Posts written by ms. chief

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    misjacksson
    Era un ragazzo piuttosto basico, Mis Jacksson. Primitivo, avrebbe detto qualcuno, e non (necessariamente.) nel senso goliardico con cui lo dicevano di Theo: i suoi bisogni, necessità, ed effettivo responso in merito agli stimoli esterni, erano identici a quelli di un animale. Logico dedurre potesse facilmente essere addestrato, perché era proprio così. Difficile avere la sua fiducia, per carità, era pur sempre dotato di raziocinio umano, ma la sua lealtà era merce scontata e scambiata per patatine e biscotti. O caramelle, come in quel caso. Aprì il palmo all’ultimo secondo, afferrando il dolcetto prima che potesse colpirlo, assottigliando poi le palpebre verso la Serpeverde. Guardingo come un gatto cui fosse stato sottoposto un cibo nuovo, portò la carta alle narici, cercando di sentirne il profumo attraverso la pellicola. «me ne avanzava una» Quando fu abbastanza certo non nascondesse inganno, emise un mezzo grugnito felice, scartandola in fretta e lanciandola soddisfatto in bocca. Sorrise, perfino; sempre una smorfia poco familiare sulle labbra, ma non meno genuina. Come in un qualsiasi otome game, ogni offerta di cibo rappresentava un punto in più nella barra dell’amicizia fra sé ed i suoi interlocutori, esattamente come esserne privato faceva scendere i punti in negativo (infatti Theo era sempre a quota zero, e solo perché il sangue condiviso lo obbligava moralmente a tenerlo in considerazione comunque).
    «pensa, se non mi sacrificassi io dovresti farlo te» La sola idea bastò a fargli corrugare le sopracciglia, lo sguardo perso su un punto imprecisato del pavimento. Mis amava suo fratello, e voleva rimanesse così; sapeva non sarebbe successo, se non avesse potuto condividere quel fardello con qualcun altro. Theo Kayne era troppo per una sola persona, e lo diceva uno che con lui smezzava il corredo genetico. «quindi il mio è tutto un servizio alla comunità» Perchè mentire? Annuì una sola volta, secco, senza avere nulla da aggiungere: la sacrosanta verità. Al suo domandarle se fosse lì per partecipare alla competizione, ricevette un piccato ed onesto «non passo così tanto tempo con theo» auto esplicativo. Rotolò la caramella da una guancia all’altra, sbuffando un verso divertito fra i denti. «non si sa mai» biascicò, con una scrollata di spalle, tornando a guardare il resto delle persone all’interno della fiera. Con una certa esitazione, occhi schivi e più spesso alle mura che sui profili della gente. Le ciglia a battere lente, infastidito dai rumori ed i suoni prodotti da troppi esseri umani stipati in una stessa stanza. Quel tipo di tortura poteva tollerarla solo con la promessa di una ricompensa, e l’idea che non potesse mettere sotto i denti neanche un voulevant al formaggio, rendeva la sua presenza in quel posto alquanto inutile. «e preferirei non prendermi qualche malattia. ci sono modi migliori per morire, tipo in ipotermia dentro a un ghiacciaio sull’everest» Roteò gli occhi verdi sulla Mikhailova, osservandola riflessivo. «specifico» mormorò, scandendo piano ogni lettera. «ed anche una lenta agonia» a quel punto l’occhiata si fece perplessa, una domanda implicita nello sguardo: perchè mai dovresti voler morire in 3-4 ore lavorative. «preferirei rapido, se non indolore» di nuovo le spalle a scuotersi, e la caramella ormai quasi completamente sciolta spinta sotto la lingua. «punto sul giustiziato» ed il mezzo sorriso lampeggiato in direzione della ragazza, conteneva centinaia di universi di cui non poteva – né voleva, per inciso – renderla partecipe, ma che non necessitavano di essere contestualizzati per essere compresi. Dopotutto, passava quasi tanto tempo quanto suo fratello in Sala delle Torture. Il fatto che non potesse andare in giro sventolando la bandiera ribelle, non lo escludeva dall’esserlo in tutto quanto fosse civilmente concesso.
    Oramai erano lì, e visto che li avevano scomodati, il minimo che potevano fare era offrire loro la merenda. Il fatto che ne sarebbero rimasti ignari, non era un problema di Mis – o di Mini, a quanto pareva. «sai già dove andare?» il Jacksson si chinò, le dita a tamburellare ritmate sul pavimento. Non gli ci volle molto per allargare il proprio potere, trovare la presenza del piccolo roditore, e richiamarlo a sé. Docile, il topo, nel salirgli nel palmo. «vuoi salutare?» domandò alla bionda, del tutto serio. Gli animali erano una questione formale sulla quale Mis raramente scherzava. Bastarono pochi secondi di occhiate ed impulsi dal faunocineta al topino, per capire dove fosse tenuto in custodia il cibo, e solo un mormorio impercettibile per far sì che il topo, una volta sceso dalla sua mano, sgattaiolasse fra le gambe dei partecipanti scatenando il caos necessario perché lui e Mini potessero svignarsela indisturbati verso le finte cucine.
    Molto finte.
    E chiamarle cucine, gli sembrava davvero eccessivo.
    «ODDIO! cous cous ricco mi ci ficco» Tale padre, tale figlia. Non giudicò l’entusiasmo della ragazza, anzi, con interesse si chinò sulle teglie annusando l’aria. «secondo te è vegetariano?» afferrò una forchetta, sgranando l’interno della pirofila alla ricerca di carne. «lo sapevi che se ci aggiungi della salsa di soia, il cous cous è più buono? me l’ha detto un tipo strano su lol» Aveva già sentito quella storia, e sbuffò un altro suono divertito ed ironico dalle labbra socchiuse. «ma chi, ithuriel? Mangiava lucertole aperte da ragazzino i cracker con il succo di frutta, non so quanto sia attendibile» osservò, allungandosi verso un piatto di ratatouille. Almeno con quella, poteva andare sul sicuro. «provare non costa niente» concesse comunque; era pur sempre un lavandino, scofanava davvero di tutto.
    «hai qualcosa dove mettere la roba o facciamo a cazzo duro?»
    E sì che mangiava sempre, ma non era che andasse in giro con piatti e pentole in tasca. Le offrì l’occhiata di scherno che meritava, schioccando rumoroso le labbra fra loro. «cazzo duro sia» that’s what she said? Chissà se avevano la stessa concezione di cazzo duro, Mis e Mini. Nel dubbio, il Tibiavorio afferrò una teglia di cous cous, un piatto di verdure condite, ed una pirofila di quelli che sembravano dolcetti misti – adocchiava marzapane e biscotti. - con un equilibrio degno di un maitre in un ristorante di lusso. Infilò anche sotto braccio uno scadente cartoncino di vino, perché chi era lui per rifiutare alcool gratis, perfino della più bassa lega.
    «sai correre, o solo pattinare?» e senza attendere una reale risposta, si fiondò verso la porta e scattò verso l’esterno. Rapido, anche se non quanto avrebbe potuto esserlo in forma animale (aveva valutato di acquisire almeno il marsupio come i canguri per essere più comodo, ma non trovava fosse molto… igienico).
    E diamo tutti per scontato che i nostri eroi fossero riusciti a scappare, in qualche modo.
    Si fossero ritrovati senza fiato in uno spiazzo desolato dove uno dei due – o perché no, entrambi – poteva scegliere di commettere un omicidio e non essere mai scoperto. Magari le avrebbe pure sorriso, Mis, quando si fossero spiaggiati per consumare il loro bottino.
    In silenzio. Religioso. Apprezzato.
    Rotto da un curioso «come hai conosciuto theo?» fra una forchettata e l’altra di polpettone vegetale. Trovava la quiete confortante, Mis, ma non gli dispiaceva disturbarla per Sinèad Mikhailova. Soprattutto per svelare un così grande arcano.
    15 y.o.ivorbonefaunakinesiswoof woof

    Everywhere I go, I know that I don't wanna be
    Part of something I won't ever need
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    ms. atelophobia panics at a lot of places beside the disco
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    mckenzie hale
    mis jacksson
    Kaz aveva finito le parole. Rimase ad osservare mentre tutti, letteralmente tutti, venivano liberati dalle manette, mentre il suo corpo, stanco e provato, continuava ad essere sbattuto e ribattuto contro la parete a cui erano poggiati a causa di quell’emerito stra cazzone con cui condivideva ogni disagio. Gli occhi neri dell’Oh, gonfi di lacrime ingoiate febbrilmente, erano fissi su Clay. La bocca, dischiusa fino a quel momento in orrore e stupore, finalmente chiusa. Rassegnata. PERFINO I TOSSICI ERANO STATI LIBERATI PRIMA DI LUI! VOLEVA AIUTARE! E invece non solo lo costringevano a guardare mentre facevano tutto il lavoro, ma lo lasciavano con Theo.
    Theo!
    Si creò uno spazio libero, di fronte a loro. Kaz pensò davvero che fosse finalmente giunto il suo momento. Sorrise alle orecchie dritte del pastore tedesco, fischiettando piano un «qui, tsktsktsk, qui » a cui il cane rispose roteando il capo. Gli strilli del Kayne, erano ormai un flusso costante di improperi a cui Kaz si era abituato tanto da considerare rumore bianco, se forma né intenzione. Si rese conto di quanto si fermarono, però.
    Come uno tsunami. L’acqua a ritrarsi solo per diventare più devastante.
    Kaz Oh non aveva mai saputo i cani potessero sorridere, fino a quando non vide le zanne bianche di Mis Jacksson brillare sotto le luci della SPA prima che mostrasse loro la coda tornando nella mischia.
    Ed il suo corpo, dell’anima non c’era più traccia da un pezzo, venne nuovamente trascinato nell’oblio ch’era il disastro naturale di Theo Kayne.

    Come avrebbe detto un saggio (Alessandro, giocando a lol): godeva in culo, cazzo. Scodinzolava felice, Mis, passeggiando fra cadaveri ed arti mutilati, sangue ed altri liquidi corporei. Sentiva ogni odore in maniera pungente ed asfissiante, ma preferiva quel dolore lì, ed il ringhio basso ad accompagnarne ogni sfumatura, rispetto al girare per quella stanza con gambe e braccia. Era stanco di essere visto, e vedere a sua volta. Non voleva esistere nel campo di percezione altrui con quello strano e buffo corpo rosa che gli avevano affibbiato alla nascita.
    Quella, era la sua vera natura. Coltello fra i denti compreso.
    Abbandonò la lama solo quando vide Murphy e Clay brancolare nel buio.
    Letteralmente, non solo con l’usuale confusione che abbracciava le mini/quest della vita. Gentile, poggiò il naso sulla gamba della Skywalker con un basso guaito per rassicurarla fosse lui, lasciando che aprisse la mano per passarci sotto e farsi accarezzare; poi, aprì la bocca e la strinse attorno alla mano della geocineta, accompagnandola distante sia dal bordo della piscina, che dal cuore della battaglia. Li vedeva… turbati, ma non capiva da cosa. Provò a guardarsi attorno e capire da dove arrivasse quella vibrazione nella forza, ma purtroppo nessuno aveva un’insegna al neon indicante cosa stessero facendo. Assurdo che nel sacro anno venti ventiquattro, ancora non esistessero gli [s p o i l e r] nella vita vera.
    Con il Morales fu meno cortese, perché era dall’inizio che piagnucolava di voler liberare Kaz, e col Kazzoh proprio che gliel’avrebbe permesso: era già difficile sopportare il Kayne a distanza, figurarsi quando liberato nel gregge. Così, anziché accompagnarlo verso un posto sicuro, dopo un’ultima leccatina confortante al polso di Murphy prese la rincorsa e saltò, attaccando l’accecato Morales con trentacinque kilogrammi di pelo e bava, e zampe grandi quasi quanto la sua faccia premute sul petto. Non lo schiacciò a terra sotto il proprio peso solo perché temeva di ucciderlo, e già così, senza Styx a frenare la caduta, la giocata era rischiata. Quando fu coricato al suolo, però, gli salì comunque sopra per affermare la propria dominanza, naso umido contro il naso dell’assorbente (lines) cinetico ed occhi nel… beh, lo sguardo cieco e vacuo dell’altro.
    Sbuffò, spargendo saliva e alito caldo sulla faccia di Clay, il disappunto papabile in ogni goccia di sputo.



    Quando Mac si rialzò, si trovò alle spalle di qualcuno.
    Non sapeva che in quel momento stesse usando il proprio potere per accecare Clay e Murphy, come avrebbe potuto, ma sapeva fosse in mezzo alle palle, e che come tutti gli altri suoi colleghi, avesse fatto una scelta.
    Quella sbagliata. Che dire, la gente moriva per i soldi dall’inizio dei tempi.
    Tremava troppo per usare la magia, ed aveva ceduto la pistola a Reggie. Cosa gli rimaneva?
    «ueeeeeeppa» non la simpatia, quando mai, bensì il gomito con cui lx colpì alla gola. Un, dos, tres!

    Tu sai che avevo bisogno d'aiuto,
    potevi pure mandarmi a fanculo
    Invece mi hai detto che gli occhi che indosso
    non sono mai stati più tristi



    ](3) DIFESA MURPHY (mis + rain): trascina murphy lontano!!
    (5) DIFESA CLAY (twat + mis + styx): salta addosso a clay!!
    ATTACCO DOMNHALL (mac + rain): e se mi tocca prenderti a pugni lo farò ok wow nuova era davvero (non è vero, ho optato per una gomitata alla gola)

    CODICE
    <b>(3) DIFESA MURPHY (mis + rain):</b>
    <b>(5) DIFESA CLAY (twat + mis + styx):</b>
    <b>ATTACCO DOMNHALL (mac + rain):</b>

    <b>(7) DIFESA KIERAN (twat + lena + styx):</b>
    <b>ATTACCO PILAR (lena + styx):</b>

    <b>TWAT LIBERA HANS & AVERY</b>
    <b>LENA LIBERA CYBIL & AZ</b>
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    mckenzie hale
    mis jacksson
    Sobbalzò d’istinto, al colpo d’arma da fuoco. Chiuse gli occhi, girando il capo per non essere colpito dalla pioggia di sangue e frammenti di cranio. Rotolò lateralmente, mancato di pochissimo dalla caduta del corpo martoriato della donna.
    Se non avesse partecipato a una cazzo di guerra, probabilmente qualche remora in più l’avrebbe avuta. Aveva sedici anni, Mis Jacksson, e la morte era già contemplata nella sua routine quotidiana. Non approvava le torture, però – neanche se su nemici - motivo per cui piantonò gli occhi chiari sul ribelle con i sai, osservandolo asciutto.
    «anche meno»
    Fottuti psicopatici. Sapeva di dover biasimare il gioco e non i giocatori, ma cristo santo. Neanche lui era una cima nella gestione della rabbia, ma quello era un po’ troppo anche per i suoi standard. Si rialzò, evitando accuratamente di spolverare l’asciugamano delle sostanze ivi appiccicate, ritraendo la testa nel bozzolo come una tartaruga. C’erano… tante persone, ed iniziava ad essere percepito un po’ troppo per sentirsi completamente a suo agio. Senza contare che avesse una pessima memoria in fatto di persone, ma i torti, come i corvi, li ricordasse sempre.
    Ed avrebbe ricordato di essere stato ignorato da tutti i bastardi che avevano appena slegato, fatta eccezione per il biondino. Ingrati. Si sarebbe tenuto tutte le sue cazzo di pietre, sempre che non avesse deciso di vendicarsi ed usarle su di loro. Certe persone proprio non sapevano cosa fosse il privilegio, né conoscevano il sacrificio.
    «che carino, grazie» E ci voleva tanto. Si scrollò, esattamente come avrebbe fatto in forma canina, risultando nei millesimi schizzi di materia cerebrale e liquidi oculari, senza però sciogliere l’espressione imbronciata ed offesa nei confronti di un mondo che non lo capiva né apprezzava. «prego» grazie Cory, e non pensavo l’avrei mai scritto.
    Quindi torniamo allo status quo, che è quello in cui qualcuno cerca di ucciderti ♥
    Non gli erano mai piaciuti i moltiplicanti. Non bastava esistere in una forma umana…? Dovevano sdoppiarsi? Lo rendevano claustrofobico, e se possibile (non era possibile) ancor più paranoico. Quando vide una delle due sollevare la mano, agì nell’unico modo umanamente conosciuto quando qualcuno alzava il palmo: non un pensiero, neanche mezzo, prima di porgerle il proprio e batterle cinque, stringendo poi la mano nella propria come un bro di strada.
    Si guardarono, Gertrude e Mis; nessuno avrebbe saputo dire chi dei due fosse più perplesso.
    Battè le palpebre, indietreggiando ma senza distogliere lo sguardo dal suo volto.
    E sì che ho detto Cory gli piacesse. Ma come poteva, (sara) Mis Jacksson, lasciarsi sfuggire l’occasione di guardarlo sollevare la mano, ed anziché battergli il cinque come il signore Dio avrebbe voluto, unire le dita e picchiettargliele sul palmo (click) con un assolutamente impassibile «pollo.»
    Certe occasioni erano troppo perfette per perderle.
    Strinse maggiormente l’asciugamano davanti al volto. Il suo lavoro lì era finito.
    (Cory in background, stringendo le mani al petto: ma non hai fatto niente)
    Aveva adocchiato al suolo un pugnale luccicante, e con quell’anima un po’ gazza ladra erede di una vita di crimini, non poteva resistere al suo richiamo. Quando l’asciugamano ricadde a terra, ad uscirne fu nuovamente il pastore tedesco nero, che veloce sfrecciò verso l’arma attento a non farsi calpestare. Afferrò il coltello fra le zanne, gorgogliando un ringhio felice.
    Poi iniziò a correre, strizzando l’elsa con forza. La prima gamba disponibile – non una dei compagni, anche se quella filosofia sembrava andare per la maggiore – che riuscì a trovare, fu quella su cui con un salto piantò la lama, sfilandola poi nel balzo successivo.
    Peace was never an option.

    «bellissimo, continua così!» Erano occhi stanchi, e coperti da cose che mai avrebbero dovuto vedere la luce del sole, quelli che aprì sul fratello. Lasciò cadere a terra il cadavere, strizzando con forza le labbra fra loro per impedire al sangue di entrare in bocca. Sembrava il protagonista di un film horror, e non poteva negare di sentirsi, in una cazzo di pellicola dell’orrore.
    «ma cosa cazzo dici» NON DICI, VEDI NON VEDI, SIEDI NON SIEDI, TU VUOTA IO PIENO TU PIENA IO VUOTA è UNA RUOTA…. MI è ANDATA FUOCO LA MOKA LA MOKA LA MOKA… TUTTI AL BAR QUI CERCANO LA COCA LA COCA LA COCAAA. Si schiarì la voce, sentendola roca ed aliena. Non era stata crudeltà gratuita la sua, anzi: l’aveva tolta da sofferenze indicibili, non doveva essere bello farsi cavare entrambi gli occhi, e nel mentre evitato che la pallottola potesse accidentalmente colpire qualcun altro. Al contrario di Twat, Mac non si stava divertendo, e voleva davvero… davvero… che fosse tutto uno scherzo, se non un incubo. Una battuta dell’universo; si sarebbero rialzati tutti, avrebbero riso, e Reggie l’avrebbe guardato con l’usuale misto di affetto e condiscendenza nel lento e mormorato oh, Mac, ma credi sempre a tutto?
    Rimase fermo un solo istante, il tempo di quietare i conati ed il panico a strizzare le viscere. Cercò il profilo di Hans fra gli ostaggi, azzardando persino un vago, e distratto, sorriso: oh do you get deja vu, uh? Erano zombie, quella volta lì, ma materia grigia, seppur decomposta, l’avevano persa comunque. Fu guardando il ragazzo, che si rese conto di una via libera. Tanto bastò perché il suo corpo si attivasse prima del cervello, ed approfittando della distrazione generale, si lanciasse verso i corpi contro il muro – spintonando, facendosi spazio.
    Atterrò di fronte a Hold e Reggie, la mano con la bacchetta a tremare visibilmente di emozioni tutte schiacciate fra loro. «ci sei mancata a lavoro» bisbigliò ad Hold, cercando di aprire le manette e liberare entrambe. Più facile guardare la Legionaria, che sua sorella - ma lo fece comunque, alla fine, sollevando tristi occhi grigi sul volto di Reggie. Sempre bellissima, malgrado tutto; sempre composta, perfino nella sua rabbia e la sua noia. «ehi» Deglutì, tenendo la sua mano nella propria un istante più del necessario. Armeggiò al proprio fianco, prendendo la pistola ancora sporca di sangue per sostituirla alle sue dita nel palmo della mora. «meglio tardi che mai?» e se suonò come un mi dispiace, erano solo affari suoi.
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    (6) DIFESA CORY (ama + mis + rain): batte il cinque
    (9) DIFESA MAC (adrian + mis + liam): ?! pugnala kinda. alla gamba ish?

    MAC LIBERA HOLD & REGGIE

    CODICE
    <b>(8) DIFESA RYU (clay + adrian + liam)</b>
    <b>(9) DIFESA MAC (adrian + mis + liam)</b>
    <b>ATTACCO QUINCEY (nina + liam)</b>

    <b>(9) DIFESA TWAT (ama + clay + rain)</b>
    <b>(6) DIFESA CORY (ama + mis + rain)</b>
    <b>ATTACCO GERTRUDE (milo + rain)</b>

    MAC LIBERA HOLD & REGGIE (rimangono entrambe - tutti e due special)
    MURPHY LIBERA BARBIE & STYX (rimangono entrambi - tutti e due special)
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    mckenzie hale
    mis jacksson
    Uh… oh. Era il momento di tornare seri? Un gemito strozzato gli fece drizzare le orecchie, immobile mentre la palla proseguiva la sua corsa per il resto della stanza. Soppesò, per un istante che biasimò alla sua natura canide, di sbattersene il cazzo e continuare a rincorrerla, passando a raccattare grattini da amici e sconosciuti, ma – ma.
    Ruotò il muso verso il Legionario, annusando l’aria e riconoscendo l’odore fresco del sangue appena spillato. Spostò gli occhi sulla donna con il pugnale, tornando poi a guardare … come si chiamava? Burger King? Roadhouse? C’entravano dei fast food, o Mis non ne avrebbe avuto neanche l’impronta di un’idea. Si avvicinò, imbarazzata ed umile coda fra le zampe, cercando di puntellare il naso sulla gamba del ragazzo. Non andava d’accordo con le autorità per ottimi motivi, ma i Legionari erano… diversi. Perlomeno, lo erano prima della nuova riforma. La nuova Guardia gli piaceva ogni giorno sempre meno; ad Hold concedeva un quarto di eccezione perché era la sorella di Justin, e Justin non gli dispiaceva troppo (un complimentone).
    E quella, ragazzi, era una lezione che non avrebbe appreso mai, perché la sapeva ed ignorava ogni fottuta volta: come gli altri si approfittassero sempre dei momenti vulnerabili per sfracellargli il cazzo, ad esempio. Come le buone azioni venissero sempre ripagate con un calcio nei denti, e manco troppo metaforico in quel caso. Vide la gamba della donna sollevarsi, e fu fluido e spontaneo nel lasciarsi nuovamente alle spalle pelo e zampe, in favore di pelle nuda e pollici opponibili che utilizzò, nel tempo di un battito di ciglia, per afferrare la gamba prima che potesse colpirlo.
    Cioè. A parte il prenderla sul personale ed il filosofico, comunque lecito viste le circostanze: quella stronza avrebbe preso a calci un cane? Che bastarda. Lo odiò in maniera così febbrile, che quando tirò la gamba verso il basso per farle perdere l’equilibrio, resistette a malapena alla voglia di affondarle i denti nel polpaccio. Da umano. Un… fuckin adolescente, esatto. Preferì strizzare i molari fra loro, allungando una mano verso Murphy senza neanche guardarla – percepiva la sua presenza, e l’asciugamano perché non prendesse freddo – fasciandosi nel tessuto come il meme di Kermit onde evitare di sbatacchiare le sue grazie all’universo.
    Distolse lo sguardo da quanto stesse succedendo ai piani alti: non gli interessava abbastanza per sentire dovesse entrare a far parte della sua banca degli incubi. Non ne valeva la pena. Posò piuttosto levigati e tristi occhi giada sui tizi che non erano più ammanettati, rapido nell’indurire lo sguardo. Diffidente di natura, ma quella era una misura alquanto estrema.
    Erano disarmati. Pallidi. Non avevano una faccia promettente, se proprio doveva essere onesto – tranne la ragazza, su di lei avrebbe scommesso i propri galeoni.
    «potete prendere i miei sassi» scandì piano, e con un evidente sacrificio, perché odiava condividere. E chi cazzo erano, poi.
    Ci pensò attentamente. Uno dei quattro aveva la classica faccia da Pavor, e , i Pavor avevano un peculiare marchio di fabbrica.
    «uno.»
    E sì che c’erano le armi dei morti, ma aveva già puntato al luccichio del pugnale di Sven e voleva evitare di doverli mordere per appropriarsene.

    Un gemito sottile, neanche troppo sorpreso, quando l’altra staccò il pugnale dalla carne. Spontaneo a seguire la fitta a diramarsi dalla spalla a tutto il resto del corpo, ma nulla che non avesse già provato, e tanto bastò per scatenare la reazione più Mckenzie Leighton Hale che potesse avere.
    Ridere. Ovviamente, rise. Umido, isterico, eppure leggero, come se la donna gli avesse appena raccontato la barzelletta più divertente del mondo. Sinceramente divertito, nell’eco che era la risata di Corvina al piano di sopra. Sapeva che la ragazza ci avrebbe trovato poco di divertente, nel vederlo in quelle condizioni, ma sapeva anche fosse di parte, e non valesse davvero. Doveva ammettere che fosse piuttosto buffo, venire accoltellati dopo una gentile richiesta di parlarne. Anche molto emblematico, abbastanza da suscitare un altro attacco di ridarella che altro non fece che aumentare la fitta di dolore, ed il sangue ad imporporare la camicia.
    Non svenne. Character development, uh?
    Accaddero molte cose, mentre Mac valutava di lasciarle affondare una seconda volta la lama. Di stringere la mano su quella di Parisa, le dita a carezzarle le nocche, e spingere lui stesso il pugnale nella pelle, dimostrandole come si facesse. Perchè no? Fanculo, davvero, perchè no? Una piccola vittoria sporca del suo stesso sangue, come se quel mondo già non ne avesse visto abbastanza dell’Hale. C’era da considerare che fra le cose che accaddero, c’era suo fratello ed il suo peculiare senso di giustizia ad atterrare la donna, conficcarle i sai negli occhi con un Mis assolutamente chilling in background perché aveva deciso non fossero fatti suoi, e insultarla. Fu istintivo riprenderla al volo, quando Twat gliela lanciò.
    «tutta tua, bro»
    Mh. Se davvero, ed era un grande se – 20 pa – gli aveva conficcato i sai negli occhi, c’era ben poco di quel tutto, per Mac. La tenne in piedi di fronte a sé, meravigliato fosse ancora viva - la era? - ed ormai così dissociato da non vomitarle sulle scarpe alla vista del liquido bianco a mescolarsi al sangue sulle sue guance. Poteva solo domandarsi se avrebbe popolato i suoi incubi, o i suoi sogni: quello sì che avrebbe ufficialmente deciso sul tipo di persona che Mckenzie sarebbe diventato. Deglutì, e la rabbia defluì con la stessa velocità del sangue sul tessuto chiaro.
    Un sospiro stanco, quello di Mac, mentre usava la mano con la quale non reggeva la donna per togliere nuovamente la sicura all’arma, e puntargliela sotto al mento. Voleva evitare proiettili impazziti, potendone ancora avere la possibilità. Sollevare il braccio, fece scivolare un sibilo sofferente dalle labbra dischiuse, che fu veloce a tramutare in un sorriso triste e di scuse.
    «ma perchè non potevamo semplicemente parlarne» mormorò, sinceramente incuriosito ma senza aspettarsi una risposta, prima di premere il grilletto.
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    (7) DIFESA MIS (mis + twat): torna umano e le afferra una gamba.
    (20) DIFESA MAC (mis + twat): e....la tira giù...?
    ATTACCO PARISA (mac): eh. le spara sotto il mento .

    CODICE
    <b>(7) DIFESA MIS (mis + twat):</b>
    <b>(20) DIFESA MAC (mis + twat):</b>
    <b>ATTACCO PARISA (mac):</b>
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    mis jacksson
    Mis Jacksson era un ragazzo tutto d’un pezzo. Concreto, pragmatico. Razionale, pur cadendo sempre nella sfera dell’istinto. La giusta via di mezzo fra il logico Lenny, il fratello maggiore, e l’idiota combina guai di Theo, il finto mezzano considerando che il loro divario di nascita era di sessanta secondi. Al contrario di entrambi, era affidabile - sempre, e fino in fondo. Leale in quella maniera viscerale che porgeva una mano senza fare domande, per poi valutare se fosse il caso di strattonare e dare una testata, o mollare la presa e proseguire per la propria strada.
    Ma Cristo di un Dio signore.
    Nel sentirsi sbalzare via, fu rapido a scivolare nella sua forma animale – più veloce, agile - e ricadere con un basso guaito ai piedi dei compagni. Si rialzò traballante, più sorpreso che ferito. Veloce nel guardarsi attorno, puntare gli occhi scuri su Theo per assicurarsi stesse bene, cercando poi nel caos il resto della squadra. Ci mise un secondo più del necessario per capire cosa fosse successo, e solo seguendo le imprecazioni dell’italiano trovò il capro espiatorio nella biondina con il lancia granate. Guardò lei; la bacchetta ancora puntata contro il suo, per giunta nemico giurato.
    Iniziò a ringhiare, passi felpati e cauti verso la ragazza. Si appiattì contro il pavimento, la gola a vibrare di un verso furente ed aggressivo. Non era un avviso, quello del Jacksson: era una minaccia a denti bianchi ed affilati, che fece scattare a pochi centimetri dalla sua gamba. Non strinse sulla carne, solo perché erano dalla stessa parte (immaginava; difficile crederlo, in quel momento) e perché errare fosse umano.
    Non aveva triplo strike, però: solo una seconda opportunità. Si chiamava Mis, mica Gesù.
    Si allontanò, indietreggiando ma senza togliere gli occhi dalla tizia. Passando al fianco dell’italiano – gesticolava troppo per non essere del clan Linguini; non necessariamente affectionate – offrì la zampa perché gli battesse il cinque, privandoci di un doveroso fraintendimento perché a quanto pareva Remo era animale quanto lui, e sapeva volesse solo battere il brofist senza dargli la zampina. Balls.
    ED A PROPOSITO DI BALLS!
    Fu questione di istante. Un solo secondo. Un battito di ciglia. Prima era lì, al fianco di Remo a contemplare la mossa successiva. Quello dopo «WOFF» C’ERA UNA PALLA! GRANDE! BIANCA! Scattò d’istinto a seguirla, in barba di quanto stesse accadendo nel mondo, permettendo a Kieran di fargli tutti i grattini che voleva. Si era risparmiato una pugnalata? Probabilmente no, ma incolperemo l’adrenalina del fatto che non se ne fosse minimamente accorto. C’ERA UNA PALLA! TONDA! ROTOLAVA rotolava fortissimo, e quando riuscì a raggiungerla, la colpì con il muso facendola volare dalla parte opposta della stanza.
    E perché proprio sulla testa di Parisa.

    Ingoiò la saliva facendo scattare febbrile il pomo d’Adamo. Scrollò la mano, pregna di sangue a causa della vicinanza con il corpo del mercenario, senza guardarla. Fingendo non ci fosse. Alzò gli occhi al soffitto, momentaneamente sordo a causa del colpo d’arma da fuoco in uno spazio misero.
    Le lacrime erano sempre spontanee, come il battito di un mattarello sul ginocchio. Non significava che fosse triste, o Dio non volesse, dispiaciuto. Fuck that bitch: poteva anche non aver rapito lei i suoi amici, ma ne restava complice, e l’Hale non era obiettivo quando nell’equazione entrava qualche parte di cuore. Ma uccidere qualcuno era pur sempre uccidere qualcuno, e onestamente, sperava di non dovercisi abituare mai. Sì che dopo il primo era tutto discesa, ma finché significava qualcosa, poteva dirsi che andasse tutto bene.
    Magari ci avrebbe perfino creduto, svegliandosi nella notte al suono di proiettili e strilli.
    Si accorse dell’incidente diplomatico solo perché stava guardando gli ostaggi, e come inermi fossero stati sbattuti contro il muro. Corrugò le sopracciglia, arrabbiato ma ancora lucido, azzardando un passo nella loro direzione per – per ? Con la coda dell’occhio, vide qualcuno riuscire a passare il tempo necessario di privarli delle manette. Non tutti - non Reggie? - ma c’era ancora tempo. C’era ancora tempo? IM COMING FOR YOU SIS.
    E Barbie, certo. Hans. Ma Barbie era Barbie, e Hans era Hans, quindi insomma. Forse stavano meglio così.
    Umettò le labbra.
    Fu più o meno a quel punto che vide la donna con il pugnale, la lama quasi contro il suo petto.
    «parliamone» alzò d’istinto la mano con cui impugnava la bacchetta, stringendola forte attorno al polso della donna.
    Chissà se la pallonata di Mis, avrebbe fatto sì che si pugnalasse da solo. Troppo loro davvero!
    Tu sai che avevo bisogno d'aiuto,
    potevi pure mandarmi a fanculo
    Invece mi hai detto che gli occhi che indosso
    non sono mai stati più tristi



    (18) DIFESA MIS (mis + kier): SEGUE LA PALLA!!!
    (20) DIFESA MAC (mis + ryu): LANCIA LA PALLA!!!!!
    ATTACCO PARISA (mac): cerca di farle mollare il coltello?

    CODICE
    <b>(1) DIFESA MILENA (twat):</b>
    <b>ATTACCO DORINA (remo):</b>

    <b>(18) DIFESA MIS (mis + kier):</b>
    <b>(20) DIFESA MAC (mis + ryu):</b>
    <b>ATTACCO PARISA (mac):</b>
  6. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    21 y.o - good boi
    16 y.o. - good doggo
    mckenzie hale
    mis jacksson
    In che senso gli stava rilanciando il sasso. Un’espressione mortalmente offesa sul volto del Jacksson, occhi verde muschio fissi sul mercenario ed una mano stretta all’asciugamano per tenerselo legato addosso. Uno sguardo di sfida, quello di Mis. C’erano almeno altre trenta persone lì dentro, ma in quel momento, esattamente come un in un qualsiasi k-drama, era come ci fossero solo loro due al mondo. I suoni della battaglia ovattati e lontani, le forme intorno a lui in vago e confuso movimento.
    Un «viecce» vecchio quanto il mondo lasciò la bocca del faunocineta, senza alcun sorriso ad accompagnarlo. Un lancio debole, una traiettoria prevedibile. Valutò di rimanere fermo ed impassibile e lasciarsi colpire, non battendo ciglio come se a toccarlo fosse stata una piuma, ma non voleva dargli neanche quella soddisfazione, quindi all’ultimo momento rotolò lateralmente, trovando perfino il tempo di alzare entrambe le dita medie verso lo stronzo che pensava di poter fare uno reverse card a lui. Principiante del cazzo.
    (1+1 di difesa, Mis stordito a vita nel fisico e nell’orgoglio)
    L’unione faceva la forza, narrava la leggenda. Non erano solo i tizi random e casuali capitati con i quali erano entrati al Lotus a coprirgli le spalle, ma anche i tizi random e casuali ammanettati insieme a suo fratello lungo i bordi della stanza. Il fischio fu tutto ciò di cui ebbe bisogno per fermarsi, ubbidiente, sul posto, orecchie ritte malgrado fosse un sedicenne e non un cane di trentacinque kg e pelo nero come la pece. Trovò subito la fonte del suono – ma chi cazzo era. «qui, bello» a lui? Sì, era vero, e se avesse avuto una coda l’avrebbe agitata con fierezza ed orgoglio – ed abbassò d’istinto la mano frenando il sassolino fatto scivolare nella sua direzione. Gli rivolse un solidale cenno con il capo, gli occhi verdi a sgusciare sul resto della compagnia dell’anello.
    Picchiettò il sasso a terra, esattamente come si faceva con le carte per pescarne una buona, e lo lanciò alle ginocchia di una donnina a caso prima che quella potesse approfittare della vicinanza ad Uno Dei Suoi (capitalized so you know it’s true). Soffiò anche sulle dita; forse le roteò perfino nell’aria come un Carmine di Salvo qualsiasi.
    Qualcun altro lo richiamò sull’attenti, e Mis rispose alzando gli occhi. Era un suo… compagno? Aveva l’età per essere un suo compagno. D’istinto, cercò lo sguardo di Theo per le spiegazioni – era lui, di solito, che gli diceva chi fossero le persone – ma visto che quello era impegnato a fare il Theo Kayne, tornò a guardare interrogativo il ricciolino.
    «AL VOLO!»
    Oh, ma tutti lì dentro sapevano proprio come arrivare al suo cuore. Non la prese con la bocca solo perché ci teneva ai propri denti, ma aprì il palmo accettando di buon grado il secondo sassolino recuperato dalle proprie munizioni. Sorrise perfino, Mis, che stava iniziando a divertirsi un po’ troppo. Lo baciò come un giocatore di baseball avrebbe benedetto la sua palla, prima di intascarlo.
    Era pronto al round successivo.

    Yeehaw, indeed. Piegò il braccio verso di sé ed il basso con uno scatto repentino, strattonando il mercenario come gli avevano insegnato a Bodie con le mucche. Fu quasi un sorriso soddisfatto, quello a curvare le labbra sottili dell’Hale. Quasi, certo, perché non c’era un cazzo di cui essere orgogliosi visto che, ancora, non si arrendevano né mollavano il colpo. Non potevano parlarne e basta…? Come persone civili…? No, fosse mai che situazioni simili prevedessero diplomazia ed affari, sempre solo violenza e sangue. Spinse il labbro inferiore all’infuori, soffiando l’aria con una certa stizza.
    «che poi perché le manette a due e due» cioè, potevano almeno fare la catena umana degli schiavi, quello era solo degradante – soprattutto se Reggie veniva legata a Hold. Hold! Hold. Che scelta particolare ed affascinante. «potete – per favore – solo - uh» intervallò ogni richiesta con denti serrati e spalle curve a cercare di passare fra i mercenari, fino a che non si rese conto di qualcuno troppo vicino a Lena.
    Uh-uh. Ma perché, perchè dovevano sempre costringerlo a quello? Perchè non potevano (inhale ed exhale) lasciarlo fottutamente stare? Era un pacifista, voleva rimanere un pacifista, e quelli invece si intestardivano a prendersela con i suoi amici. Schioccò con disappunto la lingua sul palato, stanco e provato da un mondo che evidentemente non lo meritava.
    Oh, Javi, give me strenght.
    Javi: andale andale
    Tolse la sicura alla pistola, cercò di poggiarla direttamente sulla schiena della guardia così da evitare di colpire uno dei compagni, ed a bruciapelo premette il grilletto.
    Chissà che ne sarebbe stato dei proiettili impazziti in giro per la spa. Chi avrebbe colpito. Così tante possibilità.
    Tu sai che avevo bisogno d'aiuto,
    potevi pure mandarmi a fanculo
    Invece mi hai detto che gli occhi che indosso
    non sono mai stati più tristi



    (5) DIFESA MIS (mis + adrian) rotola.
    (3) DIFESA MILENA (mis + ama) colpisce alle cavità poplitee!!
    ATTACCO DORINA (mac) spara basta e se prende qualcun altro amen "sucate" cit

    CODICE
    <b>(15) DIFESA MURPHY (adrian + murphy)</b>
    <b>ATTACCO DOMNHALL (murphy)</b>

    <b>(3) DIFESA MILENA (mis + ama)</b>
    <b>ATTACCO DORINA (mac)</b>

    <b>(10) DIFESA CLAY (murphy + ama)</b>
    <b>ATTACCO THOMA (milo)</b>

    <b>(5) DIFESA MIS (mis + adrian)</b>
    <b>ATTACCO SVEN (nina)</b>
  7. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    21 y.o - good boi
    16 y.o. - good doggo
    mckenzie hale
    mis jacksson
    «bravo cucciolone, però giocamo dopo eh.»
    Certo che era bravo. Il più, bravo. Avvicinò il naso umido alla faccia dell’italiano, gocciolando sangue e saliva sul collo del ragazzo con un basso ringhio gutturale, l’equivalente dell’occhiata truce nella sua forma umana. Quando fu abbastanza soddisfatto della propria non troppo velata minaccia, saltò nuovamente sul pavimento della grotta (che non era davvero una grotta, ma la sembrava) appiattendosi contro il suolo per arrivare di soppiatto alle caviglie di qualcuno. Quand’era in forma canina, il sapore del sangue non lo disgustava quanto in forma umana.
    Preferiva comunque le patatine, potendo scegliere. Si faceva quel che si poteva.
    Si scagliò contro uno dei tizi che sembrava essersela presa con uno dei suoi – da animale, sentiva meno limitante il concetto di branco appiccicato all’etichetta che il Jacksson dava solo ai ribelli, e poteva considerarli una squadra. Ish – zampe sollevate per spingerlo, se non a terra, almeno lontano dal ragazzo.
    Ragazzo che aveva una palla, su cui subito fiondò gli occhietti neri e lucidi scondinzolando piano e con intenzione. lancia lancia lancia lANCIA - spostò la propria attenzione quando si sentì osservato con un po’ troppa intensità, trovando uno dei mercenari a fissarlo. Era troppo lontano per fare alcunchè, quindi lasciò cadere pelo e zanne in favore della propria pelle. Nuda, come mamma l’aveva fatto. Non aveva il pudore tipico della società, ed avrebbe tranquillamente potuto rimanere supino al suolo con tutto al vento, ma Murphy non era della stessa idea: allungò un braccio per afferrare l’asciugamano (ora è canon) lanciato dalla geocineta, rotolandocisi dentro come un hosomaki fino a coprirsi completamente, ed afferrò uno dei sassi lasciati cadere disordinatamente sul pavimento. «minchia guardi» gomito piegato, e sassolino scagliato sulla fronte dell’uomo.

    Neanche soffocare era stato abbastanza perché lo lasciassero passare. Quella selezione era peggiore di quella all’entrata del Lilum. Battè le ciglia, ingoiando bile e saliva nel spostare lo sguardo dall’uomo agli ostaggi (… ma erano ostaggi? Non sembrava li stessero usando come… ostaggi) alle sue spalle. Cercò il segno di ferite evidenti, senza trovarne. «fanno sempre così?» Domandò, perché chiedere se potessero muoversi, gli sembrava un po’ superfluo, ed anche poco divertente. Se avessero potuto farlo, non sarebbero stati lì. Fece per puntare la bacchetta contro le manette della coppia più vicina (dado: 1), ma a giudicare dallo sguardo omicida del ragazzino biondo, fu un bene che non riuscì nel proprio intento. Quello che mancava loro, era un adolescente on a rampage che si facesse più male che altro. Kaz, meanwhile, leccava con un certo orrore la camicia hawaiana, cercando di togliere dal proprio volto quanto più sangue incrostato possibile. Non piangeva, ma quasi.
    «CLAY. CLAY! NON PENSARE A ME STO BENISSIMO STAI ANDANDO ALLA GRANDE»
    Beh. Almeno si erano tolti ufficialmente il dubbio se quelli fossero davvero loro o meno. Fu più o meno in quel battito di ciglia, che l’Hale alzò gli occhi per trovare quelli scuri di Reggie. Un sorriso a metà – triste, violentemente amorevole – e dita portate alla fronte in saluto, con un cenno del capo ad Adrian. «mi ha anche chiesto scusa» un dettaglio importante, considerando che avrebbero potuto morire tutti in qualsiasi momento.
    Non è che si stava facendo solo i cazzi propri, eh – quasi – perché mentre stava riflettendo su come aggirare il problema bad guys ed arrivare dai suoi amici, aveva anche avuto il tempo di evocare delle meravigliose corde di luce da far schioccare contro uno dei mercenari, strizzando il cappio attorno al suo collo per bloccarlo e trascinarlo a terra. Yeehaw? Ve lo dirò post fateggio.
    Tu sai che avevo bisogno d'aiuto,
    potevi pure mandarmi a fanculo
    Invece mi hai detto che gli occhi che indosso
    non sono mai stati più tristi



    (2) DIFESA MILO (ryu + mis): caricaaaa

    (14) DIFESA MIS (twat + mis): lancia un sasso
    ATTACCO SVEN (mac): cowboy funis (crea delle corde di luce) yeehaw

    CODICE
    <b>(2) DIFESA MILO (ryu + mis):</b>
    <b>ATTACCO JACQUES (ryu):</b>

    <b>(4) DIFESA KIERAN (kier + twat):</b>
    <b>ATTACCO PILAR (remo):</b>

    <b>(14) DIFESA MIS (twat + mis):</b>
    <b>ATTACCO SVEN (mac):</b>
  8. .
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    mckenzie hale
    mis jacksson
    Sfregò l’interno del labbro fra i denti fino a sentire il sapore del sangue. Strinse finché la fitta di dolore non lo costrinse a lasciare la presa, e massaggiare con la lingua la carne cruda e ruvida.
    La vita era proprio una cazzo di farsa.
    Credeva di averlo già imparato, Mckenzie Leighton Hale. Poi da un giorno all’altro
    (Reggie. Barbie. Corvina. Moka. Hans. Chelsey)
    l’universo ci teneva a sottolinearlo un po’ di più, strizzando i polmoni in risate che avrebbero quasi potuto sembrare singhiozzi. A chi doveva dare il culo l’anima per avere un maledetto anno sabbatico di ripresa emotiva e morale? Non era certo di possederne ancora una, ma era disposto a rischiarsi tutto quel che era rimasto fra una costola e l’altra, ed al peggior offerente, se significava una fottuta parentesi in cui gli fosse concesso respirare. Una pausa. Non chiedeva troppo, l’Hale – il tempo di rimettersi in piedi, sentirsi stabile, dormire qualche ora in più a notte senza essere svegliato da urla e morti e sangue e tutto quel sangue. Era così… così frustrante, esistere. Così - cazzo - frustrante, il cuore in gola ed il terrore compagno più costante della sua stessa ombra. Lo seguiva anche quando non c’era luce.
    Chiuse gli occhi e nascose il viso dietro il palmo. Nella mano libera, teneva una pistola con la canna contro il cemento. Una pistola. Mac! Ed aveva anche imparato ad usarla. Sarebbe stato divertente, se solo non gli fosse venuto da piangere e basta.
    In effetti, non era divertente neanche un po’.
    Tenne lo sguardo basso, incapace di sollevarlo e rischiare di incrociare lo sguardo di Ptolemy. Fra tutti, ed erano istericamente tanti, ancora il tasto più sensibile e vulnerabile, tenuto compresso fra senso di colpa e vergogna. L’argento di quella miseria andava a Lena, perché era passato un anno ed anziché migliorare era peggiorato: se non meritava prima l’orgoglio della donna, certo non poteva farlo dopo tutte le scelte dell’anno precedente.
    Tutti quei morti.
    Il bronzo lo concedeva un po’ a tutti. Con quelle spalle sottili dritte come se non avesse avuto alcuna preoccupazione al mondo, Mckenzie voleva sparire per almeno una decade senza più avere a che fare con nessun essere vivente, e possibilmente, una scorta di kleenex in cui asciugare la propria umana sofferenza senza sentirsi giudicato da nessuno.
    « Senti Mackenzie... » Le labbra si tesero istintivamente in un sorriso. Isterico, certo – non meno divertito. Mantenne gli occhi sulla punta delle proprie scarpe, seguendo piano il resto dei compagni come se quel Resort non puzzasse a tutti di trappola. Lo stavano facendo volontariamente.
    Qualcuno doveva pur farlo, d’altronde.
    Mckenzie Hale, signorx.
    «no, adrian, non mi piace la m-»
    «Non sono mai riuscito a chiederti scusa per quello che è successo mesi fa. Mi piacerebbe mettere da parte i dissapori, vista la situazione.»
    Oh. Oh?
    Corrugò le sopracciglia, lasciando che fosse qualcun altro a dettare legge e fare strada. Era un ottimo soldato, Mac; fin troppo zelante, si sarebbe potuto dire. Gli occhi grigi saettarono al proprio fianco per cercare Twat, cui rivolse un’occhiata interrogativa pur sapendo che il fratello non avrebbe potuto comprendere. Corvina e Reggie sì. Ignorò come rivedere l’uomo, avesse fatto scattare tutti i punti con cui si fosse tenuto a malapena integro. La scia di sangue alle proprie spalle, dopotutto, era rossa solo per lui.
    «la situazione» ripetè, lasciando che il sorriso tremolasse sulle labbra. Cioè, in guerra poteva imboccarlo, ed ora improvvisamente la questione era seria? Lasciò che lo sguardo si facesse divertito e leggero, prima di posarlo su Adrian. «grazie?» Non era arrabbiato? Ma bisognava sempre apprezzare l’iniziativa, quindi non avrebbe sminuito le sue scuse facendogli notare che no, non ce l’avesse con lui per il suo comportamento passato – avevano combattuto insieme, certe cose rimanevano… nello storico, ma senza rancore.
    Non dopo il resto, ecco.

    Mis Jacksson aspirò l’aria fra i denti. Forte. Un passo all’interno del Lotus, e tutti i suoi sensi erano scattati all’erta. Un brivido, fisico, lungo la schiena, lo costrinse a fermarsi e guardarsi alle spalle. Abbassò lo sguardo sul braccio esposto – indipendentemente dalla stagione, Mis girava sempre con pochi vestiti; quando si ricordava di metterli, memore che vivessero in una società composta da persone, era già un trionfo – notando l’istintiva pelle d’oca.
    Non gli piaceva.
    Un cazzo di niente, gli piaceva.
    (che non è qualcosa di reale, un concetto diverso dal monster kink di dara. Specifico)
    Sciolse i muscoli del collo a destra ed a sinistra, broncio così pronunciato da risultare l’emblema del mal di vivere di un adolescente medio, con la differenza che l’intensità emanata dal faunocineta, riverberava di tutti quei vecchi che bucavano la palla finita nei loro cortili ed imprecavano ai bambini in strada. Un paradosso molto peculiare; gli stava a pennello. Reclinò il capo, seguendo tutti i rumori provenienti dall’hotel.
    E sì, per Dio, rimase vicino a Murphy, prima che perderlo di vista le causasse un infarto. Aveva già troppe preoccupazioni perchè Mis diventasse una di quelle, e se poteva evitarle di lasciare orfani i gemelli, l’avrebbe fatto. La Skywalker gli piaceva così tanto, che le aveva anche concesso due dei suoi sassi per colpire Sinclair: punto. Degli altri, non poteva dire lo stesso.
    Chi cazzo erano. Come ci erano arrivati lì.
    Puntò gli occhi verdi su Wren e Ptolemy (mi fa troppo strano che non ti conoscano come Javi. Dude), assottigliando le palpebre a due fessure. Sapeva che avessero ottimi motivi per essere lì, ma non si sentiva… tranquillo, e odiava non sentirsi tranquillo, soprattutto nel caso del cileno ripieno di zucchero vecchio: erano stati nello stesso campo penso, eri spia no? per anni credo, non lavoravi negli uk ma eri nostro no?? e dai di questo sono sicura lo rispettava, gli piaceva. Parlava poco, era funzionale e pragmatico, non perdeva tempo.
    Ma lì dentro c’era Theo, e non sapeva se potesse fidarsi di due delle puttane di Abbadon. Senza offesa. Nulla di personale, eccetera eccetera.
    Ma poi chi cazzo erano tutti gli altri.
    Strinse i denti, trattenendo il respiro per evitarsi l’ennesimo ringhio basso. Spontaneo.
    Vibrava di rabbia non filtrata e paranoia, Mis. Vi dirò più, si sentiva anche del tutto giustificato. Cioè, si erano trovati fuori dal Lotus senza mettersi d’accordo, entravano nel resort come se fossero stati una squadra, ed il tutto senza manco sapere se sapessero usare una cazzo di arma? Come poteva essere certo, poi, che fossero dalla loro parte? Voleva prendere Clay, Kieran e Murphy e Twat, e creare il proprio mini rebel-branco.
    Invece no. Sembravano essere tutti d’accordo sull’essere una squadra. Okay.
    Branco con un lupo solo, fosse.
    Inspirò profondamente, trovando odori che non rispondevano a nulla di ciò che vedevano i suoi occhi. Cosa -
    Cosa.
    Hotel. Volantini. Ostaggi. Armi.
    Diaz-Kyle-Chelsey-Moka-GrifondoroRandom.
    Ma dove cazzo era quello stra minchione bastardo (secondo nome e cognome, rispettivamente) di suo fratello. Non rimase fermo sul posto, perché non era il tipo da pensare, Mis: lasciò che iniziassero a picchiarsi, fremendo per fare lo stesso e sgusciando nel mentre oltre tutti.
    Voleva sbattersene di tutti, infilarsi nei buchi (mlml) e scuotere Iris come una pignatta per chiederle se quella testa di culo del Kayne si fosse perso da fermo, ma prima di fare qualcosa di molto, molto stupido come infilarsi oltre le linee nemiche, vide alcuni dei suoi (compagni? mh. Diciamo… individui con cui condivideva degli interessi. Forse) Esseri Umani lanciarsi in un corridoio.
    L’idea di scendere non gli piaceva. Neanche un po’.
    Aveva scelta? Da qualche parte in quel posto di merda, c’era Theo. Aveva passato dieci giorni d’inferno, il Jacksson; un fottuto arto fantasma a mancare ad ogni passo e non.
    L’avrebbe trovato e picchiato così forte da fargli rimpiangere non l’avessero ucciso.

    [un meme “run” con gli ombrelli dopo]

    Battè le palpebre cercando di abituare la vista alla scarsa luce della stanza.
    cory & ciruzzo: chi cazzo siete
    barbie & styx: mai visti
    cybil & az: ok
    hans & avery: ? Ok
    hold & reggie: no
    marcus & sin: guardò Murphy.
    remi & nahla: zero dubbi
    roxie & rain: mh
    finn & liam: boh
    «kaz & theo» punto.
    First thing first, prese un sasso e lo scagliò verso Theo (1. lucky bastard) poi decise che si ERA ROTTO LO STRA CAZZO E LO STRACAZZONE, quindi dopo aver approfittato dei pollici opponibili per fare un dito medio al Kayne, si trasformò in cane.
    Si sentì subito meglio, al toccare il pavimento con quattro zampe. Si lanciò contro il primo tizio a tiro (non Adrian) per serrare i denti sul polpaccio e stringere come un bastardo, possibilmente lasciando l’impronta delle zanne come quella del rossetto di Angela sulla camicia. Poi, scattando veloce, saltò su un tizio random per atterrarlo.
    Fingeremo tutti sapesse fosse dei loro e non un nemico.
    «bau bau»

    Aveva salutato Corvina e Moka, Mac.
    Così, sapete, come fosse la cosa più normale del mondo. Aveva seguito Twat, perché non poteva perdere anche lui, e aveva salutato Corvina e Moka ed il resto degli ostaggi – giuro, agitando perfino la manina – perché non era evidentemente un essere umano funzionale. Cazzo. Mckenzie. Santiddio. Bro. Due. Homie. Ma che dovevi fare, quando vedevi qualcuno che conoscevi ed eri felice fosse vivo senza avere la possibilità di rimanere? L’Hale non lo sapeva, ed infatti aveva solo sfarfallato le dita.
    Aveva passato il resto della discesa a pensarci e rabbrividire. Se fosse morto, l’avrebbero ricordato così. Fantastico. Strepitoso. Una meraviglia.
    Ed eccoci alla SPA! Finalmente una piscina in cui affogarsi!
    «ho una pistola» annunciò istericamente, premendo la mano libera contro il naso. Ma quante – cosa – come faceva a sparare se c’erano – persone che facevano cose? Un respiro profondo, ed un passo verso Reggie. Hans. Barbie.
    No? Alzò lo sguardo sui tizi brutti. Ah, non poteva?
    Ma perché dovevano farlo incazzare, bAsTa, era sensibile, ed aveva pochi tasti dolenti ma quelli scattavano tutti. Strinse i denti, risoluto. Si schiarì la voce e picchiettò il catalizzatore contro la spalla dell’ometto. O donnina. O creatura umana che fosse.
    «scusi, dovrebbe. mh. Levarsi dal cazzo? grazie» bacchetta puntata, incantesimo pronunciato, era troppo forte a quel gioco.
    [remo che muore in background difeso dai pidies]

    Tu sai che avevo bisogno d'aiuto,
    potevi pure mandarmi a fanculo
    Invece mi hai detto che gli occhi che indosso
    non sono mai stati più tristi



    (15) DIFESA ADRIAN (adrian + mis): morde un polpaccio (è un cane.) DEL NEMICO NON ADRIAN
    (19) DIFESA REMO (twat + mis): caricaaaa (è sempre un cane.) (remo. carica remo)
    ATTACCO NIKO (mac): incanto soffuco (che è quello oscuro che soffoca. basic)



    CODICE
    <b>(19) DIFESA REMO (twat + mis):</b>
    <b>ATTACCO NIKO (mac):</b>

    <b>(15) DIFESA ADRIAN (adrian + mis):</b>
    <b>ATTACCO HAKKAI (nina):</b>

    <b>(12) DIFESA MAC (twat + ryu):</b>
    <b>ATTACCO PARISA (remo):</b>

    <b>(9) DIFESA RYU (ryu + adrian):</b>
    <b>ATTACCO QUINCEY (kier):</b>
  9. .
    kaz oh & mis jacksson
    well,
    that went horribly


    faunokinesis ✧ ivorbone, v ✧ 16 y.o.
    They'll kick you,
    then they'll beat you
    Then they'll tell you
    it's fair
    Mis Jacksson era del tutto intenzionato a farsi i cazzi propri per l’intera durata della lezione. Come ogni persona che ne avesse un estremo bisogno, aveva sempre odiato gli ospedali. Il fatto che all’interno di quelle mura non potesse diventare cane perché poco igienico, poi, certo non aveva aiutato né i suoi nervi, né l’umore, né la sua indole già poco collaborativa. La situazione era leggermente, marginalmente, migliorata quando aveva visto con chi avrebbe dovuto affrontare quella disgrazia (se Sinéad Mikahilova era la migliore amica di Theo, significava fosse perfettamente in grado di tradurre ed interpretare i grugniti, che era quanto Mis avesse da offrire quel giorno - e quelli prima, e quelli successivi, ma chi siamo noi per giudicare) ma non abbastanza da privarlo del broncio e le sopracciglia corrugate.
    Non si sentiva a suo agio, fra tutti quegli odori e quegli sconosciuti. Esattamente come il paziente di cui gli avevano smollato la cartella clinica – e sì, Mis credeva fosse un modo per snellire il lavoro del personale del San Mungo, come assumere tanti piccoli tirocinanti: tanto quanto gliene poteva sbattere, a loro, se qualcuno moriva nel mentre – era sovra stimolato dall’ambiente ospedaliero, muscoli tesi e sguardo guardingo. Attento ad ogni movimento all’interno della sala, e più concentrato sui camici bianchi che sul compito da svolgere.
    Aidon Rimemba, come nome sulla cartellina, non gli aveva detto nulla. Non ricordava i nomi – degli esseri umani; con gli animali, era una bomba – pur avendo una memoria infallibile per le facce, e non era il tipo di persona che tendeva a farsi più domande del necessario in merito a questioni che non lo riguardavano. Poi l’aveva visto, e nulla era cambiato nell’espressione del faunocineta: sempre seccato, e vagamente annoiato; sempre attento, ma mai sulle cose giuste.
    L’aveva riconosciuto, ed aveva finto di non farlo. Mentire era pur sempre la sua specialità, per quanto non fosse una delle sue attività preferite. C’erano situazioni che meritavano menzogne ed inganni, e la Resistenza era sempre stata la sua eccezione. Il fatto che conservasse segreti come punti di sutura, non significava che gliene sbattesse un cazzo di qualcosa – a meno che non fosse per la causa, ed allora da incurante diventava meticoloso, e personale.
    L’aveva visto al Quartier Generale. Rilesse la cartella clinica -
    effetti collaterali per oblivion andato male -
    e non si domandò se si trovasse al San Mungo perché avesse scelto di lasciarli, o se fosse stata una misura estrema per salvarli. Avrebbe comunque cercato di aiutarlo anche se quella fosse stata la conseguenza della decisione di abbandonarli, perché era fatto così: burbero e grezzo, ma sempre una mano allungata verso chi credeva lo meritasse. Più intelligente di quanto chiunque gli desse credito, nella consapevolezza che la Resistenza non fosse per tutti, e non fosse una colpa; poteva almeno dire che ci avesse provato, che era più di quanto chiunque altro su quel mondo corrotto potesse dire.
    Mini, di poche parole come piaceva a lui – era evidentemente che avessero in comune un Kayne, perché sarebbe stato impossibile averlo nella propria vita, ed occupare tanto spazio quanto faceva Theo: si tenevano sulle loro entrambi, Mini e Mis, e nel loro – gli sbattè sotto al naso la lista degli ingredienti per la pozione.
    E lo guardò. Senza neanche battere le ciglia. Ricambiò lo sguardo qualche secondo, permettendo ad un del tutto lecito dubbio d’insinuarsi nello sguardo verde muschio. Lui? Non sapeva un cazzo di pozioni. Era nato con la capacità di manipolare il mondo animale, ergo il campo di quel particolare tipo di magia, gli era sempre stato estraneo. Soprattutto, non era mai stato interessato ad approfondirlo: funzionava a risparmio energetico, e tendeva ad accumulare solo quanto potesse essergli utile, e potesse fare da solo. Sapere come creare un distillato, non l’avrebbe portato da nessuna parte, se non nel misero e banale atto di essere promosso in una materia scolastica – decisamente qualcosa che non poteva sbattergliene di meno neanche se l’avesse voluto intenzionalmente. Dopo qualche lungo, infinito secondo nel quale nessuno dei due sembrava deciso a proferire parola, ruppe il silenzio con un «sei tu la strega» dall’inflessione ruvida, perché non parlava da ore, e perplessa, perché non credeva che un mago gli avesse mai chiesto nulla in merito a qualsiasi cosa concernente il loro mondo. Compreso suo fratello, ma lui trascendeva la questione: Theo faceva solo domande sbagliate, e solo quando non gli serviva la risposta. Strappò comunque il foglio dalle mani della ragazza, osservandola ancora un paio d’istanti prima di concedersi la lettura degli ingredienti, e del compito richiesto per quel giorno. Aveva ascoltato i docenti solo passivamente, considerando che non solo non gliene piaceva neanche uno, ma non era interessato né alle loro materie, né a quanto avevano da offrire. Fosse stato per Mis, avrebbe frequentato solo strategia, perché leale al Crane fu responsabile spie, e CDCM, perché adorava le creature di ogni tipo, e Raphael (scusa prof, non ricordo come si scriva il suo cognome) gli andava abbastanza a genio. Passò la lingua sull’arcata dei denti, allungando la mano libera per sfogliare la cartella clinica letta ed abbandonata sul tavolino poco distante.
    «non so che pozione sia» esordì, dopo mezz’ora di meritato silenzio, ed intenso studio. «ma visto i sintomi» le indicò sulla cartella (mancanza di sonno, difficoltà a concentrarsi, ed esagerata reazione agli stimoli esterni? Poteva chiaramente essere l’anello mancante fra sé e suo fratello) la diagnosi dei guaritori. «ha senso ci siano zenzero, passiflora e menta. Sono tutti usati come rilassanti naturali. Antinfiammatori, calmanti, sedativi» si strinse nelle spalle. Flora e fauna non avevano segreti per il Jacksson, il cui destino era chiaramente quello di vivere sul cucuzzolo di una montagna, e sopravvivere alla natura da eremita. Sapeva lo zenzero fosse spesso usato dagli studenti, in quanto grazie alle sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie, aiutava nella concentrazione senza causare lo stato eccitato di caffeina e teina, rilassando i muscoli e dando uno stato di quiete serena; la passiflora, poi, era un finto sedativo per eccellenza, il migliore amico di chi soffriva d’insonnia o di quel genere di stanchezza che rendeva impossibile connettere i pensieri; la menta aveva numerosi benefici, anche se solitamente veniva usata in quantità così misere da risultare utile solo ad insaporire la bevanda e renderla rinfrescante. Eccezionale contro il mal di testa, if you even care. «mai presa una tisana?» domandò, trascinando le lettere e rilanciando la lista alla russa. «una volta, intrugli simili li bevevano direttamente dall’interno dei fiori. Orchidea, per chi poteva» il suo fun fact del giorno, perché aveva un certo non so che di fairy core che rendeva le emicranie adorabili. Accennò poi al loro paziente. «questo tizio ha solo bisogno di dormire» (nota d’autore: noi, amo)
    Punto, aveva già parlato troppo.
    Fu ben felice di lasciare le redini alla bionda (ma sei bionda? Per Mis sì) nel mettere insieme i pezzi della loro non murder board: trovare quale fosse l’ingrediente mancante alla pozione, prepararla – l’aveva osservata, senza aiutarla a meno che non fosse stato strettamente necessario – e risultare nell’insieme inutile, sì, ma perlomeno non un peso. Non rendeva più difficile il lavoro, Mis Jacksson; no, non lo facilitava neanche, ma comunque un’enorme differenza.
    Quando ebbe completato la pozione, lo guardò.
    Il Tibiavorio ricambiò l’occhiata, chiedendosi cosa volesse da lui: che la bevesse?
    «sai cosa dobbiamo fare ora?» Carina, a chiederglielo. Le sorrise, perché la risposta a quella domanda la sapevano entrambi: «no.»
    E fu così che Mis rimase a guardare la Mikahilova mentre agitava la bacchetta in movimenti concentrici sopra la pozione, mormorando una formula. Osservò il fascio di luce bianca sparire, e qualcosa tintinnò nel calderone. Mh. Si affacciò, osservando il bracciale sul fondo del paiolo. Perplesso, infilò la mano sotto la camicia, usandola come presina nel prendere l’oggetto ancora caldo, ed osservarlo alle luci al neon del San Mungo.
    Ne aveva già visti di simili. Non si era mai chiesto come funzionassero, o da dove arrivassero: sapeva che una volta applicato al polso, l’altro non avrebbe potuto toglierlo fino ad effetto finito, e che ogni tot, rilasciasse la propria sostanza, facendola assorbire all’individuo grazie al contatto con la pelle. Immaginava avesse senso che in quel caso specifico, fosse necessaria quella metodologia d’applicazione: anziché fare effetto tutto insieme, cosa che avrebbe fatto ingurgitando la pozione, si sarebbe diluita nel tempo, abituando il paziente al nuovo stato rilassato, e permettendo un sonno quieto ma non totalmente indotto.
    «sei brava in quello che fai» Non regalava complimenti, ed anche quella non la reputò propriamente una lusinga. Un dato di fatto, al massimo.
    Fine.
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    GRUPPO 1 – 3° PIANO NEUROLOGIA
    (sinead, erbologia + pozioni + mis, erbologia + trasfigurazione)


    CITAZIONE
    POZIONE GENERICA

    Paziente: Aidon Rimemba

    Sintomi ed evidenze: problemi di concentrazione, difficoltà relative al sonno, marcate e talvolta esagerate reazioni agli stimoli esterni

    Diagnosi: effetti collaterali per oblivion andato male

    ndF: vi manca proprio un ingrediente se volete finire la pozione

    lista ingredienti (1/2):
    1. zenzero (proprietà antiossidanti e antinfiammatorie, migliora le funzioni cognitive.)
    2. passiflora (proprietà sedative, e può aiutare a indurre il sonno)
    3. menta (proprietà calmante, contrasta affaticamento e mal di testa)

    CODICE
    <div class="card objs mago trasfigurazione">
    <h2>Potio Armi</h2>
    <p><b>Formula:</b> <i>armillami</i>. Utilizzato per trasfigurare le pozioni (funziona anche con i veleni, ma non con gli unguenti nè con i distillati) in bracciali. Questi bracciali, una volta applicati al polso del paziente, a contatto con la pelle rilasciano gradatamente il loro contenuto. Il mago che ha castato la trasfigurazione, può modificare il tempo di rilascio picchiettando la bacchetta prima su un timer, e poi sul bracciale. Il paziente non può toglierlo fino a che l'effetto non svanirà.</p>
    <h6><span>Verbale. Colore bianco. Con la bacchetta a pochi centimetri dalla pozione, compiere movimenti concentrici in senso orario fino a che non si addensa diventando un bracciale.</span></h6>
    </div>
  10. .
    nickname: #epicwin
    role attive:
    1. erin [06.01]
    2. kaz [07.01]
    3. stiles [05.01]
    4. barbie [07.01]
    PE accumulati sulla carta fidelity: 20
    scheda livelli:
    [gruppo 1 + 1b]: Maeve - Erin - Rea - Idem + Jane - Jamie - Fake - Melvin
    [gruppo 2 + 2b]: William - Lydia - Fray - Jericho + Poor - Kaz - Troy - Bennett
    [gruppo 3 + 3b]: Stiles - Arabells - Heidrun - CJ + Mood - Kai - Joe - Mis
    [gruppo 4 + 4b]: Hyde - Barbie - Yale - Mac - Stan
  11. .
    mis jacksson
    2043: mis jackson
    We've got ashes on our shoes
    And an outcast attitude
    We're all immune cos you know the truth is viral
    We might be the outsiders
    Indipendentemente da quante caramelle infilasse fra i denti, il sapore di sangue sembrava incapace di scrostarsi dalla lingua. Lo sentiva sulle gengive, il palato; l’interno della guancia. Prendeva meccanicamente un dolcetto dopo l’altro dal sacchetto poggiato al proprio fianco, pigri occhi verde bosco posati sulle fiamme del camino di una sala comune che gli apparteneva solo in parte - parte quantificata dall’ingombrante presenza sul divano alle proprie spalle – ma d’altronde, Mis tendeva a sentirsi ospite ovunque andasse. Different Lodge, non era da meno. I suoi momenti all’interno della società, e non ai suoi margini, riguardavano quasi esclusivamente l’esistenza di Theo Kayne. Non era certo che in mancanza del fratello, avrebbe mai partecipato al mondo. Perfino così, il tempo concesso al genere umano era limitato e tutto a sprazzi.
    Passò la lingua sull’arcata superiore dei denti, rincorrendo i granelli dolci e aciduli con espressione assente e distratta. Divisa scompigliata, era già tanto ne avesse una, capelli in disordine, labbra curvate naturalmente verso il basso. Aveva tutta l’aria di qualcuno che fosse al proprio posto solo quando intravisto con la coda dell’occhio. Funzionava solo ai bordi della pagina, il faunocineta, o circondato da così tanto verde da non sapere più dove fosse l’inizio, e dove la fine.
    Un reietto per scelta.
    Fece scattare la mandibola, cessando di ignorare il prurito al centro della fronte per concedere al compagno del Kayne l’occhiata che tanto sembrava cercando. Dalla parte opposta della stanza, lo stava fissando da quando aveva messo piede dentro la sala comune, senza neanche fingere. Apprezzava le bugie, Mis, quando significavano meno rotture di coglioni. Quella, aveva tutta l’aria di esserlo. Ne incrociò lo sguardo, mantenendo il contatto visivo senza esprimere nulla più di quanto avrebbe fatto un animale in gabbia: non era ostile, e non era amichevole. C’era quello che avrebbero voluto vederci, perché non funzionava sempre così? Mis si limitava ad esistere, e gli altri facevano di lui la narrazione che preferivano.
    «ad interim» Corresse, impassibile, cogliendo il soliloquio di Theo. Sembrava non lo stesse ascoltando, ma in realtà, come tutto, assorbiva passivamente ogni parola del Kayne, scegliendo di frequente di sacrificarlo in favore di memorie più utili. Non aveva neanche bisogno di dare un contributo alla conversazione: Theo parlava, e parlava e parlava, dandosi spesso sia domande che risposte, e Mis interveniva solo per correggerlo quando sbagliava congiuntivo, o inventava neologismi. Senza cattiveria, solo abitudine. Non abbassò lo sguardo dall’altro rosso-oro, attendendo fosse lui a distogliere l’attenzione per primo, o fare qualcosa in merito.
    Sapeva non lo volesse lì. Il mondo poteva anche aver cambiato regole, ma non significava che a tutti piacessero: Mis era uno special; in quella sala comune, dove passava abbastanza tempo da essere ritenuto un visitatore abituale, non ce lo voleva quasi nessuno. Indovinate a chi non fregava un cazzo? Assurdo, che bravi, come avete fatto a scoprirlo. Non era aperta sfida, quella sul volto del faunocineta, perché non gliene fotteva un cazzo di iniziare l’ennesima rissa – non così presto dall’ultima. Quella mattina stessa, in forma animale, aveva azzannato un compagno, strizzando la mandibola fino a perforare carne e muscolo. Perchè? Perchè sì, cazzo – un motivo lo aveva avuto, anche se sembrava non importare a nessuno. L’avevano calciato via, costringendolo a riassumere il proprio corpo; si era raggomitolato a terra sputando sangue sul proprio mento ed il pavimento di Hogwarts. Li aveva guardati attendendo che pagassero il debito, circondandolo a bacchette sguainate ed odio più feroce del suo ringhio. Neanche di quello, gli era importato nulla. Murphy Skywalker – security, special, ribelle - era intervenuta prima che la situazione potesse peggiorare drasticamente, affermando di non sapere chi avesse iniziato quella scaramuccia, e di conseguenza che l’unica alternativa fosse sbattere in sala delle torture entrambe le parti - Mis da un lato, tre maghi dall’altro; equo, come sempre. Avevano preferito andarsene. Non durava mai a lungo.
    «stai bene?» Una preoccupazione ed un monito che il Jacksson si era scrollato di dosso come un cane dal pelo bagnato, provando un mezzo sorriso ma sentendolo estraneo. Non gli capitava spesso di vergognarsi. C’era anche da dire che passasse davvero poco tempo in una forma in grado di provare vergogna, perché le statistiche potessero essere funzionali.
    «dovresti - » Lo sapeva. In qualunque modo avesse voluto concludere quella frase, Mis già lo sapeva, perché qualcuno glielo aveva già detto. «sì» e, con una mano a gesticolare vaga di fronte a sé, «scusa» andandosene prima che la Skywalker decidesse che meritasse una allarmata paternale in merito. Davvero non se le meritava, Mis; al contrario di Theo, faceva il meno possibile per finire in quelle condizioni.
    Ma cazzo. Ci tenevano proprio tanto, in quella scuola, a rompergli i coglioni.
    Continuò a guardarlo. Battè le palpebre, affatto impressionato dalla tenacia dimostrata dal Grifondoro: sapeva che quella gente avesse un super potere per risultare fastidiosa con la potenza di mille soli, e ne aveva una prova costante con suo fratello. Mis era stato temprato alle seccature esistenziali da Theo e Lenny, per scuoterlo dal suo torpore e suscitare una parvenza di risposta, serviva un minimo più d’impegno. Avrebbero potuto passare così il resto del pomeriggio, guardandosi con quieta ostilità, se altro non avesse titillato i sensi d’animale del Jacksson. Qualcosa di così innaturale da fargli corrugare le sopracciglia e tendere i muscoli della schiena, pronto all’azione. Si appiattì contro il divano, scontrandosi con il manico di scopa del fratello.
    Il silenzio.
    E le priorità cambiavano, in casi come quello. Se normalmente non era interessato alle questioni in sospeso che la gente sembrava avere con lui per l’unica colpa di essere vivo, certo non poteva che scendere nella sua scaletta d’attenzione quando accadevano cataclismi di quella portata. Distolse lo sguardo dal Grifondoro, azzardando un’occhiata sopra la propria spalla verso il Kayne. Stava… ? Ne studiò il profilo, corrugando le sopracciglia. Stava….pensando?
    «theo» Lo chiamò, perché da qualche mese era cambiato, e Mis faticava a stare dietro a quei cambi d’umore. Erano sempre stati diversi, ma non separati – non davvero. Iniziare ad esserlo, era stranamente… solitario, e non in maniera piacevole. Sentiva di averne perso qualche pezzo per strada, e non poteva fare a meno di domandarsi se per Theo valesse lo stesso. Certo, se avesse saputo che il problema di Theo Kayne fossero gli ormoni, lo sguardo non sarebbe stato così gentile e comprensivo – anzi, una testata e passava ogni male. Due per piacere personale. Ma che ne sapeva che fra tutti, tutti, i problemi che affliggevano la loro società, quello a masticare dall’interno Theo fosse una relazione amorosa con un ragazzo perfino abbastanza normo dotato. Quale sarebbe stato il suo prossimo dramma, la forza di gravità? «theo.» lo scosse piano, le dita sulla gamba. Reclinò veloce il capo, evitando l’impatto diretto con il piede dell’infame. Non lo morse, e pensò fosse molto zen da parte sua.
    «passami le caramelle»
    Ne prese una. La infilò in bocca, arcuando le sopracciglia intenzionale. «no» rispose, masticando con gaudio, invitandolo con un cenno della mano a sporgersi e prendersela come un essere umano funzionale. «qual è il tuo problema? Sei strano» passò il pollice sul labbro inferiore, guardando la polvere di zucchero raccolta poi sul polpastrello. «più del solito» una specifica del tutto necessaria, e priva di malizia.

    ivorbone
    faunok.
    15 y.o.
    outsiders
    au/ra
  12. .
    oasis combsvitifo i guess
    «e quindi... cosa si vince»
    «la coppa»
    «e ....?»
    «la gloria»
    «ma... qualcuno fuori da oguarz segue il quidditch scolastico?»
    «no»
    Oasis Combs era perplesso.
    Lui, che era diventato famoso per le sue thirst trap su Tiktok ed i video sui povs (gli avevano permesso di guadagnare abbastanza - ok, con anche un po' di only fans - da avere abbastanza soldi da pagarsi i Laboratori ed entrare nella cerchia dei vips) era ... confuso dalla mole di gente disposta a congelarsi per seguire le poco eroiche gesta di quattordici persone casuali. O dodici. Non era bravo in matematica. Non capiva niente di quello sport, ma non era una novità per il Combs, e non comprendeva perchè mai qualcuno la chiamasse competizione. Ma di cosa. Cioè, almeno negli hunger games davano come contentino una casa e del cibo, quelli avevano una coppa... di cui nessuno avrebbe mai saputo l'esistenza? Non potevano neanche rivenderla? Battè le ciglia, bocca spalancata in sorpresa.
    «sembra pericoloso»
    «lo è»
    «e allora.... perchè» guardò una delle palle cattive sfrecciare verso la Cercatrice Corvonero.
    «per il plot?»
    «AH, OCHEI» e finalmente tutto ebbe senso.

    whistle
    flo rida
    living in the middle between the two extremes
    (eliandi's version)
  13. .
    mis jackssonvtifo i guess
    Mis sapeva che se il cappello parlante avesse avuto voce in proposito, ai tempi giusti sarebbe stato smistato nei Tassorosso. Non aveva i sorrisi che lo stereotipo presupponeva avesse, nè la leggerezza con cui, leggenda narrava, i giallo-neri affrontavano il mondo, e di certo peccava nella fiducia che avrebbe dovuto contraddistinguere il lavoro di gruppo, ma era un lavoratore onesto. Dedito, perfino. Un esecutore efficiente che, potendo, non faceva domande, e con una lealtà che spesso trascendeva la venerazione entrando nel campo religioso. Concessa a pochi, quel tipo di devozione, ma sempre presente - e, soprattutto, Mis non era il genere di persona che alla prima difficoltà cambiava strada, o in grado di lasciarsi qualcuno alle spalle. Si era ustionato metà del corpo, ed ancora ne portava i segni, per salvare un gatto in un edificio in fiamme, e già quello avrebbe dovuto essere sinonimo di quale fosse la sua cravatta. Ecco perchè, potendo scegliere, avrebbe giocato a Quidditch con loro.
    Anche se, a vederli in campo, qualche dubbio gli veniva.
    Reclinò il capo sulla spalla, seguendo l'azione in corso e cercando di dividere equamente la propria attenzione fra tutte le palle in campo - era un cane, gli veniva difficile.
    «*verso inintelligibile di interesse*»
    come a little closer
    cage the elephant
    living in the middle between the two extremes
    (eliandi's version)
  14. .
    mis jackssonvtifo i guess
    Chissà se doveva prendere appunti su come non giocare. Se doveva approfittare dell'assoluta mancanza di empatia ed interesse per quanto stesse accadendo in campo, per notare gli errori ed i punti deboli di quelli che, immaginava, sarebbero diventati i suoi avversari. Mis non era abbastanza lungimirante per programmare in modo così specifico la sua vita, e quindi, seppur interrogandosi vago su come avrebbe potuto usare quel tempo in maniera più utile e pertinente, non fece nessuna delle due cose. Così come persistette nel rimanere impassibile: non una canzone uscì dalle labbra serrate del Tibiavorio, e nessuno striscione rosso-oro per chiarire da che parte stesse.
    Anche perchè non tifava per i Grifondoro. Era lì solo perchè il Quidditch gli piaceva, e per Theo.
    Cosa aveva capito dall'inizio della partita? (Niente, come Sara) Che i Serpeverde battevano più duro, ma i Grifi volavano più veloci, ed avevano ventose al posto delle mani. Chissà se avrebbero avuto la stessa fortuna con il boccino. Forse no, visto che stavano per atterrare (1+1 predict first comment) il Cercatore rosso - oro, o almeno così gli sembrava. Forse doveva fregare i binocoli al tizio davanti, e dare loro un miglior uso.
    «hhh» muta, sempre perchè mi serve il parlato. E questa è l'ultima volta che tuo fratello viene a fare il tifo per te, bro. Troppo anti social per i post randomici del cheerleading +0.5.
    come a little closer
    cage the elephant
    living in the middle between the two extremes
    (eliandi's version)
  15. .
    mis jackssonvtifo i guess
    Se non si trovava sugli spalti in forma animale, era solo perché voleva che suo fratello vedesse il suo viso nella folla, quando immancabilmente fosse precipitato, o il suo sangue fosse piovuto sul pubblico. Non aveva lo stesso aplomb di Lenny nel rinomato sguardo del maggiore Te l'avevo detto, coglione, ma nella scala del giudicante, era comunque superiore al Kayne, e pronto a far valere il suo posto da fratello minore nel godere delle sofferenze del Grifondoro. Battè lentamente le ali allungate pigre al proprio fianco occupando buona parte della panca, spingendole al limite per farsi, se possibile, ancora più posto. Gli piaceva passare inosservato, ma preferiva di gran lunga il rispetto degli spazi personali. Ne necessitava tanto, in caso ve lo steste chiedendo. Di solito intere stanze, ma si accontentava di qualche sedile di distanza dal resto dei suoi (ma lo erano? per quanto ne sapeva Mis, erano tutti intrusi) compagni. Si aiutò con i denti ad aprire un pacchetto di mini pretzel, sputando la plastica nel palmo della mano perché era un ecologista. La partita era letteralmente appena iniziata, e il bolide già cercava suo fratello.
    «noiii» senza sorridere, perché non stava scherzando per niente. Lo capiva. D'altronde, non si aspettava nulla di meno dal sangue del suo sangue - ed infatti già si vedeva l'anno seguente, quando si fosse deciso ad accettare la vicinanza del genere umano abbastanza da unirsi ad una squadra, a fare la stessa mis-erabile fine.
    Pensò che se l'avesse preso in testa, non sarebbe cambiato niente rispetto alla norma, a meno che un miracolo non gli avesse fatto pullare una Homer Simpson con il crayon nel naso. Sperava di no: amava suo fratello disadattato e stupido.
    «ehi.» persona random seduta di fronte a lui, verso cui si chinò. «chi tiene le scommesse?» se poteva fare un po' di soldi sulle spalle di Theo, l'avrebbe fatto.
    come a little closer
    cage the elephant
    living in the middle between the two extremes
    (eliandi's version)
29 replies since 26/12/2022
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