Posts written by dirrty

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    We do our best vampire routines
    As we suck the dying hours dry
    20 y.o.empath
    melvin
    diesel
    «“questo posto… è come il ricordo di un sogno”» Reclinò il capo, osservandola con grandi e curiosi occhi verde giada. «è una citazione, dal mio cartone preferito. ma in questo caso, il posto è più “una persona”» Mantenne il contatto visivo per un altro paio di secondi, prima di distogliere lo sguardo e posarlo sulla manica della propria maglia. Sopracciglia lievemente corrugate a segnare un pensiero ben preciso, anche se poco concreto, tenuto a malapena stretto fra i molari. Annuì piano, perché capiva, e per un cosmico scherzo del destino persistette a tacere, lei che parlava anche nel sonno. Temeva che una parola sbagliata potesse rompere l’incantesimo, spezzando la bolla di surrealità di quell’incontro. Un battito di ciglia, e Clod sarebbe sparita, lasciandola sola sulla panchina del parco. Un’immagine così reale, che dovette battere rapidamente le palpebre per assicurarsi che non fosse vera, e la ragazza fosse ancora seduta al proprio fianco.
    Aveva la sensazione di parlare con un fantasma. Un cimitero emotivo di mietitori smarriti che non avessero ben chiaro quale fosse il loro compito.
    «vedi? siamo già in sintonia, sulla stessa lunghezza d’onda. ma ti avverto, potrebbe non essere un complimento per te,» Accennò un sorriso, sollevando un piede sulla panchina per poter poggiare il mento sul ginocchio. Trovava superfluo dirle quanto le venisse naturale essere sulla stessa lunghezza degli altri, seguire i flussi e le correnti senza disturbarle troppo. Uno specchio anche quando non si sforzava d’esserlo.
    E non seppe che farsene, della sorpresa della ragazza nel scoprirla empatica. Non sembrava impaurita, solo… curiosa, ma era comunque una di quelle emozioni a cui la Diesel si approcciava sempre con cautela: la curiosità non era sempre sintomo di buone intenzioni, o i Laboratori non sarebbero mai esistiti. «è davvero...» «davvero?» incalzò, perché non aveva idea di dove quella frase potesse andare a parare. Una domanda veloce ed istintiva, prima che perdesse il coraggio di volerlo sapere, con già la sensazione sulla lingua del conseguente cuore spezzato. «e com’è? essere un’empatica. esserlo davvero,» Battè le ciglia, riflettendo sul quesito come raramente concedeva a se stessa od ai suoi interlocutori. Umettò le labbra, sollevando gli occhi al cielo per cercare la risposta nella forma delle nuvole. Com’era? «non so come sia non esserlo» spiegò, dopo un paio di secondi, senza abbassare lo sguardo su Clod. Melvin era nata empatica, e non ricordava un momento in cui non fosse stata in grado di percepire, se non vere e proprie emozioni, perlomeno sensazioni. Faceva parte di lei, come l’avere due braccia e due gambe; difficile rispondere a cosa si provasse ad averle, quando aveva passato tutta la sua vita potendoci fare affidamento. Al contrario, non poteva fare a meno di chiedersi come fosse non averla, e vivere in un mondo multicolore ma soggettivo, senza fili da seguire e colori da interpretare. «ti capita mai invece di non volerle... di temere di star scambiando le loro con le tue?» Un interrogativo difficile, per una ragazza piuttosto semplice. Melvin Diesel, Doc che si volesse, aveva vissuto il meglio ed il peggio di tutti i mondi: c’era stata nei momenti di intensa gioia, ed in quelli in cui il dolore aveva minacciato di soffocarla. Aveva percepito il terrore più viscerale, e la gioia più intensa. Le persone potevano vivere tutta una vita senza provare quegli stati d’animo, e la bionda era invece stata abbastanza fortunata da poter sperimentare tutto come fosse proprio. Scambiarle con le sue? Le rivolse uno sguardo perplesso, perché la questione non l’aveva mai minimamente sfiorata. Non si era mai posta il problema, perché non le importava. Non aveva abbastanza di sé a cui essere gelosamente affezionata al punto di volersi assicurare fosse unicamente suo. Le emozioni degli altri, piuttosto, colmavano tutti i vuoti e le lacune; talvolta, ma capitava di rado, la aiutavano a dare un senso a quel che provava lei stessa. «non è così… netta, la differenza. Non c’è il tuo ed il mio» provò a spiegare, suonando, come raramente le capitava, seria e riflessiva. «c’è e basta, sai? E ciascuno ne fa quel che vuole» non era esattamente così, ma non sapeva in quale altro modo spiegarlo – soprattutto non a qualcuno che sembrava così interessato alla risposta. Non temeva di deluderla, non aveva aspettative in merito, ma voleva comunque… darle una risposta soddisfacente. Tenere ancorata la sua curiosità così da non annoiarla, portandola ad andare via. Voleva rimanesse con lei. «posso forzare un emozione su di te? Certo. Puoi provarla, ma non vuol dire necessariamente sentirla» era tutto collegato alla testa, alla fine. Melvin poteva terrorizzare Clod, e Clod avrebbe provato paura, ma avrebbe saputo che non fosse… sua, perché nulla del suo storico e di quello che provava l’avrebbe giustificato. Erano fallaci, le emozioni. «posso provare quello che provi tu, ma non è lo… stesso» a meno che non fossi delulu quanto Vin, la quale si prendeva su di sé trionfi e perdite di tutti pur di sentire qualcosa.
    «anche io te abbiamo gli stessi colori. ci somigliamo anche, non pensi?» Le sorrise, perché dubitava esistesse un qualsiasi piano spazio temporale dove potesse non farlo. Una curva morbida e nostalgica delle labbra che sapeva di tutto eccetto che di una sconosciuta incontrata al parco. «ma dimmi di più di questa persona, se vuoi. sembra una persona interessante»
    Esitò.
    Doc non esisteva da anni. Melvin non parlava della sua famiglia da quando l’aveva persa. Non dimenticata, come avrebbe potuto, ma lasciata comunque alle spalle, perché portarsela appresso sarebbe stato un fardello troppo grande. Non sapeva se, anche volendo - ma lo voleva? - sarebbe stata in grado di trovare le parole giuste. Mordicchiò il labbro inferiore, strofinando distratta il mento sui jeans. Poggiò la guancia sul ginocchio, tenendo lo sguardo sul pavimento del parco per più tempo del necessario, prima di spostarlo risoluta su Zi – Claudia. Su Claudia.
    «mi adorava» che era la parte più importante, esordita lampeggiando un sorriso da canaglia. «ed io lei. Era la mia persona preferita» ammise, piano, sentendo la propria voce distante. Ricordi che aveva abbandonato sotto al tappeto troppo a lungo, eppure ancora ustionanti al tatto. «aveva un modo di vedere il mondo… diverso da chiunque altro. Non perché fosse ottimista e ne vedesse il bello, ma perché ogni cosa rappresentava un’opportunità, sai? Una sfida, un’avventura. Una storia» si strinse la gamba al petto, lo sguardo a scivolare sulle scarpe. «mi raccontava sempre storie»
    ed erano bugie.
    «i buoni vincevano sempre»
    allora perché loro avevano perso.
    «vivace. Intraprendente. testarda» di Zip, Melvin aveva ereditato ben più che il colore degli occhi e la forma del naso. «giurava che il mondo fosse un gioco, e lei lo avrebbe vinto» ammiccò, stringendosi pigra nelle spalle.
    Le ho sempre creduto.
    Somehow I knew
    That life will write itself out for you
    Somehow I knew
    That a crazy moment changed part of you
    And the fable made
    In your head is a lie
    Unlike Pluto
    Against the Timeline
    Pixelated Oblivion
  2. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    21 y.o.
    empath
    baby
    melvin diesel | arma?dillo!
    Guardava fuori dalla finestra senza riconoscere nessuno, con quella piega melanconica nello sguardo che raramente si affacciava sulle iridi verdi. Non era fatta per quel languore lì, Vin – troppo energica, troppo viva per lasciarsi frenare da acque dense e melmose – ma sapeva di un sogno, quella stanza d’hotel. Le lenzuola profumate di detersivo; il sole a rimbalzare da un vetro all’altro creando un messaggio in codice senza cifrario. Poteva permettersi di rallentare, ed assaporare quel momento come un mondo di transizione fra ciò che era reale senza esserlo del tutto.
    «non lo so... non mi dispiace qui. Stare qui con te»
    Non era solita provare tenerezza, ma qualcosa di morbido le sciolse comunque la costrizione al petto. Sorrise al loro riflesso, la Diesel, cercando lo sguardo verde della collega sul cristallo a dividerle dal mondo. «neanche a me» ammise, dandole una leggera spallata. Si era svegliata in posti peggiori, ed in compagnie decisamente meno raccomandabili. Scarlet era particolare, certo, ma innocua. Ingenua. Comprendeva perché al Lilum piacesse tanto; in quel mondo fatto di sogni a metà, la mora sembrava esserci nata. Più astratta che concreta. Più un concetto, che una forma solida.
    La osservò stringerle il polso, e portarlo gentile alle labbra. Un tocco delicato a cui non era abituata, e che bastò a dipingere perplessità negli occhi chiari. «non farti male» Avrebbe riso, se non si fosse sentita soffocare. Si sentiva sola, ed incredibilmente vuota, senza riempirsi delle emozioni altrui. Ogni pensiero rimbalzava da una costola all’altra senza filtri, e non poteva incolpare nessuno eccetto se stessa. Era così che si sentivano le persone normalmente? Esposte, e nude. Prive di capro espiatorio, o della capacità di mordere la gioia degli altri e digerirla propria. Non si era resa conto quanto di sé dipendesse da emozioni non sue.
    «è un po’ tardi per quello» ma la voce era leggera, così come il tono. La scintilla negli occhi smeraldo, divertita lo era davvero. Difficilmente si prendeva sul serio, Melvin Diesel, e quasi impossibile che le cose, semplicemente, non le scivolassero addosso. Rabbrividì appena quando sentì la lingua sulla ferita, e diceva tanto dell’empatica che avesse atteso fino alla fine di sentire i denti affondare nella carne. «è solo un graffio, micina» mormorò, approfittando della vicinanza per darle un buffetto sulla guancia. Alzò un braccio per intimarle di avvicinarsi, così da poterla stringere a sé ed appoggiare la testa sulla sua. Vide sventolare qualcosa appena fuori dal loro campo visivo, e si allungò per spiare il pezzo di carta incastrato nel tubo della grondaia.
    «oh. sembra lina» haha, funny.
    Adaline la era davvero, ma la questione non preoccupò Melvin più del dovuto: erano spogliarelliste, ed avevano vite separate rispetto a quelle che vivevano al Lilum. Se la Windsor era fuggita da qualcosa, non era affar suo finché la ragazza stessa non si fosse sentita abbastanza a suo agio da rivelarlo. Mai, probabilmente, conoscendola. Per l’empatica, funzionava comunque.
    Tornò a guardare fuori dalla finestra, lo sguardo a scivolare dall’una all’altra delle superfici riflettenti.
    Lettere. Visi che non conosceva. Mani alzate in segno di saluto. Rabbia.
    Si rese conto di non sapere nulla della mora al proprio fianco. Tornò a guardare lei, studiandola ad impigrite palpebre abbassate. Non sapeva se avesse una famiglia, altri lavori all’infuori del Lilum, coinquilini od amici. Se preferisse i cani o i gatti. L’unica cosa che sapeva dei suoi compagni spogliarellisti, era il segno zodiacale – quello vero, non quello che fingevano di avere con date id nascite fasulle. Lei certe cose le sentiva. «qualcuno verrà a cercarti?»
    La mia collana non ha perle di saggezza
    A me hanno dato le perline colorate
    Per le bimbe incasinate con i traumi
    Da snodare piano piano con l'età
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    INIZIO DEI DISEGNINI!!!
    CITAZIONE
    Spremette il polpastrello fino a far uscire qualche goccia di sangue, osservandola con la distrazione che avrebbe riserbato ad una piastrella, prima di passare il polpastrello sulle labbra.
    Appiattì un bacio sul vetro, e con la scia rimanente dipinse un cuore.

    dalla stanza 29, è tutto!

    (vin sente mira, e non fa una piega. scusa, magari scarlet è più buona)
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    Ancora ci credeva, che avere un cuore di gomma potesse bastare. Ogni giorno, ogni ora, Melvin Diesel lo strizzava come una pallina antistress, rimbalzandolo da una costola all’altra per riprenderlo fra le dita e ricominciare. Rideva, perché lo trovava divertente. Così malleabile, morbido - senza senso. Accartocciato, appiattito e calpestato tutti i minuti della sua vita, gonfiato alla sua forma originale con respiri profondi ed uno smoothie gelato fra i palmi.
    Non funzionava proprio così, il mondo. Faticava sempre un po’ di più, a tornare intero. Ci metteva più tempo, più sospiri, più disperati sorsi di frullato alla frutta. Non pulsava mai esattamente come prima.
    Ma a chi importava.
    Lei il mondo lo amava comunque, anche quando faceva tutto per essere odiato. Amava quella seconda, terza, millesima opportunità di viverlo tutto, cambiarlo. Stravolgerlo. Era il tipo di persona che mentre tutto bruciava, ballava ai margini della stanza ad una melodia tutta sua, spazzando la cenere a piedi scalzi. Viveva a parte, Vin. Di tutti e di nessuno.
    La sua prima anima gemella, era morta. Si chiamava Callie Jackson. Erano ancora nel loro secolo, quando si erano trovate. Uguali e diverse, calibrate su visioni del mondo più o meno appannate, eppure entrambe rosa. Sorrideva sempre, Calliope. Poi era morta, e la morte inevitabilmente cambiava, e quand’era tornata non era più stata la stessa – come avrebbe potuto. Se n’era andata, perché tutto se ne andava. Sbiadita come un’ombra al tramonto fino a fondersi con il panorama.
    La sua seconda anima gemella, non era mai apparsa. L’aveva attesa, in quella simulazione apocalittica; non si era aspettata nulla, ed era comunque riuscita ad uscirne zoppicante, perché in fondo Melvin un po’ ci credeva sempre, perché le piaceva che le mentissero. Che la ingannassero, e la usassero. Che la guardassero solo per toccarla e spremerla, per poi spolverare i palmi fra loro.
    Non esisteva, qualcuno per Melvin. Andava bene così, la maggior parte delle volte. Le piaceva comunque sognarlo, pur sapendo di non averlo. Faceva solo un po’ più male quando tutti gli altri sembravano avere qualcosa, o qualcuno – per quanto assurdo potesse sembrare, o terribile. Perchè ci credeva nel destino, sapete? Disperatamente. I suoi fili rossi li teneva tutti per agganciarsi a terra e non volare via, legandoli ad un palo o due. Qualcuno diceva di amarla, ma poi spariva. Come poteva bastare, a contrastare la gravità. Faceva affidamento su se stessa, perché nessun altro l’avrebbe fatto.
    Neanche chi gliel’aveva promesso, una vita prima, disegnandole mondi e amici ed un futuro che non le era mai appartenuto.
    La terza anima gemella, viveva in un mondo tutto suo. Esattamente come Melvin, avrebbe detto qualcuno, avendo addirittura ragione. Sarebbe stato adorabile, se avessero trovato un punto di contatto, anziché essere due porte con diverse destinazioni. Lavoravano insieme a giorni alterni, lei e Scarlet, eppure l’altra le disse solo «una fata» e la Diesel non si offese, perché anche lei avrebbe faticato a ricordarsi di se stessa.
    Lo dimenticava comunque, qualche volta.
    Le sorrise, piuttosto. Anche quando Scarlet vide qualcosa di più interessante dei suoi occhi, a catturarne l’attenzione. Allungò placida una mano verso il suo viso, percorrendone il profilo con appena la punta dell’indice. Dolce, nel stringerle la guancia nel palmo e sporgersi per posarle le labbra sulla punta del naso. «ogni tanto» soffiò solo, con quel sorriso triste che spuntava una volta l’anno sulla bocca dell’empatica. «facciamo due passi?» piano, molto piano, nell’aiutarla ad alzarsi.
    Non fece caso al livido sul braccio, perché cos’era uno fra cento. Non si sentiva debole, o affamata. A malapena, quando furono vicino alla finestra, si rese conto di non riuscire ad aprirla. Curioso, ma non davvero abbastanza da suscitare preoccupazione nella Diesel.
    Anche se quello non fosse stato uno dei giochi dei suoi clienti…. cosa sarebbe cambiato. A chi. Melvin spariva come le stelle la mattina, e tornava solo a cielo terso.
    Non se ne sarebbe accorto nessuno per giorni. Forse mai, se la conoscevano un poco.
    Vide qualcuno, riflesso negli altri vetri. Altri volti che non conosceva, figurarsi il contrario.
    Sfregò il pollice sotto il bordo della finestra, trovando il punto in cui il materiale si faceva più affilato e tagliente. Premette fino a sentire la carne cedere, e non battè ciglio. Spremette il polpastrello fino a far uscire qualche goccia di sangue, osservandola con la distrazione che avrebbe riserbato ad una piastrella, prima di passare il polpastrello sulle labbra.
    Appiattì un bacio sul vetro, e con la scia rimanente dipinse un cuore.
    «pensi che ci faranno uscire?»
    Reclinò il capo sentendo i colpi dall’altra parte della stanza, ma non diede segno di voler rispondere.
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    melvin diesel | arma?dillo!
    Ve lo dirò qui, ma lo leggerete ancora: non era la prima volta che si svegliava con le manette ai polsi. Tantomeno in una stanza d’hotel, e senza memoria di come esserci arrivata. Quella, per Vin, era la normalità, e fu con l’indolenza pigra del mattino che socchiuse gli occhi sulle lenzuola azzurre, morbide fusa a sgusciare dalle labbra già curvate in un sorriso, schiena inarcata sul materasso. Sciolse i muscoli delle spalle, affondando la testa nel cuscino. Si sentiva… si sentiva? Corrugò le sopracciglia, i capelli biondi a scivolare sulla spalla. Si rigirò nel letto, la mano libera sotto la guancia e l’altra bloccata dalla manetta. Allungò le dita verso quelle dell’altra persona, facendo scivolare i polpastrelli fino al polso. Il più lieve dei battiti, le fece battere le ciglia perplessa.
    Non sentiva niente.
    Era così abituata a percepire le emozioni altrui, perfino quando mutate come quelle di Grey, che non averne neanche un’impronta la faceva sentire vuota. Scavata e vulnerabile. Non le aveva mai usate come armi, non intenzionalmente, figurarsi per manipolare il suo interlocutore, solo qualche volta, ma avere un’idea di chi avesse al proprio fianco grazie a quello che provava vibrante sotto pelle, era… abitudine. Curioso, lo sguardo di Vin, nel guardare il profilo dell’altra persona. Spostò gli occhi sulla finestra, socchiudendo le palpebre al sole riflesso sui vetri. Sole. Assurdo di per sé, svegliarsi al mattino senza essere sola – a meno che nella notte non si fosse arrampicata nel letto di Grey, o Jamie o Will, ma quelle erano casistiche platoniche e particolari. Eccezioni. Non per scelta di Melvin, ma al Fato piaceva decidere per lei ed a lei lasciarlo fare.
    «cosa sogni?» domandò in un liquido sussurro, incapacitata a sentirlo sulla lingua.
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    20 y.o.empath
    melvin
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    Melvin non credeva che le persone fossero cattive. Credeva fossero negligenti, e disattente. Troppo all’interno della propria orbita per accorgersi delle collisioni e gli incidenti nei sistemi solari vicini; troppo in ritardo, senza sapere cosa li stesse aspettando, per fermarsi e guardare. Chinarsi, e raccogliere il pezzo di stella cadente prima che qualcuno potesse chiamarla cometa. In ogni sua forma, l’empatica era stata l’effetto collaterale. Quella colpita, e smarrita, e rotta senza che nessuno rallentasse per chiederle scusa, o aiutarla a raccattare briciole e dargli una forma. Non l’aveva mai presa sul personale, Vin; quelle briciole le soffiava come zucchero su un pandoro, senza sentirne la mancanza. Si trovava sempre in mezzo, sulla traiettoria di qualcun altro, e lo faceva volontariamente, sapendo che avrebbe fatto male. Volendo, che facesse male.
    Come accettare di rimanere seduta al fianco di una ragazza identica a sua sorella.
    Sorriderle, come se ogni muscolo non le gridasse di andarsene, o piangere, o entrambe le cose insieme. Come se fosse realmente in grado di separare la realtà dalla finzione, e potesse guardarla senza credere fosse Zip. Il raziocinio le suggeriva non potesse esserlo; al cuore della Diesel, non importava. Non aveva foto della sua famiglia. Non aveva nulla che glieli ricordasse, fatta eccezione per il proprio riflesso. I denti leggermente separati di Gif, le rughe da sorriso vicino agli occhi uguali a quelle di papà, gli occhi della stessa identica sfumatura trasparente di sua sorella e sua mamma. La risata dei gemelli a rimbalzarle sulla lingua. L’arrendevolezza di Avi nei palmi offerti all’altro. Li aveva assorbiti tutti, prendendone i pezzi migliori e conservandoli come un tesoro ed un segreto. Mantenendoli come una promessa. Guardava Claudia con la stessa disperazione di un naufrago di fronte al miraggio di una nave venuta a salvarlo: sapendo non potesse essere vero, ma lasciandosi sedurre dalla speranza che lo fosse. Fallace. Non avrebbe mai chiesto alla sconosciuta di essere qualcuno che non fosse, ma per fingere non aveva bisogno del suo permesso. Per guardarla di sottecchi, rubandole ogni frammento d'espressione per il proprio mosaico. Non era neanche così necessario ammetterlo a se stessa, se le permetteva di deglutire, continuare a sorridere, e stringere delicata la mano nella propria senza portarla alla bocca e confessare in un sospiro la sua miseria.
    «che faccia ho?»
    Qualcosa passò, negli occhi verdi della Diesel. Qualcosa di delicato e vulnerabile come zucchero filato, rapido nel sciogliersi sulla lingua quanto quella scintilla a sopirsi in una risata leggera. Corrugò le sopracciglia spostando lo sguardo sui fili verdi del prato, chiudendo le dita sulla vernice scrostata della panchina.
    La sua, avrebbe voluto rispondere. Forse senza neanche dirle a chi si riferisse. La nostra, perché oltre un vetro appannato erano identiche: viso tondo e morbido incorniciato da capelli biondi, occhi verdi e sottili, denti mostrati in sorrisi brillanti. Lo stesso naso piccolo. Il mento sfuggente. «da melvin» Sorrise al punto in cui l'erba lasciava posto alle pietre del passaggio pedonale, sollevandolo poi sulla ragazza con la curva enigmatica delle labbra di chi sapesse un segreto e non volesse rivelarlo.
    «doc.» e se fece male, quella misera sillaba. Fisicamente. Un sussulto che sapeva di brivido e singhiozzo insieme, gli occhi a serrarsi secchi su un mondo che neanche esisteva. Un battito di ciglia. Una prospettiva sbagliata, un volto molto più giovane, e quelle tre lettere intrise di ogni significato possibile: esasperazione, stanchezza, entusiasmo. Impregnate sempre dell'affetto grondante con cui i Martins si erano amati fino a che gli era stato permesso di farlo: disperato e tragico come un'opera Shakespeariana. Tenne gli occhi chiusi ed annuì appena, sorridendo del leggero tremore ai palmi.
    Aveva avuto paura del proprio nome per più tempo di quanto non le fosse stato concesso definirlo suo. Non aveva potuto essere una Martins per quasi quindici anni; non credeva di sapere più come fare, anche potendo provarci. Poteva?
    «ci conosciamo?» Rise. Testa reclinata all'indietro, capelli a sfiorarle le spalle e gola offerta alle nuvole. «non penso, no.» Anche se fosse stata Zip, quella Doc non sarebbe stata conosciuta. La meraviglia della bambina ch'era stata era rimasta, ma tutto il resto era scivolato via negli anni, perdendosi insieme a sangue e lividi e tatuaggi. Lasciato in amori non corrisposti in cui metteva tutto, perché non sapeva dove altro infilarlo. «hai un’aria familiare.» Di favole e disegni e avventure. Amici immaginari a strizzarle l'occhio per la buonanotte. Scosse ancora il capo, schiarendosi la voce. «forse ci siamo viste da qualche parte…» «forse» comfermò piano, arcuando allegra entrambe le sopracciglia. Era stata troppo ottimista, si disse sentendo le guance nuovamente umide; un cuore da spezzare, lo aveva ancora. «tu assomigli a qualcuno che conoscevo. una vita fa» confessò quindi, arricciando il naso, liquidando la questione con un vago movimento delle loro mani giunte. Non c'era molto di cui parlare in merito. Cosa avrebbe potuto dirle? Che fosse identica alla sorella morta cent'anni dopo? Difficilmente le stranezze di Melvin avevano un limite, ma - seppur per poco, ed a malapena - sapeva contenersi quando le questioni non riguardavano solo lei stessa. Non voleva ci andassero di mezzo Jamie o Will, o Dakota per averla ospitata ed averle fatto da garante. Ammiccò gentile al complimento sul proprio nome, scrollandosi nelle spalle. Non le disse che fosse un regalo, e che avesse lo stesso peso di un giuramento infranto; tenne per sé che nessuno, in quella linea temporale, lo conoscesse. Che le si addicessero, perché entrambi non esistevano.
    Le permise di sottrarre la mano, non volendo tenerla in ostaggio. Ne sentí la mancanza subito; non le piaceva sentire la mancanza di qualcosa. Per compensare, strinse i palmi fra loro e li incastrò nelle cosce. «non lo siamo tutti? e siamo anche felici. ci sono momenti, e ci sono momenti.» Iniziò ad annuire, ma si fermò a metà gesto. Non poteva dire di saperlo, in realtà. Pur conoscendo la gamma di emozioni del genere umano, non tutte attecchivano alla sua persona nello stesso modo. Triste? Non era certa che sapesse cosa significasse, o se lo fosse mai stata. Implicava un livello di consapevolezza della quale si era sempre privata. «credo di essere triste per esposizione, sai, con tutto quello che succede.» La guardò di sottecchi, spostando poi l'attenzione al cielo cupo di Londra. «doveva succedere» un tono asciutto, ma non distaccato. Profetico senza essere una farsa. Nel suo tempo quella guerra non c'era mai stata, ma il suo risultato, seppur in modo diverso, si, e non era certa di escludere che il fine potesse non giustificare i mezzi. Dopo l'essere sognatrice, romantica, ed una causa persa, Melvin era pragmatica: più di un motivo l'aveva portata ad appiopparsi all'Hamilton, e sopravvivere.
    Scosse il capo all'offerta del cioccolatino, perché le sembrava di approfittarsene. Quell'interazione, aveva un peso diverso per entrambe, e Vin non voleva tirare troppo la corda.
    Non le disse che
    alle volte basta un sorriso ricevuto al momento giusto.
    lo dicesse anche mamma.
    Lo tenne per sé, posando un sorriso distratto sulle proprie ginocchia.
    «e tu, sei triste?»
    Alzò gli occhi di fronte a sé, senza propriamente guardarla. Quando lo fece, fu per scuotere lenta il capo, le ciocche bionde a scivolarle attorno al volto.
    «triste? non credo, no» Parve pensarci, la lingua puntellata sulla guancia e gli occhi ridotti ad una fessura. Giocherellò qualche istante con un sassolino rimbalzandolo da una scarpa all'altra, prima di continuare. «melanconica, ogni tanto.» Rise, senza divertimento ma non meno genuina nel farlo. Bella e leggera sempre, Vin. «mi manca tutto quello che non posso avere» lampeggiò un sorriso, senza scendere nei dettagli - poco rilevanti; trovava rendessero le storie meno divertenti.
    La mia famiglia.
    Il mio tempo.
    Un briciolo di amor proprio.
    «invidiosa, qualche volta» la indicò con un cenno del capo, dondolando le gambe sulla panchina. «a volte, sentendo le emozioni degli altri, vorrei rubarle. non per sempre, solo per un po'» spiegò, curvando le labbra verso il basso. «sono un'empatica» suggerì, sporgendosi appena verso di lei.
    «ma triste? non direi» Non diresti? «nah.» Uh-huh.
    Fece una pausa. Inspirò profondamente, chiudendo gli occhi e rilasciando il fiato con lentezza. «avete anche gli stessi colori» Nah, mh?


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    Quello che era destinato a trovarsi, trovava sempre un modo per farlo.
    Non era statistica. Non erano la logica e la matematica a poterne misurare la probabilità, e non era neanche una questione di fortuna e del trovarsi nel posto giusto, al momento giusto. Era così e basta, indipendentemente da fattori esterni. Era così perché doveva succedere.
    Ed il sorriso di Melvin Diesel si sciolse appena agli angoli, quando l’altra si volse. Le guance sempre rosee persero colore, il sangue troppo impegnato ad essere pompato con forza dal cuore per avere il tempo di fermarsi. Due immagini a sovrapporsi, nella miriade di sfumature che l’avevano condotta fino a lì – due tempi diversi, di due empatiche diverse.
    (Didi. Ozzy. Doc.
    Centinaia di amici immaginari cartacei resi reali sotto i polpastrelli dal potere di sua sorella.
    Vivi ogni avventura come se ci fossi anche io)
    Qualcosa d’impossibile, che perse nel battito in più con cui si ricompose modellando il sorriso gentile sulle labbra, la mano girata ed aperta perché la familiare sconosciuta potesse prendere il dolcetto nel palmo, e gli occhi umidi di lacrime che versò con una risata cristallina, ed asciugò divertita sulla spalla. Non trovava nulla di vergognoso nel piangere; raramente dipendeva da lei, d’altronde. I sentimenti degli altri non influenzavano i suoi pensieri, ma si riflettevano comunque sulla curva della bocca o la sfumatura dello sguardo erba. Quel pianto non aveva alcun peso nel grande schema di Melvin Diesel.
    Come tante cose, come lei stessa, non aveva alcuna importanza.
    Esistevano sette sosia al mondo, narrava la leggenda. L’essere nel secolo sbagliato, non poteva che aumentare quella probabilità: poteva essere una parente alla lontana; qualcuno a cui, nel suo lignaggio, avessero rubato le forme, per replicarle poi in Zaire Ingvar Pericles Martins.
    Gli stessi occhi.
    La stessa bocca.
    Le stesse guance tonde.

    Nel reggere il suo sguardo, sentì lo stesso, identico, moto di affetto e venerazione che non ricordava di provare da più di metà della sua vita; il suo corpo ricordava meglio di lei cosa si provasse a guardare Zip, e la mano con cui offrì il cioccolatino tremò appena quando annuì per offrirlo. Non esisteva scenario alcuno in cui potesse rifiutare l’invito di uno sconosciuto, e l‘abitudine bastò a scuoterla dal torpore malinconico che l’aveva incollata sul posto – immobile, come un orologio rotto allo scoccare dell’ora. - facendola scivolare dalla parte opposta della panchina, dove prese posto incapace di scollare gli occhi dal volto della ragazza. Era incredibile. Assurdo ed impossibile, e per quel motivo intrigante. Vin era meravigliata, perfino con tutte le attenuanti del caso a suggerire che non potesse essere Zip - saperlo, non la rendeva meno reale; meno la cosa più vicina che avesse mai avuto a riavere la sua famiglia.
    Non aveva neanche delle foto.
    Era più grande, quella versione lì. Matura. Diversa, ma seppur sbiadita, una copia così verosimile che per un istante - o forse due, cinque; magari tutta la durata di quell’incontro - volle convincersi fosse lei, la stessa sorella che l’aveva accompagnata al porticato e spinta fra le braccia di zia Sam sancendo silente un addio. Battè le palpebre e l’immagine non cambiò, neanche quando quella non diede segno di riconoscerla.
    Le sorrideva, con quella mano allungata verso di lei. Quel nome che provò con forza a spezzarle il cuore, e che ci sarebbe riuscito se solo non ci fossero state abbastanza crepe da farlo scivolare da una parte all’altra senza infierire ulteriormente. Claudia.
    «non hai la faccia da claudia» osservò, esitando con la mano a mezz’aria. La strinse, ed aveva di nuovo sei anni. La strinse e la tenne nella propria, come fosse normale per una sconosciuta appena incontrata in un parco. Senza pretese, con la delicatezza di chi le avrebbe permesso di sfilarla in qualunque momento, se l’avesse voluto.
    Non offrì una giustificazione a quella strana entrata in scena, anche se avrebbe potuto. Forse è perché ci somigliamo, avrebbe potuto dirle; forse è perché mi ricordi qualcuno. Ma non voleva distruggere quello strano equilibrio del “impossibile, ma -” che sembrava aleggiare fra loro, rendendo ogni fiato più denso di quello precedente.
    Poteva fingere.
    Ed allora umettò le labbra, espirando un sorriso allegro.
    «deirdre osborne charisma» uscì sottile. E la naturalezza con cui lo disse, come se avesse aspettato solo quel momento per presentarsi. Al mondo intero, non solo a lei.
    Non l’aveva mai detto a nessuno. Jamie l’aveva trovata, e lei non aveva avuto bisogno di pronunciare quel nome ad alta voce – l’aveva saputo e basta, il cronocineta. «ma puoi chiamarmi doc» Non si spezzò, la voce di Vin.
    Neanche un po’.
    Poteva essere l’ennesima copertura creata negli anni. Non c’era nulla che dovesse obbligatoriamente rendere Doc reale, non più di quanto lo fossero Scottex o Robyn Fenty. O Melvin Diesel.
    «sembravi triste» La osservò di sottecchi, portando un ginocchio al petto nel voltarsi completamente verso di lei. «la sei?»
    Non esserlo, per favore.
    Somehow I knew
    That life will write itself out for you
    Somehow I knew
    That a crazy moment changed part of you
    And the fable made
    In your head is a lie
    Unlike Pluto
    Against the Timeline
    Pixelated Oblivion
  8. .
    We do our best vampire routines
    As we suck the dying hours dry
    20 y.o.empath
    melvin
    diesel
    «ho una strana sensazione»
    «sarà la fame» senza neanche voltarsi per guardarla, Grey le lanciò uno dei mandarini che stava usando per la preparazione di uno dei piatti del giorno. Più forte di quanto fosse lecito, ma Melvin aprì distrattamente il palmo di fronte a sé afferrandolo prima che potesse colpirla. Il pensiero ottimista sembrava non lasciare mai il ragazzo, che ancora sperava davvero di poter mettere a tacere la Diesel dandole qualcosa da infilare in bocca. Un’idea non così malvagia, a dire il vero, peccato che l’unica cosa che avrebbe funzionato, il suo socio e collaboratore non era propenso a dargliela - neanche in amicizia. Terribile. Pensava che Jamie e Will fossero la sua unica eccezione in merito a rapporti che non includessero il sesso come moneta di scambio d’affetto, ed invece esistevano persone che apprezzavano la sua presenza anche senza che Vin lo chiedesse per favore, ed in ginocchio. Si sentiva costantemente in debito, come se mancasse qualcosa. Non sapeva cos’altro dare, se non poteva offrire il suo corpo; non capiva come dimostrare che valesse qualcosa, quello che condividevano.
    Melvin Diesel non aveva molti amici.
    Dava un’idea del tutto contraria, con quel suo sorriso leggero e lo sguardo adorante. Parlava con tutti, rideva con tutti, affidava se stessa a chiunque, ma era effimero e passeggero. Un pensiero che sfuggiva dalla mente l’alba successiva, lasciando dietro di sé solo l’impronta di quel che aveva rappresentato - una confidente, una compagna di bevute, un’amante – ma senza un nome, o la precisa sfumatura del suo profumo. Una come tante. Dopo aver passato gran parte della sua vita in fuga, quello era l’unico modo in cui sapesse vivere e sopravvivere: dimenticata, lasciata indietro. Senza un nome o un motivo per rintracciarla il giorno dopo.
    Un sogno. Per tante persone sapeva di essere quello, e non nel modo ideale a cui si aspirava a qualcosa di bello: un sogno letterale, di cui ricordavi i dettagli appena aperti gli occhi solo per perderli al battito di ciglia successivo. Lasciava un sapore preciso, dietro di sé.
    Ma annacquato. Sacrificabile. La loro vita andava avanti senza una sola increspatura.
    Un fantasma.
    Che aveva allacciato immancabilmente un altro spettro, qualcuno che viveva su quella terra solo per metà. Grey, e qualunque altra identità si portasse appresso come un’ombra: nessuno dei due esisteva abbastanza da sé per poter trascinare nella realtà l’altra persona, e così galleggiavano nel limbo dei dimenticati con una mano intrecciata per non perdersi nella corrente, e l’altra stretta ad un’arma. «il mio oroscopo dice che oggi è un giorno di riscoperte e rinascite» continuò imperterrita, sbucciando l’agrume e lasciando - fastidiosamente, come dedusse dallo scatto del sopracciglio dell’altro – la buccia sul bancone dove aveva preso posto. Gambe incrociate, gomito sul ginocchio; la sua parte nel PP era relativa alla clientela, ai tavoli ed al bancone; in cucina esisteva solo per ricordare a Grey quanti coltelli avesse a sua disposizione, e come usarli (non lo faceva mai, ma Vin aveva l’impressione ci pensasse spesso).
    «qui dentro non c’è nulla da riscoprire» le fece notare, addolcendo il tono quanto bastava per farle intendere che l’implicito della frase fosse di andarsene, e lasciarlo finalmente solo. Rispettava quasi sempre i suoi spazi, Vin – tanto che quando era sparito, aveva pensato fosse per scelta, e non l’aveva biasimato per averla lasciata indietro. Lo facevano tutti. - quindi colse l’invito con un balzo a terra. Masticò lentamente lo spicchio di mandarino, sistemando distratta la spallina della canottiera al suo posto. Colse la breve occhiata di Grey sulla pelle scoperta, a soffermarsi su un segno reso giallo dal tempo. Sapeva di averlo notato perché lui le aveva permesso di notarlo; sapeva anche che non avrebbe chiesto ulteriormente, perché era una conversazione che avevano già affrontato.
    Una volta, perché Grey non perdeva tempo sulle stesse questioni più del dovuto. Aveva posato gli occhi scuri sui lividi, reclinato il capo, e domandato «ti piace?» privo di giudizio, ma non meno pesante; Vin gli aveva sorriso, perché gli voleva bene anche lei, ed aveva soffiato piano «qualche volta», ed il resto non aveva avuto bisogno di dirlo nessuno dei due.
    Talvolta, la vita, andava semplicemente così. C’era chi era nato per usare, chi per essere usato, e chi nascendo tondo era diventato quadrato per necessità. Conforto, perfino. Significavano qualcosa, i marchi che le persone lasciavano su Melvin Diesel; quanto meno, che per un po’ ci fosse stata, reale e concreta abbastanza da portarne le conseguenze sulla pelle. Non ne faceva un dramma: se non le fosse andato bene così, non l’avrebbe fatto.
    «hai ragione.» che non significava necessariamente che gli avrebbe dato ragione, seguendo il suo consiglio. Raramente, lo faceva.
    Quel giorno sì, però.
    Perchè aveva una strana sensazione.
    Lei nell’intuito credeva, e l’istinto lo seguiva sempre. Nulla, a suo dire, era lasciato al caso: un ordine esisteva, perfino quando sembrava immerso nel caos. Un percorso arzigogolato, non sempre (mai) comprensibile, ma un percorso comunque, che Vin seguì passeggiando per le strade di Hogsmeade, salutando chi la salutava e sorridendo a chi non lo faceva. Un misto di persone che sembravano tutte far parte di un copione già scritto, volti che conosceva o aveva intravisto: a scuola, al Lilum, a New Hovel, al B&B. Volti familiari anche quando non lo erano, perché quando non eri nessuno, tutto il mondo era conosciuto.
    Melvin Diesel non era nessuno.
    Non era esistita neanche nel suo tempo, figurarsi un secolo prima della sua nascita.
    Quel nuovo mondo si avvicinava a quel che si era lasciata alle spalle, ma non completamente. Trovava delle somiglianze, un inizio, ma aveva guardato Jamie e William, ed aveva saputo che pensassero la stessa cosa: era sbagliato; corrotto. Non perché fosse cattivo, anche se qualcuno così l’avrebbe definito, e non perché fosse fondato sul sangue, quale impero non lo era?, ma perché ...distorto. Non avrebbe saputo spiegarlo diversamente. Sembrava tutto filtrato da una lente che ne modificasse gli angoli e le prospettive.
    Ed alla fine, Melvin Diesel aveva fatto quello che le riusciva meglio: aveva seguito una scia. Di tristezza, in quel periodo, ce n’era tanta; di abbandono, lutto. Degrado morale e dell’anima, un concetto molto specifico che avrebbero compreso solo i poteri mentali come lei. Una vena a smettere di pulsare.
    Grigio. Grigio ovunque. Non blu, non nero, ma il nulla.
    Non quella scia. Quella conteneva tutti i colori, tanto che l’empatica non potè fare a meno di rincorrerla verso una panchina del parco. Familiare. Un secondo battito sotto il proprio, come qualcosa di perso che non fosse mai andato via.
    Picchiettò sulla spalla della bionda, quando la trovò, offrendole il pugno chiuso: se ci avesse battuto le nocche, avrebbe aperto il palmo e le avrebbe offerto il cioccolatino al suo interno.
    Destino.
    Somehow I knew
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    And the fable made
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    Unlike Pluto
    Against the Timeline
    Pixelated Oblivion
  9. .
    Sospirò, le dita a posarsi su tutto quello su cui riusciva ad arrivare: il bordo in pelle del divano, la mensola sopra il camino, il dorso dei libri sulla parete opposta.
    Grey era sparito.
    Soffermò l’indice su una pallina di vetro, quelle da scuotere con dentro neve e brillantini. La strinse nel palmo, soppesandola da una mano all’altra, sorridendo nel rimanere incantata a guardare i lustrini scendere sui profili di una città intrappolata nell’acqua.
    JD era un traditore.
    Inspirò profondamente, riempiendosi le narici del profumo del deodorante per ambienti, e l’ammorbidente usato per rendere il tappeto morbido al tatto quando ci avesse affondato le dita.
    Gwen se n’era andata.
    Saltò poi sulla poltrona, rilassandosi contro lo schienale e chiudendo gli occhi felice. Sollevata. Brillava sempre, Melvin Diesel, come un piccolo sole; bruciava anche, al tatto. Mai intenzionalmente, ma lo faceva comunque: perché era lei a lasciare le stanze per prima, lei a non rispondere ai messaggi, lei a non presentarsi agli appuntamenti. Lei a lasciar crollare ponti che altri avrebbero voluto costruire, perché non sapeva fare altrimenti; ogni volta che ci provava, le scivolava tutto dai polpastrelli. Non le piaceva quel senso di vuoto. Quand’era lei a crearlo, perlomeno, poteva gestirlo e dirsi che non fosse così male.
    Lividi sulla pelle d’avorio dove l’avevano stretta troppo forte; bisbigli all’orecchio a dirgli che l’amassero solo per sentirsi in diritto di poterle fare più male, e lei a lasciarglielo fare.
    Strofinò le dita sulla seduta, riempiendosi le mani di una ricchezza che in quel secolo, Melvin, non possedeva più: niente più garage con tutti i suoi averi – rubati – niente più elicottero – come le mancava, Baby – niente più corse d’auto in cui ustionare i suoi avversari – ah, cos’avrebbe fatto per quell’adrenalina – niente più una società in cui nascondersi per volere anziché per bisogno. Vin era sempre stata una segreto per tutti, un mormorio a fior di labbra. Un solco lasciato sul cuscino, e nulla più.
    In trappola.
    In trappola. Lei, che si era sempre adattata a tutto. Liquida nel prendere le forme del contenitore dove veniva schiacciata, plasmata dal sistema e dalla società. Lei che era in grado da tutta una vita di assorbire il colore delle pareti e farlo proprio, sorridendo in ogni passo ed ogni fresca avventura - in trappola, perché quel tempo continuava a non essere il suo. Jamie e Will avevano la loro nuova vita; perfino i provenienti dalla Preistoria, avevano una nuova vita.
    E Vin.
    E Vin.
    Ancora incastrata a metà, nel cercare il meglio e trovare solo il peggio. Ancora in fase transitoria; mettere radici, non era mai stata cosa sua.
    «ti piace?» domandò, aprendo gli occhi verdi su Perses Sinclair, sorridendo ed indicando il posto vicino a lei sulla poltrona.
    Non si faceva mai sentire dal Sinclair, e viceversa, ma ogni tanto capitava comunque nella sua vita. Casuale, esattamente come il prom in cui si erano trovati incastrati insieme; senza preavviso, come una qualunque famiglia del sud Italia, ad esigere comunque attenzioni e tempo.
    Forse il mondo stava andando a fuoco e fiamme. Forse l’aveva già fatto, o l’avrebbe fatto a breve.
    A Melvin Diesel non sarebbe comunque cambiato nulla: avrebbe ballato sulle ceneri, alla fine. L’aveva già fatto, in passato. In futuro?
    Quel mattino si era svegliata necessitando caos ed avventura. Si era fatta una doccia, aveva scritto – scritto! - a Perses un sacco di emoji, e detto che lo sarebbe passato a prendere da lì a mezz’ora. Aveva fatto esattamente quello, poi, presentandosi alla sua porta ancora sulla moto e con due caschi. Quello per lui, l’aveva anche (rubato) acquistato modificato perché non gli rovinasse i capelli: conosceva le sue pecore. Certamente il Sinclair avrebbe insistito per un viaggio magico che gli evitasse di salire su una motocicletta con Melvin Diesel, e con giusta causa: era un’ottima autista, eh, ma a quale prezzo. Azzardata, rischiosa, e sempre ad un soffio dall’infarto. Ma non avrebbe vinto, perché l’empatica avrebbe spalancato gli occhi verdi e battuto veloce le ciglia, sporgendo il labbro inferiore nell’invitarlo gentilmente, per favore, a fidarsi di lei. Faceva sempre il sostenuto ed il prezioso; funzionava di rado, con la Diesel.
    E li aveva portati lì. Una casetta in periferia dalle pareti bianche e le grandi vetrate su un giardino ben accudito. Ti faccio vedere casa, gli aveva detto.
    Sospirò ancora, poggiando felice la guancia sulla spalla di un reticente ex Serpeverde. «casa» mormorò, tenendo gli occhi chiusi.
    Pausa.
    «non mia. Ma pur sempre casa»
    Perses: [whisper screaming]

    melvin
    diesel

    You think I'm charming for a minute
    Funny for a second
    Until I turn into a joke
    Trying to stay positive Not an easy way to live
    empath
    20 y.o.
    third side eye
  10. .
    CITAZIONE (honestly‚ mood @ 30/8/2022, 20:54) 
    oh mio dio.... il mio ultimo wip.... non ci credo che sono arrivata a questo.......... troppe emozioni mi commuovo. CHISSà SE SARà LA MIA ULTIMA VOLTA IN QUESTA DISCUSSIONE, ONE HELL OF A RIDE

    lied-lie



    ↳ prima utenza: #epicwin
    ↳ nuova utenza: potassio
    ↳ presentazione: grazie lia per questa perla che ripropongo a ogni nuova utenza
    ↳ role attive:
    → MAEVE: turo[07.01] you are
    → WILL: wren [06.12] my fire
    → STILES: nicky[07.01] the one
    → LYDIA: claudia [16.01] desire
    → JERICHO: nice[27.12] believe
    → REA: amos [16.01] when i say...
    → RUN: libera[27.12] i
    → IDEM: jd [17.12] want it
    → BELLS elwyn[05.01] that way
    → ERIN: bucky[17.12] TELL ME WHY!!!!
    → FRAY: reese [08.12] Ain't nothin' but a heartache
    → CJ: nelia[27.12] TELL ME WHY!!!
    → HYDE: godric [26.12] Ain't nothin' but a mistake
    → BARBIE: eddie [11.12] tell me why....
    → YALE: piz[03.12] I never wanna
    → MCKENZIE: hans [06.12] hear you say...
    → JANE: lupe [04.12] I
    → JAMIE: syria[26.12] WANT
    → FAKE: ryu [07.01] IT
    → VIN: kier[16.01] THAT
    → POOR: java[15.12] WAY
    → KAZ: dylan [10.12] TELL
    → TROY: bros russi[10.12] ME
    → BEN: gali [05.01] WHYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYY
    → MOOD: paris [15.01] [AAAAAAAAAAAAAI INTENSIFIED WITH CORO IN BACKGROUND]
    ↳ ultima scheda creata: mood bigh [14.09.22]
  11. .
    brrrr fibra
    HTML
    <span class="pv-n">Nijiro Murakami prenotato da epicwin</span>
  12. .
    19 y.o - empath - lilum's dancer - third eye
    melvin diesel
    «senti ma...te che sei esperta» si volse lentamente, molto lentamente, verso Kieran Sargent, l’inizio di un sorriso a curvare le labbra della bionda. Quando mai qualcuno si era rivolto a lei chiedendole consiglio in merito a qualcosa di cui fosse esperta? Mai, malgrado lo fosse in diverse e disparate discipline, il che era molto più triste e degradante di quanto l’espressione della Diesel lasciasse intendere. Lei! Le si illuminò lo sguardo, che distolse dagli zombie per posarlo con aspettativa sulla mimetica. «se ti piacesse una ragazza, cosa faresti per fare il primo passo?» Ah.
    Oh.
    Era quel genere di domanda. Non tarocchi, non armi, non documenti falsi o deep web, non astrologia. E non seduzione, perché in quello sarebbe stata brava. La domanda di Kieran, invece, la colse totalmente impreparata, perché … perché? Il sorriso assunse una sfumatura morbida, lo sguardo perse la propria lucentezza.
    Il primo passo, anticipava ce ne fossero di secondi e terzi. Che le piacesse una ragazza, che Kieran volesse rimanere, avvicinarsi anziché andarsene. Quelli erano concetti amabili, ma totalmente alieni per l’empatica, che tutto aveva fatto nella sua vita tranne rimanere abbastanza per prendersi - e tenersi - una cotta. Diceva di volere il grande amore, ma non era mai stata abbastanza a lungo da permettere a qualcosa, qualsiasi cosa, di nascere. Era stata addestrata a non esporsi mai troppo, a nascondere chi fosse. C’era un motivo se la maggior parte dei suoi amici erano dei Jamie e dei Grey, e non delle Kieran.
    Loro non le chiedevano niente. Non cercavano di capirla, o di aggiustarla. Non facevano domande, e non si aspettavano risposte. L’amicizia non era così diversa dalle relazioni romantiche: le basi, erano le stesse. Se non avevi colonne portanti, non potevi costruire castelli con nessuno. Umettò le labbra, perché voleva davvero - davvero - da morire, essere il genere di persona da cui una Kieran Sargent avesse potuto andare a chiedere consiglio. Perchè no? Se lo meritava, per una volta, di essere vista e non solo percepita. Non voleva deludere Kieran, e dirle che al massimo avrebbe potuto suggerirle come sbattere la sua cotta al muro e farsi dimenticare l’alba successiva. «il primo passo, uh» riportò l’attenzione su Kier, arricciando il naso divertita. Nel mentre, già che c’era, prese un bicchiere e lo lanciò a Cathy (3pa.) che lo evitò grugnendo (6pd. Bitch). Corrugò le sopracciglia, interrompendo il flusso di coscienza per un necessario «dovremmo davvero attaccare in combo» sara @ elisa perché sti cazzo di zombie sono resistenti.
    Comunque.
    Finse, per pochi secondi, di avere la possibilità di prendersi una cotta. Una reale, di cui non sarebbe stata terrorizzata al punto da andarsene. Cosa avrebbe fatto? «cerca ogni scusa possibile per passare del tempo con lei. Che lavoro fa?» alzò un indice, gaspando ad alta voce. «ah, e presta attenzione a quello che ti dice!! così se cita qualcosa che non conosci, puoi informarti e citarlo la volta successiva!!» Tamburellò l’indice sul labbro inferiore, prestando assolutamente zero attenzione all’ambiente circostante: se Cathy e Rory volevano ucciderla, quello era il momento adatto (Rory: 8pa. Ah ochei). «sii sempre onesta» suggerì, perché le sembrava importante. Detto da una che non lo era mai – e quando lo era, non abbastanza - era decisamente qualcosa. «anche quando ti senti a disagio e preferiresti non esserlo» e ora andiamo alle cose very importanti: «chi è? Hai una foto??» DAI SPILLACI IL TEA. Zombie in avvicinamento: «dai cathy aspetta stiamo parlando di cose serie!!!!!!!!!!!!!!» (Cathy, 2 pa poco convinti).

    how much can i get away with
    & still go to heaven?
    i

    daddy



    non ci capisco nulla di questo duello. fa ridere ma anche riflettere

    facciamo che:
    CATHY: 12 PS || RORY: 10 PS

    ATTACCO RORY (vin): 8pa
    ATTACCO CATHY (kier): 2pa

    non ho scritto gli attacchi difese di questo giro perchè tanto la stronza ha parato. bitch
  13. .
    19 y.o - empath - lilum's dancer - third eye
    melvin diesel
    «OK MI FIDO!!!» Melvin sorrise, denti bianchi in bella mostra e fossette pronunciate, perché lei credeva di meritare quella fiducia. Perchè non avrebbe dovuto? Aveva la :eye: :eye: :eye: vista, e tutto quel che diceva passava attraverso il mistico ed ancestrale filtro del Fato bellissimo. Il mondo e l’universo avrebbero trovato il modo di darle ragione, perché l’empatica non comprendeva realmente il concetto di fallimento - c’era anche da dire che le sue vittorie fossero molto flessibili, eh.
    Chiunque altro conoscesse, per il minimo concesso dalla bionda, Melvin Diesel, alle parole della mimetica non potè far altro che mettersi una mano sugli occhi, e pregare che qualche divinità le amasse abbastanza da permettere loro di vedere un’altra alba.
    «mi prendo cathy, sembra un po’ più mansueta??» Vin roteò gli occhi sulla sopracitata, trovandola parzialmente sbranata al suolo, e con un ringhio a far tremare le labbra. Uh uh. Arcuò entrambe le sopracciglia, sollevando un pollice positivo verso Kieran. Quindi lei aveva Rory? La sbranatrice di cuori? Un sogno, quasi una favola. Le piacevano le sfide, soprattutto quando minacciavano lievemente la sua sopravvivenza: qual era il punto di vivere, se non si provava mille e cento volte a non farlo? *meme guy*
    «niente alieni nella mia epoca. C’eri anche tu??» domandò, sinceramente confusa, prendendo con leggerezza una sedia al proprio fianco per coricarla al suolo così da poter pestare abbastanza forte una delle gambe, e staccarla. Una clava. Più simile ad una mazza, ma le piaceva sognare, e le clave – pur essendo meno aesthetic – erano più affascinanti. Osservò il mestolo colpire Cathy, gli occhi vacui di lei volgersi alla mimetica. Vin sorrise, alzando un palmo per battere il cinque con la ragazza. «grande, l’hai presa!!» ed averlo fatto, aveva reso la Sargent il nuovo oggetto dei desideri della zombie, che si lanciò contro di lei sbattendo le zanne fra loro. Diceva tanto sulla natura umana e sulle inclinazioni delle persone, ma avrebbe seguito quella strada aulica e filosofica un altro giorno.
    Nessuno:
    Davvero nessuno:
    Proprio proprio!!! nessuno:
    Melvin, resasi improvvisamente conto, mentre tentava di colpire la gamba di Rory per lasciarla a terra ed impedirle di seguire Cathy, di sapere tante cose ma non conoscere alcuna informazione basilare sui suoi amichetti: «ehi, kieran, qua è il tuo colore preferito?»

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    daddy



    ATTACCO KIERAN: 6 PA
    DIFESA CATHY:5 pd

    CATHY: 19 ps

    ATTACCO MELVIN: 10pa

    ATTACCO CATHY (kieran): 4pa
  14. .
    19 y.o - empath - lilum's dancer - third eye
    melvin diesel
    Non aveva bisogno di usare il proprio potere, per sapere che Kieran fosse molto turbata. Avrebbe potuto manipolarele sue emozioni e renderle la situazione più tollerabile, perfino piacevole e divertente!, ma non sarebbe stato corretto da parte sua. No, non perché fosse giusto essere sconvolti di fronte a del cannibalismo, o perché fosse sbagliato usare l'empatia sugli altri, ma perché Kieran era sua ... amica? Credeva. Non ne era sicura. Se glielo avessero chiesto, avrebbe risposto di sì senza battere ciglio, ma nell'intimità dei propri pensieri, poteva ammettere di non esserne sicura: si conoscevano da troppi anni perché fosse semplice affermarlo. Cinque anni, per i canoni di Vin, erano un'infinità, lussi che nel suo tempo non aveva mai concesso a nessuno. Era certa lo fossero state nel suo secolo, ma li? Kieran aveva tutta la sua vita, amicizie vere e consolidate - qualcosa di semplice. Melvin non era certa di essere qualcosa di semplice. «ok!! la nostra creatura ha creato dei mostri» sorrise per addolcire la pillola, risultando nel contesto più inquietante di quanto non sarebbe parsa con l'espressione solenne che la questione meritava.
    C'era da dire che non avesse una vera e propria morale, la Diesel. O un preciso concetto di morte, di cosa fosse giusto o meno. «ma la nostra pozione ha funzionato: si sono trovati; si amano» le cinse le spalle con un braccio, voltandola verso Jimmy e Rose. Erano entrambi a terra, circondati da brandelli di camicia strappata di lui - wow, era successo tutto molto in fretta. «quel tipo di amore travolgente che ti rende sordo e cieco al resto» tipo venire scarnificato! «passionale. struggente. che ti consuma. le persone cercano questo tipo di amore tutta la vita» la famosa scintilla. «quindi, non è forse un po' una vittoria?» ammiccò arcuando entrambe le sopracciglia, stringendo le labbra fra loro ad un momento particolarmente crudo e violento fra Rose e il suo uomo.
    Strizzò i denti in una risata fintamente allegra.
    «ma secondo te devo provare a fermarle? o mangiano anche me?» Ci riflettè qualche secondo. Un tempo, in un'altra vita, quello sarebbe stata parte delle sue mansioni quotidiane - riportare l'ordine. Ma già un tempo, e già in un'altra vita, aveva scelto di non farlo: non era tagliata per quel lavoro, Melvin Diesel, esattamente come non lo era stata Doc Martins.
    Battè le palpebre, occhi verde prato distanti dalla stanza dell'apocalisse.
    Se fosse stata da sola, se ne sarebbe andata. Essere beccata in flagrante di reato, avrebbe decisamente dimezzato la sua già scarsa libertà, sempre se non l'avesse uccisa. Ne valeva la pena, per una dozzina di persone che neanche conosceva? «eh.... se vuoi.... possiamo provarci? magari...se li separiamo! abbastanza a lungo! la pozione smette di avere effetto!! questo effetto, perlomeno. un po' too much» dovevano essere tutti segni di fuoco, MHMH. «vuoi rory o Cathy? io prendo l'altra!! chissà se il morso è contagioso» x D «SKE!, non ricordo neanche un'apocalisse zombie nel 2022, ed ho un'ottima memoria!» perlomeno, per quel genere di cose.
    «sarebbe in anticipo di quindici anni» bisbigliò appena, sorridendo entusiasta a Kieran. AVVENTURA!!!


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    daddy
  15. .
    19 y.o - empath - lilum's dancer - third eye
    melvin diesel
    Alzò un indice verso Kieran, intimandole di aspettare un attimo. Premette il telefono fra la guancia e la spalla, continuando distrattamente a roteare il cucchiaio di legno all’interno del contenitore in vetro. Il composto aveva un colorito poco sano, ma andiamo, a chi piacevano le cose che facevano bene alla salute? Nessuno che le venisse in mente, il che – per i parametri di Melvin Diesel, che tendeva a conoscere davvero tutti - significava nessuno: patatine fritte, bibite gassate, sostanze stupefacenti, relazioni tossiche… La lista era lunga, e di certo il liquido viola, secondo alla sua specie visto che il primo risultato era già stato mescolato al resto del punch da lei e la Sargent, non poteva essere così male. Aveva un buon profumo! Sapeva di aria fredda e di dopo sole tutto insieme, con un piccolo spicchio di caramello a renderlo denso ed appiccicoso sul palato. Strinse le labbra fra loro, terribilmente concentrata nel proprio compito, attendendo paziente che la persona dall’altro capo della linea rispondesse come se nulla stesse succedendo.
    Qualcosa stava indubbiamente succedendo, a giudicare dall’espressione di Kier. Le offrì un pollice sollevato, e la sua miglior espressione ottimista - una qualunque, insomma.
    Click. «WRENNIE!» Sospirò entusiasta, un sorriso brillante e sincero ad illuminarle il viso mentre si voltava di un quarto verso Kier indicandole di avvicinarsi all’apparecchio. «SONO VIN!» specificò, caso mai il geocineta avesse avuto dubbi. Sarebbe stato del tutto lecito averne, considerando quanto l’empatica fosse difficilmente raggiungibile, con quella sua buffa - necessaria - abitudine di cambiare - identità - numero più volte nel giro di una stessa settimana. Le piaceva dettare quel tipo di regole nella sua vita, decidere quando esistere e quando non farlo. Le piaceva sorprendere più di quanto non le piacesse cadere nella banalità del quotidiano, creare legami stabili e continui con le persone che la circondavano.
    Li amava tutti. Davvero. Il suo affetto non era meno sincero solamente perché aveva la tendenza di apparire a piacimento e solo per scelta; che passassero mesi, giorni od ore, nulla sarebbe cambiato in quello che provava nei loro confronti. Ma… ma. Rimanere richiedeva sempre qualcosa che Vin non sapeva come dare, promesse che sapeva di non volere, nè potere, mantenere. Restare, significava che se ne sarebbero andati gli altri, per noia o per vita.
    Non le piaceva quando se ne andavano gli altri.
    Melvin era come le stagioni, come il profumo delle lenzuola appena scrollate sotto il sole, come il primo morso di un dolce alla vaniglia ed il sale rimasto sulle dita dalle patatine nei pacchetti - passeggera. In quel suo passare sempre, lasciava abbastanza di sé da poter essere ricordata solo per le cose belle, e come una leggenda che vivesse solo nelle storie che di sé venissero raccontate, Mlevin se lo faceva bastare.
    Preferiva essere al primo posto per brevi istanti, che occupare il secondo tutta la vita.
    «SONO CON KIER! TI SALUTA!»
    ”RAWRRRR”
    «oh wow kieran, rawr anche a te!!!» Melvin si schiarì la voce, seguendo gli occhi scuri della Sargent sul Motivo Per Il Quale Aveva Chiamato Wren Hastings. Non che non ci fosse sempre, in generale, un motivo per chiamarlo, ma! quel giorno! C’era un motivo ancora più specifico e speciale!
    «senti, ma…..» Scosse il cucchiaio sulla superficie del contenitore, allontanandosi di un passo prima che il liquido potesse schizzarle addosso. Urtò accidentalmente una delle tante provette aperte ed abbandonate sul tavolo, afferrandola prima che potesse cadere e rompersi. «ipoteticamente» Puntellò la lingua sulla guancia, spostando gli occhi verdi sulla pista da ballo di fronte a sé. «cosa succederebbe se mischiassi diverse pozioni?» Era stato un mago! Era un barista! Conosceva le piante!! DAI, era l’uomo perfetto per una – ipotetica, eh – situazione in cui due special, dopo aver reperito in maniera del tutto illegale diverse pozioni dai risultati discutibili , avessero mischiato tali pozioni con l’intento di creare il filtro del Vero Amore In Tutti I Sensi, detto anche OTP thing. Ipoteticamente.
    «dipende? Probabilmente si annullerebbero a vicenda?»
    Vin osservò il bacio appassionato fra Cathy e Rory. Labbra, lingua, denti - un sacco di denti. Fino a quel momento, non aveva creduto esistesse un limite al troppo amore, ma immaginava che farsi scarnificare la faccia avesse segnato un nuovo confine pure per lei. Non giudicava, do your thing luv, ma … ecco. Non sembrava proprio… mh.
    Beh. In quel momento, Cathy e Rory (nomi inventati; ovviamente non aveva idea di chi fossero tutte quelle persone, aveva solo scelto i nomi che le erano parsi più appropriati) sembravano felici, c’era da dirlo. La loro pozione, quindi, aveva...funzionato? Fino a che morte non le avesse separate, giusto? Un successo! «ah...» Rory posò le labbra cremisi sul collo di Cathy.
    E poi ne staccò un pezzo, sputandolo sul pavimento a poca distanza dal loro tavolo delle creazioni. «ahah….ah! Ok! Grazie!» «vengo anche io alla festa!!!! sembra divertente!!!» Oh, luv. «magari la prossima!!! ci andiamo insieme?? CIAO WRENNIE DEVO ANDARE» baciò sonoramente il microfono, prima di chiudere la chiamata.
    Poi si volse verso Kieran Sargent. Anche dopo tutti quegli anni, era … strano, vederla nel suo mondo - nel suo tempo. Più nella propria pelle di quanto mai fosse stata nel loro secolo. Era così che le appariva Vin nel 2022 – smarrita e sottile? «ho una buona notizia, e una cattiva notizia!!! quale vuoi per prima?» RAWR!


    how much can i get away with
    & still go to heaven?
    i

    daddy



    INSP: tear you apart della playlist di lia PLUS lovers del mini prompt. zombie innamorati, dai!!!. è INIZIATA!
110 replies since 4/6/2018
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