Posts written by deadpan

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    I don't care, I'll let you know when I'm done
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    fiendfyre
    21.03.22
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    Prevedibile. Patetico. Hyde guardò il ragazzo sgretolarsi come un terreno dissestato, perdendo briciole e parti di se stesso in ogni singhiozzo. Non lo stupiva che per contenersi ed esistere, avesse bisogno di un Sistema; non riusciva ad immaginare come incollare insieme quei pezzi, se non dentro una scatola. Lo guardò, domandandosi se quello - se Maddox - ne fosse un effetto. Il non dover necessariamente essere sempre se stessi, permetteva un certo margine di... inadeguatezza, come dimostrava il Rory. Competenze che un banale umano era costretto a sviluppare per sopravvivere in determinate circostanze, avevano creato nuove identità più adatte ad esistere in quel preciso istante, ma non in tutti i momenti, vista la quantità di personalità fra cui rimbalzava il cameriere.
    Lo trovava complesso. Affascinante come poteva esserlo il principio secondo cui l'uomo avesse creato il tempo, ideando strumenti per misurarlo.
    Non accennò ad allentare la presa. Non ritrasse la bacchetta, e non distolse lo sguardo dall’altro, lasciando che si perdesse senza porgere una mano per sorreggerlo nel ricomporsi. Hyde era un Winston, ed era un Crane, ma era diverso dal resto della sua famiglia. Aiutare qualcuno, non gli veniva naturale, così come non era progettato per distruggere, malgrado potesse darne l’impressione. Un umile spettatore, nell’area grigia di giusto e sbagliato. Abbandonato troppo presto dai poli che avrebbero dovuto virare la sua bussola sancendo principi e morale. Spontaneo come un fiore che dispiegasse i petali, e con un senso tutto all’incontrario, si avvicinò maggiormente al relitto d’uomo sul divanetto, cogliendo il filo sottile delle sue parole per pura casualità. «non sono stato io,» Un sorriso danzò ai margini delle labbra del CW, gli occhi ancora troppo freddi e distaccati per permettere che il divertimento vi si affacciasse realmente. Sbuffò un soffio d’aria, derisorio. Ovviamente, non era stato lui. Sapeva non ne avesse le capacità, e solo naturale che qualcun altro avesse preso il posto di comando macchiando le mani di tutte le unità del loro insieme. Immaginava di non poterlo reputare colpevole. Peccato. Si domandò se chiunque avesse ucciso il ragazzo, fosse nato apposta per quell’esigenza, o fosse sempre stato presente. «io… io non c’ero nemmeno.» Rimase a guardarlo, così vicino da vedere ogni lacrima incastrata nelle ciglia. Pensò di liberarle con la punta della bacchetta; non lo fece. «sarebbe cambiato qualcosa?» domandò, dissacrante, lasciando che il quesito suonasse asciutto ed arido quanto la smorfia a tagliarne il viso. L’avrebbe fermato? Avrebbe potuto fermarlo? Soprattutto, e forse l’interrogativo più interessante: avrebbe voluto? Doveva pur esserci un motivo se una parte del suo inconscio aveva deciso di commettere un omicidio. «avevo bisogno di spazio, e hartley di godersi un po’ la superficie e…» Battè le ciglia, reclinando lento il capo sulla spalla. Concesse la pausa, l’ennesima, del singhiozzo mutato dai denti stretti sul labbro, valutando di strapparlo dalla stretta con il pollice per dargli una cazzo di pausa. Sembrava troppo intimo, però. Troppo d’interesse, come se la questione potesse importargli sul serio. Non lo faceva. Voleva, però, che la smettesse di perdere tempo in piagnistei, e sputasse risposte concrete e sensate. Si risolse a picchiettare il dorso della mano sotto il mento dell’altro, premendo appena perché cessasse di guardare il pavimento, e si degnasse a comportarsi come un essere umano funzionale – il fatto che non lo fosse, non significava che non potesse fingere. «andava tutto bene… era felice.» Tutto bene…? Per chi, considerando che, citando Maddox, lui neanche c’era. «poi non so cosa sia successo… non di preciso, comunque. non ce l’ha mai voluto dire, e quei ricordi li ha nascosti fin troppo bene,» Un altro sbuffo del ministeriale, sguardo alzato al soffitto. Riflessivo. Pensare che potessero tenersi segreti fra loro, pur condividendo uno spazio di una certa rilevanza, era intrigante. Rimase a guardare le luci al neon del Fiendfyre chiedendosi come potesse essere possibile; non era un esperto in maniera, ma non gli sembrava molto sano. Che poi chi cazzo era lui per giudicare, che si bruciava polmoni e fegato con sigarette ed alcool sperando di morire prima del compleanno successivo. «un– un giorno mi sono svegliato, ed era passato molto più tempo del solito… ed erano tutti agitati… tutti terrorizzati... e hartley era sparito. hartley… l’unico che c’è sempre» Sempre quando c’era Maddox? Sempre in linea generale? Inspirò, accumulando domande su domande, ma senza perdere di vista la priorità – capire chi cazzo avesse invaso la sua mente, e su chi potesse, con sadico gusto, scaricare almeno metà delle proprie cartucce. «e c’erano abiti sporchi di sangue… non fresco, non ho idea di quanto tempo fosse passato. o cosa sia realmente accaduto. o chi sia stato.» L’inaspettato. Non inspiegabile, ma pur sempre assurdo.
    Hyde rise. Sincero, per quanto potesse esserlo qualcuno che di suo non aveva neanche più un nome. Divertito, se così si poteva definire il malsano godimento del dolore degli altri. Breve, secco, e chiaramente poco abituato a farlo. Una parentesi roca e ruvida con cui scosse il capo, mormorando fra sé quanto il mondo fosse ridicolo. «tu. Ti sei svegliato… tu. dopo un omicidio» Andava contro tutte le sue supposizioni. Gli sembrava il meno adatto ad una situazione simile.
    A meno che non volessero qualcuno che sentisse. Tutto. Appesantito dalla paura e dal senso di colpa, più indicato al non nascondere nulla. Sadico, da parte del sistema. «tu.» ripetè, osservandolo con rinnovato interesse. «adesso, ogni volta che… prendo del tempo per me, al mio ritorno ho sempre il terrore di svegliarmi e scoprire che sia tornato… che abbia fatto del male a qualcun altro.» Fu più o meno a quel punto che ritrasse la bacchetta. La riportò al proprio fianco, senza allontanarsi – non subito, almeno. Lo guardò con l’intensità di uno storico ai piedi di un tempio mai esplorato, di cui avesse letto solo nei libri. Non meraviglia, più… concretezza di ricevere risposte.
    «sei la loro coscienza» osservò, come dato di fatto. Era un meccanismo di sopravvivenza davvero… funzionale. Loro – chi per essi, perlomeno – si sporcavano le mani, lasciando a Maddox il peso di sensi di colpa che avrebbero rallentato le loro funzioni. Non era quello operativo, ma era comunque quello che ne pagava il prezzo. Curvò un angolo delle labbra in un sorriso liquido. «pensa.» la disperazione, a quale livello portava.
    «ora mi arresterai?»
    Provò di nuovo l’assurdo impulso di ridere. Quella volta, non lo fece. Lo guardò, prendendo le distanze per tornare a sedersi al suo fianco piuttosto che torreggiare su di lui invadendone gli spazi personali. Subito tacque, lasciando pensasse che stesse prendendo in considerazione la possibilità di ammanettarlo e consegnarlo ai Cacciatori. Poi schioccò la lingua sul palato, scuotendo il capo e recuperando la bottiglia per portarla alle labbra. «non sto lavorando» mormorò, attorno al vetro. «e poi,» passò il dorso della mano sulla bocca, asciugandola dal liquore in eccesso. «non me ne frega un cazzo» onesto, quantomeno. Anzi, se avesse potuto dire la sua, avrebbe promosso più omicidi. Fiero sostenitore della selezione naturale, il capo del consiglio.
    «senza contare che avete già reso la vostra vita una prigione» Gli offrì la bottiglia, perché sembrava averne bisogno – e perché l’alcool, e vedere la disperazione negli occhi dei suoi interlocutori, l’aveva messo di buon umore. Lo sguardo del CW cadde sulle mani dell’altro, nello specifico, sul gioiello indossato. Non c’era la migliore delle illuminazioni, ma gli parve di leggere l’impronta di alcune rune sul metallo – e, doveva dirlo, non sembrava affatto qualcosa da Maddox Rory. Troppo...complicato, nei suoi disegni. Non disse nulla, perché non credeva fossero affari suoi. «cos’hai fatto? Dopo esserti svegliato sporco di sangue» si afflosciò dalla parte opposta del divano, poggiando il gomito sul bracciolo ed abbandonando la guancia sul palmo. «chi di voi si occupa di occultare cadaveri?» Lo so, faticherete a crederci ma… sorrise.
    Di lui, non con lui. Non esageriamo.
    hyde jack
    daniels cw
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    dico due per forza, e già sono in debito di una perchè avrebbero dovuto essere tre a settimana .
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    jack daniels
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    Diaz lo guardò.
    Hyde lo guardò.
    «quanti a anni hai?»
    C’era solo una risposta a quella domanda. Una che Hyde non avrebbe dato, perché non condivideva il senso dell’umorismo della sua player, ma che Ari Diaz avrebbe sentito lo stesso, come il fantasma di un vento che non c’era. Solamente loro due all’interno di quella baita, con un segreto – più di uno, ma non era il momento dei tecnicismi – ad aleggiare fra loro. Gli alberi erano lontani, ma poteva sentirne la presenza pressante quanto quella dell’assurdo clima di Washington. Diciassette. Da un po’. Sarebbe stato anche alquanto ironico, considerando che Hyde Joyce Crane Winston avesse precisamente meno due anni, risultando impossibile quanto il vampiro vegano di Forks. Rimase a guardarlo finché l’altro non scosse la testa, mormorando un «non devi dirmelo» scontato ed ovvio che fece sollevare un sopracciglio del CW. Certo che non doveva dirglielo. Non aveva alcun obbligo nei confronti di nessuno, figurarsi uno sconosciuto munito di più armi che buon senso. «sembri solo solo giovane per conoscere MacGyver»
    «hanno fatto il reboot» replicò, arido, giusto per farlo sentire un po’ più vecchio, e magari spingerlo a sottovalutarlo in quanto molto giovane. Le sue conoscenze in merito a Macgyver non arrivavano dalla serie televisiva, ma dal fatto che il protagonista condividesse il nome – e la creatività, avrebbe detto qualcuno – con suo padre, e che ne avesse sentito parlare con il calore stanco di un inside joke per buona parte della sua vita. Non che Hyde fosse interessato a condividere quell’informazione con l’uomo.
    O con chiunque altro.
    Lo osservò posare l’attrezzatura sul tavolo con un misto di interesse e scetticismo. «non non aspettarti l'esplosione del secolo. Non li ucciderà» Battè le ciglia, senza sprecarsi a ribattere. Purtroppo lo immaginava, e non era il caso di dire che la speranza fosse l’ultima a morire, con la concreta possibilità che gli ultimi a lasciarci le penne fossero loro. Con tutti i modi in cui avevano cercato di ucciderlo, quello era davvero il più… seccante. E stupido. Si rifiutava di farsi ammazzare per la negligenza di altri. Quando – infine, e finalmente – avesse tirato le cuoia, avrebbe voluto fosse interamente responsabilità sua. «ci farà solo solo guadagnare te tempo. Vedi prodotti per per pulire? Potrebbero avere in ingredienti utili» Finì di frugare nelle tasche cercando la fiaschetta, che poggiò insieme al resto con un’occhiata allusiva verso l’altro – no, non voleva un goccio: quella era la sua batteria sociale, e non ne aveva bisogno in quel momento – avvicinandosi poi ai mobili della cucina. Si chinò per aprire gli sportello sotto al lavandino, il cui rubinetto non funzionava come aveva appena appurato, spostando stracci dalla dubbia provenienza con sospiri stanchi. Trovò vari contenitori e sacchetti di plastica, i secondi sempre utili se avesse cercato di suicidarsi nella maniera più lenta ed agonizzante possibile, ma neanche l’accenno di alcun detergente. Manco il sapone per i piatti. Ma di chi cazzo era quella baita (Pulce triggered in background) maledetta. Si rialzò senza che le giunture si opponessero troppo al movimento, le mani strette sul bordo del lavandino. La lingua scivolò ad umettare le labbra secche, lo sguardo a poggiarsi indolente sulla porta scossa dai colpi.
    Si girò a ricambiare interrogativo l’occhiata dell’uomo (stava decisamente diventando uno di quei film) voltandosi per poggiare la schiena ai mobiletti. Mostrò le mani vuote, stringendosi appena nelle spalle. «Aiutami» Quell’imperativo, ci mise un paio di secondi più del necessario a digerirlo. Non era il momento migliore per far valere il proprio orgoglio, e lo sapeva, ma non era nella sua natura eseguire gli ordini; ancor meno, aiutare le persone, perfino in contesti in cui avrebbe supportato la sua stessa causa. Fu breve nell’alzare gli occhi al soffitto, le nocche bianche sul mobile alle proprie spalle, prima di darsi la spinta, morale e fisica, necessaria per raggiungerlo al tavolo. «spezza le le teste dei fiammiferi» Una vera fortuna che Hyde Joyce Crane Winston fosse un ragazzo con i piedi per terra, inamovibile, perché ci voleva uno spirito più forte di quello di Sara per resistere al fascino di una persona che sapeva quel che faceva, e dava ordini precisi in merito a come procedere. Batting my eyelashes; call me anytime, Didi. In un qualsiasi film (mentale. Sempre di Sara) quello era il momento in cui il Main Character, insicuro, provava a fare quanto richiesto e mostrava il risultato al Side Character, che senza risultare inopportuno, mostrava al MC come fare guidando le sue dita. Questione di intimità, fiducia, guance arrossate eccetera eccetera – ma, ancora, non era quello il caso. Sprecò un paio di istanti della propria vita a guardare i movimenti dell’altro, Hyde, che imitò spezzando le testine dei fiammiferi, seguendo poi il resto dei processi con occhiate attente e dita a sfarfallare rapide sui materiali. «più c'è scotch, più sarà d'impatto bruciando velocemente» Corrugò le sopracciglia, spostando lo sguardo dalle creazioni solo per l’ennesima occhiata all’uomo. Non gli domandò, di nuovo, dove avesse imparato tutte quelle cose, ma era chiaro e cristallino che si stesse trattenendo solo per non sprecare fiato. A malapena, perfino. Hyde si ritrovava fra le mani un puzzle, e fremeva dalla necessità di unirne i pezzi in un disegno coerente.
    «se riusciamo a salire sul tetto senza farci uccidere, possiamo rischiare di di accendere una torcia. mandare un segnale di aiuto. Potremmo richiamare però gente non non pronta ai Lupi - o altre bestie» Chissà in quale mondo felice viveva, per credere che qualcuno, vedendo una luce, sarebbe andato in loro soccorso. A nessuno fregava un cazzo degli altri; era così che il Regime era andato avanti per decenni, non certo perché avesse una base funzionale ed organizzata. Un pensiero così poco coerente alle conoscenze – misteriosi ma potenzialmente letali – dell’altro, che Hyde quasi sorrise. Quasi, come sempre. «forse di là c'era una finestra che dava già sul tetto.» Seguì lo sguardo dell’altro verso l’altra stanza, esitando ancora al fianco delle bombe. Riprese la rivoltella nel palmo, trovando conforto nel freddo del metallo contro la mano.
    «non puntiamo ad ucciderli» asserì, più per se stesso che per il moro, in tono distante e riflessivo. Era impegnativo cercare di colpire un punto vitale, e di conseguenza, poco produttivo. Valutò la stretta sull’arma, cercando poi quella dello strano collega. «dobbiamo incapacitarli. Il fuoco potrebbe accecarli, o spaventarli, abbastanza da renderli obiettivi più facili» Abbassò gli occhi sulla gamba dell’uomo. Dubitava fosse nelle condizioni di correre, e non se la sentiva di giudicarlo – era davvero poco atletico per quella vita – ma a loro bastava correre abbastanza lontano dal Punto Morto. Non dovevano seminare i lupi per sempre, solo quanto bastava a raggiungere una zona dove la magia funzionasse, ed allora avrebbero potuto smaterializzarsi.
    O meglio. Hyde avrebbe potuto. Battè lento le ciglia, guardandolo di sottecchi. Utile o meno, non era intenzionato a portarselo appresso; in ogni caso, sembrava avere tutte le capacità per cavarsela da solo anche senza il suo aiuto. «sembri piuttosto informato in merito alla creazione di bombe. Lo sei altrettanto nel lanciarle?» Entrò nella stanza, alzando il capo verso la finestra posta nella parte più alta della parete. Dovevano rompere il vetro, pregare che ci fosse un appiglio per arrampicarsi al piano di sopra, e che l’apertura fosse abbastanza per far passare anche il boyscout – Hyde, come gli scarafaggi, passava ovunque.
    Una passeggiata.
    «posso sparare» offrì il palmo perché l’altro gli desse anche la sua arma, guardandolo con densa intenzione. Un atto di fede. Potevano forse permettersi altro?
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    hyde cw
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    tre role


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    don "donby" woodviiChaser
    «va bene, ma solo se canni il tiro» JOKE'S ON YOU MINI, ORA SIAMO AMICI! Quando, seppur per poco, la Serpeverde acciuffò la pluffa, Don Wood - che davvero non comprendeva l'ambiente tossico degli sport, o l'ossessione per la vittoria ed i successi: non era forse, il vero trionfo, la possibilità di partecipare e divertirsi con i propri amici? Ed in caso ve lo steste chiedendo, ma non penso proprio, Donby era testurbante Grifondoro e Tassorosso, con peculiari picchi di ambizione Serpeverde che riguardavano la pace nel mondo. You wouldn't get it - portò le mani a coppa attorno alla bocca, complimentandosi con la ragazza. Era stata brava, che doveva fare, struggersi? Forse sì, a giudicare dall'espressione dei compagni e dalle urla poco simpatiche provenienti dagli spalti. Portò offeso il palmo a premere sul petto, battendo rapido le ciglia.
    Ma. Ce l'avevano con lui? Era ancora lì, fermo come un colibrì, ad osservare il pubblico sotto di loro, quando Avery gli svolazzò a fianco come la bellissima fata che era dandogli una veloce pacca sulle spalle. «non ti preoccupare, ci rifaremo!»» davvero nothing but an angel, e Donby arrossì rimbalzandole un sorriso liquido ed imbarazzato. Se nel santo anno 2023 non avevi una cotta platonica per chiunque fosse gentile nei tuoi confronti, eri normale strano. La salutò quando si allontanò per continuare a giocare, come supponeva avrebbe dovuto fare anche lui, ma Donby non era come le altre ragazze. He was different. E quindi, mentre il resto della squadra si rimbalzava la pluffa e prestava attenzione ai bolidi in circolazione, il Wood rimase nei pressi della sua nuova amica, tenendole compagnia con fatti assolutamente casuali tipo:
    «hai mai visto una gallina fare un uovo?»
    o
    «hanno cancellato shadow and bones!!!»
    e
    «da piccolo avevo il bambolotto di sbrodolina, e penso mi abbia insegnato tanto. tu la avevi?»
    insieme a
    «hai visto che io e max abbiamo la stessa canzone nello schema role? strange forte»
    Visto che stava parlando del compagno, lo cercò fra le scope fino a trovarlo. Inseguito da un bolide.
    «CORRI VERSO IRIS!!! cioè. vola? VOLA VERSO IRIS! IRISSS IRISSSSSSSSS» si sbracciò indicando alla battitrice - e salutandola nel mentre con una risatina e le guance in fiamme, perchè GIRLS ARE BEAUTIFUL AND I (am very scared) LOVE THEM - il bolide verso il suo amichetto.
    Ed era di nuovo showtime. Proprio lì, vicino a lui. L'azione era tornata al suo culmine.
    Avery contro Mini.
    Non aveva visto film che iniziavano così, ma forse avrebbe voluto.
    «AVERY SEI BELLISSIMA!!!!!» non necessario, ma doveroso comunque.
    «ANCHE TU PORTIERE!!!!!» aggiunse, per equità.
    Questo è il momento in cui qualcuno ne prende una per il team e gli dice che anche lui è bellissimo. Ve la butto lì.
    i wish i was a...
    NOISY
    living in the middle between the two extremes
    (eliandi's version)


    (17) DIFESA MAX (donby + iris): avvisa max e iris
    BOLIDE SU ? (iris):

    CODICE
    (17) <b>DIFESA MAX (donby + iris):</b>
    <b>BOLIDE SU ROXIE (iris): </b>
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    21.03.22
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    L’idea di provare rimorsi, non lo sfiorò neanche per un istante.
    Le emozioni che veloci affioravano sul volto di Maddox, lo incuriosivano; il terrore che sembrava muoversi come secondo pelle sotto quella chiara del ragazzo, anziché fargli fare un passo indietro, lo costrinse ad avanzare. Premere un po’ di più la bacchetta nella carne. Il fugace pensiero che se l’avesse ucciso in quel momento, atto per il quale avrebbe continuato a non dormire sonni tranquilli, gli avrebbe solo fatto un favore, lo tentò abbastanza da fargli trattenere un fiato preventivo fra lingua e palato. Quella tentazione, più di tutto il resto, bastò a rallentare il battito di quelle immagini ancora dietro la retina, ed allontanare di qualche millimetro la punta del catalizzatore dalla trachea del cameriere.
    Hyde Joyce Crane Winston non faceva favori.
    Si limitò ad osservarlo senza battere ciglio mentre quello annaspava giustificazioni, respirando secco dal naso. La musica continuava a far vibrare il divanetto, e le luci a distorcere la vista (di suo lievemente appannata, ma nulla a cui non fosse abituato); nessuno sembrò accorgersi dell’alterco, anzi. Sentiva gli occhi scivolare su di loro come se neanche fossero presenti, forse convinti di lasciarli alla loro intimità. Forse troppo pigri per sbattersene un cazzo di qualcosa di qualsiasi altro essere umano che non fossero loro. Non aveva importanza.
    «non lo so»
    Ancora. Com’era possibile. Come aveva fatto a sopravvivere fino a quel giorno, non sapendo mai un cazzo? Era la sua risposta base, la prima sulla punta della lingua ad ogni domanda a lui rivolta – un incubo per il CW, che smaniava dal sapere ogni cosa. Soffiò l’aria, molto piano, dalle narici. Lo guardò, il palmo ad affondare sul tessuto dell’arredo per tenersi in equilibrio. «risposta sbagliata» fu solo un’osservazione, ad un tono di voce normale che si perse nella musica, ma giunse cristallino alle orecchie del suo interlocutore. Sempre che ancora fosse in grado di ascoltarlo. Maddox Rory era sull’orlo di una crisi di panico, ed Hyde non fece nulla per aiutarlo. Niente. Lo guardò strizzare gli occhi, provare a respirare; lo guardò e si domandò se si sarebbe affogato con la sua stessa saliva, o se avrebbe finito per soffocare perdendo l’eterna guerra contro se stesso.
    Forse, ed era ancora un grande forse, non l’avrebbe ucciso quella sera, ma non significava che avrebbe fatto qualcosa per impedire tirasse le cuoia: l’avrebbe guardato morire senza fare una piega, e passando inosservato com’era arrivato, se ne sarebbe andato lasciando dietro di sé solo la forma sul divano. Giusto per sottolineare che un’anima non l’avesse, e se quello era destinato a possedere la sua gemella, era giusto e sensato si estinguesse da sé come una fiamma senza ossigeno.
    Contro ogni pronostico, Maddox reagì. Umano, e debole: vide le dita serrarsi attorno al suo polso, e poi -
    - qualcosa che non era suo. Invaso da memorie che non gli appartenevano, non tutte, insinuate aliene nei suoi pensieri. Ci teneva ai propri spazi personali fisicamente, figurarsi quando una presenza esterna sgusciava nella sua psiche: aveva sempre odiato i telepati, i chiaroveggenti, ed i cronocineti. I suoi pensieri, erano solo cazzi suoi. Ma Maddox non lo era. Hyde sapeva non lo fosse. Serrò le palpebre, strizzando l’interno della guancia fra i denti, cercando di scollarsi di dosso le immagini. Troppo vividi, perché potessero essere qualcosa di diverso da ricordi. «un incidente» grugnì rauco, puntellando la bacchetta sotto al mento di Maddox ed osservandolo con un sopracciglio arcuato.
    Piegò il capo sulla spalla. Che piangesse, non faceva alcuna differenza per il capo dei consiglieri. Che sembrasse disperato, ancor meno.
    Quello era il momento in cui se ne andava. Si districava da quella posizione, congedandolo con un cenno del capo e tenendo sul palmo la promessa che sarebbe sparito. Magari bisbigliando che quello era un tipo di giuramento che avrebbe potuto rendere permanente.
    Perfino quasi volentieri.«che tipo di incidente?» Distolse lo sguardo dal volto cadaverico del ragazzo per portarlo sui clienti – e non – del locale. Sembrava li stessero ignorando, ma non voleva dire niente. Chiunque fosse artefice di… qualunque cosa fosse appena successa, meritava la rabbia di Hyde più di quanto non facesse lo scarabocchio d’essere umano a pochi centimetri da lui.
    Tutto dire.
    «hai ucciso qualcuno?» il tono del CW si ammorbidì, ma non per gentilezza. Un angolo delle labbra parve perfino sollevarsi nella parodia di un sorriso, mentre scandagliava i dintorni. Tornò a ruotare gli occhi blu sull’altro, permettendo vedesse l’assoluto nulla dietro le iridi trasparenti.
    In un’altra vita, era stato cresciuto meglio di così. Avrebbe lasciato andare Maddox, in tutti i sensi, senza peggiorare una situazione già disastrata. Perfino in quella, rimasuglio di ciò che era stato, sentiva di poterlo fare. Volerlo, almeno in parte.
    Non era crudele l’espressione del biondo; non significava che la domanda seguente non la fosse. «perchè piangi?»



    [- cigei è quel momento dell'anno in cui uccidiamo qualcuno?
    - Urca, sì! ] Lo lascio in memoria.
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    whomaeve winston
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    Se Hyde era solo discretamente ubriaco, lo doveva all’essere stato invitato in qualità di Capo del Consiglio, costretto dalle regole della società e della civile convivenza a mantenere serietà e professionalità perfino ad un lieto evento come il matrimonio di una collega. Con più whiskey in corpo, non sarebbe mai stato inopportuno quanto buona parte del resto della sua famiglia, ma voleva comunque evitarsi errori da principianti come perdere l’equilibrio di fronte a tutti quei cazzo di avvoltoi; il compromesso era quello stato di discreto torpore che lo rendeva impermeabile all’ambiente circostante.
    Non sentiva niente. Soprattutto, non voleva sentire niente.
    Le lenti scure coprivano interamente lo sguardo turchese del biondo, il cui pallore della pelle era paragonabile solo al lungo vestito della sposa. Se l’avessero tenuto esposto ai raggi del sole per più tempo del necessario, sarebbe virato in fretta al resto della palette di quella celebrazione – un viola cianotico e malato. - e forse un po’ ci sperava. Poco interessato alla cerimonia, l’attenzione di Hyde non era rivolta agli sposi, quanto più all’allampanata testa di uno dei testimoni dello sposo.
    Capiva Barrow. Sersha. Perfino Joe. Ma Renèe. Non riusciva ad immaginarsi al suo posto, con lo storico che si portavano entrambi alle spalle. Sull’altare, a testimoniare l’unione dei genitori che in un altro tempo l’avevano cresciuto, e che in quello neanche sapevano chi cazzo fosse. Si sforzò di non cercare l’abito azzurro di Maeve fra le panche, preferendo atterrare un assente occhiata protetta dalle lenti scure – no, neanche per il rito aveva ritenuto opportuno privarsene - sulla persona al proprio fianco. Si chiese se Bertuccia (gender neutral, cit) stesse pensando la stessa cosa.
    Si disse che non aveva importanza, come sempre. Quella vita se l’erano scelta, e non gli rimaneva che attaccarsi al cazzo e tirare forte. Aspirò il labbro inferiore fra i denti, affondando una mano nella giacca, di un grigio così scuro da apparire nero, per poter prendere la fiaschetta custodita nella tasca interna. I brillanti (ebbene sì, come un cazzo di Cullen) sull’abito, perfettamente abbinati a quelli della sua accompagnatrice, scintillarono alla luce prendendosi beffe della sua anima scura e priva di colori; mentre William Barrow diceva ad Akelei Beaumont di amarla, bevve un altro sorso di whisky desiderando di essere ovunque eccetto che lì.
    La reclinò poi verso Bertie, perché era un gentiluomo. «vuoi?»

    Maeve Winston era nervosa. Il sorriso sulle labbra era plastico e forzato, ma dubitava qualcuno ci avrebbe dato più peso del necessario: non aveva mai nascosto la propria animosità nei confronti di Barrow Senior, e chi non conosceva il retroscena, poteva imputare la sua staticità a quello. Non lo era. Era vero che Will non le piacesse – condividevano un ideale, ma non le modalità per raggiungere il medesimo obiettivo – ma sarebbe andata a quella celebrazione anche se l’etichetta non l’avesse imposto: aveva passato anni con William ed Akelei, nel futuro, e li aveva visti… crescere. Diventare quel che erano in quel momento su quell’altare. Una sensazione buffa, vederli lì; sapeva tanto di melanconia. Non era comunque quello l’unico motivo che l’aveva spinta ad indossare il suo abito migliore, un lungo vestito azzurro pastello ricamato sul busto, e le sue scarpe più scomode, e no, non c’entrava Barrow Skylinski, anche se faceva parte del movente tanto quanto essere stata testimone dell’evoluzione dei genitori.
    Era una situazione altamente critica. Estrema, e pregna di rischi. Tutte le cariche più alte del ministero, al matrimonio del capo della resistenza britannica, promesso in sposo alla responsabile dei cacciatori? Era benzina, ed una miccia già accesa. In un mondo migliore, avrebbe creduto che un matrimonio – che quel matrimonio – fosse di suo un deterrente ad agire in maniera violenta, avevano così pochi momenti felici che rovinarli sembrava controproducente verso tutto ciò in cui credevano, ma non vivevano in un mondo migliore. Vivevano in quello, e quello era reale e crudele.
    Da un punto di vista prettamente logico, si rendeva conto che qualcuno potesse reputarla l’occasione perfetta.
    Ed ecco perché era nervosa.
    Continuava a ripetersi di essere solo paranoica; ci credeva solo a battiti alternati.
    Alzò lo sguardo alla propria sinistra, osservando il profilo di Al, e lo spostò a destra, cercando il mezzo sorriso - che Maeve neanche era certa sapesse di star indossando – di Jade, sapendo che avessero le stesse preoccupazioni, ma fossero entrambi migliori di lei a nasconderlo.
    Così sul fondo, che non potè fare a meno di domandarsi se Jade sapesse qualcosa. In altre circostanze, la Beech sarebbe stata una delle prime a proporsi per agire, fosse anche solo lanciare vernice rosso sangue sugli invitati alla cerimonia, ma conosceva William ed Akelei, e sapeva quanto quella giornata fosse importante anche per Eugene.
    Conosceva sua sorella abbastanza da non escluderlo comunque.
    (still love her, tho)
    Si sporse in avanti, attirando su di sè lo sguardo serio di Uran per offrirgli una linguaccia, a cui il suo nipotino sorrise. Le mancavano le sue bimbe, ma per quel giorno erano rimaste a casa (nel mio headcanon, River ha voluto rimanere con le sorelline perché è il fratello maggiore e deve proteggerle da ogni male TM, ma rimbalzo la palla a genitore 2. Ciao Al): William aveva detto che se qualche infante avesse pianto durante la cerimonia, Akelei l’avrebbe mangiato; Maeve aveva creduto scherzasse, ma meglio prevenire che curare.


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    vi stupirò dicendovi che non parlano con nessuno.
    è ancora ambientato durante la cerimonia (hyde offre da bere a bertie.) ma vi terrò aggiornati sugli spostamenti TM. Intanto se volete postare, andate pure a cazzo duro di ignoranza come preferite. CIAO AMICI AIUTO TROPPE EMOZIONI MA AVETE LETTO ODDIO SI SONO SPOSATI è SUCCESSO è SUCCESSOOOOOOOOOOOO DA QUALCHE PARTE DOVEVOE EMOZIONARMI, E NON SARANNO I MIEI PG A FARLO PER ME PERCH SONO DELLE MERDINE!!!!!!!!
  8. .
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    Meglio se.
    Meglio se tante cose, potendo avere voce in capitolo, iniziando dal fossi rimasto a casa riferito al 14 Febbraio che l’aveva visto protagonista degli assurdi giochi di un’adolescente sociopatica. Avessi finto di non riconoscerti, sarebbe stato il secondo meglio se della serata, pigri occhi turchesi sollevati interrogativi sull’espressione del Rory, voce tagliata dalla proposta di Hyde di andarsene. Arcuò appena un sopracciglio, ma non domandò oltre come avrebbe concluso quella frase.
    Aveva importanza?
    Tutti gli spettacoli avevano una fine. In un punto imprecisato della trama, la conclusione giungeva sempre, insieme all’inchino degli attori ed al sipario a chiudere la scena. Quello era un momento buono come un altro per tirare i tendoni e spegnere le luci, ciascuno con la propria incompatibile vita – ed a mai più rivedersi, come si soleva dire mantenendo di rado la promessa; Hyde Crane Winston, in tutta onestà, sentiva invece di poterlo fare.
    «Meglio se vado, sì.» L’unico meglio se concesso, a cui non si sprecò neanche ad annuire. Rimase a guardarlo un istante più del necessario, giusto il tempo di vederlo arricciare le labbra nel più plastico e cordiale dei sorrisi, prima di spostare la propria attenzione ad un punto imprecisato della sala. Fece dondolare distratto il liquido, ormai scarseggiante, all’interno della bottiglia di vetro. Fino a che non fosse riuscito a vederne il fondo e leggerci il proprio futuro - alcolizzato - come un veggente sui resti di caffè, sarebbe rimasto inchiodato a quel divanetto.
    E poi avrebbe trovato un altro posto in cui andare. In una discoteca babbana avrebbe dovuto nascondere bacchetta, arma e trucchetti, ma perlomeno avrebbe azzerato le possibilità che qualcuno di conosciuto gli rompesse i coglioni: la gente che conosceva Jack Daniels, non frequentava quel tipo di locali – e chi conosceva Hyde… chi conosceva Hyde? Problema risolto.
    «Grazie... Immagino.» Come spesso accadeva, era troppo presto per ringraziarlo. C’erano frasi che raramente avrebbero dovuto vedere la luce, come ricordare che il meteo avesse dato pioggia durante un assolato pic-nic o dire che fosse andato tutto liscio, ed i ringraziamenti per non essere morto rientravano fra quelli. C’era sempre tempo per rimediare; non l’aveva ancora imparato? Di nuovo, non diede cenno di averlo sentito, né di averlo visto alzarsi. Rimase immobile e ignaro di tutto, perlomeno superficialmente, perché era il modo più semplice per congedare qualcuno. Tirare su muri e paraocchi; spostarsi al capitolo successivo, lasciando che quella fosse una parentesi aperta e chiusa della sua assurda vita al contrario.
    L’universo sembrava pensarla diversamente. Hyde non era certo famoso per i propri riflessi, e riuscì appena a stringersi la bottiglia al petto quando l’aggraziato Maddox Rory cadde, foreshadowing per come corpo morto cade?, con leggiadria sul divanetto. Con leggiadria si intendeva che il biondo non fece nulla, ma proprio nulla, per rallentarne la caduta, se non allontanarsi per lasciargli maggior spazio dove precipitare. Era , al Fiendfyre, e d’improvviso non era più lì - non completamente.
    Sangue. Metallo. Vetro. Hartley?
    E mentre Maddox blaterava, blaterava sempre, qualcosa che suonava tanto come l’ennesima richiesta di perdono vacua e senza senso, il Capo del Consiglio faceva scivolare la mano sotto la giacca, le dita a stringersi attorno alla bacchetta. Ebbe bisogno di un solo movimento per sporgersi, le immagini ancora impresse nella retina, e conficcare il legno sotto il mento del cameriere. Azione, reazione. Scosse il capo, palpebre assottigliate ed aria calda soffiata dalle narici, sporto sul divanetto quanto bastava ad oltrepassare i propri spazi personali per rendere chiaro che il tempo delle chiacchiere si fosse concluso, e con quello la sua pazienza. Era stato … tollerante, più di quanto chiunque gli avrebbe dato credito di essere. Aveva anche quasi assicurato che non gli avrebbe sparato alle spalle, e quello che faceva…? Non sapeva molto del suo potere, avrebbe davvero dovuto passare più tempo con qualche legionario – difficile trovarne di furbi, o con cui valesse la pena parlare: in un’altra vita, l’avrebbe permesso a Levi Milkobitch, ma il Mckenzie di quella linea temporale non ne valeva la pena – ma di certo non era stato un fenomeno naturale.
    Era stato invasivo, e privato. Qualcosa che al CW non piaceva. Improvvisamente lucido, e preciso, nell’occhiata bieca che rivolse al ragazzo. Quieto, quello sempre, ma non meno letale.
    Mai, meno letale.
    Un sibilo, così basso che potè sentirlo solo perché incredibilmente vicino – non abbastanza da potergli tirare una testata, ma quasi. «cos’hai fatto?» Lo sguardo a guizzare dall’uno all’altro degli occhi scuri del moro, i respiri misurati. «cosa ho visto?»

    [- cigei è quel momento dell'anno in cui uccidiamo qualcuno?
    - Urca, sì! ]
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    «è un un graffio» Mh. Le palpebre del Consigliere si assottigliarono, rimanendo ad osservare la gamba infortunata. Solo un graffio, se di licantropo, in casi come quello potevano fare la differenza, ma lungi da Hyde persistere nel sottolineare l’ovvio. Dalla risposta, dedusse che l’uomo avesse capito il sottinteso di quell’occhiata, e se non era preoccupato all’idea di diventare peloso una volta al mese, significava che probabilmente avesse già escluso l’ipotesi – e se l’aveva fatto su una questione del genere, doveva aver avuto buoni motivi. «puoi controllare» Per quanto l’idea di frugare nei pantaloni di uno sconosciuto in una baita abbandonata nel nulla lo allettasse (rasente allo zero; forse sotto), alzò il palmo aperto verso l’altro, biascicando un apatico «passo.» con cui chiuse la discussione. Non gli avrebbe detto che si fidava della sua parola, perché non era vero, ma voleva credere avesse abbastanza buon senso da rendersi conto che se fosse stato infetto, sarebbe stato un problema anche suo.
    Quindi.
    Rimase impassibile nell’osservarlo guardare i caricatori. Al plurale. Lento ma insistente come un qualsiasi processo di decomposizione, Hyde Joyce Crane Winston sollevò gli occhi trasparenti sul volto dell’uomo, chiedendosi – e per la prima volta da quando aveva messo piede lì dentro, con interesse - chi cazzo fosse l’uomo, e perché girasse con «Diciotto totali, nove millimetri». Girare armati era normale, ma uscire di casa con anche un caricatore, implicava un livello di auto difesa un po’ fuori dagli standard di un qualsiasi civile. Aveva detto di non essere un mago, ma cos’era, allora? Era incappato in un babbano? :manine in preghiera: Signore, ti prego, Hyde ne aveva per il cazzo di essere incespicato in uno dei numerosi rifugiati che il Ministero andava cercando e cacciando. Non era dell’umore per fare politica, figurarsi giustizia.
    Non era il suo orario di lavoro, e non intendeva farlo.
    Quella era l’unica spiegazione che avesse trovato sensata a quel dispiego di fuoco. Senza avere una bacchetta o un potere, era normale essere… prevenuti. Perfino lusinghiero, dato il periodo dal quale uscivano. Una scelta che avrebbe rispettato, se il moro non avesse aggiunto «Neanche la la magia» Che bastò, ancora una volta, a guadagnarsi un’occhiata curiosa e diffidente da parte del Vigilante. Fece rimbalzare lo sguardo dall’arma al fianco del tizio, al suo volto.
    «come fai a saperlo?» Non aveva ancora mollato la presa sulla semi automatica, e non l’avrebbe certo fatto in quel momento. Uno special muggle recente, forse? Non erano avvezzi alla magia, e – aspetta. belladonna, aconito e argento?
    Le armi. Le conoscenze di erbologia magica, ed evidentemente, sui lupi mannari.
    Ma chi cazzo era.
    Un ribelle? Un mercenario? Uno stra cazzo di vigilante? Battè le palpebre, valutando ogni opzione in un silenzio denso e piccato, il viso voltato leggermente verso i mobili premuti contro la finestra. La sua priorità, in quel momento, era sopravvivere, quindi immaginava di essere… marginalmente grato di essere finito sulla stessa strada di qualcuno che sembrava se ne intendesse, anziché aver incontrato l’usuale peso morto. Era difficile che la fortuna planasse sul percorso del CW, molto più facile che attirasse disperati casi umani che avevano resistito alla selezione naturale senza alcun motivo logico e razionale (Chelsey; Bertie; Maddox) quindi annuì e basta, soffiando l’aria dalle narici. Il resto, avrebbe potuto attendere.
    Anche per sempre. La giustizia degli altri, lo riguardava solo fra le mura del Ministero. Uscito da lì, non era un cazzo di problema suo: l’uomo poteva essere anche il peggior terrorista sulla faccia della terra, ed Hyde avrebbe continuato a dormire sonni tranquilli. Jack Daniels un po’ meno, ma Jack nasceva nell’Atrium e moriva quando timbrava il cartellino d’uscita.
    «Inseriti nella bomba, e facendoglieli inalare, forse darebbero loro abbastanza fastidio da da da darci il tempo di di far funzionare il cellulare» Una pausa. Hyde attese qualche attimo, ricambiando pigro l’occhiata dell’altro. «ok, macgyver» L’ombra di un sorriso a sollevare un angolo delle labbra, ed un tono affatto dispregiativo a scivolare dalla lingua del consigliere. Un qualcosa di banale che non avrebbe sconvolto l’uomo, visto che non lo conosceva, ma che chiunque altro avrebbe riconosciuto per quel che era: un evento di proporzioni epiche, raro al punto da risultare impossibile. Come poteva resistere all’idea di costruire delle bombe? Era lui quello creativo, di solito; lui l’inventore, a costruire marchingegni solo in parte funzionali da che aveva sette anni. Tendeva, e non per scelta, a circondarsi di persone che usavano il proprio estro in modi assolutamente inutili e superflui; una piacevole novità, per quanto assurdo l’intero contesto fosse. «non sprechiamo le tue risorse per un salto nel vuoto» Nulla dava certezze che sul tetto avrebbero trovato campo, anzi. Era assai probabile che fosse un pensiero speranzoso e fallace. Quando aveva fatto la sua proposta, non aveva idea il socio a delinquere fosse così organizzato.
    Un po’ troppo, organizzato. Io non chiedo lui non dice, uh – e tutti vissero felici e contenti.
    Con ancora la pistola nel palmo, dubitava l’avrebbe mollata a breve pur avendo la sicura e non avendo intenzione di puntarla contro nessuno (per ora.), frugò le proprie tasche alla ricerca di qualcosa di utile. No, non era solito girare con un caricatore, quindi aveva solo i dieci proiettili in canna; scartò la bacchetta, prendendo invece l’unico altro oggetto contenuto nelle tasche.
    Una fiaschetta. D’alcool. «molotov?» propose, distratto. Non la scelta che avrebbe fatto intorno a tutti quegli alberi, ma forse la migliore che potessero permettersi per avere una possibilità di andarsene. «pensavo di di aspettare l'alba; gli animali sono intelligenti, non sprecherebbero a lungo le forze contro una porta chiusa. ma loro non sono animali normali» Seguì il suo sguardo, strizzando i denti fra loro al tremore.
    [tutti gli asterischi del pc di freme per riassumere le numerose bestemmie interiori del CW]
    «è un’alternativa» Valutò.
    Tornò a guardare l’uomo, ruotando nel mentre gli occhi al soffitto. «terribile. E l’ultima che prenderei in considerazione. Ma un’alternativa» Aspettare di morire? Forse preferiva lo sbranassero subito, e tutti si togliessero il pensiero. Battè le palpebre, continuando a guardarlo. Si azzardò perfino a fare qualcosa che non faceva mai, Hyde: «se hai altre proposte, questo è il momento» Offrire il beneficio del dubbio che potesse effettivamente avere delle idee che potessero mettere in pratica, senza dare per scontato fosse incapace e inattendibile.
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    Edited by ‚soft boy - 27/9/2023, 00:20
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    «Non… non lo so.» E quella, signori, signore e signorx, era la sua anima gemella. Un vibrante fascio di nervi raggomitolato in se stesso, la cui paura - verso Hyde o il genere umano, non avrebbe saputo dirlo – marchiava l’aria che respiravano tanto quanto i fumi dell’alcool e le eccessive colonie delle persone in pista. Il CW la sentiva sulle labbra, compagnia al retrogusto del whiskey con cui si era anestetizzato a tutto. Passò la lingua sulla bocca, rotolandola poi sotto al palato, su cui schioccò. Alzò gli occhi al soffitto. «non lo sai» rimbeccò, sospirando al nulla. Non sapeva neanche lui cosa provare in merito; se dovesse, provare qualcosa in merito. C’era la più labile delle isterie a sollevare un angolo del sorriso del Crane Winston, perché non lo sapeva, e «Sono... lì, immagino.» con una capacità espressiva che avrebbe fatto invidia ai poeti di ogni secolo vissuto ed a venire. Scosse il capo con un cambiamento che repentino lo era solo per metà, perché seguiva il filo logico dei suoi pensieri. «perchè qualcuno ha decretato che insieme funzionassimo poteva non sembrare, ma era un’altra domanda sincera, e diretta a lui personalmente. Sperava che la risposta non fosse non lo so e eravamo lì, anche se avrebbe avuto una sorta di perversa ironia. Con Godric Osborne quel dubbio non l’aveva avuto, perché erano uguali. Smontavano la realtà cercando di dar loro ordine, e l’unica prigione nella quale si erano trovati rinchiusi era quella creata da loro stessi. Era stato inaspettato, ed Hyde un po’ ci aveva creduto, che era forse uno dei suoi più grandi rimpianti, secondo solo a non aver ucciso Gryffith Dallaire nella culla. Ma Maddox Rory? Non erano neanche complementari: cosa, il signore dell’oblinder, pensava potessero darsi a vicenda? Oltre ad una pallottola; uno scambio che aveva funzionato alla grande.
    A tal proposito, «Avrei voluto, ma sul momento ero troppo spaventato per provare qualsiasi altra cosa.» Così arrendevole, svuotato. Il tipo di persona che Hyde Joyce Crane Winston non credeva meritasse di vivere, troppo inetta e senza spina dorsale per affrontare quel mondo. Ma non lo era, vero? Non del tutto. Era solo una parte di qualcos’altro, ed immaginava che chiunque nella sua posizione fosse costretto a dividere il resto con gli altri. Non capiva perché fosse lui al comando, e non chiunque gli avesse trovato quel lavoro. Lo trovava… quanto meno interessante. Voleva aprirlo ed etichettarlo in cassetti tutti uguali, e non perché volesse aggiustarlo, o perché credesse fosse uno scherzo della natura – Hyde era semplicemente fatto così. Vedeva qualcosa che non capiva, e si vedeva costretto a maneggiarlo finché non lo faceva. Fu un pensiero così razionale e freddo, che si ritrovò a posare le iridi chiare verso l’uscita. Sarebbe stata la scelta migliore, se non per il CW sicuramente per il cameriere del locale. Se avesse permesso a quell’idea di sedimentarsi e diventare reale, le dinamiche sarebbero cambiate abbastanza da impedirgli di rendere effettive le proprie minacce, qualcosa che preferiva evitare. Gli piaceva la sua coerenza senza correzioni morali. «E dopo… è difficile dire se siano i sentimenti di Hartley, o i miei.» Si chiese se rimanessero incollati alle pareti di quell’assurdo cervello come colla a caldo. Se bruciassero e lasciassero le dita appiccicose. Se davvero non pensasse di condividere quell’odio: gli aveva sparato e senza un cazzo di motivo. «Ti odia molto intensamente.» Così inaspettato che il Capo del Consiglio sbuffò una risata. Non completa, non come lo sarebbe stata se fosse qualcun altro - chiunque altro - ma comunque un grugnito incredulo e divertito. Molto intensamente? Di nuovo, non era il primo e non sarebbe stato l’ultimo, ma era quasi lusingato. Doveva avere una vita molto noiosa per sprecare il proprio odio con lui, a cui il mondo scivolava addosso. D’altronde, la risata di Maddox gli confermò che non ci fossero neuroni funzionanti nella sua identità, e si ritrovò a sorridere distrattamente. Quello più di tutto il resto avrebbe dovuto essere un’enorme, gigantesca, bandiera rossa, ma Maddox non sembrava più sveglio di Hartley a istinto di sopravvivenza. «Ma chi, Hartley? non hai idea di quante volte abbia pensato di venire a cercarti, e chiedere un rematch» Il biondo premette le nocche sulle labbra, soffiando la bozza di una risata grezza sulle nocche. «un rematch» enfatizzò, sicuro di aver sentito male. Avrebbe implicato che ci fosse stato un primo match, ma Hyde ricordava il loro incontro in maniera un po’ differente: aveva già perso in partenza. Non poteva, nè mai, sarebbe stato equo.
    Ma, vi dirò, «sarei curioso di vederlo» battè le palpebre verso Maddox, impenitente di fronte all’implicito di quell’affermazione: che sarebbe stata una ultima volta, ed avrebbe decretato anche la fine di quel Rory. «quando vuole» invitò, portando il collo della bottiglia alle labbra e lasciando che il liquore inumidisse la gola secca. Venire a cercarti e chiedere un rematch, come i cowboy.
    Ma che problemi aveva.
    «In effetti non so perché non l'abbia fatto. Dubito sia stato l’istinto di autoconservazione a farlo desistere, e ancora meno il buonsenso.» Forse non il suo, ma forse non era tutto sotto il suo controllo. Forse la maggioranza del condominio vinceva, come per il 110. «io non lo odio» mormorò, reclinando il capo sulla spalla. Con un cenno del capo, incluse nel lo anche Maddox Rory: non aveva ancora sparato, no? «non più degli altri» sollevò appena un sorriso, spento quando alzò gli occhi sul ragazzo. Gli piaceva essere equo nelle proprie emozioni, distribuire il proprio malcontento verso tutti: non era personale.
    (Sara rileggendo l’oblinder) Battè le palpebre, pensandoci.
    «forse un po’ di più.» ma tu te lo ricordavi che avessero limonato dopo che Hyde ha sparato a Maddox, con un tristissimo tentativo di Hartley di prenderlo a pugni nel mezzo? Io no, e sono di nuovo felice. Giggling, we’re so stupid, mi manchi pandina.
    «glielo chiederò quando mi verrà a cercare. Perché ci abbia messo così tanto» avrebbe potuto aggiungere ti farò sapere, ma bisognava essere realisti in merito. Offrì il fantasma di un sorriso, però. E perfino il ramo d’ulivo che Maddox attendeva da un sacco di post. «lo sai che puoi andare, se vuoi» poggiò la bottiglia al petto, abbandonandosi contro lo schienale della poltroncina e sollevando i palmi liberi. «non ti sparerò alle spalle» Non giurin giurello, ma qualcosa comunque.
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    Chissà in quale punto della conversazione aveva fallito abbastanza da far credere a Maddox Rory che fosse interessato a conoscere i nomi delle sue numerose identità. Socchiuse le labbra per far notare pesante che potesse tranquillamente tenersi quel genere di informazioni per sé, ma richiuse la bocca con un breve sospiro liquido, scuotendo appena il capo. Quella sera, Hyde non era il soldato sempre sul piede di guerra pronto ad alzare la canna del fucile anche sul petto dei propri commilitoni; non aveva voglia di esserlo, il conflitto un concetto troppo denso per l’alcool nelle vene e la pesantezza delle spalle. Gli sembrava un pretesto stupido per litigare e metterlo a disagio, quello, quando dalla sua aveva altri cento modi senza neanche doversi sforzare. Trovava quella conversazione di per sé assurda ed irreale, abbastanza da concedere un limitato spazio di manovra in cui non mostrare i denti. Capitava anche al CW di sentirsi stanco e basta, svuotato perfino dalla costante necessità di mettersi sulla difensiva, e farlo attaccando. «il ragazzo che hai conosciuto è hartley.» Conosciuto, diceva. Faceva già ridere così. Sollevò appena un angolo delle labbra, le dita a stringersi ed allargarsi sul vetro della bottiglia, distratto ed incurante. «chi sceglie i nomi?» domandò, perché se lui doveva stare lì a tollerare presentazioni di seconda mano, l’altro poteva perlomeno aspettarsi quel genere di domanda. Priva di tatto e sensibilità, forse. Non sapeva quale fosse l’etichetta in merito, ma dopotutto, non l’avrebbe rispettata in ogni caso, quindi andava bene così. La diplomazia era un tratto costretto a forzare come Jack Daniels, perché un Consigliere non poteva permettersi altro, ma Hyde - e quella sera, seduto su quella poltroncina, si trattava indubbiamente di Hyde Joyce Crane Winston – non ne aveva mai fatto uso in vita sua, e non avrebbe cominciato in quel momento. «ma nemmeno lui è fan di questo lavoro» Chi l’avrebbe mai detto, con quella personalità affabile e solare. Una notte di sorprese. «non è stato lui a trovarmi— beh, trovarci, immagino, questo lavoro. Ma poi è toccato a me tenerlo» Di nuovo, non lo capì. Ruotò la testa quanto bastava a spostare gli occhi sul viso di Maddox, osservandolo con palpebre pesanti. Gli sembrava un motivo davvero misero per tenersi un lavoro, quello. Mi è toccato tenermelo, come se non avesse scelta in merito o non volesse averla. Lo trovò, se possibile, ancor più triste, e lasciò che quel giudizio calasse sulle iridi azzurro sporco, affondando in un carne nata tenera e vulnerabile. Non lo preoccupava che fosse l’equivalente di sparare sulla croce rossa; non capiva perché trattenere il proprio disprezzo quando chiaramente l’altro lo meritava, in favore di… cosa avrebbe dovuto farlo? Per proteggere il suo ego? Quale, poi. Era sincero, Hyde. Onesto anche in quello, le convenzioni sociali un altro scarto nella già enorme montagna del cazzo che non se ne sbatteva.
    «per sparire?» Indugiò qualche istante sugli occhi dell’altro, chiedendosi se ne valesse la pena. Chiarire, rispondere. Sottolineare quanto idiota fosse quella domanda, considerando che Hyde fosse proprio lì, in carne ed ossa, facendo tutto il contrario rispetto a sparire. Semantica, però. Non era così distante dalla realtà; un concetto di non esistere che, comunque, non aveva intenzione di affrontare con lui. O con chiunque altro. «possiamo metterla così» grattò con il pollice il collo della bottiglia, spostando gli occhi sulle proprie mani. «non ci credi davvero» Avrebbe voluto dissentire solo per il principio di sentirlo così sicuro in merito, ma «no» concesse in un mormorio, sorridendo con tutte le labbra. O almeno, per quello che Hyde poteva permettersi come sorriso, qualcosa che ci provava e non riusciva mai nel proprio intento. Non lo rendeva meno innocuo o più amichevole, al massimo il contrario. Sembravano sempre una minaccia, i sorrisi tirati del biondo.
    La erano.
    «ah, tra parentesi: Hartley ti odia.»
    Una particolare scelta di parole che obbligò Hyde ad arcuare le sopracciglia. Alzò prima la testa, distogliendo lo sguardo dalle proprie unghie solo in un secondo momento per posarlo sul ragazzo, permettendogli di vedere quanto poco lo toccasse. Era ovvio quanto il fatto che non credesse nel destino. Erano molte poche le persone che non odiavano Hyde; poteva mettersi in fila, ed attaccarsi al cazzo. «e tu no?» dopotutto, era a lui che aveva sparato: Hartley era stato solo la conseguenza. Una rottura di coglioni di conseguenza, ma immaginava che l’unico modo in cui la situazione avrebbe potuto non diventarlo, sarebbe stata con una morte sul colpo. «ma per mia fortuna stasera ha scelto il silenzio» Pensa te, che caso la vita. Attirò l’attenzione del CW abbastanza da fargli drizzare la schiena, sospirare ancora, e sporgersi verso il Rory. «la fortuna è come il destino» incrociò le dita attorno al vetro, capo piegato su una spalla. «dici che non è abbastanza sveglio da aver imparato dai suoi errori?» Il fatto che l’avesse chiesto, già suggeriva cosa pensasse Hyde in merito.
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    Gli occhi di Hyde non si spostarono sull’arma dell’altro, rimanendo impassibili sul suo volto. D’altronde, se avesse deciso di premere il grilletto, l’avrebbe compreso dalla mimica facciale e la tensione delle spalle, non la canna di una pistola. Il viso di un uomo che non conosceva, del tutto anonimo; una faccia memorabile quanto una piastrella bianca. Vi lesse sorpresa e qualcos’altro che lo spinse ad arcuare lentamente un sopracciglio, intimandolo a dire quanto avesse da dire, o togliersi quell’espressione del cazzo. Il Crane Winston non era solito girare attorno alle questioni, ancor meno indorarle, e sapeva che qualunque cosa avesse da esprimere, gli sarebbe scivolata addosso rimanendo a galleggiare come olio su una superficie d’acqua. Nulla di piacevole, a giudicare dallo sguardo torvo del moro.
    Che novità, per il Vigilante e Capo del Consiglio.
    L’altro fu il primo a spostare la traiettoria verso la porta, piuttosto che alla sua fronte. Il ventiquattrenne esitò qualche battito in più, braccio allungato e stabile di fronte a sé, a suggerire di non provare alcuna stronzata perché non era giornata. «Li hai portati qui.» Non battè neanche le palpebre, preferendo rimanere a guardarlo impassibile, le labbra vacue di qualunque flessione. Doveva dirgli quanto stupida fosse quell’affermazione, o riusciva a racimolare abbastanza coscienza e logica da rendersi conto che fosse inopportuna? Di certo non si sentiva in dovere di giustificare in merito. Passò la lingua sull’arcata inferiore dei denti, inserendo la sicura ed abbassando il braccio. «chiedo venia. casa mia era già troppo affollata» un tono basso e piatto, non strettamente minaccioso ma appuntito comunque, perché la sua era stata un’osservazione di merda e meritava una replica altrettanto di merda. Non era un gran ammiratore del lavoro di squadra, ma vista la necessità, aiutò nell’impresa di coprire le finestre. Non un grande supporto, considerando che l’uomo era il doppio di lui, ma Hyde non aveva mai avuto bisogno di avere muscoli: aveva Jekyll, per quello. «sei ferito?» Non prese quella domanda come caritatevole aiuto cristiano, trovandola del tutto lecita, considerando che la licantropia fosse contagiosa. Per sicurezza, abbassò lo sguardo sul proprio corpo, prendendo coscienza di ogni parte dolorante. Un guizzo degli occhi chiari sulla gamba dell’uomo, e la medesima domanda riflessa nello sguardo che posò sull’altro. Non più del solito, avrebbe voluto rispondere. Scosse il capo, limitandosi ad un conciso «no» che chiuse la questione, senza offrire altri appigli, ma lasciando il quesito appeso fra loro: lui, invece, era stato morso? Non era certo di quale fosse l’effetto di quei licantropo. Per quanto ne sapeva Hyde, erano stati così esposti alla magia di Abbadon da risultare radioattivi. [altri asterischi di bestemmie] «quanti proiettili hai?» domandò invece, indicando la pistola. Che osservò ed osservò, lasciando che il proprio scetticismo concludesse la domanda per lui. Sapeva usarla? L’avrebbe usata? Le due domande non si escludevano a vicenda. Inspirò secco dalle narici, appoggiandosi contro la libreria a tremare sotto i colpi degli intrusi.
    Che cazzo di situazione di merda.
    Chiuse gli occhi, la lingua ad umettare le labbra. Qualcuno avrebbe perso il lavoro, l’indomani, e quel qualcuno non sarebbe stato lui: il livello della sicurezza doveva rivedere le proprie priorità, se non sapevano neanche mappare una cazzo di zona morta così vicina alla società. «il telefono non prende» scandì, riflessivo. Curvò il capo all’indietro, un’occhiata al soffitto. Forse sul tetto avrebbe avuto più possibilità di recezione, quanto bastava per chiamare qualcuno di competente e farsi recuperare. Gli sembrava un po’… esposto, però.
    I lupi saltavano piuttosto in alto.
    Reclinò il capo lanciando un’occhiata all’uomo; magari aveva un’altra osservazione ovvia che avrebbe salvato la loro nottata.
    gif code
    24 y.o.
    hyde cw
    boss bitch
  15. .
    jack daniels
    I don't care, I'll let you know when I'm done
    Lick my bones, bleed my brains
    Makes no difference, its always the same
    Citando il saggio computer di Roberta, *********.
    Sono pochi rispetto ai suoi, ma calcolati nel modo corretto: a buon intenditore, poca censura.
    Non era che Hyde, come regola generale della sua vita, ci tenesse particolarmente a sopravvivere. Chi lo conosceva, e si rendeva conto essere un davvero esiguo numero di persone, sapeva che la Morte fosse il suo obiettivo finale, l’amante da cui si lasciasse sedurre ogni giorno. Circuito e compromesso dalla possibilità che tutto quello, qualunque cosa fosse, prima o poi avesse una fine. Il problema era che non potesse morire. Troppe questioni in sospeso, troppe persone che dipendevano dal suo battito cardiaco per aprire gli occhi ad ogni alba e chiuderli ogni tramonto. Quando - e non se - avesse finalmente deciso di staccare la spina, avrebbe perlomeno portato con sé anche Jekyll, così che non dovesse soffrire l’ennesima dipartita di una persona cara; e Chelsey, ma solo perché gli andava, anche se il pensiero che potesse tormentare la vita di qualcun altro lo tentava abbastanza da lasciare la sua questione in sospeso.
    In un momento storico come quello che stavano vivendo, poi, non poteva permetterselo e basta, e non solo perché era il capo del consiglio: di quell’Abbadon lì, Hyde Joyce Crane Winston, non sapeva un cazzo. Lui, che quel periodo l’aveva già vissuto e studiato, del Quinto Fondatore sapeva solo quanto racimolato dalle spie del Ministero – poco, per giunta – e da chi l’aveva tollerato in una dimensione alternativa. Era un incognita in mezzo a quello ch’era già nato come caos. Era imprevedibile, e folle. Lo statuto di segretezza in frantumi? Il Daniels aveva passato pesantemente una mano sulla bocca, cercando – e non trovando – lo sguardo scuro della Oshiro. Una situazione irreale che poteva gestire, certo; dubitava esistesse qualcosa al mondo che non potesse controllare. Ma Cristo Santo, perché farlo? Per principio? Non avevano neanche stabilizzato il potere all’interno del proprio mondo, a quale pro colonizzarne un altro? Domande che Jack Daniels aveva tenuto per sé, appiattendole sul vetro del whisky poggiato sulla scrivania; una parte l’aveva lasciata scivolare nello sguardo scivolato sul Black, lasciando che l’uomo leggesse il suo scetticismo in merito, e lo sciacquasse anche lui nell’ennesimo bicchiere che non bastava mai a cancellare il sapore amaro dell’esistenza. Poteva concedere che la guerra avesse aiutato a demolire parte del loro problema, quanti ribelli c’erano nelle armate di Sartre?, ma considerando quanto il sistema politico si fosse modellato sulla figura di Seth, non poteva contarlo come una vittoria od un miglioramento. Non aveva problemi con gli special, ad Hyde piaceva odiare tutti in egual misura, ma uno scambio di potere così improvviso, repentino ed utopico, non poteva che mandare in subbuglio qualcosa che già era a puttane, causando una marea di emicranie e notti passate a scrivere cazzo di lettere, discorsi, e strategie politiche per le ambasciate estere.
    Una grandissima rottura di coglioni.
    Non aveva migliorato il suo umore aver passato un mese con solo Chelsey. Non c’erano state partite di Quidditch, e non c’era stato un Cavendish da ammorbare in quasi egual misura. Non aveva migliorato il suo umore sapere che Arturo, Run e Jekyll fossero al fronte, perché seppur conscio che avrebbero vinto, ma era impossibile calcolare il prezzo da pagare. I Crane, si sapeva, avevano un certo… istinto per non arrivare mai alla linea di traguardo: si fermavano prima, un piede sulla striscia e le labbra già blu curvate in un sorriso. Il fatto che fossero tornati vivi, avrebbe dovuto farlo sentire meglio; aveva ascoltato Jekyll mormorare di zio Sin posseduto, ed aveva cambiato idea.
    Insomma. Era un periodo (: dalla sua nascita) del cazzo, e gli giravano i coglioni.
    Ci mancavano solo gli stra fottuti lupi mannari.
    Hyde, ma cosa ci facevi in mezzo al nulla di notte…?
    I cazzi suoi, ecco cosa. Gli stra cazzi suoi, ovverosia quel che non gli era permesso di fare né a casa propria, né al Ministero. Quando non andava a sciogliersi con la dubbia clientela del Fiendfyre, andava a perdersi sperando di non ritrovarsi, portando con sé una bottiglia di whisky ed i suoi rimpianti.
    Si chiuse la porta alle spalle, poggiò brevemente la schiena al mogano, chiuse gli occhi un istante, e non si concesse di prendere altro fiato, nello spingere il divano contro l’entrata alla baita. Non gli capitava spesso di correre, e si vedeva: le guance arrossate, i capelli spettinati, il viso graffiato dai rami. Inspirò e pensò (*************) che al Ministero dovessero aggiornare le loro fottute mappe bastarde, perché quella zona – ne era certo – non era indicata come punto morto. Infilò l’inutile bacchetta in tasca, estraendo nel mentre la semi automatica che si portava sempre appresso, togliendo la sicura ed alzando infine gli occhi azzurri sulla stanza.
    Cercava delle armi.
    Trovò qualcuno.
    La canna scura la sollevò in automatico davanti a sé prima ancora di rendersi conto, razionalmente, di chi la persona fosse, perché per quanto potesse (poteva?) rivelarsi utile da viva, da morta lo era altrettanto: se lo sarebbe lasciato alle spalle come regalo per l’amichevole branco che l’aveva seguito fin lì, prendendo tempo.
    Cristo Santo, che cosa… fottutamente Crane, non l’avere mai tempo. Abbastanza da far tremolare un angolo delle labbra verso l’alto, perfino.
    «i mobili contro le finestre»
    Giusto perché mi serviva il parlato.
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