tag: accidental baby acquisition

post-q10 | ft. jericho @ chinatown

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    Darden Larson non aveva altro che un grosso vaffanculo a regalare a tutti. Due diti medi rivolti al cielo, alle sfortunate anime che si paravano sul suo cammino, all’intero fottuto mondo. Non era mai stata brava ad accettare le sconfitte, ad abbassare il capo e a stringere i denti in attesa della sua rivincita- la vendetta andava servita fredda? Chi ne aveva la pazienza, quando poteva far scivolare uno stiletto tra le costole di uno stronzo qualsiasi. Avevano perso la guerra, era un fatto ormai innegabile, ma si rifiutava di accettare che non vi fosse più niente per cui lottare. Una nuova alba per gli special. Non era quello per cui aveva sempre lottato, un mondo migliore e più inclusivo? Dove le differenze di sangue non definivano il valore di una persona? Certo, certo che sì. Ma non a quel costo. Non per mettere quel pagliaccio bastardo sul trono. Ma dov’erano, in Nord Corea? In Cina? In fuckin’ Russia? Una grande e allegra famiglia di dittatori, tanto ormai andava di moda. Per cui, sì, Darden aveva solo un grande vaffanculo da riservare al mondo.
    Aveva saputo cos’era successo a Stonehenge.
    C’era chi non era sopravvissuto.
    C’era chi l’aveva fatto solo a metà, perdendo un pezzo di sé.
    E Darden Larson, che quella storia l’aveva già vista e provata sulla sua pelle, non aveva trovato il coraggio di guardarli negli occhi. Fin troppo fresco il ricordo di quando aveva realizzato di aver perso tutto, la magia a scorrere nelle sue vene estinta come una fiamma al vento. Non aveva nessuna parola di incoraggiamento per i suoi compagni, non era come Mads, che quei poteri li aveva voluti. E così li aveva evitati, aveva finto che l’epilogo di quella guerra non la riguardasse. Si rifiutava di elaborare, perché avrebbe significato accettare tutto il resto. Le ombre. I genocidi. L’immagine dei civili ad esplodere davanti a lei e a bagnarla di sangue e brandelli di carne.
    Almeno era viva.
    Almeno era tornata.
    Durante quel mese c’erano stati dei momenti in cui era stata convinta che non l’avrebbe fatto. Sarebbe bastato un secondo, una pallottola un po’ troppo vicina ad un organo, per far sì che uno dei suoi compagni riportasse la sua salma a casa. Ma non poteva fare quello alla sua famiglia, che in una di quelle guerre, delle mille guerre che si erano susseguite in quegli anni, avevano già perso Nathan e April. Reese. Non avrebbe lasciato Idem a seppellire l'ennesimo fratello. E poi Darden aveva fatto una promessa, e col cazzo che non l’avrebbe mantenuta

    «hai tutto il diritto di dubitare di me. ma questa volta sono tornata, no? e ho intenzione di restare»

    Schiena poggiata al muro a mattoni, braccia conserte mentre prendeva tempo a fissare la luce tremolante di un lampione. Darden non era una bugiarda, e aveva un’ottima memoria. Ecco perché quel pomeriggio aveva trascinato il suo culo all’entrata di Chinatown, nonostante l’unica attività che al momento trovava meritevole del suo tempo era allenarsi ed allenarsi ancora, fino a che non le si sarebbe squarciata la pelle delle mani. Aveva una mezza parola con Jericho buttata lì non così casualmente prima della guerra, un mutuale accordo di rivedersi in quel punto nel caso fossero tornare. E sapeva bene che la Lowell l’aveva fatto. Quello di cui non poteva essere così sicura, era del fatto che si sarebbe presentata.
    Sapeva bene che Jericho Karma Lowell manteneva sempre le sue promesse.
    Ma la minuscola possibilità che non l’avrebbe fatto incombeva sempre alle sue spalle, un’ombra che si aggrappava ai suoi vestiti e le riempiva la testa di dubbi.
    In fondo, anche Darden aveva fatto le sue promesse, e più di una volta non si era più presentata alla sua porta.
    Portò la testa all’indietro, una botta contro i mattoni per farla tornare alla realtà. Ma che cazzo stava dicendo. Riprenditi cazzo di demente. Quasi quasi preferiva l'esercito di Abbadon a quell'attesa, perché come ogni gay le piaceva essere melodrammatica.
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    Jericho stava tenendo il coltellino in bilico sul proprio palmo, quando si conclusero i famosi sette minuti in Paradiso, ed i morti - oh, li aveva sentiti spegnersi come stoppini premuti fra pollice ed indice – fecero il loro trionfale ritorno alla radura. Le espressioni perseguitate da fantasmi invisibili. Gli occhi a cercarsi con il disperato bisogno di dire qualcosa che sulla lingua non ci stava più.
    La sagra dell’ipocrisia.
    Aveva inarcato entrambe le sopracciglia ed aveva scagliato il coltellino contro il suolo, osservandolo conficcarsi fino all’impugnatura, strizzando i denti per impedirsi di rendere bersaglio anche tutti i presenti. Le lacrime, lo stupore, le mani poggiate drammatiche contro il petto, ma cristo Dio santissimo, erano quelli i soldati che avevano combattuto un mese di guerra? Patetici bastardi, la morte andava bene solo quando gli faceva comodo, uh? Anzi, anzi!: erano perfino sopravvissuti per raccontarlo, e sembravano desiderare l’opposto.
    Oh, beh. Abbadon poteva anche averli salvati e preservati, ma se proprio volevano morire, bastava un cenno nella sua direzione e sarebbe stata più che felice di accontentarli. Ma che cazzo di problemi avevano. E la magia persa di qua, e la libertà di là, e oh mio Dio sono stato posseduto e ho ucciso milioni di persone!!”” (come se scendere sul campo di battaglia, nell’una o nell’altra fazione, non avesse comunque sporcato le mani del sangue di migliaia di persone: ma crescete, cazzoni.), allora sapete cosa: i binari dell’Hogwarts Express erano (probabilmente) dove li avevano lasciati, ed il treno passava almeno una volta al giorno. Se invece volevano essere martiri fino in fondo e non essere un peso sulle vite degli altri morendo molesti, di precipizi ne era pieno il mondo.
    Era proprio vero che chi aveva il pane, non aveva i denti.
    Corrugò le sopracciglia osservando cinica i sovversivi, perché a lei quella non sembrava una punizione: dov’era il suo bagno di sangue? Dov’erano le sue decapitazioni? Era un oltraggio. E dov’era, soprattutto, la sua nube tossica portante entità da altre dimensioni a possederla? Anche lei voleva un migliore amico oscuro e potentissimo che convivesse con lei. Voleva distruggere SHANGAI! TOKYO! GIACARTA! Accartocciarle sotto il piede come carta riciclabile, che faceva anche bene agli alberi ma era utile come il cazzo (derogatory) per scrivere. Ma vaffanculo a tutte quelle regine del dramma, manco fossero stati i protagonisti di una serie trash di Netflix con un basso budget. Scrollò i capelli impiastricciati di sangue da una parte all’altra della spalla, livellando sottili occhi blu su ciascuno dei compagni di sventura ed avventura.
    Li odiava tutti.
    Qualcuno la fase 3mo non la superava proprio mai.
    Si strinse nelle spalle, calciando il coltellino al suolo per rilanciarlo in aria, afferrarlo, e infilarlo nella guaina al proprio fianco. Schioccò la lingua sul palato e roteò gli occhi al cielo inglese.
    «seh, vabbè»
    E quello era quanto avesse da dire in merito.

    A loro.
    Per chiunque fosse stato disposto ad ascoltarla, aveva un intero essay su quanto ingiusta fosse stata quella conclusione. Ok che lei si era divertita un sacco a sgozzare e mutilare le persone, però scusate tanto, agli stronzi che avevano lottato contro di loro un potere e una nuova vita, ed a lei manco la mancia? Nemmeno una statua in una piazza cittadina? Il suo nome incastonato in qualche montagna? Signor Abby?? Le priorità? Jericho era furiosa, e ne aveva tutte le ragioni. Cioè, va bene farlo per la gloria, ma anche meno. Era così che si perdeva il voto del popolo, quando non c’era un governo di meritocrazia. Per principio, ed equa par condicio, avrebbe dovuto seminare terrore e caos gratuitamente: fanculo a quella guerra, fanculo alle fazioni, Jericho giocava solo per se stessa. E che non le rompessero un’altra volta il cazzo con quelle stupide missioncine di merda che finivano sempre con qualcuno a piagnucolare: si era già fatta fregare due volte, alla terza sarebbe stato non necessario bullismo. Non aveva scritto a nessuno al suo ritorno, ma aveva mandato emoticon di dita medie a chiunque si fosse preoccupato di cercarla per confermare che fosse viva, caso mai a qualcuno fosse venuto il dubbio. Non era neanche tornata all’accampamento a recuperare i suoi pochissimi averi, che li dessero pure ai meno fortunati (i pgdilele), non erano più affar suo. Nuovo mondo, nuova vita, eccetera eccetera. Spostò il lecca lecca da una parte all’altra della guancia, specchiandosi in una vetrina distrutta per assicurarsi che i capelli fossero in ordine.
    Cioè.
    Per assicurarsi che SUSCITASSE TERRORE E PAURA, nel suo outfit scelto casualmente, mica con un crollo mentale di lieve entità (eh, le priorità) ed un paio di messaggi a Nice giusto per confermare che andassero bene. Poteva tenere il broncio a chi le pareva, la Hillcox, perché era giustificata a temere i penedotati della sua vita non avrebbero fatto ritorno: Dominic? Bertie? Lecito, il fatto che non avessero tirato le cuoia era perfino offensivo. Nessuno al mondo, però, poteva pensare che la Lowell non tornasse trionfante da qualunque battaglia scegliesse. Una preoccupazione in meno per i pochi a cui interessava. Si era preparata a dovere, quella volta, perché certa che la Larson ci sarebbe stata: Darden era troppo una testa di cazzo per evitarsi di sventolare moralmente il dito con un io l’avevo detto, e dubitava che Laboratori o viaggi nel tempo l’avrebbero tenuta lontana da Chinatown quel giorno. La morte, forse, ma se era sopravvissuto perfino Archibald Leroy, non dubitava l’avesse fatto anche lei. Passò il pollice sul bordo del labbro inferiore, sistemando il contorno del rossetto blu elettrico, ed inspirò profondamente. Una sola volta. Secca, tenendolo tutto fra le costole, schiena dritta e passi sicuri.
    Svoltò l’angolo.
    (No invece. Si fermò a metà passo)
    Svoltò l’angolo.
    (e se invece… me ne andassi…)
    SVOLTò L’ANGOLO.
    (VA BENE.)
    Battè le ciglia, ed incrociò le braccia al petto. Le indicò con un cenno la parete alle sue spalle, un «più forte» necessario, perché se voleva prendere a testate il muro, che almeno lo facesse bene.
    Poi dondolò sui talloni, ma perché minchia c’era andata. Principio, immaginava. Morale poco cristiana. Tacque un paio di secondi, gli angoli della bocca curvati verso il basso e lo sguardo a scivolare su una strada parzialmente distrutta. Magari avrebbero completato l’opera. «a te hanno posseduto?» domandò infine, perché nessuno l’aveva preparata ad un appuntamento post guerra mondiale e a quali fossero le frasi d’approccio più opportune. Era un appuntamento? NON ERA UN APPUNTAMENTO. «chiedo.»
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    Solo perché Darden sperava che Jericho mantenesse la sua promessa, non voleva dire che l’avrebbe fatto. Ecco perché sussultò quando udì la sua voce, finendo con lo sbattere la nuca una seconda volta al muro, proprio come aveva predetto la Lowell. Ma cristo, perché a me. Più tentava disperatamente di essere casual e cool, e più falliva- non funzionava molto bene al di fuori di una battaglia, la Larson. Forse sarebbe stato il caso di tendere una mano e invitarla a darsele in memoria dei vecchi tempi, per vedere chi avrebbe vinto ora che potevano giocare ad armi pari. Ma non lo fece, per quanto l’idea fosse allettante. «a te hanno posseduto? chiedo» osservò attenta il modo in cui gli angoli della bocca di Jericho erano curvati in basso, del broncio che sportava ovunque se non in viso. Oh, cristo. Jericho era offesa perché non era stata posseduta. Darden rimase in silenzio per un paio di battiti, le dita a stringersi con più forza del necessario sulla carne delle braccia- l’emocineta era stata lì quando si era trattato di pulire il macello che si era lasciato dietro Abbadon. Era stata lì quando avevano dovuto spostare -di nuovo- il quartiere generale, quando aveva incrociato per sbaglio lo sguardo di Wren e Moka nelle rare volte in cui mettevano il capo fuori di casa (mai, credeva si vergognassero della propria ombra). «no, e credo che sopravvivrò» commentò asciutta, nessuna traccia di umorismo ad animare il volto. No, non era stata posseduta e pregava non le sarebbe mai capitata una simile sorte. Ma cosa ne poteva sapere Jericho, di valori e ideologie del tutto opposte alle sue? Per quanto fossero simili, ci sarebbe sempre stato quell’invalicabile divario a separarle. Si passò una mano sul vivo, stanca, stremata, esausta di dover pensare a quella guerra in ogni momento- voleva solo godersi la presenza di Jericho, era tanto da chiedere? Fece poi un gesto alla ragazza di procedere, indicando la strada ormai parzialmente distrutta davanti a loro «magari troviamo qualcosa di aperto. lo spero, perché ho fame» ammise, anche solo per spezzare la tensione che si era andata a creare, cacciando le mani nelle tasche dei pantaloni e prendendo a camminare al fianco della Lowell. Uh, sembrava proprio un appuntamento. Non che lo fosse! Oddio, lo era? Si rendeva conto di come lo potesse sembrare da una prospettiva esterna, specie quando si erano ritrovate a camminare così vicine. «dimmi la verità, ti aspettavi che tornassi?» vi era una vulnerabilità in quelle parole che le lasciò intravedere per qualche secondo, salvo poi chiudersi ermeticamente come suo solito. «sono felice che tu l’abbia fatto» mi sei mancata «non che avessi dei dubbi» deflettere, deflettere e ancora deflettere. Dio, come odiava essere percepita- anche se, una parte di lei agognava di esserlo, anche solo in parte.
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    Gli occhi di Jericho seguirono le dita di Darden strette attorno alle braccia, un sopracciglio a scattare cinico verso l’alto nel notare l’improvvisa rigidità dell’altra. Flemmatica, spostò lo sguardo sul viso, lasciando che intravedesse nelle linee severe della propria espressione un monito a controllare le proprie reazioni, ed i pensieri che percepiva pulsanti di rabbia e sconforto. Non voleva davvero sapere a cosa stesse pensando, perché poteva immaginarlo e tanto le bastava; avrebbe preferito vivere nella propria ignoranza, potendo scegliere, evitando posizioni… scomode. Non era un segreto così ben custodito che combattessero guerre diverse, ma finché non ne aveva conferma, poteva persistere nell’ignorare la questione. «no, e credo che sopravvivrò» Credeva era forse la parola chiave, perché alla Lowell non sembrava così scontato, viste le circostanze. Reclinò il capo da un lato, osservandola senza aggiungere altro. Una parte di lei – una importante parte di lei – voleva aggrapparsi a quell’aridità per graffiarla e graffiarcisi. Era un nuovo mondo, avevano un nuovo capo, ed il tono piatto della Larson lasciava intendere più di qualsiasi altra inflessione avrebbe fatto. Era un onore, essere posseduti ed avere la libertà di distruggere intere città – o meglio, avrebbe dovuto esserlo. Forse sapendo di non averne pieno controllo non sarebbe andato a genio neanche a lei, ma dubitava fosse quello il punto di Darden. «per ora.» spalle drizzate, braccia incrociate sul petto e sguardo spostato sulle strade deserte di Chinatown. I contorni delle parole affilati, ma non necessariamente rivolti offensivi verso la Larson.
    Un altro avvertimento.
    Che lasciò congedato al nulla, permettendo a Darden Larson di prendere il timone e cambiare rotta. Non era che Jericho non volesse litigare, quando mai, ma preferiva non farlo su questioni etiche e morali: le trovava impersonali ed oggettive, mentre a lei il sangue piaceva caldo e tutto contorto dalla complessità paradossale della natura umana. Insomma, cereali con o senza latte tipo di diatriba; quale arto fosse più utile eliminare per primo e per quale motivo; cose così. «magari troviamo qualcosa di aperto. lo spero, perché ho fame» Non ricordava quando fosse stata l’ultima volta che avevano mangiato insieme, se si escludeva la colazione post siberia, che, ovviamente, non aveva condiviso con l’emocineta.

    [ «cosa devo fare perché tu mi creda?»
    E Jericho l’aveva guardata, Darden Larson, corrugando le sopracciglia e scuotendo appena il capo. Non capiva? Non - non capiva, che fosse proprio quello il problema di fondo? Che non esistesse una cazzo di risposta a quella domanda, perché le basi di una replica si fondavano proprio su quello che mancava? La Lowell non si fidava più, di Darden.
    «niente» aveva sibilato, prendendo respiri poco profondi e tutti spezzati.
    «non puoi fare un cazzo di niente» che era vero, e tragico, e maledettamente reale. Darden non poteva fare nulla perché Jericho le credesse: sarebbe successo e basta, o non sarebbe successo e fine. Tempo, ecco di cosa avevano bisogno. Non Darden, non Jericho, ma Jericho-e-Darden - per dimostrarlo, per crederci. ]

    Strinse le labbra fra loro, ancora tesa come le corde di un violino. Era sempre difficile per la telepate abbassare le armi, fisicamente o moralmente che fosse. Non essere costantemente sul piede di guerra, non era da lei. Deglutì, mordicchiando l’interno della guancia e stringendosi nelle spalle. «ramen?» che non era buono quanto sembrava, ma aveva un significato per Jericho, e quel significato erano anni ed anni passati a guardare anime illegalmente. Iniziò a camminare, a passo più spedito del necessario, senza realmente guardare quali attività fossero aperte o meno. Solo dopo qualche minuto rallentò l’andatura, distrattamente, trovandosi al fianco di Darden. Testarda a rimanere in silenzio, perché non sapeva… non sapeva tante cose, l’ex Grifondoro, men che mai cosa avrebbe dovuto sapere, il che, per mera logistica, era un problema. «dimmi la verità, ti aspettavi che tornassi?» Ah così, subito. Non c’era - ancora - compiacimento nel tono dell’altra, ma Jericho si mise comunque sulla difensiva, digrignando i denti e sibilando l’aria nella fessura fra essi.
    Avrebbe potuto dirle che non le importava.
    Ma allora che senso avrebbe avuto presentarsi lì quel giorno.
    Avrebbe potuto dirle che non se l’era neanche chiesto.
    Perchè rimanere, però.
    «non così presto» sillabò quindi, strappandosi le parole una per una. «magari fra qualche mese. Un anno» e non stava neanche scherzando. Si strinse nelle spalle, imponendo alla propria voce di suonare il più leggera possibile. «ma non mi stupisce più di tanto: avevi detto l’avresti fatto» e mantieni sempre le promesse? quando mai. Un guizzo sulle labbra, che non era propriamente un sorriso ma neanche un non sorriso. «e sei una testa di cazzo, quindi per principio immaginavo oggi ci saresti stata» ad aleggiare fra loro, il per quanto? che già le aveva domandato, e che aveva ricevuto la sua risposta un mese prima.
    Non abbastanza.
    Ma magari se lo sarebbero fatte bastare comunque. Un atto di fede. Non la specialità della Lowell.
    «sono felice che tu l’abbia fatto» Distolse in fretta il volto dal campo visivo della Larson, nascondendolo verso la parte opposta della strada. Perchè non era semplice e basta. Perchè non poteva andar bene così e fottutamente basta. «non che avessi dei dubbi» Liquidò la questione con una stretta di spalle; non lo prese come un complimento, ma come il dato di fatto che era, e di conseguenza non aveva nulla da aggiungere in merito. «già.» la famosa loquacità di Jericho Karma Lowell! Lasciò nuovamente che il silenzio si insinuasse fra loro per un lunghi, infiniti, minuti, cercando un (1) argomento a cui appellarsi per fare conversazione e che non alimentasse il conflitto sempre in attesa sotto pelle. «ho un’attività in proprio. Una linea di abbigliamento. Con -» Una pausa. Battè le ciglia, fermando la voce ma non il passo.
    La aveva ancora?
    Ripensò alla radura, alle foglie attorcigliate alle gambe dell’ex Serpeverde, alla sua espressione distrutta ma risoluta. Avevano combattuto da parti opposte, e non poteva fingere di non sapere come in altre (pump pump pump) casistiche.
    Forse non il miglior input di conversazione.
    «- nice disegna alcuni abiti.» decise di scendere in territorio neutrale, l’unica certezza che ancora avesse. Non sapeva per quanto, la Hillcox aveva giustamente altre ambizioni nella vita, ma se la sarebbe tenuta finché la ragazza avesse voluto. Cos’altro si era persa Darden in quegli anni…? Alzò lo sguardo al cielo, cercando l’ispirazione da una forza superiore. Girò l’angolo, ma non era da quelle parti il ristorante di ramen? e si fermò repentina in mezzo alla strada, sopracciglia corrugate e già un coltellino a scivolare nel palmo. Istintiva.
    Abbassò lo sguardo al centro del vicolo. Batté le ciglia. Non strinse la presa sulla lama, ma non la infilò neanche nella guaina; di quei tempi, non ci si poteva fidare di nessuno, men che meno di un bambino intento a giocare con un enorme volatile dalle dubbie intenzioni. Spostò gli occhi sul circondario. Probabilmente i genitori stavano lavorando in una delle rare attività ancora funzionanti, ed il marmocchio era scappato attratto dal mostro con le ali.
    Beh. Certamente non un problema di Jericho Karma Lowell.
    «forse dovremmo ripiegare sui ravioli» priorità.
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    Darden conosceva Jericho da una vita, la Larson era una croce che la special aveva deciso di accollarsi fin dall’adolescenza e di cui non si era mai liberata nonostante ne avesse avuto occasione svariate volte. Quindi sì, Darden conosceva bene lo sguardo derogatory della Lowell e ormai lo abbracciava come solo qualcuno nella sua delulu era poteva fare. Delulu era che durava da anni, per inciso. Sapete cosa? Se fosse servito a conquistare la ragazza, avrebbe contattato personalmente Abbadon per chiedergli di far possedere la telepate. C’erano cose peggiori al mondo, come evocare tentacoli e poi farsi riempire tutti gli orifizi disponibili, o almeno così aveva sentito dire. Darden non frequentava siti porno di quel genere, bombastic side eye and all. «ramen?» a quel punto avrebbe accettato anche catrame cacciato in gola, per cui si limitò ad annuire prima che la ragazza cambiasse idea. Non mangiavano insieme da- anni? Aveva perso il conto, ma quella che era una occorrenza frequente quando erano ancora adolescenti era presto diventato un miraggio. Una rarità da sfiorare con tocco delicato e il fiato sospeso nella paura che si infrangesse al minimo passo falso. «non così presto» un chuckle senza alcuna nota divertita sgusciò dalle sue labbra, le iridi celesti a velarsi per un momento di un rammarico che Jericho non avrebbe mai notato. «ma non mi stupisce più di tanto: avevi detto l’avresti fatto. e sei una testa di cazzo, quindi per principio immaginavo oggi ci saresti stata» «farò finta che sia un complimento» non lo era, lo sapevano entrambe, ma Darden avrebbe preso qualsiasi cosa fosse riuscita a strappare da Jericho. Briciole, le ultime braci ad aggrapparsi ad un fuoco ormai spento. Eppure, la Larson sperava che bastasse un alito di vento a riaccenderlo- bastavano le giuste circostanze, e una buona dose di pazienza. La cosa era che l’emocineta non era mai stata una persona molto paziente. Ma ci avrebbe provato, perché aveva come la sensazione che c’era un numero finito di occasioni che Jericho era disposta a concederle. «ho un’attività in proprio. Una linea di abbigliamento. Con nice disegna alcuni abiti» quello era…inaspettato. Non nascose la sorpresa genuina che animò i suoi lineamenti, ma c’era qualcos’altro appena sotto la superficie, un senso di ammirazione per un qualcuno che aveva trovato la sua strada. O almeno un modo di passare le proprie giornate. Un qualcosa che la special non poteva ancora vantare. «davvero?» non le sembrava il tipo, Jericho era più lame e violenza che tulle e fronzoli «che tipo di abiti?» domandò allusiva, mentre la sua mente era già partita per la tangente. Cristo, sperava davvero che Jericho avesse la testa altrove e non percepisse alcuno di quei pensieri. Girò l’angolo, seguendo ciecamente la direzione che Jericho aveva scelto per loro, troppo occupata dal suo profilo per rendersi conto del- «ho visto un horror che iniziava allo stesso modo» fuckin’ infante e del corvo OGM che lo accompagnava. Se Jericho ricorse al conforto dei suoi coltellini, fu naturale per la Larson appellarsi al suo potere. Non aveva altro, in ogni caso. Una fitta rapida quanto il bagliore di un lampo strinse il suo muscolo cardiaco, il ricordo della Siberia a farsi prepotente contro le sue tempie. Appena fuori dal suo campo periferico, il fantasma di una ventina di bambini attendeva con il fiato sospeso. «non possiamo lasciarlo qui» un sospiro sconfitto, il suo, le sopracciglia corrugate mentre si guardava intorno in cerca dei proprietari della bestia (il bambino). Volse lo sguardo verso Jericho, pregandola con gli occhi di capire, di non farglielo mettere a parole. Non era scesa in dettaglio sulla Siberia, ma si era lasciata sfuggire abbastanza perché la special potesse mettere insieme i pezzi.
    Ma non l’avrebbe fatto.
    Perché non poteva pretendere che Jericho le leggesse la mente. Non era giusto nei suoi confronti, così come non era giusto rimanere delusi quando non accadeva.
    Forse era arrivato il momento di fare quello sforzo in più, quel passo in avanti che aveva sempre esitato a muovere: fidarsi di un’altra persona, e lasciare che intravedesse quelle parti che tenevi strette al petto, nascoste al mondo. «Ho troppi bambini sulla coscienza per fare finta di niente» ed era sicura che quel numero sarebbe aumentato, ma se poteva fare qualcosa per mettere a tacere il senso di colpa, era quello il momento. Anche se si trattava di una trappola. «e in ogni caso avrei te a guardarmi le spalle, no?» batting her eyelashes, twirling her hair- non perdeva tempo a flirtare nemmeno quando c’era un bambino smarrito di mezzo. Si avvicinò cauta all’infante, senza distogliere un momento l’attenzione dai suoi dintorni e da quell’uccello del malaugurio. Per poco non fece un balzo in aria quando una voce profonda e roca ruppe il silenzio con un «HHH-Holaaaa» al che-
    Al che Darden fu costretta a girarsi verso Jericho, mano sul cuore ed espressione profondamente confusa-
    «Era il bambino o l’uccello?» dubbi leciti, come minimo aveva trovato il bambino di Scary Movie. Cristo, era appena stata cockblockata da un marmocchio ma che cazzo. Ma perché a lei. «sai vero cosa dobbiamo fare adesso?» altro che ravioli, altro che ramen. Si chinò davanti al bambino, mani a scivolare sotto le sue ascelle e a sollevarlo lontano come se stesse osservando una specie aliena «hai la faccia un po’ pirla, sai?» il bambino non Jericho. Così, specifichiamo.
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    Lookin’ in her eyes look like fuck you
    Non aveva risposto riguardo gli abiti. Aveva alzato l’indice per intimarle di aspettare, prendendo il telefono e scorrendo la galleria alla ricerca di qualcosa da mostrarle, più semplice dello spiegarlo e basta. Certo, eccetto quando Nice si sentiva particolarmente creativa, i loro abiti non avevano nulla di speciale: erano semplicissimi vestiti, tutti esclusivamente neri, con scritte particolarmente significative ricamate sopra. Una di quelle che più andavano a ruba, fra tutti i gender come aveva fatto notare loro l’apposito modulo google compilato ad ogni acquisto – certo, vendevano solo online: ci mancava solo il costumer service irl, alla Lowell - , diceva “la vagina è più discreta”. Reale. Sincero. Onesto.
    Non aveva mai avuto modo di mostrare alla Larson le loro creazioni, perché sulla strada era apparso un chiaro simbolo d’inquietudine e morte, accompagnato da un povero pennuto chiaramente maltrattato. «ho visto un horror che iniziava allo stesso modo» Fece sollevare parte della bocca di Jericho in un sorriso, gli occhi ad illuminarsi. Ma magari. Provò anche a cercare nei dintorni se apparisse la sagoma di qualche fantasma omicida, mostro lovecraftiano, o serial killer mascherato, così da dare una nota piccante a quella giornata – invece niente, l’unica creatura abominevole nei dintorni, era quella da cui Darden sembrava incapace di togliere lo sguardo. «non possiamo lasciarlo qui» Jericho la osservò, sbuffando dal naso la propria opinione in merito. Certo che potevano lasciarlo lì, anzi, dovevano. Non potevano mica mettersi a rapire bambini per strada come dei trafficanti del mercato nero quals- beh.
    In effetti… Sì. Fu con un nuovo interesse che affilò lo sguardo, testa reclinata sulla spalla.
    «dici che ci darebbero tanti cammelli?» Non sarebbe stato male avere un esercito di cammelli nel proprio cortile di New Hovel, avevano dei denti pazzeschi – e dei musi simpatici, ma quello non l’avrebbe rivelato a nessuno, perché aveva una reputazione da mantenere e non implicava trovare dei dromedari a due gobbe dalla faccia idiota adorabili. Le bastò la breve occhiata dell’altra per tornare seria e rendersi conto che ci fosse una questione irrisolta, e che Darden Larson fosse drammaticamente onesta nel suo non volere lasciare l’infante in mezzo alla strada. Poteva anche aver adottato il cognome del padre, ma era pur sempre una Withpotatoes. «Ho troppi bambini sulla coscienza per fare finta di niente» Non le offrì uno sguardo di compatimento, né tanto meno di comprensione, perché non poteva capirla. In Siberia non c’era stata, ed in guerra – pur sapendo che bambini fossero morti, certo che l’avevano fatto - non si era mai trovata coinvolta in prima persona nella loro dipartita. Non era neanche sicura le sarebbe importato. Le persone provavano… tenerezza, nei confronti dei bambini, un senso di protezione naturale, perché rappresentavano ancora l’innocenza: non avevano colpe, con quegli occhi troppo grandi per la loro faccia e quelle orecchie deformi a spuntare da una testa ossuta. Lei? Non lo sapeva. Immaginava che per scoprirlo, avrebbe dovuto vederne morire uno davanti ai suoi occhi, e scindere come si sentisse in merito. Corrugò piano le sopracciglia, rendendosi conto di non fremere all’idea di un infanticidio. Forse poteva tracciare la linea prima di superarla. «e in ogni caso avrei te a guardarmi le spalle, no?» Un altro sbuffo, ed occhi alzati al cielo. Abbassò lo sguardo sulla Larson per darle la risposta dispregiativa che si meritava, ed invece si ritrovò davanti uno sfarfallare di ciglia, e l’abbozzo di un sorriso che le fece perdere un paio di battiti ed arrossire le guance. Terribile, e sconsigliato. Distolse in fretta gli occhi dalla ragazza per posarli seccata sul pavimento, le braccia incrociate sul petto. «di certo non ti farò uccidere da un fuckin bambino» quel diritto era suo, dopotutto. Se l’era guadagnato molto prima di uno sgagno qualsiasi, tsk. Mentre l’altra tentava l’approccio fisico verso la creatura, Jericho cercò di sondare il terreno allargando il proprio potere nei dintorni, tentando di captare la mente dei genitori. Dovevano pur essere da qualche parte, no? La gente non si volatilizzava, a meno che non si chiamasse Darden Anja Larson.
    Poi quel suono.
    La coscienza di Jericho tornò con uno scatto quasi fisico alla sua persona, gli occhi azzurri abbassati di fronte a sé. Dischiuse anche le labbra, sorpresa. «HHH-Holaaaa» Quel tono sembrava provenire direttamente dagli abissi più gelidi dell’inferno; la voce di Lucifero in persona, rocce a sgretolarsi le une con le altre. Era il suono più agghiacciante che avesse mai udito in vita sua. Si sentì: conquistata.
    E non pensava l’avrebbe mai pensato nei confronti di «è l’uccello» ma a quanto pareva, quella era la nuova vita dei pg di sara. Dopo il primo, tutto in discesa kind of thing. Battè le palpebre, improvvisamente affascinata. Cos’era… cos’era quel pezzo di demonio di fronte a lei, e no, non il bambino – era un complimento che non meritava ancora. «sai vero cosa dobbiamo fare adesso?» Lo… sapeva? Staccò nolente lo sguardo da quello che credeva sinceramente essere il suo spirito guida – nero, e cattivo – per spostarlo sull’emocineta. «ti dirò: secondo me, non stiamo pensando la stessa… cosa» ed era una telepate, quindi ne era davvero abbastanza sicura. Non che avesse bisogno del proprio potere, per sapere che Darden non stesse pensando a come Jericho sarebbe stata bella con il corvo ogm sulla spalla mentre conquistava città dopo città, tutte salutate da quell’HOLA terribile e meraviglioso. «pensi sia una creatura di abby?» La sembrava. Di certo, non era il corvo più normale che avesse mai visto. Si avvicinò, infine. Si chinò al fianco di Darden, mentre quella diceva al bambino che avesse la faccia da pirla. «ti somiglia», le disse senza pensare, continuando a guardare il volatile – e lui guardava lei, come l’abisso che era. Con la coda dell’occhio, notò che il viso del bambino fosse sporco, l’espressione corrucciata. I vestiti strappati ed impolverati. Quando allungò una mano cicciotta e lurida verso la Larson, fu quasi tentata di spostarla; se non fosse stata impegnata con una guerra di sguardi e dominazione con l’uccello, forse l’avrebbe fatto.
    Quello la posò sulla guancia di Darden. «ma-mma?»
    Cosa stava succedendo.
    Jericho guardò fortissimo il corvo, inviandogli mentalmente l’obbligo morale di dirle lo stesso: VOLEVA ESSERE SUA MADRE! VOLEVA LA RICONOSCESSE COME PARTE DI LUI! ABBADON NON L’AVEVA FATTA POSSEDERE, MA POTEVA ALMENO AVERE QUELLO!
    «magari ha avuto un imprinting. Come le anatre» specificò, perché parlando di “imprinting”, se il primo pensiero della Larson non era Twilight, non potevano essere amiche – figurarsi altro. «riesci a sentire se è come noi? Con il sangue, eccetera» special. Magico in generale, perché se non lo fosse stato, si sarebbe aperto un sipario di alternative molto minore – ed anche meno possibilità di smollarlo da qualche parte, il che era un problema. Frugò nelle tasche trovando solo un altro lecca lecca. Guardò il bambino, e gli sorrise.
    Poi pestò selvaggiamente (Gigi) la caramella sotto il piede, frantumandola. Aprì l’incarto, versò le briciole nel palmo, e le offrì all’uccello.
    Perchè così andava la vita.
    «diventiamo amici?» E con la mano libera, stava già cercando su Google.
    Che non la deludeva mai: come addomesticare un uccello; ci torneremo al prossimo post.
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    In ogni coppia, c’era la persona responsabile e quella feral. Non che lei e Jericho lo fossero. Affatto, ha ha. Nei suoi sogni, forse. Darden non era responsabile in alcuna misura o universo alternativo, ma visto l’inclinazione della Lowell a vendere il bambino per dei cammelli, beh. Si faceva di necessità virtù, o qualcosa del genere. «dici che ci darebbero tanti cammelli?» si illuminò per un attimo ed ebbe il flash di un sito che stabiliva il tuo valore in cammelli, chissà se anche Jericho l’aveva beccato. Sicuramente, era cronicamente online almeno quanto lei. «assolutamente no. i bambini sono inutili» sollevò il labbro in una smorfia e scosse il capo, con tutti i fratelli che aveva ormai era un’esperta sull’inutilità della prole umana. Erano così piccoli, rumorosi, e avevano costantemente le mani appiccicose di bava o peggio. Ma soprattutto: rompevano il cazzo. «di certo non ti farò uccidere da un fuckin bambino» forse la Larson vedeva quello che voleva vedere lei, persa nei propri vagheggi e affiatata nel rincorrere un miraggio che si allontanava ad ogni passo, ma decise di darvi la propria interpretazione. Jericho le stava chiaramente dicendo che era suo il diritto di farla fuori? I Do Not See It. Preferì concentrarsi su quella palla di lardo, quell’essere mostruoso di un bambino che stava manovrando con la stessa cautela di una bomba. Cosa che poteva benissimo essere, l’emocineta non escludeva nulla, specie con un uccello demoniaco al suo fianco. «pensi sia una creatura di abby?» provò a scuotere il bambino, non un pensiero coerente a rimbalzare nella scatola cranica, se non il vago ricordo che fosse un gesto…rilassante. O forse era per farli digerire. Almeno non si mise a piangere, ed era già un traguardo. Solo a quel punto si concesse di far scivolare lo sguardo sulla Lowell, rapita dall’entusiasmo giovanile e dalla guerra di dominanza che stava avvenendo tra lei e il corvo. Sollevò le sopracciglia ed annuì piano, gli occhi chiari a giocare a ping pong tra l’animale e la telepate «potrebbe essere, ho visto cose più strane» e con ho visto intendeva quello che le avevano raccontato sulla magica Capitol, ma quello non lo poteva sapere Jericho. «non dirmi che–» e invece sì, Jericho ormai ci era più dentro delle cinque dita anali «sai cosa? ti si addice, fa molto lord del male» ma anche porno gay cinese, anche se avrebbe evitato di menzionarlo. Sapeva in fondo al cuore che non avrebbe compreso la reference a Sha Po Lang e al daddy Gu Yun. «ti somiglia» sapete cosa? Darden decise di ignorare il non-così-velato insulto di Jericho, decidendo invece di aggiungerla alla lista per cui avrebbe dovuto rapire il bambino. Ormai si era già portata avanti, un pensiero che dopo averle sfiorato la mente aveva preso radici più in fretta di una ludopatia da scala 40. Posso smettere quando voglio, racconta Darden Larson con 40 figli asiatici. Non poteva farci niente, era nella sua indole Withpotatoes quella di avere il brutto vizio del collezionare orfani, ed era peggiorata dopo la guerra. Almeno Mac e Harper non erano poppanti. «è un problema di noi bellissimi» la faccia da pirla, ma anche la dipendenza. «magari ha avuto un imprinting. Come le anatre» COME LE ANATRE???? Ma non erano i cigni? O i cigni erano anatre? Ma non era quello l’importante, perché nel suo breve (...) momento di distrazione, quel raviolo cinese aveva allungato le mani e l’aveva……………………….toccata. Chiuse forte, fortissimo, gli occhi e si impose di contare fino a cinque, mentre cominciava a vibrare su un altro piano astrale «cristo santo, spero di no» staccò una ad una le dita luride del bambino, accertandosi di tenerle ben lontano dal proprio volto «non hanno un tasto di reset o qualcosa del genere?» oh, magari funzionava come Cicciobello. Magari bastava scuoterlo abbastanza forte, o appenderlo a testa in giù come gli amici di Mussolini.
    «riesci a sentire se è come noi? Con il sangue, eccetera» ottima idea, gg ez.
    Se non fosse stato che
    Pausa
    Molto
    Lunga
    «non sento niente» deadpan, ormai arresa, come solo una Betta a Pisa era stata. Nemmeno un secondo tentativo diede risultati, e ormai la Larson sapeva gestire abbastanza il proprio potere da essere certa di non essere il problema. «forse anche lui viene dallo stesso posto del corvo» voltò lentamente il capo a cercare lo sguardo di Jericho, un guizzo delle labbra all’insù mentre sollevava appena la Bestia come un Simba qualsiasi «gli inferi» chissà se poteva chiamarlo Ade, o se i genitori gli avevano lasciato una targhetta al collo come un animale domestico qualsiasi. Osservò Jericho frantumare un lecca lecca in uno strano rito di bonding con il corvo, e si vide costretta a frugare nelle proprie tasche allo sguardo sconsolato del bambino. «se inizi a piangere ti lascio qui» lo ammonì nel passargli una caramella che aveva trovato nel fondo delle proprie tasche, con tutta probabilità lì da mesi. Decise di rimettersi in piedi, il dolore alle gambe ormai una costante della sua età avanzata, ma tenendosi piegata per reggere la mano del bambino. Ugh, tutto terribile. «non pensavo che avrei passato il pomeriggio così» ma quando mai poteva avere una normale interazione con la Lowell senza che qualcosa si mettesse in mezzo, anche se solitamente si trattava di rapimenti vari «tour dei ristoranti di chinatown? magari qualcuno se lo prende» un sorriso debole a rompere la monotonia del viso, ma cauta a tenersi il resto dello stupido entusiasmo a vibrare nelle vene per sé: ogni scusa per rubare un attimo del proprio tempo alla Lowell ne valeva la pena «dici che gli piacciono le katana? o le cose affilate? e lui è il suo uccello killer» sperava non pedofilo, come tutti gli uccelli sembravano essere di quel periodo.
    gif code
    1998
    rebel
    hemokinesis
     
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