Votes given by reset me

  1. .
    joe king
    ronan beaumont barrow
    The world around us is burning but we're so cold
    It's the few, the proud, and the emotional
    Non aveva mai consegnato una lettera a qualcuno che conoscesse per presenza o sentito dire. Nei confronti di quella festa, Joe King provava indubbiamente delle emozioni, che a giudicare dal viso adombrato della Oakes ed a come la Sargent continuasse a torturarsi le mani, non erano le stesse delle due Custodi. Euforia, principalmente. Estasi. Trovava tutto stravagante, eccentrico e meraviglioso, e da quello che sapeva dei poveri cristi invitati all’evento, non poteva che aspettarsi delle perle. Ma poi perché cazzo c’era anche Renny? Sospirò drammatico, spuntando dalle retrovie per allacciare un braccio attorno al collo del fratellino, attirarlo a sé, e stampargli un bacio sulla fronte, saltando nello stesso movimento sul bancone dove si sedette per osservare il resto degli invitati. «bro. Nulla spegne una festa come l’infausta presenza del Generale dell’Esercito» ammonì, adocchiando però lo stile con cui si era adeguato al tema. Apprezzava il pensiero, ed era felice che non seguisse i consigli di quello specifico neurone per guidare le truppe del loro paese. Gli sorrise, perché era orribile e lo adorava. Joe, dal canto suo, aveva scelto di seguire il dress code con un paio di pantaloncini a fantasia hawaiana, infradito, un cappello di paglia, ed una di quelle collane tamarre che andavano tante anche dalle sue parti – quelle con il dente di squalo, per intenderci.
    Insomma. Era tornato in America: quell’outfit non era poi così diverso da quello che era solito usare a Santa Ana. Era pure abbronzato, perché lui, al contrario di quei cadaveri ambulanti della sua famiglia, al sole stava volentieri, e sapeva prendersi cura della propria pelle abbastanza da scurirsi senza diventare color salsa cocktail. «te li ricordi?» domandò, chinandosi verso il BB ed abbassando il tono di voce, un cenno con il capo agli invitati. Il ghignò sulle labbra del King si allargò, sopracciglia a saettare verso l’alto. Al contrario di Renny, non era un grande ammiratore dei segreti, ma sapere tutto quello che sapeva senza che gli altri ne avessero la benchè minima idea, era comunque… inebriante, a suo modo. Non sapeva chi cazzo fossero, ma sapeva il loro futuro nome, e che un tempo avessero creduto in qualcosa abbastanza da trovarsi lì. Non aveva idea di chi fosse il ragazzo al bancone, né quello con l’espressione annoiata quasi quanto quella del Generale, ma sapete chi conosceva? Ammiccò a Renny, perché era preparato. «RYUZAKI!» Fake se l’era perso per pochi mesi, anche se sapeva della sua esistenza. Ma Ryu? Erano andati a scuola insieme! Stessa casata! E non aveva avuto assolutamente alcuna idea che fosse un Messaggero; da mente eccelsa qual era, fu con precisione chirurgica la prima cosa che disse balzando giù dal bancone per offrirgli il saluto womo per antonomasia (stretta di mano, abbraccio a metà, pacca sulla spalla): «sono passati…. Wow. Molti anni. non sapevo fossi uno di loro» non avrebbe potuto fingere il tono eccitato neanche se ci avesse provato: era sinceramente felice di essere lì, in quello specifico lasso spazio temporale. «joe» offrì la mano all’altro ragazzo, indicando con la mancina i loro matching outfit. Erano entrambi più adatti ad una festa in spiaggia che al Platinum, ma sapete a chi non importava? A loro, esatto. In perfetto stile Joe King, non diede reale tempo per rispondere, ammaliandoli con un brillante sorriso nella stessa frase in cui congedeva se stesso «immagino che ci vedremo dopo» Dita alla fronte, un’ultima pacca sulle spalle di entrambi, ed era di nuovo tornato a fare il gufo del Generale, perché non voleva rischiasse di sentire troppo la sua mancanza. «che mondo piccolo» e poi, giusto perché lui non ci vedeva nulla di male nel fattaccio, arricciò il naso divertito. «chissà se viene anche sunday» un sogno, una favola!
    23 y.o.
    keeper
    healer
    fairly local
    twenty one pilots
  2. .
    i'll sleep when i'm dead



    1 Luglio 2023.
    Dopo una guerra civile e mondiale durata più di un mese, non tutti hanno voglia di festeggiare.
    C'è chi vuole farlo, certo, per celebrare la fine della battaglia e la vittoria della stessa, chi vuole semplicemente dimenticare le ultime settimane fingendo di essere tornati alla normalità (ruggenti anni '20, anyone?) ma sono in molti a non avere intenzione di ballare lasciandosi alle spalle la morte e la distruzione come se niente fosse. Non basta uno schiocco di dita per cancellare gli eventi recenti, né chiudere gli occhi o indossare un bell'abito per dimenticare che il mondo sia cambiato, e in maniera impossibile da ignorare. C'è chi ha perso la propria casa, fra gli studenti di Hogwarts, chi ha perso la propria famiglia, la vita che conosceva, e tutto quello che vorrebbero è rintanarsi sotto le coperte e fingere per un po'di non esistere, piuttosto che festeggiare una vittoria che non sembra la loro vittoria.
    Nessuno ha torto, nessuno ha ragione.
    Sono modi diversi di elaborare il lutto.
    E come unire le due scuole di pensiero, se non con un gigantesco pigiama party?
    Toglietevi le scarpe e, se non vi siete attrezzati precedentemente, usufruite delle ciabatte nuove messa a disposizione all'ingresso dell'annuale Prom scolastico. Quelli che vi accolgono sono sorrisi di plastica e al neon, ma anche timide speranze che il peggio sia finito. Ricominciare insieme, partendo da una nuova ultima lunga notte.
    Guardatevi intorno, entrando negli (irriconoscibili a prima vista) Corridoi.
    Benvenuti allo Sleepover Club.



    Quest'anno, per conciliare e rispettare ambo le parti, il comitato studentesco ha deciso di limitare l'esuberanza delle decorazioni ed il numero di attività ludiche offerte da (matricole bullizzate e staff scolastico) simpatici volontari in favore di un ambiente più intimo e raccolto. Quello che si presenta ai vostri occhi è un ballo scolastico moderato, sobrio, ma ugualmente soddisfacente (si spera!) per coloro i quali si siano recati al prom con la voglia di divertirsi e dimenticare, almeno per qualche ora, che fuori dalle mura di Hogwarts li aspetta un mondo nuovo e capovolto.

    All'entrata potete trovare l'usuale bancone accoglienza gestito dagli studenti del II e III anno: controllano i vostri biglietti, vi offrono (se non le avete con voi) delle comode ciabatte con cui poter proseguire, e vi dipingono le unghie di colori che si illuminano al buio. Ciascuna coppia avrà lo stesso colore, così che possa riconoscersi e ritrovarsi nella folla, mentre nessuna coppia avrà un colore uguale alle altre. Classica attività da sleepover, immancabile al vostro prom '23. Ancora prima di mettere ufficialmente piede all'interno dei locali, potete notare le centinaia di stelline appese al soffitto dei corridoi e sospese sopra il cortile interno, che lampeggiano alla pallida luce dei fuochi e della luna. La leggenda narra che per ogni desiderio espresso fra sé e sé, una delle stelline si spegnerà.

    Oltre il bancone, si snodano i Corridoi, dove sono posizionati tavoli pieni zeppi di cibo (ala est) e bevande (ala ovest): per alcuni saranno decisamente familiari, in quanto quasi tutte leccornie provenienti dall'infanzia di ciascuno studente, indipendentemente dalla provenienza geografica e/o sociale. Oltre alle caramelle classiche del mondo dei maghi, ci sono anche dolci e salatini dal mondo babbano. Qualcuno potrebbe aver corretto il classicissimo punch con pozioni particolari, ma sta a voi scoprirlo.
    E se proprio non doveste trovare nulla che vi aggrada, oppure aver voglia di sperimentare, niente paura! Da novelli Masterchef troverete anche delle postazioni per cucinare tutto quello che vi viene in mente. Il comitato è sollevato da qualsiasi causa per avvelenamento, però.

    OFF: si possono citare gli effetti dei dolcetti elencati nella discussione in infopoint (link: trick or treat), inventarne di nuovi (che finiranno in discussione a disposizione di tutti) o semplicemente dire che le bevande sono corrette (o correggerle voi on gdr; siamo qui per creare *stelline* drama *stelline*); in questo caso, dovrete specificare voi con cosa sono stati corretti i drink, diventerà canon per tutti.


    Quello che però salta veramente all'occhio, ed è praticamente impossibile da non notare, è la mole preoccupante di fortini che ricopre invece il suolo del cortile interno in lungo ed in largo; fortini di coperte e cuscini, sembrerebbe quasi abbandonati con poca cura, ma posizionati strategicamente per far sì che tutti possano occuparne uno insieme al proprio accompagnatore, o insieme agli amici. Sono tutti, ovviamente!, incantati: chiudendo con un lenzuolo l'entrata, diventano magicamente insonorizzati, e nessuno potrà sentire cosa succede all'interno (per serata karaoke? rivelarsi segreti? qualsiasi cosa facciate, mantenetevi sotto il PG13 per cortesia...). Unica accortezza? L'effetto dura per cinque minuti, e non vi avviserà quando sta per terminare; studenti avvisati, mezzi salvati. Inoltre, si mormora che dicendo ad alta voce a qualcuno un desiderio dentro uno di questi fortini, aiuti a realizzarlo. Siete pronti a scoprirlo da voi?
    Naturalmente, nulla vi vieta di non chiudervi dentro, ma di dedicarvi a qualsiasi attività tipica dei pigiama party. Skincare? Lavoretti fatti a mano in stile Art Attack e Giovanni Muciaccia? Giocare a obbligo o verità? Dormire (sì, non ci crederete mai, ma c'è anche chi dorme, alla fine, allo sleepover club. E no, non è Pandi)?
    Potete fare tutto!
    Circa.

    Qua e là per il Cortile sono state disposte stazioni per la lotta con i cuscini, perché divertirsi e nello stesso momento sfogarsi un po'non può fare male. Se invece siete pigri e i cuscini richiedono troppo sforzo – vi capiamo, tranquilli – nei punti un po' più defilati del Cortile troverete anche coperte da picnic piene di cuscini e lanterne su cui potervi accomodare in compagnia dei vostri amici e… dei giochi da tavolo! Sì, perché vi basterà pensare a qualsiasi gioco da tavolo perché questo si materializzi nella vostra postazione. Rovinerete per sempre amicizie sfidandovi a Uno o passerete tutta la serata (e probabilmente i tre giorni successivi) nel bel mezzo di una partita a Monopoli?

    Al centro e nel cuore della festa, invece, è stata sistemata una bellissima palla stroboscopica magica in grado di fornire le risposte a qualsiasi quesito, purché posto ad alta voce. Per ricevere risposta (e, badate bene: la palla tende ad essere un po' petty, le risposte non sempre quelle che uno possa – o vorrebbe – aspettarsi) bisogna colpirla delicatamente con l'apposito bastone, facendola ondeggiare. La luce colpirà le scaglie argentee, lasciando piccoli arcobaleni su tutte le superfici, e la risposta verrà proiettata sul lenzuolo appeso alle mura di Hogwarts.

    OFF: per la lotta con i cuscini non esiste un "regolamento" off, potete giocarla come preferite; per la palla, invece, dovrete fare la domanda in chat e la risposta che riceverete sarà la stessa data on al pg.
    Per quanto riguarda i giochi da tavolo, ispiratevi a quello che volete: possono essere esistenti o, chiaramente, inventati (che sia finalmente giunto il momento per la sessione di Jumanji degli assistenti?).


    Nella parte nord dei Cortili, lo spazio è aperto per le danze: il pavimento è comunque morbido, il che renderà i movimenti impacciati e più difficili, ma è il pensiero a contare – ed essere lì con le persone giuste. Lì si trovano anche le casse da cui proviene la musica scelta dal vostro comitato che potrete sentire ovunque, ma sarà più forte nei pressi della pista da ballo. La zona è delimitata da cuscini di ogni forma e dimensione su cui potrete riposarvi tra una danza sfrenata e l'altra.
    O calciarli su qualcuno. Non vi giudicheremo.

    OFF: la playlist è collaborativa, significa che ognuno di voi potrà aggiungere una canzone, ma ogni canzone aggiunta dovrà essere giustificata ON gdr con una richiesta al DJ della serata - fate un saluto a Baltino!


    Infine, nella parte sud dei Cortili, troverete un'area più raccolta con quello che sembra e, in effetti, è, un piccolo e rudimentale palco. Ebbene sì, qui potete mettere alla prova le vostre abilità dialettiche e sfidarvi in una gara di barzellette! E, dopo una certa ora, in questa zona la notte si farà più buia, per fare spazio a una maratona di racconti di paura.
    Cosa si vince?
    Un mongolino d'oro

    OFF: on game tanto le barzellette quanto i racconti di paura saranno votati da una giuria popolare, ovvero tutti i presenti nell'area in quel momento. Off, invece, dovrete tirare un dado da 10 per estrarre l'indice di gradimento della vostra performance. Ogni pg può raccontare un massimo di tre barzellette e tre storie di paura; di entrambe, in caso, verrà fatta una media, così che alla fine ognuno abbia un voto da 1 a 10 per le barzellette e per i racconti. In caso di vincitori a parimerito? Eh. Vedremo.



    Edited by ‚soft boy - 1/7/2023, 00:43
  3. .
    paris bentley tipton
    Non era stato lui ad offrirsi volontario per quella stupida attività con i bambini, ma quell’infame di sua madre. Capiva che la donna avesse le migliori intensioni nel farlo, che stesse cercando di passare del tempo con i figli durante le vacanze di Natale nonostante i mille impegni, ma quello non era il modo di farlo. Anche perché, Paris non avrebbe definito quality time obbligare lui e Bengali a vestirsi da renne per fare volontariato al San Mungo. Il Tipton era vagamente a conoscenza del sostegno che la fondazione di famiglia dava all’ospedale, ma non si sarebbe mai immaginato che un giorno sarebbe stato il capro espiatorio di uno dei loro PR stunts. Almeno c’era sua sorella con cui autocommiserarsi, anche se la sua vista gli ricordava quanto ridicoli sembrassero al momento. «ho già detto che odio i bambini?» ribadì per l’ennesima volta, guardandosi intorno con naso arricciato e braccia strette al corpo- caso mai qualcuno di loro avesse provato a toccarlo. «guardalo, sta ciucciando quella macchinina! se soffoca non sono affari miei» rivolse uno sguardo esasperato a Gali, indicandole con un cenno del capo un bambino poco distante, che ad occhio e croce non avrà avuto più di quattro anni. Sapeva a malapena gestire se stesso, l’idea che una creatura fosse dipendente da lui era abbastanza per fargli venire un tracollo. Dopo l’ennesimo bambino che gli tirava il pantalone e gli chiedeva dove fosse babbo natale decise che aveva compiuto abbastanza azioni buone per quel giorno «penso proprio che me ne andrò. tanto manca mezz’ora» annunciò a nessuno in particolare, forse al Divino, forse a sua madre. Si tolse le orecchie da renna dal capo depositandole su un tavolino vicino, scompigliando i capelli che erano stati appiattiti dalla banda delle orecchie. «paris? dove stai andando?» a fanculo, spero letteralmente. Paris si morse la lingua, voltando appena il busto per guardare la sorella da oltre la spalla «a una festa. vuoi venire?» sapeva già quello che avrebbe risposto, ma non significava che non glielo avrebbe comunque chiesto. Era una questione di chi era più testardo, di chi sarebbe stato il primo a mollare la presa e a cedere. Paris era determinato a far sentire Bengali parte della famiglia, nonostante l’unica cosa che condividessero fosse un cognome acquisito a malapena tre anni prima. «no, questa volta passo» e va bene, allora tieniti i tuoi segreti. Sicuramente era troppo impegnata a fare cose con Goal. Ma sapete cosa? Anche Paris era impegnato con un altro ben10 quindi si sarebbe fatto bastare la quota spagnola del gruppo.

    Ci sarebbe stato molto da dire sul fatto che le uniche apparizioni di Paris fossero alle feste, al di fuori di presentarsi a lezione. Non era difficile capire il perché se si pensava che le feste fossero l’unico luogo dove il Tipton poteva scroccare cibo e alcol gratis. Soprattutto quest’ultimo. Non era potuto arrivare prima a causa del suo contrattempo al San Mungo, non aveva idea da quanto la festa fosse iniziata ma pur di presentarsi a un orario decente non aveva nemmeno avuto il tempo di struccarsi. Era abbastanza sicuro che sembrasse un pagliaccio. Il che mood, si sentiva spesso preso per il culo come un clown al circo. Comunque. La vita da persone sobrie era triste, e lui non si sarebbe mai fatto sorprendere a una di quelle occasioni senza un bicchiere di qualche miscela indefinita in mano. Portò il bicchiere all’altezza degli occhi, inclinandolo leggermente di sé per studiarlo. Il fatto che avesse lo stesso colore e consistenza del succo d'arancia non aiutava, anche se sospettava che gli avessero rifilato un bicchiere del famoso Botellón. Bastava che non ci fosse dello Jager dentro, poi poteva sopravvivere. «al coma etilico» fece tintinnare il bicchiere contro quello di Balt, per poi prendere un sano sorso del miscuglio. «arancia, vodka e vino. geniale» sicuramente un mix che l'avrebbe portato all'essere brillo e poi ubriaco in molto poco, si conosceva abbastanza da non mentire a se stesso. Fece per buttarne giù ancora, affascinato da come quella merda del vino bianco fosse stata resa quasi piacevole dal succo d'arancia. «te che hai- tutto apposto, monrique?» lo spagnolo, che fino a due secondi prima stava bevendo facendosi i cazzi suoi, si era avvicinato a lui con una delle sue espressioni che non indicavano niente di buono. Chissà quanto aveva bevuto. «reggi peggio di delilah, ed è tutto dire» minchia bro, ma che vergogna almeno lui fingeva di essere dignitosamente sobrio anche da brillo. Sperava fortemente di sbagliarsi, perché Paris aveva dei piani ben precisi per quella sera, e fare il babysitter di Baltasar non rientrava tra quelli.
    Breathe in and I'm suddenly floating
    I've been living with my mind in the clouds
    Just another sip and I'm talkin'
    Feel like I'm in the atmosphere

    fifteenravenclawben10 assemble


    REMIX di prompts yay

    [PROMPT] — Ti sei offerto per fare volontariato al reparto Pediatria del San Mungo, vestito da renna, ma all'improvviso qualcuno ti aggredisce perché “oddio credevo fossi un pagliaccio — è colpa del naso rosso!”
  4. .
    ufficiale mi gioco la scheda di niamh
  5. .
    I can make it hurricane on it
    Hunnid bands, make it rain on it
    when & where
    barcellona, 21.04.2003
    what
    student
    who
    toxic-lover13

    non sapeva se avrebbe dovuto indossarlo.
    l’ossessione per le cose costose, luccicanti, era qualcosa che Liz si portava dietro dalla prima infanzia, quando era più usuale per lei vedere degli orecchini di perle che un autobus.
    ma quel ciondolo che quella vecchietta le aveva dato poco prima, per strada, in un posto poco raccomandabile dove era venuta per stare da sola, conciata malissimo, senza badare ne al trucco ne a come si era vestita, per pensare un po’ a quello che sarebbe diventata la sua vita da un anno a quella parte: certo, avrebbe portato avanti l’attività che tanto aveva voluto, ma avrebbe dovuto limitarsi solo a quello?
    Liz non aveva mai provato quei forti sentimenti come… l’amore o il desiderio, anche se dall’aspetto e dai suoi comportamenti poteva sembrare una donna vissuta, e lo era in alcuni ambiti, non aveva vissuto per bene una gran parte dell’adolescenza ritrovandosi ad essere un guscio quasi completamente vuoto.
    I soldi le piacevano, ma le sarebbe piaciuto anche provare cose nuove che non fossero sostanze chimiche.
    E mentre rifletteva ancora, ripensando alle cose sulle quali aveva rimuginato tutta la settimana, si rigirò ancora una volta quello strano ciondolo tra le dita, passandoci su il pollice: quello che avvenne era molto confuso, Liz che si bloccava sul posto e sgranava gli occhi avendo una visione, una voce che le sussurrava perderai tutto, siete maledetti, non avete scampo, Liz che tornava finalmente in se e scopriva di avere qualcuno davanti a se a cui si sentiva in dovere di chiedere «L’hai visto anche tu?» aveva sospirato passandosi la mano fra i capelli biondi, per la prima volta in disordine «La vecchia ci ha fatto la macumba, ma non ci ha detto come spezzarla, bella merda» ma scegliere un giorno in cui aveva l’outfit decente no? almeno sarebbe morta con stile
    LISSETTE MONRIQUE
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    Edited by Empress. - 13/10/2022, 23:08
  6. .
    We do our best vampire routines
    As we suck the dying hours dry
    1894'sspecial muggle
    ritka daisy
    mads
    Quando sentì l'altra persona nel vicolo con lei sfilare la bacchetta, Mads fu rapida a richiamare le ombre e a compattarle per avere con sè un lungo bastone. Si erano vicendevolmente ignorati fino a quel momento, lei e l'uomo - o così pensava - ma avere un'arma puntata addosso tendeva a metterla sul chi vive. Pensava il mago non l'avesse seguita, che fosse una casualità si trovassero lì insieme, ma magari sbagliava, e lui era stato più bravo di quanto lei credesse nel mimetizzarsi e sembrare un nessuno qualunque in giro per il parco.
    Si stupì quando l'uomo si sistemò gli abiti schiarendosi la voce, minimizzando lo scatto che entrambi avevano appena avut, e portando invece la sua attenzione sulla bambola di Mads.
    La ragazza passò lo sguardo da uno all'altra per tornare poi da lui.
    «la invito a mantenere le distanze.»
    «mi scusi?»
    «è un oggetto maledetto; le sue intenzioni potrebbero non essere… delle migliori.»
    Mads inclinò la testa di lato, e osservò la bambola, ora immobile - eppure con lo sguardo sempre fisso nel suo. Non le sembrava particolarmente... cattiva. Sapeva che esistevano oggetti magici con volontà propria, che questi erano pericolosi, ma non voleva credere il giocattolo rientrasse fra questi. Quel piccolo esserino le aveva lanciato una richiesta d'aiuto con lo sguardo. Ancora lo stava facendo.
    Voleva la libertà, e non c'era sentimento che Mads non capisse meglio.
    «e, in ogni caso, temo d’informarla che, per come sono messe attualmente le cose, questo è un mio problema da risolvere.»
    «Gli esseri umano tendono sempre a pensare che le cose che non capiscono, abbiano cattive intenzioni» non mantenne le distanze, non fece scomparire il bastone, ma non si mosse per avvicinarsi alla bambola o all'uomo. Sapeva che ci fossero alte possibilità di star prendendo un granchio.
    «perchè pensa che questa bambola sia maledetta?» agitò una mano in aria «in caso non può... smaledirla e basta? Poi potrò occuparmene io»
    i miss my brother
    like the sea would miss the salt
    if that were taken away
    maggie lindemann
    couple of kids
    -
  7. .
    [QUOTE=MANIAC.mp3,8/10/2022, 00:37 ?t=62611437&st=0#entry459060817]
    sunwoo
    darae
    slytherin
    15 y.o.
    ben10
    dont care didnt ask
    my ultimate goal is to look pretty
    but just slightly inhuman.
    subtly ethereal.
    like "something about him is strange"
    but you can put your finger on it
    "Posso cercare di capire che mi sta raccontando cazzate?"
    Eli's voice: ok, fammi un tiro di percezione.
    "12+1(sag)"
    Mmmmh capisci che c'è qualcosa che non funziona, ma non riesci a capire esattamente cosa. Non ti fidi di Mood, ma non puoi essere certo ti stia mentendo.


    Dara strinse lo sguardo, occhi scuri sul nanerottolo serpeverde. Il suo cuore gli diceva che il prefetto si stava prendendo gioco di lui, ma la sua mente era annebbiata come sarebbe stata da una birra di troppo, e non riusciva ad afferrare con precisione la realtà: era lucido, ma non abbastanza.
    «sei sicuro di stare bene?»
    No, onestamente no. Gli girava la testa, ma si sentiva allo stesso tempo euforico e pieno di energie. Stanco, ma senza il desiderio di andare a coricarsi, anzi. Era sorpreso dalla domanda, ma ancora troppo sul chi vive per emozionarsi e credere che il Bigh fosse più gentile di come una prima impressione gli aveva dato. Si sentiva brillo e confuso e sovreccitato e in ansia, pur senza aver bevuto alcunchè.
    «sto bene» mentì secco.
    Se anche non fosse stato bene, non lo avrebbe detto a lui, non quando lo guardava con sufficienza. Oppure... oppure gli interessava davvero di lui...
    «dara... qui non c’è niente»
    1) non sapeva fossero così in rapporti intimi da usare i nomi propri.
    2) gli stava dicendo una puttanata.
    Per forza.
    Dara sentiva il gargoyle king fosse vicino, sempre più vicino. Come poteva non percepirlo anche l'altro, nello stomaco e nell cuore in gola?
    «perchè» indietreggiò, per non perdere tempo, ma non diede le spalle al Bigh e al mostro in avvicinamento. «perchè neghi. Lo sai che ho ragione»
    Non poteva ancora vederlo, ma nella sua mente l'immagine del Re caduto era sempre più netta.
    Vestito di nero come la morte, rami e foglie del bosco ornate di bacche rosse come il sangue, una maschera bianca come il silenzio. Non aveva bisogno della vista, per sapere che era lì, per sapere com'era fatto. Prima di allora non ne aveva mai sentito parlare che ricordasse, ma non ce n'era bisogno.
    «lo senti anche tu»
    (mood: ??? no
    fine.)
    0:49
    4:09
    ci penso, domani
  8. .
    We do our best vampire routines
    As we suck the dying hours dry
    professorhistorian
    richard anthony
    quinn
    «tornerò a salvarti»
    Dick, miglior offerente tì-em: huh.
    Inarcò un sopracciglio, studiando discretamente la ragazza dal suo lato della bancarella. Roteò nel palmo della mano l’amuleto che fino a pochi secondi stava osservando (sotto l’occhio da falco di quello che supponeva essere l’aiutante del proprietario; ogni volta che provava ad avvicinare ulteriormente l’oggetto verso di sé il collo del ragazzo si allungava di conseguenza, le unghie a imprimere mezzelune sul cartone dello stand), poi lo posò distrattamente e finse di interessarsi a un tomo sull’alchimia dall’aspetto antico e malmesso.
    A essere del tutto onesti Richard non si era mai particolarmente dilettato con la magia nera, e di certo non avrebbe iniziato con una bambola di dubbia provenienza; era, però, uno storico. E in quanto tale, di fronte a un possibile artefatto perduto di Laudfolt il Necromante, poteva forse tirarsi indietro? Il fatto che il venditore conoscesse le origini della bambola era sospetto, sicuramente. Un pezzo così interessante — svenduto a un mercato con un prezzo di partenza di pochi galeoni? Aveva girato abbastanza posti dubbi (spinto, ovviamente, solo dalla sete di conoscenza; ffs) da sapere quando una truffa era mascherata da affare, ma la cosa non lo avrebbe fermato. Se il suo stipendio da professore non era in grado di offrirgli una vita agiata, d’altronde, c’erano sempre i gioielli di famiglia a mettere le pezze dove il vizio di Dick finiva inevitabilmente per provocare danni critici al suo portafoglio. Un bene, forse, che nonostante tutto fosse riuscito a tenersi stretto l’eredità dei Quinn: non era decisamente fatto per una vita da classe media.
    E casomai la cosa non fosse abbastanza ovvia, attese che la sconosciuta si volatilizzasse prima di posare il libro dove lo aveva trovato e annunciare, con un sorriso educato, «se non le dispiace, raddoppio la mia offerta.»

    «stai cercando... me?»
    E Richard sussultò, preso alla sprovvista. Cercò con lo sguardo la sconosciuta, riconoscendo tra le ombre del vicolo la ragazza di poco prima. Aggrottò la fronte, a quel punto, aprendo la bocca per mettere a tacere ogni suo dubbio: talmente preso nel suo lungo, lunghissimo flusso di coscienza da non essersi reso conto (1) di dove fosse finito, (2) di non essere solo. La situazione era piuttosto incriminante, però; non voleva che tipella strana pensasse che fosse in cerca di una vittima da caricarsi nel furgone.
    Prima che potesse tirar fuori alcunché, però, lei lo precedette: «sei scappata?»
    Scappato. Lui. Da… da che.
    Sguainò la bacchetta, a quel punto, e si voltò in cerca di possibili minacce. Lo aveva tenuto sott’occhio per tutto quel tempo? Non era strano che Dick perdesse del tutto senso con la realtà; il suo cervello era sempre cento passi in avanti rispetto al suo corpo. Era un uomo di routine per un motivo preciso, d’altronde: certi processi, ormai, li aveva automatizzati per sopravvivenza. Troppo facilmente distratto dalle sue pergamene, il buon Richard.
    Fu allora che la notò. A pochi metri di distanza, appoggiata a un palo grezzo, c’era il vero destinatario di tutte quelle attenzioni. Rilassò le spalle che, inavvertitamente, si erano irrigidite in una postura da soldato; quindi stirò la giacca con le mani, e schiarì la gola.
    «la invito a mantenere le distanze.» rivolto a Mads, casomai le fossero venute strane idee. «è un oggetto maledetto; le sue intenzioni potrebbero non essere… delle migliori.»
    E rivolse un ulteriore sguardo inquisitorio alla bambola: uno specialis revelio non sarebbe stato in grado di sortire alcun tipo di risultato, contro un incanto oscuro. Gli serviva tempo.
    Gli occhi freddi del Quinn si posarono brevemente su Mads, a quel punto, prima di tornare alla bambola. «e, in ogni caso, temo d’informarla che, per come sono messe attualmente le cose, questo è un mio problema da risolvere.»
    Che era un modo per dire: giù le mani, che il giocattolo è mio. Ma chi si credeva d’essere, Morgana ladra.
    So go, go away, just go, run away
    But where did you run to,
    and where did you hide?
    Go find another way, price you pay
    my chemical romance
    disenchanted
    the black parade


    "mi fido di te" sì ma manco io so come usarlo quindi spero tu non ti sia fidata troppo <3

    la bambola la immagino come quella di nadja. fun fact
    (sì, il mago oscuro è drew. nostro drew. drew gioco alcolico. ciao lele)
    dick pensa che mads si stia riferendo a lui quando fa domande alla bambola perché in inglese le frasi di mads hanno genere neutrale (were you looking for me? / did you run away?). fun fact x3

    e sì scusa è brevissimo ma mi sono davvero data 20 minuti massimo per scrivere x d
  9. .
    theu don't call me a fucking dumbass shithead idiot for nothing
    when & where
    October '22 | wicked park
    what
    dark arts professor
    who
    bridg3rton

    Rob: sersha 1!1! La prefe di Euge !1!1!1
    Eli: meh, Euge non era il preferito di sersha

    e questo è quanto.
    potremmo finire qui, ma non sarebbe un vero post e comunque manca ancora un'ora alla partita (ciao Alice friendly reminder che ti voglio bene), il tempo va occupato in qualche modo — che non sia mangiandosi tutte le dita al pensiero della formazione titolare.
    quindi andiamo avanti: andó avanti.
    sbattendo contro il corpo minuto della kavinsky euge non era caduto all'indietro come da prompt, ma la sorpresa l'aveva comunque costretto ad indietreggiare un paio di passi, rimbalzando come una pallina di gomma; il successivo impropero nei confronti della signora kavinsky era stato del tutto fortuito e involontario (babbi mi ha appena mandato la formazione e ora cominciò a sudare sul serio) «molto probabile» rispose alla comeback della ragazza, soffiando un bacio sulle dita e poi al cielo per quella mamma che non aveva mai conosciuto, e della quale ad essere sinceri non era mai capitato che sentisse la mancanza «comunque non mi riferivo alla tua, di madre...unless? » insomma, che ne sapeva il Jackson.
    forse se qualcuno si fosse degnato di metterlo a parte della questione 2043 (due a caso: i suoi figli.) e avesse quindi saputo che la mamma in questione altri non era che akelei beaumont, forse il dubbio non gli sarebbe venuto. o magari si, ake bella di casa, qui non ti giudica nessuno per le tue molteplici conquiste ❤ certo non euge, che ai suoi tempi aveva ripassato mezza scuola meglio e con maggior impegno di quanto avesse mai tentato di studiare una qualunque materia. bei tempi. «la vecchiaia le ha fatto venire la cataratta?» ah, i giovani!
    loro, e quella loro straordinaria convinzione di poter morire prima di veder lentamente decadere corpo e mente. ne era stato convinto anche Eugene, da ragazzino, e non è che negli anni non si fosse impegnato con tutto se stesso per rimanerci secco prima dell'inevitabile fine — i hope i die before I get old, cantavano gli who, ma poi indovinate chi era arrivato a 77 anni senza fare una piega? proprio loro. a parte Keith Moon, ma questa è un'altra storia. quindi si, a modo suo il Jackson la comprendeva nel profondo «solo un cazzo di mal di schiena, kavinsky» quasi a voler sottolineare la cosa premette entrambe le mani ad altezza reni, facendo scrocchiare la colonna vertebrale.
    poi, a fior di labbra, rivolgendo lo sguardo altrove, aggiunse «troppo sesso

    cosa»

    cosa. oh, era solo sincero. ormai sersha non era più una sua studentessa, ma un membro attivo del Ministero (?), proprio come lo era stato lui prima di immischiarsi in quella losca faccenda che chiamavano insegnamento. praticamente erano alla pari, due adulti più o meno responsabili (lei di più) persi dentro un labirinto «quel clown di merda (cit.) vuole i miei soldi.» il tono di voce del trentunenne si fece più basso, roco, un granello di rabbia e indignazione a graffiare la gola «non mi stupirebbe se avesse anche ucciso qualcuno» anzi, ora che la kavinsky aveva menzionato i serial killer, ne era quasi praticamente certo.
    un fruscio alle loro spalle lo fece sobbalzare, rumore di passi in avvicinamento: scarpe troppo grandi, uno scampanellio di morte; risatina da raccolta fondi «[gandalf's voice] (tamburi negli abissi. non possiamo più uscire. un'ombra si muove nel buio. non possiamo più uscire) arriva. » serscia fai qualcosa dai ♡


    Eugene Jackson
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
  10. .
    when & where
    25.10.00, france
    what
    ravenclaw
    who
    lilac parker
    Con atteggiamento (inviperito) indignato, Lilac si girò a braccia incrociate verso Ash e assottigliò lo sguardo. «Perché mi guardi così?» gli domandò quando – comprensibilmente… – l’amico gli lanciò l’ennesima occhiata preoccupata nel posare una balla di fieno a terra. Adesso che il Ketchum si era diplomato, Pervenche non aveva più il suo primo e migliore amico con cui passare le giornate e le mancava la sua compagnia… sconclusionata. E a cosa potevano servire i muscoli di Lilac, se non aiutare Ash e i suoi fratelli alla fattoria??
    Ma quel giorno, Perv stessa sapeva che non era stata il massimo della collaborazione. «Io. Sono. Calmo In fact, non era calmo. Quel mese l’avvicinarsi della luna piena aveva ribaltato il suo umore e, complice il fatto che l’immagine patinata di Lilac era sempre un po’ più sincera e meno costruita con Asher rispetto agli altri, si era comportata in modo odioso. Ma Pervenche non lo avrebbe ammesso, pur essendone consapevole. Ovviamente.
    La luna piena era sempre un periodo critico per più ragioni – il ricordo di accuse infondate, l’avvicinarsi della trasformazione, dover nascondersi dagli occhi altrui –, e quella volta aveva finito per sfogarsi sul suo amico, anche lui licantropo e quindi anche lui in un momento difficile. COMPLIMENTI PERVENCHE SEI PROPRIO UNA VERA AMICA!!! Finì di rastrellare il fieno sporco, le labbra strette tra loro e i pensieri pregni di sensi di colpa; infine si girò verso l’altro. «Okay mi disp-» «BRO TUTTO A POSTO NON PENSARCI!!!!» … Lilac serrò di nuovo la bocca. Non gli aveva neanche dato l’occasione di scusarsi per bene quindi gli rimanevano i sensi di colpa e si arrabbiava per i sensi di colpa e per Ash che aveva interrotto le sue scuse!!!!!!! (tradotto: era la luna.) «SAI CHE TI DICO, NON LE MERITI LE MIE SCUSE!» Inforchettò (il famoso “inforchettare” con il rastrello) un’altra manciata di fieno e continuò a sbuffare, più forte di quanto appena avesse fatto il cavallo accanto a sé.

    Che poi, non le faceva né piacere né dispiacere, trasformarsi in lupo una volta al mese: era… naturale, per lei, che lupo mannaro ci era nata. Fino a qualche anno prima non l’avrebbe sfiorata minimamente, l’idea che potesse fare del male a qualcuno. Ma, se prima aveva la sua famiglia e/o la scuola di Beauxbatons a controllarla, a Hogwarts si sentiva più scoperta. Perché non poteva rischiare – chi, poi? Paranoia – che qualcuno vedesse che Lilac Parker si trasformasse in un lupo mannaro fEmMiNa. Insomma, un paio di dubbietti sarebbero sorti.
    Senza contare che, ora più che mai, Pervenche sentiva la pressione di dover dimostrare che non aveva mai perso il controllo con delle persone nelle notti di luna piena.
    Per evitare fastidi, Perv aveva iniziato a nascondersi nella Stamberga Strillante – e fino a quel momento era stato un ottimo posto!!! Non ci aveva mai trovato nessuno (per fortuna o sfortuna, punti di vista), lì poteva riprendersi con calma dopo la nottataccia e dopo i dolori della trasformazione. Eppure, forse per sesto senso, qualcosa non la faceva stare tranquilla. Anche stavolta, si era come sempre limitata a girare sulle sue quattro zampe non alopeciose (storia lunga.) nelle vicinanze della Stamberga – e persino da lupo, senza la piena lucidità umana, aveva avuto per tutto il tempo una brutta sensazione a percorrerle la spina dorsale, in una presenza sinistra, vaga e impalpabile. Anche stavolta la pozione Antilupo aveva fatto il suo dovere, e senza rendersene conto, quando mancava poco al ritorno in forma umana, l’istinto la guidò all’interno della casa infestata.
    Sul pavimento c’era una coperta, dall’aspetto talmente trasandato che pareva essere stata abbandonata, quando invece era Pervenche ad averla messa lì, accanto alla sua uniforme corvonero: se solo ci fosse stata una telecamera nella stanza, si sarebbe visto un lupo mannaro dal pelo nero e lucido col sedere all’aria, mentre infilava il muso sotto la coperta e spuntava dal lato opposto in tutta comodità. Il tempo stava per scadere e sarebbe potuta tornare al castello. Perfetto. Fantastico. Nessun intoppo-
    E INVECE!!! Ecco la fregatura – cioè un Linguini, ma in effetti (per Perv le due parole erano interscambiabili) lo avrebbe capito solo pochi attimi dopo. Il suo dannato naso aveva captato in ritardo l’odore (di… caffeina….???) di un altro lupo mannaro nascosto a una distanza apparentemente esigua ma che, spinta dall’olfatto, finì per intravedere dietro un divano. Aveva il pelo folto e riccio. Oh nononononononono-
    Riuscì a scappare? Risposta: no, per rimanere in tema. Le ossa avevano già iniziato a cambiare conformazione, comunicandolo con familiari scariche di dolore, assieme al pelo, le zanne, la coda. Un ultimo ringhio di mainagioia (una filosofia di vita che non l’abbandonava neanche nella sua versione pelosa.) e Pervenche si ritrovò con un’altra persona nella stessa stanza, in un aspetto che a Hogwarts nessuno avrebbe dovuto vedere: le sue vere sembianze, e la sua maledetta vera faccia, con capelli neri, occhi castani e tutto il resto. Il panico le esplose dentro, nella confusione totale. Chiunque fosse lì, lo odiava a priori. A occhi sgranati, si strinse la coperta addosso e afferrò il maglioncino blu-bronzo, pronta a correre via.
    E francamente già consapevole che non ci sarebbe riuscita.
    I Linguini le portavano solo sfiga.
    pervenche
    roux
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    Edited by ancient‚ - 8/10/2022, 15:13
  11. .
    friday
    de thirteenth
    30 y.o.
    journalist
    obliwhat
    champagne diet
    I think I'm bored
    Everyone I know is trapped in boxes,
    always fighting the same wars
    All of my friends Transparent in their
    search for perfect purchases and trends
    Non era paziente. Friday De Thirteenth non era mai stata paziente, e non avrebbe di certo cominciato quel giorno, in debito di caffè ed in una situazione così drammatica con un imperfetto sconosciuto. «hai visto la mia bacchetta?» Roteò gli occhi su di lui, stringendoli in due fessure. «ti sembro forse tua madre?» e dov’erano le scarpe, e dov’era la sua bacchetta, era proprio un uomo - e non era un complimento neanche alla lontana. Che poi, anche l’avesse trovata, se la sarebbe tenuta per principio, visto che la sua mancava, e non si fidava affatto di quel tipo. Era così… sospettoso. Perchè era così sospettoso? Solo le persone colpevoli diffidavano sempre degli altri. Drizzò le spalle, scuotendo i capelli ramati con stizza, passando le dita fra i capelli e solo per puro caso lasciando che il medio indugiasse sulle lunghezze. «anche giornalista» si morse la lingua prima di inveire su una polemica che non li avrebbe portati da nessuna parte, e di cui – perlomeno in quel frangente. - Reese non sembrava colpevole. Non bastò ad ammorbidirla il fatto che la conoscesse di nomea (...un pochino sì.) e più lui la osservava come un non particolarmente caso scientifico, più si sentiva ribollire di tutti gli impulsi per i quali sgridava sempre la sua sorellina, tipo ringhiare e mostrare i denti. Cioè. Sapeva che a probabilità, e statistiche matematiche!, avrebbe dovuto essere lei quella guardinga nei suoi confronti? Non sarebbe stata né la prima né l’ultima donna tramortita da uno psicopatico qualunque, portata in un seminterrato, e indotta ad una sindrome di Stoccolma che avrebbe rovinato tutta la sua vita anche se, ed era un grande se, fosse uscita da lì fisicamente illesa. Incrociò le braccia sul petto, allontanandosi di un passo. «Quale delle “centinaia di migliaia di motivi” ti ha portata ad indossare un camice non tuo?» Respira, Fray. Respira. Chiuse gli occhi, le dita a massaggiare la radice del naso. Inspirò profondamente, espirando ed agitando vaga una mano nell’aria. «non so, te la butto lì. halloween?» non sapeva se fosse la verità, ma sicuro un’opzione più probabile rispetto ad un furto. «tu normalmente ti svegli in celle con donne sconosciute? Perché per questo non ci sono centinaia di migliaia di motivi» gli offrì il palmo, invitandolo a consegnare le sue scuse. «ma poi cos’è, un interrogatorio? se è tutto parte di qualche gioco di ruolo – non giudico – sappi che non do il mio consenso» specificò, strizzando gli occhi e poggiando i pugni sui fianchi. Sapeva non fosse il caso; a quel punto, voleva solo dargli fastidio. Prima o poi avrebbe capito che doveva accettare di collaborare, anziché trattarla come il nemico. ...Oppure no, perché era solo un alcolizzato, ma tentare non poteva nuocere.
    A meno che quel tentare non fosse cercare di aprire nuovamente la porta che Fray aveva appena dimostrato non si aprisse, in quel caso nuoceva e di brutto.
    «Ok. È chiusa.» Lo guardò truce, i denti stretti e le unghie conficcate nei palmi per evitarsi di fare qualcosa di stupido tipo tirargli uno schiaffo. «insieme alle scarpe e alla bacchetta, devo cercarti anche il buon senso? chiedo. Chissà se è li da qualche parte… soffocato da tutta questa mascolinità tossica…. » allargò le braccia indicando la piccola stanza nella quale si trovavano. Non c’erano molti posti dove cercare; non c’era neanche un bagno, e dire che il cesso sarebbe stata la sua prima scelta come inizio delle ricerche.
    Umettò le labbra, stringendo il labbro superiore fra i denti, occhi piantati testardamente sul soffitto. «non...lo so, ok? Non ricordo. Ma è strano. non è la mancanza di memorie da alcool, o il vuoto di un incantesimo. Sembra più… sfocato» distolse lo sguardo dall’alto per posarlo sulle pareti, che sfiorò delicatamente con l’indice. Chissà, magari possedevano i Poteri TM dei 7 ed i puri di cuore avrebbero avuto fantastiche visioni sul futuro e la morte imminente! «penso sia questo posto» conosceva abbastanza dei Laboratori da sapere non fosse un’ipotesi così azzardata. Anzi, aveva perfettamente senso che le pareti fossero intrise di magia, risultando in quei buchi neri, perché LEI, al contrario di QUALCUN ALTRO, contribuiva davvero alla risoluzione del caso. «chi hai fatto arrabbiare per finire qui? Immagino sia una lista lunga, ma abbiamo tempo» era indubbio che fosse colpa di Risotto, Fray era una patata e nessuno voleva farle del male. «spero.»
    2:05
    4:02
    i think i'm bored, dbmk
  12. .
    mood
    bigh
    prefect slyth
    15 y.o.
    1400-ish
    betray, belittle, boytoy
    I'm a face in your flashback
    That you thought you deleted
    Well you can't take the hurt back
    When you stayed through the first act
    A new face with the same eyes
    «vassallo, sostantivo maschile. Nella società feudale, uomo libero che si rendeva soggetto a un signore mediante il contratto di vassallaggio. Per estensione e senso figurato, suddito o subordinato; come aggettivo allude a uno stato di vergognosa servitù.» Chiunque fosse così insicuro delle proprie scelte – di parole, di vita – da dover dare spiegazioni, non meritava la considerazione di Mood. Dopo averlo osservato una manciata di secondi, aggrottò lievemente le sopracciglia, mostrando una confusione che non provava, ed una tenerezza, nel sorriso curvato verso il compagno, che non sentiva. «grazie» detto con il tono morbido e sincero con cui avrebbe ringraziato qualcuno che gli avesse passato il sale anziché l’olio a tavola: apprezzando il pensiero, e chiedendosi al contempo cosa fosse andato storto nelle loro capacità cognitive e comunicative. «se scappo non divento suo vassallo. duh» oh, amore [condiscendente]. Era il momento in cui gli citava la sua stessa risposta rimbalzandogli lo stato di vergognosa servitù? Nah, al Bigh non piaceva sottolineare quanto gli avesse dato ragione ragione, e nella sua spiegazione si fosse insultato da solo; era quel genere di battuta per pochi che amava tenere per sé. Come diceva tiktok il detto: the girls who get it, get it; the girls who don’t, don’t. Inarcò le sopracciglia stringendosi debolmente nelle spalle. «probabilmente hai ragione» perché dare il contentino faceva il lavoro meglio che continuare a remare contro. «d'accordo, non mi credi. e non mi credi e non hai di meglio da fare, puoi andare tu» Chi aveva detto che non gli credesse? Lo reputava improbabile, certo, ma non era quello il fulcro della questione: a Mood, non importava, che fosse o meno vero. Era diverso. Non l’avrebbe corretto, perché aveva una reputazione. Lo osservò incuriosito, spostando l’attenzione da Dara al corridoio alle sue spalle.
    Li sentiva, i passi?
    Ebbene. Ora che Dara aveva smesso di parlare e tintinnare come una campanella, poteva percepire qualcosa provenire dalla direzione indicata. L’interesse atipico e selettivo del Serpeverde drizzò le orecchie, lasciando al Mood l’ingrato compito di mantenere un’espressione del tutto neutra, eccetto per una chiazza di sincera preoccupazione nei confronti della salute mentale del compagno. «sei sicuro di stare bene?» suonò impensierito, come se il benessere di Dara potesse avere un qualche peso specifico nella sua esistenza, ma non allarmato. Rimase a guardarlo ancora per qualche secondo, lasciando che lo sguardo scuro indugiasse sul compagno con una nota di vago compatimento.
    Poi si affacciò.
    Il corridoio del piano infestato non era illuminato quanto il resto di Hogwarts – su cui comunque, si tendeva a risparmiare, lasciando sempre un sentore di pericolo ed inquietudine a permearne le pietre: c’era la crisi – e perfino i quadri erano deserti, mostrando principalmente paesaggi. Dalla sua posizione, riusciva ad intravedere il dipinto di una magione abbarbicata ed abbandonata su una collina. Mood non provava paura. Come base di vita, gli mancava quel tocco di sopravvivenza che un giorno – chissà. Magari a breve – avrebbe fatto la differenza fra vivere o morire. Non era una scelta, era un effetto collaterale dell’avere una mente troppo veloce, e più pensieri di quanti potesse contenerne: non c’era posto per il timore. Così come la sorpresa, difficile da leggere nei tratti allenati, e ben addestrati, di un sempre imperturbabile Mood Bigh.
    Lo vide. Con la coda dell’occhio, lo vide.
    C’era qualcosa in avvicinamento, qualcosa di alto, e bianco. Non traslucido come i fantasmi, ma bianco come l’assenza di colori, una tela intonsa che assorbiva vernice anziché lasciarsi imprimere dal pennello. Aveva una maschera che pareva fatta d’ossa, ma del colore sbagliato - nessun osso era così bianco, non quand’era vero. - ed un paio di corna rosse e affilate, lame già intinse di sangue secco.
    Magari era uno scherzo a Dara. Magari era uno scherzo a lui. Magari quel genio incompreso del suo compagno di casata, aveva davvero fatto un qualche tipo di patto di sangue proprio nei giorni in cui il confine fra i mondi era più sottile.
    Sospirò piano, la lingua ad umettare le labbra. «dara...» corrugò le sopracciglia, spostando lo sguardo dal corridoio al ragazzo. «qui non c’è niente» I haven't gaslighted anyone in a couple days. feeling: incomplete. Cit
    0:49
    4:09
    secrets, tribe society
  13. .
    CITAZIONE (‚soft boy @ 8/10/2022, 00:05) 
    (pensavo fosse ispirata a the secret history lo spoiler mi ha sconvolto)

    oddio won ci ho pensato anche io!!!!! UN NEURONE!!!!


    e niente socc che dire ora sono intrigued DACCI IL SEGUITO ❤❤❤❤❤❤
  14. .
    OH MY PANDI MA È!!! adoro tutto, e una parte di me lo considera già canon. BELLISSIMA JKBEBEVEVE
  15. .

    ser
    sha
    kavinsky


    • freak
    • pavor
    • twenty-two
    • ex slytherin
    Più Sersha si guardava attorno e più era turbata. Le sembrava di essere tornata a Bodie, tutte quelle decorazione a metà tra un ranch horror e un western scadente la terrorizzavano più di qualsiasi costume da due soldi. Perché le facevano venire i war flashbacks, duh. E quello le ricordava che la prossima volta ci avrebbe pensato due volte prima di andare a una festa di Halloween con Sandra. Sì, perché Sunday era tornato a casa per non perdersi l’evento più importante dell’anno: il compleanno di sua sorella. Non l’avrebbe mai perdonato se lo avesse balzato perché impegnato a fare il cazzone in culonia, quindi non aveva avuto molta scelta. «sono io, o è familiare?» domandò ai Freaks mentre si addentravano all’interno della festa, o meglio, un evento organizzato da qualche associazione ma che secondo Sersha valeva come festa perché c’era il cibo e le persone indossavano dei costumi. Non lei, ovviamente, lei era il cosplay vivente di Mercoledì Addams e tanto bastava. L’evento era stato allestito in un’area del parco lontana dalle giostre panoramiche e gli stand che vendevano dolci, o dal più sinistro e letterale Freak Show. Qualcuno doveva avere avuto a disposizione un budget considerevole date le attrazioni disponibili, tra cui un fuckin’ «LABRITINTO!» esclamò quel coglione di Sandy (sì, con tanto di typo verbale), che evidentemente aveva succhiato la voglia di vivere dal resto del gruppo e adesso stava vibrando. O forse si era calato troppe pasticche. Chissà se al Ministero ogni tanto fanno i drug test visto che gli impiegati sono ministerali and shit, vorrei dire che sono persone serie ma sappiamo chi ci lavora- anyways, Sersha avrebbe voluto che almeno le condividesse. «e quindi?» inarcò un sopracciglio e spostò lo sguardo annoiato sul fratello, spronandolo ad usare le parole come le persone normali. «non siamo qui per divertirci? e i labirinti lo sono…..immagina quanti bambini puoi bullizzare» purtroppo, Sandra conosceva i punti deboli della Kavinsky e sapeva quanto amasse traumatizzare i marmocchi. Dovevano imparare sin da piccoli che la vita era una merda, e la pavor aveva preso il compito affidatole dal Fato molto seriamente «va bene ma non mi chiamare quando ti perdi» le ultime parole famose. Perché Sunday si perse eccome, e con lui sparì anche il resto della compagnia degli anelli. Sersha l’aveva sempre detto che avevano il senso dell’orientamento di un cieco, e che non potevano essere lasciati da soli. Peccato che appena si era girata non li avesse più trovati, quasi fossero scomparsi del nulla. La Kavinsky si guardò intorno cercando di localizzarli ma era inutile, c’era una nebbia per niente inquietante che si era alzata dal terreno e le siepi che costituivano i muri erano troppo fitti per scorgere qualcosa. Sersha era troppo occupata a guardarsi indietro per accorgersi che c’era qualcuno davanti a lei, finendo così per scontrarsi con lo sconosciuto. Fosse stata un’altra persona avrebbe cacciato un urlo notevole, ma qui stiamo parlando di Sersha e della sua resting bitch face perenne. «calhamammaputtana» «forse la tua sì» borbottò tra i denti quando si trovò con il culo a terra, già abbastanza seccata dal fatto che si fosse fatta trascinare in quella cagata al posto di bere. Il secondo errore di Sersha quel giorno fu di alzare lo sguardo, ritrovandosi davanti una delle persone che mai avrebbe pensato di incontrare lì «prof jackson???» ew, l’amichetto dei suoi genitori nonché suo ex professore. Era colpa sua se era stata bocciata sei volte, sapete? No, non era vero, but still non era la sua persona preferita al mondo «la vecchiaia le ha fatto venire la cataratta?» Sersha lo sguardò da capo a piedi con il naso arricciato, il tono di voce più irritato di quello che aveva inteso. Si rialzò avendo cura di pulirsi i pantaloni dalla terra, per poi rivolgersi all’anziano in maniera più calma «perché stava correndo in quel modo? si è mica imbattuto in un serial killer?» gli occhi della Kavinksy si illuminarono per un momento all’idea, eccitata dall’idea di incontrare qualcuno di così inspirational e leggendario. Ultimamente aveva obbligato CJ a guardare la nuova serie su Dahmer, era ancora in hype.

31 replies since 17/9/2022
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