vita, magari metterla anche sul ridere. Se non fosse che Roan non era quel tipo di persona, no, lei arrivava dritta al punto non importava la situazione, non sopportava di avere qualcuno a mentirle proprio sotto il naso. Per anni si era fatta prendere per il culo, prima con il tradimento di suo padre e successivamente con sua madre, non sopportava che Bjorn facesse lo stesso con lei. Poteva vedere la sua espressione riflessa negli occhi del ragazzo, contrariata e ferita, troppo sbigottita per erigere quel muro che avrebbe impedito al Commstaj di vedere dentro di lei, di vedere quanto si sentisse come un’idiota. Erano amici, no? E allora perché continuare a mentirle? Lo sapeva che avrebbe potuto dirle qualsiasi cosa e non avrebbe fatto una piega, le andava bene persino seppellire un cadavere, perché la Beech era proprio quel tipo di amica. Affidabile, leale, che avrebbe dato qualsiasi cosa per qualcuno a cui teneva. Fin troppo veloce a concedere la sua fiducia, ma altrettanto rapida a toglierla a chi non reputava affidabile. In quel momento il corvonero si trovava sul filo del rasoio, e Roan non poteva assicurare che un passo falso non l’avrebbe fatto precipitare. Quasi come una bambola priva di vita, una marionetta nelle mani del ragazzo, si lasciò trascinare da qualche parte, non particolarmente interessata nei dettagli. Le serviva qualche momento da sola per elaborare quanto successo e decidere quante botte meritasse quel figlio di Freya. «lo hai capito, no?» si degnò finalmente di dirigere lo sguardo sull’amico, e ci volle tutta la sua forza di volontà per tenere a freno la sua lingua: non tutti sapevano quanto in fondo fosse una bestia, certo ciò non le impedì comunque di mettere su la sua migliore espressione scazzata «anche un idiota l’avrebbe capito» che doamnde sono Commstaj, ma allora vedi che vuoi davvero essere preso a schiaffi. Avanzò verso di lui, perché quella voglia di menarlo proprio non le lasciava la mente, e in quel momento la Beech credeva fermamente che fosse meglio tenersi pronti. «non c'è nessuna zorya. Cioè, sono io zorya» lo sapeva, Roanoke lo sapeva, ma non voleva dire che fece meno male. Incassò il colpo, stringendo i pugni fino a sentire le unghie pungere la carne, si rifiutava di incrociare il suo sguardo, perché già sapeva cosa vi avrebbe letto: delusione, rabbia, rassegnazione. Non lo vedeva chiaramente, ma poteva percepire il sorriso sul volto del Commstaj, uno che avrebbe volentieri cancellato dalla faccia del compagno. Cazzo ridi, l’unico pensiero maturo che le venne in mente in quel momento. «non so perché non te l'ho detto. volevo farlo, davvero» «comodo dirmelo adesso, no? Lo sai quanto odi le persone che mentono, con mio padre e tutto il resto eppure tu-» le si spezzarono le parole in gola, troppo gonfia da quel risentimento che provava per poterle lasciare uscire liberamente. «non ti avrei giudicato, lo sai che non mi interessa» non le fregava niente se Bjorn si sentiva più a suo agio nel corpo di una donna, sia fosse un passatempo o la sua vera identità, o se volesse provare qualcosa di nuovo. «non so perché non te l'ho detto. volevo farlo, davvero. Ma poi ho visto come mi guardavi - come guardavi zorya, e» scuse, tutti scuse campate all’aria all’ultimo momento. Si odiava perché, in fondo, quelle scuse stavano facendo breccia in quel muro che aveva eretto tra sé e il corvonero- poteva capirlo, su un certo livello, ed era proprio quello a minare le sue convinzioni. Conosceva Bjorn, sapeva che non le aveva mentito con cattive intenzioni, e quello bastava a farla vacillare. Alla fine anche lei era debole, non importava quanto volesse credere il contrario. Fu solo quando riuscì a riconoscerlo, seppur in minima parte, che trovò la forza di incrociare lo sguardo dell’altro. Fu presa alla sprovvista da quegli occhi, animati da qualcosa che non aveva mai visto in lui, ma che certamente riconosceva in se stessa: era la stessa espressione che aveva solo dieci mintui prima, quando aveva approcciato Zorya. «siamo onesti: mi avresti baciato lo stesso, se avessi saputo che ero io?» si sentì stupida per la reazione che il suo corpo ebbe al fiato caldo del ragazzo a solleticarle la pelle, come se potesse davvero placare la sua ira. Spoiler: di certo la stava distraendo. «non lo so, björn» era confusa al momento, non solo dalla situazione, ma anche da quel poco di vicinanza. Sapeva che non avrebbe dovuto, eppure non poteva fare a meno di soffermarsi su quella domanda, immaginare la scena della sua mente senza volerlo. Nello stesso modo in cui si stava ripetendo nella testa lasciò che il suo corpo si muovesse da solo, spostando il capo per incrociare lo sguardo chiaro dell’altro «ma forse dovrei provarci?» soffiò sorniona sulle sue labbra, la mano a stringersi sul nodo della cravatta per attirarlo a sé. Non importava quanto fosse furiosa, non riusciva a mettere a tacere quella nuova curiosità che si era fatta strada in lei, e al momento non ne aveva nessuna intenzione. Non poteva concedersi anche lei qualche libertà, proprio come l’amico? Reclamò quelle stesse labbra che aveva baciato poco tempo prima, stupendosi per un attimo di quanto quel tocco fosse così diverso da quello di Zorya, come fossero due persone interamente differenti. Eppure in quel momento, nonostante tutto, voleva Björn. Voleva sentirlo più vicino, nel premere impaziente la lingua contro di lui, quasi a chiedere il permesso per approfondire quel bacio. Non aveva idea fino a che punto si sarebbe spinta, anche se per il momento sapeva che non aveva alcuna intenzione di fermarsi.
    ravenclaw
    g(r)ay
    say my name
    ateez
    Get Rich or Die Tryin’
    aesthetic
    spotify
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
  13. .
    roanoke
    c'est la vie, that's how it is on this bitch of an earth
    beech
    Sentiva la scadenza del compito a gravarle sulle spalle, e sapeva che ormai non le rimaneva più tanto tempo per procrastinare. Sollevò lo sguardo sul resto della Sala Grande, osservando pigra gli studenti che stavano chiacchierando ignari davanti a lei – quello perché non avevano idea di cosa stesse progettando la bionda, o non avrebbero avuto quell’espressione tanto carefree sul volto. Sprofondò il viso nelle mani, soffocando il suo disagio interiore nelle maniche della maglia, non credeva di potercela fare. Era troppo imbarazzante, e se poi l’avessero picchiata? Avrebbe volentieri scelto un secondino come vittima, se non avessero fatto così paura – sì, dodicenni che facevano paura perché erano alti due metri e settanta. Prese un profondo respiro, decisa a togliersi quel compito dalla mente per potersi poi dedicare alla sua capra preferita, volgendo il capo in una direzione a caso del tavolo «ehi, tu» oh merda, era il doppio di lei quel ragazzo «non....non mi piace come ti vesti, dovresti davvero cambiare stile» il tono greve della voce era proprio quello di Enzo Miccio, le mancava giusto la pelata e qualche anno in più. Prima che il corvonero potesse risponderle e farla a pezzi, si alzò rapidamente dal tavolo per dirigersi verso l’uscita, quando sentì qualcuno afferrarle il braccio: cazzo «beech» lasciò scappare un sospiro sollevato dalle labbra quando si accorse che era Zorya quella che l’aveva fermata, e non il corvo di prima. Nemmeno le importava perché si fosse fatta viva dopo un’estate di silenzio totale, era felice di potersi nascondere dietro di lei in caso di pestaggio. «beh, intanto mi spiace per quella volta a casa di zac» la bionda strinse le labbra in una linea sottile, le sopracciglia a corrugarsi nel ripensare a quel pomeriggio; Roanoke non aveva dimenticato il modo in cui la ragazza era sparita, ricordava bene l’imbarazzo che aveva provato subito dopo e la voglia di morire che aveva accompagnato i giorni successivi. Ciò che era ancora peggio, era che Zorya non si era più fatta viva. Era una ragazza sensibile, la Beech, certe cose lasciavano il segno. «non volevo mollarti lì, ma è proprio questo il punto» «avresti anche potuto farti viva» poggiò il gomito sul tavolo, racimolando il coraggio che le serviva per alzare gli occhi sul volto della ragazza. Cristo, ogni volta si dimenticava che effetto le faceva. Era una persona debole, era chiaro che la gente gnocca la facesse andare un po’ in palla. Proprio per questo si perse l’intero discorso sulla pannocchia, chiaramente al di là delle sue capacità mentali al momento, riuscendo ad intercettare solo qualche spezzone «ma, come stavo dicendo, ho una maledizione gravissima e non posso, u know, assaggiare pannocchie??» ma cosa stava dicendo, ma quali pannocchie poi? Doveva essere andata quasi quanto lei, che in quel momento si stava più concentrando sul suo volto che sull’ambiente circostante «e può essere risolta in un solo modo: paccand -» ancora con quella storia? Roanoke stava incominciando genuinamente a preoccuparsi, o così avrebbe giustificato le sue azioni, così che decise di prendere la faccenda in mano - letteralmente. Fu istintivo quel suo slancio verso la Gyldenkrantz, la sua mente si era svuotata da qualsiasi pensiero coerente, preferendo concentrarsi sulle labbra della corvonero che premevano sulle sue, e della sua pelle stretta sotto i polpastrelli. C’era però qualcosa che le tornava, perché mai Zorya avrebbe dovuto avere della leggera barba? E da quando la Sala Grande era così silenziosa? Era sicura che ci fosse una spiegazione logica, ma quando aprì gli occhi nulla le venne alla mente. Non c’era nulla di logico in quello che c’era davanti a lei «che fine ha fatto zorya?» incrociò le braccia davanti a sé, un inutile tentativo di mettere spazio tra i due ragazzi, quando erano così vicini che quei pochi centimetri non avrebbero comunque avuto alcun effetto. «e da dove sei spuntato?» aveva una teoria, ma voleva sentirselo dire dalle labbra del Commstaj.
    ravenclaw
    g(r)ay
    say my name
    ateez
    Get Rich or Die Tryin’
    aesthetic
    spotify
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco


    prompt drama club
  14. .
    CECI MA È COSÌ BELLO??? poi sto malissimo sono proprio loro guarda che reaction, così fitting :ihihih:
  15. .
    Dance the night way Grab somebody, drink a little more
    ravenclaw
    freyanesimo
    neutral
    lui non dice
    sixteen
    io non chiedo
    roanoke
    beech
    sheet
    pensieve
    aesthetic
    headphones
    C’erano molte cose che Roanoke non sopportava, tra queste c’era certamente il fatto che sua madre avesse superato la separazione da suo padre così in fretta. E va bene, non così in fretta, dopotutto era passato quasi un anno, ma ciò non giustificava sperperare galeoni su galeoni per i suoi stupidi appuntamenti. Fossero stati con persone normali, forse avrebbe anche potuto accettarlo, ma non quando si trattava del circolo di pilates della palestra vicino a casa. Parlavano di cose strane come nuovi e terrificanti metodi di depilazione, e come dimenticarsi la volta quando avevano commentato i nuovi pads che facevano crescere il culo – l’unica ragione per cui sopportava ancora quella merda era l’istruttore, che incrociava ogni volta che andava prendere Josie. Inutile dire che era stata rapida ad aggiungerlo alla lista sua lista di paccate conquistate, riuscendo a recuperare i punti che le mancavano per raggiungere Bjorn; la loro scommessa sul chi riusciva a farsi più gente stava per terminare, e quella situazione di parità non le piaceva per niente, specie in un momento così delicato. Decise che avrebbe fatto la sua mossa quel giorno, magari mentre cercava la sua prossima vittima per l’attività del drama club. «dai giorgio, sta calmo» strinse la presa sul guinzaglio del cane, sperando che bastasse per impedirgli di divorare il chihuahua che stava passando di fianco a lei e Zorya. Lo sapeva che quell’estate avrebbe dovuto andare in palesta con la madre per mettere su qualche muscolo, peccato che nemmeno la presenza del maestro gnocco fosse riuscita ad avere la meglio sul suo amato Netflix. Dall’altro lato, si era comunque trovata un passatempo che le permetteva di uscire di casa: si era offerta di fare da dogsitter a Zac, così che non avrebbe più dovuto chiedere soldi alla madre, i quali Josie sperperava comunque su nuovi vestiti da palestra attillati. Nemmeno la presenza di Zorya era riuscita a scoraggiarla, certo, faceva così tanta paura e sin dal primo momento in cui l’aveva vista aveva creduto che prima o poi l’avrebbe fatta a pezzi, ma alla fine non era male come sembrava. «che fai dopo?» era una domanda innocente, la sua, e sperava che la russa (era russa, poi? Non aveva mai capito) non fraintendesse le sue intenzioni – no, non la stava invitando a quel negozio di tarocchi che voleva visitare da mesi- dopotutto Roanoke stava solo cercando di evitare un silenzio molto imbarazzante. Si consolò pensando che mancavano solo pochi metri alla casa di Sylvester (come facevano a sapere dove abitasse? Instagram), e poi sarebbe evaporata nel nulla come al solito. Non si fece molte domande quando la porta si aprì sotto la pressione della sua mano, ma chi non si chiudeva in casa appena passata la soglia? Non aveva paura che i testimoni di Geova entrassero a parlargli del Signore? «ZACKYYY SIAMO ARRIVATE» mica era un’idiota, quell’urlo era per evitare di trovarsi Zachary e Sylvester avvinghiati l’uno all’altro o per almeno dare loro qualche minuto per calm down. Era evidente che la Beech si facesse troppi pipponi, perché quando entrò nel salotto non trovò niente fuori dal normale - peccato. «oh meo deo, ma come ti vesti?» niente, lo sguardo di Roan non poté fare a meno di andarsi a fissare su Syl e i vestiti che aveva accanto a sé, uno più osceno e kineswe dell’altro. Era scioccata, paralizzata dal terrore che provava a immaginarli su una persona reale «zac, ti prego dagli i miei soldi così può comprarsi qualcos’altro» intanto continuava a sventolarsi con la mano, reggendosi su Zorya per la paura di svenire da quell’esperienza estrema. «e comunque, zorya, se vuoi paccare qualcuno ci sono io» arrivò persino ad ammiccarle, riferendosi alla richiesta che aveva fatto ai due ragazzi davanti a loro. Chiedere non costava niente, no? Suca Bjorn, questa l’avrebbe vinta lei.
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco


    PROMPT per il drama club
121 replies since 18/8/2014
.
Top