Votes given by western nights

  1. .
    si dice che sulle teste dei seguaci di arda vegli la dea da cui prendono il nome. queste abili sentinelle mirano ad indebolire il nemico e darlo in pasto ai loro alleati.
    Alla tavola rotonda del Consiglio, Yale Hilton aveva portato una bottiglia di whiskey ed un sorriso lezioso. Sapeva di trovarsi lì solo per le proprie origini e la quota pubblico che lo amava con il fervore di una religione. Aveva firmato il contratto conscio di essere, ancora e sempre, nulla più di uno strumento ad uso e consumo degli altri. Quando passavi tutta la vita ad essere solo un qualcosa, però, sviluppavi la tendenza a farti posto come un recipiente di plastica al microonde: si gonfiava finché non minacciava di rompersi, e nessuno a quel piano voleva avere a che fare con le conseguenze di un giocattolo rotto.
    In quelle settimane, era rimasto in silenzio più del solito. Aveva ponderato le possibilità, ascoltato quanto i colleghi avessero da dire in merito al criptico messaggio, e realizzato con netta e concreta consapevolezza che a nessuno dei Ministeriali sbattesse un cazzo di qualcosa della quota umana del Lotus. Se non ci fosse stata in atto una minaccia più grande, non avrebbero neanche preso in considerazione l’idea di fare qualcosa, perché cos’erano una cinquantina di persone quando avevano ai loro piedi l’intera umanità. Un ragionamento che comprendeva, e che trovava avesse senso… per loro. Nell’ottica in cui si richiedeva ad altri di unirsi, mancava però della scintilla di motivazione. I soldi spingevano i piani superiori ad entrare in azione, ma erano i sentimenti quelli a trascinare il popolo verso un unico obiettivo. Gli ideali. Non era stato lui a suggerire di sfruttare gli Smarriti come propaganda politica, ma ne era stato un fiero sostenitore. Aveva curvato le labbra verso l’alto, la guancia poggiata sul palmo della mano, e suggerito dolcemente che avrebbero potuto fare qualcosa di assolutamente utopico tipo pensare davvero a come liberare quelli che erano in tutto e per tutto diventati ostaggi. E perché mai dovremmo, gli avevano domandato, con il resto a cui pensare? Yale aveva liquidato la questione con un movimento distratto della mano ed uno sbuffo. Non lo so, Jared, magari perché a chi partecipa importa davvero, e vogliamo evitare una rivolta nel momento meno propizio. Magari perché se vogliamo che seguino le regole, dobbiamo concedere qualcosa, così da evitare di essere presi alla sprovvista e non sapere più come tirare le fila di un esercito di volontari privi di mentalità da soldati. Non so però, eh, valutate voi, era solo un’idea. Sia mai! Che era l’equivalente di un gentile succhiami l’uccello, perché di Yale si potevano dire tante cose tranne che non fosse un uomo delicato. Non si sopravviveva alla corte senza sapere il proprio posto; si vestiva da cortigiano a giullare a seconda delle necessità.
    Si era offerto di partecipare per visionare l’intero piano dall’interno. Mostrarsi parte degli altri, così da farli sentire più vicini ad un’entità antica e inamovibile come il Ministero. Era eccezionale nel far da ponte fra i due estremi della civiltà umana, perché dopotutto, era quello che aveva sempre fatto. Ufficialmente, Yale Hilton IV era un Consigliere irreprensibile, una risorsa fondamentale, e la colla che avrebbe tenuto insieme quella buffonata quando tutto sarebbe immancabilmente andato a puttane, considerando che non sapessero a cosa prepararsi. Non per mancanza di tentativi.
    La realtà era che non gliene potesse fottere un cazzo di meno di essere l’uomo copertina dell’ennesima guerra in nome della giustizia, o chi per essa. Se, per la prima volta nella sua vita, sceglieva di rischiare la sua vita per un reale motivo, e non le sue usuali tendenze suicida, era solo per Nahla. Glielo doveva. Aveva già perso tutto, e Yale… Yale si era preso una responsabilità, quando l’aveva accolta a casa sua. Non voleva averle dato il proprio nome solo come condanna, voleva significasse qualcosa. Era sopravvissuto a se stesso per quasi trent’anni, cosa mai poteva essere una scaramuccia magica fra chi comandava il mondo e chi cercava di cambiarlo.
    «che adorabile posticino» mormorò, pensando avesse fatto bene, un anno prima, a non seguire le orme dei suoi compagni di avventura per andare a bere qualcosa in amicizia in quella topaia. Si fingeva minima, ed in stile loft. L’unica cosa degna di nota del locale, era che fosse sopravvissuto alla guerra.
    Molte cose di Londra l’avevano fatto, stronza privilegiata ch’era, quindi neanche una gran menzione storica.
    Il perché fosse lì, era molto semplice: a caso. Totalmente, ed inequivocabilmente, senza motivo. Non un pensiero né un secondo fine. L’aveva solo intravisto con la coda dell’occhio nell’usuale passeggiata serale in cui cercava pub dove perdere i sensi o l’innocenza (vi state chiedendo quale? Fate bene, non ne aveva) e l’aveva trovato divertente. Non aveva avuto bisogno di altro per entrare, occupare uno dei tavoli, e sorridere al cameriere nel chiedere una bottiglia della cosa più economica che avevano, ed una di quelle più lussuose. Il meglio dei due mondi, come Hannah Montana. Tamburellò le dita sul tavolo, allungando poi le braccia sullo schienale alle proprie spalle. La mano arrivò a sfiorare la spalla di qualcuno, e dato che solo le persone depresse e tristi bevevano da sole, picchiettò l’indice sulla schiena della sconosciuto con l’invito ad unirsi al suo tavolo, e se voleva portare con sé chiunque stesse aspettando.
    Perlomeno, quella era l’idea.
    Quando lo vide, i meccanismi alquanto rallentati dal conoscere milioni di persone dell’Hilton, scattarono sull’attenti.
    Uno sconosciuto adorabile, pensò subito con un sorriso.
    Poi.
    Aspetta. Oblinder 2k23?
    Ed un sussulto che non nascose, la mano a coprire la bocca con sorpresa. «la mia anima gemella?!» GASP!
    yale
    hilton

    i may be sad but did you see my outfit
    sentinella seguace di arda
    [ dimezza attacco O difesa del nemico ]
    MAGO
    LEADER
    28 y.o. — once rebel — daddy (yale's version)Babe you can't hate mе more than me
    I got you hanging by my teeth
    Don't call me a mеss
    Cause I'm a mess & a half
    And you don't know half of it
    MESS & A HALF
    KINGS
    moonmaiden, guide us
  2. .
    più razionali e metodici dei berserker, i cacciatori studiano attentamente
    le loro prede prima di passare all’attacco, considerando ogni punto debole
    In bilancio, c'era più da guadagnarne che da perderne. A dirla tutta, se fosse stato per i soldi avrebbe probabilmente evitato di arrivare al punto di prendere un incarico come quello - immischiarsi in quel casino epocale non valeva tutti i soldi del mondo - ma per riscuotere un favore in famiglia, si sarebbe impegnata a tornare viva con le unghie e con i denti.
    E poi c'erano anche le richieste del committente, naturalmente.
    Quanto poteva essere difficile ripescare due persone scomparse da così poco tempo?
    Molto, in realtà, visto quanto era stupidamente complicata tutta quella faccenda.

    Sbuffò, passandosi una mano fra i capelli mentre sbatteva pigramente i fascicoli sul tavolino da caffè. Era seduta a terra, perché il divano aveva iniziato a starle stretto mezz'ora prima e preferiva di gran lunga stiracchiare le gambe sulle piastrelle.
    C'era da guadagnarne, sì, ma ne valeva la pena?
    Forse era solo lei che non sapeva quando smettere di dire di sì. Come se quella vita non fosse già pericolosa di per sé - la vita che si era scelta, cercava di rammentarselo il più spesso possibile. Avrebbe potuto fare la bella vita campando di rendita ma alla fine aveva deciso che voleva guadagnarsi l'esistenza, che il mestiere di famiglia le piaceva e via discorrendo, tutte cose che si possono bene immaginare.
    Non che avesse rimpianti. Diciamo solo che aveva avuto committenze migliori in termini di sicurezza dell'esito, da quando aveva iniziato, il che era tutto dire. La ciliegina sulla torta, per capirci, era arrivata quando il cliente l'aveva contattata saldandole un'extra per provare, se le circostanze l'avessero permesso, a guardare le spalle a un suo familiare che si sarebbe arruolato in quella missione per conto dello stupido Ministero inglese.
    Insomma, un casino? Un casino.

    E poi Cal le aveva chiesto quel favore.
    E ancora una volta non aveva saputo dirle di no, forse perché per tutte le dritte che le aveva dato e i favori che le aveva fatto senza mai chiedere un contraccambio, sentiva di doverglielo.
    Doveva incontrare una persona, le aveva detto. L'ennesima che aveva perso un familiare per colpa di quei rapimenti, l'ennesima che si sarebbe messa in mezzo in prima linea pur di fare tutto il possibile per riavere un proprio caro. Sapeva che avrebbe dovuto provare un minimo di distacco verso quelle situazioni, che sarebbe stato molto più sano, ma per una volta non ce la faceva davvero - era un'idea stupida a dir poco, ma avrebbe fatto la stessa identica cosa se si fosse trovata in una posizione del genere, avrebbe potuto scommetterci una mano.

    Ekaterina era stata invitata direttamente dalla Desjardins a raggiungerla nella sua stanza d'hotel, quel pomeriggio. Un albergo come tanti se ne trovavano a Londra, dal medio decoro, anonimo. Inutile dire che entrambe erano abituate a tanto di meglio, ma per quella volta Serah si stava accontentando, in attesa di tempi migliori.
    Qualora fosse arrivata attorno all'elastico orario stabilito, le sarebbe bastato chiedere alla reception, ove era già noto che Sherry Glasgow attendeva un'ospite con un preciso nominativo. Naturalmente Serah non andava in giro a lasciare il suo nominativo, o qualunque altra traccia documentale o meno del suo passaggio che rimandasse alla sua identità autentica, come se nulla fosse. Nemmeno Ekaterina, per forza di cose, sapeva chi di preciso stesse per incontrare. Le avrebbero indicato il piano e il numero della stanza, poi le sarebbe stato sufficiente bussare.
    Inutile specificare che la mademoiselle non teneva d'occhio l'orologio da almeno un'ora e mezza e, assorta com'era a ripassare sulle sue scartoffie solite, si sarebbe beccata un infarto alla prematura età di ventotto anni.
    séraphine
    desjardins

    why be a wallflower when
    you can be a venus fly trap?
    GUERRIERO CACCIATORE
    [ rimuove 5-10 pd da difesa avversaria ]
    SPECIAL
    MAGO
    rich girl — hitman — mercenaryi got the beauty, got the brains
    got the power, hold the reins
    i should be motherfucking crazy
    nothing in this world could change me
    venus fly trap
    marina
    moonmaiden, guide us


    Edited by .izével - 6/4/2024, 01:46
  3. .
    Olga Ivanovska
    MATRICOLA
    Rogue lame mortali

    Coltello
    accetto le conseguenze delle mie azioni
    qui finisce il mio agire e inizia il mio silenzio
    sono nel pieno delle mie facoltà mentali (nzomma, sono vicina al TSO)
    prendo i pe per: gruppo II (credo)


    Edited by O' Tir a Cir - 5/4/2024, 22:21
  4. .
    AMARANTH NOTT
    Apprendista
    Guerriero Cacciatore

    Ama: pirocinesi/ Pistola
    accetto le conseguenze delle mie azioni
    qui finisce il mio agire e inizia il mio silenzio
    sono nel pieno delle mie facoltà mentali
    prendo i pe per: gruppo I
  5. .
    mortgin
    mago
    guerriero cacciatore

    gin: falce & ombrocinesi
    mort: pistola
    accetto le conseguenze delle mie azioni
    qui finisce il mio agire e inizia il mio silenzio
    sono nel pieno delle mie facoltà mentali
    prendo i pe per: gruppo I


    Edited by cigârette - 5/4/2024, 22:00
  6. .
    PRELEVI?
    (non troverai assolutamente nulla in questo pf.
    basta un pollice alzato in questo post!)

    cambiare i colori di sfondo, testo e icon
    cambiare i font e le dimensioni del carattere
    cambiare i campi e le dimensioni del container*

    rimuovere (anche solo in parte) i crediti
    rihostare il codice altrove senza autorizzazione
    utilizzare il codice come base

    per qualsiasi problema, contattami!
    * sconsigliato se non si ha una conoscenza base di html.
    prima di fare cambiamenti drastici, avvisami.


    grazie a lia per questo modulino


    eyes closed
    I'm back from the dead
    from the back of my head
    Been gone and facin' horrors
    that should never be said
    jeremy albert milkobitch
    id
    31.09.1999, london (uk)
    birth
    special wizard, geokinesis
    race
    hogwarts, hufflepuff
    edu
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    All the places I've been, all the blood that I've bled
    I've been broken down and beat up but I still get ahead


    HTML
    <table bgcolor="#050505" cellpadding="5" style="width: 450px; padding:30px ; font-size: 12px; line-height: 13px; font-family: 'calibri'; color: #555"><tr><td><i class="fas fa-ICON" style="font-size:30px; color:#COLORE1; padding:10px"></i></td><td><i class="fas fa-ICON" style="font-size:30px; color:#COLORE2; padding:10px"></i></td><td><i class="fas fa-ICON" style="font-size:30px; color:#COLORE3; padding:10px"></i></td><td><div style="background-color:#050505;text-align:center;color:#ddd;font-size:20px;line-height:2px;text-transform:uppercase; font-family:kanit, sans serif; letter-spacing:1px; text-shadow:0 0 0 #050505"><div style="background-color:#COLORE4">TITOLO_CANZONE</div></div></td><td><i class="fas fa-ICON" style="font-size:30px; color:#COLORE5; padding:10px"></i></td></tr>
    <tr><td><div style="background-image: linear-gradient(#COLORE1, #050505); width: 30px; height:110px; padding: 10px"></div></td><td><div style="background-image: linear-gradient(#COLORE2, #050505); width: 30px; height:110px; padding: 10px"></div></td><td><div style="background-image: linear-gradient(#COLORE3, #050505); width: 30px; height:110px; padding: 10px"></div></td><td><div style="width:220px; height:130px; background: url(LINK_GIF) no-repeat center"></div></td><td><div style="background-image: linear-gradient(#COLORE5, #050505); width: 30px; height:110px; padding: 10px"></div></td></tr>

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    <td colspan="5"><div style="padding:15px"></div></td>
    </tr>

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    <td align="center" colspan="3" rowspan="2"><div style="font-family: calibri; text-transform:lowercase; font-size: 9px; line-height:10px; font-style:italic; font-weight:bold; letter-spacing:1px; color: #444">QUOTEQUOTEQUOTE
    MASSIMO 4 RIGHE</div></td>
    <td align="right"><div style="text-transform:uppercase; padding: 5px; font-weight:bold; font-size:9px; line-height:10px; color:#aaa">NOME COGNOME</div></td>
    <td align="center"><div style="text-transform:uppercase; padding: 5px; background-color: #dadada; font-weight:bold; font-size:9px; line-height:10px; color:#050505">id</div></td>
    </tr>

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    <td align="right"><div style="text-transform:uppercase; padding: 5px; font-weight:bold; font-size:9px; line-height:10px; color:#aaa">XX.XX.XXXX, CITTA (PAESE)</div></td>
    <td align="center"><div style="text-transform:uppercase; padding: 5px; background-color: #dadada; font-weight:bold; font-size:9px; line-height:10px; color:#050505">birth</div></td>
    </tr>

    <tr bgcolor="#050505">
    <td align="center" colspan="3" rowspan="2"><i class="fas fa-ICON" style="font-size:30px; color:#COLORE4; padding:10px; transform: rotate(45deg)"></i></td>
    <td align="right"><div style="text-transform:uppercase; padding: 5px; font-weight:bold; font-size:9px; line-height:10px; color:#aaa">RAZZA</div></td>
    <td align="center"><div style="text-transform:uppercase; padding: 5px; background-color: #dadada; font-weight:bold; font-size:9px; line-height:10px; color:#050505">race</div></td>
    </tr>

    <tr bgcolor="#050505">
    <td align="right"><div style="text-transform:uppercase; padding: 5px; font-weight:bold; font-size:9px; line-height:10px; color:#aaa">SCUOLA, CASATA</div></td>
    <td align="center"><div style="text-transform:uppercase; padding: 5px; background-color: #dadada; font-weight:bold; font-size:9px; line-height:10px; color:#050505">edu</div></td>
    </tr>

    <tr bgcolor="#050505">
    <td colspan="5"><div style="padding:15px"></div></td>
    </tr>

    <tr bgcolor="#050505">
    <td colspan="3"><div style="height:100px; width:170px; background-color:#050505; padding:5px; overflow:auto; font-family:lato; font-size:10px; line-height:13px; text-align:justify; color:#bbb; border-bottom: 3px solid #COLORE5">SCRIVI QUI L'ASPETTO FISICO</div></td>
    <td colspan="2" rowspan="2"><div style="height:225px; background-color:#050505; padding:5px; overflow:auto; font-family:lato; font-size:10px; line-height:13px; text-align:justify; color:#bbb; border-right: 3px solid #COLORE1">SCRIVI QUI LA BIOGRAFIA</div></td>
    </tr>

    <tr bgcolor="#050505">
    <td colspan="3"><div style="height:100px; background-color:#050505; padding:5px; overflow:auto; font-family:lato; font-size:10px; line-height:13px; text-align:justify; color:#bbb; border-bottom: 3px solid #COLORE4">SCRIVI QUI IL CARATTERE</div></td></tr>

    <tr><td>[URL=https://crossfire-pf.blogfree.net/?act=Profile&MID=1051487]<i class="fas fa-copyright" style="font-size:30px; color:#444; padding:10px"></i>[/URL]</td>
    <td>[URL=CREDITI_GIF]<i class="fas fa-trademark" style="font-size:30px; color:#444; padding:10px"></i>[/URL]</td>
    <td colspan="3" align="right"><div style="font-family: calibri; text-transform:lowercase; font-size: 9px; line-height:10px; font-style:italic; font-weight:bold; letter-spacing:1px; color: #444">QUOTEQUOTEQUOTE
    QUOTEQUOTEQUOTE</div></td></tr>

    </table>
  7. .
    so, who tops?
    @censored_xxx
    @mortrainey_official e se lo dice mort rainey ci fidiamo… un altro mantenuto del ministero che non tutela nemmeno i civili onesti che pagano le tasse; ma toglimi una curiosità: l’ossofast fa ricrescere i denti? o fei ancora in attefa di un appuntamenffo dal denfffista?
    hh.mm - gg/mm/aaaa - powered by twizard
  8. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    medium
    mar 20th 1977
    mother
    wilhelmina asphodèle campbell
    Ricordava a malapena di averlo in mano, il bicchiere.
    Il tredici febbraio sarebbe dovuto essere un giorno come tanti, per Mina. Un maledetto giorno qualsiasi, finalmente, dopo essere tornata a casa da poco più di un anno e aver dovuto vivere nel timore di una guerra incerta dopo una manciata di mesi che erano sembrati un battito di ciglia.
    Battiti di ciglia.
    Le sembrava di chiudere gli occhi per un attimo e poi riaprirli per dover assistere impotente all'ennesima, crudele trovata del Destino.

    Sparita nel nulla.
    Alice era scomparsa dalla sera alla mattina. O almeno così diceva la comunicazione che tempestivamente era arrivata da Duncan. Non si erano visti a colazione come al solito in Sala Grande, nessuno l'aveva vista al risveglio nel dormitorio Corvonero, e tanto era bastato al più piccolo di casa Campbell per sentire la necessità di avvertire i genitori il più in fretta possibile.

    Per quanto affettuoso potesse essere il loro secondogenito, non era certo il tipo che mandava lettere o messaggi a casa tanto per. Ad altri genitori avrebbe sicuramente dato un pizzico di dispiacere, come consapevolezza, e John e Mina non erano esenti dal risentire un minimo del fatto di sapere i propri figli così lontani da loro per la maggior parte dell'anno; nonostante ciò, non si crucciavano mai troppo dello spirito indipendente della loro prole, e pretendere che scrivessero per raccontare ogni minima sciocchezza non era proprio da loro.
    Che potesse essere successo qualcosa, l'aveva pensato nel medesimo momento in cui John le aveva detto della missiva. La paranoia era un sussurro sottile che rimaneva relegato perlopiù nei meandri remoti della sua mente, però; non era qualcosa che aveva dovuto costringersi ad imparare, quanto più una sua inclinazione del tutto spontanea.
    Così, quando l'uomo aveva letto ad alta voce il contenuto di quel messaggio, aveva sentito per intero e senza sconti la sensazione della terra che veniva a mancarle sotto ai piedi.
    Aveva premuto tutte simultaneamente tutte le dita della mano destra in un moto di frustrazione involontaria. Le stesse dita che, opportunamente distribuite sul calice di vino a reggerlo, si impressero con una forza tale sul vetro da spezzare lo stelo all'attaccatura della coppa, facendola schizzare per terra assieme al suo contenuto.

    In situazioni come quella non era il tipo di persona, di madre, che piangeva, urlava, strepitava di dolore o perdeva i sensi, e non per una questione di dignità: non era semplicemente parte delle fibre del suo essere avere quel tipo di reazioni scomposte.
    Per un lungo momento, la sua mente aveva fatto tabula rasa in una maniera così estrema che non si era nemmeno accorta del suono di vetro che andava in frantumi ai suoi piedi, o dello stelo spezzato che le aveva graffiato un paio di dita spillando immediatamente sangue.
    Era sempre John ad avere contezza di certi dettagli. John raccoglieva i suoi cocci, risanava le sue ferite, cancellava il brusio confuso che le annebbiava il cervello di pensieri prendendole il viso fra le dita per riportarla sulla Terra.

    In quei dieci giorni aveva dormito quel poco che bastava a poter essere in piedi e funzionale dal mattino alla sera. C'era poco da dormire, visto il modo in cui la macchina inarrestabile del Mondo sembrava pretendere di voler continuare a funzionare nonostante quella vicenda.
    Loro, come altri, non volevano demordere.
    La ricerca di fughe di notizie concrete al di là dei meri canali ufficiali era qualcosa che Mina aveva perseguito attivamente.
    E alla fine anche loro lo avevano scoperto.
    Aveva respirato abbastanza l'aria degli uffici ministeriali da non potersi sorprendere minimamente della linea che avevano deciso di adottare; a quell'età, a quel punto, non perdeva neanche un secondo della sua vita a farsi bruciare il fegato per una cosa del genere.
    E in fondo, era meglio così.
    Non avrebbe affidato a quella gente neanche l'ultima falange del suo mignolo sinistro, figurarsi la vita di sua figlia.



    Non avevano di certo amici o parenti che avessero intenzione di coinvolgere in un'iniziativa del genere, loro due. Amici e parenti a cui non farne parola per evitare di preoccuparli, al massimo, ma al Lotus arrivarono soli, salvo capire subito che non erano gli unici ad aver colto la possibilità.
    Chiaramente.
    Una parte di lei voleva istintivamente sottrarsi al momento cooperativo, ma la più ragionevole riconosceva che in gruppo, anche se perlopiù si parlava di sconosciuti, avrebbero avuto più possibilità. Non c'era solo Alice lì dentro, in fondo. E dubitava che dei sequestratori che volevano contrattare con il Ministero non fossero armati e organizzati, non era così ingenua né così priva di esperienza rispetto a certe circostanze da potersene convincere per sentirsi meglio.

    Avrebbe accettato di coordinarsi con altri, ma di certo non di separarsi da John.
    Poteva sentire la tensione di lui come se fosse la propria anche solo camminandogli di fianco mentre mettevano piede sul marmo della reception. Le servì appena di accorgersi di quanto sbagliate fossero le circostanze che si erano presentate davanti a loro per rendersene davvero conto, tanto le bastava percepire in lui l'impressione che gli dava quel luogo.
    Non che sapessero in cosa si stavano cacciando, loro due.
    Un medico, un avvocato.
    A stento avevano trovato qualcosa da portare con loro a parte la bacchetta del marito.
    E si sentiva davvero stupida con la striscia da scherma a penzolarle dal fianco, diciamolo. Ma si doveva fare di necessità virtù o qualcosa del genere. A dirla tutta, ci avrebbe rimesso volentieri anche più di un capello, se non direttamente la vita, se avesse voluto dire che la sua bambina poteva tornarsene a casa salva e riuscire ad andare avanti a vivere serenamente.
    Le si sarebbe dovuto gelare il sangue nelle vene a vedere una scena del genere. Persone in nero armate fino ai denti che si riversano in contrapposizione alla massa disorganizzata.
    Eppure, Mina sentiva solo il sangue andarle a fuoco. Di rabbia.
    Ben lungi da esternarla esplosivamente, per fortuna, o sì che ci avrebbe rimesso il collo, ma era livida, livida come poche cose. Se fosse stata più puerile, forse, la testa le si sarebbe invasa di pensieri malvagi in tempo zero.
    Fortuna.

    Gli ostaggi ha fatto appena in tempo a considerare che siano lì, a non cedere alla tentazione di cercare Alice in mezzo a quei volti sconosciuti, acerbi. Come lo sono quelli della maggior parte delle persone che con loro si sono precipitate al salvataggio, d'altronde.
    Ma non poteva prendersi quel tempo proprio adesso.

    Lo sguardo saettò con un percorso non dissimile a quello del marito e non dovette neanche pensare a cosa fare: uno spirito defunto dall'aria vissuta a dir poco si materializzò semplicemente di fronte alla faccia del povero cristo che aveva avuto la pessima idea di puntare la sua glock contro Sebastian.

    E mentre oculatamente lui pensava a come proteggere efficacemente forse anche lei, era lei tuttavia che si spingeva a interporsi fra Ellis e un mercenario armato di machete, dopo aver sfoderato la striscia dalla fodera appesa al fianco. Abbiamo già detto che si sentiva in colpa.
    « Fatti indietro, cara, ci penso io qui temo...! » tutti quegli anni di esercizio dovevano pur servire a qualcosa, anche se dall'altra parte c'era un mercenario addestrato col machete. Se non altro, la sua dimestichezza con la lama non era proprio impossibile da intravedere, e anche se non fosse riuscita a deviare quel colpo senza farsi male, avrebbe tentato agilmente di conficcargli la punta acuminata e sottile della striscia nella spalla, possibilmente abbastanza da fargli spillare sangue, ma magari era chiedere troppo.
    It's time to go up to bed
    No more sipping on our regret
    Tuck the kids in without worry
    No more running out in a hurry

    (11) DIFESA SEBASTIAN (mina + john): materializza uno spettro di fronte a g-baby per fargli prendere un coccolone

    (19) DIFESA ELLIS (javi + mina ): cerca di deviare il machete interponendosi con la spada
    ATTACCO CROZ (mina): affondo mirando alla spalla
  9. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    2000 | dancer | neutral
    1996 | pavor | deatheater
    ETHAN LYNX
    YEJUN MUN
    Con un'occhiata più attenta notò che alcuni di loro erano feriti, tranne qualche livido qua e là, quello che notò prima era la mano di una ragazza. Chissà se aveva cercato di ribellarsi ed era stata messa a tacere, per il resto sembrava star tutto sommato bene. «state bene?» una domanda posta agli ostaggi al di là del della schiera di mercenari, lo sguardo però soffermato sugli unici volti familiari: Dani, migliore amico di Blaise e cotta intramontabile del suo migliore amico e Kyle, praticamente uno sconosciuto che aveva dissotterrato una volta in un cimitero e che le persone dovevano davvero odiare, prima sotterrato e poi fatto ostaggio, di solito andava diversamente. O forse erano stati sempre loro a sotterrarlo una prima volta ed erano tornati a riprenderlo una volta che si erano resi conto di non averlo fatto fuori correttamente. Ora si sentiva un po' in dovere di tenerlo d'occhio, chissà dove l'avrebbe trovato la prossima volta, altrimenti. «dove sono gli altri?» un'altra domanda perchè non gli piaceva non avere le cose sotto controllo. Era un maniaco dell'ordine e in quel momento aveva solo domande e alcuna risposta. La sua presenza lì non sarebbe stata vana lo stesso ma aveva anche delle priorità. Non li avrebbe lasciati lì per seguire invece chi era di suo interesse cercare, ma voleva avere almeno la certezza che fosse davvero lì. Diede una bastonata con la lancia sulla mano di Aldo (ma quello di Aldo, Giovanni e Giacomo?? Se non lo era, ora è canon .) per bloccare il lancio o per almeno deviare la traiettoria. Ma poi sapete quanto fa male un'astata sulla mano? Chiedetelo a tutti i bambini bacchettati nelle scuole. Fece qualche passo indietro e con la bacchetta invece disegnò in aria una spirale, soffiandoci dentro fino a far prendere vita a un tornado di dimensioni umane per spostarlo verso Aldo e rimanere poi concentrato.

    Meanwhile, Yejun. «hanno diviso gli ostaggi o sono tutti qui?» sperò nella prima opzione perché la seconda voleva dire che se mai c'erano stati altri lì, non avevano fatto una bella fine. «sentite, ma come mai siete legati a due a due?» che cosa diavolo avevano con gli ostaggi? «cioè non siete nemmeno legati a un palo o cosa, sembrano più di bellezza quelle manette» Avrebbero potuto letteralmente alzarsi e andarsene o aprirle con i giusti strumenti o se avessero recuperato le chiavi, potevano anche combattere legati. Un po' come quel gioco che si fa da bambini dove si è legati ad una gamba e si deve andare avanti assieme, ma più semplice perchè erano le mani quelle legate. Erano tenuti liberamente, il che era davvero strano. Se gli fosse effettivamente importato degli ostaggi avrebbero prestato più attenzione. Poi erano stati rapiti per? Non sembrava nemmeno esserci un filo conduttore, non erano stati chiesti soldi, erano solo stati presi e appoggiati lì come vetrinetta mentre loro stavano l' a combattere contro i mercenari. Un diversivo? E per cosa? «pft, principianti, dopo vi faccio vedere come si fa» appena fosse riuscito a liberare una coppia, li avrebbe ammanettati a dovere. Per il momento gli avrebbe dimostrato un'alternativa. Con la bacchetta puntò verso Bubbles e castò un Incarceramus, in modo da evocare delle funi da usare come lazo e acchiappare il malandrino, spingendolo verso di sè. «questo potete usarlo anche a letto se non siete bravi con i nodi»
    CITAZIONE_CITAZIONE_CITAZIONE
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    HTML
    <b>(11) DIFESA SEBASTIAN (mina + john):</b>
    <b>ATTACCO G-BABY (john):</b>

    <b>(13) DIFESA JAVI (ethan + john):</b>
    <b>ATTACCO ALDO (ethan):</b>

    <b>(14) DIFESA GREY (giacomino + javi):</b>
    <b>ATTACCO GHALI (chouko):</b>

    <b>(16) DIFESA MINA (yejun + giacomino):</b>
    <b>ATTACCO BUBBLES (giacomino):</b>

    <b>(19) DIFESA ELLIS (javi + mina):</b>
    <b>ATTACCO CROZ (mina):</b>


    (13) DIFESA JAVI (ethan + john): bastonata sulla mano per bloccare il lancio
    ATTACCO ALDO (ethan): vortex
    CITAZIONE
    evoca un tornado d'aria di piccole - medie. Può raggiungere massimo le dimensioni di un essere umano medio. Il mago che lancia l'incantesimo può controllare dove spostarlo oltre alla dimensione che deve tenere, l'importante è restare concentrati altrimenti il tornado prenderà vita propria e sarà difficilmente domabile. Incantesimo non verbale, bisogna disegnare una spirale partendo dal centro e soffiando al suo interno finché il tornado prenderà le dimensioni volute e da lì basterà muoverlo con la bacchetta. Il colore dell'incantesimo è argento.

    (16) DIFESA MINA (yejun + giacomino): incarceramus
    CITAZIONE
    Genera delle grosse funi dalla bacchetta che avviluppano la persona o la Creatura Magica contro cui è lanciato l’incantesimo. Per immobilizzare sia uomini che animali.
  10. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    LINGUINI
    SPECIAL
    MOVIES
    GIACOMO LINGUINI
    «sono preoccupato, sai?» confessò a Vincenzo, voltandosi brevemente verso di lui prima di spostare lo sguardo sul sentiero davanti a sé. Una risposta perfetta, tra le tante, a quel «ce li riportiamo a casa, mh?» pronunciato dal cugino poco prima; assolutamente condivisibile dal momento che non erano altro che un gruppo di eroi improvvisati che avevano deciso di aggrapparsi a voci di corridoio e andare incontro ad una trappola certa, senza alcuna garanzia di successo. Tuttavia, i pensieri dell'italofrancese erano rivolti altrove. Non era preoccupato per i pericoli che li avrebbero attesi, non quanto avrebbe dovuto e non quanto lo sarebbe stato se avesse avuto meno fiducia nel suo potere o se avesse vissuto più spesso nel mondo reale che nella sua bolla ovattata. E si era fatto bastare la notizia della (presunta) presenza degli ostaggi in quel resort per sentire il peso sul petto allentarsi e convincersi non soltanto del fatto che fossero vivi, ma che avrebbe potuto portarli in salvo – non aveva idea del come, ma sarebbe stato un problema del Giacomino del futuro. Era qualcos'altro a turbarlo, in quel momento. Qualcun altro. «Gin non ci perdonerà così facilmente» e no, non perché avrebbero riportato indietro anche Lapo; per quello sarebbe stato rimproverato dal resto della cuginanza. Non gli piaceva disubbidire, e non era solito farlo, ma non ci aveva pensato un attimo prima di decidere di unirsi agli altri volontari. C'erano due Linguini nel Lotus, più due in missione – c'era Ciruzzo, che aveva fatto scattare il primo campanello d'allarme quando aveva ignorato i suoi meme sulla Formula1. C'era Barbie, che il cronocineta aveva cercato, al BDE, per aggiornarlo sull'andamento delle sue lezioni alla scuola di cinema e su altri avvenimenti irrilevanti che non avrebbero meritato alcuna condivisione. C'era Vin, che non era riuscito a trovare né al P-Power né al Lilum (era stato anche lì, sì, a mali estremi) (potendo scegliere, però, preferiva essere circondato da mici). C'era Iris, la sorella di Myrtille. C'era Kaz, con cui aveva condiviso i traumi di un braccio mozzato e sventolato come trofeo di guerra, e Clay nel team di salvataggio. Ai suoi occhi, «non potevo non venire» aggiunse, come se stesse parlando direttamente con la proprietaria del Bar dello Sport. «ma sono sicuro che capirà» com'era sicuro del fatto che la notizia fosse già giunta alle orecchie di sua madre, e che la donna avesse immediatamente avvisato nonno Lino, e che quest'ultimo avesse richiamato tutte le conoscenze mobilitate in quei giorni di ricerca e le avesse indirizzate verso il resort per fornire loro i rinforzi necessari. E per dare fuoco a quel posto, molto probabilmente.
    Affondò le mani nelle tasche del giubbotto, fece un respiro profondo per allontanare quei pensieri e sfruttò i pochi minuti a loro disposizione per osservare l'ambiente circostante, prima dell'ingresso in scena dei mercenari e degli ostaggi. Ignorò momentaneamente i primi – e le cicatrici, gli sguardi feroci, le armi puntate nella loro direzione, il fatto che fossero in numero superiore rispetto a ciò che il Linguini aveva sperato (cioè zero) – e agitò la mano in direzione di Vin, Lapo e Iris – il viso di nuovo illuminato da un sorriso che cozzava con la situazione in cui si trovavano e che si smorzò in un attimo. «dove sono gli altri?» chiese, rivolto tanto ai suoi compagni quanto ai prigionieri; e avrebbe voluto ripetere la domanda, e sprigionare tutta la sua italianità per esprimersi a gesti e domandare loro come stessero, ma i rapitori sembravano impazienti di sterminare i presenti il prima possibile. Quindi, si costrinse a rimandare quello scambio di battute, tenere sotto controllo quella sensazione di panico che andava a diffondersi e provare a rendersi utile alla causa. Tanto per cominciare, rallentò il tempo per accostarsi a Ghali e tentare di sfilargli dalla mano il pugnale con cui stava cercando di colpire Grey; poi, sfruttò quella condizione per spostare Mina quel tanto che bastava per permetterle di evitare la gomitata di Bubbles; infine, mentre restituiva al tempo il suo scorrere naturale, si piazzò accanto a Bubbles per parlargli. Certo, avrebbe potuto sfoderare immediatamente la sua potentissima arma e chiudere lì la questione, ma non voleva mostrarsi così aggressivo fin da subito. Il primo – e il secondo, e il terzo, e il quarto – tentativo prevedeva sempre un approccio pacifico, nonostante all'improvviso avesse più fretta del previsto. «senta, scusi, salve, deve proprio?» si rivolse all'uomo, aspettandosi di leggere lo stupore, sul suo volto, nel vedere la figura del Linguini comparsa improvvisamente al suo fianco. «non voglio farle del male» non ne sarebbe stato in grado neanche se avesse voluto, ma non gli sembrava un'informazione da condividere con il rapitore. «può lasciarci andare e dirci dove sono gli altri?» un attimo, non aveva formulato bene la sua gentile richiesta. «non dei vostri» non sia mai, erano già abbastanza. «dei nostri dico»
    Perché Giacomino non è l’eroe che Lotus merita,
    e neanche quello di cui ha bisogno adesso.


    (14) DIFESA GREY (giacomino + javi): rallenta il tempo e prova a togliergli il pugnale di mano
    (16) DIFESA MINA (yejun + giacomino): sposta leggermente Mina
    ATTACCO BUBBLES (giacomino): lo confonde parlandoci

    CODICE
    <b>(11) DIFESA SEBASTIAN  (mina + john):</b>
    <b>ATTACCO G-BABY (john):</b>

    <b>(13) DIFESA JAVI (ethan + john):</b>
    <b>ATTACCO ALDO (ethan):</b>

    <b>(14) DIFESA GREY (giacomino + javi):</b>
    <b>ATTACCO GHALI (chouko):</b>

    <b>(16) DIFESA MINA (yejun + giacomino):</b>
    <b>ATTACCO BUBBLES (giacomino):</b>

    <b>(19) DIFESA ELLIS (javi + mina ):</b>
    <b>ATTACCO CROZ (mina):</b>
  11. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    doctor
    jan 17th 1977
    father
    john ming-yue campbell
    Era stufo di dover ricevere missive da chichessìa dove lo avvertivano che uno dei suoi parenti era scomparso nel nulla, era davvero stufo di dover fronteggiare quel tipo di debolezza manifesta che lo imputava come un marito e padre degenere, non in grado di proteggere la sua famiglia. Era davvero stufo di dover ballare sul filo della depressione ogni volta che succedeva una cosa come quella perché, per lui, era la seconda volta in due anni che qualcuno – questa volta il povero Duncan – lo avvisava di non aver più visto un membro dei Campbell. Prima la moglie. Ora la figlia.

    Anni di pratica nel dover dire ai parenti dei pazienti che non ce l’avevano fatta gli aveva dato la forza di mantenere un tono piatto e neutrale mentre le poche righe vergate dal secondogenito venivano elargite al tavolo dove sia lui che Mina stavano mangiando. Il rumore di vetri rotti venne incamerato immediatamente e senza dire una parola, sfoggiando la miglior tecnica di incantesimi non verbali, riparò il bicchiere, pulì il vino da terra e si mise a curare la ferita di lei esattamente come aveva sempre fatto. Alice era sparita, Duncan non l’aveva vista a colazione ed il primo pensiero dell’uomo fu ci hanno preso di mira. La paranoia cominciò a rimpolpare i vuoti che nella mente dell’uomo si erano creati dall’assenza della moglie, assenza ancora sofferta e in qualche modo avevano cambiato la natura pacifica del marito.

    I dieci giorni successivi dormì poco, praticamente niente, masticando a labbra chiuse tutta la bile che la situazione gli stava rilasciando in bocca: il Ministero non voleva fare niente, come al solito. Quando c’erano dei guai del genere se ne fregavano, era già un miracolo che Mina fosse tornata e non poteva di certo sperare in un altro. No, aveva già avuto la grazia, figuriamoci se potevano averla di nuovo. Se la prima volta il suo animo si ruppe in mille pezzetti, ora qualcosa di vischioso, putrido e marcescente tenevano insieme i cocci rotti, una rabbia ribollente ed appiccicosa, simile alla resina di albero – difficile da mandar via o sciogliere. Il Ministero non avrebbe fatto nulla? Non c’era davvero una buona ragione per salvare gli ostaggi?
    Amen.
    Avrebbe trovato un modo lui.

    Neanche ipotizzò di non dirlo alla moglie, non aveva segreti con lei e nel suo pallore dalle troppe poche ore di sonno, dal poco cibo ingollato a sufficienza per poter sopravvivere, dichiarò i suoi intenti accettando qualsiasi risposta da parte sua. Iniziò così la ricerca spasmodica di informazioni, cosa in cui lei era migliore e trovarono effettivamente ciò che cercavano.
    Una voce. Una pista da seguire.
    Era rimasto passivo per tutto il tempo durante l’estenuante attesa per il ritrovamento della moglie. Non avrebbe fatto di nuovo quello stesso errore.

    Una volta ritrovatisi al punto di interesse John non poté non notare come tutti fossero estremamente giovani, solo lui, sua moglie e all’apparenza un’altra persona sembravano avere un’età da mago socialmente adulto. Non che fosse davvero quello il problema, ma nella mente dell’uomo tutti gli altri potevano avere più o meno l’età di sua figlia. La cosa non gli piaceva, così giovani e già così disperati.
    Un’ingiustizia.

    Entrati fu palese che qualcosa non stesse andando secondo i piani. I loro passi non facevano rumore, il grosso lampadario di cristallo non emanava l’ombra naturale di cui era disposto e fu ben presto chiaro a tutti che quella era una situazione da cui cavarsi d’impaccio il più presto possibile. Erano entrati nella tana dei lupi, ne erano consci e nel suo spirito albergava l’odio innato di un padre verso chi aveva osato sfiorare sua figlia.

    Un ragazzo poco più in là era preso di mira da un tipo che stava utilizzando un’arma di matrice nipponica ed il suo sangue orientale bruciò forte in aggiunta alla rabbia di prima. Sollevò la bacchetta, quei due rudimenti di duelli ai tempi della scuola li ricordava ancora e tentò di aiutare uno dei suoi “alleati” cercando di rendere nullo l’attacco del mercenario, muovendo la bacchetta per puntare non tanto alla persona quanto allo strumento. «Permutatio gypsi!» L’incanto Gypso, se fosse andato in porto, avrebbe tramutato il materiale della catena in gesso, con il preciso intento di spezzare definitivamente l’arma durante la rotazione.
    Nella sua visuale entrò immediatamente l’unico altro adulto insieme alla moglie, un tipo che era stato preso di mira da una più normale arma da fuoco babbana, una Glock anche se non poté riconoscerla (la sua cultura da videogiocatore avrebbe potuto però dargli una mano). Ben peggiore, sua moglie era lì vicino e non avrebbe permesso a nessuno – nessuno - di poter alzare un solo dito su di lei neanche per sbaglio.
    Bacchetta dritta. Un rapido gesto antiorario del polso e una sferzata verso l’alto mentre dalle labbra un nuovo incantesimo veniva lanciato «Obice Medusa!» Dalla bacchetta sarebbe dovuto uscire un fascio di luce color acquamarina, luce che si sarebbe addensata su entrambe le persone per poter fermare il proiettile a mezz’aria – in realtà un effetto calcolato. John voleva precisamente che il proiettile rimanesse fisicamente lì.
    Così da poterlo rispedire al mittente.
    «Magneto!»
    C’era una sottile e negativa soddisfazione nel poter rendere il mercenario un magnete vivente per fargli schizzare di nuovo contro il suo proiettile.
    Father, into your hands
    I commend my spirit
    Father, into your hands
    Why have you forsaken me?


    (11) DIFESA SEBASTIAN (mina + john): Barriera Medusina sul proiettile
    ATTACCO G-BABY (john): Incanto di Calamita con lo stesso proiettile

    (13) DIFESA JAVI (ethan + john): Incanto Gypso sulla Kusarigama
  12. .
    java spring c. sharp'95 | witch | legionnaire
    La guerra era finita da giorni, e Java non sentiva nulla.
    Il mondo era cambiato, e Java faticava a rendersene conto.
    Lo vedeva, certo, negli animi in fermento al ministero; nel caos in strada; nella quotidianità che era stata stravolta; in tutte le cose che prima del venti aprile erano state certe, e che ora rappresentavano un'incognita.
    Java aveva contribuito a lottare per quel cambiamento.
    Ne era stata consapevole e l'aveva sostenuto notte e giorno, battaglia dopo battaglia; una guerra non si vinceva con la pietà, e lei non ne aveva avuta per nessuno. Quei “nemici” che solo poche settimane prima erano stati, in molti casi, amici e conoscenti, parenti per alcuni, amanti per altri — con nessuno di loro Java aveva mai tentennato. Durmstrang, e sua mamma, e gli anni di gavetta nell'esercito di Vasilov, l'avevano temprata.
    L'avevano svuotata.
    Fuori da un contesto bellico, era la solita vecchia Java, quella che predicava in continuazione affinché i fratelli si comportassero come delle persone e non delle bestie; quella che preferiva il vino rosso al vino bianco; quella che amava i burritos, e che collezionava maglioncini a collo alto; quella che non aveva mai cambiato il taglio di capelli perché amava rispecchiarsi nelle scelte abitudinarie; quella che rideva alle daddy jokes ma ci metteva un battito di ciglia in più a capire l'ironia. Una Java pulita, sincera, trasparente; una Java cordiale e sorridente e pronta ad offrire il proprio aiuto ovunque fosse necessario.
    Ma in guerra era un altro discorso.
    La guerra prendeva, e raramente dava qualcosa in cambio. E lei ne aveva combattute così tante, di battaglie, pur avendo solo ventotto anni, da sentirsi ormai svuotata del tutto. Aveva fatto cose di cui non andava fiera, puntato balestra e bacchetta contro soldati avversari la cui unica colpa era stata aver scelto di resistere con la violenza, quando avrebbero potuto provare a cercare un accordo verbale; aveva strappato figlie e figli a genitori che ora li piangevano, e madri e padri a figli che ora andava a trovare all'isola quasi tutti i giorni per espiare le sue colpe.
    La sua, di colpa, era stata solo quella di non aver mai conosciuto alcuna altra realtà che non fosse un conflitto bellico. C'aveva provato a tirarsene fuori, a tornare a in Inghilterra e vivere una vita tranquilla insieme agli Sharp — e poi Abbadon aveva calpestato quella fragile serenità, dichiarando guerra al mondo babbano.
    Java non aveva avuto scelta.
    Non ci aveva pensato due volte prima di arruolarsi, e prendere parte all'ennesimo scontro.

    Erano passati giorni, e Java non riusciva a tornare alla vita pre-Abbadon. Temeva che nessuno avrebbe mai potuto farlo, non davvero, ma sarebbe stato bello potersi convincere del contrario. Le scelte avevano sempre delle conseguenze, e nel suo caso erano sentirsi scomoda in panni vestiti fino ad un paio di mesi prima, la divisa a stringere troppo intorno al collo, e sapere con assoluta certezza che quello non era ciò per cui aveva pensato di lottare.
    A dire la verità, non l'aveva mai davvero saputo per cosa stesse combattendo: come il bravo soldato ubbidiente quale era, la C.Sharp aveva abbassato la testa e portato a termine qualsiasi missione o compito le veniva affidato, perché era scritto cosi nel suo codice — genetico, e non solo. Era quello che sapeva fare, ed era ciò che si ritrovava, sempre e comunque, a fare.
    Ciò non significava che fosse più facile accettare quel peso sul petto, o i cambiamenti che sarebbero decorsi di lì a breve.
    Era un mondo nuovo, quello in cui si erano svegliati il primo giugno.
    Ed era una Java nuova quella che aveva fatto ritorno a Londra. Una che, forse e finalmente, iniziava a mettere in discussione la cieca lealtà alle armi che l'aveva sempre caratterizzata; avrebbe combattuto ancora, l'avrebbe fatto sempre, ma doveva iniziare a domandarsi se ne valesse la pena; se lo facesse per se stessa, o solo per raggiungere le aspettative di una madre troppo pretenziosa, e troppo spietata.
    Erano giorni di cambiamento e fervore, non solo nel mondo: anche, e soprattutto, nella testa della Sharp. Aveva bisogno di una distrazione che non fossero i fiumi di parole incomprensibili di Php, o i rant complottisti di Python. Aveva bisogno di aria diversa, di gente diversa, e per questo fu molto lieta di ricevere l'invito di Selena.
    Non era mai stata una persona particolarmente introversa, Java, ma tendeva a mettere a disagio gli altri con il suo carattere serio e poco incline alle frivolezze; con la Volkova, incece, tutto il contrario. Era stata l'atmosfera tesa della guerra ad avvicinarle, un clima in cui due caratteri freddi e due menti lucide come le loro non avevano potuto fare a meno di trovarsi, e di specchiarsi le une nelle lacune delle altre. Non un bene, ma non necessariamente un male.
    Aveva accettato, anche solo per poter dire di essere uscita di casa con una motivazione che fosse diversa da “lavoro” e “spesa”.
    Smaterializzarsi nel bel mezzo della via babbana fu strano, ma si rendeva conto che quella fosse ormai la nuova normalità: non c'era più lo statuto di segretezza a proteggere un mondo dall'altro, e non c'era più bisogno di nascondersi. Era bello — nonostante il risultato fosse stato raggiunto in maniera terribile. Raggiunse velocemente il cafè che le era stato indicato, stringendo la tracolla della borsetta con una mano e salutando Selena con l'altra, non appena riuscì ad intercettarla tra visi sconosciuti. C'era meno gente del solito, in giro, probabilmente una conseguenza degli strascichi che la guerra s'era portata dietro; i babbani avevano paura (e avevano ragione) oppure non avevano più nulla da perdere e sfidavano a testa alta la società magica che li aveva appena conquistati, nel giro di appena un mese.
    Era davvero un mondo nuovo
    «Ciao!»
    Java non voleva pensarci.
    «Scusami, è tanto che aspetti?»
    Era brava a compartimentare, lei; un po' meno a trovare scuse per giustificare quel leggero ritardo — non poteva di certo incolpare il traffico, duh. Così non disse nulla.
    Una veloce occhiata in giro, e un sorriso in direzione di Selena, e poteva fingere che andasse tutto bene. «È molto carino, qui.» Se chiudevano entrambe gli occhi forte forte, la guerra non era mai successa, e loro erano solo due conoscenti di recente data che si davano appuntamento per un caffè tranquillo e per conoscersi meglio, e non due reduci che provavano a raccogliere i cocci di una vita messa in pausa prima di andare al fronte, e che ora (almeno nel caso di Java) faticava ad incastrarsi nuovamente nei contorni di quel nuovo ordine delle cose.
    html by .izével | gif by scyllaramshorngifs
  13. .
    selena vitalyevna volkovaspecial muggle
    Tornare alla vita normale non le dispiaceva affatto.
    A differenza di quelli che tornavano con prospettive distorte, concetti di vita e morte completamente sfasati e disturbi post-traumatici. per Styx tornare alla routine di tutti i giorni era quasi un premio. Non poteva ancora tornare a lavoro, in realtà, ma perlomeno aveva la certezza di averne ancora uno, di impiego.
    Per il resto... non so quanto sia utile mettere ulteriore enfasi sulla tranquillità completamente fuori luogo con cui aveva gestito il suo rientro.
    Forse aveva davvero ragione a pensarsi come una creatura pensata, fra le altre cose, anche per poter uccidere se la sua sopravvivenza era sul piatto. Una bestia anziché una persona.
    Ma non più una bella bestiolina da mostrare in una gabbia dorata come prima, perlomeno.

    Fra i tanti, aveva pensato di ricontattare Java per incontrarsi in un contesto finalmente informale e tranquillo.
    Le aveva lasciato una delle impressioni più solide, la legionaria, un po' per le loro affinità di carattere e la provenienza simile, un po' perché Java, al contrario di lei, era effettivamente addentro alla vita militare anche fuori dal contesto specifico della leva volontaria che aveva permesso lo svolgersi di quella guerra. In un certo senso, ben lungi dal pensarsi scafata solo per via di una manciata di settimane al fronte, l'ammirava, e dunque era inevitabile per lei volerla conoscere meglio, in quel clima di calma relativa che portava il ritorno alla vita normale.

    Pur con l'estate così vicina, Londra non sembrava affatto intenzionata a risparmiare un po' del suo celebre ed umido grigiore.
    Per fortuna non pioveva, ma non sarebbe comunque stato un problema visto che Styx aveva dato appuntamento a Java a metà mattina in un cafè molto carino e, soprattutto, a una ragionevole distanza a piedi dal suo spazioso loft non pensate male, è tristemente etero.
    La stava aspettando fuori, ma solo perché era in anticipo di almeno un paio di minuti sull'orario concordato. Qualora non l'avesse scorta nel giro di quei due minuti, sarebbe entrata per occupare uno dei tavoli liberi, uno che fosse possibilmente appartato e non vicino ai bagni, ew.
    html by .izével | gif by ugly confession
  14. .
    moka telly jr.
    I shoulda died at least a million times
    How am I still alive?
    Every night I'm fighting gravity
    And other things that could be
    When we kiss it tastes like razor blades
    When we touch, it's the same
    non poté trattenere un brivido, nel ritrovarsi puntata contro la canna della glock.
    dettato non dalla paura, o dalla certezza che, volendo, javi avrebbe potuto tranquillamente premere il grilletto. era il concetto di fondo, a premere sul pomo d'adamo, impedendogli di inghiottire: una scena immaginata e rivisitata cento volte negli ultimi giorni, l'arma stretta in una mano diversa; la sua.
    il freddo del metallo contro la pelle sensibile della gola, a ricordargli senza sosta che una vera scelta forse non ce l'aveva. se non la possibilità di mettere giù la semiautomatica senza inserire la sicura, scambiandone il peso con quello altrettanto familiare della bottiglia; rimandare. l'inevitabile? forse.
    di sicuro ne era convinto in quel momento, moka, mentre nascondeva un fremito sollevando il mento — non una sfida, ma quasi; i battiti contati mentalmente uno ad uno, per assicurarsi non sfuggissero al suo controllo.
    quale controllo, poi, era da capire.
    lo aveva mai avuto?
    con javi, neanche per il cazzo, altrimenti non si sarebbe trovato in quella situazione — ah, fottuto punto e virgola.
    «non ne ho mai capito troppo il fascino.» le iridi verdi a vagare per una manciata di secondi sul volto del maggiore, uno studio prettamente scientifico dell'espressione concentrata; doveva solo pensare a qualcosa che non fosse la sua voce, o a dove mettere le mani. che chiuse a pugno, in mancanza di un'opzione migliore, premendo le nocche contro la stoffa dei pantaloni, un guizzo di muscoli e tendini a seguire il ritmo non proprio regolare del battiti cardiaco.
    aprí la bocca per dire qualcosa
    qualcosa di banale
    e la richiuse subito.
    soffocata nel petto una risata che sapeva di rassegnata consapevolezza: alcune cose, proprio, moka non riusciva a tirarle fuori. avrebbe potuto avvicinarsi a javi e sussurrargli all'orecchio che se proprio doveva parlare allora tanto valeva si riempisse la bocca con il suo nome mentre lui teneva occupata la propria con qualcos'altro, senza battere ciglio; non un accenno ad abbassare per primo lo sguardo, solo la voce a spezzarsi perché faceva parte del gioco.
    oh, aveva detto di peggio.
    e aveva detto di meglio — poeta d'altri tempi, moka telly, altroché: dopotutto, non si poteva sempre parlare di bocchini così, en passant.
    eppure, eppure, non sapeva come elaborare a parole che gliel'aveva regalata suo padre, la Glock; che l'unico fascino esercitato dall'arma, un magnete e un'ossessione, era quello del non avere nient'altro. a parte un ricordo sbiadito, qualche rammarico, troppa rabbia che non aveva mai saputo dove scaricare.
    tanto valeva non dire nulla.
    piu facile che sbilanciarsi, offrire un pezzetto di sè ottenendo in cambio una zona esposta e vulnerabile.
    soprattutto se javi continuava a toccare tasti che avrebbe fatto meglio a lasciare stare.
    un po come il coltello che rigirava nella ferita impedendole di rimarginarsi, e moka quel dolore se lo prese tutto e tutto insieme, a badilate sui denti, battendo appena le palpebre per costringersi a tornare alla realtà. quella nella quale li avevano tagliati fuori da un posto.
    casa sua. stava parlando di casa sua.
    non avrebbe dovuto incazzarsi
    (cosa poteva saperne lui?)
    e lo fece comunque.
    non avrebbe dovuto importargli
    (ma porca puttana)
    e lo fece comunque.
    non avrebbe dovuto stringere i denti sulla carne morbida della guancia, aggiungendo dolore fisico a quello che sentiva crescere nel petto
    (una scintilla a bruciare tra i polpastrelli)
    e lo fece comunque.
    non avrebbe dovuto guardarlo in quel modo, cercando comunque la pelle esposta delle braccia e del collo
    ( [bestemmia][sospiro][bestemmia] )
    e lo fece comunque.
    forse era ancora in tempo a pregarlo di sparargli, chissà.
    «se hai idee, sono tutto orecchie. non è che abbia opzioni migliori, come avrai notato» che pragmatico, moka telly, cercava sempre di esserlo fino in fondo. anche quando non ce la faceva piu, e voleva solo mollare il colpo; quando era certo di aver toccato un fondo e continuava a scavare comunque. peccato poi non ci credesse, a qualunque cosa stesse tentando di organizzare il Mendoza. avevano un mostro in agguato sulle spalle, tutti loro; si chiese allora quanto oltre avrebbero potuto spingersi, senza che Abaddon lo sapesse — poco, immaginava. ma si strinse comunque nelle spalle, il fianco appoggiato contro una parete.
    sopracciglia inarcate, i muscoli addominali tesi: pronto ad incassare, moka, un commento che javi pensò bene di risparmiargli.
    niente da dire sul frigo vuoto.
    però voleva mettere in chiaro un paio di cose.
    «ok» [derogatory]
    istintivo, il corpo a spostarsi di lato puntando tutto il peso sul piede sinistro; nemmeno troppo antisgamo nell'allungare il collo e puntare le iridi verde acqua sulle spalle del mendoza, mentre armeggiava con il tappo. quella fottuta maglietta, la stessa sostanza di cui erano fatti gli incubi. se non avesse già contravvenuto alla regola niente tequila prima di trovarsi il telepate in casa, sarebbe stato più bravo a fingere un'indifferenza che era certo di non provare.
    forse, piú bravo: non era sicuro nemmeno di quello, moka
    «è un—» aveva già sollevato una mano, incapace di trattenersi. per imprimere i polpastrelli sul braccio dall'altro, scivolare appena un po sotto la manica della maglietta, osservare meglio: il tatuaggio, le cicatrici; stringere, dove poteva. per quanto poteva.
    e invece, cazzo, doveva tirare fuori quella storia.
    hhh fucking javi.
    prese un respiro, profondo, la mancina a passare sul volto «il cazzo di significato, eh» ripeté parafrasando, uno sforzo immane per impedire alla propria mente di tornarci, alla cazzata; a proposito di riempirsi la bocca con il suo nome: che quel moka soffocato contro le labbra ancora se lo sognava di notte «volevo baciarti» ci pensò, un istante di troppo «e tutto il resto» almeno era la verità. se la desiderava, doveva solo chiedere; e magari smetterla di prenderlo per culo —
    dejavu «non era abbastanza chiaro?» si avvicinò di un passo, il telly, tentato
    (la giocata, moka, la giocata)
    e gli tolse la bottiglia di vetro dalle mani «sono stati due mesi complicati» sotto tutti i punti di vista, ma forse non serviva specificarlo.
    bevve un sorso e poi un altro; rapida occhiata al tavolino: era meglio la tequila.
    sarebbe stata meglio la pistola.
    premette il vetro freddo contro il torace di javi, perché se la riprendesse «vuoi ancora rifletterci sopra?» domande lecite.
    nessun passo indietro, questa volta; ridi chiare a cercare incessantemente le sue, che tanto giulia aveva ragione — non serviva nemmeno la telepatia.
    al massimo poteva rischiare di lasciarci un paio di denti.
    guarda mamma, come mort!
    gif code
    1999
    electrokin.
    black/out


    Edited by mokaccino© - 5/6/2023, 23:56
  15. .
    ptolemy hamish jones
    Sippin' on straight chlorine
    let the vibes slide over me
    This beat is a chemical
    When I leave don't save my seat
    I'll be back when it's all complete
    The moment is medical
    A Hamish, del fatto che il suo schieramento avesse vinto la guerra, non fotteva una minchia.
    La cosa lo aveva anche colto alla sprovvista, sapete? Quando i capitani avevano annunciato che era finita - ma finita davvero - lo special non aveva neanche subito alzato lo sguardo dalla fotocamera, troppe impegnato a cercare disperatamente di cambiare rullino senza sporcare niente di sangue per i graffi mai rimarginati del tutto (cazzo di medicine da campo, manco all'eurospin poverate simili; tanto ai maghi che fregava, loro muovevano la bacchetta e si curavano, merdine). Si era guardato in giro solo quando i compagni avevano iniziato ad esultare.
    Si era andato a preparare lo zaino solo quando era stato certo non si trattasse di uno scherzo venuto dannatamente bene.
    Confuso, sorpreso.
    Il Jones era bet on losing dogs coded (non la canzone di mitski - ma anche): non ne faceva mai una giusta, non si trovava mai dalla parte dei vincenti, e riusciva come per miracolo a puntare sempre sulle situazioni sbagliate. Nella vita, in amore, in qualsiasi rapporto.
    Lo aveva accettato ormai, e non aveva mai creduto alla vittoria di quella guerra.
    Era quasi dispiaciuto che fosse finita, a dir la verità.
    Uccidere non era divertente quando dovevi farlo in massa, e dovevi farlo per alti (la gente si ascoltava i podcast sui serial killer e non sui soldati pur avendo entrambi un alto body count per un motivo), d'accordo, ma sentire di appartenere a qualcosa e avere un posto nel mondo, gente disposta a guardargli le spalle... quello gli sarebbe mancato.
    Guardava la base venir abbandonata da gente in lacrime che rideva, e si chiedeva quanti di quei soldati avrebbe rivisto.
    Se Roxie avrebbe davvero bruciato la foto che si erano fatti in uno strano rito occulto e inquietante, o se si sarebbe semplicemente scordato di lui. Se Isaac avrebbe raccontato ai suoi nipoti di quella volta che aveva detto ad un ragazzo che era etero zero virgola due secondi prima di infilargli la lingua in bocca. Se Dominic avrebbe parlato anche di lui a Nice quando, inevitabilmente, sarebbe tornato a casa. Se con Sharyn si sarebbero visti una sera per giocare a sharada e battere tutti con i mimi. Se tutti loro avrebbero inviato nella chat di gruppo gli screen di CoStar con "au del giorno!".
    Se si sarebbero ancora ricordati di lui, in qualche settimana.
    «probabilmente no» leccò la cartina passando lo sguardo sul ragazzino.
    «Potresti cercarli tu.»
    «Potrei» sorrise al fratello stringendosi nelle spalle «Non lo farò»
    Ronan non gli chiese perchè - e sarebbe stato strano il contrario.
    Era morto, non stupido. Sapeva perfettamente che Hamish era fottutamente bravo a ingigantire il proprio ruolo nella vita degli altri, ma gli si spezzava il cuore troppo facilmente per fare il primo passo, e venire deluso.
    Distolse lo sguardo per cercare l'accendino, e rialzandolo il bambino non c'era più, ma poco male.
    Stava vivendo il suo man character moment.
    Vento fra i capelli, lo zaino con tutti i propri avere tenuto su una sola spalla, vecchie cuffie nelle orecchie che trasmettevano musica indie. Hamish scattò una foto alla base riabbassando poi piano la fotocamera mantenendo lo sguardo drammatico verso l'edificio «mi mancherai. Avevo appena scoperto avessi le camere da letto...»...
    che gran momento, vero?
    Finchè.
    Finchè.
    «...merda» mosse la testa di scatto, si guardò intorno, sigaretta ancora spenta fra le dita.
    Soldati qua e là che sparivano con sonori crack.
    «ma io da qua come cazzo me ne vado . »
    Era nel fottuto brasile EDIT portogallo (quasi dai, la lingua è quella), non poteva certo andare alla stazione più vicina e comprarsi un biglietto del treno per Londra, o andare a cercare una macchina da (rubare) noleggiare. Il Regno unito era un'isola (...era un'isola, no?), anche fosse stato più vicino, e Hamish avesse avuto sbatti di spendere soldi, c'era comunque il mare in mezzo.
    Si sentiva come Arianna che non guida, e si dimentica ogni tanto della cosa e deve chiedere passaggi, con il padre che la chiama "ciucciaruote" (poi chissà perchè non voglio mai chiederli).
    Urgeva un piano d'azione.
    «strategia»
    Jay 26) trovare qualcuno dall'aria affidale.
    Lo individuò subito, alto e fiero, dall'aria decisamente non davvero affidabile ma da psicopatico, ma di quelli un po' babygirl (come joe ciao joe!!). Non qualcuno che conosceva bene, ma neanche un completo sconosciuto mai visto prima.
    Darden 3) stabilire un contatto.
    «ehi!» si chiamava come uno di Lost. Hugo? Jack? Sayd? Kate??? Ce l'aveva sulla punta della lingua-... «Sawyer, giusto?» fun fact: cercando "tom sawyer" su google, come anteprima automatica mi dà la versione di geronimo stilton, che probabilmente era anche l'unica edizione che Hamish avesse mai visto.
    Non letta. Non esageriamo.
    Julian 4) presentarsi.
    «io sono Hamish» Si portò la sigaretta ancora spenta alle labbra, e gli porse la mano.
    Gemes 6) essere sfacciato.
    «Ti offrirei da bere, ma la verità è che non ho la più fottuta idea di come andarmene da sto posto, e sto cercando un passaggio. Da quel che ho sentito, te la cavi con la bacchetta, giusto?» sorrise malizioso «Le avventure del gruppo cremino sono leggenda»
    Sandy 14) e se ci scappa la sveltina, non ci lamentiamo.
    gif code
    1998
    usa
    special
165 replies since 12/2/2023
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