Alla tavola rotonda del Consiglio, Yale Hilton aveva portato una bottiglia di whiskey ed un sorriso lezioso. Sapeva di trovarsi lì solo per le proprie origini e la quota pubblico che lo amava con il fervore di una religione. Aveva firmato il contratto conscio di essere, ancora e sempre, nulla più di uno strumento ad uso e consumo degli altri. Quando passavi tutta la vita ad essere solo un qualcosa, però, sviluppavi la tendenza a farti posto come un recipiente di plastica al microonde: si gonfiava finché non minacciava di rompersi, e nessuno a quel piano voleva avere a che fare con le conseguenze di un giocattolo rotto. In quelle settimane, era rimasto in silenzio più del solito. Aveva ponderato le possibilità, ascoltato quanto i colleghi avessero da dire in merito al criptico messaggio, e realizzato con netta e concreta consapevolezza che a nessuno dei Ministeriali sbattesse un cazzo di qualcosa della quota umana del Lotus. Se non ci fosse stata in atto una minaccia più grande, non avrebbero neanche preso in considerazione l’idea di fare qualcosa, perché cos’erano una cinquantina di persone quando avevano ai loro piedi l’intera umanità. Un ragionamento che comprendeva, e che trovava avesse senso… per loro. Nell’ottica in cui si richiedeva ad altri di unirsi, mancava però della scintilla di motivazione. I soldi spingevano i piani superiori ad entrare in azione, ma erano i sentimenti quelli a trascinare il popolo verso un unico obiettivo. Gli ideali. Non era stato lui a suggerire di sfruttare gli Smarriti come propaganda politica, ma ne era stato un fiero sostenitore. Aveva curvato le labbra verso l’alto, la guancia poggiata sul palmo della mano, e suggerito dolcemente che avrebbero potuto fare qualcosa di assolutamente utopico tipo pensare davvero a come liberare quelli che erano in tutto e per tutto diventati ostaggi. E perché mai dovremmo, gli avevano domandato, con il resto a cui pensare? Yale aveva liquidato la questione con un movimento distratto della mano ed uno sbuffo. Non lo so, Jared, magari perché a chi partecipa importa davvero, e vogliamo evitare una rivolta nel momento meno propizio. Magari perché se vogliamo che seguino le regole, dobbiamo concedere qualcosa, così da evitare di essere presi alla sprovvista e non sapere più come tirare le fila di un esercito di volontari privi di mentalità da soldati. Non so però, eh, valutate voi, era solo un’idea. Sia mai! Che era l’equivalente di un gentile succhiami l’uccello, perché di Yale si potevano dire tante cose tranne che non fosse un uomo delicato. Non si sopravviveva alla corte senza sapere il proprio posto; si vestiva da cortigiano a giullare a seconda delle necessità. Si era offerto di partecipare per visionare l’intero piano dall’interno. Mostrarsi parte degli altri, così da farli sentire più vicini ad un’entità antica e inamovibile come il Ministero. Era eccezionale nel far da ponte fra i due estremi della civiltà umana, perché dopotutto, era quello che aveva sempre fatto. Ufficialmente, Yale Hilton IV era un Consigliere irreprensibile, una risorsa fondamentale, e la colla che avrebbe tenuto insieme quella buffonata quando tutto sarebbe immancabilmente andato a puttane, considerando che non sapessero a cosa prepararsi. Non per mancanza di tentativi. La realtà era che non gliene potesse fottere un cazzo di meno di essere l’uomo copertina dell’ennesima guerra in nome della giustizia, o chi per essa. Se, per la prima volta nella sua vita, sceglieva di rischiare la sua vita per un reale motivo, e non le sue usuali tendenze suicida, era solo per Nahla. Glielo doveva. Aveva già perso tutto, e Yale… Yale si era preso una responsabilità, quando l’aveva accolta a casa sua. Non voleva averle dato il proprio nome solo come condanna, voleva significasse qualcosa. Era sopravvissuto a se stesso per quasi trent’anni, cosa mai poteva essere una scaramuccia magica fra chi comandava il mondo e chi cercava di cambiarlo. «che adorabile posticino» mormorò, pensando avesse fatto bene, un anno prima, a non seguire le orme dei suoi compagni di avventura per andare a bere qualcosa in amicizia in quella topaia. Si fingeva minima, ed in stile loft. L’unica cosa degna di nota del locale, era che fosse sopravvissuto alla guerra. Molte cose di Londra l’avevano fatto, stronza privilegiata ch’era, quindi neanche una gran menzione storica. Il perché fosse lì, era molto semplice: a caso. Totalmente, ed inequivocabilmente, senza motivo. Non un pensiero né un secondo fine. L’aveva solo intravisto con la coda dell’occhio nell’usuale passeggiata serale in cui cercava pub dove perdere i sensi o l’innocenza (vi state chiedendo quale? Fate bene, non ne aveva) e l’aveva trovato divertente. Non aveva avuto bisogno di altro per entrare, occupare uno dei tavoli, e sorridere al cameriere nel chiedere una bottiglia della cosa più economica che avevano, ed una di quelle più lussuose. Il meglio dei due mondi, come Hannah Montana. Tamburellò le dita sul tavolo, allungando poi le braccia sullo schienale alle proprie spalle. La mano arrivò a sfiorare la spalla di qualcuno, e dato che solo le persone depresse e tristi bevevano da sole, picchiettò l’indice sulla schiena della sconosciuto con l’invito ad unirsi al suo tavolo, e se voleva portare con sé chiunque stesse aspettando. Perlomeno, quella era l’idea. Quando lo vide, i meccanismi alquanto rallentati dal conoscere milioni di persone dell’Hilton, scattarono sull’attenti. Uno sconosciuto adorabile, pensò subito con un sorriso. Poi. Aspetta. Oblinder 2k23? Ed un sussulto che non nascose, la mano a coprire la bocca con sorpresa. «la mia anima gemella?!» GASP! | yale hilton | i may be sad but did you see my outfit | | | | sentinella seguace di arda [ dimezza attacco O difesa del nemico ] | MAGO LEADER |
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