my compass, my transport

feat. arcibaldo

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    anyway,
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    si era reso conto di essere giunto a un impasse.
    succedeva, ogni tanto. è che il suo cervello giocava degli scherzi davvero interessanti, quando voleva. un momento era tooth – con la sua pergamena di storia della magia dimenticata tra i plichi nascosti sotto il letto del dormitorio, la cartella scolastica svuotata per dare spazio ai modellini freschi di pittura e i manuali di dungeons & dragons (plurale: quello da giocatore della quinta edizione, quello da dungeon master, quello sui mostri, quello sulla campagna su cui si stava basando), i quaderni di appunti (anche qui, plurale; una dedizione che i suoi professori potevano solo sognare di vedere riflessa nei quaderni distrutti e disordinati che si trascinava a lezione). quello dopo era toothless simmons – che forse quella pergamena di storia della magia non l’aveva dimenticata, ma la stava ignorando perché pensarci troppo provocava una morsa decisamente poco piacevole al suo stomaco. che rinviava le sessioni per la suddetta pergamena, e poi rimandava fino al tardo pomeriggio, e il dopo cena, e passava la nottata sveglio a fissare il soffitto e ripassare mentalmente il programma del giorno dopo. che doveva basarsi su di una precisa scaletta che lo voleva sveglio tre ore prima della colazione (la colazione l’aveva saltata perché aveva finito per svegliarsi troppo tardi) così da dedicarsi ai paragrafi che aveva procrastinato il pomeriggio prima, e poi in biblioteca dopo la lezione di trasfigurazione (si era presentato davanti alla biblioteca; aveva fissato la porta chiusa; era balzato come un furetto quando uno studente del settimo anno aveva picchiettato sulla sua spalla per chiedergli se fosse intenzionato, insomma, a entrare o a spostarsi; era schizzato verso la sala comune) per scrivere fino alle tre di notte (si era addormentato sulla poltrona e svegliato in tempo per la cena; aveva cenato; e la stanchezza che lo aveva fatto collassare in sala comune era tornata, permeando fino alle ossa; si era trascinato nei dormitori, ed era tornato a dormire).
    era toothless che trascinava uova e bacon nel piatto il giorno dopo ancora, il volto posato contro il pugno e lo sguardo distante. che combatteva contro l’acre sapore delle sue emozioni, perché non erano davvero giustificate. non era successo nulla, di fatto; si stava comportando come un bambino. i suoi compagni, due anni più piccoli, non solo erano riusciti a completare con largo anticipo, ma discutevano apertamente della consegna – lamentandosi di quanto fosse stata noiosa la ricerca, perché il libro utilizzava un linguaggio tutto fuorché scorrevole. menomale che avevano preso appunti durante le lezioni del professor quinn.
    tooth non aveva nulla da dire. durante le lezioni sul capitolo di storia della magia aveva disegnato lich e pensato al set da campeggio che aidan aveva promesso di comprargli in cambio di un voto decente. i suoi appunti erano frasi sconnesse e punti interrogativi e commenti; parole scambiate col suo compagno di banco.
    il libro lo aveva a malapena aperto. era incappato sulla prima parola difficile, la frustrazione lo aveva attanagliato, e aveva deciso di chiudere e pensarci in un secondo momento. perché c’era tempo, tanto.
    non c’era più tempo. aveva centodieci pagine sulla guerra dei goblin da leggere, un tema da scrivere, e a malapena un weekend. altre scadenze per il lunedì, anche quelle abbandonate agli albori, e la sessione che non poteva rimandare – perché aveva già bocciato troppe giornate – la domenica, e quella gli avrebbe tolto un sacco di ore. tra pianificazione, gioco, pause, debriefing.
    si sentiva stupido, e incapace di cose che sarebbero dovute risultare elementari alla sua mente di diciassettenne, e vicino al pianto. costantemente. una bomba a orologeria che macinava da giorni.
    inadeguato. imbarazzato dalla situazione, quindi aveva mentito a chiunque dicendo che aveva già concluso il tema, doveva solo consegnarlo. non era vero mai.
    i suoi piedi lo avevano portato quasi spontaneamente fino a quo vadis. ufficialmente, per farsi dare ripetizioni da quel saputo del cazzo (...affectionate; shh, non doveva saperlo davvero) di aidan gallagher.
    tanto che, aprendo le porte del locale, si diede appena il tempo di buttare la borsa su uno dei pochi tavoli ancora vuoti prima di schiaffare le braccia contro il bancone ed esordire con un «hai visto aidan?»
    a un livello… subconscio, se proprio vogliamo – senza la parte sub, a dirla tutta: ma non gli piaceva ammettere a se stesso di aver bisogno di aiuto, quindi non lo faceva –, ciò di cui necessitava era la persona che neanche stava guardando in faccia. gli occhi puntati contro le dita, occupate a tamburellare sulla superficie del vetro espositivo; eh, si vergognava di brutto, tooth, ma era un po’ di vecchio comfort a mancargli. un punto di riferimento e un’ancora allo stesso tempo.
    e magari di un ghost writer, se proprio riusciva a comprarselo abbastanza.
    tirò su col naso, e indietreggiò appena. poi spinse il polpastrello contro il vetro, incurante del cazziatone all’orizzonte. lasci impronte, poi devo pulirle. gngngn.
    «voglio quella ciambella.»
    e aveva anche bisogno di una ciambella.
    toothless
    simmons


    What am I waiting for?
    Feet planted beneath
    hufflepuff
    bodie, california
    can't handle change


    Edited by homini lupus - 30/4/2023, 02:48
     
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    Sarà forse una sorpresa, ma Arci era convinto di strafottutamente meritarsela quella vita e quella felicità.
    Abbandonato alla nascita perchè nato per sbaglio, cresciuto senza figure di riferimento stabili, adottato a sedici anni con il memo a soffiargli sul collo "devi essermene grato, senza di me chissà dove saresti" che forse per Bella e Ake era molto ahah divertente, ma non lo era per lui, una famiglia che neanche glielo voleva dire che era loro parente, amici rapiti, amici morti, il fratello che non l'aveva mai cercato e si era limitato a lasciare un'eredità monetaria prima di morire, un fottutissimo viaggio nel tempo e una vita a metà per impedire che l'universo collassasse o cose simili, una guerra combattuta per gente di un universo alternativo per aiutarli nonostante non lo toccasse minimamente, il ritorno a casa solo per scoprire che Belladonna l'aveva abbandonato. E in mezzo complessi, altri soprusi perchè natobabbano, un'indole auto distruttiva e arrabbiata, la convinzione di non essere abbastanza e che era nato buono a nulla e sarebbe morto buono a nulla.
    Ma aveva superato tutto.
    Non da solo, mai da solo, ma ce l'aveva fatta, e anche se essere adulti non era per forza facile, era felice di quello che aveva raggiunto.
    Il negozio, la casa, il lavoro come assistente. Gli amici, Aidan, la famiglia che si era creato. Era così funzionale che non solo riusciva ad essere felice, ma riusciva ad aiutare gli altri ad esserlo, come poteva. Con il supporto all'attività segreta che Vin e Bucky gestivano nello scantinato del B&B, con il lavoro a Hogwarts e i sorrisi fiduciosi agli studenti, col cane che Belladonna aveva abbandonato, con Volpe salvata dal 1919, e soprattutto con toothless.
    Oddio. Nel caso dell'ultimo, l'aiuto era reciproco (sappiamo un po' tutti che era toothy quello che davvero aveva salvato Arci, fin da bodie, anche solo esistendo, ma questa è un'altra storia), ma gli dava un certo orgoglio pensare di poter essere per il Simmons - un po' troppo simile a un giovane Leroy - quello che Arci non aveva avuto. C'erano stati i Cata per lui, certo, euge soprattutto, ma erano stati fratelli maggiori presi comunque dalle loro vite al primo posto. Arci sperava di riuscire a essere qualcosa di più-... poteva dire genitore? Era strano? Per lui, un po', per il Simmons probabilmente ancora di più. Dubitava Toothless lo vedesse come un padre. Dubitava addirittura lo vedesse come un tutore, o come qualcuno a cui rivolgersi quando avevi un problema-
    «hai visto aidan?» e infatti.
    Si morse l'interno della guancia, fissando il ragazzino (non più così ino. Cristo gesù, sembrava ieri che aveva dodici anni), cercando di capire il problema... senza, ovviamente, riuscirci.
    L'empatia non era mai stata la sua specialità, ed erano giorni che cercava di capire come intervenire, senza successo.
    «passa più tardi» lanciò uno sguardo all'orologio. «è ancora al ministero» Se aveva cercato di studiarsi gli orari di Aidan, per lo meno quando non doveva fare straordinari strani e cose così? Sì, certo. Conosceva un sacco di gente che era stata rapita (lui per primo.), better safe then sorry e partire all'azione il prima possibile se il Gallagher non si faceva vedere per troppo tempo senza spiegazioni (Arci lo aveva quasi pregato di farne una regola; poteva lasciargli i suoi spazi, lasciare che si deprimesse da solo e scappasse da lui se gli serviva farlo, ma Dio che almeno gli assicurasse con un messaggio che era vivo e stava bene, prima di scomparire).
    «voglio quella ciambella.»
    Di nuovo, sguardo sul tassorosso.
    «dita» lo ammonì senza cattiveria, e ponderò anche se chiedergli se se la meritasse quella ciambella, se avesse fatto i suoi turni di pulizia in casa come richiesto o avesse passato il tempo a pensare a un nuovo personaggio- prima di ricordarsi che le parole avevano un peso, e lui lo sapeva bene con tutti i complessi che quelle altrui gli avevano lasciato. Certo che tooth meritava quella ciambella. «vorrei, e per favore» disse allora-... mordendosi di nuovo la lingua.
    Cristo, aveva vent'anni e sapeva solo sgridarlo. «i clienti scortesi non piacciono neanche a te» gli ricordò allora, cercando di spiegargli il senso della correzione. Già era di un umore chiaramente di merda, non voleva peggiorare la situazione, cazzo.
    Alzò la campana facendogli segno con la testa di prendere quello che voleva («quello che tocchi prendi»), e usò poi la bacchetta per pulire il vetro dalla ditata.
    ...
    E quindi.
    Quello, purtroppo, era terreno inesplorato per entrambi. Nessuno dei due aveva mai avuto un padre decente, nessuno dei due aveva mai avuto esempi da seguire su come rapportarsi nella loro situazione.
    Poteva solo andare a tentoni, il Leroy, come faceva ogni giorno da quasi sei anni. Magari chiedere se?? voleva imparare a guidare???? cosa fanno i padri aiuto.
    Una cosa per volta: «ti posso aiutare io?» probabilmente no. Ma era comunque lodevole ci stesse provando, giusto? Giusto?
    Sbagliato.
    In quanto suo (redacted) (padre) era il minimo che cercasse di capire cosa non andasse, e si offrisse di aiutarlo. «vuoi- parlarmene?»
    archibald
    dominique-leroy

    Grace is just weakness Or so I've been told
    I've been cold, I've been merciless
    But the blood on my hands scares me to death
    Maybe I'm waking up today
    1999's
    seer
    former slytherin
     
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1 replies since 30/4/2023, 01:24   103 views
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