Posts written by yeet!

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    nome pg: Clayton Morales
    fazione: pro
    dov'è: RAPITO OBLINDER O MINIQUEST

    nome pg: marcus howl
    fazione: pro
    dov'è: RAPITO OBLINDER O MINIQUEST

    nome pg: barrow skylinski
    fazione: pro
    dov'è: ULTIMA SETTIMANA — NORMALE

    nome pg: check vibe
    fazione: pro
    dov'è: PARTECIPANTE QUEST CHE NON E' NELL'ULTIMA SETTIMANA

    ——————————

    nome pg: taichi lìmore
    fazione: contro
    dov'è: ULTIMA SETTIMANA — OSTACOLO NELLA BOLLA

    nome pg: murphy skywalker
    fazione: contro
    dov'è: RAPITO OBLINDER O MINIQUEST

    nome pg: moka telly
    fazione: contro
    dov'è: RAPITO OBLINDER O MINIQUEST

    nome pg: joni peetzah
    fazione: contro
    dov'è: PARTECIPANTE QUEST CHE NON E' NELL'ULTIMA SETTIMANA

    nome pg: benjamin millepied
    fazione: contro
    dov'è: PARTECIPANTE QUEST CHE NON E' NELL'ULTIMA SETTIMANA

    nome pg: leonard vaughan
    fazione: contro
    dov'è: RAPITO OBLINDER O MINIQUEST

    nome pg: edward moonarie
    fazione: contro
    dov'è: ULTIMA SETTIMANA — NORMALE
  2. .
    nome pg: barrow skylinski
    classe: sentinella luminare
    (solo se special) potere: //
    arma: balestra
    punti salute a fine settimana: 73
    punti attacco / punti difesa: 23pa / 35pd
    (se switch) partecipa per: Barry e Ficus (master +5pd)

    nome pg: edward moonarie
    classe: guerriero berserker
    (solo se special) potere: //
    arma: fucile d'assalto
    punti salute a fine settimana: 51
    punti attacco / punti difesa: 27pa/25pd
    (se switch) partecipa per: Eddie e Joni (leader)

    nome pg: Taichi Lìmore
    classe: difensore anatema
    (solo se special) potere: atmo... cinesi? (ahah.)
    arma: cerbottana
    punti salute a fine settimana: 57
    punti attacco / punti difesa: 18pa/20pd
    (se switch) partecipa per: ty e check (mago)
  3. .
    ok dai ho capito.
    una e si vola (dove non è dato saperlo)
  4. .
    mi stavo pure dimenticando.
    una!

    vieccete vieccete
  5. .

    when
    28.10.'23
    where
    whitmore mansion
    who
    w/ julian

    haunted house

    « ... Fai dei bei respiri profondi, cara. Come vi chiamate? » nessuno l'aveva mai chiamata cara un vita sua. e forse fu quello, prima ancora della morbidezza nella voce di mina, a scuotere joni dal torpore che lei stessa aveva permesso la avvolgesse — assolutamente non da lei.
    riprenditi, cristo santo.
    odiava sentirsi così impotente, piccola e vulnerabile, sapere con certezza di avere bisogno che qualcuno le desse una mano; aveva sempre cercato di risolvere i problemi da sola, la peetzah, perché dover contare sull'aiuto altrui presupponeva una debolezza, e ne conseguiva un debito. inesistente, forse, ma non per lei: c'era stato un tempo, ridicolmente vicino, in cui joni era stata davvero convinta che lasciarsi aiutare fosse il primo passo per sentirsi costretta a ricambiare il favore.
    e, a quel punto, avrebbe dovuto fare i conti con il fatto che non ne sarebbe stata in grado.
    forse nemmeno voluto.
    se le occasioni per sentirsi impotente, piccola e vulnerabile non le fossero piombate addosso una dopo l'altra senza il minimo preavviso, forse sarebbe rimasta imperturbabile sulla sua posizione neutrale, maturando il desiderio di risolvere ogni problema senza contare su nessuno fino a portarlo all'eccesso. nella sfiga, poteva dire di aver avuto una piccola fortuna.
    «julian» con la donna accanto, il tentativo di recuperare un minimo di compostezza questa volta le riuscì, almeno in parte; si mise ginocchia per terra, incurante del sangue a rapprendersi sui vestiti e nei capelli, le dita della mancina a stringersi delicate ma ferme attorno al braccio del ragazzo «lui si chiama julian, io sono joni. siamo.. siamo entrati solo per dare un'occhiata e—» il corpo dell'ex grifondoro le tremò ancora una volta sotto il palmo e, in un movimento più istintivo che razionale, gli sollevò la testa poggiandosela sulle gambe. meglio lì che a sbattere sul marmo reso opaco da anni di incuria «ha preso in mano quello» con un cenno del capo indicò a Mina quello che rimaneva di un vaso in frantumi sul pavimento, a circa un metro da loro «e ha perso subito conoscenza» appena il Bolton si fosse ripreso, perchè doveva riprendersi, gli avrebbe fatto un culo tanto — sempre a toccare tutto, come i bambini.
    « Il mio nome è Mina Campbell e... sarei dovuta essere qui prima, evidentemente, mi spiace molto. Però andrà tutto bene, te l'assicuro. Quel sangue non è di nessuno di voi due, dico bene? » solo in quel momento, sentendolo menzionare, joni si ricordò del liquido cremisi con il quale l'Entità™ le aveva fatto una doccia non richiesta. e si affrettò a scuotere la testa, tenendo quanto possibile ferma quella di Julian «no, non siamo feriti. è solo.. caduto dal soffitto, come in quel film» Carrie, per l'appunto. ma era certa di non aver visto secchi appesi sopra di sé, e in ogni caso la possessione del ragazzo l'aveva distratta a sufficienza. fece un bel respiro profondo, osservando con maggiore attenzione le dita di Mina a premere sul polso di giuliano; lei, il battito debole ma regolare del portiere lo sentiva sotto i polpastrelli che gli sfioravano la gola «lei è la madre di alice?» ora che si stava calmando, era più facile unire i puntini e mettere insieme i pochi dati a disposizione. non voleva distrarre la donna dal suo intervento, ma rimanere in silenzio per joni in quel momento sarebbe stato impossibile: il respiro affannato di Julian avrebbe riempito il mondo senza permetterle di concentrarsi sul trovare una soluzione, e non poteva permetterselo.
    «è che mi sembra di aver già sentito il suo nome» e chissà, magari Alice è pure Tassorosso e ha fatto in tempo a fare il provino per il quidditch con joni ❤

    joni
    peetzah
    North or south is the only way
    I know I cannot tire
    A haunted house that's built to stay
    Is setting me on fire
    gif: emziess.tumblr.com
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it



    !! ok ho scritto che il battito di Julian è debole ma regolare, e che è stato /posseduto/ dopo aver toccato un vaso
    e joni chiede di Alice, non so se avevi pensato alla casata ma joni era Tassorosso (si è diplomata questa estate) e capitano della squadra di quidditch
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    eeee appena riesco a cambiare account aggiungo +5 per la fidelity di ottobre
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    eeee appena riesco a cambiare account aggiungo +20 a tutti per la fidelity di ottobre
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    eeee appena riesco a cambiare account aggiungo +20 a tutti per la fidelity di ottobre
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    eeee appena riesco a cambiare account aggiungo +20 a tutti per la fidelity di ottobre
  10. .
    nickname: blank/space
    role attive: murphy(06.10) + eddie (23.10) + moka (25.10)
    PE accumulati sulla carta fidelity: 20
    scheda livelli:
    [gruppo 1]
    jay, euge, murphy, barry

    [gruppo 2]
    mehan, marcus, eddie, joni

    [gruppo 3]
    ty, clay, check, moka

    nickname: l a t i b u l e '
    role attive: ficus(13.10)
    PE accumulati sulla carta fidelity: 5
    scheda livelli:
    [gruppo 4]
    ficus
  11. .

    when
    oct. 23
    where
    quovadis
    who
    corycorycory

    f l a m e s
    voleva solo mangiarsi in pace il suo gelato, cory: vivere alla giornata, tra uno scippo e l'altro, richiedeva un refill costante di calorie da trasformare in energia. stare fermo, per il vaughan, non era mai stata un'opzione valida.
    «ci vediamo fra poco?» davvero strano come funzionasse la mente umana. la voce del ragazzino ebbe come unica reazione quella di fargli piegare il capo nella sua direzione (esattamente quella che avrebbe dovuto prendere lui per uscire dal vicolo? si, ovvio), ma nel posare le iridi acquamarina sulla figura minuta si rese conto di aver già registrato la sua presenza. ad un livello inconscio, probabilmente: era certo di aver prestato attenzione solo ai dettagli importanti — lo sguardo vuoto di Barbie, il cassetto con i soldi, le mani della vecchia che lo palpavano nel tentativo maldestro di liberarsi dalla presa.
    eppure allo stesso modo sapeva mood fosse stato nel locale tutto il tempo.
    uno studentello qualunque, a giudicare dalla divisa, che non aveva niente di familiare.
    anche perché sarebbe stato peculiare il contrario: gli ultimi che si era trovato di fronte li aveva quasi uccisi; una, in particolare, avrebbe certamente voluto uccidere lui. per tutta una serie di motivi di cui a Leonard, purtroppo, non poteva interessare un cazzo di meno. Se era ancora per la storia del fratello, che liz lo voleva morto, avrebbe fatto bene a ragionare su quanto accaduto e mandare maluma da un bravo psicoterapeuta — un tentativo di suicidio con la testa nel secchio (si, aveva assistito anche a quella scena, cory) poteva essere una coincidenza, due in una sola lezione diventava un problema serio.
    il sorriso di mood, quella piega appena accennata delle labbra, una timida ostentazione di cortesia e buone maniere; creati ad hoc per provocare un effetto ben preciso, stavano scatenando l'esatto contrario: evidentemente aveva un problema con gli adolescenti, il vaughan. Soprattutto quelli che solo a guardarli in faccia provocavano una martellante fitta di dolore proprio in mezzo agli occhi. Punto che andò a sfiorare premendo il polpastrello, la radice del naso stretta tra le dita «e' stato divertente?» mera curiosità. Magari si sbagliava, e la presenza dei riccioli scuri alle sue spalle mentre svuotava la cassa del bde se l'era solo immaginata — difficile, ma non impossibile: gli capitava più spesso di quanto fosse disposto ad ammettere.
    aveva dei bei capelli, però.
    e questo non c'entrava fottutamente niente.
    prese un ultimo assaggio di gelato, in attesa di una risposta che probabilmente non sarebbe arrivata; aveva la possibilità di andarsene e l'avrebbe fatto, Leonard. anche solo per inghiottire a secco un'aspirina come piaceva tanto fare ai babbani. o un po' d'erba, che forse per il suo, di problema, era più utile. si avvicinò ad uno dei bidoni sul retro del locale, lasciandoci cadere dentro quanto rimaneva del cono come un qualunque essere civilizzato che si rispetti: poteva giustificare le rapine a mano armata, e il sesso assolutamente consensuale con un minorenne che non sapeva essere tale, ma tirava una linea sul gettare i rifiuti per terra. antiche reminiscenze di un'educazione, per certi aspetti, piuttosto ferrea.
    per altri, insomma, si poteva dire non fosse servita a molto.
    scusa martha.
    quindi, per chiarire, di nuovo:
    aveva la possibilità di andarsene e l'avrebbe fatto.
    se solo, forse, nel passare accanto a Mood non avesse deciso di lasciar scorrere lo sguardo sul volto del sedicenne (hhh) — per immagazzinare nella mente la fisionomia di un probabile testimone, mica per altro; notando qualcosa con la coda dell'occhio che avrebbe fatto meglio a non notare. la frazione infinitesima di un istante, una domanda ovvia a solleticare la mente e poi subito relegata in un angolo dove non potesse fare danni.
    no, che non lo conosceva, mannaggialaputtana.
    doveva averlo fissato troppo a lungo, perché in un attimo quello che era solo silenzio si trasformò in rumore. il cigolio di una porta d'acciaio, scarpe da ginnastica a pestare il cemento, l'inequivocabile sibilo provocato dalla frizione di due oggetti — décolleté in pelle contro asfalto, a voler azzardare un'ipotesi.
    allora Leonard agì d'istinto, e non certo perché rob aspettasse soltanto una scusa che fosse una: così vicino da dover semplicemente fare un passo di lato e allungare un braccio, avvolgendo le spalle del ragazzo; solo un battito di ciglia, prima di ritrovarsi la schiena di mood aderire al petto. dove se lo tenne, stretto, la canna della semiautomatica a premere contro la colonna vertebrale. doveva essere la giornata del prendi un ostaggio e portalo a casa quella.
    il tipo di attività bonding time che uno come Edward Moonarie poteva solo apprezzare «oops» come lo sticker preferito di rob, l'uomo vestito da marinaretto portò entrambe le mani a coprire la bocca, lasciando così cadere con un tonfo la vecchia tenuta fino a quel momento da sotto le ascelle. era lei che stava trascinando, Eddie, ancora bella che svenuta — mica potevano lasciarla stesa davanti al bancone a sbavare sul pavimento come un qualunque passeggero del 104 Lecce-Pescara, no? spaventava la clientela più della presenza del Moonarie, il che diceva molto sulla gente che frequentava abitualmente il BDE.
    «non volevo interrompere, continuate pure» qualunque cosa stessero facendo quei due nel vicolo, lungi da Eddie giudicare; men che meno aiutare, se è questo che il ragazzino si aspettava (probabilmente no). di nuovo chino sulla signora, la trascinò ancora per qualche metro, sistemando il corpo con la schiena appoggiata al muro — aveva almeno cinque palline di carta appiccicate sulla fronte, nemmeno l'avesse usata come tiro a segno prima che Barbie gli chiedesse GENTILMENTE di portarla fuori.
    avrebbe potuto allentare la presa, a quel punto, Leonard.
    stringere un po' meno l'avambraccio contro il torace del ragazzo.
    non lo fece.
    anche quando Edward sparì nuovamente oltre la porta sul retro del locale, i muscoli del ventiduenne rimasero tesi; mantenne le iridi chiare sulla donna svenuta, perché per qualche motivo sembrava più semplice valutare la situazione (e le possibili vie di fuga) osservando il dito che Eddie le aveva messo nel naso piuttosto che spingere via Mood ed effettivamente levarsi di mezzo «hm— dejavù» la vecchia moribonda o il calore dell'altro a bruciargli i polmoni, questo ovviamente non era dato a sapersi.




    sottone bastardo.

    leonard
    vaughan
    But when I near you I feel flames
    I touch the fire I get burned
    I feel this rush beneath my feet it's like I'm falling
    gif: richietozsier.tumblr.com
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
  12. .

    when
    28.10.'23
    where
    whitmore mansion
    who
    w/ julian

    haunted house

    «joni?»
    sollevando il mento, si ritrovò ad incrociare lo sguardo di Julian: morbido, le palpebre pesanti a chiudersi lentamente sbattendo ciglia troppo lunghe. aveva sempre quella punta di imbarazzo ad illuminare le iridi color cioccolato fuso, come se ogni momento di intimità tra loro fosse ancora il primo, e ne avesse da stupirsi ogni volta.
    in effetti, stupiva anche joni.
    «mh?» sostenendo il proprio peso su un gomito, prese al volo l'occasione per osservare il diciannovenne (oddio quanti anni hai Giuliano.) dall'alto: più unica che rara, e solo perché erano sdraiati una accanto all'altro — piccole soddisfazioni.
    lo vide dischiudere le labbra.
    sentì il torace espandersi sotto le proprie dita, mentre prendeva una boccata di ossigeno e, insieme, tempo.
    in quell'istante, prima che Julian potesse cedere all'impulso di abbassare lo sguardo e mordersi l'interno della guancia, joni peetzah seppe esattamente cosa il suo ragazzo volesse dirle.
    dopotutto, era solo questione di tempo.
    e non è che non se l'aspettasse: una parte di lei, quella più restia a mostrarsi e aprirsi al mondo esterno, aveva riconosciuto i sintomi; sembrava sempre che il Bolton avesse quel non detto sulla punta della lingua, costantemente ricacciato in gola per il timore di spaventarla. avrebbe avuto ragione — la sola idea la terrorizzava.
    non si sentiva pronta, joni.
    per affrontarne le conseguenze, scendere a patti con il fatto che fosse ormai inevitabile, no turning point.
    poteva fare uno sforzo, però: perché se lo meritava, Giuliano, e forse nessuno più di lui «puoi dirlo,sai?» seguì con i polpastrelli la linea precisa della mascella, puntellando sotto il mento affinché tornasse a guardarla; certe cose andavano sussurrate occhi negli occhi, o taciute per sempre. «posso?» oh, Bolton. gli diede uno schiaffone buffetto sulla guancia, entrambe le sopracciglia arcuate in quell'espressione joni™ che indicava senza mezzi termini di non tirare troppo la corda «ok, allora—»
    julian: [INHALE]
    joni:
    julian: [EXHALE]
    «MANCANO SESSANTUNO GIORNI A NATALE JONI AIUTO MA TI RENDI CONTO È POCHISSIMO PERCHÉ IN RADIO NON STANNO ANCORA MANDANDO MARIAH CAREY IN LOOP THE DISRESPECT POI DEVO COMPRARE LE DECORAZIONI MA L'ALBERO POSSO REGALARTELO DAI PENSA CHE BELLO CON TUTTE LE LUCINE E—[inconsistent christas rant continues]»
    cioè, capito.
    e se l'era pure scelto.


    con il senno di poi, forse si poteva dire avesse commesso un errore di valutazione.
    ammetterlo era, ovviamente, un altro paio di maniche: neanche sotto tortura, e se la situazione fosse precipitata era probabile ci finisse, avrebbe confessato che l'idea di trascinare Julian in una delle tante case abbandonate di Londra era già azzardata in partenza.
    voleva solo, e qui cito testualmente, fargli provare tutta la Halloween experience prima che fosse troppo tardi [Alessia in the background: nearly death experience*] — giravano abbastanza voci su Whitmore mansion da renderla una tappa interessante, anche se solo la prima del tour che joni aveva organizzato appositamente per quella serata. nemmeno credeva fosse infestata davvero (non aveva mai visto Casper da bambina and it shows) ma era convinta di poter affrontare un'eventuale svolta paranormale: le ultime parole famose.
    «aiutami» questa, invece, fu l'unica che joni rivolse a Mina, quando la donna fece il suo ingresso nell'ampio salone, ritrovandosi di fronte ad una scena che con sé portava davvero pochi dubbi e qualche domanda: difficile scorgere nella penombra un centimetro di pelle chiarissima che non fosse ricoperto di sangue. non era suo, e nemmeno di Julian, sebbene il ragazzo disteso a terra non avesse affatto un bell'aspetto; qualunque entità avessero fatto incazzare mettendo piede in quella casa, aveva evidentemente un kink alla Carrie, e prima di prendere in prestito il corpo del portiere come rifugio temporaneo, aveva pensato bene di far fare alla peetzah una doccia alternativa «non riesco a svegliarlo» in ginocchio sul pavimento di legno che scricchiolava ad ogni tremito di Julian, joni rivolse alla Campbell uno sguardo che raramente nella vita si era concessa di far trasparire — dylan che si spegneva lentamente in un letto dell'infermeria; mac e hans che non facevano ritorno.
    il bello di affezionarsi alle persone, am I right?

    joni
    peetzah
    North or south is the only way
    I know I cannot tire
    A haunted house that's built to stay
    Is setting me on fire
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    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it


    allora!!! Julian [pg di Alessia, ho chiesto il permesso di sfruttarlo per i nostri comodi e ho ottenuto carta bianca : D) è posseduto!!!!! da.. boh un fantasma, un'entità, qualcosa di sicuramente poco simpa. joni e Julian sono arrivati poco prima di mina e... basta credo, HELP ME WILHELMINA KENOBI YOU'RE MY ONLY HOPE
  13. .
    HTML
    <i class="fas fa-angle-right" aria-hidden="true"></i> [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/m/?t=62859725]i could take the high road but i know that i'm going low[/URL]ft. <s>cory</s> Leonard [agosto '23- dark street]
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    leonard vaughan
    This is the sound we make
    When in between two places
    Where are we used to bleed
    And where're our blood needs to be
    «oddio!» affascinato, sedotto, sposato: leonard portò entrambe le mani al volto, posando i polpastrelli sulle labbra — il sangue sulle nocche era ancora fresco, ma si era premurato di passare i palmi tesi contro la stoffa della maglietta, prima di toccarsi la faccia.
    prEVenZiONe!1!
    «ma quella è una barretta Scrunchy????» la confusione sui volti tumefatti dei due ragazzi (ragazzi???? avranno avuto si e no l'età dei tipelli che voleva paccarsi elisa, quindi massimo tredici anni) era palpabile, e il vaughan li aveva già presi a cuore; gli facevano tenerezza, perché era evidente che a neuroni fossero messi parecchio male. per agevolare la connessione dei puntini, allungò un braccio verso quello più vicino, che si ritrasse per istinto.
    e in egual modo Leo sorrise, mostrando la mano aperta: la stessa con cui gli aveva tenuto ferma la testa mentre le nocche dell'altra spaccavano la cartilagine del setto nasale — ora la offriva come segno di pace, se non proprio un invito a stringerla «quella che hai in tasca. è una barretta Scrunchy, si mangia» e questa volta, quando flettè leggermente le dita, il ragazzino capì al volo «grazie, sei davvero molto gentile. accetto volentieri» stringendo il dolcetto nel palmo, il ragazzo tornò a raddrizzare la schiena e le spalle, osservando i più giovani dall'alto: in effetti non era un bello spettacolo.
    «conviene che te lo fai sistemare, o rimarrà storto» l'aria greve con cui l'affermazione gli uscì dalle labbra, seguita da un sospiro quasi nostalgico, lasciava intendere che ne sapesse abbastanza. contare le volte in cui Raph lo aveva rattoppato, prima di darlo per morto, gli avrebbe portato via un pomeriggio intero. mise in bocca la barretta e diede un morso, godendo per un istante del crepitio sotto i denti, un rumore familiare a riempire le orecchie; poi fu costretto a backare on crack — era un duro lavoro, ma qualcuno doveva pur farlo.
    «la prossima volta che non sapete come occupare il tempo, vi consiglio una cazzo di biblioteca» anche perché la loro alternativa non gli era sembrata delle migliori. bullizzare i senzatetto? daje, e che è, Arancia Meccanica? che poi Leonard vivesse effettivamente sotto i ponti era un altro paio di maniche, il concetto sbagliato lì era quello di fondo: la noia li aveva spinti tra i vicoli di dark street, con troppi soldi in tasca (e una barretta Scrunchy) e bacchette alla mano che non potevano usare, cercando e trovando la vittima sbagliata. una che a malmenare degli sgagni non ci pensava certamente due volte (ciao Barbapapà ❤).
    con un ultimo sospiro, a lezione terminata, si strinse nelle spalle, la giacca a ricadere troppo larga sul corpo asciutto: l'aveva recuperata dal camion di Crofton — «prendi quello che ti serve», aveva detto, e Leo non aveva esitato a riempirsi le tasche; era almeno di due taglie più grande, e faceva decisamente caldo per una giacca di quel genere, ma la temperatura esterna sembrava essere l'ultimo dei suoi problemi.
    da quando aveva riaperto gli occhi sul mondo asettico racchiuso dentro una stanza al piano interrato del ministero, il freddo dell'acciaio contro la pelle non lo aveva mai abbandonato. quasi fosse penetrato attraverso i muscoli e le ossa, sostituendo il sangue con un brivido perenne
    «a buon rendere» li scavalcò entrambi, curandosi di tirare un calcio alla bacchetta di quello con il naso rotto, rotolata a terra quando il biondo aveva reagito al primo colpo mandando il ragazzino gambe all'aria.
    perché lo avevano pure colpito! ci credete??? il fottuto disrespect. alle spalle, poi, niente di meno: portò distrattamente una mano alla nuca, dove il bastone (era un bastone??? non ci aveva fatto davvero caso, sul momento) aveva impattato contro la pelle sottile lacerandola in due punti. ferite superficiali, tutta scena— non fosse stato per il sangue ad imbrattare i capelli biondi, resi ancora più chiari dal sole estivo (che per fortuna del Vaughan non era OGM quanto quello della Puglia), nessuno ci avrebbe fatto caso.
    fu quasi tentato di raccogliere il catalizzatore, come aveva fatto un mese e mezzo prima con quello della guardia che Crofton si era premurato di stendere come un tappeto (chiedete a Lollo, lui sa cosa intendiamo), ma in cuor suo sapeva non avrebbe funzionato. di nuovo. così andò oltre, seguendo il marciapiede e costeggiando il muro degli edifici malmessi, una barretta stretta nel pugno e l'altro affondato nella tasca; non gli importava nemmeno troppo di dare nell'occhio, con quella giacca fuori stagione: sembrava che a nessuno fregasse più un cazzo. di loro, della fuga inspiegabile, delle informazioni che non erano riusciti ad estorcergli nemmeno sotto tortura.
    il Ministero aveva il suo capro espiatorio.
    due, per l'esattezza.
    avrebbe dovuto provare qualcosa in merito, Leonard; avrebbe voluto. ma ogni volta che si soffermava su quei giorni interminabili, sulle ore passate a fissare una porta, in attesa, con le dita di Dora a scavargli nella carne tanta era la forza con cui si era aggrappata al suo braccio, l'unica cosa a cui riusciva a pensare era quanto fosse contento di essersela svignata lasciando Thérèse al suo destino — mors tua vita mea eccetera eccetera.
    trovò rapidamente un altro vicolo appartato (aka senza spaccini appostati: erano insistenti e coercitivi quanto un venditore di rose, quasi impossibile imporre un rifiuto), dove sedersi a fare la conta del bottino.
    tanto per cominciare, la Scrunchy era già finita.
    I... sad.
    ma in tasca aveva ancora i galeoni scippati ai ragazzini, e quando fece per tirarli fuori si portò dietro anche un pezzo di carta piegato in due; carta di giornale, per essere precisi. perché se lo portasse dietro, ormai da un mese, era un mistero: se qualcuno l'avesse chiesto a lui, Leo avrebbe risposto che si trattava di un reminder. nemmeno tanto friendly, al pari delle (innumerevoli) rare volte in cui la mente vagava tornando a quella cazzo di nave di merda (gli mancava tantissimo), ai sogni che non voleva ammettere di fare anche se li faceva.
    corycorycory.
    vividi.
    terribili raga, giuro.
    anche se sapeva già il contenuto dell'articolo, si premurò comunque di lisciare il foglio strappato sulla gamba, iridi verdi ad incupirsi come la superficie del mare increspata dal vento di una tempesta in arrivo; ogni parola produceva un'onda. la foto, poi, richiamava bestemmie direttamente dal profondo degli oceani «quegli infami» e c'era ancora un moto di affetto, nella voce roca, la nostalgia canaglia a fare capolino rotolando sulla punta della lingua, mentre guardava i volti dei suoi familiari muoversi appena nella fotografia, le lacrime impresse sulla pellicola magica.
    beh, sticazzi che piangevano: era il suo funerale, quello.
    si chiese, per la milionesima volta, se nella bara che avevano fatto seppellire ci fosse qualcosa (sassi? la vecchia divisa di scuola? la sua mazza da baseball scheggiata sul manico?), e per la milionesima volta accantonò quel pensiero senza nemmeno tentare di fornirsi una risposta. tutto sommato, non gliene fregava abbastanza. quanto avessero aspettato prima di darlo per morto, invece, era un'informazione che non mancava mai di titillargli quell'angolo della mente adibito a storage unit per il rancore e le questioni legate al dito — almeno 1 terabyte di spazio occupato, e ancora un paio da riempire. qui non si bada a spese [cit. John Hammond mentre guarda i suoi dinosauri geneticamente modificati mangiare la gente]
    premette un dito (rigorosamente il medio) sulla faccia del fratello maggiore, dedicando a Raphael l'ennesimo, telepatico vaffanculo: persino immortalato in quella posa, le spalle curve in avanti e una mano a coprire il viso, sembrava sussurrargli il solito te l'avevo detto.
    ed era vero.
    gliel'aveva ripetuto sempre, in un loop infinito.
    ti stai cacciando in un guaio, leo.
    and guess what?
    con un sospiro, l'ennesimo, il Vaughan ripiegò l'articolo di giornale con impronta insanguinata annessa, ficcandoselo in tasca dove le monete tintinnarono allegramente, rimettendo il ragazzo di buon umore all'istante. se qualcuno non avesse deciso di interrompere il suo momento di raccoglimento™, sarebbe stato più felice «serve qualcosa?» chiese, premendo la schiena contro il muro di mattoni alle sue spalle, la mano libera appoggiata sul ginocchio e la mancina chiusa a pugno nella tasca della giacca: li dove teneva il coltellino a scatto che uno strano bimbetto (sandwitch, così si era presentato) gli aveva regalato due settimane prima insieme ad un frappé bevuto a metà.
    rivolse le iridi verde acqua alla figura, reclinando la testa verso una spalla, in attesa.
    una foto
    un autografo
    una botta

    se ne poteva discutere.

    gif code
    22
    austin, tx
    100% done



    è andata così, dovevo seguire l'onda. se avete domande sulla situazione di cory leonard post MAGO chiedete pure, per il resto VIECCETE
  15. .
    CITAZIONE
    questo secondo me è un TW emotivo.

    gifs25 (ish)captain, thiefjohn cory silver
    currently playing
    sweet little lies
    bülow
    we can go and play pretend.
    you and me, in an empty room, they can't get in, only room for two. if you play your part and i play mine too, I'll never takes my eyes off you
    poteva ignorare il dolore, Cory.
    accoglierlo, persino — come un vecchio amico, una spalla su cui far riposare la testa e i pensieri. così abituato a sentirlo scorrere sotto la propria pelle da non farci più nemmeno caso: ne sentiva quasi la mancanza, a volte.
    una consapevolezza che avrebbe tenuto per sé.
    e per thero, al quale evidentemente non riusciva a nascondere nulla; non il proprio corpo, che reale lo era solo per loro due e solo in quel momento fisso nel tempo, e certo non la propria mente. anche volendo (e non voleva, porca puttana), ormai il danno era fatto — c'era stato un click, l'ennesimo interruttore a scattare, aprendo una porta che il ragazzo non era in grado di richiudere.
    fosse stato più lucido, presente a se stesso, si sarebbe chiesto se lo avevano previsto tutto quello; se quando si erano messi a ravanare nel cervello della gente sapevano, quei pezzenti bastardi, che una cosa del genere poteva succedere.
    ma non era lucido per niente, cory.
    silver.
    john.
    aveva solo il sapore del sale e quello del ragazzo sotto la lingua, un desiderio spasmodico a martellare nella testa e nel petto; pizzicava ogni centimetro di pelle e muscoli, bruciava dall'interno. era il tipo di sofferenza che non poteva sopportare, perché non arrivava dal dolore ma da qualcos'altro: un bisogno. istintivo, naturale, disperato. vi si era aggrappato come un naufrago allo stremo delle forze, e nemmeno sapeva, cory, in quale mare stesse annegando.
    o, meglio.
    tra le assi di legno che scricchiolavano sotto il loro peso e la salsedine ad impregnare vestiti ormai dimenticati, il capitano poteva fingere di non sapere — lo avevano costretto su quella nave per spezzarlo, e contro ogni previsione gli avevano offerto la sua unica via di uscita. effimera, certo, ma era tutto ciò che gli rimaneva.
    e voleva divorarne ogni centimetro, tenersela stretta fino all'ultimo secondo.
    quello che sapeva sarebbe arrivato, Cory, perché poteva ingannare se stesso (e mood) solo fino ad un certo punto.
    «capitano?» involontariamente — non proprio — strinse un po di più. la mano che premeva tra i capelli ricci, contro la nuca, e le dita ancora infilate sotto l'elastico dell'unico indumento rimasto; ogni singolo muscolo del corpo a tendersi e guizzare, in attesa. una vibrazione ormai costante, quella che il ragazzo sentiva crescere nel petto ed espandersi lungo gli arti, quasi impossibile resistere alla tentazione di affondare i denti mentre la voce roca di thero gli si infrangeva addosso. per sentire il sapore di entrambi, e quello metallico del sangue rimasto sulla punta della lingua.
    «bastardo»
    solo allora si sforzò di sorridere.
    un accenno affilato, la piega sottile delle labbra divenute quasi insensibili a forza di cercare quelle dell'altro; e trovarle «ho anche dei difetti» un elenco molto lungo che non aveva alcuna intenzione di stilare proprio in quel momento. né mai: non era prevista la concessione di un dopo, per loro.
    non era certo di poterne avere uno nemmeno per se stesso, Cory — john.
    che, al contrario di quei ricordi romanzati su una vita di avventure e tempeste, reale lo era per davvero; tangibile, e perso.
    avrebbe potuto fare un minimo di resistenza, quando l'altro lo invitò gentilmente a voltarsi, ma non ci provò nemmeno. accolse le assi di legno contro la fronte quasi con sollievo, Cory, una sensazione familiare e solida sotto i polpastrelli: conosceva ogni centimetro di quella nave, il più piccolo dettaglio immagazzinato nella mente. l'aveva sognata, immaginata, creata dal nulla, aggiungendo una parte di sé mentre qualcun altro dipingeva uno scenario più ampio. ma l'aveva fatta sua, in segreto, senza farsi notare troppo — perché era l'unico modo per non impazzire. e thero? non l'aveva previsto, ma voleva fosse suo ugualmente.
    qualcosa che non poteva davvero avere. come quella nave, quel mare in tempesta, quella vita che sapeva di libertà e di lasciarsi tutto alle spalle.
    un gemito roco gli risalì dalla gola riarsa, e dovette imporsi di non aumentare il ritmo, fino a quel punto blando e frustrante, con cui le dita di entrambi avevano continuato a muoversi sul proprio corpo. perché non sarebbe stato sufficiente, solo un antipasto che lo avrebbe lasciato con ancora un'onda di desiderio da soddisfare.
    se lo sentiva premere ovunque il corpo asciutto di thero, e ancora non bastava.
    si chiese
    questione di un istante, prima che il pensiero fosse spazzato via dell'ennesimo contatto febbricitante, la bocca del ragazzo a chiudersi sulla pelle incendiando ogni centimetro esposto e tutti i neuroni rimasti integri
    se lo avrebbe mai fatto.
    bastargli.
    mentendo a se stesso, decise che sì, poteva. non aveva alternative, «cory»: ma perché cazzo doveva fargli quell'effetto. un nome che non era nemmeno il suo, e aveva comunque la capacità di scaldare il sangue nelle vene fino a farlo ribollire; rendendo tutto il resto rumore bianco, problemi di qualcun altro. passò la punta della lingua sulle dita del ragazzo, mordendo piano, la schiena leggermente inarcata a cercare contatto anche con quell'ultima porzione di pelle finalmente libera dal tessuto.
    «se lo chiedi così gentilmente»
    e c'era l'esatto opposto, nella voce roca del capitano, un'urgenza a graffiargli la gola. avrebbe fatto qualunque cosa thero gli avesse sussurrato all'orecchio, perché poteva permettersi di assecondarlo almeno in quello, ma le richieste del ragazzo corrispondevano esattamente a ciò che Cory voleva. non importava che fosse una coincidenza, o l'inevitabile ripercussione di un intreccio mentale che nessuno dei due aveva saputo sciogliere per tempo — al contrario di mood, john sapeva bene cosa farsene della sua rabbia. aveva passato troppo tempo, in un'altra vita, a permetterle di annebbiargli la vista e risucchiare l'aria dai polmoni, lasciandolo con una sensazione di vuoto nel petto che chiedeva costantemente di essere riempito; un circolo vizioso.
    nel voltarsi afferrò entrambe le spalle di thero, una mano a premere contro la base della nuca nel risalire, tirarselo di nuovo addosso. e cercare la sua bocca con i denti prima ancora che le labbra, catturando il proprio nome nel momento stesso in cui l'altro lo faceva scivolare sulla lingua. aveva finito di dire cazzate, Cory, almeno per un po': farle, era un altro discorso.
    cosi gentile, il mozzo, da offrirgli tre (ipotesi. quelle che rob sta elencando dal momento in cui ha iniziato a scrivere questo post) possibili conclusioni su un piatto d'argento; non esisteva centimetro di quella nave sul quale cory non avrebbe voluto imprimere il corpo dell'altro, ma doveva essere pragmatico.
    fare una scelta.
    e in quella scelta era implicito il bisogno di continuare a guardarlo, incapace di interrompere un contatto visivo del quale thero avrebbe forse fatto a meno — problemi suoi.
    spinse l'altro all'indietro, seguendolo nel breve tragitto fino ad incontrare una delle casse, perché la strada per il pavimento era troppo lunga e ci teneva a salvaguardare le ginocchia, cory (giunture deboli, troppa umidità) «il mio unico rimpianto—» quasi non riconobbe la propria voce, un ottava troppo bassa, impastata, ogni parola una tortura per i polmoni affamati d'aria. ma aveva poca importanza; doveva dirla, la sua ultima cazzata, perché di tenersi le cose dentro sembrava fosse semplicemente incapace. con il peso del proprio corpo febbricitante lo tenne giù, schiena a premere contro il legno fibroso; non una sistemazione particolarmente comoda, ma a quel punto dubitava contasse qualcosa.
    forse non aveva mai contato un cazzo.
    «è non avervi buttato in mare prima di rendermi conto che ti volevo» in quel breve lasso di tempo tra l'inizio della lezione e il fateggio derogatory di Alessia, quindi. inclinò la testa e lo baciò, di nuovo, scegliendo quei punti che sapeva essere più sensibili, succhiando la pelle sottile tra i denti mentre il sangue pulsava appena sotto la superficie. avrebbe potuto contare ogni singolo battito a fior di labbra, e lo fece. portando il palmo della mancina alla sua, di bocca, affinché there vi passasse sopra la lingua (e qui giuro mi sto basando sul podcast non so come funzionano certe cose MI FIDO CIECAMENTE OK?????? non è colpa mia se i prof non hanno pensato di mettere un lubrificante sulla nave pirata andiamo oltre back on crack)
    e quando spinse non lo fece più piano, non lo fece più gentile, non lo fece più prendendo tempo; perché non ne avevano, e Cory voleva comunque sentire tutto. reale o meno, prima e ultima volta, trascinato a fondo da un'onda che aveva creato con le sue stesse mani, e che mai avrebbe pensato potesse togliergli il fiato fino a quel punto.
    spinse e se lo tenne per sé, thero, senza lasciare spazi o dubbi, imprimendo unghie e denti nella pelle madida perché un bacio sarebbe stato troppo poco — effimero.
    [sospiro]
    [gemito]
    [bestemmia]

    sooner or later you're gonna tell me a happy story. i just know you are.
236 replies since 23/7/2020
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