Votes taken by niwabi

  1. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    neutral
    rebel
    chouko
    javier
    ryan atwood voice: sapete cosa penso di postare quattro pg in un singolo post?
    niente.
    letterale, static noise. lo stesso a girare nella mente di un po’ tutti i nomi degni di citazione. chi più di altri, scontato: gli occhi di sawyer erano valle di lacrime, e i suoi movimenti erano lenti e pesanti, ma la furia cieca era sempre quella. e la botta adrenalica in grado di offrirgli, mista all’istinto che ormai era solito precedere il ragionamento tattico, gli permise comunque di appoggiarsi sulla forza bruta. nel senso più letterale possibile: quasi un gesto inconscio, quello di spingere le unghie nella carne del primo sfigato di passaggio (hamish vuoi essere tu? certo che vuoi 💕) e scaraventarlo contro le spalle di danny. non abbastanza da fare male, probabilmente, ma l’obiettivo non era necessariamente quello. certo, lui poteva solo che sperarci — ma quello era un dettaglio irrilevante, nel grande schema delle cose. sperava solo di distrarre abbastanza da poter usare a dovere il dono offertogli gentilmente da quei mercenari. o chi per loro. come se glie ne potesse fregare un cazzo, di chi aveva messo in scena quel teatrino; l’importante era dissetare il suo bisogno di vendetta nei confronti di qualcuno.
    strinse i denti, saw, la gola troppo arida per deglutire. cristo. cristo, quanto gli faceva schifo quel posto. quanto non vedeva l’ora di guardarlo mentre veniva raso a suolo, centimetro per centimetro, da un ministero che era tanto se considerava il meddows un numero su di un elenco di dipendenti ma che sapeva, sperava, avesse ancora una faccia da salvare. un popolo da far sentire sicuro. un estremismo da denunciare. perché non poteva trattarsi di altro.
    strattonò l’altro per le braccia, allora. tendendo dolorosamente i suoi muscoli e stringendo in movimenti maldestri le manette attorno ai suoi polsi; e lo spinse in avanti. una richiesta e un ordine.
    e quando sentì occhi su di lui, piuttosto che il più gradito suono delle pallottole che traforavano la carne, ricambiò quello sguardo illeggibile con uno di sfida.
    dal canto suo, javier aveva osservato la scena in sguardi rubati mentre alzava il fucile nella direzione della gamba di sebastian — opposta a quella già presa di mira da (haha) mira. connessione simbiotica, if you will: quando si dice spezzare le ali.
    e la roma ha segnato ok ma che cristo si urla il mio vicino.
    «un po’ cruda, come esecuzione.»
    così, tanto per dire.
    sistemò il fucile contro la spalla, in posizione di riposo. il genere di soddisfazione malsana che avrebbe lasciato ad altri — lui si limitò a infondere altra confusione al nemico. abbastanza da renderlo ancora più vulnerabile, se tutto fosse andato bene.
    peccato che saw non era molto interessato alla pacata conversazione. schioccò la lingua contro il palato, e con la stessa passione con cui il mio vicino sta urlando da tre minuti buoni il nome di dybala, gli ringhiò un secco «non rompermi il cazzo» prima di tornare ai suoi ordini 66.
    vecchi. sempre a mettere i puntini sulle i.

    … e poi c’erano i chouko e i daniel della situazione.
    criceto depresso 🎻🎻🎻 intensifies.
    «uh.» sorrise, la mizumaki. un sorriso impacciato che non raggiunse gli occhi; non con le mani prontamente versate sui gomiti di dani, un po’ come il meme della tipa che trascina via la nonna sulla sedia a rotelle e gli evitava l’impatto di faccia col pavimento.
    danielino non la stava decisamente prendendo bene. chouko — chouko chissà. chouko aveva 30 gocce di en nel sistema, e il suo stato si aggirava comunque sull’unclear. unspecified. unaware.
    «carino il cosplay!»
    un po’ arrangiato, eh. ma sapete cosa? la gonnellina che svolazzava ogni volta che lo shin scivolava in giro per la stanza ne valeva la pena. nel nome della luna, però, sperava sinceramente di non venire flashata da un movimento troppo brusco. certi lati anatomici degli uomini preferiva che rimanessero ben nascosti dai suoi occhi innocenti.
    «ma sai che dovremmo fare?»
    dani, che nel frattempo si era accidentalmente drappeggiato addosso a bubbles: hdhsjsjsjwha?
    si affrettò a trascinarlo via prima che potesse finire linciato insieme al nemico. e nel frattempo fece scivolare il martello sul piede di danny? ma sì.
    «dovremmo concludere il post e portare fuori i cani.» no. corrugò la fronte, e scosse la testa come un cane. ritentiamo: «dovremmo stare lontani dal raggio di attacco*.»
    aiuto gesù.
    Ma l’amaro torna Ed è la prima volta
    La vita che mi togli Passa dalle mani
    Ma tu già lo sai Che io non sarò mai
    Un porto sicuro In un mare calmo


    (10) DIFESA GIACOMINO (vinc + ethan + saw): spintona qualcuno contro danny
    (3) DIFESA CHOUKO (javi + mina + kyle): confonde telepaticamente
    ATTACCO DANNY (chouko + yejun+ mina + saw + kyle): saw lo lega con le manette. bye (non il pg). chouko gli dà una martellata sul piede

    (10) DIFESA MINA (john + yejun + dani): finisce addosso a bubbles.
    (14) DIFESA SEBASTIAN (javi + ellis + mira): fucilata contro la gamba
  2. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    20 y.o.
    british
    ne'er do well
    raegan dayanna lynch / shogun
    buffering
    buffering
    buffering
    buffering

    .

    … . .. .

    c’era «VEENA!!!!!&&&&»
    corvina non c’era più.
    batté pigramente le palpebre, e roteò il busto verso hold. ma dov’era finita. l’aveva mangiata? avevo scritto immaginata, e invece do per canon questa versione. utile al fine di illustrare il punto focale: reggie non ci stava capendo un cazzo. neanche uno, nemmeno zitto.
    complice un cocktail interessante di cose: senso dell’orientamento pari a quello di roberta e giulia
    (“ma devo andare dove sta la farmacia?”
    “no. devi andare dove sta l’hotel”
    “…ok. l’hotel: letteralmente strada parallela a quella della farmacia. attraverso allora”
    “no non attraversare scema devi andare a sinistra”
    “ci sono andata a sinistra”
    “e prosegui”
    “roberta ma dove. è la quinta volta che mi fai cambiare strada”
    narratore: giulia aveva fatto la strada giusta già la prima volta e aveva preso così tanta pioggia a fine avventura da sgocciolare in macchina)
    e il fatto che l’avessero drogata ben due volte nel giro di — tempo. quanto, esattamente, era un dettaglio che continuava a sfuggirle.
    ma tutto ok. apposto così. ne avrebbe avuto, di tempo, per sentirsi la pelle prudere e sfregare i polsi sotto l’acqua fino ad arrossarli. pazienza, la virtù dei forti.
    ci mise un po’ a registrare la presenza di mac, non a caso. un’altra manciata di minuti in più a capire che le stesse offrendo una via di fuga.
    e una pistola.
    sgranò gli occhi, cercando di mettere a fuoco l’arma nonostante le vertigini; quindi stese le labbra in un sorriso vuoto, storto ai lati. ne avesse avuto l’energia mentale forse avrebbe davvero colto l’ironia in quel gesto. più fiducia nell’erba della giovinezza di reggie che nelle sue stesse capacità di sopravvivenza. dovevano lavorarci sopra.
    «meglio tardi che mai?»
    piegò il volto sulla spalla, e premette le dita sul manico della semiautomatica. forse avrebbe dovuto stringerle attorno alla mano di mckenzie; un pensiero sfuggente, scivolato via nel momento in cui aveva abbassato lo sguardo e si era resa conto che non fosse più lì.
    «tanto le belle ragazze» e picchiettò l’indice contro la sua guancia; poi quella di hold. «non muoiono fuori scena.»
    morivano in mezzo al delirio e sparandosi accidentalmente un colpo di pistola in testa, piuttosto.
    con un ultimo colpetto contro la spalla, lasciò l’arduo compito di riempire l’hale di chiacchiere alla sua anima gemella. i sentimenti, d’altronde, non facevano particolarmente per lei.
    o per remolino.
    «dimmi se sei un uomo… vero… un pistolero…»
    arrestò il passo, ovunque i fumi mistici del lotus la stessero portando; e voltò di scatto la testa nella direzione della voce. quel richiamo, dall’alto dei cieli —
    «…baby k?»
    com’era piccolo il mondo. alzò le braccia al cielo, annuendo con convinzione al suo gospel e roteando pericolosamente in aria la pistola come diretta conseguenza.
    dal verbo di gesù: «sai già dove mirare… amore criminale-eee.»
    tu pensa. «ah. quindi.»
    strinse la lingua tra i denti, e lasciò che il +1 ispirazione bardica prendesse il sopravvento. prima che giulia si rompa l’osso del collo in questo autobus di merda, atac non mi mancavi. strinse un occhio, allora, e alzò l’arma verso idris; e sfiorò la sicura. «click» prima di sparare un colpo «boom» e un altro «boom.» e un altro ancora.
    E mi hanno detto che la vita è preziosa
    Io la indosso a testa alta sul collo
    La mia collana non ha perle di saggezza
    A me hanno dato le perline colorate
    Per le bimbe incasinate con i traumi


    (6) DIFESA ROXIE (twat + reggie + styx): spara
    (11) DIFESA TWAT (twat + reggie + styx): spara
    ATTACCO IDRIS (remo + remì + cory + reggie): vi sorprenderò. spara
  3. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    neutral
    rebel
    chouko
    javier
    prese un lungo respiro, javi. riempì i polmoni d’aria, si assicurò di trattenerla nella cassa toracica per più tempo di quanto il fiato corto volesse concedergli, e la rilasciò con altrettanta lentezza. non era assolutamente sull’orlo dell’isteria.
    (a forza di ripeterselo, forse, diventava anche vero.)
    dovette stringere i palmi in pugni stretti, forzare le spalle in una postura plastica e militare. appuntò mentalmente la ramanzina che non poteva, non giungere; e questo lo rese chiaro con un’ultima occhiata nella direzione di mireia. severa e finale — un ne riparliamo, perché il tempo per stringerla a sé non ce l’aveva. c’erano questioni che premevano di più.
    eh, mannaggia la puttana.
    cauto nell’evitare di scontrarsi con qualunque cosa stesse facendo la campbell; sguardo puntato verso l’obiettivo, perché l’idea di vederla magheggiare con i cadaveri non lo allettava particolarmente. non poteva giudicare, forse; di cose terribili, per il bene di ciò che lui riteneva fosse giusto, ne aveva fatte. ma quella scena premeva comunque contro la sua coscienza in una maniera che non gli piaceva. perfettino quando gli piaceva, javi — lui e la sua ossessione per le regole.
    a un paio di passi di distanza da moka, si fermò.
    lo guardò meglio.
    e lo guardò ancora.
    strinse le labbra in una linea retta, e s’impose di non ridere. più difficile del necessario, perché quel genere di reazione non l’aveva anticipata: una sorpresa per lui tanto che per il telly.
    inspirò un’altra volta, silenziosa richiesta al suo cervello di collaborare come dio voleva, e afferrò delicatamente i polsi ammanettati della coppietta. una maschera di neutralità che aveva persino del convincente.
    stese la lingua contro il palato, e mantenne lo sguardo sulle manette — premendo contro la chiusura in gesti precisi, rapidi. quasi professionale, se s’ignorava l’utilizzo del pugnale dell’ormai defunto ghali come chiave makeshift. si faceva quel che si poteva.
    si concesse di studiarlo da dietro alle ciglia solo quando udì il click della chiusura, e il metallo scattò sotto le sue dita.
    «pensavo fossi scozzese.»
    pour parler.

    e si taglia corto di brutto perché devo salire sul treno. e ci sono improvvisamente -20 gradi, ma di cos’è fatta milano centrale voglio morire.
    chouko lo sapeva, logicamente, di dover porre le attenzioni su dargen stecchito tra le sue braccia. solitamente il punto più rilevante di situazioni come quella.
    e invece lo lasciò scivolare a terra inerme, labbra strette a cuore e fronte comicamente corrugata.
    «ma sono fatti come pigne.»
    buongiorno, chouko.
    arricciò il naso, sinceramente contrariata e anche un po’ offesa. uno ti viene a salvare la pelle gratis e tu ti fai strisciare come i medium di mina.
    vabbè.
    e a proposito di ciò: «ok.»
    si chiese brevemente se fosse brutto, da parte sua, chiederle gentilmente di lanciare un preavviso prima di fare cose simili. bellissima signora campbell, per favore, sarebbe davvero molto gradito. specie quando finiva per doversi inserire anche lei in strategia, capito.
    sicuro meno rude se cominciava con l’aiutare il balletto macabro che aveva messo in scena; contributo poco utile, il suo, perché si limitò a spingere la palla letale contro lo stomaco di g-baby e sperare che quantomeno lo distraesse abbastanza da non scostarsi, ma insomma.
    «scusi, le posso fare una domanda?» ritirò la palla — e la spinse nuovamente contro di lui, yo-yo di noialtri. «ma il morso è contagioso?»
    chiedeva [click click] [ty e sersha funghetti] [gustavo santaolalla - the last of us.mp3] per un amico.
    Ma l’amaro torna Ed è la prima volta
    La vita che mi togli Passa dalle mani
    Ma tu già lo sai Che io non sarò mai
    Un porto sicuro In un mare calmo


    (1) DIFESA ELLIS (chouko + mina + kyle):
    ATTACCO G-BABY (chouko + veena):

    OSTAGGI
    — (JAVI) Moka&Hamish
  4. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    neutral
    rebel
    chouko
    javier
    «tutto bene?»
    domanda da un milione. masticò l’interno della guancia, spostando le ciocche dalla faccia e annuendo debolmente col capo prima di tornarsene per la sua strada.
    si era: persa.
    figurativamente e letteralmente. il suo cervello si era bloccato al principio, quando aveva alzato lo sguardo e il cuore le era scivolato in gola — kaito vivo, vivo, a ricambiare il suo sguardo. di certezze, lei, non ne aveva avute fino a quel momento; solo una buona dose di ottimismo incurabile, perché l’alternativa era quella di percepire la morsa del terrore, e rendere inutile quello sforzo con un blocco inevitabile dei muscoli.
    era lì.
    ok.
    ed era libero.
    ok, ok.
    a grey stava cercando inutilmente di non pensarci. a un palmo della mano, stranamente vero, eppure così distante al contempo. in una linea temporale diversa quella sarebbe stata la sua forza; c’era jackie, e quella ferocia con cui consumava tutto il suo affetto, e c’era psy. e i suoi fratelli disadattati, tutti, mandria di deficienti in grado di infilarsi in casini simili in ogni universo che si rispetti.
    per come stavano messe le cose, in quel momento, nutriva solo un forte senso di disagio. sul costante filo dell’incertezza, chouko, incapace di dare un senso vero a quella situazione — stabilire un contatto senza apparire come una pazza qualunque, perché ci si era sentita fino in fondo, quando aveva steso la pergamena e riconosciuto la sua stessa calligrafia sotto tutte quelle parole.
    e ci si stava sentendo anche in quel momento, mentre rubava l’ennesima occhiata nella sua direzione e boccheggiava in cerca di un qualcosa da dirgli. qualunque cosa.
    .

    .
    ……
    ..
    yejun: effervescente, ora ti scaravento a terra con un bombarda
    chouko (specchio riflesso di clay dall’altro piano, spero sentano la connessione):
    sad-hamster-meme-sad-hamster-tiktok
    sicuro un modo come un altro per interrompere i suoi pensieri e riportarla — di nuovo — alla realtà.
    batté le palpebre, alzando preventivamente un palmo in aria per comunicare che fosse ancora tutta integra, concentrò invece le sue attenzioni su [ellis che canticchia] dargen; un pollice alzato nella direzione generale di yejun, che sennò si sentiva in colpa, e poi strinse le catene del martello meteorico attorno alla sua gola. un giro rapido, e tirò quanto più forte possibile. non era tanto, ma era un lavoro onesto.


    javi, invece, non gli risparmiò una (meritata.) occhiata trucida. non disse niente, perché già c’era troppo su cui era meglio non soffermarsi, ma l’insulto lo pensò comunque intensamente. porca puttana. e mai una volta che imparassero, bacio al cielo per veronica mars. il fuoco amico continuava a non essere nel suo bingo, eppure. in un modo o nell’altro riuscivano sempre a sorprenderlo.
    tu guarda.
    piuttosto strinse un palmo attorno al gomito della mizumaki, tirandola via con una richiesta di scuse già a premergli sulla lingua — e, inevitabilmente, finì per cercare nuovamente quei dannati volti familiari in giro per la stanza, prima di concentrare lo sguardo sulla coppia appena liberata. fronte corrugata mentre prendeva atto delle loro condizioni poco raccomandabili; espressione sempre più grave, mentre osservava uno dei ragazzi barcollare addosso ai nemici come un pupazzo gonfiabile e poi lanciarsi verso la balestra.
    beh, allora.
    «forse non dovremmo permetterglielo.»
    rivolto a — chiunque fosse in ascolto. dura, la vita. un lecito dubbio, il suo, visto come sailor mercury non sembrasse abbastanza in sé da assicurargli che i colpi della balestra raggiungessero il nemico e non uno di loro. sicuro colpito, però, dalla scelta alternativa di lanciare direttamente l’arma in faccia a ghali; al punto che si limitò a scacciare la manina offensiva del tipello come si farebbe con una mosca particolarmente insistente. ma che metodi erano mai quelli.
    giovani.
    e tornò a guardare mira.
    difficile non farlo, quando aveva chiaramente depositato liquido cremisi su tutta la pavimentazione del lotus. sospirò ancora, e segnò un rapido cosa è successo nella sua direzione. urlarglielo in spagnolo, d’altronde, era un rischio maggiore. una pausa — e strinse i denti, prima di aggiungere un semplice ti tirerò fuori di qui.
    in un modo o nell’altro.
    Ma l’amaro torna Ed è la prima volta
    La vita che mi togli Passa dalle mani
    Ma tu già lo sai Che io non sarò mai
    Un porto sicuro In un mare calmo


    dani prende la balestra!

    (2) DIFESA GREY (ethan + javi + dani): javi gli schiaffeggia la mano e dani gli dà una spallata accidentale
    ATTACCO GHALI (ethan + dani): balestrata in faccia. sì, usata tipo bastone, niente frecce da pro

    (4) DIFESA CHOUKO (javi + wind + corvina): tira via chouko
    ATTACCO DARGEN (chouko): gli stringe la catena della palla al collo per strozzarlo

    (9) DIFESA VINC (wind + giacomino + dani): gli sballottola addosso
  5. .
    mizumaki chouko
    sunny day
    beabadoobee
    Know it's been raining, I swear I'm not lonely
    Always complaining that you never see me
    Call in the morning when you wake
    Maybe tomorrow we're okay, when it's a sunny day
    «Fermate il gioco.»
    Cit Giulia, che ha quattro personaggi da censire e tipo un’ora per farlo, realisticamente, perché poi deve tornare a svenarsi sulle scadenze della tesi e pregare che la Madonna e Cher la assistano prima che perda quel vago soffio di sanità rimasto.
    «Non ho capito.»
    Eh, sempre noi. Perché vedete, Chouko non solo l’aveva data (la via a Google Maps) tre volte e comunque era riuscita quasi a finire in Scozia accidentalmente (al terzo tentativo si era resa conto di aver messo la navigazione a piedi), ma per i primi venti minuti buoni del concerto era rimasta speranzosa. Ci aveva voluto credere, poster di The X-Files di noi altri. Aveva visto un ometto raggirarsi vestito da Bob The Builder — e okay che aveva forse qualche collarino e imbracatura in pelle di troppo, ma non si era fatta troppe domande a riguardo. Love is love, etc. Di gente che con i robot ci faceva cose strane di cui lei non voleva sapere davvero troppo ce n’era, dopotutto. Poi le era passato davanti un altro tizio con l’armatura medievale, e si era sentita impossibilmente meglio. Che grandissimo, stratosferico slay; voglio dire, l’unione del metallo rozzo con l’intelligenza artificiale? Balenciaga!
    E poi erano apparsi gli elfi.
    E i signorotti ottocenteschi.
    Ed erano arrivati i Nickelback, non so se intendo.
    Sapeva di essere un soldato forte, Mizumaki Chouko, ma non così tanto. Cominciava un po’ a velarsi di grigio, il suo sguardo; le pozze scure degli occhi ormai in modalità screensaver.
    Masticò l’interno della guancia, nascose le mani nelle tasche della giacca, e danzò sui talloni; così, tanto per non abbandonare l’ultima speranza come Giulia ogni volta che apre la chat col relatore, piegò un’ultima volta la testa in direzione della folla.
    Perplessa quanto lei, quantomeno.
    «E quindi. Tutti qui per condividere la passione per gli oggetti meccanici?» Che non era uno strano doppiosenso.
    «ma non è che per caso vendete anche la droga qui?»
    Ok. Evidentemente no.
    Roteò saggiamente su se stessa, e mise la sua debita distanza da qualunque cosa stesse succedendo nelle sue vicinanze.
    E quindi adesso a chi lo mostrava il suo meraviglioso arsenale per la quale aveva perso preziose ore di sonno in vista di un fucking raduno che non esisteva veramente?
    Accartocciò le labbra a cuore, e decise su due piedi di scegliere un fortunello (vuoi essere tu? Proprio tu?) (ma tu chi, che questo post nessuno dovrebbe leggerlo per mantenere un minimo di reputazione sana) che ancora non era stato rapido dal richiamo della sirena!Chad Kroeger.
    «È un work in progress,» così, a cazzo duro. No perditempo. «Ma morirei per lei, e ora devi aiutarmi a darle un nome.»
    E che l’altra persona fosse pronta o meno, infilò una mano nella giacca — simil spacciatore; forse non sarebbe stato male scegliere Freddie per questo scopo, in effetti —, e aprì il palmo per rivelarne il contenuto: un ovale piatto di pochi centimetri, innocuo sotto ogni punto di vista. Apparentemente, quantomeno. Un semplice sfioramento del pollice sul tasto d’accensione, e guardò il suo robottino spiegare ali cibernetiche e circolare attorno all’involontario spettatore.
    «Un cyber-famiglio!!!&&&»
    Ma che sto scrivendo.
    aliveburs
    i’m like if a guy was whelmed,
    overly so

    gifs: rgnarocgifs.tumblr.com
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
  6. .
    (chouko m.) bambi sweeney
    And if it feels good,
    then it can't be bad
    Where I can be immoral
    in a stranger's lap


    21 y.o. ✧ home of sexual
    And if you want it good,
    downright iconic
    Then I would show you
    something
    that you wish you had
    «fammi vedere di cosa sei capace, allora»
    Palms: sweaty.
    Knees: weak.
    Arms: heavy.
    Mom’s: spaghetti.
    Prese un lungo respiro, Bambi, e s’impose di mantenere lo sguardo fisso in quello dell’altra. Lo sapeva che a spostare gli occhi sulla spalla, lì dove le dita di Starr premevano appena, tutta la sua bravado sarebbe scivolata via. Perché contro ogni previsione dell’esperienza ce l’aveva ma – non riusciva a dare un senso puro e logico a quella sensazione, eppure sapeva fosse diverso. Perché non era il corpo di Mizumaki Chouko a specchiarsi nel tavolino lucido del privé; una strana alienazione che non percepiva, solitamente, ma che in un momento come quello la racchiudeva in uno strano loop di sensi ovattati e dolorosamente vivi, reattivi. Era sbagliato, nascondere il suo vero aspetto. Ma l’invito era giunto da Starr, no? Inghiottì il senso di colpa, e portò una ciocca dietro l’orecchio. Stavano giocando allo stesso gioco, d’altronde.
    Poteva concederselo.
    Solo che: c’era altro a minacciare lo sgretolamento dei suoi nervi.
    «qui?»
    Inclinò il capo, un sorriso timido a farsi strada sul volto. Nel Lilum, su dei divanetti? Bambi aveva scherzato, insomma. Più o meno. In un secondo momento, quando le parole erano ormai uscite dalla sua bocca e si era dovuta imporre di rimanere realista. O diventarlo, per una volta nella sua vita.
    «in realtà non penso di poterti far vedere cosa farebbe – lui.» causa problemi logistici, e non. Strinse le labbra a cuore e arrotolò i capelli corvini attorno all’indice, sovrappensiero. «al massimo posso» e schiarì la gola, perché non aveva chiaramente alcuna idea di cosa stesse facendo. Quantomeno il fondotinta e gli strati di blush nascondevano parzialmente l’imbarazzo porpora sulle sue guance; Rare Beauty le faceva un fucking baffo. «mostrarti come io conquisterei te.»
    Che forse era un po’ tendere la corda, ma si era detta di non fare la codarda: quella era lei che onorava parzialmente la promessa. Non erano manco scenari così differenti, t’oh. Alla fine sempre della stessa storia si trattava: due persone attratte l’una dall’altra, entrambe conscie (parzialmente, solo in termini vaghi, una volta ogni lunga piena – indifferente) di questo semplice fatto, e che si girano attorno come squali senza mai fare niente. Chi per orgoglio (eh, Sammie), chi per disagio di vivere (ah, Chouko). Solo che lei, a differenza del ranger, una mezza gioia ce la voleva avere. Ma anche solo un quarto. Un briciolo, dai.
    E quindi cercò insistentemente il suo sguardo, mentre si trascinava più vicina a Starr. Una continua ricerca di segnali di fumo che l’avvertissero di tornare indietro e tenere le mani a bada. Calcolando ciascun battito di ciglia, ogni respiro spezzato. Il salire e lo scendere del suo petto, e il calore della sua pelle quando fu finalmente abbastanza vicina da poter soffermare le labbra sulla sua mandibola e premere piano; un bacio sottile che voleva sortire più da domanda implicita. Posso? Posò delicatamente una mano contro la sua gamba; movimenti lenti a percorrere il ginocchio, la coscia. Me lo concedi?
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
  7. .
    (chouko m.) bambi sweeney
    And if it feels good,
    then it can't be bad
    Where I can be immoral
    in a stranger's lap


    21 y.o. ✧ home of sexual
    And if you want it good,
    downright iconic
    Then I would show you
    something
    that you wish you had
    Picchiettò con l’indice sul mento, gli occhi a scorrere dalla carta (le mani) alla ragazza (la bocca).
    Ora. Ora, realisticamente. Non aveva sentito una singola parola uscita dalle labbra di Starr. Ci aveva provato, ovviamente – perché era una Chouko, e in quanto Chouko era stata maledetta da un continuo bisogno di essere, prima di ogni cosa, disponibile. Corretta. Voleva dare agli altri le cose che gli altri, difficilmente, avevano dato a lei in passato. Il suo modo per mettere pezze a ferite aperte; passivamente, perché assimilava come una spugna. Ma non aveva funzionato, perché alla base di tutto c’era un enorme, insormontabile problema. Uno che si era promessa di mettere da parte in quella specifica situazione, perché non era per quello che erano lì – ma che era tornato a galla con quel so quello che faccio, virgola. Ti farò sentire bene, punto.
    Scosse la testa, lasciando che le ciocche corvine di Bambi mettessero un sipario temporaneo tra lei e Starr; necessario per darsi una regolata, ricalibrare le energie lì dove erano richieste piuttosto che perdersi in pensieri inutili che non avrebbero aiutato nessuno.
    Tanto, insomma: il succo lo aveva recepito.
    «è sicuro un taglio interessante.»
    Che, in sua discolpa, non era manco una carineria tirata in aria pur di dire qualcosa; le cose che scriveva lei, d’altronde, le aveva lette. Un paio di volte. Facciamo anche tre.
    Facciamo quattro.
    «posso?»
    Ma okay: per sicurezza attirò comunque a sé il quaderno con un sorriso che voleva essere incoraggiante e che probabilmente risultò più simile a una smorfia imbarazzata, il contatto visivo ridotto ai minimi storici. Fece scorrere l’indice lungo i paragrafi, sovrappensiero.
    «è che…» quindi strinse le labbra a cuore e posò il volto contro il palmo, lasciando vagare lo sguardo sulle pareti della stanza. «secondo me – non è una critica!»
    Forse un po’ lo era, ma quelli erano dettagli di poco conto. «è, come dire. prevedibile?»
    Resistette alla tentazione di premere l’arcata superiore contro il labbro, fin troppo conscia del gloss che le avrebbe tappezzato i denti di pigmenti colorati; e scattò indietro, perché i meandri oscuri della sua mente erano già passati oltre – portandola a dove, esattamente, avrebbe voluto lasciare tracce del suo passaggio.
    Schiarì la gola, e fece lo sforzo di posare nuovamente gli occhi su di lei. La fanfiction.
    Ok.
    «voglio dire – funziona. è uno di quei trope senza tempo, no?» ritirò le mani dalla carta per stringerle in grembo. E ci ripensò subito, preferendo di gran lunga giocherellare con gli anelli che adornavano le sue dita per tenere a bada l’energia repressa piuttosto che… avvertirla. Nelle vene, calda e pulsante, e lungo la schiena; brividi leggeri a baciarle la pelle.
    «ma è ciò che tutti si aspettano da kaegan.»
    Tutti: chi. Ariannapgvero. «paladino, alto, muscoloso, belloccio, carattere espansivo.» si strinse nelle spalle. «è un collegamento naturale. nessuno si aspetterebbe il contrario.»
    Eppure.
    Masticò aria per qualche secondo; quindi si avvicinò appena a lei, piegando il busto in avanti con fare cospiratorio. «non credi… sia già così? il contrario. voglio dire. sammie ha già qualcuno che gli fa la corte.» un qualcuno su cui lei aveva dibattuto a lungo perché nessuno riusciva a decidersi su di un prestavolto. Mica colpa sua se il suo canon differiva da quello degli altri, eh.
    Batté le palpebre – e si lasciò andare a una risata. «non c’entra, è vero. colpa mia.» alzò le mani in aria a mo’ di resa, allora. «è che mi piace lo scambio di ruoli. sai, quando il meno sospettoso dei due finisce per… essere il meno innocente.»
    Non lo dire.
    Non lo dire.
    Non lo dire.
    Non lo dire.
    «posso dimostrartelo!» ha ha.
    Lo disse.
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
  8. .
    (chouko m.) bambi sweeney
    And if it feels good,
    then it can't be bad
    Where I can be immoral
    in a stranger's lap


    21 y.o. ✧ home of sexual
    And if you want it good,
    downright iconic
    Then I would show you
    something
    that you wish you had
    Su carta era sembrata una buona idea.
    Per ben – venti secondi. Poi aveva stretto il pollice tra i denti, Chouko, e aveva abbandonato il telefono sulle lenzuola, rifiutandosi di cacciarlo nella borsa anche quando il lavoro l’aveva obbligata a smettere di crogiolarsi in un angolo della stanza e uscire di casa, volente o nolente.
    Al suo ritorno il centro notifiche era rimasto tristemente vuoto di una risposta; idem quello successivo. E quello dopo ancora. Quando si era arresa all’idea di aver rovinato tutto con quella semplice proposta – un po’... forward, indubbiamente, ma non tirata fuori dal nulla –, il ping di Twitter l’aveva scossa dal suo torpore per altri brevi attimi prima di tornare alla familiarità del panico.
    Perché. Beh.
    Facciamo che esploriamo la situazione a fasi.
    All’incirca tremila anni fa una temeraria Mizumaki Chouko aveva deciso di non averne abbastanza, delle sue mille personalità su internet: glie ne serviva un’altra. Difficile non farsi tentare da quel gioco slash esperimento sociale che l’aveva guidata dritta dritta nei messaggi diretti di Starr. Starr, con la quale si era subito trovata. Starr, che – ma era indubbiamente solo una grande coincidenza – le ricordava qualcuno. Starr, che ci stava palesemente provando dal primo minuto. E che aveva smesso in modo misterioso quando si erano incontrate dal vivo quella volta alla Lanterna. Anche lì: Chouko si era fatta le sue mille paranoie ma l’aveva lasciata stare. Lei stessa non era riuscita a vedere oltre il suo stesso disagio; aveva a malapena incontrato il suo sguardo per tutta la durata dell’evento, insomma. Una cosa temporanea, in ogni caso. Un giorno di silenzi imbarazzati, poi il flirt spudorato era ripreso come se non si fosse mai veramente fermato.
    E Chouko non era proprio una cima, a leggere le persone, ma le piaceva pensare di averci comunque capito qualcosa su quale fosse l’andazzo generale. Che girarci attorno era davvero inutile, quando entrambe volevano una cosa sola. Perché esitare? Non era più una bambina. Non era più in grado di giustificare quella distanza – perché proibirselo, se era sulla punta delle loro lingue da tutto quel tempo?
    Aveva preso un lungo respiro. Spinto giù il dubbio che forse, se fino a quel momento non era successo nulla, era perché Starr non cercava il concreto che bramava lei; solo un po’ di divertimento, niente di impegnativo. Pigiato sul tastierino del telefono. Premuto invio.
    Così facile, finché nell’equazione non aveva dovuto considerare davvero una risposta positiva da parte di Starr. Non si era resa conto di quanto, esattamente, lo avesse fatto per mettersi l’anima in pace, finché quella prospettiva lontana non era divenuta solida realtà.
    Finché non si era guardata allo specchio, e riflessa aveva visto Bambi, e non Chouko. Lì sì, che era diventato tutto vero. E la tentazione di inviare una scusa pseudo-plausibile, nascondersi sotto le coperte per un mese e fingere non fosse mai successo nulla era stata molto, molto forte.
    È che aveva deciso di non fuggire più dai problemi che si creava da sola solo perché era terrorizzata delle conseguenze. Era stanca di sentirsi un personaggio secondario della sua stessa storia, Chouko; di sorridere sorrisi vuoti, e guardare il mondo andare avanti mentre lei rimaneva incollata nello stesso posto. Una prigioniera per crimini mai commessi.
    Se l’era fatto davvero, quel viaggio fino al Lilum.
    … perché i motel erano squallidi. Gli hotel non se li poteva realisticamente permettere; e poi sapeva di incontro ufficiale. Una botta per far passare la fantasia e ciao, ognuno per la sua strada. Casa Mizumaki era off limits per ovvi motivi – identità falsa a parte. Ogni altro luogo pubblico un enorme no.
    Era rimasta un’unica, vera opzione.

    Accavallò le gambe, nascondendo un palmo sotto la coscia, prima di azzardare uno sguardo nella sua direzione.
    «io… ah.» umettò le labbra, prima di stenderle in un sorriso nervoso. «non sono solita fare queste… cose.»
    Che probabilmente era già abbastanza palese così – con Bambi un fascio di nervi, il linguaggio del corpo a chiuderla a riccio su se stessa. «in verità è la prima volta che lo faccio.»
    Portò una ciocca corvina dietro l’orecchio, il palmo libero a carezzare la lunghezza della gamba esposta; un gesto quasi inconscio. «cioè.» sbuffò una risata, e scosse la testa. «non… in generale. è solo la prima volta che non lo faccio da sola.»
    Racchiuse i denti attorno al labbro inferiore, incurante del gloss inevitabilmente rovinato. «sai, con l’aiuto di altre… mani.»
    Scrollò le spalle, cercando disperatamente di apparire un minimo rilassata. Dio, ma perché doveva essere così.
    Si lasciò andare a un sospiro.
    «non dal vivo, quantomeno.»
    Ed era quello, infondo, a destabilizzarla di più. Non la richiesta in sé – non quello che stessere facendo. L’idea di essere del tutto impreparata a quel momento. Di tutta l’esperienza che Starr aveva, in confronto alla purezza di Bambi – di Chouko.
    Eccitante, come prospettiva, sì. In teoria. Nella pratica, l’anticipazione era quasi del tutto soffocata dalla paura di non essere, di nuovo, abbastanza. Di vedere sul volto dell’altra un cocktail di emozioni… sbagliate. Compassione, disinteresse.
    «mi dovrai guidare un po’.»
    Una confessione a fior di labbra – solo per lei. Come se quella stanza, lontana dai corpi caldi e dalla musica, avesse telecamere puntate su di loro; microfoni nascosti.
    Poteva farcela. Poteva provare, quantomeno.
    Solo allora allungò una mano verso di lei per stringerla attorno al suo polso. Un tocco timido. «i miei headcanon sono… un po’ singolari.»
    Quindi allungò l’altra sul tavolino. Ed esitò solo qualche secondo, prima di volgere il taccuino verso di lei.
    smut
    hurt/comfort
    jealousy
    handcuffs
    light bdsm
    horny with religious undertones
    kaegan sub
    salem dom

    «ma forse voglio sentire prima i tuoi.»
    Una chiara dimostrazione di fiducia. Il suo modo per dirle: sono tua, per una sera.
    Ci abbiamo danzato attorno per troppo tempo.
    Ora alza quella penna e mostrami cosa sai fare, straniera.

    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    "haha e se l'aprissi in cravings" "haha"
    lo faccio. lo fece.
  9. .
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    chouko bambi sweeney
    19 y.o. — @cherry on watpad — we love a clueless lesbian
    «haha» letterale. Puntò un indice laccato contro quel blanket sized lesbian, sorriso appena tirato a marcare l’azione.
    «ormai è parte del tuo brand!» Sistemò le ciocche rosa dietro all’orecchio, prima di tornare a stirare col palmo la sua targhetta speciale – un semplice “cherry !! she/her” scritto in stampatello leggibile. Si era premurata di rendere la calligrafia incospicua, limitandosi ad imitare uno degli stili popolari nelle communities online di studio (che lei osservava con enorme ammirazione senza mai utilizzare mezzo dei consigli che leggeva sui blog, nda). Affatto paranoica, la Mizumaki, che aveva passato la settimana precedente all’evento a dare una vera e propria forma a Bambi. Non si era mai dovuta porre il dubbio fino ad allora, d’altronde; nell’alter ego era solita cercare conforto nelle sue giornate no, quando non era pronta a mostrarsi al mondo per i motivi più svariati. Da innocenti imperfezioni della pelle ai più complessi problemi adolescenziali, Bambi era lì per permetterle di uscire a comprarsi un manga con quella che era a tutti gli effetti una maschera.
    Quella, però, era una situazione leggermente diversa.
    Non ricordava come ci fosse arrivata a scrivere fanfiction. Una sua piccola abitudine dai tempi dell’infanzia, quella di appuntarsi piccole storie prima a mente, poi sui palmi delle mani, e infine tra le pagine virtuali di un computer. Scrivere diari le era sempre parso esageratamente intimo – nell’immaginazione, invece, trovava una valvola di sfogo che le permetteva di elaborare ogni situazione pur mantenendo il distacco necessario a non farla sentire a disagio.
    Poi da un giorno all’altro Watpad era diventata la sua seconda casa. E per quanto adorasse il mondo delle fanfiction e la sua piccola comunità nel vasto mondo del web, la paura di cosa potesse comportare mescolare i due mondi – quello di Chouko, la persona in carne ed ossa, e quello di Cherry, la scrittrice anonima – l’aveva attanagliata da tempo immemore.
    Perché… perché sì. Perché aveva paura di sapere cosa ne avrebbero pensato famigliari e amici di ciò che scriveva. Perché parlare e mostrare i frutti di ciò che l’appassionava le portava un enorme senso di vergogna che non riusciva a spiegarsi. Perché, sopra ogni cosa, Cherry aveva abbandonato il suo status di scrittrice silenziosa ed era diventata persona. Una persona con amici, con cotte, con segreti imbarazzanti e problemi e dubbi. Sempre attenta a non dar via la sua identità, aveva trovato in brevi, sporadici post personali ciò che le persone erano solite trovare in un’agenda ben curata e chiusa da un lucchetto.
    Inutile dire che non avesse alcuna intenzione di rendere noto chi si celasse dietro quell’avatar, quindi; eppure.
    «presenti qualcosa?» fece scorrere lo sguardo sui presenti, cercando di non rendere troppo palese la paura che provava in quel momento. Incontrare Starr era nella sua bucket list da fin troppo tempo: aveva liquidato l’invito con un breve ti farò sapere, convinta che all’ultimo minuto l’ansia di deludere le sue aspettative le avrebbe fatto passare la voglia di presentarsi all’evento. Cosa avrebbe fatto, se nonostante le mille precauzioni qualcuno avesse comunque collegato Bambi – Cherry – a Mizumaki Chouko? Inspirò profondamente dalle narici, il medesimo sorriso tirato di poco prima sempre più simile a una smorfia di dolore.

    Perché lei sì, nel dubbio. Asciugò i palmi sudati sui pantaloni, imprecando mentalmente per il gesto più uncool sulla faccia della Terra, quindi fece uno scatto goffo che voleva somigliare a un saluto. «io volevo presentare un estratto della mia nuova fanfiction. Si chiama Summer don’t know me E si raggelò, sguardo inorridito a incontrare quello impassibile di Aidan Gallagher.
    «Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale» anche perché a giulia non andava di editare tutto il testo quindi ve lo prendete così.
    Schiarì la gola nel pugno della mancina, quindi, e con mani tremanti scrollò sul touch screen dell’iPhone:
    «Archibald Leroy, ventidue anni e trecentocinquantacinque giorni, aveva pensato più volte al Momento del Giudizio — la fine dei suoi giorni, lo schioppettamento finale. Vabbè: la morte.

    (...)

    In realtà ci pensava di continuo. Ossessione malsana, che dir si voglia.
    Quando apriva gli occhi al mattino; quando sostituiva valvole difettose per guadagnarsi un sacco di farina e una manciata di sale; quando si lasciava andare contro il sedile del pick up, stanco e affamato e solo; quando lo scoppiettio del fuoco cessava e lui stringeva un AR15 tra le braccia, come un bambino col suo peluche preferito, prima di abbandonarsi al sonno.

    (...)

    L’aveva immaginata in mille modi diversi. Aveva sperato in qualcosa di dolce; nel sonno, o cullato dalla morfina — la mano stretta in quella di Lydia, a cui avrebbe sorriso un’ultima volta. O Jeremy, una carezza partita dal palmo a percorrere le vene del polso e il resto del braccio, le spalle, il collo, fino a toccare la sua guancia; o ad Arabells, le dita ad attorcigliarsi tra i capelli cioccolato, canticchiando le stesse canzoni vecchie che avevano segnato le loro giornate. Suo fratello c’era sempre, in ogni versione; sul ciglio di una porta immaginaria, lo sguardo fisso su di lui, presente, come non lo era mai stato. Nei suoi sogni andava così: una conciliazione dell’ultimo momento, breve e senza troppi fronzoli; lo stesso Arci lo avrebbe fermato dal proseguire oltre le semplici scuse. Impaziente nel perdonarlo, perché il tempo non era mai stato dalla loro parte.
    I suoi incubi gli suggerivano altro. Vedeva vecchie ossa percorrergli il bicipite e graffiare, graffiare, graffiare, fino a strappare pelle e muscoli. Saliva e sangue a depositarsi sui suoi vestiti mentre i denti della creatura affondavano nella carne. In mezzo a praterie bruciate dal sole, dimenticato da tutto e tutti; l’ennesima casualità, e chi teneva più il conto, ormai?

    La realtà somigliava molto a quegli incubi. Che era un po’ triste da ammettere, ma d’altronde questo era il mondo: un incubo. Lo sapeva lui, lo sapevano Lydia e Jeremy e Bells e l’umanità. Se ancora poteva essere considerata tale, certo.

    Comunque. Archibald Leroy stava morendo.
    Senza proiettili, senza un varco in cui potersi lanciare che gli permettesse di correre verso la macchina — e chiudercisi dentro, perché era anche senza benzina: in un momento migliore avrebbe parlato di destino e altre cose che, intrappolato in un angolo con un’orda di cadaveri a battere i denti nella sua direzione come giocattoli difettosi, gli parevano delle gran stronzate —, il massimo che poteva fare era utilizzare la canna del fucile per colpire le bestie in testa e sperare, perché non aveva altra scelta, di non venir divorato vivo. Uno strappo alla carotide e via.
    Strinse le palpebre, pregando silenziosamente un dio in cui non era certo di credere più, affinché il suo corpo martoriato incontrasse la lama di un pugnale prima della carne di un innocente, incapace di abbassare la difesa ma arreso a un destino inevitabile.

    Sentì, piuttosto, l’ormai familiare suono di metallo contro cranio – lo snap nauseabondo delle ossa che si spezzavano come legnetti. Il sangue a colpirgli il volto in spruzzi pollockiani, caldo contro la sua pelle bruciata.
    E ancora; il rantolo disumano di una delle creature interrotto da gorgogli.
    Il peso del cadavere contro la spalla. Si affrettò a spostarlo, non facendo caso ai frammenti umani che si depositarono sulle sue braccia di conseguenza – e spalancò nuovamente gli occhi per spingere il calcio del fucile nel bulbo oculare del mortovivente.
    E, come spesso succedeva in quei casi, lasciò ai muscoli fare il loro lavoro, macchine ben oleate quali erano, e soppresse la coscienza – la voce nella testa a urlargli di ricordare, ricordare, ricordare.»


    elio cit: bello.
    «grazieciao.» e volò verso il buffet, perché quella era abbastanza umiliazione per una settimana intera.
    Call me Nashe, Houdini,
    doing tricks with a saw
    For my next act,
    watch me cut these bitches off





    dice due parole a nicky #fine

    info da sapere:
    - sì la fanfiction esiste veramente
    - non è public knowledge che chouko e bambi siano la stessa persona*
    - cherry è una fic writer popolare quindi i vostri pg potrebbero averne sentito parlare, casomai vi servisse una scusa per attaccare bottone con qualcuno. bambi invece non la conosce mezza anima viva, però su twitter chou usava il suo nome come handle. l'ho usata davvero pochissimo ma again, se serve lei si presta!! potete benissimo fingere di averci parlato acab
    - fine ciao

    (* chou è metamorfo!)
  10. .
    mizumakichouko
    aka: polistirolo
    17 y.o. & hyped



    We're never done with killing time
    Can I kill it with you?
    'Til the veins run red and blue
    We come around here all the time
    Got a lot to not do
    let me kill it with you
    «Siamo finite negli Hunger Games.»
    Strinse il palmo contro il petto, sussultando drammaticamente.
    «first reaction: SCIÒK.» sciok biceueueuse: «non ho mai visto l’ultimo film.» e come si sopravvive agli Hunger Games senza sapere com’è schiattato Peeta (ah, non schiatta? e vbb, nell’Hunger Games secondo Lia almeno Katniss doveva morire).
    Certo era che come prima (almeno per quanto ne sapesse lei – magari era una cosa ricorrente e lei semplicemente non se n’era mai accorta perché era tutta una cosa underground? Chi lo sa; intanto esistevano i laboratori segreti degli estremisti ribelli, tutto era possibile. SECOND REACTION: SCIÒK???) edizione vera degli Hunger Games le pareva un po’ scorretta.
    «cioè, ma scusa.»
    Calpestò un sassolino per enfatizzare: «ma a Katniss e Peeta non avevano permesso di prendere roba dalla cornucopia?»
    Okay che lo scopo era farli fuori tutti, ma insomma. Arricciò il labbro superior, contrariata, prima d’imitare l’espressione della Goldstein – due cervelli importanti, quelli di Laurel e Chouko: «oddio.»
    Portò le mani tra i capelli, spostando lo sguardo verso un punto imprecisato mentre, man mano, sistemava i tasselli del puzzle: «oddio. Mentre gli altri prendevano la roba noi dormivamo.»
    Non così difficile da credere, considerando il fatto che Chouko era facile da svegliare quanto un cadavere. «oh no
    Si sistemò affianco a Lau, spiando da dietro alla sua spalla il resto dei messaggi in codice (ma manco troppo – trova, o crea, un riparo. era abbastanza straightforward anche per una Chouko incapace di risolvere i puzzle più facili dei santuari di Zelda senza la guida step by step su Youtube).
    «beh.»
    Un po’ ci aveva giocato, lei, all’esploratrice. «quei negozi non sembrano esattamente utili ai fini della sopravvivenza,» hint: perché sembravano pronti a crollare da un momento all’altro. «ma potremmo provare ad entrare in uno di quelli?»
    E puntò il dito verso strutture più lontane, apparentemente più intatte; da sola non era certa sarebbe entrata, perché aveva giocato a The Last Of Us e non era armata fino ai denti così da poter evitare di venir mangiata viva da (Taichi) zombie latitanti, ma con una seconda capra sacrificale al fianco poteva anche pensarci.
    «altrimenti non… non saprei?»
    Nel dubbio: «oh no once again, per enfasi.
    missyou / joined the chat /
    gifs: chou + dick
    i panic! at (a lot of places besides) the disco // sketch by chris
    i see it, i like it, i want it, i got it
  11. .
    mizumakichouko
    aka: polistirolo
    17 y.o. & hyped



    We're never done with killing time
    Can I kill it with you?
    'Til the veins run red and blue
    We come around here all the time
    Got a lot to not do
    let me kill it with you
    «prende? PRENDE??? ODDIO PRENDE» ma voi cosa prendete. «STA PRENDENDO!!!!! scherzo non prende.»
    Arricciò le labbra, lasciando cadere le braccia ai fianchi – disappointed but not surprised, la Mizumaki, che fece scorrere il dito sullo schermo rotto del telefono un’ultima volta prima di tirare l’elastico dei pantaloni del pigiama e infilarci l’apparecchio (eh: a mali estremi, estremi rimedi).
    Un po’ ci aveva sperato; fighissima la simulazione interattiva, ma non era certa di a) voler morire abbandonata nel nulla – perché Chouko, Choukino, aveva scelto, dopo l’attacco di panico iniziale, di fingere per il bene della propria salute mentale di non considerare l’opzione “mentre dormivi è stato spazzato via il mondo e tutti quelli che conosci sono morti”, e come biasimarla – e b) il suo deficit dell’attenzione non le permetteva di fare la stessa cosa per più di quaranta minuti esatti prima di necessitare di una distrazione breve e indolore.
    E vabbè. The garbage will do. Letteralmente, perché non c’era molto altro da fare quando era del tutto isolata dal mondo e l’ambientazione apocalittica in cui era capitata l’aveva privata di contatto umano.
    Fece scorrere le dita tra le ciocche ondulate, passi incerti a trascinarla verso massi spezzati, cumuli di detriti, edifici tutto fuorché agibili (o invitanti, se per questo: l’olezzo all’esterno, quantomeno, si disperdeva nell’aria fino ad attutirsi – non voleva scoprire quale fosse la situazione di negozi chiusi da chissà quanto tempo, grazie ma no grazie). E per un po’, si limitò a questo – ad avvicinarsi silenziosa a qualunque cosa circondasse i pochi metri d’area in cui si era (molto felicemente) svegliata, occhi da cerbiatto a studiare qualunque cosa catturasse la sua attenzione con estrema cautela, e poi battere i pugni sulla superficie dell’oggetto, o resto architettonico che fosse, in attesa del familiare ping che era solito precedere la caduta dei loot boxes. Casomai li avessero inclusi nel pacchetto, for shits and giggles.
    Ancora. E ancora. E ancora.
    E ancora.
    Alzò il volto in aria, quindi, tirando un bacio al cielo per (i weuge) il fato. «apprezzo il tentativo ma ti metto comunque due stelle su Steam.»
    Una semi-minaccia che, evidentemente, servì a qualcosa; trotterellò verso la strana forma accartocciata a terra, sopracciglio inarcato mentre cercava di dare un senso al… tutto.
    Inclinò la testa da un lato, poi dall’altro. E strinse le labbra in una linea retta, indice alzato in aria come Doctor Strange mentre, solenne, si arrendeva all’idea di dover toccare quel corpo alieno fatto di strani tessuti – quindi affondò il dito nel materiale, fight or flight instinct a tanto [emoji con pollice ed indice che quasi si toccano] così dall’attivarsi. Strange forte: era una persona.
    «????????&&&&SGHDHS%&/D» recitato punto interrogativo per punto interrogativo. «AAAAAAAAH?» direttamente nell’orecchio del fortunello – che continuò a punzecchiare senza pietà alcuna, felice come un fanciullino alle prese con il primo bambolotto.
    «CHI SEI AAAAAAAAAAA.»
    T’oh! Una carta per la lettura dei tarocchi che in realtà è un bigliettino con /indizi/ sopra! «nnnnnon ho capito.» Addio carta per la lettura dei tarocchi che in realtà è un bigliettino con /indizi/ sopra.
    «hey,» e ticchettò piano contro la spalla del perfetto sconosciuto, labbra arricciate. «hey, credo voglia convincerci che non stiamo sognando.» pat, pat. «hey.»
    missyou / joined the chat /
    gifs: chou + dick
    i panic! at (a lot of places besides) the disco // sketch by chris
    i see it, i like it, i want it, i got it
  12. .
    «ma dai» rallentò il passo, e (portò i palmi sulle ginocchia, dandosi un minuto buono per riprendere il fiato dopo essersi fatta l’intero tragitto dalla fermata della metro – sì, scalini inclusi – correndo) sorrise allegra all’altro. «anche te qui!» non di certo il genere di persona che si aspettava di vedere a una campagna di D&D, né tantomeno il genere di compagnia che era solita preferire, ma non poté fare a meno di sentirsi più tranquilla, Chouko, nel vedere il Grifondoro fuori dallo stesso palazzo in cui stava per entrare lei. Davvero un brutto scherzo del destino, quello di renderla una pallina piena d’amore da condividere col prossimo e, al contempo, così inetta nel relazionarsi con gli altri in situazioni come quelle. Non necessariamente timida, la Mizumaki, ma neanche estroversa: una scomoda terra di mezzo che la faceva sentire un po’ di troppo, un po’ sempre. In presenza d’adulti, poi, tendeva a congelarsi; proveniva pur sempre da una famiglia inglese di prima generazione, ancora saldamente ancorata al reverenziale rispetto della tradizione giapponese. Inutile dire che auto-invitarsi a casa di persone che a malapena conosceva non rientrava proprio tra i canoni dell’educazione, ecco. E sì, sapeva ci sarebbero state facce conosciute nella mischia (scott, santo scottino, al quale aveva mandato tra i sei e i venticinque messaggi di sole domande su murphy per capire se la stesse disturbando) ma! ma, when the disagio di vivere hits, c’è davvero poco da fare. «non ti facevo da d&d» pour parler, eh, perché gli aveva a malapena rivolto una frase nei mesi passati. E infatti, quando Aidan Gallagher aggrottò appena la fronte e separò gli occhi dalla cartina arrotolata stretta tra le dita per rivolgerle uno sguardo che urlava ma chi minchia sei, se ne pentì all’istante. S’impose di non indietreggiare intimorita, perché non era un così stratosferico caso disperato, e finse educatamente di non notare il Player’s Handbook stretto tra l’avambraccio e il fianco del ragazzo quando questi le rispose «perché non lo sono.» Annuì, piuttosto, labbra strette in una linea retta mentre cercava disperatamente appigli di conversazione. Vabbè: «vogliamo entrare?»

    «mezzelfo con più due di carisma, chierico» alzò i palmi a mezz’aria, sguardo shooketh rivolto al professor Henderson: «oh wow.» UN CHIERICO!!&& aveva già trovato il potenziale bff del suo personaggio. Schiarì la gola, quindi sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio; occhi chiusi, e lasciò che i lunghi capelli biondi si trasformassero in arancio, la pelle in turchese, le iridi in rosso rubino. «dunque:» sistemò meglio gli abiti, infine, prima di unire i palmi con un sonoro clap e ripresentarsi al gruppo con un aspetto polarmente diverso. «Yumiko è una strega di razza tiefling. Il suo aspetto le ha sempre provocato angoscia, date le sue origini demoniache che la rendono automaticamente terrificante agli occhi di chiunque la incontri. È stata abbandonata ai piedi di un monastero Illumian e lì ha trovato rifugio per buona parte della sua vita. È molto legata al suo credo, ed è estremamente determinata a dimostrare che anche i tiefling sono in grado di amare. Le sono successe cose…» pausa drammatica; «terribili, ma nonostante ciò è convinta che ci sia del buono nelle persone.» e fine. Sotto a chi tocca? «e sono MOLTO IN HYPE COMUNQUE!!!&&&»
    mizumaki
    chouko
    yumiko
    tiefling
    sorceress
    legends never die
    Every time you bleed
    for reaching greatness
    Relentless, you survive


    lo and behold, yumiko ha un character sheet. arriverà anche per il personaggio di aidan OVVIAMENTE per chi mi avete presa


    Edited by homini lupus - 12/10/2021, 19:28
  13. .
    sixteen
    hufflepuff
    metamorpho
    oni
    chouko
    mizumaki
    «miss hirune? miss hirune?» occhi ridotti a fessure e collo teso verso la donna; e scosse la testa, solenne. «oh my fucking god she’s fucking dead» e se non cogliete la vine reference non so cosa dirvi. Non era certa come la donna fosse giunta a una fine così triste – credeva che spaccarle un piede calpestandoglielo (…era forse un modo velato per dirle che doveva mettersi a dieta? rude, si sa che gli adolescenti sono particolarmente sensibili!) sarebbe bastato a metterla fuori gioco, ma a quanto pare a quei cipolli non li fermava manco un carrarmato. E basta, dai, che Chouko non aveva ancora esaurito la sua scorta di shock paralizzante nel vedere i cadaveri. Non era certa che scavalcare gente morta come in una specie di versione macabra del gioco della campana fosse proprio adatto a una sedicenne che piangeva se schiacciava una lumaca. E okay, forse era particolarmente affascinata dai film horror e i giochi truculenti in cui il suo personaggio mozzava teste di zombie con la naturalezza di un cane che piscia contro un palo, ma questo di certo non significava che fosse okay con l’idea di vederli irl, certi sceneggiati. Che poi il Grande Spirito delle Jarden misto alla sete insaziabile di sangue di Lia la guidasse verso la violenza brutale era un altro discorso. «ssssì ma» e a questo punto fece scivolare la mazza, che fino a quel momento era stata fedelmente attorcigliata alla sua spalla, a terra, labbra arricciate e fronte corrugata. «cioè… tutto qui?» Ovviamente no, ma lei questo ancora non poteva saperlo. Senza contare che tutto qui era stato in realtà scabroso dal punto di vista emotivo e fisico e, insomma, possiamo dire con certezza che avrebbe sognato gente morta per almeno i prossimi tre anni della sua vita, ma vabbè, scelta di parole sfortunata per dire che: ad essere del tutto sincera, le sembrava strano che il Ministero si fosse limitato a mandare così pochi pavor. Invero, erano solo un mucchio di ragazzini, e potevano benissimo averli sottovalutati – ma fino a quel punto? Persino un’incurabile ottimista come la Mizumaki doveva riconoscere che fosse strano. Dopotutto ad Hogwarts non c’erano solo minorenni – impossibile non considerare i professori e il resto dello staff scolastico nel disegno. Ebbe giusto il tempo di pensarlo, Chouko – la testa a scattare nella direzione del rumore, un palmo sudato a stringere la catena e l’altro a tenere alta la bacchetta. Potevano essere gli altri; quelli che erano andati al Ministero. Adulti, maghi esperti – forse erano riusciti a concludere eoni prima. Eppure. Eppure. «bombarda!» e non avrebbe atteso ulteriormente, Chouko, il «repello inimicum» già sulla punta della sua lingua; e ancora, «electrypus!» scagliato alla cieca – erano davvero troppi per poterne puntare uno in particolare, e avvicinarsi per colpire era fin troppo rischioso. Indietreggiando rapidamente, avrebbe infine scagliato un ultimo «sectumsempra» nella direzione generale dei pavor.
    I’m a goddess with a blade, Shout my name so you won’t forget it, loud
    ezekiel
    walsworth
    twenty
    street artist
    pureblood
    majora
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco


    (1) difesa guin (gid + chouko): repello inimicum
    CITAZIONE
    Se usato in combinazione con Protego Maxima e Fianto Duri crea uno scudo protettivo quasi invalicabile. Le persone che si scontrano contro questo scudo incantato vengono istantaneamente disintegrate e gli incantesimi che lo colpiscono, se non sono sufficientemente potenti da spezzarlo, si infrangono causando deflagrazioni assordanti.

    (11) difesa self (chouko + etchu): protego immotus
    CITAZIONE
    Formula: electrypus. Crea un campo elettromagnetico intorno al mago che esegue l'incantesimo, bloccando ed elettrificando qualsiasi oggetto entri in contatto con la superficie dello scudo magico.

    attacco su raj (chouko): sectumsempra
  14. .
    sixteen
    hufflepuff
    metamorpho
    oni
    chouko
    mizumaki
    Erano successe… cose. Ma andiamo in ordine: «SCUSAMI!!!!!» Vero e proprio orrore dipinto sul viso della giapponese mentre, occhi spalancati, osservava i danni procurati alla perfetta sconosciuta – trascinò lenta la mazza insanguinata verso di sé, poi alzò lo sguardo per incontrare quello della pavor. «davvero, scusa.» Okay, forse l’obiettivo di Keila era quello di far fare praticamente la stessa fine a lei, ma non era certa di poterla biasimare poi così tanto. Non perché avesse fatto qualcosa che effettivamente meritava d’essere punito con la violenza più atroce, né tantomeno perché l’idea di scontrarsi con una tipa random la eccitasse (in… qualunque modo si voglia interpretare il termine eccitazione in questo contesto, è indifferente). Semplicemente comprendeva quali fossero i ruoli di entrambi, in quel conflitto: la pavor stava svolgendo il suo compito. Sopprimere la resistenza era il suo lavoro. E Chouko, per quanto considerasse il Ministero terribilmente ingiusto – per quanto fosse del tutto contraria al regime, a ciò che rappresentava, a quel clima tetro che si era insinuato in ogni meandro dell’Inghilterra a causa delle leggi che lo regolavano – non riusciva a puntare il dito contro di lei. Come non era riuscita, e forse mai ce l’avrebbe fatta, a provare risentimento nei confronti di chi teneva la testa china e accettava, accettava, accettava. Perché non capiva molto, Mizumaki Chouko, di come andava avanti quel mondo, ma sapeva che sacrificare i propri privilegi per il bene comune non era cosa semplice. Che non tutti erano pronti a farlo – ed era okay. Nel limite delle sue capacità, lei avrebbe combattuto anche per gli altri.
    E a proposito di questo, Chouko chinò quindi la testa – il terzo scusa, perché lei non era lì per uccidere, e il solo pensiero di esserci andata vicina le aveva provocato un senso di nausea – e, col cuore ancora pesante come un piombo, si sarebbe quindi messa in cerca di Erin per poterla finalmente stritolare in un abbraccio da 40pa, se solo «OGGESOO» qualcosa non l’avesse colpita alle spalle, obbligandola quindi a tirare l’arma in aria per … colpire chiunque stesse cercando di farla fuori. Un bene che sbagliò mira, agitando la mazza chiodata laddove si trovava l’ennesimo tipo random mandato dal Ministero piuttosto che nel punto in cui si trovava. Well. «…nicky????» Che non sapeva manco si trovasse lì, per giunta. In sua difesa il discorso di Erin le aveva talmente tanto fatto salire l’adrenalina da mandarle in pappa il cervello, e, beh, diciamo che la cosa non era migliorata con l’andare del tempo. «anche tu qui, haha» sorriso talmente forzato da ricordare, più che altro, una smorfia di dolore – grattò la nuca, iridi scure a guizzare da una parte all’altra della stanza in cerca di qualcosa che la tirasse fuori da una situazione simile. «come… come vanno le cose?» spoiler: bene ma non benissimo. «non sapevo avesse un colpo in canna, ma pensa. immagino sia per questo che si usa sempre la sicura ihihih» oh, interessante. Una gara a chi dice la cosa più stupida! Grandioso. Tirò fuori una risata nervosa al limite dell’isteria, quindi: «ora magari metto-» e schiarì la voce, Chouko, annuendo rapida. «sì, giusto – beh, uh.» Mani in aria, e fece spallucce: «in effetti devo proprio… ok, buonafortunaciaoeh!» quindi sparì in cerca di Keila, ormai sua nuova bff, alla quale rivolse un semplice e coinciso «ti prego uccidimi. no hard feelings uccidimi e basta» ma – plot twist! Con la coda dell’occhio vide il baldo Gideon dirigersi verso di lei, scudo munito e con l’espressione da criceto scazzato, dunque avrebbe scelto molto saggiamente di scuotere le braccia in aria in modo… affatto… sospetto, così da poter tenere l’attenzione della donna su di lei mentre l’altro la colpiva alla schiena. Con l’ennesimo «SCUSISSIMA, MAZZA IN TE(STA)???%%%», avrebbe infine spostato ancora la fedele mazza addosso alla donna. Daje così.
    Let me face my fears, I want to stand on a path of an unknown map
    ezekiel
    walsworth
    twenty
    street artist
    pureblood
    majora
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco


    (19) difesa zeke (gid + chouko): distrae la tipa
    (9) difesa fitz (chouko + nicky): colpisce accidentalmente il tizio con la mazza
    attacco su keila (chouko): cerca di nuovo di fracassarle qualche osso con, you guessed it!, la mazza
  15. .
    sixteen
    hufflepuff
    metamorpho
    oni
    chouko
    mizumaki
    Sfiorò la maschera con dita tremanti, cercando di abituare i polpastrelli alla sensazione d’acciaio – liscio, freddo e duro, piuttosto che morbido, poroso, caldo al contatto. Percepì la creatura muoversi e seguire il movimento, digrignare i denti, ferale, spaventata quanto Chouko stessa da un corpo estraneo così vicino; quindi ritirò la mano di scatto, imprecando a mente per il suo triste, triste destino. «…tutto ok?» «hm?» Si voltò nella direzione della voce, trovandone la fonte in un completo sconosciuto – gli occhi uno specchio dei suoi, pregni d’ansia e spaesamento, e le labbra schiuse a rilasciare respiri corti. Avrebbe voluto sorridere rassicurante, la Mizumaki, ma sembrava essersi dimenticata anche solo come si facesse – senza contare che il ragazzo non avrebbe avuto modo di vedere alcunché, con l’oni a coprirle totalmente il viso come una seconda pelle. «la–» e gesticolò vago, la mancina a creare ghirigori trasparenti attorno alla propria faccia. «oh– sì, assolutamente, è… non sono abituata.» Si strinse nelle spalle, cercando di sembrare disinvolta nonostante il palese nervosismo; chissà, magari così facendo sarebbe riuscita a convincere anche se stessa che fosse tutto okay. «è un po’ dispettoso, ma non fa male a una mosca.» Certo, questo finché non veniva sottoposto a rituali specifici che permettevano al demone di fuoriuscire e seminare panico, ma per il bene di entrambi decise di omettere tale dettaglio. «tu, piuttosto–» un cenno col mento a indicare la maschera stretta tra le sue mani, e indietreggiò istintivamente quando il ragazzo l’alzò in aria, fronte corrugata. Un bene che tra la Mizumaki e il Walsworth ci fosse la maschera della giapponese, o non sarebbe riuscita a nascondere l’imbarazzo quando quest’ultimo si lasciò andare a una risata. «naaaah, rilassati, è finta.» Rilasciò un sospiro che non sapeva di star trattenendo, felice quantomeno di non doversi preoccupare di potenziali esorcismi. «ancora non sono così impavido da andare in giro con una maschera dal valore di milioni.» e forse sentì il peso dello sguardo di Chouko, perché si affrettò ad aggiungere: «…e poi è maledetta, no, figuriamoci!!!» Ah, ecco. Lo osservò mentre se la sistemava sul viso, irrigidita dall’ansia nonostante le rassicurazioni – «visto?» diciamo che, potendo scegliere, avrebbe preferito non vedere e basta. Chiamatela pure superstiziosa, oh. «io sono Zeke, comunque.» Annuì, mano tesa a raggiungere quella del ragazzo: «Chouko.» «Chouko. Andrà tutto bene.» E non ne sembrava pienamente convinto, Zeke – riusciva a vedere la tensione della mascella laddove, ai lati del viso, la pelle era ancora scoperta. «andrà tutto bene.» Annuì nuovamente, gli sguardi di entrambi puntati sugli archi, il rumore di passi a riecheggiare nei loro petti. «andrà tutto bene.» Perché non poteva essere altrimenti.
    Strinse la catena attaccata alla mazza, spostando al contempo il peso sulla gamba destra posta in avanti, ginocchia piegate in attesa di poter compiere lo scatto; quindi prese a correre, volgendo una silente preghiera agli dei di Mortal Kombat affinché l’aiutassero a fracassare qualche cranio prima che la morte potesse raggiungerla. «TAKE A SELFIE» perché no, non si era ovviamente dimenticata del suo stupido amico e il suo impellente desiderio di morte. Lanciò in aria la mazza, minacciosa, poi puntò l’indice contro i due ragazzi in questione: «restate VIVI oppure giuro che vi faccio MALE» in modi mistici, ma l’avrebbe fatto. A costo di doversi comprare una ouija e prenderli a calci nell’aldilà. Tanto era concentrata sulle sue vittime del momento da non rendersi quasi conto del razzo che, di lì a poco, si sarebbe scontrato con la sua povera spalla per poi polverizzarla. «…oh n–AAAHSABHDSHDBHJSNJ?????%%» Jane ancielo del cielo no, non l’aveva considerata. Si dimenò per qualche secondo, cercando di processare ciò che stava accadendo e, al contempo, di trovare un modo per sopravvivere e non schiantarsi a terra malamente. Alla fine optò per stringere ogni arto stringibile a Jane come un granchio, bocca spalancata come Pikachu in pieno shock. «lo… lo senti anche tu?» l’amore? No, Godric che suonava Il Mondo è Mio qualche metro più in basso. «in quanti ti fanno la battuta di san gennaro?» un sospiro che valeva mille parole, e «troppi.» E in modi che non staremmo a discutere perché lo sa solamente il fato, tornò finalmente a terra. Ebbe giusto qualche attimo per riprendersi dal trauma, poiché chiaramente il mondo aveva troppo bisogno di lei (are you sure about that.gif) per concederle una pausa – tirò fuori la bacchetta al grido di «PHOeEeEeBeEeEeEe» e, sperando in un livello di precisione che non era del tutto certa di aver mai posseduto (aka: in una botta di culo), avrebbe quindi rivolto un «gelidus» in direzione dell’incendio, polso roteato e braccio teso. Fece per correre in direzione della ragazza, il bisogno di accertarsi che fosse ancora tutta intera a prevalere su ogni cosa, ma cambiò rotta all’ultimo quando con la coda dell’occhio notò il mostriciattolo che poco prima aveva tentato di disintegrarla. Quindi puntò il piede a terra e, catena ben stretta nei palmi, fece roteare la mazza sulla testa per prendere velocità – avrebbe atteso che questa fosse abbastanza leggera da poter essere scagliata senza troppo sforzo prima di urlare «死ね!!!!!!!!!!»* come un degno Bakugou e, finalmente, tirare l’arma nella generale direzione della sconosciuta.
    Let me face my fears, I want to stand on a path of an unknown map
    ezekiel
    walsworth
    twenty
    street artist
    pureblood
    majora
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco


    * 死ね (shine): crepa


    (15) difesa phoebe (phoebe + chouko): incanto frozen
    CITAZIONE
    Formula: Gelidus. E' in grado di trasformare qualsiasi entità magica in ghiaccio.

    (20) difesa chouko (chouko + jane): si aggrappa a jane
    attacco su keila (chouko): le sferra la mazza
16 replies since 17/3/2019
.
Top