Votes taken by nocturnal

  1. .
    richard ‘dick’ quinn
    brand new city
    mitski
    I think my fate is losing its patience
    I think the ground is pulling me down
    I think my life is losing momentum
    I think my ways are wearing me down
    Come da proverbio:
    d8f2cc0b799d5038a77c66f4a8761439
    Un esempio lampante, quello.
    Come, esattamente, Richard Anthony Quinn si fosse fatto trascinare in un angolo di quella bolgia a sorseggiare la peggior birra che il mercato potesse offrire è una storia lunga. Una che nella testa del sopracitato continuava a ripetersi come le immagini della cassetta di The Ring: scene confuse, pozzi, bambine che si pettinavano le ascelle. Quasi canon.
    La lettera si era praticamente calata sulla sua scrivania in un giorno non descritto. Nessun preambolo, nessun mittente. Posizionata sotto a documenti che era certo di aver sfogliato solo la notte prima, e che sapeva con certezza che nessuno avesse toccato nelle ore precedenti al suo ritorno; illogico. Ma aveva imparato a essere cautamente indifferente all’illogico, Richard: sotto certi punti di vista, si poteva addirittura dire che ne avesse fatto il callo. Sicuro era diventato una sorta di nomea — chi, a quel punto, non si aspettava di ritrovarsi nelle situazioni più strane in sua presenza.
    Aveva sollevato il sigillo. L’aveva aperta. Aveva letto i contenuti.
    L’aveva riposta in un cassetto, e se n’era dimenticato.
    Il giorno dopo, se n’era ritrovato un’altra.
    Stesse modalità, ma stavolta incastrata nel plico di pergamene in via di correzione. Sapeva — perché si era premurato di annotare la cosa — di non aver inserito alcun tipo di lettera sulla scrivania. Sapeva anche che, un’altra volta, nessuno si fosse addentrato nel suo studio. La certezza di quest’ultimo fatto stava in quello stesso plico: nessun trattato in più che accidentalmente gli era sfuggito tra la lista dei nomi che avevano consegnato in tempo.
    Parole più convincenti, in quella seconda lettera; uno studioso che aveva letto alcune delle sue pubblicazioni e voleva commentarne alcuni punti. Tempo di scendere di qualche riga, e calò anche il suo interesse. Perché nessuno leggeva le sue pubblicazioni; e di certo, anche chi cascava nel tranello non leggeva i suoi trattati più… audaci. Quelli che la sua università gli aveva gentilmente chiesto di ritirare dagli archivi, e che di fatto esistevano solo nella vetrina del suo appartamento.
    E di nuovo. Stessa storia. Stesse modalità.
    Il dubbio che potesse esserci lo zampino del Demonio gli era anche balenata in testa, vista l’insistenza. Ma era abbastanza certo che per quanto il Moonaire fosse un uomo in grado di mantenersi fedele ai suoi teatrini oltre il necessario, sapeva con ancora più convinzione che neanche lui si sarebbe osato tirare fuori materiale d’archivio sulla scienza sperimentale per il solo gusto di dargli fastidio. Era già tanto se ricordava il suo percorso di studi.
    Si era fatto raggirare come un bambino di fronte a una caramella, per farla breve. Affascinato dalla persona sconosciuta dall’altro lato del pennino, forse. Le vie verso il suo cuore, d’altronde, erano sempre state poche ma d’effetto.
    Quando l’ultima lettera gli aveva proposto, per la terza volta nel giro di una lunga, intensa settimana di contatti (unilaterali e) giornalieri, si era stretto nelle spalle e aveva accettato. Nel migliore dei casi era un altro docente, o qualcuno del personale scolastico, che aveva scelto di mantenersi anonimo per evitare pregiudizi o disagi; nel peggiore, un fanatico che voleva trascinarlo in una setta per riprendere il potere del mondo.
    La seconda meno strana della prima, visto il clima politico che si viveva di quei tempi. E quindi. Aveva qualcosa da perdere?
    «La ringrazio.» @ chiunque gli avesse offerto una salsiccia; non Al, perché sarebbe strano. E un tono che voleva essere piatto, ma sotto il frastuono della musica uscì di qualche decibel più alto del dovuto. Voce spezzata and all. «Ma credo di star diventando vegetariano.»
    -1? -1.
    marisatomay
    what am i looking for in a male character? i’m personally partial to little freaks who have suffered more than jesus so write that down

    gifs: dcmultiverse.tumblr.com
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
  2. .
    lee wonyoungvi annotifoseria grifi
    ma dico io.
    ma dico io.
    «sarà fallo, no?»
    cosa? boh, l’aria respirata dalla squadra serpeverde. non gli stessero attivamente rovinando i piani di vedere sgorbietto calciare la terra (con la sua faccia) (ma questi sono dettagli in più che non ci servono, ora) e piangere come un bambino alla quale avevano appena rubato una caramella, sarebbe quasi rimasto impressionato. o i grifondoro avevano imparato le regole quel mattino stesso, o le serpi erano sotto steroidi.
    per come stavano messe le cose era lui quello a cui stavano fregando la caramella da davanti, però, quindi eh.
    alzò un amorevole dito medio in risposta all’altrettanto amorevole gesto della mccarthy; poi puntò l’indice contro di lei, picchiettando l’aria un paio di volte prima di lanciarle un bacio. un ammazzati prima te amo ♡ per pochi eletti.
    e i grifondoro morivano di nuovo.
    «tragico.»
    gloom
    djo
    living in the middle between the two extremes
    (eliandi's version)
  3. .
    dai basta prenoto la mascotte dei tassi
  4. .
    ↳ PRIMA UTENZA: homini lupus
    ↳ NUOVA UTENZA: milk bath
    ↳ PRESENTAZIONE: mhm
    ↳ ROLE ATTIVE:
    - aidan [08.04]
    - dick [29.04]
    - ken [29.04]
    - tooth [30.04]
    - chouko [25.04]
    ↳ ULTIMA SCHEDA CREATA: chouko [26.03]

  5. .
    richard anthony quinn
    Will you be a nihilist with me?
    If nothin' matters, man, that's a relief
    Solomon had a point when he wrote Ecclesiastes
    If nothing can be known, then stupidity is holy
    Era rimasto immobile, Richard Quinn.
    Non aveva distolto lo sguardo per un solo secondo. Paralizzato, perché ancora una volta non poteva sottrarsi dalla morsa fatale delle sue responsabilità. Gli piaceva credere che in questo – almeno in questo – fosse una persona semplice. Quattro anni prima, lo aveva fatto per salvaguardare i bricioli d’innocenza che ancora aleggiavano nelle anime degli studenti di Hogwarts. Ed era morto; soffocato in una pozza del suo stesso sangue, con gli occhi a vagare sulle figure sfocate a circondarlo. I battiti irregolari del corpo non identificato davanti a lui; sembrava uno studente. Dio, fai che non sia uno studente.
    Con le poche forze rimanenti, aveva stretto la mano attorno al suo polso. Per fare cosa, non ne era certo. Aggrapparsi alla speranza di poter soffiare vita nelle sue vene, forse.
    Stupidamente, il suo ultimo pensiero era andato a Edward Moonaire. Il primo, anche; quando il suo torace aveva ripreso a gonfiarsi, e il mondo si era riaperto dinanzi ai suoi occhi.
    Non l’aveva detto. Non c’era bisogno che lo facesse. Poteva tenersi la sua vergogna per sé, Richard; ammettere a se stesso, e a nessun altro, che il suo universo si chiudesse . I suoi genitori gli avevano sfiorato la mente solo dopo; quando il peso della sua coscienza lo aveva trascinato nuovamente in basso, ed era stato finalmente in grado di provare quella costrizione al petto che associava, ormai, alla sua famiglia. Il senso di dovere, che aveva preso da tempo il posto dell’affetto.
    Di cose ne erano successe, dopo quel giorno.
    Era tornato a casa.
    (aveva chiuso gli occhi.)
    Era tornato a lavoro.
    (aveva sognato cose terribili.)
    Aveva letto la tensione nella mascella di Phobos Campbell e Mitchell Winston.
    (li aveva riaperti.)
    L’aveva vista specchiata in quella di Guadalupe García Ramos.
    (li aveva chiusi ancora.)
    Aveva cercato risposte; aveva trovato nuove domande.
    (e aveva sognato altre città – altra morte – altra distruzione –)
    E aveva cercato di più.
    (–e si era svegliato di nuovo.)
    E aveva pensato ad Edward Moonaire.
    (e aveva pensato ad Eddie.)
    Non gli aveva detto niente. Non poteva sperare che capisse; non voleva, che capisse. Avrebbe solo reso tutto più concreto.

    Ma non poteva più fuggire, Dick. Non c’era libro in cui potesse rintanarsi. Di fronte a Seth – Abaddon – le sue strade si chiudevano.
    Le domande cessavano.
    E tutto ciò che rimaneva, era un profondo terrore. La certezza che da quella dichiarazione di guerra allo statuto di segretezza non si sarebbe tornati indietro. Che stessero a malapena sfiorando la superficie dei suoi piani; che forse, i suoi sogni, portavano un principio di realtà.
    Strinse i pugni, e mantenne il mento alto. Come gli era stato insegnato. Com’era giusto che facesse, anche di fronte a un destino segnato.
    (Il giorno del Giudizio s’avvicina,
    Se dobbiamo morire –
    )
    E allora, per la prima volta in anni, riempì i polmoni d’aria e pensò a Sebastian e Marcus.
    Al cimitero di bare vuote che risiedeva nel suo stomaco.
    A quelle che si sarebbero riempite.
    (...moriamo almeno tutti in allegria.)

    E fece il suo passo avanti.
    gif code
    1988
    brit
    neutral
  6. .
    vabbè basta pettinare le bambole. SCUSA KEN MI FACCIO PERDONARE GIURO MA SE NON LO FACCIO ORA POI MI DIMENTICO THATS WHO I AM AS A PERSON

    ↳ PRIMA UTENZA: homini lupus
    ↳ NUOVA UTENZA: niwabi
    ↳ PRESENTAZIONE: mhm
    ↳ ROLE ATTIVE:
    - aidan [26.02]
    - dick [14.03]
    - bonus tolé [14.03]
    - tooth [01.03]
    ↳ ULTIMA SCHEDA CREATA: tooth [04.02]
  7. .
    november 16th, 2006anabiosis
    n. return to life after apparent death
    eighteen y.o.
    columbia sophomore
    magic historian
    You always let me down so tenderly, So live fast and die young and stay forever numb
    Avrebbe dovuto ammonirlo. Logicamente, l’unica cosa da fare in una situazione simile – con il cadavere di una persona che poche ore prima aveva una mano nei suoi pantaloni a rantolare in giro per il campus scientifico e l’unica persona disposta ad aiutarlo (davvero, e non solo per consegnarlo alle autorità e rinchiuderlo in una cella per il resto della sua vita) a usare il momento per giocare con la sua sanità mentale precaria. Richard Anthony Quinn, che di poche cose era orgoglioso quanto il suo intelletto, e che era abbastanza adulto da poter alzare il mento e farsi valere e non ricadere nelle solite trappole, avrebbe dovuto ammonirlo. Ritirarsi con uno strattone, smettere di crogiolarsi a terra come un fallito e alzarsi, agire, neutralizzare il problema. Prendere la situazione di petto come più e più volte si era imposto di dover fare. E invece era un Dick, di nome e di fatto, e nonostante il suo cervello gli urlasse disperatamente di non farlo rilasciò un sospiro strozzato contro le sue labbra e si fece trasportare, incapace per l’ennesima volta di spingere via la parte di sé che mangiava via l’ultima vestigia di razionalità ogni volta che si ritrovava di fronte un Eddie. Ma perché proprio lui. Ma perché. Proprio. Lui.
    Tentò di richiamarlo al presente con quello che voleva essere un’esclamazione ferma e autoritativa, e che invece uscì fuori sottoforma di sussurro; un eddie che neanche Bella Swan in un universo alternativo in cui il predatore glitterato di nome Edward era lui, e che gli fece inevitabilmente avvampare le guance. Tanto lo sapevano entrambi, che sarebbe stata tutta una recita. Che non voleva davvero mettere fine a quel momento. Dorothea, per quel che gli riguardava, poteva benissimo andarsi a mangiare qualche studente inconsapevole e scatenare l’apocalisse. Tanto, ormai: sarebbe stato un problema per il Dick di dopo.
    Una fortuna che Edward avesse abbastanza lucidità per entrambi.
    «capito? sta zitto»
    Inspirò dalle narici, e scacciò via la nebbia dalla testa; aggrottò la fronte, allora, e incontrò il suo sguardo. Minchia, Moonaire. Non si chiese che problemi avesse solo perché la lista lo avrebbe tenuto occupato per fin troppo tempo, e lui si doveva dare una mossa.
    Spinse le ginocchia contro al petto e si trascinò su a fatica, occhio semivigile a cercare tracce di mortina in giro per la stanza.
    “Sta zitto”, disse. «edward.»
    Un richiamo secco, pronunciato con la stanchezza ancestrale che era solita seguire ogni frase che gli rivolgeva suo malgrado. Ma perché proprio lui: parte due.
    «potresti» e strinse i denti, esasperato, nel sentire l’ennesima provocazione fuoriuscire da Satana personificato. «evitare di–»
    8pa di vassoio.
    E prese un altro, lungo respiro.
    Sarebbe stata una serata molto lunga.
    Si fece coraggio, a quel punto, e tentò qualche passo in avanti – sguardo pietrificato a studiare la figura accasciata a terra. Con un tono di voce di qualche decibel più alto del dovuto, quindi, Lo Chiese ™: «…è morta?»
    Non era morta. Quantomeno non nel senso più tradizionale della parola, perché i morti non scattavano in piedi, e lei stava scattando in-fucking-piedi.
    Prima che potesse anche solo pensare di gettarsi addosso a uno di loro due le fece scoprire il fascino di un Everte Statim non verbale dritto dritto contro il muro; tastò i vestiti in cerca di una bacchetta che sapeva essere rimasta nei dormitori – e infatti. Un bene che, nonostante la chiara mancanza di giudizio, Dick fosse un eterno studioso e non avesse rinunciato a praticare anche se alla Columbia con la magia se ne lavava le mani allegramente.
    Usò quell’attimo di distrazione per eliminare una seconda volta la distanza tra loro due.
    «dobbiamo fermarla.» e fin lì. Mantenne lo sguardo fermo su sbrodolina, una scintilla sinistra ad illuminare gli occhi del Quinn; non c’era tempo per fingersi disinteressato.
    Ora che la vedeva davvero – distorta e sbagliata e di un pallore terribile, gli occhi vitrei e disorientati a percorrere la stanza, ma reale – le sue priorità erano cambiate.
    «dobbiamo fermarla», ripeté, stavolta con più convinzione. Quindi guardò Edward per qualche breve attimo, prima di tornare su di lei. «ma non dobbiamo ucciderla.»
    Era disumano, quello che voleva fare, ma, di nuovo: Dick non si era mai distinto particolarmente per altruismo. A ognuno la propria pecca.
    «ci dev’essere una risposta a tutto ciò.»
    Supponeva avesse ben poco a che fare con i rituali pseudoscientifici che aveva sperimentato Dorothea, e più con… altro.
    Fece schioccare la lingua contro il palato, ed esitò giusto quel poco necessario, prima di ammetterlo: «credo sia stato il mio sangue.»
    E solo allora espose ulteriormente il braccio, tirando su i lembi della camicia – lì dove un taglio netto, coperto da una benda che tirò via, era stato reciso.
    richard 'dick' anthony quinn


    WQjgSR4
    forse 8 sarà il nostro per sempre
  8. .
    ABILITATA BACINO
  9. .
    november 16th, 2006anabiosis
    n. return to life after apparent death
    eighteen y.o.
    columbia sophomore
    magic historian
    You always let me down so tenderly, So live fast and die young and stay forever numb
    Rigirò il pacchetto nel palmo. A malapena registrò ciò che gli stava dicendo Eddie, i pensieri forti come bombe ad ovattare ogni cosa che non fosse il rumore ripetitivo e confortante delle mentine che colpivano le estremità della scatola. Alzò lo sguardo sul Moonaire, a quel punto, prima di sopprimere il nodo che gli si era formato alla base della gola. Avrebbe dovuto trovarlo più preoccupante. Batté le palpebre, e rettificò mentalmente: doveva, imperativo, trovarlo più preoccupante. C’era uno scintillio nei suoi occhi, e le sue labbra avevano preso una determinata piega, e Richard Quinn non avvertiva alcun brivido di terrore. Ma avrebbe dovuto, logicamente. No? Tutta quella compostezza in una situazione simile non era normale. Edward non era normale.
    Inspirò e aspirò dalle narici, cercando di recuperare una parvenza di razionalità, e non distolse gli occhi neanche quando l’altro si avvicinò. Capì di essersi stretto contro il muro solo quando avvertì la superficie fredda contro la nuca; la naturale reazione di un animale privo di scampo di fronte a un predatore.
    Lentamente l’espressione mutò in una di pura confusione; sopracciglia inarcate, occhi a saettare lungo il volto del Moonaire. Insoddisfatto, cercò la sua risposta nelle iridi impossibilmente azzurre – quasi trasparenti sotto le luci fluorescenti del laboratorio. Ebbe appena il tempo di sussurrare un «…eddie?», prima che la mano dell’altro gli bruciasse la guancia. Stavolta mantenne lo sguardo basso, fisso su di un punto imprecisato della pavimentazione. Talmente scioccato da quella violenza improvvisa che neanche registrò veramente cosa fosse successo fino a che la voce di Edward, cristallina, non lo raggiunse di nuovo. Sicuro meglio di qualunque carezza: le fragilissime venature del suo cervello non avrebbero retto un gesto affettuoso, portandolo a perdere quel po’ di sanità mentale che gli era rimasta.
    Gli dolse ammettere, tra l’altro, che in parte aveva sortito l’effetto desiderato. Strinse i denti, spingendo per l’ennesima volta le dita tra i capelli.
    «ne sai più di quanto dovresti.»
    Che era un bene, vista la situazione. Sarebbe stato stupido autoconvincersi del fatto che fosse lì solo per quel motivo – perché era stata una scelta irrazionale, perché era l’unica persona su cui poteva davvero contare, per quanto triste la cosa potesse risultare, e perché non gli piaceva pensare troppo alle implicazioni di quella scelta. C’era qualcosa di affascinante nella facilità con cui tutto sembrava scivolargli addosso – impassibile e composto come Richard non era mai veramente stato in grado di essere, nonostante lo sforzo. Non era la pesantezza del suo portafoglio a rendere Edward Moonaire intoccabile, ma il suo stesso portamento.
    Si chiese brevemente, allora, se lo stesso luccichio che aveva visto animare gli occhi dell’altro fosse riflesso nei suoi, attivato da adrenalina e qualcos’altro. Scacciò via quel pensiero prima che potesse trasformarsi in una nuova ondata di panico.
    «io non… non credo.» un altro respiro strozzato, stavolta a pieni polmoni. Cercò Dorothea alle spalle di Edward quasi inconsciamente, prima di tornare all’interessantissimo linoleum ai suoi piedi.
    «non quando ce ne siamo andati. Il mio–» professore. Era lì con un docente. La sua assenza, così come quella della studentessa morta a pochi metri di distanza da loro, era stata sicuramente notata.
    Forse nessuno li aveva visti andare via, ma cosa cambiava? Collegare i punti sarebbe stato un gioco da ragazzi in ogni caso.
    Eh. Ops.
    Fece cadere le spalle, arreso. Era finito.
    Masticò l’aria per qualche secondo, e strinse dolorosamente le palpebre. «risaliranno a me. È inevitabile.»
    Avrebbe dovuto chiedergli di andarsene – liberare la scena del crimine finché era ancora in tempo e restarne fuori. Ma non era la brava persona che sarebbe voluto essere in quel momento, Dick: l’egoismo gli suggerì di tenerselo stretto finché poteva, e poco importava che l’avrebbe trascinato giù nel baratro con lui.
    Avvicinò quasi timidamente la mano verso Edward, per poi stringerla con decisione attorno al suo polso. Fece per dire qualcosa, a quel punto –
    E chiuse la bocca con un sonoro click.
    Non ci fece caso, quando la presa ferrea iniziò a disegnare mezzelune contro la sua pelle; e se Eddie si fosse sottratto da quel contatto non si sarebbe accorto manco di quello.
    Lasciò che il silenzio li circondasse fino a diventare opprimente; poi, con un filo di voce, «è sparita.»
    Nessun cadavere riempiva il tavolo su cui, era certo, la ragazza aveva esalato i suoi ultimi respiri.
    «è… è sparita
    E la conferma arrivò sottoforma di un rantolio; registrò la finestra spalancata, e ne udì un altro.
    Era proprio, cit, un cazzo di casino.
    richard 'dick' anthony quinn


    gustavo santaolalla - the last of us.mp3
  10. .
    We do our best vampire routines
    As we suck the dying hours dry
    professorhistorian
    richard anthony
    quinn
    Poteva uccidere una… bambola?
    Aprì e chiuse la bocca, inutilmente, per qualche momento. La sua coscienza? Ma poteva mai chiedere una cosa simile a un Dick? Mads, you got a big storm coming.
    Arricciò le labbra, pronto a un sermone così lungo da poter probabilmente esorcizzare la bambola per la sola noia, ma evidentemente la sconosciuta aveva altri piani.
    «Perchè? È solo un giocattolo, che problemi potrebbe creare?»
    Di nuovo, Dick provò a infierire: niente da fare. «stava sulla bancherella tranquilla fino a poco fa, e a meno che il venditore non sia morto, immagino... non sia particolarmente pericolosa»
    Alzò l’indice in aria, a quel punto – il gesto pacato di chi sta chiedendo, per favore, di poter parlare. D’altronde anche lui, come una qualunque sara sr, credeva nei grandi insegnamenti di gesù: non fare agli altri (i suoi studenti) ciò che non vorresti fosse fatto a te (parlare a vanvera senza prima chiedere il permesso).
    «mi preme confessarle, innanzitutto, che trovo la sua teoria decisamente molto interessante.»
    Poteva capitarti un qualsiasi cristiano normale, eh? E invece no. Hai Richard Quinn e te lo tieni.
    «un oggetto senziente è effettivamente in possesso di una coscienza? È un dubbio che molti, prima di lei, si sono posti. Deve sapere che Sigmund Freud trovò nell’immagine dell’oggetto animato motivo di unheimlich. Qualcosa che ci perturba, una realtà nascosta che torna sottoforma di trauma provvisorio. È anche vero che – almeno secondo le mie fonti – Freud non si è mai effettivamente ritrovato di fronte a una bambola in grado di alzarsi e camminare, e le sue supposizioni si basavano principalmente sugli esempi dati dalla letteratura e la più contemporanea, reale rivoluzione industriale che stava mandando in crisi il panorama filosofico del novecento.» poi Freud si voleva fottere la mamma, non era davvero un buone sempio per nessuno.
    Schiarì la gola; quindi drizzò la schiena ulteriormente, incrociando le braccia in quella che era a tutti gli effetti la sua posa da professore tì-em.
    «mi chiedo cosa avrebbe pensato o detto di fronte a un simile conundrum.»
    Eh, probabilmente sempre qualcosa legato a sua madre per giustificare un complesso di Edipo neanche troppo latente: vabbè, insomma.
    «no, non ho intenzione di farle alcunché. Se non, certo, metterla in un posto dove possa rimanere al sicuro – e dove, soprattutto, non rappresenti un pericolo per gli altri. Al di là di quelle che potrebbero essere le intenzioni della bambola – questo, sempre, supponendo che sia in grado di avere pensieri propri e che non si muova meccanicamente –, una maledizione è una maledizione. La magia, se trattata nel modo giusto, può manifestarsi in modi eccezionali. Temo non sia il caso di questo artefatto in particolare.»
    Che per giunta lo stava guardando male, ora, mentre le sue manine di stoffa si contraevano a ritmi regolari. Che non fosse intenzionata a saltargli alla gola?
    Comprensibile ma non particolarmente carino.
    So go, go away, just go, run away
    But where did you run to,
    and where did you hide?
    Go find another way, price you pay
    my chemical romance
    disenchanted
    the black parade


    non ho scritto una singola parola di qesto post sobria
  11. .
    when & where
    '88, godric's hollow
    what
    history teacher
    who
    anthony / dick

    8:12 a.m.

    «si prenda una giornata di riposo.»
    Passò una mano sulle venature dei libri adagiati sulla sua scrivania; copertine pesanti in un verde petrolio che si muoveva, come acqua, lungo tutta la superficie.
    Ottenerli era stato il peggior mal di testa della sua vita. Richieste di permessi su richieste di permessi: quelle pagine contenevano il genere di documenti che, nelle mani delle persone sbagliate, avrebbero potuto portare a una catena di bagni di sangue di cui nessuno, Hogwarts in primis, voleva essere responsabile. Era convinto avrebbero ricorso a un Voto Infrangibile, ma evidentemente avevano preferito la strada dell’incubo burocratico nella vana speranza, forse, che si arrendesse prima; incubo burocratico che era caduto, come spesso accadeva, principalmente sulle spalle di Nathan. Richard era stato al suo fianco per buona parte del processo – firmando pergamene e argomentando le sue teorie (revisionate, ovviamente, così da essere palatabili per il Ministero: erano stati chiari, d’altronde, quando avevano detto di voler risolvere la questione lontani da chi l’aveva subita) e stringendo mani –, ma non sarebbe realisticamente giunto ad alcuna conclusione senza il costante supporto del suo assistente.
    Racchiuse il palmo della mancina attorno al caffè; «è andato anche oltre le sue mansioni.»
    Era conscio, Dick, di essere un uomo difficile ed esigente: un difetto che si portava dietro in ogni aspetto della sua vita. Nathan, incredibilmente, non era ancora scappato a gambe levate. Addirittura si ricordava di portargli il caffè, piuttosto che sbattere una lettera di dimissioni sulla cattedra e imprecare fino al corridoio.
    Fece un ultimo cenno nella sua direzione; un silenzioso grazie, perché alle volte si sentiva troppo impacciato per tenere le spalle dritte come gli era stato insegnato e si chiudeva a riccio come un adolescente, e lo guardò chiudersi la porta dello studio alle spalle.
    A quel punto prese un sorso del caffè ancora bollente, e ammorbidì il nodo della cravatta prima di puntare la bacchetta contro i lucchetti che tenevano i tomi chiusi e pronunciare i vari – troppi – incanti di protezione che li rendevano altrimenti inaccessibili.
    Per lui non era stato solo ottobre. Un susseguirsi di eventi – Mitchell lo sapeva bene, perché erano stati spalla a spalla per tutto il tempo. Inspiegabili, perlopiù, come spesso accadeva con qualunque cosa riguardasse la magia: le menti più razionali scivolavano e fallivano, al cospetto del metafisico. Dick ci aveva provato lo stesso – e con lui, la docente di Erbologia e il vicepreside. E laddove la ricerca di Guadalupe si era soffermata principalmente sulla scienza, Richard aveva cercato le sue risposte nei libri. Trattati, pergamene distrutte, libri impolverati, almanacchi: le sue mani avevano sfiorato ogni carta, avevano percepito ogni vibrazione.
    Nulla era riuscito a sortire alcun tipo di risultato. Qualunque cosa si nascondesse alla base di tutta quella situazione, si nascondeva bene.
    Indossò, come suggeritogli dal curatore che aveva consegnato i libri tra le mani del Sykes, guanti isolanti – quindi aprì il primo volume, e prese a leggere.

    9:03 p.m.


    «non posso enfatizzare abbastanza quanto sia importante che tutti rispettino le semplici regole che ci siamo posti.»
    Rivolto a chiunque fosse presente in quel momento con loro. Lupe era già presa dalla sua mappa speciale, ma a Dick premeva evitare l’ennesima strage.
    «nessuno si allontana dal resto del gruppo da solo; nessuno disturba la foresta – che significa sussurrare e fare attenzione a non calpestare nulla, sia chiaro; nessuno fa cose di spontanea volontà senza prima consultarsi con gli altri, a meno che non si tratti di difesa urgente.»
    Solo allora raggiunse García Ramos: «credo di aver trovato qualcosa, Guadalupe.»
    Alzò la bacchetta davanti a sé, procedendo con passi lenti. Si piegò, invadendo appena lo spazio privato di Lupe – qualcosa per cui si sarebbe scusato in un momento migliore.
    «nulla di concreto – è ancora tutto molto, molto astratto nelle mie ricerche. Informazioni su di una divinità dimenticata.»
    Sbuffò una risata bassa. «forse niente che potrebbe interessare una donna di scienza come lei, temo.»
    richard
    quinn
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
  12. .
    We do our best vampire routines
    As we suck the dying hours dry
    professorhistorian
    richard anthony
    quinn
    «Gli esseri umani tendono sempre a pensare che le cose che non capiscono, abbiano cattive intenzioni»
    E di nuovo, Dick aggrottò la fronte. Un bene che la sua faccia fosse parzialmente coperta dalle ombre; era indubbiamente poco educato mostrare così apertamente la confusione in volto, ma la sconosciuta aveva molto probabilmente fatto allusioni sul non essere umana.
    Nonostante ogni fibra del suo corpo gli pregasse di chiederle di più, scelse saggiamente di non commentare. Non voleva di certo mostrarsi più sfacciato di quanto avesse già fatto.
    Lasciò scorrere lentamente lo sguardo sul bastone oscuro tra le sue mani, però; pochi secondi, prima di tornare a cercare gli occhi dell’altra. Strinse quasi impercettibilmente la mandibola e aggiustò la presa sulla bacchetta, ma mantenne una forma rilassata. Non era lì per uno scontro; fino a pochi secondi prima, a dirla tutta, non era lì per alcun tipo di motivo. Quindi, insomma.
    «perchè pensa che questa bambola sia maledetta? in caso non può... smaledirla e basta? Poi potrò occuparmene io»
    Arricciò le labbra e alzò appena il mento. Dunque, era davvero convinta di potergli soffiare la bambola da sotto al naso. Lavorava per qualcuno? La stava acquistando per terzi? Era semplicemente nuova a quella scena, e non avevano mai avuto modo d’incontrarsi? Brutte abitudini mai disimparate lo avevano portato a racchiudere la ragazza in una scatola ben precisa. L’aveva notata adocchiare l’artefatto e aveva rapidamente catalogato le sue vesti, l’acconciatura dei capelli, le mani, il linguaggio; c’era qualcosa d’indubbiamente strano, in lei. Poco ma sicuro, non appariva come il genere di persona in grado di controbattere a un offerente con un reddito disponibile come il suo. Non ricordava di aver visto il suo volto tra quelli delle casate nobili che, nonostante i suoi migliori sforzi, riuscivano a infestare le sue giornate con inutili eventi d’alta classe e conversazioni rubate tra le strade di Diagon Alley.
    Ma forse – forse si era semplicemente sbagliato. Forse, come lui, aveva scelto di sparire lontana dagli sguardi della società magica inglese per riniziare altrove; a giudicare dalle sue peculiari abilità, probabilmente erano stati i genitori stessi a nasconderla come un segreto in un posto dove nessuno avrebbe potuto sbattergli porte in faccia in quanto traditori.
    Batté le palpebre, lasciando vagare di nuovo lo sguardo sulla bambola.
    Aveva altre cose a cui pensare, in ogni caso.
    «vuole acquistare un oggetto di cui non conosce le origini?» una scelta… sicuramente interessante, la sua.
    «si suppone risalga al 1400, all’incirca. Nessuno conosce la magia esatta che l’ha portata in vita – oscura, indubbiamente. Sinistra, oserei dire. Il mago che ha soffiato vita nella sua stoffa era imprevedibile tanto quanto era potente.»
    Ripensò alle parole del venditore; prima che rivolgesse sguardi decisamente poco gentili alla ragazza aveva accolto con decisamente più entusiasmo le domande di Dick – il quale, certo, giocava la parte dell’acquirente in modo migliore: un pesante cappotto di marca dalle linee eleganti abbracciavano la sua forma, e le sue mani erano coperte da guanti in pelle di drago dalle cuciture magistrali; composto e imponente come un uomo in grado di sostenere il più alto dei prezzi. Meritevole di attenzioni diverse. Il genere di atteggiamento che lo lasciava con l’amaro in bocca, ma a volte aveva i suoi vantaggi.
    Si chiese se la ragazza fosse rimasta in ascolto, in quel lasso di tempo. Quindi, ci tenne a precisare: «come spesso accade in questi casi, temo si tratti di un personaggio incompreso. Colpa delle innumerevoli interpretazioni errate; ne avrà forse sentita una proprio stanotte.
    «Ebbene, Laudfolt non era malvagio. Molte sono le testimonianze che portano a credere il contrario, perché è cosa comune soffermarsi sui casi di omicidio che lo hanno inevitabilmente portato alla gogna»
    #ripeirith «ma, seppur le sue intenzioni non siano mai risultate chiare, dai diari che ci ha lasciato – o, quantomeno, le poche pagine che ci rimangono – appare piuttosto ovvio che non fosse mosso da una sete di sangue. Semplicemente, la sua magia era… difettosa.»
    Sospirò, e rivolse lo stesso sorriso educato di poco prima alla sconosciuta: «qualunque cosa l’abbia resa senziente richiede un controincantesimo inesistente. O introvabile, com’è spesso il caso delle maledizioni antiche. Sarà familiare con quella della licantropia, suppongo.
    «Posso assicurarla, però, di essere in grado di prendermi cura dell’artefatto ed evitare che crei alcun tipo di problema.»

    Perciò poteva anche lasciarlo ai suoi affari, ora.
    So go, go away, just go, run away
    But where did you run to,
    and where did you hide?
    Go find another way, price you pay
    my chemical romance
    disenchanted
    the black parade
  13. .
    We do our best vampire routines
    As we suck the dying hours dry
    professorhistorian
    richard anthony
    quinn
    «tornerò a salvarti»
    Dick, miglior offerente tì-em: huh.
    Inarcò un sopracciglio, studiando discretamente la ragazza dal suo lato della bancarella. Roteò nel palmo della mano l’amuleto che fino a pochi secondi stava osservando (sotto l’occhio da falco di quello che supponeva essere l’aiutante del proprietario; ogni volta che provava ad avvicinare ulteriormente l’oggetto verso di sé il collo del ragazzo si allungava di conseguenza, le unghie a imprimere mezzelune sul cartone dello stand), poi lo posò distrattamente e finse di interessarsi a un tomo sull’alchimia dall’aspetto antico e malmesso.
    A essere del tutto onesti Richard non si era mai particolarmente dilettato con la magia nera, e di certo non avrebbe iniziato con una bambola di dubbia provenienza; era, però, uno storico. E in quanto tale, di fronte a un possibile artefatto perduto di Laudfolt il Necromante, poteva forse tirarsi indietro? Il fatto che il venditore conoscesse le origini della bambola era sospetto, sicuramente. Un pezzo così interessante — svenduto a un mercato con un prezzo di partenza di pochi galeoni? Aveva girato abbastanza posti dubbi (spinto, ovviamente, solo dalla sete di conoscenza; ffs) da sapere quando una truffa era mascherata da affare, ma la cosa non lo avrebbe fermato. Se il suo stipendio da professore non era in grado di offrirgli una vita agiata, d’altronde, c’erano sempre i gioielli di famiglia a mettere le pezze dove il vizio di Dick finiva inevitabilmente per provocare danni critici al suo portafoglio. Un bene, forse, che nonostante tutto fosse riuscito a tenersi stretto l’eredità dei Quinn: non era decisamente fatto per una vita da classe media.
    E casomai la cosa non fosse abbastanza ovvia, attese che la sconosciuta si volatilizzasse prima di posare il libro dove lo aveva trovato e annunciare, con un sorriso educato, «se non le dispiace, raddoppio la mia offerta.»

    «stai cercando... me?»
    E Richard sussultò, preso alla sprovvista. Cercò con lo sguardo la sconosciuta, riconoscendo tra le ombre del vicolo la ragazza di poco prima. Aggrottò la fronte, a quel punto, aprendo la bocca per mettere a tacere ogni suo dubbio: talmente preso nel suo lungo, lunghissimo flusso di coscienza da non essersi reso conto (1) di dove fosse finito, (2) di non essere solo. La situazione era piuttosto incriminante, però; non voleva che tipella strana pensasse che fosse in cerca di una vittima da caricarsi nel furgone.
    Prima che potesse tirar fuori alcunché, però, lei lo precedette: «sei scappata?»
    Scappato. Lui. Da… da che.
    Sguainò la bacchetta, a quel punto, e si voltò in cerca di possibili minacce. Lo aveva tenuto sott’occhio per tutto quel tempo? Non era strano che Dick perdesse del tutto senso con la realtà; il suo cervello era sempre cento passi in avanti rispetto al suo corpo. Era un uomo di routine per un motivo preciso, d’altronde: certi processi, ormai, li aveva automatizzati per sopravvivenza. Troppo facilmente distratto dalle sue pergamene, il buon Richard.
    Fu allora che la notò. A pochi metri di distanza, appoggiata a un palo grezzo, c’era il vero destinatario di tutte quelle attenzioni. Rilassò le spalle che, inavvertitamente, si erano irrigidite in una postura da soldato; quindi stirò la giacca con le mani, e schiarì la gola.
    «la invito a mantenere le distanze.» rivolto a Mads, casomai le fossero venute strane idee. «è un oggetto maledetto; le sue intenzioni potrebbero non essere… delle migliori.»
    E rivolse un ulteriore sguardo inquisitorio alla bambola: uno specialis revelio non sarebbe stato in grado di sortire alcun tipo di risultato, contro un incanto oscuro. Gli serviva tempo.
    Gli occhi freddi del Quinn si posarono brevemente su Mads, a quel punto, prima di tornare alla bambola. «e, in ogni caso, temo d’informarla che, per come sono messe attualmente le cose, questo è un mio problema da risolvere.»
    Che era un modo per dire: giù le mani, che il giocattolo è mio. Ma chi si credeva d’essere, Morgana ladra.
    So go, go away, just go, run away
    But where did you run to,
    and where did you hide?
    Go find another way, price you pay
    my chemical romance
    disenchanted
    the black parade


    "mi fido di te" sì ma manco io so come usarlo quindi spero tu non ti sia fidata troppo <3

    la bambola la immagino come quella di nadja. fun fact
    (sì, il mago oscuro è drew. nostro drew. drew gioco alcolico. ciao lele)
    dick pensa che mads si stia riferendo a lui quando fa domande alla bambola perché in inglese le frasi di mads hanno genere neutrale (were you looking for me? / did you run away?). fun fact x3

    e sì scusa è brevissimo ma mi sono davvero data 20 minuti massimo per scrivere x d
  14. .
    november 16th, 2006anabiosis
    n. return to life after apparent death
    eighteen y.o.
    columbia sophomore
    magic historian
    You always let me down so tenderly, So live fast and die young and stay forever numb
    «mi pare un cazzo di casino, riccardo, non so a te»
    e per quel che contava, Richard era un po’ della stessa opinione – formulata in modo meno grezzo, indubbiamente, ma non poteva davvero permettersi di commentare. Non considerato quanto gli stesse chiedendo.
    Si alzò dal suo angoletto esistenziale, non curandosi di come potesse sembrare agli occhi del Moonaire: barcollante, scomposto, gli occhi spiritati. In momenti migliori avrebbe puntualizzato di aver visto Edward in situazioni decisamente più penose – e quindi neanche una parola, grazie.
    Si limitò a ignorare la domanda, perché come avrebbe potuto rispondergli? Quel barlume di razionalità ancora accesa gli suggeriva che ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato nel sentirsi vittima delle circostanze. Un intero cadavere s’irrigidiva nelle loro vicinanze, e lui pensava a come la cosa si sarebbe inevitabilmente riflessa su di lui. Una vera tragedia: impeccabilmente istruito, ma comunque destinato a rimanere, sotto gli strati di saccenza, un pidocchio dell’alta società in grado di pensare unicamente ai propri interessi.
    Piuttosto bofonchiò un «non è qui», lasciandosi poi guidare dall’adrenalina fino al corridoio del dormitorio.
    E senza perdersi in ulteriori discorsi inutili proseguì fino alle scale, poi giù nella hall, rispondendo a eventuali domande e provocazioni con silenzio teso. Non aveva nulla da dire, e non riusciva in ogni caso a sentirlo – non quando shock e alcol gli avevano annebbiato la mente, e ovattato udito e vista. Camminava, e camminava, superando i lampioni e gli edifici; un automa, fino a che le porte pesanti del laboratorio non gli si presentarono nuovamente davanti.
    Solo allora gettò uno sguardo alle sue spalle per capire se Edward fosse ancora con lui; e non abbastanza lucido da pensare di assicurarsi che ci fossero solo loro due testimoni di quella scena, si limitò a entrare.

    E, con le luci fredde della stanza a illuminare il corpo esanime della ragazza, la fitta di nausea lo colpì prima ancora che potesse farlo la coscienza.
    Scivolò in ginocchio nei pressi del cestino, accompagnando l’entrata del compagno di misavventure con un grazioso concerto di conati di vomito. Non lo disse, di essere fottuto – perché il Richard Quinn diciottenne a malapena toccato dalla vita era di gran lunga superiore a ogni situazione in cui si ritrovava, e di conseguenza si rifiutava in modo categorico di ammettere apertamente di non avere il controllo di qualunque cosa gli stesse accadendo – ma era, senza alcun ombra di dubbio, fottuto.
    Passò il dorso della mano sulle labbra, il respiro spezzato dal tremolio che pareva percorrergli l’intero corpo. «deve esserci un modo.»
    Per salvarle la vita? Certo che no. «non… possiamo segare un cadavere nel bel mezzo della notte.» E quindi niente manie da serial killer, Eddie. Premette i polpastrelli contro le tempie, frustrato. «io non c’entro–me l’ha chiesto lei. ho seguito le indicazioni alla lettera. quindi perché. perché.»
    E i pugni si racchiusero attorno alle ciocche di capelli disordinate, stringendo e tirando. Un bambino alle prese con un capriccio. «cosa faccio.»
    bugs bunny comunista meme: cosa facciamo*, dato che volente o nolente ora c’era dentro anche lui.
    richard 'dick' anthony quinn
  15. .
    se intendi nel profilo / nella scheda sì, certo!
48 replies since 21/4/2018
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