where did the party go

ft. william

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    Posò gli occhi sui materassini, lo sguardo a scivolare sulla superficie blu e a studiare chiazze dal colore più chiaro. Inclinò il capo e mosse un passo in avanti, accovacciandosi davanti al materassino incriminato. Non aveva nessuna intenzione di allungare la mano e toccarlo, perché temeva di prendersi una STD, se quelle macchie erano ciò che lei pensava. E quando si trattava di coito, Niamh ne aveva visto abbastanza nella sua vita per definirsi un’esperta. La domanda che sorgeva spontanea era: perché? Perché i suoi colleghi avevano avuto la brillante idea di scopare sui fottuti materassini? Non avevano una casa, un letto? Se necessario, glieli avrebbe fatti pulire con la lingua, una punizione infantile per degli adolescenti che non erano capaci di tenerselo nei pantaloni. E no, non era affatto gelosa che nessuno le avesse esteso l’offerta- ma che dite. Era un’adulta responsabile, lei, quella fase l’aveva passata da esattamente due mesi. Ma poi che schifo, almeno lei avrebbe pulito. Non vedeva l’ora di scoprire chi fossero gli animali. Aveva bisogno di qualcosa di forte per disinfettarsi gli occhi, la coscienza, qualsiasi cosa portasse memoria di quei materassini ormai rovinati per sempre. Si alzò, le mani a stropicciare la superficie dei jeans, prendendo un respiro profondo che sapeva di sudore e di chiuso. Meh, decisamente non il suo posto preferito. Il suo posto preferito era un altro, uno che aveva avuto cura di allestire durante la sua permanenza nel QG negli anni. Dopotutto, non c’era resistenza senza almeno un ribelle che si intratteneva nel vizio del day-drinking. E spesso quel ribelle era lei, o un Quinn interscambiabile, dipendeva dalle giornate. Ma d’altronde, non c’era nessuno a giudicarla se non Dio, e a quest’ultimo aveva deciso di voltare le spalle molto tempo prima. Si stupì di non trovare nessuno nel cucinotto, nessun Wren intento a mostrare a Kieran una nuova e migliorata ricetta per la crema pasticcera, o uno dei mini ribelli con la testa sepolta dentro il frigo come un Ratatouille qualunque. Peccato, una spalla su cui scaricare i suoi lamenti sarebbe stata più che benvenuta, anche solo per fingere di prestarle attenzione. La Barrow era brava a parlare da sola, bastava chiedere a Dakota, era in grado di portare avanti una conversazione anche con il più non responsivo degli interlocutori. Quindi, eh, se doveva fare affidamento sulla bottiglia di prosecco avrebbe compiuto lo sforzo. «negroni sbagliato…….with prosecco in it» forse era ancora esaurita dall’intera faccenda con i tappetini, ma al parlare con la bottiglia si mise a ridere da sola, la testa buttata all’indietro come se avesse sentito la battuta più divertente di quel mondo. Ebbene: un clown non aveva bisogno di un pubblico per brillare.
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    Il futuro era sconosciuto, ed il presente incerto.
    Forse il mondo era già collassato su se stesso. Forse l’avrebbe fatto di lì a poco, in un battito di ciglia; forse stava avvenendo in quell’esatto momento, con un William Yolo Barrow intento a versare del whisky nella tazza che i comuni mortali usavano per la colazione. Abbastanza ampia da poterci affogare dentro, come il secchio di una DA che non aveva vissuto, ma dai racconti di Euge era come l’avesse fatto. Non era metodico in tante cose, ma lo era nello svitare il tappo delle bottiglie contenenti alcool: preciso, secco. Spinse con il pollice tenendola dal collo, una sigaretta a bruciare fra le labbra dischiuse. Senza ghiaccio, perché occupava troppo spazio che avrebbe potuto destinare ad ingredienti migliori. Infilò l’indice della mano libera fra il petto e la camicia, tirando fino a che il bottone non uscì di sua spontanea volontà dall’asola.
    Non c’era nessuno quel giorno al Quartier Generale.
    Linee sempre più sottili, fra i ribelli.
    Un problema per un momento più consono e sicuro, quando le carte fossero state scoperte ed il gioco fosse concluso e iniziato di nuovo.
    Sentì una risata, e ne seguì il suono fra le vuote pareti dell’edificio. L’eco di un fantasma a riecheggiare da un lato all’altro del corridoio, guidando Will verso la cucina come un viandante accompagnato da fuochi fatui. Familiare. Non da tutta una vita, ma familiare comunque, a risuonare nelle ossa di tutto il sangue che non condividevano, e di cui non avevano bisogno.
    Niamh Lynch Barrow era sua sorella, e non importava quanto non la fosse. Si erano trovati e scontrati, ed il maggiore l’aveva presa sotto la propria ala scegliendola fra sconosciuti e decretandola famiglia. Ne aveva bisogno, di quei legami lì. Nati per caso e per voglia, considerando che i Barrow precedenti l’avevano odiato e disprezzato tutti. Ed aveva bisogno di lei, sempre. In quel momento, forse, perfino un po’ di più, perché c’erano giorni in cui l’essere a Capo della Resistenza pesava sulle spalle di Will come un fottuto macigno, schiacciandolo di consapevolezze che tendeva ad evitare di riconoscere - tipo quanto fosse fottuto, da parte sua, continuare a legare la propria vita a quella di chi stava dall’altra parte della barricata, sperando un giorno di distruggerla e poter creare un ponte. Come se quell’ipotetico ponte potesse essere costruito d’altro se non sangue ed ossa, loro e suo.
    Appoggiò una spalla all’entrata, caviglie incrociate a reggere il peso del corpo.
    Non trovava affatto strano trovare la ragazza impegnata a bere e parlare da sola, anzi, ma non poteva fare a meno di stupirsi del trovarla punto: gli era mancata. Cristo, certo che gli era mancata. «allora lavorare al platinum ti è servito a qualcosa» esordì, avvicinando la tazza alle labbra, sorseggiando il suo whiskey liscio senza battere ciglio. Un classico dei Barrow imparare a fare cocktail, così da fomentare l’alcolismo insito in ognuno di loro.
    Ma proprio tutti tutti, eh. Anche il suo pronipote tendeva ad alzare il gomito, e lui era un bravo ragazzo; tutto dire.
    «non dovrei mischiare, ma se ne fai uno anche per me, non dirò di no» le sorrise da sopra la ceramica, aprendo il palmo per buttare la cenere bollente nella mano. Di nuovo, non fece una piega.
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    Un clown non aveva bisogno di un pubblico per brillare, ma di certo aiutava. Il fatto che suo fratello fosse sempre pronto a darle corda era uno dei tanti motivi per cui era il miglior fratello al mondo. Nonché l’unico, ma erano dettagli su cui nessuno aveva bisogno di soffermarsi. Niamh non era stata particolarmente fortunata quando si trattava di famiglie, sua madre e la figura assente di suo padre ne erano prove scomode. Ma le avevano anche riservato delle sorprese, come William e i Milkobitch. Sarebbe potuta andare peggio, supponeva. E poi, l’ex grifondoro non era mai stato il tipo da piangere sul latte ormai già versato. Si concesse un momento per osservare William, sembrava…stropicciato per mancanza di un termine migliore, e sebbene era sicura che vi fossero ragioni ben più profonde per il suo stato Niamh si sentì in dovere di make light of it «la monogamia ti fa male» AH! Lei di certo non correva quel rischio, e non c’era giorno che non lo sbattesse in faccia a tutti. Davvero, era come entrare in una gabbia e chiudersi la porta dietro da soli, per poi buttare via la chiave. L’aveva fatto una volta, ed era stato abbastanza per bastarle per tutta la vita. Cristo, ci era mancato poco che diventasse una sposa bambina a diciotto anni- aveva creduto di sapere cosa volesse dire amare una persona, quando erano stati gli ormoni a guidare ogni sua azione. Alzò il mento per indicare lo stato generale del fratello «o è colpa dei miei nipotini preferiti. hai mai pensato di far scivolare un po’ di sonnifero nel latte? chiedo» sua mamma usava sempre la vodka, e infatti guardate com’era cresciuta! Una meraviglia, una delizia per tutti! Voleva bene a quelle bestie, davvero, ma il fatto che fossero in parte prole di Akelei fuckin’ Beaumont la destabilizzava sempre. Ancora si chiedeva come avesse fatto William a incastrarla non solo con due figli, ma anche con un matrimonio. Forse era arrivato il momento di prendere appunti, il magico rizz dei Barrow and etc. «Allora lavorare al platinum ti è servito a qualcosa» oh, le aveva insegnato molte cose, la maggior parte delle quali non sarebbe stato appropriato da menzionare davanti a qualcuno che condivideva il suo sangue. Ne era conscia, era difficile stabilirlo a una prima occhiata, ma persino lei aveva una decenza. <b>«Certo che sì, vuoi mica contare su Isaac per queste cose?» ma sì, un po’ di Isaac slander gratuito faceva sempre bene. E poi era la verità: il ragazzo era un caso perso quando si aveva a che fare con l’arte della mixology. «Lo sapevi che una vodka da quattro galeoni è diversa da una da dodici? Pensavo sapessero di benzina e basta» se sembrava che stesse sproloquiando a caso, era proprio così. Ma William ci era abituato, e sapeva non avrebbe fatto una piega. E poi erano scoperte della vita che credeva dovessero essere condivise con il prossimo, non si sapeva mai quando sarebbero tornate utili. Intanto, prese a muoversi nella cucina in cerca di due bicchieri e dello stirrer che giurava di aver lasciato da qualche parte. «Te lo faccio solo se mi prendi le bottiglie» si voltò a guardare il Barrow da oltre la spalla con i suoi puppy eyes, a cui sapeva che non avrebbe potuto dire di no. Non era colpa sua se le bottiglie erano in alto e non ci arrivava senza rischiare di rompere tutto. «E usa un posacenere, scemo pagliaccio» prese uno dei posacenere che stavano abbandonati sul ripiano della cucina e glielo spinse in mano, un rimprovero chiaro negli occhi nocciola che non aveva bisogno di essere esternato a voce. Non era preoccupata della cenere in giro, Niamh, ma di suo fratello- tendeva a dimenticarsi che erano legati da più del semplice sangue. Ritornò a versare liquidi e a fare i suoi magheggi come se non fosse trasparito niente, tornando al suo chipper self «cosa ne pensi dei bordelli? opinioni, pro, contro? non sto assolutamente facendo un'indagine di mercato per eventi futuri» e invece sì, era lì a prendere nota per la loro personale Notte da Leoni. Dove avrebbe dimenticato per sbaglio Mitch sul tetto, ma quella era un'altra storia.
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    «la monogamia ti fa male» [ sara in background che si concentra fortissimo su ogni lettera presente sulla tastiera ] Battè rapido le palpebre, spostando lo sguardo ceruleo dalle proprie dita alla sorella. In un qualsiasi altro contesto, si sarebbe trovato d’accordo, ma la monogamia con Akelei fuckin Beaumont? Facilmente sopportabile. Inarcò un sopracciglio, sbuffando piano un verso di gola. «gelosa perché a te non piglia nessuno?» sollevò il labbro superiore per mostrare i denti in un ghigno, scrollando una spalla e mostrando con orgoglio l’indice su cui svettava l’anello di promesso alla capo cacciatrice. Aveva tanti rimpianti, William Barrow, e tante vergogne, ma la sua futura moglie non sarebbe mai rientrata in nessuna delle due categorie – o anzi, lo faceva così tanto da auto escludersi diventando genere a parte. «o è colpa dei miei nipotini preferiti. hai mai pensato di far scivolare un po’ di sonnifero nel latte? Chiedo» Sinceramente? Spesso. Gli piaceva essere padre durante la giornata, malgrado richiedesse più attenzioni di quanto fosse abituato a dare, ma di notte…? Un incubo. Una blasfemia. Spesso il Barrow si era dilettato a pensare a quanto la loro vita sarebbe stata più facile se avessero intinto il ciuccio nella cocaina, ma si era sempre trattenuto: non era contrario alle droghe, ma avrebbe almeno aspettato che fossero abbastanza grandi da sceglierla da sé. Un po’ come il battesimo – anzi, forse esattamente come il battesimo: ogni famiglia poteva scegliersi il proprio rito, e se i cristiani volevano un po’ d’acqua sulla fronte, i Barrow potevano tenersi una sniffata di polvere bianca con cui entrare ufficialmente nel mondo degli adulti. «Certo che sì, vuoi mica contare su Isaac per queste cose?» Sempre un tasto dolente, per il Barrow maggiore. Arricciò appena il naso, spostando gli occhi sul pavimento. Dopo anni, ancora non aveva idea di cosa fosse esattamente successo ad Isaac Lovecraft. Sapeva non li avesse traditi, e tanto gli bastava per andare avanti con la sua vita, ma non sapeva cosa gli fosse capitato di preciso, e quello restava uno dei numerosi tarli a tenerlo sveglio di notte. Com’era successo al Lovecraft, poteva succedere a ciascuno di loro. Era stato il Ministero? Un organo esterno? Un libero professionista? Domande che non poteva certo porre al diretto interessato, e che immaginava sarebbero rimaste senza risposta. Non capitava spesso che un ribelle perdesse la via, ma abbastanza di frequente perché non diventasse una questione primaria, sì. Umetto le labbra, poggiando la testa contro lo stipite della porta. «non conto su isaac per molte cose» sillabò, tirando le labbra in un sorriso che si finse divertito senza esserlo davvero. «Lo sapevi che una vodka da quattro galeoni è diversa da una da dodici? Pensavo sapessero di benzina e basta» Osservò Niamh da sotto ciglia bionde, allargando il distratto sorriso sulle labbra. Conversazioni più semplici rispetto a quelle che avrebbero dovuto affrontare; poteva farcela. Umettò le labbra, indicando il loro piano bar con un cenno del capo. «teoricamente, sì. In pratica dipende tutto dal perchè stai bevendo» commentò, distratto ed assente. William Yolo Barrow era cresciuto nella bambagia, e sapeva perfettamente quale fosse la differenza fra alcolici di marca e sotto; semplicemente, non gli era mai importata. Difficile che l’ex Corvonero bevesse per il piacere di farlo, ed altamente più probabile lo facesse per dimenticare, seppur brevemente, tutto il resto. Il mondo era un posto grande e terrificante, quando avevi appena compiuto trent’anni ed eri il leader del nucleo inglese della Resistenza. Responsabilità, pesi sulle spalle. Persone con cui aveva combattuto fianco a fianco da guardare in faccia, nella maledetta faccia, e dir loro non potessero rimanere Ribelli perché troppo pericoloso. Instabile. «Te lo faccio solo se mi prendi le bottiglie» [sara che non sta neanche di cosa stiano parlando] Will infilò una mano in tasca recuperando la bacchetta ivi riposta [oddio. C’è un bambino che urla fortissimo. Tipo film horror, vabbè] per reclamare con un silente accio quanto richiesto dalla sorella, sorridendole nel posarle sul tavolo. Prese posto su una delle numerose – oh, così numerose – sedie vuote del QG, poggiando il mento sul palmo della mano. «ti piace?» creare drink; lavorare in un bar. Non ricordava di averglielo mai chiesto, ed ogni momento era buono quanto qualsiasi altro. [sempre bambini che urlano, mia madre che mi parla; non ho idea di cosa mi stia dicendo] «cosa ne pensi dei bordelli? opinioni, pro, contro? non sto assolutamente facendo un'indagine di mercato per eventi futuri» Doveva avere un’idea… precisa? Specifica…? In merito a ...cosa. Corrugò le sopracciglia, osservandola mentre si dedicava alle preparazioni. «temo di aver bisogno di più contesto, sorellina. Non sono contrario, se è quello che mi stai chiedendo» quando mai. «e credo che possa soddisfare diverse… fantasie. Anche se nulla è entusiasmante come cercare prostitute sulla strada. È come giocare ai pokèmon, ma con la vagina» William Barrow, fonte di saggezza dal lontano 1993. Come avreste fatto senza di lui come leader della Ribellione! «immagino sia più comodo sapere dove trovarle. Vuoi investire in un bordello?» Aspirò l’aria fra i denti, ignorando il suo monito ad usare un posacenere. «vuoi regalarmene uno per il matrimonio non si sapeva mai.
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