Votes taken by blank/space

  1. .
    jayson matthews
    arrow
    half•alive
    i know that i can't run forever,
    but i can't stand still for too long.
    this heart is afraid to beat slowly

    Nathaniel Henderson era, come dimostrato più e più volte nel corso degli anni, un narratore inaffidabile; lo sapeva Jay, lo sapeva nate stesso — e si, sto ancora parlando della storia di Disneyland. ma nel complesso, il matthews sapeva che dell'uomo ci si poteva fidare: anche quello, e le cicatrici a dimostrarlo bruciavano ancora sulla pelle, contava le sue innumerevoli prove.
    perciò, quando il professore lo aveva guardato spalancando i suoi grandi occhi azzurri, mani giunte in preghiera e un velo acquoso a rendere umide le ciglia (🥺), la resistenza opposta da Jayson era stata minima. dopotutto, pensava, il favore che nate gli stava chiedendo era niente se confrontato con le catastrofiche conseguenze di qualunque decisione il telecineta avesse preso per proprio conto negli ultimi dieci anni.
    doveva solo permettere ad un ragazzino di svolgere il tirocinio al Captain, sotto la sua supervisione. cosa mai poteva andare storto.
    «ripassino veloce» non sapeva come apparire meno scettico di così, jay: anche con i muscoli facciali appiattiti in un'espressione priva di qualunque sfumatura, il giudizio traspirava direttamente dai pori. l'uomo che aveva davanti, un altro raccomandato di Nathaniel pescato dal club di recitazione, sembrava essersi calato un po troppo nella parte. il fatto che puzzasse di birra prima ancora di cominciare non aumentava la già scarsa fiducia del telecineta.
    aveva deciso di affidarsi ad un "attore" (virgolettato necessario) per evitare A) di dover attendere l'arrivo di un vero ubriacone molesto e B) poter intervenire con meno problemi nel caso Kaz si fosse trovato in difficoltà, ma il signor Vattelapesca sembrava arrivato direttamente dal vicolo degli spaccini a dark street «sei ubriaco» e nel dirlo squadrò l'altro da capo a piedi, entrambe le sopracciglia a toccarsi proprio tra gli occhi scuri «il tuo personaggio, dico» hm «vedi la ragazza da sola al bancone e inizi a darle fastidio. fai un po di casino, magari alzi la voce, fai cadere qualcosa» c'era effettivamente una donna al bancone, il volto lasciato in ombra da alcune ciocche di capelli biondi scuro. ora, nessuno vi dirà mai se si tratta di Fitz, o di Nathan — per entrambi sarebbe l'occasione perfetta per fare gavetta, e abbiamo anche la rima. io rob me li immagino entrambi, contemporaneamente, come la sequenza di un film di M. Night Shyamalan.
    tenne le mani infilate nelle tasche, stringendosi appena nelle spalle «quando arriva il mio collega continua a fare un po di casino. se ti dice di smetterla, opponi resistenza. possibilmente senza esagerare, ho già abbastanza cose da pulire» non sentì il bisogno di specificare chi pensava avrebbe avuto la peggio, se si fosse arrivati ad uno scontro non solo verbale.
    Kaz oh era un ragazzino, ma come jay sapeva anche fin troppo bene, un ragazzino con quel genere di potere tra le mani poteva essere letale «quando ti faccio cenno, molli il colpo e te ne vai» quella, quantomeno, doveva essere la parte semplice.
    non aggiunse altro e gli diede le spalle, uscendo per primo dalla saletta riservata al personale del Captain nel quale si erano avventurati solo cinque minuti prima — pausa bagno, la scusa ufficiale «hm. c'è poca gente oggi, la Sagra della Salsiccia ha colpito ancora» come ogni maledetto anno, e non certo grazie ai Nickelback. la vera star era il panino con la porchetta della bancarella di Zio Tony, inutile girarci attorno. si mise dietro al bancone, raggiungendo il lumocineta intento ad asciugare bicchieri. con la coda dell'occhio, vide Vattelapesca avvicinarsi a Fitz/Nathan, con un passo ciondolante che sperava in cuor suo fosse solo una dote recitativa «ma credo che ci siamo comunque guadagnati una problema» voleva solo attirare l'attenzione di Kaz sulla scena - l'uomo alticcio, la ragazza chiaramente infastidita, il tono di voce ad alzarsi fino a diventare troppo alto -, ma senza muovere un dito.
    vadino avanti i giovani ❤

    @jerseyshore
    it's been "one of those days" for like, 3 years now

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    i panic! at (a lot of places besides) the disco
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  2. .
    jayson matthews
    «Continui a fare la vittima per quella volta che non ti ho portato a Disneyland, ma in realtà ti ci ho poi davvero portato, e ti è piaciuto un sacco. Hai voluto l'autografo di tutte le principesse e potrei o non potrei aver usato un po' la magia per farci saltare le code. Il tuo turno.»
    allora, tanto per cominciare: «vecchio bastardo» un sussurro, quello a scivolare fuori dalle labbra screpolate del Matthews; privo di qualunque cattiveria, ma intriso del nostalgico sollievo che solo la certezza di un volto amico poteva donare. era beh Nate, non poteva essere altrimenti — l'opera di gaslighting portata avanti da jayson in quei lunghissimi anni rendeva impossibile per chiunque, a parte loro due, conoscere la verità.
    si, li aveva portato a Disneyland.
    e , avrebbe continuato a lamentarsi del contrario conscio che nessuno avrebbe creduto alla versione del professore: certe tradizioni andavano semplicemente mantenute nel tempo, lasciate diventare leggenda.
    si trattenne, ancora, dal fare un passo avanti, la presa sul nokia indistruttibile sempre salda; non pensava davvero di usare l'oggetto in questione come arma contundente, non ora che sapeva di avere l'henderson davanti, ma dalla vita Jay aveva imparato a non dare mai niente per scontato. ne aveva passate troppe, uscendone sempre con un pezzetto di se stesso in meno brutalmente strappato via, per essere tanto naive — se una cosa poteva andare male, o una situazione precipitare, poco ma sicuro l'avrebbe fatto con lui presente «una sera eri ubriaco» no, non è questo il segreto «eravamo solo io e te, hai preso una foto dal portafogli, credo fosse il tuo primo giorno a Hogwarts. con elijah» dovette fermarsi un istante a prendere fiato, il telecineta; raramente aveva messo tante parole insieme in una sola frase, e l'essere praticamente nudo non lo aiutava molto a formulare un pensiero coerente.
    se poi nate avesse smesso di farglielo notare associando la sua apparizione in déshabillé ad un quanto mai particolare desiderio di vederlo nudo, sarebbe stato meglio (YIKES) «mi hai raccontato come vi siete conosciuti, e concluso con "and that, kid, is how I met your mother mimò le virgolette a mezz'aria con la mano libera, prima di abbassare tutte e due le braccia.
    e sollevare le spalle, il movimento universale per indicare la resa di fronte all'inevitabile.
    non poteva rinunciare ad un atteggiamento difensivo, però: certe abitudini sono dure a morire, proprio come lo era jayson. una quantità indefinita di sfiga, sofferenze, inutili lezioni di vita dopo l'altra nella più stronza delle Università della Strada, e alla fine rimaneva sempre l'unico con un respiro in più nei polmoni. con l'ultimo battito a premere tra le costole, perché a morire che gusto c'era? molto meglio rimanere vivo per miracolo, attaccato ad un filo invisibile e contro la propria volontà, osservando la desolazione nella quale finiva per saltare a piè pari ogni fottuta volta.
    si ok Jay adesso basta fare il melodrammatico.
    «stabilito che siamo davvero noi» sollevò le iridi caramello fino a trovare quelle più limpide del professore, stringendo le braccia contro il torace nudo; non aveva freddo, stranamente, ma non avrebbe disdegnato una maglietta. o dei pantaloni, ecco «hai una vaga idea del motivo per cui, cazzo (cit. giacomo leopardi at some point), ci troviamo qui? stavo per farmi una doccia, giuro che stavolta non ho toccato niente e non mi sono allontanato da casa» un sospiro [bestemmia], di nuovo, perché davvero quando era troppo era troppo. strinse involontariamente il nokia tra le dita, un po più forte, ricordando così di avere ancora l'oggetto mitologico in mano; prese ad osservarlo, la fronte corrugata — apparteneva ad un tempo che jayson non poteva ricordare (ahaha.): ci voleva un (boomer) vero millennial con tutte le sinapsi mnemoniche funzionanti «dici che possiamo usarlo per chiamare qualcuno?» già dal tono di voce si intuiva la mancanza di fiducia in quel tentativo, ma porse comunque il cellulare a Nathaniel, mantenendo il braccio destro a contatto con il torace.
    NATE SMETTILA DI GUARDARGLI LE TETTINE!

    it's not big surprise
    you turned out this way
    when they close their eyes
    and prayed you would change

    27 | telekinesisin troublefreddie hamilton
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    sjfjdjkd CIAO MARTINA BENVENUTA!
    sono rob, tra poco compio 35 anni e ancora non ho cominciato a scrivere la mia Divina Commedia, ma di sicuro mi ritrovo in una selva oscura come il buon Dante. l'età avanzata mi rende (dad) mom friend™, però in situazioni particolari ho ancora bisogno di un tutore!!!!! (notare l'entusiasmo)
    ho visto adesso che hai già postato la scheda, BELLINO NOAH! tra l'altro si chiama di cognome come un mio pg, chissà se hanno cugino di ottavo grado in comune #cos

    detto questo mi preparo per andare a lavoro, dopo due settimane di vacanza è come farsi forza per scendere all'inferno. ANCORA BENVENUTA TI TROVERAI BENISSIMO ❤❤❤❤❤❤ (spero)
  4. .
    CITAZIONE
    «non era importante» Come poteva credere non fosse importante, quando da sempre, da tutta una vita (+1), quel che faceva era sempre importante per Fake [... ]
    Strinse le labbra, perché non voleva farsi odiare. Non voleva che Ryu si sentisse costretto a prendere le distanze, e innalzare muri, solamente perché Fake si era mostrato troppo Fake, come spesso gli facevano notare. Sapeva di essere tanto, da digerire; non voleva peggiorare la situazione, rimanendo sullo stomaco fino a diventare il peso da eliminare per poter tornare a respirare.

    — fake

    MAMMA GUARDA, LA MIA QUOTE DI GENNAIO!
  5. .
    jayson matthews
    It’s okay to be not okay
    It’s just fine to be out of your mind
    Breathe in deep, just a day at a time
    Cause it’s okay to be out of your mind


    26 ✧ telekinesis ✧ barman
    Mine is broken
    how is yours
    I’m sure it helps to hear the news
    and political discourse
    fear
    that is what he felt
    Every single day as all the
    boys would play

    questo post sarebbe potuto essere normale.
    per quanto normale si possa considerare la situazione: Reese che straparla credendosi Lapo Linguini e Jay che lo guarda perplesso — un vecchio classico. ma perché non inaugurare questo 2023 con un post scritto dal correttore? è da tempo immemore ormai che lo xiaomiese sembra essere stato messo da parte, relegato a lingua di seconda scelta, una roba per poracci! e invece no.
    invece merita un'altra chance.
    tipo: «Non lo so — sei italiano? O, insomma, hai sangue italiano? Noi siamo tanti, quindi non escluderei la parentela.» jayson matthews is the only thing you have. suona bene amore mio, ogni volta che mi sono in my heart💕 is a good time with your friends ma perché sta scrivendo in inglese. questo è chiaramente il pov di drunk!Reese, chissà cosa ha risposto Jay in realtà «a volte mi ha detto di recesso del genere» forse non proprio questo, ma lo accettiamo. anche perché è una cosa seria considerazione.
    il telecineta sollevò un sopracciglio, spostando le iridi caramello dal ragazzo alle bottiglie dietro il bancomat magari bancone, ma chi sono io per correggere il correttore automatico di suo padre? infatti non ⛔ queste è noto emotions casuali chissà in base a cosa le inserisce, comunque: ci rendiamo conto che la spiegazione data all'ubriaco non rendeva a pieno la situazione, ma anche raccontare ad uno sconosciuto di essere stato rapito quattro (o cinque.) volte in meno di dieci anni era fiori discussione — fuori magari. non è che Jay Z così ci facesse proprio una bella figura, no?
    già era perseguitato da quel momento in the morning🌞?????? no, dal Capodanno.
    tutti lo sapevano, anche chi non lo conosceva.
    non era necessario buttare altra benzina sul fuoco della vergogna, per quanto Reese non sembrasse in grado di ricordare una qualunque cosa detta nel corso di quella serata «possiamo andare insieme, casa mia è lì!» a mio fratellone piace la situazione (fa pure rima) (gemes infame per te solo lame). si strinse nelle storie di ricordare il telecineta how ironic per uno che non ricordava assolutamente niente: Jayson avevamo già detto che non mi dispiace per te (cit. rob), e questo è quanto.
    what Jay said: manco pò cazz
    what Reese heard: «bella» la fine di tutte le cose.
    «Pensaci, è un’ottima offerta. Nel frattempo non è che mi verseresti del —» «mondo?» chiese, rendendosi conto di quanto fosse triste il correttore automatico quando si trattava di suggerire parole random; poi nei momenti cruciali della vita pretende di cambiarti "sbarravano" con "sborravano", ma ok I guess «HO ANCHE CHISSÀ SE INVECE LUI NON STOP» difficile dire se il tono di voce del telecineta fosse aumentato davvero o solo nella testa del buon withpotatoes, anche perché l'espressione deadpan sul volto di Jay non era cambiata affatto. prese parte della sua mamma e non è un cazzo è una persona — questa non l'ho capita; ne versò comunque un bicchierino, facendo traboccare la mamma sul bancone, spingendo poi «fammi un (mi rifiuto)» il contenitore di vetro verso il ragazzo.
    solo a quel punto Jayson sollevò lo sguardo oltre al falso Lapo, incontrando quello divertito del buon Isaac; da quanto era li? I popcorn se li era preparati di proposito? non era poi così strano che il Lovecraft facesse capolino nel locale quando l'ubriaco di turno cominciava a dare spettacolo, anche se la sua presenza non significava per forza che il circo fosse arrivato all'orario di chiusura «l'ultimo poi basta che il tuo numero di➡➡ » aggiunse, con un sospiro😌 ma perché la faccina cosa c'entra nientee «altrimenti mi tocca farti piroettare» e siccome non era certo che Reese potesse capire, mimò a mezz'aria la piroetta facendo ruotare l'indice (?). perché è canon che il lavoro di Jay preveda anche di lanciare in aria I clienti e sballottarli a destra e a manca finché non gli passa la sbronza — politica della casa non faccio io le regole. detto questo (cosa) il ventiseienne schioccò le dita davanti al volto dell'altro, uscendo bruscamente dal Reese's pov «hai capito qualcosa di quello che ho detto?» secondo me no, ma mai dire mai.

    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
  6. .

    pavor segugio - sebastian aidonnow - 26 y.o.

    Sebastian era: offeso.
    ma aveva imparato da tempo a mitigare le proprie reactions, preferendo la professionalità al mostrarsi eccessivamente emotivo.
    al contrario di gente della quale non faremo nomi (kaz1) e che per ovvi motivi non aveva ricevuto alcun invito per quella riunione sekreta (sempre kaz1), l'aidonnow sapeva quando mettere da parte se stesso per un bene superiore.
    però che nessuno parlasse della spilla da lui trovata durante il blitz era proprio una cosa difficile da mandar giù, ecco.
    rimase comunque seduto al suo posto, la schiena dritta e la gamba destra tenuta distesa davanti a sé — non era più guarita del tutto, dagli eventi dell'anno prima, ma a Sebastian non importava. per quanto fastidio potesse dargli, quel dolore serviva a spingerlo più avanti; sempre un passo oltre. non si sarebbe sottratto al proprio dovere solo perché le sue ossa erano state sbriciolate e poi faticosamente ricostruite.
    anche se al momento il suo dovere sembrava essere quello di ascoltare e tendere bene le orecchie: dopotutto, anjelika queen se l'era portato dietro come scribacchino, concedendogli comunque una fiducia che Sebastian non aveva alcuna intenzione di tradire. mosse rapido la punta della piuma sulla carta, trascrivendo solo alcune parole chiave estrapolate dal discorso della garrett, un sopracciglio scuro a sollevarsi di tanto in tanto — «Crediamo che Helianta Moonarie stesse indagando su questo. su una… conoscenza in comune.» per ovvie ragioni, quelli nella posizione di Sebastian Aidonnow difficilmente sapevano un cazzo; veniva loro detto lo stretto necessario, impartiti ordini, evitate le spiegazioni.
    non se n'era mai lamentato, il ventiseienne, né si era posto il problema: contrariamente a quanto avrebbe voluto suo padre, Sebastian non puntava a fare carriera nel Ministero. nessuna scalata delle gerarchie, nessuna sete di potere e conoscenza. al contrario, soprattutto ora che poteva guardare in faccia quelli piú in alto di lui e vedere le loro espressioni prive di qualunque certezza, si sentiva ben lieto di essere parte della manovalanza «domande?»
    attese pazientemente che fossero altri a farsi avanti per primi, la testa bionda reclinata su una spalla mentre il suo ex superiore prendeva la parola; gli venne spontaneo chiedersi (in modo molto fugace e distratto) su invito di chi il Crawford si fosse presentato a quella riunione, ma subito sovvenzioni un secondo pensiero e poi un terzo: non erano affari suoi, era comunque un bel vedere. divenne più attento quando fu il turno del Capo Consiglio, ma alle sue parole non reagì in alcun modo, sebbene in parte fosse d'accordo.
    sapeva ancora troppo poco, l'aidonnow, per permettersi di dare ragione o torto a qualcuno, soprattutto se quel qualcuno era jack Daniels.
    «Da quanto emerso, è evidente che la persona con cui era in contatto sapesse molto di più di quanto accennato nelle missive. Quanto scoperto alla libreria non è che la punta dell’iceberg.» istintivamente, seb soffocó un colpo di tosse nel pugno chiuso: se solo si fossero presi la briga di studiare la spilla, magari!!!! ma non portava affatto rancore. lasciò scemare la voce della hillcox in un silenzio fin troppo denso, prima di sollevare le iridi scure su anjelika queen; la quale gli restituì uno sguardo di ghiaccio e un impercettibile cenno con il capo, che rappresentava un via libera ma anche un avvertimento: non dire cazzate.
    one does not simply.
    «all'inizio ha parlato di persone scomparse, in circostanze quanto meno peculiari» si rivolse direttamente alla Garrett, spostando lo sguardo da lei agli appunti presi e viceversa «e forse persino simili sotto certi aspetti. ma i maghi e le streghe in questione.. avete trovato un collegamento tra di loro? o pensate siano stati scelti in modo casuale?» corrugó la fronte, il segugio, ripassando mentalmente i nomi e le date: non gli dicevano quasi nulla, e con quelle poche informazioni a disposizione avrebbe optato per la seconda ipotesi.


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    abbastanza inutile. ascolta tutti e prende appunti da bravo bimbo di anjelika, poi fa domanda basic alla Garrett:
    CITAZIONE
    «all'inizio ha parlato di persone scomparse, in circostanze quanto meno peculiari. e forse persino simili sotto certi aspetti. ma i maghi e le streghe in questione.. avete trovato un collegamento tra di loro? o pensate siano stati scelti in modo casuale?»
  7. .
    jayson matthews
    It’s okay to be not okay
    It’s just fine to be out of your mind
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    Cause it’s okay to be out of your mind


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    jayson matthews ci era nato (ahah) perplesso.
    faceva parte della sua vita più recente, quella che lo accompagnava da quando si era risvegliato in un letto di ospedale senza ricordare più nemmeno come si chiamasse; e quella vita non mancava mai di mettergli davanti altre perplessità — un 'watwatstorming' quotidiano.
    ma quello raggiungeva un nuovo livello, territori inesplorati.
    «Non puoi perderti delle cose così importanti.» lavorando ormai da anni in un bar, di svitati Jay ne aveva incontrati parecchi; conosciuti, ma conosciuti davvero, molto pochi. il mestiere gli imponeva di reggere loro il gioco mantenendo un certo distacco, ascoltare quanto avevano da dire (o blaterare) mentre asciugava bicchieri appena usciti dalla lavastoviglie e, in casi estremi, assicurarsi che riuscissero a tenersi in piedi quando era ora di levare le tende. gente che non reggeva l'alcol, gente che non aveva nessun altro con cui sfogarsi, gente che passava quasi tutto il tempo a fissarlo da un tavolino distogliendo in fretta lo sguardo quando lui si rendeva conto di essere osservato: aveva visto di tutto, jayson matthews.
    tranne un tizio ubriaco di amaretto intestardito a fargli la lezione su Torino capitale.
    ma poi dove minchia si trovava 'sta Torino.
    «È una città che va assolutamente visitata, e non puoi perderti il tour della Fiat. Ti piacciono le macchine, zio?» il telecineta, che di recente (sono passati due anni Jay accettalo) si era riscoperto padre, inarcó un sopracciglio, reclinando la testa verso la spalla; a guardarlo così, nonostante le guance in fiamme e l'occhio da triglia, lapo linguini non gli ricordava nessuno in particolare (piz. è identico a piz.) «siamo parenti? chiedo» e gli mostrò i palmi delle mani come uno chef barbieri qualunque, uno straccetto gettato sulla spalla. aveva fatto la domanda per istinto, Jay, ma dubitava che l'altro lo stesse davvero ascoltando: avendo partecipato ad un paio di lezioni in quel di hogwarts alla presenza di Mort Rainey, il ventiseienne sapeva riconoscere i sintomi — certi monologhi non finiscono (fanno giri assurdi e poi ritornano) «anzi, guarda, lascia stare» scosse la testa, il telecineta.
    Reese non avrebbe capito comunque.
    «Ti piacerebbe molto la visita! La consiglio in inverno!» una volta finito di sistemare i bicchieri puliti sul retro del bancone, le iridi caramello di jayson tornarono a cercare quelle del coetaneo dalla parte opposta; quando le trovarono, sul volto del ventiseienne si dipinse una piccola smorfia difficile da interpretare. il suo lavoro non prevedeva che facesse la morale a nessuno, e comunque sarebbe stato ridicolo da parte sua — non era un buon esempio, il matthews, mai stato. per questo forse evitò di chiedergli se non avesse un po esagerato con l'alcol: oltre a essere palese, non se la sentiva di giudicare.
    toccava a tutti, prima o poi, e ciascuno aveva la sua motivazione.
    jayson avrebbe potuto elencarne alcune, non del tutto dimenticate ma messe faticosamente a tacere, ma qualcosa gli diceva che non era quello argomento da affrontare con uno sconosciuto ubriaco «non posso muovermi» disse, allora, con un'alzata di spalle. un po' criptico come commento, sebbene fosse la verità: Jay meno andava in giro e meglio era. glielo aveva insegnato la vita, entrambe «ho la tendenza a sparire, ma sto cercando di migliorare» se Reese fosse stato sobrio, forse il ragazzo avrebbe aggiunto un mezzo sorriso per dare a quella frase un tono ironico, il non detto da leggere fra le righe; sparire suonava volutamente esagerato, caricaturale, un termine estremo infilato dentro una frase casuale per attirare l'attenzione — nel caso di Jay si trattava di un eufemismo.
    se si fosse limitato a scomparire, di sua spontanea volontà, sarebbe stato meno traumatico per tutti.
    «un viaggio dall'altra parte del mondo è l'ultima cosa che mi serve. te invece dovresti pensare di tornare a casa» si sporse leggermente in avanti, il ventiseienne, gomiti sul bancone e una mano a grattare il mento reso ispido da un velo di barba scura: aveva smesso di radersi perché gliel'aveva chiesto tupperware. perché gliel'aveva chiesto sua figlia. insomma, chi l'avrebbe mai detto — jayson matthews padre sottone dell'anno «non in Italia, dico. a casa qui.. ne hai una?» mai dare niente per scontato. Reese non aveva l'aria del senzatetto e durante la serata aveva già tirato fuori galeoni a sufficienza per pagarsi ogni singolo shottino di amaretto, ma giudicare un libro dalle apparenze non portava mai bene a nessuno. attese una risposta che sapeva sarebbe potuta non arrivare, dando una rapida occhiata attorno: I pochi clienti presenti si stavano facendo i fatti loro, seduti attorno ai tavolini tra risate e boccali di birra pieni a metà.
    sta a vedere che gli toccava davvero prendersi cura del withpotatoes — almeno evitare che vomitasse sul pavimento, non allarghiamoci troppo.

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  8. .
    marcus howl
    I'm gonna fight 'em all
    A seven nation army
    couldn't hold me back
    They're gonna rip it off
    Taking their time right behind my back


    33 ✧ hitman ✧ empathy
    And I'm talking to myself at night because I can't forget
    Back and forth through my mind
    Behind a cigarette
    And the message coming
    from my eyes says
    "Leave it alone"

    oh dai fagli una foto!!!
    sta dormendo
    vabbé che c'entra fagliela lo stesso dai!!!!

    marcus sospiró.
    non poteva fare altro, non quando si trattava di sharyn.
    l'aveva sempre avuta vinta lei, dal momento in cui era nata e gli era stata messa tra le braccia da una madre titubante che non aveva alcuna idea di come avrebbe reagito il suo primogenito.
    quindi odi anche me? gli aveva chiesto, un giorno come un altro, conoscendo la risposta — e come avrebbe mai potuto. anche adesso che era tornata l'howl sembrava incapace di tenere il punto. ma non tutto il male veniva per nuocere: sharyn winston poteva permettersi qualunque scelta infelice, ma era anche l'unica; ad altri quel lusso Marcus non lo avrebbe mai concesso.

    ok.

    mise il punto dopo quell'unica sillaba, sollevando poi il telefono davanti al volto: nello schermo, inquadrato dalla telecamera, una figura in penombra nascosta solo in parte dal lenzuolo arrotolato. il torace, nudo nella penombra della stanza, si sollevava e abbassava in modo quasi impercettibile, rivelando quello che nel caso di Marcus Howl era sempre meglio specificare: respirava ancora. era improbabile che sua sorella gli chiedesse foto di un cadavere, anche se a quel punto il trentatreenne non se la sentiva di escludere nulla — dopotutto, frequentava ancora quel babbeo di isaac.

    vabbé, che GNOCCO!!!?!? ora la mando a mitchell 👌🏻😈

    Marcus sospiró. di nuovo.
    un po più forte questa volta, abbastanza perché il ragazzo sdraiato nel suo letto aprisse finalmente gli occhi; erano scuri e assonnati, con un'ombra di giocosa malizia ad illuminarli. occhi da golden retriever. «mi fai le foto mentre dormo?» non c'era fastidio nella voce morbida e ancora un po' impastata, ma l'accenno di un sorriso, una risata trattenuta. sembrava maledettamente giovane, sebbene fino a poche ore prima non avesse dato a marcus quell'impressione: il buio, le luci violacee ad intermittenza e la musica sparata a tutto volume non erano state d'aiuto. né l'howl si era voluto soffermare più del dovuto — aveva visto solo un bel ragazzo che gli si sedeva accanto offrendogli una birra mai toccata, quel sorriso a promettere tutte le cose belle del mondo, una mano posata sul braccio.
    in quel momento non gli era servito altro.
    «é per mia sorella. non sa farsi gli affari suoi» nonostante le parole scelte, anche la voce di marcus si era fatta più morbida, gli spigoli che la contraddistinguevano improvvisamente arrotondati «ho una sorella anche io. dodici anni, una vera peste» e, se la matematica non era un'opinione, era improbabile che il ragazzo stesso superasse i venticinque — molto improbabile. la testa del sicario si mosse appena in un cenno affermativo, le iridi di un azzurro fin troppo vivido ad osservare la propria nudità, lo stesso lenzuolo che ora copriva entrambi dalla vita in giù.
    aveva sempre avuto un fisico asciutto, marcus, ma negli ultimi tempi aveva aumentato la propria massa muscolare come le ore passate alla palestra di Morley Peetzah prendendo a calci e pugni un sacco da pugilato. perché o era quello, o la faccia di Mitchell Winston. «cosa ne pensa?» la voce del si-spera-sia-almeno-maggiorenne riportò l'attenzione di marcus sul suo volto, fattosi decisamente più vicino; il contatto spalla a spalla, pelle nuda ancora calda, gli provocò un brivido.
    non per forza piacevole.
    l'incantesimo, se così vogliamo chiamarlo, per l'howl si era già spezzato.
    invece di rispondere, il trentatreenne mostrò al giovane lo schermo del cellulare, gli ultimi messaggi di sharyn in bella vista «beh, gnocco è buono, giusto?» sorrise ancora, ma marcus non riuscì a fare altrettanto: prima ancora di potere, c'era la questione del volere. assecondarlo sarebbe stato sbagliato, dannoso, inutile; qualunque cosa cercasse il ragazzo, non l'avrebbe trovata in quel letto, o negli occhi di marcus howl «e Mitchell? è vostro fratello?» cristiddio «cugino» con quello, il discorso era chiuso. doveva essersene accorto anche il minore (nel senso di più piccolo. spero.), perché riprese subito il suo posto nel lato destro del letto, le dita a stringere il lenzuolo; aveva perso gran parte della baldanza che lo aveva spinto, quella sera stessa, a fare il primo passo, e ora non sapeva come muoversi.
    così fece l'unica cosa che gli venne in mente: sfiorare il collo di marcus con un bacio, marcare con i polpastrelli le linee tese dei muscoli sotto la pelle. non la cosa sbagliata in generale — neanche tre ore prima aveva funzionato — ma la cosa sbagliata in quel momento «é tardi» gli bloccò la mano con la propria, prima che potesse spingersi troppo in là: una presa gentile ma ferrea, che non ammetteva repliche «e domani devo lavorare» il sorriso sulle labbra del ragazzo era andato rapidamente scemando, ma lo sguardo non si era indurito; in fondo il problema stava tutto li: quegli occhi da cucciolo chiedevano troppo senza chiedere niente — troppo per uno come marcus, in ogni caso. gli venne da chiedersi, allontanando con delicatezza la mano dell'altro prima di scostare il lenzuolo e scendere dal letto, cosa lo avesse spinto a cercare il calore di uno sconosciuto sapendo in partenza che non sarebbe potuta finire in altro modo; poi scacciò il pensiero.
    non era un problema suo, aveva già troppi bambini di cui occuparsi.
    «non mi hai detto che lavoro fai» tentò, impacciato, mentre l'howl si avvicinava alla scrivania senza preoccuparsi di mettere qualcosa addosso. ad essere sinceri, non si erano detti proprio nulla, nemmeno il nome «sai cos'è questa?» chiese, dopo qualche istante di silenzio, estraendo dal cassetto una beretta semiautomatica priva di caricatore: dettaglio che l'altro evidentemente non aveva notato, perché alla vista dell'arma ebbe un sussulto. vedi cosa succede a fare sesso con gente che non conosci? beccare un serial killer psicopatico di quei tempi non era poi così difficile «tranquillo, è scarica. vendo armi da fuoco, principalmente. sono un rappresentante» fece girare lentamente la pistola nella mano, un dito a sfiorare il grilletto — anni prima, in quella stessa stanza, aveva quasi sparato a Mitchell.
    in testa.
    avrebbe dovuto farlo.
    si sarebbe risparmiato un sacco di fastidi, l'howl; un sacco di prese per il culo — vienimi a trovare ogni tanto, odio le baguette (cit.) un gran paio di cazzi.
    «domani ho una riunione importantissima, ho bisogno di riposare. e tu devi tornare a casa» per qualche motivo, come capitava spesso, al ragazzo nudo nel suo letto era bastato vedere la beretta, per capire: capire che il gioco era finito, che non valeva la pena continuare ad insistere. che occhi scuri e sorrisi gentili servivano solo fino ad un certo punto — e quel punto era stato raggiunto e superato.
    «magari... magari ci rivediamo in giro» ormai sulla porta, i corti capelli neri scompigliati, un accenno di fossette: meritava decisamente qualcosa di meglio, quel ragazzo che-speriamo-abbia-almeno-venticinque-anni «forse» ma suonava più come un non contarci e in realtà significava spero per te di no. tutto quello che marcus aveva da dare, lo aveva già dato a mitchell. che cazzo di fregatura «buonanotte» fece per chiudere, l'altro ancora immobile sulle scale «kevin! mi chiamo kevin» il trentatreenne non sorrise, né distolse lo sguardo: nelle iridi scure del ragazzo luccicava ancora un briciolo di speranza che per marcus aveva del surreale. ma poteva sostenerla e la sostenne «buonanotte, kevin» poi fra di loro ci fu la porta, una distanza incolmabile, la testa già al lavoro successivo — che poi era l'unico modo per rimanere in vita.
    con la morte l'howl era già a credito.


    oh ma poi com'è andata con il tipo gnocco? vi rivedete?

    il primo messaggio di sua sorella, dieci minuti prima.
    ne erano seguiti almeno altri quindici, tutti silenziati per ovvi motivi, ma la vibrazione nella tasca dei pantaloni lo aiutava a tenere il conto. tenendosi sollevato su un gomito, marcus prese il telefono e digitó poche parole, evitando accuratamente di leggere tutte quelle precedenti — si trattava più che altro di emoticons e punti esclamativi. classic sharyn.

    non adesso shar. sono occupato
    uN ALTRO???!!!111???

    stranamente, marcus sospiró.
    poi mise il telefono accanto a sé, dopo una rapida occhiata all'ora: se tutto fosse andato secondo i piani - e di solito era così -, l'attesa sarebbe stata breve. fino a quel momento sul molo c'era stata calma piatta, il solito via vai prima di una spedizione importante; l'howl aveva osservato attentamente gli uomini passeggiargli ad un palmo dal naso con le armi nascoste sotto pesanti giacconi, troppo indaffarati per rendersi conto della sua figura a confondersi nell'ombra. il container sul quale stava sdraiato a pancia sotto, oltre tutto, forniva una posizione insieme riparata da occhi indiscreti e perfetta per angolare la canna del CZ TSR calibro .308 portato per l'occasione.
    doveva solo aspettare la persona giusta.
    quella di cui gli avevano consegnato la fotografia insieme ad una parte del suo compenso, e che grazie alle ricerche fatte dal trentatreenne quella sera si sarebbe trovato esattamente dove voleva lui. quello che Tizio aveva fatto ( rubare al proprio capo mafioso nella speranza di non venire beccato? sure, jan ) era affare di marcus solo fino ad un certo punto: utile per scoprire le abitudini dell'obiettivo, ma niente di più.
    l'abbaiare improvviso dei cani gli fece sollevare di scatto la testa, lo sguardo spostato dal mirino del fucile alla ricerca della fonte del rumore imprevisto; e fu allora che vide un'ombra un po' più consistente delle altre muoversi furtiva verso un secondo container carico di casse. avrebbe potuto sparare in quell'istante stesso, e probabilmente non se ne sarebbe accorto nessuno — ma rimase immobile: il suo uomo non era ancora apparso sulla scena, e certo fermare ladruncoli per cui non era nemmeno pagato non rientrava nei suoi doveri «che cinema» un bisbiglio appena accennato, quello che abbandonò le labbra del sicario, quando le iridi chiare individuarono la seconda figura. quello poteva essere un problema, soprattutto se i due in questione avessero cominciato a fare casino attirando a sé la yakuza al gran completo.
    ma marcus era un veterano, e faceva quel lavoro da quando i due pronti a suonarsele portavano ancora il pannolone; ci voleva ben altro per scombussolare i suoi piani accurati, organizzati fin nel minimo dettaglio. imprevisti compresi «oh, ryuzaki ryuzaki» un altro mormorio, mentre con un unico occhio aperto osservava i due uomini attraverso il mirino del CZ TRS riconoscendo il giovane (nonostante sembrassero tutti uguali perché erano kinesi): nel loro giro, bene o male, si finiva sempre per conoscere i propri colleghi, soprattutto se rinomate teste di cazzo calde.
    effettivamente, avrebbe potuto lasciare che si sbrigassero da soli le loro faccende.
    gli sarebbe bastato prendere il sul fucile di precisione e spostarsi su un altro container, più vicino a dove gli uomini dall'Associazione si erano radunati dopo il casino iniziale dei cani; individuare il suo uomo, ucciderlo, levare le tende. stava quasi per farlo, la mano destra già premuta sul carrello per inserire la sicura, quando una terza figura emerse dall'ombra ad una ventina di metri, il passo pesante e molleggiato diretto senza fronzoli in direzione di Ryu e del ladro beccato con le mani nel sacco. e, ci credete? era il suo uomo! un vero dono del cielo.
    tu pensa quanti piccioni si possono catturare con una sola fava!
    era il suo momento preferito, quello: il silenzio nel rumore, solo il battito del proprio cuore a riempirgli le orecchie; poteva quasi sentire lo scorrere lento del sangue nelle vene, mentre tratteneva il respiro e lo rilasciava senza emettere un suono. seguì l'obiettivo attraverso il mirino, spostando leggermente la canna man mano che questi avanzava — diventando un tutt'uno, un unico movimento in perfetta simbiosi. alla prima, delicata pressione del dito sul grilletto, il proiettile calibro . 308 colpì il kayegama di striscio al braccio: una ferita superficiale, ma sufficiente perché il ragazzo si togliesse di mezzo liberando la visuale.
    non era mica colpa di marcus se si trovava proprio sulla linea di tiro.
    il secondo proiettile prese Tizio all'altezza del collo, il terzo gli si piantò al centro della fronte una frazione di secondo dopo. neanche il tempo di rendersene conto, ed era già tutto finito.
    «senza rancore» avrebbe potuto chiedere scusa, ma non sarebbe stato da marcus; e nemmeno da ryu, se è per questo. ora li fissava entrambi, sceso dal container con il fucile sotto braccio e poi appoggiato ad una spalla, il berretto calcato in testa fino a coprire le orecchie «voi avete una questione da risolvere, immagino» indicò la cassa che grey aveva aperto, con una stretta di spalle «ma tra pochi secondi tutti sapranno che è successo qualcosa e si fionderanno qui incazzati come delle bestie.» ma, ancora una volta, non erano affari suoi «se trovi il proiettile, tienilo come porta fortuna» concluse, rivolgendosi a ryu e al sul braccio sanguinante.
    poi diede loro le spalle e prese con la mano libera il telefono, inquadrando il primo uomo morto della serata nello schermo — e si spera anche ultimo, ma chi era lui per giudicare se volevano ammazzarsi a causa di qualche ninnolo di dubbia provenienza. «ci starebbe una pizza» ma cosi, lui la butta li.

    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©



    intro inutile sulla vita (sessuale) di markino.
    poi sta al porto per eliminare un tizio (chissà se è l'uomo di fiducia di ryu) che rubba alle spalle del boss, guarda cosa combinano ryu e grey (mannaggia non ha i popcorn), poi arriva Tizio e allora spara a ryu per avere la visuale libera e uccide tizio.
    propone indirettamente una pizzata di mezzanotte.
    e si, uso uno schema role diverso perché sono divergente.
  9. .
    SKFKSKDKKDKD UN'ALTRA ALICE!!!
    ciao, benvenuta, io sono rob e al momento sto a lavoro quindi sono un po nel difficile ma nel dubbio mi trovi su Telegram (chissà se c'è un link da passare, lascerò questa incombenza a gente più organizzata di me) 💕💕💕
  10. .
    when:
    2042
    eighteen
    !2024
    telepathy
    you can escape
    this town and this city
    but you can't escape
    yourself

    scotts madaway-baumilton aveva diciotto anni e gli stessi occhi verdi di sua madre.
    per molte persone, questo era tutto quello che si poteva sapere su di lei; per altri, la sua famiglia, esisteva un mondo sommerso sotto una scorza dura e in apparenza impenetrabile, di fronte al quale si ponevano in punta di piedi, quasi con timore. non gliene aveva mai fatta una colpa, scottsdale: conosceva il dolore nei loro occhi quando guardavano lei e vedevano Lydia, quando ascoltavano lei e sentivano Jayson.
    mancavano a tutti, e al suo cuore un po di più.
    poi c'era Heathcliff.
    per una che preferiva la compagnia di gatti e piante alle persone, fare amicizia non età mai stata una priorità — aveva già un miliardo di parenti tra i quali destreggiarsi, case da occupare saltuariamente per sopperire ad una mancanza. ma Heathcliff Wayne-Maddox era stato sin da subito la classica eccezione che conferma la regola, con quella sua faccia da golden retriever e lo sguardo sempre perso in chissà quali pensieri; pensieri che scotts non conosceva, e anche quella era un'eccezione. dopotutto, bastava guardarlo negli occhi per leggerlo come uno di quei giornaletti di cui sua sorella andava matta: anche nel loro mondo di merda, con malattie e guerre e perdite, Erin non poteva rinunciare al gossip.
    bless her.
    all'affermazione del ragazzo, scotts non replicò — aveva chiaramente qualcosa da dire, forse addirittura un peso sul petto da estirpare. anche in quel caso, l'uso della telepatia sarebbe stato superfluo. si limitò ad inarcare le sopracciglia, scostando i lunghi capelli castano scuro sulla spalla destra senza spostare lo sguardo da quel puntino che ormai era diventato il buon James. scottsdale madaway-baumilton aveva perso entrambi i genitori, ma almeno quella era una certezza; non passava le notti a chiedersi se la fuga di suo padre fosse in parte colpa sua, con il dubbio feroce di non essere all'altezza dei sacrifici compiuti da chi, al contrario di Jason, era rimasto. Scotts era la sorella minore, quella di cui tutti si prendevano cura: non aveva ulteriori responsabilità, non doveva dimostrare niente a nessuno. era certa che heat vedesse se stesso sotto una luce molto diversa «e sì, devo volerti veramente molto bene per non averti cacciata di casa per far venire qualche ragazza» data l'importanza dell'occasione, scotts distolse lo sguardo dalla strada molti metri sotto di loro riportandolo sull'amico; non aveva mai avuto molti peli sulla lingua, la telepate, tatto e delicatezza pari a zero. puntava sempre alla verità, anche quando faceva male — come in quel caso «heat-» lo afferrò per entrambe le spalle costringendolo a girare il busto verso di lei, il tono pacato di chi sta scambiando una confidenza nonostante l'assoluto vuoto intorno a loro «non avevi nessuna ragazza da invitare, dai. stiamo su questo tetto cinque giorni su sette, pioggia compresa.. guarda che puoi ammetterlo eh. nessuno giudica se non ti si filano»
    toccò a lei sorridere, questa volta.
    sapeva che al Wayne-Maddox piaceva spacciarsi per latin lover, e forse alcune voci avevano confermato in parte questa sua fantasia; ma se avesse davvero avuto una fila di ragazze in attesa della chiamata™, non avrebbe perso la maggior parte del tempo con Scotts a bere birra tiepida in silenzio al tramonto (eh. questo è l' ✨intuito✨ ereditato da Jay) — perché era questo che facevano, loro due. scottsdale non ricordava nemmeno quando e come fossero diventati amici, con i quattro anni che si passavano e la rinomata capacità della telepate di intavolare una conversazione; non possedeva social skills, scotts, ma heat compensava tutto ciò che le mancava, e in cambio riceveva una spalla cui appoggiarsi quando il mondo sembrava cadergli addosso. il fatto che il Wayne-Maddox fosse anche l'unico essere umano estraneo alla sua cerchia familiare (linea di sangue o meno) nel raggio di chilometri aveva certamente influito.
    «e comunque ci ho pensato»
    «non è un buon segno» voleva essere la solita battuta, quella con cui si divertiva a stuzzicarlo come un pungolo ripetutamente premuto nel fianco, ma nell'incrociare lo sguardo limpido del ragazzo, scotts provò l'urgente bisogno di distogliere il proprio. non che ci fosse un vero motivo, né un precedente nella loro relazione: non esisteva imbarazzo o vergogna, nessun argomento vietato del quale facessero fatica a parlare; con heatcliff non si era mai sentita a disagio, fino a quel momento «secondo me dovremmo fare un patto io e te: se arriviamo entrambi a 30 anni single, ci sposiamo tra di noi» dovette fare davvero uno sforzo enorme, scotts, per rimanere immobile, evitare movimenti bruschi — con le gambe penzoloni nel vuoto non era una buona idea.
    avevano parlato spesso delle conquiste del maggiore, correlate dalla sempre presente occhiata verso il cielo con cui la telepate ogni volta lo giudicava, ma erano appunto le esperienze di heat ad occupare la scena; scottsdale non avrebbe avuto niente da raccontare. mai dato il primo bacio, nessuna passeggiata mano nella mano, nessun fidanzatino all'orizzonte: la madaway non sembrava farsene un cruccio. a volte, nel silenzio della notte, quando si ritrovava da sola nel letto di fortuna preparato per lei dal parente di turno, scotts aveva pensato a quanto diverse fossero le sue coetanee, a come i loro interessi una volta entrate nella pubertà avessero preso tutta un'altra piega — non ridevano più dei ragazzi, ma lo facevano per loro. ugh «heatcliff» un tentativo non molto convinto, quello della telepate, quasi un sussurro rivolto alla strada sotto di loro; poteva ancora sperare che fosse uno scherzo, quello del ragazzo, che arrivati a quel punto la stesse solo prendendo in giro. perché era suo amico, il migliore, e se fosse stato serio le cose tra loro non sarebbero state più le stesse. odiava i cambiamenti, scottsdale madaway-baumilton; odiava qualunque cosa fosse al di là del suo controllo, feste a sorpresa comprese (e infatti: l'avete vista festeggiare i 18 anni? no, esatto). aveva giurato a se stessa, da bambina, che non avrebbe permesso al mondo di coglierla alla sprovvista, mai più, ma evidentemente il maggiore non aveva ricevuto la notifica «sei un coglione»
    non era la prima volta che glielo diceva, faceva parte del loro gioco.
    ma mai nella voce della telepate la paura aveva fatto da padrona, e quella era un'altra cosa che scotts non poteva sopportare.
    si tirò indietro, lontano dal parapetto, le gambe piegate contro il seno «non stai dicendo sul serio, vero?» lo vide, prima ancora di finire la frase, come un lampo di luce contro il quale non aveva nessuna possibilità di difendersi — c'era lei, nella mente di heat. gli occhi verdi così simili a quelli della madre, il sorriso affilato che riservava soltanto a lui, scottscottscott, un cuore a battere troppo rapido contro le costole «non stai dicendo sul serio» ripeté, anche se ormai sapeva che lo era, e di istinto gli premette il palmo aperto della mano sugli occhi; un gesto disperato che non serviva affatto a nascondere i pensieri del ragazzo, ora che vi aveva avuto accesso. nemmeno chiudere i propri, di occhi, aveva un senso, ma Scottsdale lo fece comunque, cercando di concentrarsi su altro, ritrovare il controllo perduto della situazione «non sono un paio d'anni, capra» e se nemmeno insultarlo funzionava allora stavano proprio alla frutta.

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    scottsdale madaway
    So casually cruel
    in the name of being honest
  11. .

    tutta quella situazione era un gran casino.
    doveva esserlo per forza, altrimenti non avrebbe avuto stiles come protagonista; non avrebbe avuto loro come comprimari. non ci sarebbero state candele, riti ed esorcismi, formule magiche e profumo di incenso a disperdersi nell'aria. per non parlare del fatto che nessuno avrebbe scatenato la furia distruttiva dei losers senza una buonissima ragione.
    a jayson, in tutta sincerità, l'idea di non essere quello rapito non dispiaceva poi così tanto — finalmente aveva l'occasione di osservare la scena dal di fuori, un punto di vista inaspettato ma affascinante «jay, me lo fai un favore?» le iridi caramello del telecineta incontrarono quelle verde bosco di Lydia nello specchio; lei lo guardava a sua volta con un sorrisetto divertito sulle labbra piene, ma negli occhi nascondeva malamente una luce di reale preoccupazione che jayson non poteva ignorare. l'aveva creata lui, quella scintilla di panico, il pensiero fisso che se qualcosa poteva andare storto — qualunque cosa, lo avrebbe fatto «eviti di farti sgozzare come un capretto offerto in sacrificio?» poteva sembrare una battuta, ma il Matthews sapeva che non lo era.
    tupperware rise comunque, un suono cristallino soffocato nella mano libera, l'altra stretta attorno alla matita kajal con la quale gli stava decorando braccia e volto: era bastato dirle che avrebbe tentato di esorcizzare suo zio, per farla illuminare da capo a piedi. i segni (probabilmente satanici) che gli stava disegnando addosso erano solo una diretta conseguenza di quell'entusiasmo ancora infantile, e chi era Jay per tirarsi indietro. poi oh, magari servivano davvero «facciamo così: se iniziano a tirare fuori pugnali antichi e mi invitano a rilassarmi su un bell'altare, alzo i tacchi e lascio stiles al suo destino» non credeva davvero so sarebbe arrivati a tanto, ma mai dire mai.
    dopo tutto, lui era l'unico immune.
    il prescelto, the chosen one, colui che è sopravvissuto — a malapena, tbh. non aveva ancora sperimentato le gioie dell'andare a 0ps e perdere i sensi (qui le priorità sono chiare: 74cm di achievement), ma considerato il lungo elenco di occasioni avute durante gli anni per morire, poteva considerarsi fortunato.

    per questo si era presentato all'appuntamento.
    per questo aveva indosso una tunica, gentile concessione di padre Shaw, e quei segni tribali (waterproof, ma questo lo scoprirà in un altro momento) sul volto.
    pensava di poter scacciare il malocchio che qualcuno aveva fatto a stiles anni orsono? no, certo che no. certe cose oscure non si sconfiggono soltanto perché un pirla qualunque ha avuto la fortuna di scansarsi al momento giusto; jay era lì perché il fratello meritava supporto — nel senso letterale del termine: un appoggio. su quello emotivo il Matthews aveva sicuramente da lavorare. «Omaggi a te, anima perduta!» aveva fatto un passo indietro, jayson, per lasciare spazio ai losers e al prezioso fagotto che si trascinavano dietro, soffocando con la mano chiusa a pugno una risata che gli sarebbe sicuramente valsa la squalifica a vita da tutti gli esorcismi.
    altro che Satana cacciato dai battesimi.
    «ma… lo sapete che sono stiles, vero? Perché questa è una cosa da jay» ok, colpiva un po troppo vicino a casa — ed era pure la verità, oltraggioso «[lollo's voice] A 'NFAMEH!» con entrambe le mani chiuse a coppa intorno alla bocca, jay palesò la sua presenza rendendosi riconoscibile (?) nonostante il cappuccio calato sulla testa; nikita non aveva fornito ai presenti una scaletta precisa per il rituale, consigliando di andare a sentimento, e il telecineta shentiva che quello fosse il suo momento per (✨brillare✨) intervenire. come il tizio che si fingeva Anastasia così da ottenere l'eredità della vecchia (o obiwan in La Vendetta dei Sith), jayson buttó all'indietro il cappuccio lasciandolo ricadere sulle spalle con fare drammatico, e tutte le candele tremolarono all'unisono.
    mano divina o spostamento d'aria, difficile dirlo.
    «bro.» e poteva concludersi li, il discorso dello special. ma l'occasione richiedeva uno sforzo maggiore, e il sospiro che gli sfuggì dalle labbra mentre si avvicinava al fremello racchiudeva tutta la delicatezza e l'importanza del caso «ti ricordi quando ci siamo incontrati?» un argomento delicato per il Matthews: la memoria, non il primo incontro con stiles «io non sapevo nemmeno chi ero, e te scappavi da un gruppo di wurstel incazzati» i won't elaborate. portò le mani dietro la schiena, osservando lo Stilinski con un mezzo sorriso che raramente faceva capolino sulle labbra; con i segni scuri disegnati da tupperware era anche un po inquietante «credo che in quel momento le nostre maledizioni si siano incontrate e annullate. sai, come quella cosa delle forze uguali e contrarie» si strinse nelle spalle, il telecineta.
    mica era un fisico.
    «chissà che fine avrei fatto, se non ci fossimo scontrati» il tono di voce appena più basso, in confidenza. erano passati quasi otto anni, ma jay sapeva benissimo che fine avrebbe fatto; lo sapeva dal principio, e avrebbe continuato a saperlo sempre «il minimo che posso fare è dar retta a questi ragazzini sociopatici e ricambiare il favore» solo a questo punto ruotó il busto, inarcando entrambe le sopracciglia rivolgendosi a fitz e i presenti «e no, non mi farò sgozzare in sacrificio. Lydia non vuole» e con quello aveva detto tutto. gli restava solo una cosa da fare.
    con lentezza calcolata di un qualunque rituale che si rispetti, jayson si leccó il palmo della mancina, «esci da questo corpo», e schiaffó quella stessa mano sulla fronte del buon stiles — aveva visto gemes fare la stessa cosa, ma con decisamente più vino in corpo.

    CITAZIONE_CITAZIONE
    MAX CINQUE RIGHE
    PERCHÈ TANTO SE VA OLTRE
    IL CODICE VE LA TAGLIA
    SMACKSMACK
    26
    telekinesis
    the chosen one
    jayson matthews
    MINUTIASCOLTATI
    MINUTITOTALI
    TITOLOCANZONE, ARTISTA
  12. .
    CODICE
    <i class="fas fa-long-arrow-alt-right" style="font-size:px;color:#9B742B"></i> <b>eugene jackson</b>
  13. .
    sheet
    others
    spoty
    aes
    jay


    matthews


    era una fortuna che il contegno tra i due riuscisse a mantenerlo almeno Lydia: jay non più molto sicuro di esserne in grado, non con le sue labbra a premergli sul palmo della mano ed un sorriso a nascere dal nulla contro la pelle «sei ancora uno stronzo» come darle torto. per quante cazzate avesse fatto come Jayson Matthews, qualcosa dentro gli suggeriva che Frederick ne avesse fatte altrettante; un pensiero che gli bloccava il respiro nella gabbia della trachea, a volte togliendogli il sonno finché non rimaneva altro che rigirarsi inquieto tra le lenzuola e fissare ombre troppo scure su un soffitto troppo bianco «sto cercando di migliorare.. niente rapimenti in due anni e non ho nemmeno il microchip»
    se l'era appena mandata?
    se l'era appena mandata.
    accettò a malincuore lo spazio innaturale tra di loro, quando Lydia fece un passo indietro, andando istintivamente a cercare i bambini con lo sguardo; esisteva davvero un modo per ricordare la prima volta che li aveva sentiti muoversi e tirare calci? un modo per ricordare la sensazione di stupore e meraviglia per qualcosa che aveva contribuito a creare, proprio lui che nella vita non aveva fatto altro se non distruggere? «non credo di volere» disse, dopo qualche istante di silenzio, nella voce una nota stonata che la fece incrinare appena. non ebbe bisogno di sforzarsi, il telecineta, per riportare le iridi caramello su di lei — se c'era una cosa di cui Jay non aveva paura, non più, era che Lydia gli guardasse dentro e vedesse la vergogna, i sensi di colpa. quelli se li sarebbe portati dietro per sempre, come un peso sulle spalle che grazie alla presenza della rossa diventava ogni giorno un po più sopportabile.
    più umano.
    «penso-» scosse improvvisamente la testa, interrompendosi. penso? davvero si trattava solo di un'ipotesi? «no, sono sicuro che voi siate l'unica cosa bella nella vita di Frederick Hamilton» aveva le sue fonti, il venticinquenne: prima di tutto, l'istinto. essere portati per natura a vedere sempre tutto nero e aspettarsi il peggio aveva di buono che raramente si rimaneva delusi per qualcosa, e jayson aveva imparato a non farsi illusioni nell'istante stesso in cui aveva aperto gli occhi in un letto di ospedale e l'uomo che gli stava puntando negli occhi una piccola luce non era stato in grado di dirgli quale fosse il suo nome; non ne aveva uno, all'epoca.
    in secondo luogo, c'erano le testimonianze.
    poca roba, a voler ben guardare
    — una lettera scritta dalla sorella scomparsa (ciao charmion per me sei esistita mi serve da bg tvb) e le cazzate che gli aveva raccontato gemes quando finalmente aveva deciso di vuotare il sacco, solo per farsi odiare un po di più «te l'ho mai detto che quella merda di mio fratello è scappato di casa quando avevo quattro anni e non è mai più tornato a prendermi?» lo disse piano, con un'ombra di sorriso a marcare le labbra sottili, incapace di nascondere del tutto l'affetto istintivo che provava nei confronti dell'hamilton, nonostante tutto «mi ha lasciato solo a vivere con un padre e una madre che non mi volevano. è questo quello che so, ed è questo quello che ricorderei» le parole di charmion si fermavano lì, alla scomparsa di Frederick un giorno di giugno, a soli dodici anni dopo averne passati sei a prendere botte e mostrare i denti con una caparbietà che jay a posteriori proprio non riusciva a spiegarsi: lo aveva fatto per gemes? ma che, davero???? i successivi cinque trascorsi in orfanotrofio gli erano ancora sconosciuti, e andava decisamente bene così.
    non riusciva a ricordare di averglielo mai raccontato, a Lydia, perché il suo modo di essere e vivere era quello da sempre: compartimenti stagni — forse era semplicemente arrivato il momento giusto «vi ho ritrovati, tutti quanti.. le parti più importanti della mia vita» si lasciò sfuggire un sospiro, intrecciando nuovamente le dita a quelle di Lydia, e fanculo a cosa potessero pensare gli altri genitori «ok, persino gemes. ma non dirgli che te l'ho detto» sarebbe stata davvero una tragedia «sono con te, per qualunque cosa. aiutarti, amarti, starti vicino, crescere quei due teppisti» indicò tupp e cash con un cenno del capo, avvertendo per l'ennesima volta il cuore esibirsi in una piccola capriola: oplà «non ho bisogno d'altro» e no, non stava mentendo: aveva il ricordo del loro primo incontro (in sala torture, bellissimo), del primo bacio, della prima cazzata (capodanno, everyone?), della prima volta in cui era stato sicuro di essere innamorato; cazzo, conservava persino ricordi decenti di suoi fratello, cosa che il buon vecchio Freddie non avrebbe potuto sostenere con altrettanta sicurezza «spero solo che una volta recuperati i tuoi ricordi tu non scopra di preferire i biondi con gli occhi azzurri» si passò la mano libera tra i capelli scuri facendo swiiissshh, giusto un attimo prima di venire investito ad altezza reni da una Tupperware scarmigliata e paonazza.
    un'espressione che portava tempesta.
    «quell'insopportabile di Billy Corman non vuole lasciare in pace Cash» lo guardava proprio dritto dritto negli occhi, ora, sebbene dal basso verso l'alto; non era proprio di sfida, non esattamente, ma quasi — un test, forse, perché era ciò che facevano tutti i bambini, soprattutto quelli che tenevano la parola papà sulla punta della lingua senza ancora trovare il giusto equilibrio per usarla «puoi fare qualcosa?» tipo il tuo dovere di padre. jay spostò lo sguardo dalla figlia a Lydia, che se non fosse per il colore dei capelli sarebbero state due gocce d'acqua (e ancora non aveva visto Harper.), inarcando un sopracciglio nel tentativo di non ridere «posso?» poco poco, senza esagerare: magari poteva fargli calare i pantaloni davanti a tutti e renderlo lo zimbello del compleanno, ma è solo un'ipotesi (le altre due le lasciamo per tempi peggiori)


    Do you ever feel out of place?
    Like somehow you just don't belong
    welcome to my life
    simple plan
    still not getting any...
  14. .
    sheet
    others
    spoty
    aes
    jay


    matthews


    essere quello ottimista faceva senso anche a lui, e non poco.
    da quando si era risvegliato in quel letto di ospedale, la mente intonsa quanto le lenzuola sulle quali giaceva inerme, jayson non aveva fatto altro che lagnarsi: malediceva la vita e le sue ingiustizie, chiuso a riccio dietro ad una corazza invisibile che lo isolasse dal mondo per continuare indisturbato la sua lamentela cantilenante. a spingerlo, ogni ora di ogni giorno, quel carburante perfetto che era la paura, un concentrato di terrore e sensi di colpa dei quali il Matthews non conosceva le origini.
    ma le aveva scoperte, alla fine.
    e aveva imparato, a spese di chi lo amava, che piangere su un latte che non ricordava di aver versato non era solo inutile, ma dannoso; rischiava di perdere se stesso, quello nuovo, e tutto ciò che negli ultimi anni era riuscito a guadagnarsi strappando con le unghie e con i denti un brandello di vita alla volta. non voleva più essere quello da consolare, jay. non poteva più dare a lydia l'ingrato compito di vedere tutto rosa per bilanciare la sua visione tetra del futuro, le doveva qualcosa di più — esserci.
    per questo si limitò a sorriderle, stringendo leggermente le spalle e poi la sua mano, braccia a sfiorarsi anche se non ce ne sarebbe stato bisogno. avrebbe potuto accontentarsi della sua presenza, e forse un tempo l'aveva fatto.
    quando già non era più Frederick Hamilton, quando la vita di Jayson Matthews sembrava tutto fuorché quella giusta.
    un errore che il telecineta non era intenzionato a commettere di nuovo.
    «narah mi ha insegnato a meditare» replicò, dopo qualche istante, come se quella spiegazione potesse bastare; dopotutto, a lydia non doveva spiegare il contesto: lei li aveva visti i Lost Kids stargli appresso come piccole zecche su un cane randagio — la meditazione era solo un'arma di difesa come le altre «in certe situazioni è molto utile» un po come contare fino a dieci quando senti la voglia impellente di scaraventare qualche genitore tipo contro un muro di mattoni. si perse via per qualche istante (in senso figurato, non va da nessuna parte.), iridi caramello di nuovo rivolte alla zazzera bionda di cash che svolazzava al vento: la verità era che per quanto il cuore sembrasse scoppiargli nel petto all'idea che fossero suoi, allo stesso modo quel cuore si stringeva in una morsa ogni volta che nei loro volti non riconosceva il proprio.
    c'era Freddie, nella chioma bionda di cash, negli occhi grigio azzurri del ragazzino; c'era Freddie nelle fossette di tupp quando sorrideva, nel modo furbo in cui sollevava le sopracciglia per sfidare qualcuno a contraddirla.
    c'era freddie, ma niente jay.
    ganga — eppure faceva male comunque.
    stava ancora pensando a quello, quanto poco gli somigliassero, e se era davvero così importante, quando la voce di lydia e le cinque parole da lei pronunciate a bassa voce lo costrinsero a distogliere lo sguardo; a distogliere la mente. probabile che l'avesse sentita anche la prima volta, quando il bisbiglio gli aveva solleticato l'orecchio, ma ripetendosi lo stava mettendo di fronte ad un fatto che jay non avrebbe potuto limitarsi ad ignorare. e solo Morgan sa quanto avrebbe voluto farlo. perché i propri ricordi, quelli ormai perduti contro i quali si era scontrato per anni, jayson non era affatto sicuro di rivolerli indietro; portavano con loro buio, dolore, gelo e sofferenza, un carico di abbandono e odio a gravare sulle spalle di quel Frederick ancora bambino. lo sapeva, il telecineta, cosa c'era in agguato ad attenderlo dall'altra parte della barricata, una volta trovato il modo di passarvi attraverso.
    il volto di gemes attraverso una serratura,
    torno a prenderti, te lo prometto,
    i graffi e i tagli e le botte,
    il disprezzo negli occhi di sua madre
    sangue a scivolare dalle labbra spaccate tese in un ghigno
    le pareti umide di un orfanotrofio
    la strada
    un cappuccio sulla testa
    il buio
    la paura
    la rabbia
    torno tra cinque minuti.
    ovviamente, c'erano anche loro, li dentro a quella pila di cose orribili accadute nella sua vita precedente, a spiccare come un faro la cui luce da sola era bastata all'hamilton per trovare la strada di casa — Annie che lo schifa dal primo minuto
    un groppo in gola
    il sapore metallico del sangue sulle labbra
    era piu facile quando ti odiavo
    il calore della sua pelle in mezzo a tutto quel gelo
    la voce ridotta ad un sussurro
    due piccoli cuori a battergli nelle orecchie.
    c'era tutto quello, nei ricordi del purosangue, e forse jay sarebbe stato in grado di affondare a piene mani nella luce per affrontare le ombre, ma non ne aveva la certezza. non lo sapeva, se era in grado di farcela oppure no «davvero?» chiese, inghiottendo aria e nient'altro, la gola improvvisamente ridotta ad uno spillo «io-» non lo so se voglio ricordare di non aver lottato abbastanza; e poi, come l'ormai famosa mazzata sui denti (ciao kaz ❤), non so se voglio che lo ricordi tu «mi spaventa a morte» disse, invece, lasciandosi sfuggire una mezza risata improvvisamente stanca e tesa, soffocata dal profumo dei capelli di Lydia quando vi affondò il viso. finiva sempre li, respirando a pieni polmoni, quando l'ossigeno nell'aria non gli bastava più.
    il che, a dire il vero, capitava spesso.
    «ma sono con te» aveva temuto di non poter continuare, che le parole gli sarebbero rimaste incastrate in gola e lydia avrebbe fatto un passo indietro; invece l'aveva tenuta stretta, indifferente agli sguardi degli altri genitori, quegli stessi che mai avrebbero potuto capire il punto cruciale della vita cui erano arrivati — scavare e disseppellire «qualunque cosa serva» tipo accettare le conseguenze, solo per fare un esempio.
    scostó il volto dai capelli della ragazza, sistemandole una ciocca ramata dietro l'orecchio per prendere tempo; jay non era tipo da mostrarsi vulnerabile e indifeso, quei muri che si era costruito negli anni avevano ancora solide fondamenta, ma con lei era diverso. aveva solo bisogno di trovare le parole per esprimere ciò che provava, ed era certo lydia avrebbe capito «mi amerai comunque anche se dovessi scoprire che sono stato uno stronzo, vero?» le priorità, raga — dopo tutto, gli aveva già perdonato un sacco di cazzate, cosa vuoi che sia una in più.


    Do you ever feel out of place?
    Like somehow you just don't belong
    welcome to my life
    simple plan
    still not getting any...
  15. .
    sheet
    others
    spoty
    aes
    jay


    matthews


    «troppo tempo, evidentemente»
    poteva forse darle torto? no.
    altrimenti non sarebbero stati jayson matthews e lydia hadaway, sotto quel punto di vista certamente una coppia perfetta — complementare «severa, ma giusta» sentì sciogliersi almeno in parte la tensione accumulata nelle spalle, quando la piccola mano di Lydia strinse con più forte la sua. si incastravano perfettamente, i palmi e le dita e la pelle al di sotto, e non per la prima volta il telecineta si ritrovò a chiedere a se stesso se fosse stato così fin dall'inizio; se le loro mani si fossero incontrate con naturalezza, come non avessero fatto altro tutta la vita, e ora non stessero facendo altro che andare avanti a trovarsi in modo istintivo, con urgenza. aveva dimenticato le loro prime volte— il primo sguardo, il primo schiaffo, il primo bacio, la prima lacrima, il primo respiro incastrato in gola — ma allo stesso tempo gli sembrava quasi di sapere.
    forse, semplicemente, se lo shentiva.
    come l'aveva sentito quel giorno nella stanza delle torture, quando gli occhi verde bosco di lei avevano cancellato il dolore e spalancato una porta nel cuore del ragazzo che per lungo tempo non aveva saputo dove avrebbe potuto portarlo.
    ma adesso lo sapeva.
    quella porta conduceva lì, a loro, e nel sentire la voce di Lydia farsi sottile mentre gli si stringeva contro, il telecineta provò una fitta di rabbia che partiva dallo stomaco e si diramava, decisamente troppo rapida «non ha funzionato» piegò la testa verso di lei e rimase immobile ad ascoltarla sussurrare, anche se non ce ne sarebbe stato bisogno — nessuno li stava più cagando di striscio; dovette inghiottire tutta l'aria che aveva inspirato, concentrandosi sulla ragazza per evitare di lanciare qualche genitore spocchioso contro un muro. non sarebbe stato carino, non davanti ai bambini (i suoi bambini, mio dio). «forse non è necessario che funzioni..» tentò, ammorbidendo il tono della propria voce, iridi caramello concentrate unicamente su di lei «non se significa diventare così» e le indicò il gruppo di genitori ciatelle con un cenno della testa.
    aveva lottato a lungo per capire chi fosse, jayson matthews, e sebbene ancora alcuni punti di se stesso gli rimanessero oscuri, di una cosa era comunque certo: non voleva essere come loro. buttare via tutta la merda sotto la quale si era ritrovato ancora e ancora, far finta di aver vissuto una vita normale e insignificante, di non aver toccato il fondo e trovato la forza per risalire. gli era costato troppa fatica, troppo dolore per rinunciarvi «stiamo facendo del nostro meglio, sai? questa gente non potrà mai capire, ma loro sì» e questa volta lo sguardo del venticinquenne si spostò a cercare la testa bionda e scarmigliata di Cash, un continuo volteggiare avanti e indietro mentre Tupp lo faceva piroettare su se stesso come una trottola (o una bellissima ballerina) «non è strano?» chiese, stringendo a sua volta le dita attorno alla mano più piccola e fresca di Lydia, la schiena a premere contro il muro «a volte mi sembra di averli sempre avuti con me»
    non glie l'aveva mai confessato, prima.
    non l'aveva detto a nessuno, nemmeno a se stesso. faceva troppa paura, ammettere di amare due persone così piccole che aveva a malapena cominciato a conoscere, svegliarsi nel cuore della notte solo per guardarli dormire e respirare piano, chiedendosi come fosse possibile sentire parte di sé qualcuno che non lo era mai stato «stiamo andando benissimo, Lydia. stai andando benissimo» e non era solo un modo di dire, Jay ci credeva davvero. gli altri genitori, con i loro anni a disposizione per poter imparare, una memoria che non era stata incasinata e tutta una serie di torture fisiche e mentali decisamente poco piacevoli, potevano solo accompagnare.
    per non darle modo di replica si chinò leggermente posandole le labbra sulla fronte e poi, fanculo a chi si era voltato a guardarli, sulle sue; aveva perso troppe occasioni — anni, perdio — per non volerla baciare al primo momento utile, qualunque esso fosse «comunque se vuoi appioppare a qualcun altro queste riunioni terrificanti con gli altri genitori mentre io e te ci dileguiamo per qualche ora, io sono d'accordo» lungi da jayson insistere per frequentare quelle vipere, sia chiaro «murphy sarebbe capace di zittirli tutti» gli adulti, ma probabilmente anche bambini. poi, con un mezzo sorriso dipinto sulle labbra mentre sollevava la mano destra salutando un padre rompicoglioni che lo stava ancora fissando da lontano (e che fatica non chiudere tutte le dita lasciando fuori solo il medio), aggiunse un già piu divertito «o magari Al. così è la volta buona che sbrocca»
    it's about damn time.

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    still not getting any...
359 replies since 7/4/2011
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