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.boo-hoo@cryabout_it@JustStatingFacts io dico mercato nero ed asta segreta. tu? #totoscommessehh.mm - gg/mm/aaaa - powered by twizard
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ancora 3 poi la smetto giuro . HTML<i class="fas fa-angle-right" aria-hidden="true"></i> [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=62893705]a world covered in cables was never wired to last[/URL] ft. jane [nov. '23 - atrium] -
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when nov. 2023 where atrium who abby's bitch ludens Spostò la bacchetta di plastica del caffè da un lato all’altro dei denti, Jane Darko. Seduta su una delle panche dell’Atrium del Ministero, si dilettava nel suo passatempo preferito, che null’altro poteva essere se non osservare il genere umano: il libro di antropologia sociale sul quale lavorava da anni, aveva tutta l’aria di poter diventare una saga, infinita come la storia con il drago peloso e parlante. A scanso di equivoci, non era impressionata. Era affascinata, intrigata; conquistata, anche se non sedotta. Ma impressionata? Nulla faceva spalancare gli occhi di Jane, bocca dischiusa in sorpresa.
(Neanche morire.)
Aveva visto il peggio delle persone, l’elettrocineta. Raramente il meglio; tendeva ad essere meno interessante, quindi le andava bene così. Poggiò il mento sul ginocchio contro il petto, rotolando assente gli occhi azzurri da un individuo all’altro cercando dettagli su cui costruire le proprie deduzioni: un occhio nero sul quale inventare la rissa del secolo, ed i vestiti strappati su cui sentire le note di un video musicale anni ‘90 ; la voce asciutta di chi si era già arreso, e quella squillante di chi non sapeva accettare un no. Sollevò appena lo sguardo su uno dei Ministeriali fermato dal solito vecchio che si era smarrito e non sapeva dove dovesse andare per denunciare un furto, perché di questi tempi, non è più chiaro a chi debba rivolgermi! DOV’è IL GOVERNO TRASPARENTE!, e non potè fare a meno di sorridere nel notare l’espressione stanca dell’uomo in giacca e cravatta. Quel sospiro, lo sentì quasi sulla pelle.
Jane, ma tu perché sei lì?
Noia. Ricerca d’ispirazione. Era un’artista, ed il mondo la sua musa. Per quanto il Cheshire le desse materiale di ogni genere, talvolta bisognava uscire da un ambiente familiare per trovare la storia del secolo. Non progettava di scrivere articoli – non più – e non aveva in mente un preciso capitolo della propria antropologia da ampliare – non ancora – il che rendeva tutto un’opportunità. Avere degli obiettivi poteva essere utile per qualcuno, ma per Jane, le tele bianche erano sempre state la parte migliore di un’opera.
Non le veniva difficile passare inosservata, perfino con il recente storico che l’aveva vista distruggere Kyoto: i giornali riportavano il volto di Gabe, non il suo. Chi non la conosceva personalmente, non faceva la connessione con l’incidente, anche se Jane non aveva fatto nulla per nasconderlo – anzi, trovava fosse un’ottima pubblicità, ed i clienti del Cheshire la conoscevano come quella persona indipendentemente da quale faccia avesse. Essere il cattivo non era male; poterlo essere solo ogni tanto, era anche meglio.
No, Jane non aveva remore di coscienza in merito a quanto accaduto.
No, di Abbadon, non gliene strafotteva un cazzo. Ci aveva provato, quando avrebbe potuto fare la differenza; si era arruolata in una guerra assurda per una questione di principio. Ci era morta, e manco da martire. La sua inutile parte, l’aveva fatta. Lo spettacolo era andato avanti: tanto valeva darsi al soliloquio, e scegliere di far parte di quella società solamente quando le andava.
Serrò i denti attorno al bastoncino, il bicchiere di caffè scadente ormai vuoto e dimenticato nel palmo. Chiuse gli occhi cercando di seguire i discorsi, e si annoiò in fretta, riaprendoli su un mondo sempre uguale. Era assurdo. C’era stata una guerra che aveva devastato e demolito il mondo così come lo conoscevano; i babbani sopravvissuti erano stati ridotti in schiavitù, ed i Laboratori erano a pagamento; milioni di persone erano morte.
A quella gente, non importava.
Ciascuno ad avere i propri, superficiali, problemi – dove chiedere i sostegni al reddito, a chi rivolgersi per una truffa su artefatti magici – trascinando la loro vita fra morti e macerie pensando che perlomeno, perlomeno, non fosse toccato a loro. Gli interessava la questione degli special? Dei Ribelli? Jane credeva sinceramente che la risposta fosse no: quelli erano problemi che riguardavano più la politica che il cittadino medio. Il normo, prendeva quel che passava il convento, lamentandosene davanti ad una birra e senza alzare un dito per cambiare le cose. Gli andava bene, quel che veniva scelto per loro.
Tutte le persone sedute a quelle panche erano lì per qualcosa. Qualcuno era accompagnato dai Cacciatori, le manette strette ai polsi. Qualcuno attendeva che i Legionari si liberassero dai loro impegni per essere scortati al piano superiore, a fare solo Dio sapeva qualcosa. Alcuni, dall’espressione cauta e pallida, sembravano doversi affacciare ad interrogatori con gli Antepavor.
Inspirò. Si disse che magari, per rendere la situazione piccante, avrebbe potuto salire al piano della sicurezza, ed inventare una storia sul quale farli indagare. Trovava sarebbe stata comunque una perdita di tempo minore rispetto alle storie altrui, che per quanto reali, erano superflue come la loro esistenza su quel piano.
Sorrise, Jane. Battè le ciglia corvine, reclinando il capo all’indietro e lanciando infine un’occhiata di sottecchi alla persona che aveva preso posto poco distante da lei – ma non sulla sua panchina, aveva notato; poteva anche passare inosservata, ma qualcosa nel subconscio di quegli sconosciuti doveva comunque averla etichettata come diversa, perché nessuno aveva occupato quella panchina per ore. - offrendo un mite cenno con il capo.
«prima volta?»jane
darkoAnd I don't feel secure no more
Unless I'm being followed
And the only way to hide myself
Is to give 'em one hell of a showgif: kitherondale.tumblr.com
i panic! at (a lot of places besides) the discoi see it, i like it, i want it, i got itSPOILER (clicca per visualizzare)ancora???? sì. ORDUNQUE.
Jane è al Ministero a (fare: niente) osservare la fauna locale. Seduta sulle panche dell'atrium, perchè ho deciso che abbiamo delle panchine (...)
e approccia qualcuno che è lì in attesa (o chissà, forse si sta facendo una cultura come lei) di ... qualcosa. Letteralmente qualunque cosa. Nel post ho scritto esempi casuali, ve li offro anche qua come spunti di riflessione - gente arrestata, perchè no; nuovi specialini che aspettano i legionari; qualcuno che deve andare a deporre al wizengamot, o a farsi interrogare dagli antepavor; mah, potete anche essere studenti in cerca di tirocinio, o lavoratori del ministero che si fingono clienti perchè sono stanchi ed in pausa e odiano i colleghi (.), qualcuno che deve andare a fare un colloquio - ma sentitevi liberi di improvvisare, il mondo è vostro!!! -
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Jane Darko l'intruso misteriosoEverybody wants to be interesting
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Tell me, what makes you different?Minchia, che botta di vita. Mossa a compassione, Jane aveva fatto cambio posto con il disperato Lapo Linguini, concedendo il posto al fianco di Check in favore della MILF. Visto che la parità di genere non esisteva e Jane era una privilegiata, la sua esperienza al 4B fu ben diversa da quella dell'italiano. Importante notare come fece subito amicizia con il cagnetto dei vicini, Heart eyes and all. Coccole e tentativi di fuga. Vabbè.
Poi inevitabilmente accadde. La morte la raggiunse alla stessa velocità dell'intercity 104 in grado di recuperare 75 minuti di ritardo, facendola collassare sul posto nelle posizioni meno ergonomiche di tutte. Toccò il fondo quando si svegliò seduta, perfino quasi civilmente, con il cappuccio calato in testa e stretto fino a che a che dal buco ne uscisse solo la bocca - un rubinetto dal quale colava ritmicamente bava come al suo amico cagnetto bianco. - una visione degna di qualunque film dell'orrore. Tanto che la milf, mossa a compassione ed impaurita, si spostò di fronte offrendole il posto libero contro il finestrino. Non bastò a frenare la creatività con cui Jane Darko poteva riposare le membra stanche, ma almeno le permise di, effettivamente, dormire.
Non avrebbe saputo dire per quanto neanche con il senno di poi. Quaranta minuti, un'ora, cinque settimane.
A svegliarla furono i gemiti.
Inaspettati come il carretto del caffè, indesiderati come l'aria condizionata (ma davvero lapo non sentiva un cazzo?? assurdo, Jane ibernata come ll Cairo post Justin). Confusa, Jane si scrollò cercando la fonte di quel suono ripetuto e poco appropriato, trovando come capro espiatorio il vecchio del cane.
così. unprompted. dormiva ed emetteva versi casuali, alcuni più imbarazzanti di altri. Dato che la moglie non faceva una piega, Jane dedusse fosse normale amministrazione per loro. Battè le palpebre confusa, ancora e sempre, quando Check e Lapo si materializzarono al suo fianco.
«siamo a bologna» come se spiegasse tutto.
....Lo faceva? Blink, blink. Si mise a sedere, poggiando parzialmente la schiena su Lapo, pronta a tornare a dormire come il buon Check Vibe di fronte a lei.
«-3 e mezza??» o comunque quattro e mezza?? Ancora non l'aveva capito.
«lapino ma davvero non hai sonno?» - Jane, già pronta ad abbandonare i suoi amici di viaggio per tornare nello spazio onirico.
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Tell me, what makes you different?«non rientro nelle categorie protette, purtroppo» Era proprio qualcosa che avrebbe detto qualcuno che rientrava nelle categorie protette, e Jane guardò Check Vibe con quella languida consapevolezza negli occhi blu. Le ciglia di Check bagnate, lo zaino stretto al petto come una coperta di Linus, ed una pelle grigia e tesa che avrebbe fatto invidia al padre di Ictus (okkydylynch) «mi fido» derogatory, con un sorriso appena accennato sulle labbra. Distolse lo sguardo dal suo vicino per posarlo su un punto imprecisato del tavolino grigio di fronte a sé quando 6D e 6C iniziarono a diventare inopportuni come Lele con il pompage. A parte che continuavano a farle piedino, e si trattenne dal dire che non fosse interessata ad unirsi al menage a trois, ma poi anche meno amoreggiamenti. bacini sul naso? Muah muah muah? Era già strano normalmente, figurarsi quando ogni bacio e ogni frase d'amore biascicata con solo metà bocca ed in [linguaggio del sud perché al nord non lo parliamo]. «niente stanza? siamo informatissimi sulle casse eh. treno, nave, sempre mezzo di trasporto» cercò di incastrare la gamba contro il tavolino, ma non funzionò, w solo dio e i radunanti sapevano quanto fidget fosse qualcuno che non riusciva a incastrare la gamba cercando di sfasciarsi i legamenti. Optò per la mansplain era. Appoggiò la testa al sedile, posando lo sguardo sulla madonna del 7B: cappuccio, cuscino, e probabilmente già morto. Ecco il primo caduto del 104 express.
Eh vabbè.
«ma non possiamo buttarci? chiedo. sono già stanco e siamo all’inizio» Mood, ma in effetti, guardando l'ora poteva dire «-7 ore» che detta così non era bella, ma almeno sincera. Guardò di sottecchi Check, come se avesse saputo che nel suo cuore non potesse tollerare altre sette ore con lei, quasi glielo avesse già detto una settimana prima. «ma scusa. i vecchi con il cane? guarda che prima ci stavano dando ragione, e lui è stato anche l'unico cristo che mi ha aiutato con la valigia. sono gli adolescenti il problema» indicò la tizia confusa del 4C. «ma il controllore ha detto che scende a Bologna quindi va bene così» Il problema era, come sempre, il sistema.
«e vi dirò di più» ah sì? «ho un po' fame. facciamo già merenda?»
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Jane Darko l'intruso misteriosoEverybody wants to be interesting
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Tell me, what makes you different?Jane Darko abbassò lo sguardo sulle mani, impegnate a tenere tre bottiglie, una giacca di jeans, una felpa, facendolo poi scivolare sull'enorme zaino nero ed il trolley ai propri piedi. Impassibile, se non per la nota vagamente dispregiativa, alzò gli occhi blu sul Signore dei Treni alla porta della carrozza 3. Non bastava che il treno fosse in ritardo di un'ora, e che fossero le due di notte: era anche necessario bloccarli all'entrata per controllare loro il biglietto. E avrebbe anche dovuto zoomare lei sul QR code. Abby l'aveva resuscitata senza dotarla di una mano bonus, e Jane lo trovava piuttosto seccante. Avrebbe avuto sue notizie.
Battè le palpebre, faticando a scollare le ciglia fra loro, un'occhiata di sottecchi ai due tizi vicino a lei. Li aveva già visti, avevano la familiarità di peni d'ombra e discorsi sui lubrificanti, ma non avrebbe saputo dire dove. Tinder? Sperava di morire prima anche Jane.
E quindi salirono sul treno.
Vecchi.
Adolescenti.
Ed i loro posti occupati da altri.
Persone che parlavano. Controllori che non controllavano. Jane Gabriel Darko che pensava ai gattini morti per non ridere in faccia allo sbiascicatore seriale che occupava il posto che avrebbe dovuto avere Lapo Linguini, perché non era rispettoso - però 104 davvero. L'elettrocinetq ai domandò se fossero finiti mascotte di un viaggio dell'anfas.
Si distrasse accarezzando il cagnetto, mentre Check litigava per le valigie e Lapo fingeva di essere morto. Seguì il flusso, perché erano le due e non dormiva da cinque anni, sedendosi con tutti i suoi averi incastrati in ogni pertugio.
Guardò il 6D e il 6C.
Poi Check, per dirgli:
«ma tu sei con loro?» perché gli sembrava una domanda importante. E dato che sentiva Lapo vibrare nell'etere, «evita il contatto visivo con la figlia, gli adolescenti sniffano la paura come droga da pandi» lui avrebbe capito.
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.CODICE<tr><td>Bennett Meisner</td><td>150</td></tr>
<tr><td>Mood Bigh</td><td>165</td></tr>
<tr><td>Kaito Kageyama</td><td>168</td></tr>
<tr><td>Mis Jacksson</td><td>172</td></tr>
<tr><td>Poor Withpotatoes</td><td>181</td></tr>
<tr><td>Joe King</td><td>182</td></tr>
<tr><td>Kaz Oh</td><td>192</td></tr> -
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finalmente il casinò. daje daje
a quo vadis!CODICE<span style="font-size:10px;color:#9a8873"><b>➝ CHESHIRE:</b></span> [URL=?t=57872444]Jane Gabriel Darko[/URL] -
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➡ nome negozio: Cheshire
➡ genere: (libreria/caffetteria/gelateria ecc) casinò
➡ descrizione:CODICEDi certo il <b>Cheshire</b> non è stato pensato per passare inosservato, malgrado la sua posizione non sia centrale o favorita dai turisti, sia da un punto di vista etico che meramente architettonico. Un lavoro di squadra che ha richiesto <i>volontari</i> di ogni genere, maghi e special, esperti e <i>tirocinanti</i>, e che alla fine ha portato alla costruzione di qualcosa di... indubbiamente diverso. Le pareti esterne, tinteggiate di bianco, sembrano fungere da faro nelle notti più buie, attirando i disperati vagabondi di Quo Vadis come falene alla fiamma. Superata la scalinata - in marmo, ovvio - ci si affaccia su un tappeto rosso che conduce all'entrata, e un antro <i>completamente</i> oscuro. La tenda scura impedisce di spiarne l'interno. L'unico modo per scoprire il Cheshire, è entrandovi, sempre che il draghetto di guardia ve lo conceda, e dopo di lui i bodyguard del locale. Entrati al casinò, potrete scambiare il vostro denaro per fiches sul lato sinistro dell'ambiente, oppure spendere i vostri <i>risparmi</i> in cocktail <i>più o meno</i> fancy sul fondo del primo piano. Alla destra, invece, ci sono i tavoli verdi dove potrete giocare alla roulette, o a blackjack. Contro il muro, ci sono perfino alcune macchinette. La stanza è elegante senza risultare pacchiana, ma al contempo ha dettagli <i>improbabili</i> che non smettono di stupire i clienti, perfino quelli abituali. Cose assolutamente <i>random</i>, spesso acquisti dei locali vicini che cozzano di molto con il resto del Cheshire - fossero i sextoys comprati al Linguinis, o statue dal SUB - ma su cui non ci si pone davvero delle domande, perchè nel complesso sembra avere tutto senso. Al piano inferiore c'è anche il retro del locale, dove si svolge tutto un altro genere di affari - contrabbando, riciclaggio di denaro, droghe - ma solo i <i>veri intenditori</i>, o chi del mestiere, sanno della sua esistenza. Il piano superiore è riservato ai <i>VIPZ</i>, ed offre un servizio personalizzato a tutti i clienti, con un cameriere ad personam che riempie sempre il bicchiere di champagne, ed i tornei di poker migliori.
➡ proprietario e commessi: Jane Darko (proprietaria) + (candidature aperte, ci serve tutto eh) (vi confermo chi c'è quando lo scopro)
➡ dove si trova? Quo Vadis -
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gabe darko Does the devil get scared if she dies in her dreams,
while the earth burns?
She cries cause she's nothing like you, is she like you?
What do you want from a devil like me, am I like you?Raramente Gabe aveva voluto più di quanto avesse. Era un ragazzo semplice che tendeva a bastare e bastarsi, e che le pretese le lasciava a chi avesse soldi per permettersele e pochi impegni. Era un osservatore, un curioso che viveva in un sistema tutto personale e distaccato dal mondo reale e concreto in cui si muovevano gli altri: i loro problemi tendevano a non coincidere con i suoi, di problemi. C’era chi si dannava domandandosi come sarebbe arrivato a fine mese, ed un Gabe nell’angolo della stanza a sollevare gli occhi blu al cielo riflettendo se fosse o meno in grado di pensare a colori. Priorità sballate, sorrisi storti e leggeri.
Non desiderava ardentemente degli amici. Ancor più lontana l’idea di una relazione. Le interazioni con il resto del genere umano, erano sempre migliori sulla carta che vissute fra i polpastrelli.
Ma guardava Eugene Jackson e voleva poter ricordare. Voleva avere un quarto di memoria del Fergie che seguiva i dettami di Delilah come un profeta il suo Dio, finendo costantemente vittima dell’uno o dell’altro dei maggiori – con l’uno, e con l’altro. - ricordare l’odore dell’olio a impiastricciare le mani del padre, e come la madre avesse smesso di dirgli di non disegnare sui muri limitandosi a sospirare e chiedere almeno, almeno, di evitare parolacce. Voleva essere in grado di sostenere lo sguardo del professore con coscienza di causa, permettergli di prendere parte del proprio fardello e dividerlo equamente a metà perché così si faceva in famiglia, ma Gabe non poteva lasciarglielo. Non poteva e basta.
A dire il vero, non l’avrebbe fatto neanche Fergie. Potevano anche averlo cancellato e riscritto, ma le caratteristiche principali le aveva ereditate uguali alla prima stesura: occhi azzurri come il mare in cartolina, ed una gran testa di cazzo. Voleva solo lo… sapesse, così che non arrivasse dal nulla.
«quando arriverà quel momento, bubi—non dovrai nemmeno cercarmi. sarò già li»
E quello. Proprio quello, anche se non l’aveva chiesto e non aveva intenzione di farlo. Fu ovviamente il primo a distogliere lo sguardo, posarlo distratto su una crepa particolarmente affilata dello scalino di cemento. Labbra spinte tutte da un lato, un dito incastrato fra il piede e la scarpa. Da qualche parte, una coscienza che neanche era più certo di possedere, pensava non fosse corretto da parte sua volere che non lo lasciasse solo; dall’altra, era pur sempre un Jackson e gli sembrava il minimo sindacale, qualcosa che neanche meritasse di essere discusso.
Li chiuse, quegli occhi lì. Per poco ma lo fece, accartocciandosi inconsciamente su se stesso quando il maggiore posò leggero le dita fra i capelli scuri. Non si era mai sentito così… giovane quanto in quel momento, Gabe. Concedeva a Narah di prendersi cura di lui perché sapeva Nah ne avesse bisogno, non perché ne avesse bisogno il Darko. Era diverso.
Non gli piaceva particolarmente. Si permise comunque quell’istante di morbidezza, perché talvolta doveva capitare anche a lui, ed immaginava di esserselo anche fottutamente meritato.
«tutto quello che vuoi»
Annuì, forzando sul fondo della gola la saliva che sentiva incastrata a metà. Quando aprì gli occhi li sollevò sul cielo grigio dell’alba, affidando al profilo della luna uno specifico tipo di rabbia che non sapeva portare con sé troppo a lungo. Si asciugava in fretta, come una chiazza d’acqua al sole. «fa veramente schifo, porca miseria» Appiattì la guancia sul ginocchio, sorridendo della risata ruvida dell’altro. «l’ho presa da spaco» con mani veloci e la tattica distrazione made in Jackson che rendeva ogni crimine un’opera d’arte. Più facile decidere che stessero parlando dell’alcool, piuttosto che di tutto il resto.
Quello che aveva da dire, l’aveva fatto.
«bro? tutto quello che vuoi»
Così annuì ancora. Umettò le labbra e volse il viso dalla parte opposta, lasciando sui jeans una linea smezzata ed umida. Faceva male qualcosa, a Gabe – non voleva indagare su cosa fosse.
«bella» e quello era quanto avesse da dire in merito, signori e signore. Drizzò la schiena con un sospiro pesante, alzando le braccia per sciogliere i muscoli contratti. Porse il pugno ad Euge, perché c’era forse un altro modo al mondo per suggellare una promessa? Il mignolino, forse, ma il Darko era più da nocche contro nocche, dita a sfarfallare nell’aria, ed il più vago dei sorrisi a curvare gli angoli delle labbra.
«e quindi avete vinto. venduti» schioccò la lingua sul palato, prendendo la bottiglia dalle mani dell’altro e dandogli una leggera spallata. Avrebbe dovuto importargli di più, dargli più peso, ed affrontare la conversazione con la serietà che meritava, ma aveva già espiato le proprie colpe morendo. Pensava di poter fare un po’ quello che cazzo gli pareva, pensa te. Rimase in silenzio riflessivo un paio d’istanti, ingoiando la brodaglia che si era portato sin lì senza neanche leggere l’etichetta. Meglio così, probabilmente – non voleva sapere cosa contenesse. «ora che sono la puttanella di abby, il cheshire diventerà un locale elitario» le priorità erano chiare, e l’inizio del proprio impero era in cima alla lista. Aprì il palmo, chiedendo silente una sigaretta al suo bro. «vuoi un biglietto vip? Giusto perché sei te. Offerta a scadenza, poi ti tocca la waitlist come per i biglietti del tour della swift» faceva anche rima.
Battè le ciglia. Altro silenzio. Occhi blu ad osservare un unico filo d’erba solitario fra i crateri della strada di fronte a loro. «se abbadon mi ha riportato in vita, significa che ora è mio padre?» d-d-daddy?gif code 20
y.o.electro
kinesisjackson core -
.SPOILER (clicca per visualizzare)CITAZIONEnon so spiegarlo ma mac e mort (Mac canta)
COSì VERO E REALE.
Allora. Per vostro immenso dispiacere, interrompo la rubrica "perchè ascoltare i nothing but thieves" per iniziarne un'altra: avete presente il trend di tiktok "vi convinco a leggere un libro con solo una frase"? No? Beh, allora forse su instagram deve ancora arrivare (.). benvenuti ufficialmente alla mia versione: vi convinco ad ascoltare una canzone con una frase.
Oggi abbiamo i the neighbourhood vrs perchè sono in quel mood.
Prenderò tutte le mie canzoni preferite (che trovate nella mia plyalist su spotify :cuoricini:) e basta perchè non sono così filantropa.
No more gatekeeping.
Saranno frasi particolarmente significative? Forse. O forse sono solo pinnabili. O forse mi piacciono nel brano per la loro musicalità. Forse sono solo iconiche e basta. Y'all mind your business.
1. AFRAID
You're too mean, I don't like you
Fuck you, anyway
2. LEAVING TONIGHT
And I, I figured it all to be love
But this isn't lovely
3. WIRES
You knew the game and played it
It kills to know that you have been defeated
4. BABY CAME HOME
She left me alone and without
Skin I could study about
5. FEMALE ROBBERY
I'm sure they figured it out, early on
That I would never run
That they could shoot but that's no fun
6. LET IT GO
Remember what the people said
When it's said and done
Let it go
7. $TING
When we had our first kiss, it was your favorite thing
And you weren't lying when you said it would sting
8. W.D.Y.W.F.M.
Maybe you're right, maybe this is all that I can be
But what if it's you, and it wasn't me?
9. FLAWLESS
The only flaw, you are flawless
But I just can't wait for love to destroy us
10. LURK
You wish I was yours and I hope that you're mine
11. 1 OF THOSE WEAKS
Can't get over the fact, people living a lie
Just to stay entertained, what a waste of a life
12. #ICANTEVEN
Shame on me, you fooled me twice
13. PREY
If you don't ask, I won't tell
Just know that, just know that
It all hurts, it all hurts just the same
14. CRY BABY
I know I'll fall in love with you, baby
And that's not what I wanna do
15. THE BEACH
If I told you that I loved you
Tell me, what would you say?
If I told you that I hated you
Would you go away?
16. DADDY ISSUES
I'm not entirely here
Half of me has disappeared
17. GREETINGS FROM CALIFOURNIA
Hopefully God is still down to forgive us
Nobody's breathing, who let the evil in?
18. SINGLE
I don't ever mind sharing oxygen
I just wanna get lost in your lungs
19. ALLEYWAYS
I was scared as fuck and out of touch, and I was still testing my luck, oh
20. RIP 2 MY YOUTH
Close my eyes and then cross my arms
Put me in the dirt, let me dream with the stars
21. STAYING UP
How can I sleep if I don't have dreams?
I just have nightmares
22. EVERYBODY'S WATCHING ME (UH OH)
Soon enough it eats me, all I’ve done defeats me
It looks like you were right again
23. A LITTLE DEATH
Touch me, yeah
I want you to touch me there
Make me feel like I am breathing
Feel like I am human
24. SWEATER WEATHER (eh lo so, ma CONCLUDO IN BELLEZZA CHE DEVO DIRVI) bella in tutte le salse. slowed. sped up. sempre.
'Cause it's too cold for you here
And now, so let me hold
Both your hands in the holes of my sweater -
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gabe darko Does the devil get scared if she dies in her dreams,
while the earth burns?
She cries cause she's nothing like you, is she like you?
What do you want from a devil like me, am I like you?[ Roma. Jane Gabriel Darko un paio di giorni prima dell’arresto.
Quello cardiaco, s’intendeva.
“Le dispiaceva? Mah. Forse, se ci pensava con attenzione, poteva riconoscere che sì, una parte di lei era dispiaciuta da quella situazione, ma l'elettrocineta era una realista, e quelle persone erano già morte. Ripristinare l'equilibrio così come avrebbe dovuto essere da principio, le sembrava quasi un atto caritatevole: a nessuno piaceva essere usato come burattino.
Se avesse saputo che quello fosse il destino dei Tornati di Giugno, avrebbe dato un bacino sulla fronte di Barrow Skylinski e segnato il punto dove mirare con la pistola.”
Tic tac, uh.]
Ah, che merda.
Il Darko aveva spinto sui gomiti per girarsi supino, schiena sul cumulo di macerie e cadaveri, ed occhi al cielo in tempesta. Labbra socchiuse, un sospiro sulla lingua. «odio avere ragione» esalò, infilando una mano sotto la divisa per cercare la fotocamera ivi incastrata prima che Lamovsky passasse a miglior vita nel peggior modo possibile mai visto da occhio umano. Perchè pensate se, aveva suggerito l’elettrocineta, ora esplode; ed era successo esattamente quello.
Certe cose erano più divertenti nella sua testa, ma Gabriel sorrise comunque. Reclinò il capo abbastanza da guardare la bocca ancora insanguinata di un soldato senza nome ed ormai senza età. «non è vero, comunque» confessò in un mormorio, tenace nell’aggrapparsi alla fetida curva della bocca. Poteva permetterselo, finché non si guardava attorno. Osservando le nubi scure, poteva ancora pensare che il mondo l’avessero salvato, e quella fosse la conclusione movimentata della loro vittoria. Non gli era importato né di vincere né di perdere, ma non significava che avesse realmente contemplato una delle due opzioni. Jane si era unita perché le andava. Gabe ne pagava il prezzo perché era finita.
Semplice e lineare. Tastò le tasche interne cercando qualcosa, ed aggrottò le sopracciglia.
«qualcuno ha una sigaretta?» gracchiò, alzando il collo per guardarsi finalmente intorno. Sentendo qualcuno muoversi ed imprecare, aveva dedotto che qualche anima in vita dovesse esserci, a meno che il dilatamento spazio temporale non l’avesse dotato di un nuovo potere da medium (sperava di no, altrimenti chi cazzo l’avrebbe sentita Fitz. Non le piaceva condividere.) ma c’erano tanti tipi di morte, al mondo.
«no? nessuno?» Osservò i maghi intenti a puntare le bacchette contro i feriti. Persone a trascinare via compagni dal macello su cui Gabe ancora sedeva come un principe sul proprio trono. Un regno di morte e terrore ancora impresso nella mascella e negli occhi vuoti aperti sul mondo, ma pur sempre un dominio da governare.
Vide sangue e lacrime e bocche spalancate in silenzi muti.
Al primo disturbo sulla frequenza, estrasse un walkie talkie dalla pira funebre ancora spenta sotto di lui, inviando piccole scariche nel tentativo di stabilizzare il segnale. Noia. Rimando dell’inevitabile. D’altronde, nulla di quella radura poteva toccarlo, perché avrebbe significato togliere una carta dalla base e far crollare il castello. Jane Gabriel Darko era meglio di così: analitico ed improvvisatore, uno studioso del mondo che per leggerlo stava sempre uno scalino più in alto. Se si fosse lasciato contagiare dalla fragilità della natura umana, non sarebbe più stato obiettivo.
Non prese nota, però, di quel dolore. Non lo catturò in fotogrammi eterni. Avrebbe permesso fosse dimenticato, se ne fossero stati in grado. Non era già qualcosa? Si tenne le mani impegnate con la radiolina, pur di fingere di fare qualcosa mentre il mondo collassava su se stesso. Ingannando se stesso che di motivi per essere lì ne avesse, e ne valesse la pena.
Alla voce di William Lancaster, puntellando la lingua sull’arcata superiore dei denti, mormorò un «ok» asciutto, perché non vedeva il motivo di quella comunicazione se non per lavarsene mani e coscienza. Come un medico che andasse dalla famiglia di un uomo recentemente morto sotto i ferri, e dicesse ”abbiamo fatto tutto quello che potevamo” come se l’alternativa fosse mai stata plausibile; come se sottolinearlo lo riportasse indietro. Sospirò, allora. Lasciò cadere l’arnese fra le proprie gambe, chiuse gli occhi. Si estraniò da tutto il resto anche quando la terra tornò a tremare, e saltò dal proprio seggio solo quando la terra iniziò ad ingoiare i corpi uno dopo l’altro.
Rimase sul ciglio dell’abisso a guardarlo, il Darko. Non avrebbe dovuto, e lo fece lo stesso. Si chiese cosa ci fosse sul fondo, e se fosse abbastanza coraggioso da scoprirlo. Quando sollevò lo sguardo, curiosità a mescolarsi ad uno strano e tiepido senso di sopravvivenza, vide Barrow Skylinski ed Eugene Jackson. Pensa. Sorrise ad entrambi, lento e meticoloso; prese marginalmente nota delle divise, opposte alle proprie; sopracciglia arcuate nell’indugiare sul fratello.
Portò due dita alla fronte in cenno di saluto, scrollandole verso di lui. Qual buon vento.
Parlò Sabine per lui: scelte. Di quello si trattava, in fondo. I motivi, erano di poco conto nel grande schema delle cose. Distolse lo sguardo dal Jackson solamente per posare le iridi blu su Heather Morrison, ed ancora sul suo benefattore. Sembrava esserci qualcuno in casa, perchè c’erano qualcuno in casa? Li osservò ancora, palpebre sottili e ciglia corvine a solleticare la guancia, prima di cercare la risposta al proprio interrogativo sul volto di Amaranth e May, o quello di Willa. Nessuna delle tre colse il suo quesito, troppo impegnate a sopravvivere per le filosofiche domande del fu babbano. Non gli rimase che sospirare, abbandonare le mani in grembo, ed attendere di sapere come sarebbe morto.
Paziente. Agitarsi non avrebbe cambiato un cazzo, e Gabe funzionava a risparmio energetico.
L’ultima volta che aveva visto Abbadon, era stato attraverso uno schermo. Vederlo dal vivo dopo che aveva dichiarato guerra all’intero mondo, era… anti climatico, perfino con le dita strette alla gola del suo nuovo giocattolo. Sentiva il suo potere? Certo, immaginava tutti potessero percepirlo, ma avrebbe davvero dovuto lavorare sulla propria presentazione. Così poco d’effetto, che Gabe non battè ciglio neanche quando la bambola venne rotta e lanciata ai suoi piedi. Poteva ruotare solo gli occhi, e fu quello che fece per Rebekah. Ne ricambiò l’occhiata vacua chiedendosi se per lei ne fosse valsa la pena, e cosa di specifico non avessero perso, visto che dubitava sarebbero sopravvissuti abbastanza da scoprirlo da soli.
Se avesse potuto parlare, le avrebbe detto “mood” e basta, comunque; i morti non rispondevano alle sue domande, tanto valeva un briciolo di complicità.
«dovrei proprio uccidervi»
Gabe non sorrise, ma il suo sguardo lo fece per lui.
«loro lo vorrebbero. oh, se lo vorrebbero. E stanno arrivando, sapete?»
Avrebbe voluto crederlo folle. Avrebbe voluto una spiegazione clinica a quel ghigno, Gabe, a quelle voci, ma poteva credere così facilmente alle sue parole, che forse era lui ad aver bisogno di una perizia. Corrugò le sopracciglia, anche se di poco. Si stava ancora interrogando sulla natura non umana dell’uomo, quando i fiori sbocciarono sotto la pelle dei maghi strappando e strappando. Carne, sangue, e tutto quel che trovavano nel mezzo.
Battè le palpebre, ed il suo primo pensiero fu se potessero coglierli, quando avessero finito. Farsi una coroncina, magari. Se potesse rubarne uno da infilarsi dietro l’orecchio per darsi quell’aria un po’ cottagecore che gli mancava, perché era sempre stato un uomo di città. Cresciuto in cattività, ma comunque urbanizzato. Li guardò piangere e svuotarsi e non sorrise, ma non li capì comunque. Alieni; estranei. La fine del loro mondo.
Li trovò ridicoli. Gli dispiacque, ma li trovò ridicoli, perché del loro mondo non interessava a nessuno. Perchè era stato rapido, e non avevano perso anni ed anni e tutta una vita. Perchè almeno la scelta di arrivare fin lì l’avevano avuta, non come chi veniva strappato dalle strade o dai propri letti. Come se fossero improvvisamente diversi, e terribili; qualcosa con cui non potevano convivere. Sembravano disperati, come se quella non fosse una seconda possibilità ma un fardello. Era davvero così, ai loro occhi? Essere come loro era così terribile? Avrebbero preferito morire?
Avevano perso la propria identità? Pensa, come migliaia di persone prima di loro, ma non li aveva visti perderci lacrime e sonno. Spostò le iridi blu su Moka ed Emilian, Gabe. Su Ptolemy, Sinclair e Justin. Su Wren. Si domandò se la pensassero come lui, o se fossero più preoccupati a domandarsi perché fossero stati tenuti da parte. Gabriel un’idea la aveva.
«voi mi appartenete»
Quella sbagliata. Non completamente, ma quella sbagliata, ed accadde tutto così lentamente che ebbe l’intero tempo dell’universo per unire i puntini e comporre la giusta sinfonia. Comunque troppo tardi, ma l’unica blanda soddisfazione a cui potè aggrapparsi quando il fumo entrò nelle narici e la bocca e gli occhi e -
si sentiva spesso un estraneo nel proprio corpo. di troppo. sentiva di frequente la pelle spingere e tirare, ma non aveva mai fatto male. Non così.
Provò a domandare chi cazzo fosse, perché le presentazioni gli sembravano importanti. Avevano bruciato almeno cinque o sei tappe di una relazione.
Provò a sorridere. A ridere.
E quando non ci riuscì si inferocì, e non poterci fare nulla comunque.
Ordinò al proprio corpo di non inginocchiarsi. Lucifero un cazzo, proprio. Ma ce l’aveva della dignità?
Si sentì soffocare e allontanare.
Si sentì qualcosa Gabe, Jane, il cazzo che volete, finché
non
sentì
e basta
per un po’ non quantificabile.
e quando sentì fu
(no) fiamme (no) e scintille (no) e mani premute sulla terra a spingere e spingere e spingere (no) e le urla (no) ed i tonfi sordi e asciutti (no) e l’odore di marcio e bruciato e (no)ed i tetti a crollare (no) ed il cuore a bruciare nel petto e sgonfiarsi sgonfiarsi sgonfiarsi di tutto (no) e così pieno e così tutto e così gonfio e così distruttivo ed implacabile (no) il rosso il cremisi il blu il giallo (no)
e gridò e strinse i denti perché vaffanculo cazzo, vaffanculo -
Battè le ciglia e si alzò a sedere. Fece scivolare le dita sulla gola, strizzando appena. Si sentiva rauco e ruvido; i polpastrelli ancora a pulsare di elettricità statica che scaricò sul terreno. Aprì e chiuse il pugno, giusto per assicurarsi di poterlo fare.
Guardò la faglia richiudersi. Guardò le nuche di chi lo circondava, senza capirli davvero.
In dieci minuti, Gabriel era stato posseduto, era morto, ed aveva -
lo aveva fatto davvero? Studiò ancora i propri palmi, perplesso. E decise che
«ma quindi questa cazzo di sigaretta non ce l’ha nessuno?»
se la meritasse.
Si disse addirittura che gli occhi bruciassero per la fotocamera ormai sciolta contro il petto.
«anche tu qui. Che mondo piccolo» un saluto distratto. Atipico. Prima di sollevare gli occhi blu su Eugene Jackson, finì di ordinare meticolosamente gli oggetti al proprio fianco nella posizione prestabilita, quindi spostò la bottiglia d’alcool un po’ più al centro e raddrizzò la rivoltella. Alzò un sorriso sul docente di arti oscure, invitandolo a sedersi sul suo stesso gradino. L’unico elemento superstite di quella che un tempo, così narrava la leggenda, era stata casa loro.
Non poteva mentirgli e dire che da qualche parte ci fossero dei sopravvissuti, e non l’avrebbe fatto.
Della casa che avevano condiviso non era rimasta che un’impronta.
Ci era tornato comunque. Per principio.
In quelle poche ore, Gabe aveva preso coscienza di alcune cose, e fatto di conseguenza delle scelte.
Aveva letto ed accartocciato il bollino su Kyoto, non sentendo nulla; l’aveva raddrizzato e lisciato fra i palmi, dicendosi che potesse tenerlo ed appenderlo all’entrata del Cheshire, se ancora fosse stato in piedi. Aveva ricambiato tutte le occhiate, il Darko, e mostrato i denti in sorrisi ferali; aveva lasciato che il mondo magico al suo rientro si dividesse come il fottuto mar Rosso.
Lo temevano e lo odiavano.
Così Jane Gabriel Darko aveva scelto di lasciarglielo fare. Permesso e concesso con un bacio soffiato fra due dita ed il medio a sollevarsi sfrigolando di elettricità pura.
Lo giudicavano un mostro ed uno scherzo della natura.
Così Jane Gabriel Darko aveva scelto di esserlo, facendo vagare il proprio potere fino a pochi millimetri della loro pelle. Lasciando che le loro lacrime si asciugassero sulle guance, e non aveva neanche fatto nulla.
Forse un centinaio di morti avrebbe rovinato gli affari, ma quasi due milioni? Lo trattavano con il riguardo delle leggende ed i miti, ed il terrore dell’ignoto: avrebbero fatto la fila, per spendere soldi e farsi notare.
Così Jane Gabriel Darko aveva scelto di farsi adorare e venerare.
Non era del loro giudizio che gli importava. Gonfiava il petto e offriva l’immagine di se che preferivano, perché a lui davvero non fregava un cazzo.
E non si sentiva in colpa, perché non era stata colpa sua. Tutti quei morti? Si era unito alla guerra per salvarli, non aveva mica chiesto lui di fottutamente morire e rinascere posseduto, cristo dio. Erano state le sue mani ed il suo potere, ma non la sua coscienza.
Avrebbe comunque popolato i suoi incubi, ma quella era una storia che poco aveva a che fare con il biasimo, e tutto con l’esserne stato spettatore.
Ed aveva scelto di non tornare a casa.
Perchè di Narah e Fitz gli importava. Perchè non voleva sentirle.
Perchè non era di loro che aveva bisogno. Ritrovare se stesso, quello sì. Convincersi che da qualche parte il muscolo cardiaco ancora battesse e fosse suo.
Suo e fottutamente solo suo.
Quello, era il problema di Jane Gabriel Darko.
Ed ecco perché era lì. L’alcool era per festeggiare o piangere; la rivoltella per decidere quanto di sé fosse rimasto e quante scelte avesse ancora a sua disposizione. Magari le aveva già esaurite.
«sai qual è la cosa peggiore?»
Essere morto? Posseduto da Lucifero? Aver raso al suolo l’intera cazzo di Kyoto?
«che non so più per quanto» per quanto cosa. «sarò io. E allora pensavo» ruotò gli occhi blu sulla rivoltella. Indugiò. Indugiò. Prese invece la bottiglia e ne svitò il tappo. «pensavo» deglutì. «che magari posso scendere a compromessi» la voce atona non tradiva alcuna emozione. «e diventare il cattivo prima che me lo facciano diventare senza -» inspirò, e quella volta fu più tremulo. «- di me.» perché era quella la cosa peggiore.
Non era più padrone di sé.
Avrebbe potuto capitare in qualunque momento.
«penso che potrei farlo. Radere al suolo un’altra città. Sterminare milioni di persone» non lo pensava davvero; voleva crederci, però. Almeno per un po’. Si concesse di sognare di poter essere un mostro, fintanto che potesse scegliere lui di esserlo.
Incrociò gli occhi di Eugene Jackson e smise di crederci subito. Non era una brava persona, Gabe, ma non era neanche quello. «se me lo chiede gentilmente» provò un sorriso.
Breve. Premette la mano sul labbro inferiore per non farlo tremare.
«li ho uccisi quelli come me. A Roma. Bang bang, sai. Pensavo di fargli un favore» Inspirò dalle narici e guardò le proprie mani. «sono venuto qui perché speravo di trovarci te» confessò. Sopracciglia corrugate, e scosse appena il capo. Chiuse gli occhi ed abbassò la voce ad un ammissione di colpe ed un segreto. «non voglio morire.» non di nuovo. Era vero, sapete?
Si schiarì la voce e ci riprovò. «non voglio morire come loro. voglio morire come me» Una pausa. «non ora, penso. E magari non domani. Ma un giorno» quando avesse perso il proprio corpo una volta di troppo.
Alla fine aveva solo vent’anni, Gabe. Poteva già sopportare il genocidio ed il suicidio, ma un Eugene Jackson che avesse già perso così tanto, sembrava un po’ troppo perfino per lui. Così la voce tremò appena. Le palpebre le chiuse. Il permesso lo chiese sentendo la gola incastrarsi sul palato. Era di nuovo il bambino che non ricordava d'essere stato, a tirare la maglia del maggiore per domandare se potesse andare ad Hogwarts con lui.
«posso?»gif code 20
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Edited by ‚soft boy - 29/5/2023, 14:12 -
.gabe
janedarkoDoveva succedere prima o poi.
L’aveva previsto e messo in conto, ma aveva sperato, ingenuamente, di poter rimandare quel momento il più tardi possibile. Era così crudele da parte sua il desidero di procrastinare la morte cerebrale di Barrow Skylinski? Se non di anni, almeno il tempo di capire quali fossero, con esattezza, le sue risorse, e dove prendesse la materia prima rivenduta al Cheshire. Invece no: Barry aveva ufficialmente perso il senno dietro le droghe chimiche con cui era solito – credeva avesse smesso, ma forse la mancanza di Amalie iniziava a farsi sentire – fottersi il cervello. Gabe chiuse le mani a coppa attorno al viso, dove sospirò greve.
Non c’era più rispetto.
Almeno aveva aspettato a firmare le carte da benefattore, e socio in affari, prima di sciogliersi dentro una tazza di metanfetamina. Non credeva avesse eredi diretti, o parenti prossimi denunciati in un testamento. Nella migliore delle ipotesi, la Gringott avrebbe messo all’asta le azioni dell’ex Corvonero, ed ad un presso ribassato, Darko avrebbe potuto acquistare l’intero locale.
...Mh. Sapete cosa. Forse quella dipartita, tanto male non era. Di spacciatori se ne trovavano dietro ogni angolo. Puntellò la lingua contro il palato, alzando gli occhi blu verso la ragazza che l’aveva informato dello stato confusionario, e perso, dello Skylinski smarrito. Gli aveva dato un (1) compito un quarto d’ora prima; non avendo egli fatto ritorno, aveva mandato una delle cameriere ad accertarsi avesse capito quale fosse il compito in questione (non pensava al biondo come uno sprovveduto ed un cretino; c’era da dire che Jane Gabriel Darko non fosse perfetta, e sbagliare fosse possibile anche per lei), e quello era il report ricevuto in merito.
Ecco cosa succedeva a fidarsi di qualcun altro. Se tendeva a farlo il meno possibile, un motivo c’era.
Il Cheshire era aperto da poco, ma dal numero di clienti, non l’avrebbe detto nessuno. Non credeva fosse un luogo speciale, anche se tendeva a venderlo come tale, ma sapeva fosse il posto necessario nell’ecosistema della loro cittadina magica per mantenere l’equilibrio. Stava facendo un servizio alla comunità; il Ministero doveva saperlo, perché i controlli in merito erano stati limitati. Non assenti, offriva sempre un caffè-o-qualcosa-di-più-forte ai Cacciatori che infilavano il naso nell’atrio, era ben educato e magnanimo, ma decisamente minori rispetto ad altri posti. La Lanterna Dorata aveva davvero rovinato gli affari a molti Special.
Ma comunque una storia interessante: apprezzava tutto quel che aiutava a costruire il carattere, Jane. Gabe. Chi volete, sempre di lei si trattava. Lui. Loro. Non aveva preferenze in merito ai pronomi usati – o non usati.
«vado» lanciò un’ultima occhiata all’uomo legato alla sedia. Barry aveva trovato le corde superflue; anche Gabe, a dire il vero. Ma l’aveva legato comunque, perché utile e dilettevole non dovevano per forza andare sempre a braccetto. Talvolta ci si poteva divertire senza uno scopo se non quello scientifico. Indicò alla cameriera di uscire, puntò indice e medio ai propri occhi e poi all’ometto grassoccio relegato ad un angolo del suo ufficio.
Al Cheshire girava di tutto. Davvero, davvero, di tutto, ma vaffanculo se avesse iniziato a girare qualcosa senza che lui lo sapesse. Non esisteva. Su quello, doveva avere totale controllo, perché una mancanza di qualità nei servizi offerti, avrebbe messo una cattiva luce su tutta l’attività. Non l’avrebbe ucciso per così poco, eh, vi pare?
Non lei, perlomeno. Ecco dove entrava in gioco Barry.
Si chiuse la porta alle spalle, doppia mandata, e fece ricadere la chiave dietro il corpetto.
Come Jane non si sentiva a suo agio in abiti femminili, ma come Gabe sì. Si dava il cambio in tutto, nel passare dall’una all’altro, eccetto la sua meravigliosa, brillante, personalità. Uscito in sala, non potè – né volle – trattenere un sorriso nel rendersi conto di quanti casi umani fossero lì a spendere soldi, e perderne, perché peccavano di altri hobby. Quando non era impegnato in faccende burocratiche, amava rimanere in sala in disparte, o mescolarsi ai clienti non abituali, per studiarli più da vicino.
Tutti capitoli per il suo infinito libro sull’antropologia sociale.
Quel giorno, purtroppo, aveva da fare, ed il suo da fare girava a pochi metri da lei con il sorriso più ebete del mondo a curvargli le labbra.
Ebbe. Ebbe. Un rapido, intenso, e dolente senso di già visto. Il suo sesto senso, che un po’ come quello del film tendeva ad avere a che fare con i morti, vibrò, avvisandola che qualcosa non andasse, e non le sarebbe piaciuto. Come poteva immaginare che uno dei suoi incubi stesse per avverarsi?
Un altro vippino. Non ricordava un cazzo di Tottington, ma il rimorso dell’esistere nello stesso spazio-tempo del Ketchum, non l’aveva mai dimenticato.
Che ne sapeva, Gabe.
«barrow» sopracciglia corrugate, sguardo pregno di disappunto. Cosa diamine stava facendo? Sapeva che non fosse sempre troppo centrato, ma così? E l’aveva visto in momenti davvero poco lusinghieri. «barrow» sorrise, richiamando ancora l’attenzione del ragazzo, mostrando appena i denti. «si può sapere» gli cinse la vita con un braccio, spostandolo lontano dagli avventori, e strinse un po’ più forte, giusto per sottolineare che non fosse felice del suo comportamento. Tanto i lividi gli piacevano, no? E se voleva prenderlo a pugni, ci provasse: era pur sempre un Jackson. «che minchia stai facendo?» il sorriso non tentennò neanche un po’, ma non c’era solo curiosità nel tono di Jane. No, in caso ve lo steste chiedendo, il resto non era preoccupazione.
Se Barry doveva perdere il senno, però, preferiva lo facesse lontano da occhi indiscreti. Sapeva che avrebbe desiderato anche lui così, fosse stato un po’ più presente.Standing there,
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