Votes taken by bananasong

  1. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    LINGUINI
    SPECIAL
    MOVIES
    GIACOMO LINGUINI
    Osservò Ghali andare a sbattere contro Dargen e si diede una virtuale pacca sulla spalla per quel (minimo) (e non risolutivo) contributo alla causa, fornito, soprattutto, senza versare una goccia di sangue in più rispetto a quelle che avevano macchiato il pavimento del resort. Dettagli che il Linguini cercò di ignorare con tutto se stesso per ridurre la portata dei traumi che inevitabilmente sarebbero sopraggiunti (inclusa l'immagine di Cyleno arrostito da Wind); e si concentrò invece sul fatto che nessuno di loro fosse stato ferito (ok, sì, ma non gravemente, nonostante il tentativo di Yejun) e sui quattro ostaggi liberati. Sei, a voler essere precisi, ma abbiamo un po' paura di Grey, quindi aspetteremo che Melvin venga effettivamente messa in salvo prima di interagirci.
    Si guardò attorno per decidere a chi fornire il suo (non così) prezioso aiuto e la scelta ricadde sul cugino, che stava per essere azzoppato da Cyleno trasformatosi in un Materazzi qualunque. Si preoccupò di anticiparne la corsa e di prendersi il tempo necessario per legare i lacci delle scarpe tra loro, così da impedirgli di andare troppo lontano.
    Perché Giacomino non è l’eroe che Lotus merita,
    e neanche quello di cui ha bisogno adesso.


    (9) DIFESA VINC (wind + giacomino + dani): lega i lacci delle scarpe per farlo cadere

    CODICE
    <b>(20) DIFESA ETHAN (grey + mina + kyle):</b>
    <b>ATTACCO SHARPY (wren + kyle):</b>

    <b>(2) DIFESA GREY (ethan + javi + dani):</b>
    <b>ATTACCO GHALI (ethan + dani):</b>

    <b>(4) DIFESA CHOUKO (javi + wind + corvina):</b>
    <b>ATTACCO DARGEN (chouko):</b>

    <b>(9) DIFESA VINC (wind + giacomino + dani):</b>
    <b>ATTACCO CYLENO (wind):</b>

    <b>(8) DIFESA ELLIS (mina + ethan + corvina):</b>
    <b>ATTACCO CROZ (mina + corvina):</b>

    GREY LIBERA VIN E SCARLETT
  2. .
    I think I'll pace my apartment a few times
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    LINGUINI
    SPECIAL
    MOVIES
    GIACOMO LINGUINI
    Ok, il suo sguardo puro e le maniere gentili non erano bastate a far cambiare idea a Danny – ma lo aveva messo in conto, il Linguini; il piano B prevedeva illustrare all'uomo delle alternative di vita migliori e prospettargli un futuro lontano da sangue, rapimenti e attività criminose di vario genere.
    In più, non era riuscito ad ottenere nessuna informazione sulla presenza o meno di Ciruzzo all'interno di quel resort – e quello non fece altro che aumentare il livello di preoccupazione dell'italofrancese. Non poteva trovarsi di fronte a quei cattivi che, nei film, spifferavano i loro piani malvagi anche quando non veniva loro richiesto? Giacomino gli aveva offerto quella possibilità su un piatto d'argento e lui niente, zero, muto come un pesce!
    Infine, gli si era spezzata un'unghia.
    «Scusa per prima» si voltò verso Ellis e le sorrise. «Nessun problema!» non era fissato con la cura del corpo e aveva una soglia del dolore sopra la media grazie (alle torture nei laboratori? Anche, sì, ma soprattutto) ad anni di sfruttamento minorile nei campi di Canosa. Avrebbe potuto considerare quel piccolo inconveniente come una fortuna, persino, dal momento che gli permise di distrarsi e non vedere Yejun che spezzava il collo di Diodato o Grey che tagliava la gola di Brandy. A proposito di quest'ultimo, notò uno dei mercenari scattare in direzione del ragazzo e sfruttando quel (dilatato) lasso di tempo, cercò di ruotare Ghali sul posto e far in modo che, una volta annullati gli effetti del suo potere, continuasse a correre verso uno dei rapitori.
    Poi, tornò a disturbare Danny.
    «Scusi se insisto» mentre cerca di ucciderci «ma è sicuro di non sapere nulla degli altri ostaggi?»
    Perché Giacomino non è l’eroe che Lotus merita,
    e neanche quello di cui ha bisogno adesso.


    (9) DIFESA GREY (ellis + giacomino): lo sposta dalla traiettoria di Grey e...
    ATTACCO GHALI (giacomino): ... lo indirizza verso un altro rapitore

    CODICE
    <b>(4) DIFESA JOHN (mina + wren):</b>
    <b>ATTACCO BUCK (wren):</b>

    <b>(11) DIFESA WIND (wind + yejun):</b>
    <b>ATTACCO ETHOS (yejun):</b>

    <b>(10) DIFESA CHOUKO (ellis + ethan):</b>
    <b>ATTACCO DARGEN (ellis):</b>

    <b>(20) DIFESA VINC (vinc + mina):</b>
    <b>ATTACCO CYLENO (mina):</b>

    <b>(9) DIFESA GREY (ellis + giacomino):</b>
    <b>ATTACCO GHALI (giacomino):</b>
  3. .
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    LINGUINI
    SPECIAL
    MOVIES
    GIACOMO LINGUINI
    «sono preoccupato, sai?» confessò a Vincenzo, voltandosi brevemente verso di lui prima di spostare lo sguardo sul sentiero davanti a sé. Una risposta perfetta, tra le tante, a quel «ce li riportiamo a casa, mh?» pronunciato dal cugino poco prima; assolutamente condivisibile dal momento che non erano altro che un gruppo di eroi improvvisati che avevano deciso di aggrapparsi a voci di corridoio e andare incontro ad una trappola certa, senza alcuna garanzia di successo. Tuttavia, i pensieri dell'italofrancese erano rivolti altrove. Non era preoccupato per i pericoli che li avrebbero attesi, non quanto avrebbe dovuto e non quanto lo sarebbe stato se avesse avuto meno fiducia nel suo potere o se avesse vissuto più spesso nel mondo reale che nella sua bolla ovattata. E si era fatto bastare la notizia della (presunta) presenza degli ostaggi in quel resort per sentire il peso sul petto allentarsi e convincersi non soltanto del fatto che fossero vivi, ma che avrebbe potuto portarli in salvo – non aveva idea del come, ma sarebbe stato un problema del Giacomino del futuro. Era qualcos'altro a turbarlo, in quel momento. Qualcun altro. «Gin non ci perdonerà così facilmente» e no, non perché avrebbero riportato indietro anche Lapo; per quello sarebbe stato rimproverato dal resto della cuginanza. Non gli piaceva disubbidire, e non era solito farlo, ma non ci aveva pensato un attimo prima di decidere di unirsi agli altri volontari. C'erano due Linguini nel Lotus, più due in missione – c'era Ciruzzo, che aveva fatto scattare il primo campanello d'allarme quando aveva ignorato i suoi meme sulla Formula1. C'era Barbie, che il cronocineta aveva cercato, al BDE, per aggiornarlo sull'andamento delle sue lezioni alla scuola di cinema e su altri avvenimenti irrilevanti che non avrebbero meritato alcuna condivisione. C'era Vin, che non era riuscito a trovare né al P-Power né al Lilum (era stato anche lì, sì, a mali estremi) (potendo scegliere, però, preferiva essere circondato da mici). C'era Iris, la sorella di Myrtille. C'era Kaz, con cui aveva condiviso i traumi di un braccio mozzato e sventolato come trofeo di guerra, e Clay nel team di salvataggio. Ai suoi occhi, «non potevo non venire» aggiunse, come se stesse parlando direttamente con la proprietaria del Bar dello Sport. «ma sono sicuro che capirà» com'era sicuro del fatto che la notizia fosse già giunta alle orecchie di sua madre, e che la donna avesse immediatamente avvisato nonno Lino, e che quest'ultimo avesse richiamato tutte le conoscenze mobilitate in quei giorni di ricerca e le avesse indirizzate verso il resort per fornire loro i rinforzi necessari. E per dare fuoco a quel posto, molto probabilmente.
    Affondò le mani nelle tasche del giubbotto, fece un respiro profondo per allontanare quei pensieri e sfruttò i pochi minuti a loro disposizione per osservare l'ambiente circostante, prima dell'ingresso in scena dei mercenari e degli ostaggi. Ignorò momentaneamente i primi – e le cicatrici, gli sguardi feroci, le armi puntate nella loro direzione, il fatto che fossero in numero superiore rispetto a ciò che il Linguini aveva sperato (cioè zero) – e agitò la mano in direzione di Vin, Lapo e Iris – il viso di nuovo illuminato da un sorriso che cozzava con la situazione in cui si trovavano e che si smorzò in un attimo. «dove sono gli altri?» chiese, rivolto tanto ai suoi compagni quanto ai prigionieri; e avrebbe voluto ripetere la domanda, e sprigionare tutta la sua italianità per esprimersi a gesti e domandare loro come stessero, ma i rapitori sembravano impazienti di sterminare i presenti il prima possibile. Quindi, si costrinse a rimandare quello scambio di battute, tenere sotto controllo quella sensazione di panico che andava a diffondersi e provare a rendersi utile alla causa. Tanto per cominciare, rallentò il tempo per accostarsi a Ghali e tentare di sfilargli dalla mano il pugnale con cui stava cercando di colpire Grey; poi, sfruttò quella condizione per spostare Mina quel tanto che bastava per permetterle di evitare la gomitata di Bubbles; infine, mentre restituiva al tempo il suo scorrere naturale, si piazzò accanto a Bubbles per parlargli. Certo, avrebbe potuto sfoderare immediatamente la sua potentissima arma e chiudere lì la questione, ma non voleva mostrarsi così aggressivo fin da subito. Il primo – e il secondo, e il terzo, e il quarto – tentativo prevedeva sempre un approccio pacifico, nonostante all'improvviso avesse più fretta del previsto. «senta, scusi, salve, deve proprio?» si rivolse all'uomo, aspettandosi di leggere lo stupore, sul suo volto, nel vedere la figura del Linguini comparsa improvvisamente al suo fianco. «non voglio farle del male» non ne sarebbe stato in grado neanche se avesse voluto, ma non gli sembrava un'informazione da condividere con il rapitore. «può lasciarci andare e dirci dove sono gli altri?» un attimo, non aveva formulato bene la sua gentile richiesta. «non dei vostri» non sia mai, erano già abbastanza. «dei nostri dico»
    Perché Giacomino non è l’eroe che Lotus merita,
    e neanche quello di cui ha bisogno adesso.


    (14) DIFESA GREY (giacomino + javi): rallenta il tempo e prova a togliergli il pugnale di mano
    (16) DIFESA MINA (yejun + giacomino): sposta leggermente Mina
    ATTACCO BUBBLES (giacomino): lo confonde parlandoci

    CODICE
    <b>(11) DIFESA SEBASTIAN  (mina + john):</b>
    <b>ATTACCO G-BABY (john):</b>

    <b>(13) DIFESA JAVI (ethan + john):</b>
    <b>ATTACCO ALDO (ethan):</b>

    <b>(14) DIFESA GREY (giacomino + javi):</b>
    <b>ATTACCO GHALI (chouko):</b>

    <b>(16) DIFESA MINA (yejun + giacomino):</b>
    <b>ATTACCO BUBBLES (giacomino):</b>

    <b>(19) DIFESA ELLIS (javi + mina ):</b>
    <b>ATTACCO CROZ (mina):</b>
  4. .
    (niente cartonato quest'anno, ma vi seguo così)

    (fun)3r4l
    arma?dillo!
    errorsound
    gran_crispy
    oompaloompa
  5. .
    spe-cial /ˈspeʃ·əl/
    [adjective]
    out of the ordinary; unusual or exceptional.
    GIACOMO LINGUINI
    SPECIAL
    | too precious
    too pure
    CHRONOKINESIS
    03.12.2004
    NEUTRAL
    MOVIES
    WE ALL NEED MEMORIES
    Michael Halpert: PADRE
    Agnese Linguini: MADRE
    ROMOLO e REMO LINGUINI: CUGINI
    CIRUZZO LINGUINI: CUGINO
    GINEVRA LINGUINI: MAMMA CUGINA
    GIGIO LINGUINI: CUGINO
    CREZ LINGUINI: CUGINA
    LUX LINGUINI: CUGINA
    LAPO LINGUINI: CUGINO
    TUTTI I FIGLI DI LAPO: NIPOTI

    SPIRIT VAGINA SELVAGGIA: figlia
    FERRARI: figlia

    MELVIN DIESEL: FIDANZATA AMICA
    DYLAN KANE: MOGLIE AMICA
    BARBIE JAGGER: VITTIMA AMICO
    CLAY MORALES: AMICO (DI TRAUMI)
    THOR DE Thirteenth: AMICA
    ERISHA BYRNE: AMICA e GENITORE 1
    MYRTILLE ROUX: AMICA
    [06.06.21] extra: grifondoro vs serpeverde QUIDDITCH
    [21.06.21] extra: corvonero vs tassorosso QUIDDITCH
    [01.07.21] [prom '21] a hell of a prom PROM
    [25.08.21] i'm naturally funny because my life is a joke w/ BARBIE
    [14.02.22] [oblinder] cosa ridi se mi fa male w/ POSH
    [26.01.22] crippled inside w/ THOR
    [06.03.22] (vii) lezione di incantesimi, (v) trasfigurazione, (vi) arti oscure e (viii) scherma e strategia LEZIONE
    [12.03.22] [lezione: kredic] 2. sporty LEZIONE
    [19.04.22] extra: grifondoro vs corvonero QUIDDITCH
    [31.05.22] [prom '22] do you want to prom with me? PROMPOSAL
    [30.06.22] [prom '22] there's only two types of people in the prom w/ DYLAN
    [18.08.22] the gang throws a corpse party APERTA
    [24.10.22] [sdm + cp] gr01: oldstones LEZIONE
    [31.01.23] killing me softly w/ ERISHA
    [11.04.23] [ao + trasf] 3. papà castoro LEZIONE
    [30.01.23] 60 minutes to go w/ SVETLANA
    [28.02.23] there's a she wolf in the closet w/ MYRTILLE
    [11.06.23] [prom '23] i'll sleep when i'm dead [prompose] PROMPOSAL
    [31.07.23] [2022/2023] m.a.g.o. fascicolo #002 LEZIONE
    [31.07.23] [2022/2023] m.a.g.o. LEZIONE
    LIGHTS, CAMERA, ACTION!
  6. .
    giacomino linguini
    QUOTE
    QUOTE
    QUOTE
    QUOTE
    oddìo interiez. – Pronuncia e grafia unita, molto frequente, della esclamazione 'oh Dio', usata, con intonazioni diverse per esprimere sentimenti di varia natura:
    1) perplessità, incertezza

    es. «o., è quello che penso?» una domanda che il Vega rivolse più a se stesso che allo studente con cui stava chiacchierando in quel momento. Non perché dubitava che il ragazzo avesse sentito le note che si stavano diffondendo nel cortile del castello – sarebbe stato impossibile non farlo, con un volume così alto – ma perché era piuttosto sicuro che in pochi avrebbero potuto riconoscere quella canzone; persino al Linguini non capitava di ascoltarla tanto spesso quanto avrebbe voluto. Si guardò attorno, per cercare di capire chi avesse scelto di riprodurla, e si ritrovò a posare gli occhi su Gigio, prima, su Ciruzzo, poi, e infine su quel corpo estraneo. E ingombrante. E tutt'altro che discreto.
    es. «o., la senti anche tu?» non fece neanche in tempo a voltarsi in direzione di Erisha che la neo-special abbandonò gli appunti su cui erano impegnati quel pomeriggio e si affrettò a trascinarlo fuori dal dormitorio, senza fornirgli alcuna spiegazione. Non che ne avesse bisogno, il Vega, dal momento che 1) non aveva voglia di studiare e 2) si era convinto che l'amica fosse curiosa quanto lui di scoprire da dove provenisse quella canzone. Era certo di conoscerla; ok, non aveva idea del nome del brano o dell'autore, ma più la melodia proseguiva, più nella sua mente si delineava la scena cui quel pezzo aveva fatto da sfondo.
    es. «o., è un nostro ritratto?» ipotizzò, mentre le iridi nocciola si spostavano dagli omini in lacrime, raffigurati sul foglio che aveva tra le mani, al resto della pagina, alla ricerca di una frase, un indizio o qualunque altra indicazione potesse aiutarlo ad interpretare correttamente quel messaggio. Non era bravo a leggere i sottotesti – a volte neppure il testo principale –, quindi si fece guidare dall'istinto. E avrebbe anche potuto indicare l'esatto momento immortalato dall'amico – quando avevano dovuto fare amicizia con Jenny, conoscere l'orribile destino che le era toccato e dire addio per sempre al suo fantasma e parte della loro spensieratezza – se non fosse stato anticipato da un «è un buono» che lo portò a incrociare lo sguardo dello special in attesa di ulteriori spiegazioni. «sai, per una spalla su cui piangere nel caso l'occasione lo richiedesse»
    2) sorpresa, incredulità
    es. «O. È LA NUOVA FERRARI?» quella tanto appagante esteticamente quanto deludente nelle prestazioni? Un tempo sarebbe stato un orgoglio affermare di essere fan del Cavallino Rampante; di recente, invece, era diventata soltanto una condanna ad una lenta e perpetua sofferenza. Tuttavia, il Vega non poteva non tifare per la scuderia italiana. Era un dovere farlo. Era una tradizione. Era un momento di condivisione e una croce che potevano portare soltanto assieme. A differenza del calcio: in quel caso, non poteva essere milanista, come Gigio, perché avrebbe scontentato Lollo e Remo; non poteva essere romanista senza sentire le lamentele di Lapo; non poteva essere juventino senza rischiare di perdere il saluto di Gin; non poteva essere interista perché– beh, nessuno avrebbe mai scelto di esserlo, lo sapeva anche lui.
    Si precipitò verso la riproduzione della famosa monoposto – la bocca lievemente dischiusa, gli occhi sgranati pronti a registrare ogni dettaglio fedelmente ricostruito e le dita ad accarezzare la carrozzeria spigolosa disegnata da migliaia di mattoncini LEGO. «l'hai fatta tu?» quando? E quanto ci aveva messo? Potevano smontarla e rifarla insieme? «e la posso provare?» sarebbe stato come tornare alla loro infanzia (ma anche a pochi mesi prima), quando lui e Ciruzzo si divertivano in giardino con le loro macchine giocattolo, replicando le sfide automobilistiche che avevano visto in televisione poco prima; uniti da una passione che, per gli unici cugini costretti a rimanere in Puglia oltre le vacanze estive, aveva un significato speciale. «non è che ce n'è una anche per me?» così, chiedeva. Non voleva dare l'idea di disprezzare i regali che riceveva di solito dai cugini (tra cui i sex toys di Ciruzzo o un ingresso al Lilum per festeggiare la maggiore età), ma quella? Quella sarebbe stata un sogno! Soltanto alla fine tornò sul cartellone mostrato dal Nott e su quell'evento che, per carattere e per i recenti avvenimenti storici, aveva del tutto rimosso.
    es. «O. MA È DAVVERO SAY ANYTHING una volta superata la soglia d'ingresso del dormitorio, si trovò davanti Myrtille, che aveva con sé uno stereo, sollevato oltre la sua testa, esattamente come il protagonista della commedia in questione. Aveva trovato la clip di quell'iconica scena su youtube o «lo hai visto anche tu?» non così scontato dal momento che si trattava di un film del 1989. Non era neppure il genere preferito dal Linguini, a onor del vero, ma (aveva visto un film a luci rosse per prepararsi al primo prom) (esistevano dei cult che non poteva permettersi di trascurare, se voleva avere successo nel mondo del cinema) era sinceramente emozionato per quella citazione! Era già pronto a chiederle quanto le fosse piaciuto, se lo considerasse ancora attuale, se i protagonisti le fossero sembrati credibili, se i personaggi secondari avessero avuto il giusto spazio, se avesse avuto l'impressione che la pellicola fosse troppo breve o troppo lunga, e una serie di altre domande, quando «VUOI VENIRE AL BALLO CON ME GIACOMINO LINGUINI?» uh. Non se l'aspettava. Avrebbe dovuto, ovviamente, per una serie di lampanti motivi, ma fu colto ugualmente alla sprovvista.
    es. «O.» gli sorrise e non aggiunse altro soltanto perché l'unica cosa che il Vega avrebbe voluto fare sarebbe stata abbracciare Clay e ringraziarlo per quel regalo inaspettato. Ma «scusa, intendevo al prom» si bloccò, chiaramente confuso da quella nuova informazione. Che doveva succedere al ballo? Perché avrebbe dovuto mettersi a piangere? Ci sarebbe stato un emozionante saluto agli studenti dell'ultimo anno, preludio dei fiumi di spumante che avrebbero versato studenti e staff dopo la liberazione del castello dalla dinastia Linguini? «devo... sapere qualcosa?» possibile, eh, non capiva mai nulla di quello che succedeva «cioè non dico che avrai bisogno di piangere, spero di no» non del tutto rassicurante, ma iniziò ad abbassare il sopracciglio, e mostrare un'espressione via via più distesa, prima di sentire quel «puoi usarlo con chi vuoi, ovviamente» che lo lasciò interdetto ancora una volta. Era un regalo di Clay, perché avrebbe dovuto usarlo con qualcun altro? E perché qualcuno avrebbe dovuto accettare di sorbirsi un Giacomino in lacrime, se si fosse presentato con il suo nuovo coupon? «ma io voglio usarlo con te» nel pronunciare quelle parole, si rese conto che non suonavano esattamente come aveva immaginato. «cioè, aspetta, non è che voglio farti piangere» portò le mani avanti, per impedirgli di parlare prima che potesse spiegarsi meglio – anche se sperava che Clay avesse capito da sé quello che lo special avrebbe voluto lasciar intendere. «dico, se dovessi averne bisogno. In futuro. O a breve, chissà» non lui, non aveva mica capito se dovesse preoccuparsi o meno del prom «ma, ecco, potrei venire da te?»
    3) spavento, agitazione
    es. «oddio?»
    La stessa preoccupazione che avrebbe dovuto provare se avesse anche solo tentato di immaginare che i progetti di Ciruzzo per l'ultima festa del loro ultimo (professori: *manifesting*) anno scolastico. Eppure, «mi passi a prendere con questa vero?» non contava nient'altro in quel momento.
    O quella che lo avrebbe animato se si fosse soffermato sul testo di Your Eyes, se avesse colto i segnali lanciati da Myrtille o se non avesse scelto di credere che anche lei, come Dylan, gli avesse chiesto di andarci come amici. «oh, grazie, mi piacerebbe» un incipit che avrebbe potuto essere accompagnato da un ma, se a pronunciarlo non fosse stato lo special. Valutò per un istante i pro e i contro della faccenda, sforzandosi in un esercizio cui era così poco abituato da fallire immediatamente. «c'è anche mio cugino, Ciruzzo» e forse, in seguito, sarebbero stato raggiunti dal resto della famiglia, pronta a festeggiare la fine del percorso scolastico ancor prima di sapere se sarebbero riusciti a superare i MAGO. «ti va se ci andiamo insieme?»
    Quella che avrebbe dovuto provare, sapendo che Nonno Lino avrebbe impugnato il testamento dopo aver scoperto la nazionalità di Myrtille.
    O quella che– nah, non si preoccupò affatto quando anche Clay gli fece la stessa proposta. Era semplicemente senza parole, sopraffatto dagli inviti che aveva ricevuto e dalle manifestazioni d'affetto nei suoi confronti. Si lanciò verso il ragazzo e lo strinse in un abbraccio, prima di liberarlo dalla presa, allontanarsi e sorridergli con occhi e fossette – pack completo. «certo!» «come amici, eh» e lo special era anche stato chiaro fin da subito! Quindi non sarebbe stato un problema andarci in quattro, giusto? «ci troviamo in sala comune!»
    gif code
    18 | VII
    vega
    crono
  7. .
    GIACOMO
    LINGUINI
    18 y.o.
    special, chronokinesis
    Ivorbone, Vega
    Linguini
    I don't want a lot for Christmas
    There is just one thing I need
    I don't care about the presents
    underneath the Christmas tree
    I just want non morire qui
    Frugò nelle tasche, tirando fuori gli appunti dell’ultima lezione, un foglietto con su scritte cifre che non avrebbe più saputo a cosa associare, un tovagliolo (pulito) preso durante una delle sue visite al suo maestro di vita (Barbie), un’altra serie di cartacce e— «eccola!» la lista che avrebbe mostrato al commerciante di fronte a sé se solo, nel sollevare lo sguardo, non si fosse accorto che nel suo campo visivo era comparsa «Spirit?» che ci faceva lì con «Erisha!» sorrise all’amica e riservò una carezza, con l’indice, all’animaletto peloso cui la corvonero aveva permesso di occupare il coperchio del suo bicchiere e infrangere ogni norma igienica. Non che per Giacomino la condivisione del cibo fosse un problema, tutt’altro. «Sì, stavo giusto chiedendo al signore se avesse qualcosa per… beh, praticamente tutti» ammise, mentre le iridi scorrevano sull’elenco di nominativi cui si era ripromesso di comprare un regalo per Natale; nessuno dei quali era stato ancora cancellato. «Direi che… possiamo prenderli da un’altra parte, ti accompagno!! la ringraziamo per la disponibilità» uh? Non era scortese piantarlo in asso così, senza prendere neanche una di quelle (inquietanti) palline di Natale o dei dolcetti (sicuramente avvelenati) che aveva esposto sul bancone? Fece per scusarsi con l’uomo per il disturbo che gli aveva arrecato, mentre la Byrne tentava di trascinarlo via da quel vicolo, e nel voltarsi si rese conto che, al posto del commerciante e di tutta la sua roba, era rimasta soltanto un’anonima scatola in legno.
    «Eri?» piantò i piedi a terra, costringendo la ragazza ad arrestare la marcia verso lidi più sicuri, e le indicò l’oggetto abbandonato per strada. «Lo avrà dimenticato mentre andava via in fretta e furia» quanto ci aveva messo a chiudere baracca e burattini? Due secondi netti? Doveva essere davvero furioso per la mancata vendita. «Ho paura di vedere cosa c’è dentro» sentimento che avrebbe dovuto essere condiviso anche dallo special, se solo (la curiosità non lo rendesse imprudente, nella stragrande maggioranza dei casi) la sua preoccupazione non fosse legata a tutt’altro. «Non è nostro, non credo dovremmo aprirlo, sai?» poteva contenere qualcosa di estremamente personale; e sua madre gli aveva insegnato a non mettere il naso negli affari altrui — e a non accettare caramelle dagli sconosciuti, figurarsi un contenitore misterioso. Ma la Byrne non sembrava dello stesso parere dal momento che non esitò a restituirgli la bella addormentata sul caffellatte e scoperchiare la scatola.
    «È un… uovo?» si accucciò, il Linguini, inclinando la testa prima verso sinistra e poi verso destra per osservare meglio l’oggetto appena svelato. Era decisamente un uovo; di cosa, nello specifico, non ne aveva idea. Conosceva quelli di Alien, di dinosauro, e di un sacco di altre specie che aveva visto (nei film e) nella tenuta di Canosa. Ma rispondere così, su due piedi? «SI STA SCHIUDENDO!! che facciamo?!» beh, avrebbero dovuto accogliere il nascituro, no? Non potevano certo richiudere la scatola e fare finta di niente. «Pensi che ci scambierà per i suoi genitori?» ci avrebbe scommesso, lo special. Sarebbero state le prime persone che avrebbe visto dopo essersi affacciato al mondo, i primi profumi che avrebbe registrato tra gli odori discutibili della stradina in cui si erano fermati. «Dobbiamo restituirlo a quel signore» che sarebbe stato sicuramente distrutto una volta scoperto di aver perso la sua creatura. «Possiamo fare un giro, e mettere dei manifesti» era piuttosto certo che l’uomo avrebbe battuto ogni centimetro di quella cittadina per ritrovare la scatola e, nel farlo, avrebbe notato i disegni che i due studenti avrebbero affisso ovunque, li avrebbe ricontattati e la vicenda si sarebbe chiusa in breve tempo con un lieto fine. «Oppure potrei tornare indietro nel tempo e infilargli un bigliettino in tasca!» perché di portare l'uovo con sé, in quella bolla, e rischiare che qualcosa andasse storto non se ne parlava.
    Sentì il rumore del guscio che continuava a rompersi e finalmente lo vide, quel becco rosa che sembrava sorridergli.
    (e fu travolto dai war flashback su Nolan, sui momenti felici trascorsi insieme a quella morbida palla di piume e su come la sua famiglia lo avesse ingannato, cucinando il suo animaletto da compagnia.)
    Poi fu la volta delle zampette palmate con cui provò a muovere i primi passi fuori dal guscio.
    «Te l’ho mai detto che avevo un pulcino? E che è morto?» magari la Byrne non era presente alla festa di Barry, e si era persa quel racconto assolutamente non richiesto.
    E degli occhietti neri da demone.
    E— «è un coltello quello?»
    Guardò la lama, poi Erisha.
    L’attimo dopo, Vagina Selvaggia aveva riacquistato le dimensioni di un animale da soma e li aveva spinti entrambi qualche metro più indietro, lontano dalla bestiolina che aveva appena visto la luce. «Spirit, lo so che vuoi proteggerci» che fosse gelosa, invece? «ma sarà solo spaventato, non vuole certo farci del male» poi, si voltò verso Erisha. «ci avviciniamo, no?»
    1:26
    4:38
    Last Christmas, Wham!
  8. .
    We do our best vampire routines
    As we suck the dying hours dry
    18 y.o.Vega
    Giacomo
    Linguini
    Non era così che aveva immaginato sarebbero andate le cose. Succedeva piuttosto spesso che la realtà si discostasse dagli scenari prefigurati nella sua mente, e forse avrebbe dovuto aspettarselo anche quella volta, ma il Vega era sicuro che non sarebbe stato quello il caso. Aveva delle solide basi per crederlo.
    Aveva delle prove tangibili.
    Aveva esperienza.
    Aveva sbagliato.
    Magari era stato solo fortunato, un anno prima. Nessun intoppo, nessuna crisi, nessuna difficoltà da registrare. Era stato perfetto, idilliaco. Non avrebbe potuto chiedere nulla di meglio dalla sua prima esperienza genitoriale. E si era illuso, ingenuamente, che con il secondogenito sarebbe stato lo stesso, che quell'esserino lo avrebbe amato tanto quanto lo amava lo special e che le uniche preoccupazioni sarebbero state legate ai prodotti da usare per renderne morbido il piumaggio o al tenerla lontana da zia Rosetta per evitare finisse al forno con contorno di patate.
    Ma Ferrari non era Spirit.
    Era una creatura complessa (a dir poco, ma non avrebbe mai parlato male dei suoi figli), fortemente influenzata dall’ambiente ostile in cui aveva vissuto. Era arrivato a pensare, il Vega, che se togliere una paperella da Dark Street si era rivelato relativamente semplice, togliere Dark Street dalla paperella non lo sarebbe stato altrettanto. C'era una chiara impronta criminale che Giacomino ed Erisha non erano riusciti a cancellare, una furia implacabile pronta ad esplodere in qualsiasi momento. Nelle ultime settimane non avevano fatto altro che rimediare alla serie di spiacevoli incidenti che il bipede palmato aveva causato, scusarsi con gli studenti che, in piena notte, si erano svegliati con un pennuto munito di coltello a fissarli nel buio o sperimentare tecniche educative sempre nuove (tra cui quella di indossare un costume da papera) per mostrare alla bestiolina come comportarsi in una società (più o meno) civile.
    Risultati?
    1. Ferrari continuava a seminare il panico, senza mostrare alcun segno di miglioramento – al contrario, quando Lollo aveva lasciato Erisha, il suo piumaggio era diventato di un rosso ancor più intenso e la vena omicida aveva iniziato a pulsare così spesso da costringerli a legarla come Hannibal infilarla in un marsupio per neonati; se non altro, avevano capito che si era affezionata alla corvonero.
    2. i suoi cugini, parenti e amici gli avevano ordinato di smettere di adottare tutti gli animali che incontrava.
    3. Giacomino era stremato.
    Si tirò su, stropicciò gli occhi e abbandonò il divano del salottino comune su cui aveva passato le ultime ore a sonnecchiare, circondato da una serie di titoli che andavano da "Manuale per genitori disperati" a "Nella mente di un serial killer". Raccolse i libri e si incamminò verso il dormitorio prima che il suo stomaco, con rumori molesti difficili da ignorare, reclamasse una breve deviazione nelle cucine – anche se, con buona probabilità, niente di quello che avrebbe trovato nel pacco arrivato da Canosa sarebbe stato adatto ad uno spuntino di mezzanotte.
    Una volta superato l'uscio, si accorse di non essere l'unica persona presente all'interno della stanza. «oddio, scusa» come se avesse appena invaso uno spazio privato o interrotto qualcosa (non una tresca, ovviamente, aveva una mente troppo pura per pensare che la studentessa fosse in dolce compagnia). Non si aspettava di trovare qualcuno a quell'ora della notte, soprattutto dal momento che la persona che aveva abbondantemente superato il coprifuoco non apparteneva a Different Lodge; non che fosse un problema. Non lo era neppure il giubbotto indossato sul pigiama, Giacomino era un grande fan dello stile casual. L'unico dettaglio stonato, e che fece deragliare in un istante i pensieri del Vega, era la terra che ricopriva i piedi di Myrtille. E l'unica cosa che gli venne in mente fu che la studentessa si trovasse nel bel mezzo di un episodio di sonnambulismo. Dubbio che gli sembrò perfettamente legittimo; peccato che di quel disturbo il Linguini sapesse poco o nulla, se non che (la gente non camminava come gli zombie, con le braccia tese davanti a sé, e che) era assolutamente sconsigliato di svegliare chi ne era affetto.
    Quindi aveva già rischiato di traumatizzarla per sempre.
    Si portò le mani alla bocca, per impedirsi di emettere un altro suono, e tentò di riflettere sul da farsi. Non poteva teletrasportarla nel suo dormitorio dal momento che non aveva idea degli effetti che il suo potere avrebbe avuto su di lei. Ma non poteva neppure lasciarla lì, tra coltelli e pericoli di ogni genere.
    Rallentò il tempo e fece sparire tutti gli oggetti contundenti e non presenti nella stanza (portandoli nella sua camera) (sarebbe stato un problema del Giacomino del futuro non finirci sopra una volta rientrato) (e spiegare di non averli rubati), senza che la studentessa potesse accorgersi dei suoi spostamenti. Magari, tra un battito di ciglia e l'altro, si sarebbe domandata perché la cucina si fosse svuotata all'improvviso.
    Doveva coprire anche gli spigoli (come nessuno aveva mai fatto a Canosa)?
    Per il momento, si limitò a fissarla, in religioso silenzio e in uno stato di perfetta immobilità, come se si trovasse davanti ad un animale pronto a fuggire al minimo rumore.
    Giacomino:
    Myrtille:
    Giacomino:
    J:
    Giacomino:
    Stop and stare
    I think I'm moving, but I go nowhere
    Yeah, I know that everyone gets scared
    OneRepublic
    Stop & Stare
    Dreaming Out Loud
  9. .
    Dwight Halpert
    giacomino?
    Concetto relativo, quello della normalità.
    Dipendeva dall'epoca storica, dalla cultura, dal singolo individuo.
    Nel mondo da cui Margaret Piper proveniva, ad esempio, il comportamento dell'italiano sarebbe risultato lontano da ogni logica e schema sociale — più del solito, s'intende.
    Perché avrebbe potuto reagire in mille modi differenti.
    Avrebbe potuto mostrare un minimo di preoccupazione, tanto per cominciare, davanti al corpo di una donna distesa sul manto erboso, viso rivolto verso il basso, articolazioni disposte secondo angoli innaturali e segni vitali apparentemente assenti.
    Avrebbe potuto urlare, fare appello a doti curative che non possedeva, avvicinarsi o restare paralizzato, pensare di essere vittima di uno scherzo di pessimo gusto organizzato dai cugini o di essere finito in una dimensione di addestramento.
    Avrebbe potuto domandarsi, dalla sua bolla di innocenza e purezza, se la fanciulla si fosse addormentata nel bosco in seguito ad una sbronza colossale, se solo quel Giacomino avesse saputo cosa volesse dire ubriacarsi — non che l’originale fosse un beone, ma era pur sempre cresciuto a latte e limoncello.
    Avrebbe potuto chiedersi se fosse trapassata, accertarsene e chiamare aiuto, se la morte fosse stata un’opzione plausibile, in quel mondo. Purtroppo o per fortuna, non si poteva morire lì. O meglio, capitava, di tanto in tanto, ma non era una condizione definitiva. Né tantomeno spaventosa — i contorni del loro campo visivo si restringevano verso l’interno, facendo calare l’oscurità per qualche istante; un battito di ciglia e, davanti ai propri occhi, c’era lo stesso paesaggio di sempre.
    Esistevano regole ben precise nell’universo in cui si trovavano in quel momento, scenari che si ripetevano costanti secondo un'alternanza che qualcuno avrebbe potuto definire noiosa, ma che lui, al contrario, trovava incredibilmente rassicurante. Sapeva sempre cosa aspettarsi; e nonostante questo, in decenni di regno, il divertimento non era mai mancato.
    Ogni tanto saltava fuori qualche stranezza, qualche comportamento imprevisto che neppure lui riusciva a spiegarsi, ma non se ne preoccupava affatto. Un sonno ristoratore si era sempre rivelato più che sufficiente per rimettere le cose a posto. Per quello non fece una piega di fronte alla sagoma scomposta della Piper.
    Doveva essere uno di quei momenti, pensò. «Pappapà-pappaparappapapappà» fu quello che canticchiò, invece, ad alta voce. Contemporaneamente, continuò a girare attorno alla salma, pugni stretti, gomiti ad angolo retto, braccia aderenti ai fianchi, velocità superiore rispetto alla media e il corpo che si illuminava ad intermittenza. Un evento speciale e di breve durata, ma tutto sommato nella norma, da quelle parti. «Hello, princess trillò, entusiasta, quando la sua nuova compagna diede un cenno di vita. Non un modo di dire o l’equivalente delle espressioni con cui Nonno Lino era solito salutare amici di cui non ricordava né nome né esistenza. Era serio, serissimo! Era al cospetto di una vera principessa, il cui vestito elegante, i guanti in raso, i gioielli splendenti e la tiara di diamanti si scontravano con l’abbigliamento dell'italiano, che indossava una semplice salopette e un cappello più largo del necessario. «Andiamo?» e mentre aspettava che la Piper si tirasse su, si avvicinò ad un gruppo di mattoni sospesi nel bel mezzo del nulla, si collocò sotto uno di questi e, con una testata e assoluta nonchalance, ne frantumò uno. «È USCITO UN FUNGO!» una delle sue cose preferite al mondo! Insieme al salvare principesse, sconfiggere mostri, saltare su esseri indefiniti dallo sguardo minaccioso, evitare boomerang lanciati dalle tartarughe, scappare dal sole cattivo e una serie di altre attività che lo tenevano impegnato da decenni. «È tuo, prendilo!» lui era già nel suo formato naturale, non ne aveva bisogno in quel momento. Rimase immobile, sorriso stampato sotto i baffi, mentre quello che non era né una verdura né un ortaggio — e che aveva dimensioni esagerate — slittava verso il burrone più vicino.
    Non aveva intenzione di mangiarlo? Lo avrebbe lasciato cadere? Avrebbe sprecato così il cibo? Aspettò qualche istante, ancora, prima di fiondarsi in quella direzione.
    E cadere nel vuoto col fungo.



    The end?



    No, certo che no.
    «Tutto bene?» chiese, sbucando alle spalle della fanciulla dalla parte opposta rispetto a quella da cui era appena precipitato. Perfettamente normale anche quello, per lui. «Dovremmo affrettarci, prima che arrivi»
    Super
    Mario
    Bros
    Nice of the princess to invite us over il suo trip allucinogeno, eh?
  10. .
    «Comunque si chiama Dwight. Ti chiami Dwight, no?» «Giacomino» cit.
    giacomo linguini
    (aka dwight)
    C’era stato un momento – un folle attimo di cui avrebbe fatto ammenda in seguito – in cui l’incrollabile fiducia di Dwight verso il genere umano si era incrinata. Impercettibilmente, forse, e di certo non in maniera irreversibile, ma aveva davvero considerato l’ipotesi che Barbie fosse entusiasta di quella situazione quanto lo sarebbe stato se gli avessero chiesto di contare tutte le scaglie di cioccolato contenute nel dispenser alle sue spalle. E ad instillare il dubbio non erano stati gli eloquenti sguardi dello special – le iridi puntate verso l’alto fino a sparire sotto le palpebre – né il tono piatto delle sue lapidarie repliche. Erano bastate due parole. Ci era voluto – del tempo, ma ne avevano a sufficienza, per la gioia del Jagger – quell’«e q-q-quindi» che la mente dell’italiano aveva istintivamente tradotto in un più familiare ed esplicativo «e sti cazzi?».
    Lo faceva spesso, il Vega, – non utilizzare un linguaggio scurrile ma – aveva sempre avuto il vizio di interpretare liberamente le risposte altrui. Aveva dovuto imparare a farlo, per compensare le sue discutibili abilità sociali o colmare le differenze linguistiche. Di volta in volta, si era lasciato aiutare dall’espressione sul volto del suo interlocutore (per uno scarso 10%, se avesse dovuto fornire una percentuale; aveva imparato da Crez e Lux che si poteva benissimo sorridere ed augurare all’altra un fulminante attacco di dissenteria), dal contesto (un modesto 20% perché le dinamiche attorno ai Linguini non erano mai del tutto chiare), dalla sua fantasia (unico strumento su cui avrebbe sempre potuto fare affidamento) e dalle sue conoscenze pregresse (che finivano per sembrare alquanto limitate quando la persona che aveva davanti iniziava a parlare in un pugliese stretto che tendeva a sfociare nell’inglese maccheronico, per poi fondersi con espressioni tipiche del dialetto milanese che, a sua volta, aveva ricevuto contaminazioni da altri idiomi sparsi per il resto della penisola – in poche parole, ogniqualvolta si trovava invischiato in una normale conversazione in famiglia).
    E proprio in virtù di quel difetto che lo caratterizzava, decise di concedere a Barbie il beneficio del dubbio. Lo guardò a lungo, domandandosi se non fosse stato lui stesso ad aver utilizzato impropriamente dei vocaboli inglesi, traendo in errore il suo nuovo amico. O forse, quello del Jagger, non era affatto un tentativo di sminuire e archiviare la questione quanto più un modo per stimolare l’italiano a trovare da sé la soluzione a quel problema – un incipit, come lui aveva tentato di fornirlo allo special nel provare a comprendere se la sua memoria si stesse sgretolando con una rapidità preoccupante. Cercò di fare uno sforzo, dunque, di seguire quell’esercizio mentale che gli imponeva di partire da una sua considerazione – «Potrebbe insultarmi», ad esempio – per poi giungere ad un punto di svolta. «e q-q-quindi» «e quindi sarebbe un’esperienza… di crescita?» non fremeva all’idea di essere ricoperto di frasi poco lusinghiere, ma non lo avrebbe neppure trovato eccessivamente imbarazzante – concetto che, dopo essere cresciuto con i Linguini, aveva assunto contorni molto vaghi. E poi, «Dylan potrebbe sfogarsi e stare meglio!» esclamò, entusiasta per la conclusione cui era arrivato senza che fosse l’amico ad imbeccarlo ulteriormente. Perché era lì che Barbie voleva farlo arrivare, no? No. Una volta capito il gioco, continuò riprendendo un’altra delle sue obiezioni: «Potrebbe piangere» «e quindi... qui è pieno di fazzolettini» anche se né lui né il Jagger sembravano intenzionati ad utilizzarli per scrostare il gelato dalle loro mani. «No, aspetta» non poteva certo essere una conclusione così banale. «Piangere fa bene?» (cit Behan) il punto era sempre quello, dopotutto, far stare meglio la Kane nonostante fosse lui la causa di quel profondo dolore che cercava di alleviare. Piuttosto contorto, doveva ammetterlo, ma l’idea che entrambi i ragionamenti lo avessero condotto lì, lo convinse di essere sulla strada giusta. Quello e il fatto che Barbie lo avesse incitato a proseguire, facendogli un cenno. «Potrebbe chiedermi spiegazioni» «e quindi» vide Barbie allungare una mano nella sua direzione – che avesse deciso di schiaffeggiarlo per la risposta data? Di benedirlo, forse? Ne aveva le facoltà? – e si lasciò shakerare senza opporre alcuna resistenza – magari voleva solo riordinarne i pensieri. «n-n-n» non gli era piaciuta la citazione? «non scoperai m-m-mai nella v-vita» ah. «Lo pensi davvero?» e forse, a quel punto, il Jagger avrebbe temuto l’ennesima richiesta di aiuto per scongiurare una simile prospettiva. Invece, il Vega concluse con uno «speriamo» che dava un’indicazione piuttosto chiara della sua posizione in merito. Non aveva problemi con il suo corpo – non ne accettava tutte le reazioni, certo, ma stava imparando a conviverci – né a spogliarsi come ogni pg di Alice – era impossibile vivere a Canosa, condividere ogni centimetro quadrato con un’altra decina di persone e mantenere inalterato il senso del pudore – ma l’idea di giocare a tetris con altri individui non lo entusiasmava affatto – specie dopo aver sentito, suo malgrado, i racconti che (quasi) tutti i cugini ci avevano tenuto a condividere con lui.
    E a proposito di Linguini, «questa c-c-crez c-conosce tanta g-g-gente disposta a r-rapire le p-p-persone?» non aveva idea della lista di amici della ragazza, ma era piuttosto sicuro di «no, figurati!» come gli era venuta in mente una simile domanda? Il Vega aveva soltanto detto di essere pronto ad un futuro, più o meno lontano, in cui l’italiana avrebbe potuto essere rapita, non che frequentasse abitualmente gente di quel tipo. «Cioè» a pensarci bene, era capitato che alcuni di loro venissero barattati da Lucrezia in seguito a debiti di gioco contratti; dunque, avrebbe dovuto concludere che trattasse con persone dalla morale talmente discutibile da poter essere disposti al rapimento. «Credo» si fermò a riflettere, lo sguardo puntato su un oggetto qualunque sul bancone, viso corrucciato e la mente impegnata ad unire i puntini di quel ragionamento. Ok, non c’era una differenza poi così sostanziale «ma» la domanda era un’altra, dunque. «c-c-chiedo per m-me.» perché voleva saperlo, Barbie? «oh, ho capito» non aveva capito. «non devi preoccuparti di noi, siamo brave persone» salutiamo sempre (cit. i vicini degli assassini accusati dei crimini più efferati della storia). Era chiaramente colpa della lingua, ancora una volta; doveva aver impostato male la frase, tanto da indurre il Jagger a credere che la sua famiglia navigasse in acque pericolose e spingerlo a sentirsi minacciato (dal fatto che quella pausa temporale stesse diventando un sequestro di persona?) dalla presenza del giovane special. Bastava guardarlo per capire che un simile timore non avesse alcun fondamento!
    Si rabbuiò per un attimo, e proprio quando stava iniziando a credere che la collaborazione con Barbie non avrebbe portato i risultati sperati, avvenne la svolta.
    E arrivò il consiglio™.
    «d-dille che t-t-tua m-mamma non v-vuole»
    Rimase in silenzio, ponderando quelle parole. Poteva funzionare? Il parere di un genitore era importante, dopotutto. Non si poteva certo discutere con un adulto – loro sapevano tutto, avevano vissuto più a lungo, avevano avuto esperienze diverse, conoscevano il mondo e avevano sempre un’idea precisa di come sarebbero andate le cose. Dunque, aveva senso. Nella sua semplicità, aveva perfettamente senso. Non si aspettava certo che Dylan gli chiedesse di impersonare un giovane Romeo e andare contro il volere della sua famiglia.
    Vero?
    Fece per rispondere e ringraziare Barbie per quell’illuminante consiglio, ma il suo nuovo amico e maestro proseguì.
    «v-vuoi»
    Forse non il migliore degli inizi dato che, lo stesso incipit, ascoltato pochi minuti prima, lo aveva portato a cristallizzare il tempo per sfuggire ad una proposta di matrimonio. Eppure, sgranò lentamente gli occhi, il fiato sospeso in attesa di conoscere le parole successive.
    «p-provare c-con m-m-me?»
    Lo sapeva, lo aveva sempre saputo! Dal momento in cui aveva stretto la mano alla sua e lo aveva trascinato in un quella situazione potenzialmente mortale, aveva sentito che Barbie era l’uomo giusto. Saggio, profondo, esperto conoscitore del genere umano. Talmente buono da non poter fare a meno di aiutarlo.
    «Sì!» rispose, senza trattenere l’entusiasmo per quella proposta. «Sì, grazie! Allora, ok, dammi un minuto e ci sono» si passò una mano sul viso, per cancellare il largo sorriso che era comparso e tornare serio. Chiuse gli occhi, inspirò profondamente ed espirò. Quando li riaprì, puntando le iridi in quelle del Jagger, si sentiva perfettamente calato nella parte.
    «Dylan» e fin lì, nessun problema – anche perché non conosceva il nome dello special, quindi sarebbe stato praticamente impossibile fare confusione. Un momento. «Pausa, stop, un attimo. Io sono Dwight, mi dispiace non essermi presentato prima, sono stato pessimo» allungò una mano nella sua direzione, aspettò una risposta (e il suo perdono) e proseguì. «Dicevo... Dylan, sono lusingato» giusto un po’ meno rispetto a quando credeva che quella proposta fosse dettata da un sentimento sincero, piuttosto che dal vile denaro. «ma mia madre non vorrebbe questo per me» a quel punto avrebbe dovuto interrompersi, attenendosi così alle indicazioni del Jagger, ma aveva la sensazione che mancasse ancora qualcosa. «non sei tu il problema, davvero» un grande classico con cui sperava di risollevare l’autostima della ragazza senza dover rispondere alle domande sul perché la futura suocera la odiasse senza averla neppure conosciuta «è lei» no, un momento. Non voleva mettere sua madre in cattiva luce «cioè, la mia famiglia» chissà se, in quell’istante, il sesto senso dei Linguini si era attivato, percependo l’eresia che aveva appena pronunciato, o se la bolla avrebbe impedito ogni contatto telepatico. «No, no, no, aspetta» da bravo italiano, iniziò a gesticolare per rafforzare i concetti che stava tentando di esprimere. «Voglio bene alla mia famiglia» davvero, un sacco! «è che ci sono tradizioni particolari» talmente tante che non sarebbe bastata una vita intera per conoscerle tutte; e poi, rimanere sul vago avrebbe giocato a suo favore, no? «per esempio, io ero pronto a sposare Melvin» beh, non proprio pronto, quanto più «ad assumermi le mie responsabilità» derivate da cosa, nello specifico, lo sapeva soltanto lui «ma hanno impedito tutto» e ne era stato sollevato, ad essere sincero. Non perché la special non gli piacesse, tutt’altro, ma perché quella storia del matrimonio – senza almeno concedersi una ventina d’anni per conoscersi – non faceva proprio per lui. «forse non dovrei parlarti di una mia ex» che ex non era mai stata, ma la Kane non avrebbe potuto saperlo con certezza. «anche perché è acqua passata, te l’assicuro, ma se pensi che sia una storia troppo recente, sono d’accordo» magari anche la Furia credeva che servisse più tempo per archiviare una relazione di tale portata, onde evitare che gli strascichi influissero sul loro possibile matrimonio. «Il punto è che» si stava dilungando troppo, doveva tagliare corto. Doveva attenersi al piano. «non ho soldi» perfetto «e» stava per dirlo? Stava per dirlo. «non vorrei privarti delle cose che altri potrebbero darti» con lo sguardo colpevole di un cucciolo che aveva appena smembrato il cuscino del divano, guardò Barbie. «Lo… rifacciamo?»
    17 YO | VEGA
    SPECIAL(E)
  11. .
    GIACOMO
    LINGUINI
    18 y.o.
    special, chronokinesis
    Ivorbone, Vega
    Linguini
    I don't want a lot for Christmas
    There is just one thing I need
    I don't care about the presents
    underneath the Christmas tree
    I just want non morire qui
    «Permesso, mi dispiace, dovrei–» sgusciò tra la folla, rispondendo alle occhiatacce con un’espressione mortificata e rivolgendo parole di scuse a tutti i maghi che tentava di evitare lungo il cammino. Sarebbe stato decisamente più semplice se avesse potuto fermare il tempo, approfittare dell’immobilità generale e proseguire tra statue di sale senza dover (fallire nel) prevedere i comportamenti altrui. Tuttavia, non solo il suo potere non era del tutto stabile, soggetto a fattori fuori dal suo controllo, ma sarebbe stato presuntuoso, da parte sua, credere di poterlo applicare al fiume di persone riversatesi tra le vie di Hogsmeade per ultimare i regali natalizi. Doveva ricorrere ai vecchi metodi, dunque, attingendo ad un'abilità che ogni Linguini aveva sviluppato nel corso degli anni per sopravvivere alle riunioni di famiglia: cambiava il contesto, gli ostacoli, ma i movimenti restavano gli stessi; invece di impedire che una teglia di lasagna gli finisse sulle gengive o di evitare una gomitata da parte dello zio impegnato a gesticolare animatamente per questioni legate alla fede calcistica, doveva stare attento al fortunato passante che, sollevando il braccio, salutava un amico perso tra la folla durante le compere dell'anno prima.
    «Scusi, permesso, cerco il mio topo» facilmente riconoscibile nel suo formato extra-large da distruttore dei mondi, molto meno quando tornava alle dimensioni di un animaletto tascabile – abilità generalmente apprezzabile, tranne in circostanze come quella. «Spirit, ti prego, non è il momento di giocare» avevano dei regali da fare! Decine di regali, per la precisione, contando i membri della sua famiglia, gli amici e i malcapitati – come Barbie – che continuava ad ammorbare, convinto di poterli includere nella categoria precedente. Poteva non essere la giornata ideale, per il suo rtf, ma scappare non avrebbe fatto altro che rimandare l'inevitabile.
    E far perdere il Vega tra le vie di quella cittadina magica.
    Si guardò attorno e, una volta constatato di non avere idea della sua posizione né di quella della bestiolina, si convinse ad utilizzare un altro metodo infallibile. Avrebbe preferito non farlo dal momento che ne era stato lui stesso vittima, in passato, e conosceva bene la sgradevole sensazione che ne derivava, ma gli era stata lasciata altra scelta. Dunque, portò le mani guantate accanto alla bocca.
    *inhale*
    *exhale*
    «SPIRIT VAGINA SELVAGGIA»
    Essere chiamati con il nome completo era sempre sinonimo di guai. Sua madre arrivava persino ad utilizzare quello di battesimo unito al cognome che la sua famiglia aveva cancellato col tempo; e lui, nell'udire quelle parole, non poteva fare a meno di interrompere qualunque attività, immobilizzarsi e aspettare di sapere per quale azione aveva meritato un simile richiamo.
    Ignorò le occhiate che gli vennero rivolte dai passanti e aspettò di vedere l'rtf tornare da lui, arrampicarsi sulla sua gamba e mettersi comodo nel taschino del giubbotto. Scenario idilliaco che non si concretizzò.
    «Ehi, ragazzo!» confuso da quell'inaspettato buco nell'acqua, si voltò in direzione della voce. «Vuoi un albero di Natale speciale?» lungi da lui giudicare il venditore solo dall'aspetto (che chiunque avrebbe definito poco rassicurante), dalla presenza in quella via stranamente oscura e silenziosa (anche il Vega era lì, dopotutto) o dal tentativo di cercare subito il contatto, afferrandolo per la spalla (che fosse anche lui italiano?). «Si addobba da solo?» sarebbe stato perfetto! Avrebbe evitato le infinite discussioni sul colore delle palline, sul tipo di luci da scegliere, sulla quantità di oggetti da appendere e una lunga serie di altri dettagli che, puntualmente, smorzavano il clima di festa. «Più o meno» gli rivolse un ghigno, che non venne registrato correttamente dal giovane. «Ha delle ghirlande che avvolgono chiunque si avvicini, lo trascinano all'interno dell'albero e lo trasformano in una pallina di Natale» tanto creativo quanto terrificante. «Per sempre?» «Solo se è quello che vuoi» decisamente «no, ma... grazie? Ha altro? Ho...» sollevò la mano, per tenere il conto «una cugina a cui piace tantissimo l'arte. Un altro è più tipo da sport. Poi dovrei prendere qualcosa a Dylan. E Swag! E– uhm, un attimo, ho una lista»
    1:26
    4:38
    Last Christmas, Wham!


    Prompt preso da quelli avanzati all'ouroblixmas:
    — Mercatini di Natale? Assolutamente sì — but make them Dark Street edition.

    Cosa dite? In ritardo? Nah, è che conoscendo i miei tempi saremo in tempo per Natale 2025
  12. .
    «A me sembra più che altro un insetto spiaccicato» osservò Thor, mentre gli sguardi degli invitati si concentravano sulla nuova arrivata, gli animi iniziavano a scaldarsi e i toni di voce si modulavano verso l’alto, a testimonianza del profondo risentimento che quelle parole fuori dal coro avevano suscitato. Tuttavia, alla luce della disattenzione collettiva, il primo pensiero del mezzo-italiano non fu quello di approfittarne per fuggire e lasciare la tassorosso in balia della folla (o viceversa, dipendeva dai punti di vista). Se fosse perché aveva un animo troppo nobile per un simile gesto? Anche, ma in quel momento, semplicemente, le priorità erano diverse. Tirò la manica della felpa fino a coprire le dita, la avvicinò al quadro e tentò di pulire via la presunta carcassa dell’insetto, senza alcun risultato. Non era certo un grande intenditore di arte moderna, il Vega, ma era contento di sapere di non aver fallito così tanto. «Fatemi passare!! Non sapete chi sono io??!» riportò lo sguardo sulla ragazza, chiedendosi – nei secondi in cui la Furia si faceva spazio tra una gomitata e un pestone – se le sue parole fossero parte di una messinscena abilmente partorita su due piedi o se la sua famiglia fosse influente al punto da poter sfidare quel gruppo di persone senza temerne le conseguenze. Nel dubbio, non la salutò per nome, per non rischiare di metterle i bastoni tra le ruote, ma si limitò a sorridere e sollevare la mano come un boyscout sotto giuramento. Lasciò che la presa della rossa attorno al suo polso lo schiodasse dalla sua posizione e si fece trascinare lontano da quella morsa umana, mentre ad ogni nuova, discutibile, frecciatina della compagna decideva di far seguire un sincero «mi dispiace» o «è stato un piacere, salve» per spegnere le occhiatacce furenti degli altri invitati.
    Forse, pensò, sarebbe stato più al sicuro se non avesse richiesto l’intervento della tassorosso.
    Una riflessione che si fece certezza quando il viso della giovane si illuminò e gli venne rivolto un «MA CERTO!!! TU!!!» che lo fece vacillare. «Posso spiegare» mise le mani avanti, letteralmente e non, per impedire alla sua interlocutrice di fare qualunque cosa le stesse passando per la mente senza aver prima sentito la sua versione dei fatti. Non che ci fosse molto da aggiungere, nulla che potesse davvero cambiare l’essenza della questione, ma voleva provarci prima di ritrovarsi a dover fermare il tempo, schivare un pugno diretto verso il suo naso e ricomparire alle spalle della studentessa, in un loop infinito. «Mi dispiace di aver ferito Dylan, è che…» here we go again, a cercare le parole giuste per spiegare un concetto che, a distanza di mesi, gli sembrava ugualmente complesso. «GRAZIE!!!» strabuzzò gli occhi, lo special, senza neppure provare a nascondere tutta la sua confusione. Davvero non aveva alcuna intenzione di parlare del modo in cui aveva spezzato il cuore ad una delle sue migliori amiche? «… oh. Quindi intendi per…» era un tipo distratto, il Vega, capace di iniziare una conversazione sui migliori strumenti per l’annuale vendemmia, lasciarsi trasportare dal flusso dei suoi pensieri e uscire da quell’eclissi con un commento su quanto sarebbe stato bello se anche gli esseri umani fossero stati dotati delle stesse membrane ascellari degli scoiattoli volanti – commento che avrebbe avuto un senso perfino per i suoi interlocutori se solo fosse stato in grado di ripercorrere, ad alta voce, le tappe che lo avevano portato a quella conclusione; il più delle volte, tuttavia, non ne era capace e nessuno aveva davvero voglia di ascoltarlo. «averti passato…» i compiti? Possibile, non era affatto geloso dei suoi appunti e non si sentiva in competizione con i compagni di classe. O forse si riferiva ad un particolare ingrediente durante una lezione di pozioni? Una manciata di popcorn durante una partita di Quidditch? «quel giorno…» dei pochi, fino a quel momento, in cui aveva avuto interazioni con Thor. Avrebbe potuto contarli sulle dita di una mano, eppure non riusciva proprio a far riaffiorare alcun ricordo utile. Si sforzò ancora, fino a rassegnarsi all’idea di aver fatto qualcosa, di insito nel suo carattere, che la ragazza doveva aver considerato come un gesto raro e gentile. E avrebbe potuto lasciar cadere il discorso, onde evitare di impelagarsi in questioni da cui poi non sarebbe riuscito a venir fuori, ma non sarebbe stato da lui. «No, ok, scusa, non ci arrivo. Perché mi stai ringraziando?» portò le iridi in quelle chiare della tassorosso, interrompendo il contatto visivo solo quando le voci provenienti dalla folla che avevano appena abbandonato iniziarono a farsi sempre più vicine. Si voltò, vedendo alcuni uomini puntare il dito nella loro direzione, e tornò poi a concentrarsi su di lei, senza mostrare alcun segno di preoccupazione per quell’avanzata minacciosa. Confidava sempre nel suo potere, sebbene spesso non fosse in grado di ottenere i risultati sperati – dettagli. «Credi stiano venendo per te o per me? Dovremmo proprio scusarci»
    CI SON CASCATO DI NUOVO
    OH Sì Sì
    CI SON CASCATO DI NUOVO
    (e basta perché il testo non c'entra niente la la là)
    17 yo | VEGA
    TIME
    MANIPULATION |
    BAR DELLO SPORT
    giacomo linguini
    0:40
    3:41
    Me ne frego, Achille Lauro
  13. .
    Passo 1 di 678324 verso la resurrezione forumistica
    ("Alice, ma hai altre mille cose da fare prima" "shhh")
    (e chissà se cambierò idea sui pv, nel frattempo)
    (o se ho cannato qualcosa, tra tag e gif che non si vedono)

    CODICE
    <tr>
      <td colspan="2" style="border-top:3px solid #BDC442;"></td>
      </tr>
     
      <tr>
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      <td>pv: Avan Jogia</td>
      </tr>

      <tr>
      <td>profilo: [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?act=Profile&MID=12470230]Python C. Sharp[/URL]</td>
      </tr>
     
      <tr>
      <td>altro: [URL=https://pin.it/3DQPBWZ]pinterest[/URL]</td>
      </tr>


    CODICE
    <tr>
      <td colspan="2" style="border-top:3px solid #BDC442;"></td>
      </tr>
     
      <tr>
      <td rowspan="3" width="40%" style="padding:10px" bgcolor="#0c0c0c">[URL=https://kaceyrps.tumblr.com/antonia]<div style="background:url(https://64.media.tumblr.com/60b08468f75ee24865546bb07ffb4546/5618761e4d78341d-62/s540x810/7e705d2f09429cd2c469f6ccc6343865e4cd31a9.gif) no-repeat center; background-size: cover;width:175px;height:80px;"></div>[/URL]</td>
      <td>pv: Antonia Gentry</td>
      </tr>

      <tr>
      <td>profilo: Benagol Payne</td>
      </tr>
     
      <tr>
      <td>altro: [URL=https://pin.it/79mdNAC]pinterest[/URL]</td>
      </tr>
  14. .

    Clandestino
    Bongo Bong
    Manu Chao
    code by eliandi
    DWIGHT GIACOMINO LINGUINI
    VEGA
    cronocineta
    17 YO
    «Grazie, sono a posto»
    Lo aveva ripetuto spesso, nel corso delle ultime ore – sempre in tono educato, sempre con un sorriso gentile sul volto, sempre spinto dall’innocente convinzione di poter esercitare il libero arbitrio, di tanto in tanto.
    Eppure non era così.
    Quel pomeriggio, ad esempio, aveva sollevato lo sguardo dai suoi appunti, incrociato quello di Ciruzzo e declinato l’invito a partecipare alla festa in programma per la serata utilizzando quelle esatte parole. Parole che, ai cugini, dovettero sembrare una battuta di spirito dal momento che si lasciarono andare in risate divertite e commenti nei dialetti più disparati (era nella loro natura muoversi in branco, come poteva pensare che si trattasse di un’offerta negoziabile?), seguiti da una serie di pacche sulla schiena e un approssimativo calcolo del (poco) tempo che avrebbe avuto a disposizione per farsi trovare pronto. Un concetto relativo, nel suo caso; senza contare che non gli occorreva poi un grosso preavviso per fare una doccia e indossare due indumenti presi alla cieca dall’armadio. Ciò che richiedeva una certa cura, invece, era la preparazione del grande cesto di vimini che porse a Barry non appena ebbe la possibilità di avvicinarsi a lui. Perché era normale, per il Vega, portare un regalo al padrone di casa: dunque, gli offrì un po’ del raccolto del giorno e della frutta di stagione trovata nella dispensa di Canosa, delle bottiglie di salsa preparate con il sudore della loro fronte (nonno Lino insisteva col dire che l’uso della magia ne avrebbe alterato il sapore, costringendoli ad inenarrabili fatiche), le TuttiGusti+1 Salento Edition (vale a dire, taralli di tipi differenti) e una serie di altri prodotti tipici della loro terra. «Per te, grazie per l’invito» gli aveva ceduto il cesto prima che a farlo fossero le sue braccia e aveva raggiunto il resto dei Linguini.
    A quel punto, era stato costretto a fare nuovamente ricorso a quella che sembrava la sua risposta preferita, per tenersi lontano dalla questione alcolici. Non aveva voglia di assaggiare l’Amaretto di Torino o il limoncello della nonna – li conosceva perfettamente. Non perché fosse un amabile e precoce beone, quanto perché nel corso degli anni aveva imparato che rifiutarli, a fine pasto, era pressoché impossibile. Sospettava, il Vega, che persino i loro biberon fossero stati corretti con qualche goccia del liquore del giorno, pur di placare la mandria di baby Linguini riuniti a Canosa e far sviluppare loro un’alta resistenza all’alcol. Il risultato? Forse anche l’individuo più insospettabile, quello tutto fossette e fraintendimenti, avrebbe potuto dire la sua in una sfida all’ultimo shottino – se solo avesse voluto tentare e assecondare la proposta di Crez di farci un bel gruzzoletto. Aveva sospirato, guardando i due bicchieri che gli erano stati rifilati dai cugini, e li aveva mandati giù entrambi senza provare a protestare ancora. Aveva chiuso gli occhi per qualche istante, per cancellare quei sapori e sensazioni, e quando li aveva riaperti era stato rapido nell’intravedere la tragedia che stava per consumarsi davanti ai loro occhi; a quel punto, aveva afferrato il braccio di Ciruzzo e ne aveva alterato brevemente la percezione del tempo, quel tanto che bastava per aiutarlo nel suo disperato tentativo di salvare la maglia di Lollo e Astrid dalla furia di quest’ultimo. Forse, a pensarci, avrebbe potuto anche evitare che Ezra e Lapo si bagnassero, spogliassero, ispirassero Ash e dessero il via ad una serie di battute e proposte su sculacciamenti vari ed eventuali – troppo tardi, sarebbe stato per la festa successiva.
    Infine, pronunciò quelle parole quando, ritrovatosi attorno ad una ruota piena di scritte di cui non riusciva pienamente a comprendere il significato, gli venne offerto del tè. O almeno era ciò di cui si convinse quando, arrivato il suo turno, la freccia si fermò su Spill the tea – non era ancora così bravo con l’inglese. Rifiuto cui seguì un «oh», sguardo sorpreso e bocca leggermente dischiusa a sottolineare l’illuminazione appena avvenuta nel sentire il reale significato della sua penitenza. «Quindi devo raccontare qualcosa» avrebbe potuto parlare della volta in cui Lapo era accidentalmente e misteriosamente inciampato a gambe aperte su qualcun altro, ma – ne sono già a conoscenza i Linguini? – non avrebbe mai fatto la spia su uno dei suoi parenti; era per quel motivo che nessuno – neppure lui, che era uno dei protagonisti – aveva idea del perché fossero stati espulsi da BeiBastioni. Prima o poi le notizie sarebbero comunque giunte in quel di Canosa, sarebbero stati affissi manifesti ovunque e non si sarebbe parlato d’altro per giorni, ma di certo non sarebbe stato per colpa del Vega. «Ok» se non poteva riferire nulla sugli altri, avrebbe raccontato qualcosa di sé. «Avevo un pulcino. Si chiamava Nolan. Era morbidissimo, e piccolo, e lo portavo con me ovunque. Poi un giorno è sparito. Ho chiesto alla zia dove fosse finito e mi ha risposto indicando il piatto davanti a me. Da quel giorno non mangio più il brodo.» si rabbuiò, ripensando alle allegre storie che J ed Ele avevano deciso di raccontare a colazione (e di cui tutti dovevate essere messi al corrente) e non badò al fatto che non si trattasse di un gossip (quanto più di una macabra e non richiesta informazione sul suo passato) o che, per qualche istante, il silenzio calò sui presenti. Era una ferita, quella, risanata soltanto da Spirit. E nessuno avrebbe potuto cucinare un topo che, in prospettiva, sarebbe diventato grande quanto Godzilla.
    Portò lo sguardo sulla ruota magica, seguì le successive fasi del gioco e, quando fu nuovamente e indirettamente chiamato in causa, osservò una studentessa camminare nella sua direzione. «sto resistendo fortissimo a stropicciarti le guance solo perché so che lo fanno tutti» aveva ragione, le sue zie lo facevano sempre! Tanto da convincere il Vega che, prima o poi, il suo viso sarebbe diventato simile al muso di un bulldog. Le sorrise (non per dare sfoggio delle fossette appena decantate, ma come naturale reazione a quelle parole gentili), la vide prendere la sua mano, baciarne il palmo e poggiarla sul suo petto. Spostò lo sguardo curioso sulla ragazza, poi su di sé e nuovamente sulla corvonero, lasciando trasparire come la sincera confusione si fosse trasformata in piacevole sorpresa. GLI AVEVA DATO UN BACIO SUL CUORE! Era così inaspettato – non soltanto perché lontano da ciò che stava succedendo attorno a loro: palpatine e i limoni, per amor di cronaca. E dolce. E profondo. E– ovviamente non seppe cosa dire, il Vega. Si limitò ad arrossire – o meglio, le sue orecchie si fecero scarlatte. «dopo questa dimostrazione d’affetto dovrò dichiarare che emani lesbian vibes e hai confuso il mo gay radar. È un problema?» «no, figurati!» si affrettò a rispondere, anche se non aveva capito assolutamente nulla di ciò che gli era stato chiesto. Che cosa emanava? Doveva preoccuparsi? O era una cosa positiva? «se non lo è per te» ma sì, aveva detto di essere stata confusa, ma gli aveva anche dato un bacio. Doveva essere per forza una cosa bella! «se posso fare qualcosa…» cosa, per la precisione, non avrebbe saputo dirlo. «sono qui»
    Meglio tardi
    che mai
    (cit.)


    Chiudo la festa arrivando in super-ritardo, ma almeno un post dovevo farlo.
    Giacomino parla poco, fa la penitenza a modo suo e arrossisce per quella di Ben.

    (le due bevute erano da 3 + 1)
  15. .

    Spirit: Stallion of the Cimarron
    RUN FREE
    Adams & Zimmer
    code by eliandi
    DWIGHT GIACOMINO LINGUINI
    (Special guest: Spirit)
    VEGA
    cronocineta
    17 YO
    Atto II - Scena n.3
    Prom, esterni.

    DISSOLVENZA IN APERTURA
    DWIGHT è in piedi, nei pressi del gruppo formato da Kaz, Fitz e DYLAN.
    DYLAN si volta nella sua direzione.
    DWIGHT le porge lo zucchero filato e sorride.
    DYLAN riprende a piangere.
    [primo piano su Dwight]
    DISSOLVENZA IN CHIUSURA

    Se fosse stato comodamente seduto sul divano – telecomando in una mano e, nell’altra, il suo fedele taccuino per valutare la proiezione in corso – sarebbe stato incuriosito da quel colpo di scena e avrebbe preso nota della prolungata inquadratura sul protagonista maschile – le cui labbra avevano abbandonato una morbida curva e si erano assestate verso una linea retta di neutrale confusione, le sopracciglia si erano inarcate e, davanti agli occhi, avevano iniziato a scorrere una serie di interrogativi su come avesse fatto a fallire così tanto. In quel caso, invece, avrebbe preferito un finale in cui la combo costituita dall’infallibile potere delle fossette e dalla prospettiva di un’overdose di zuccheri sarebbe stata sufficiente a riportare il sorriso sul volto della tassorosso.
    Il più classico dei lieto fine, per intenderci.
    «GRAZIE! Lo accetto volentieri!!!» quindi era fin troppo contenta? Incassò l’abbraccio, ricambiando la stretta senza incollarle i bastoncini sulla schiena, e la osservò poi balbettare una serie di risposte alle domande di Fitz. Avrebbe potuto provare a rassicurarla e dirle che non aveva nulla di cui vergognarsi, sebbene (non fosse la sfumatura di significato più corretta e) il Vega non avesse una precisa idea del motivo per cui si sentisse in imbarazzo – se perché aveva una cotta per Kaz, per l’approccio piuttosto diretto della special o perché la prospettiva di un’ammucchiata su un cigno galleggiante non sembrava poi così allettante come i film volevano far credere. Avrebbe potuto persino dirle che di non avere alcun problema a lasciare il prom («solo se non vuoi venire nel tunnel dell'amore» ecco, appunto) e continuare la serata altrove. Invece, le strinse la mano – senza fare caso allo zucchero; aveva già utilizzato la nocciola come malta per legarsi a Barbie – e tentò di spostare l’attenzione dalla tassorosso a se stesso – dal momento che, crescendo con i Linguini, il concetto di imbarazzo gli era quasi del tutto sconosciuto. «A proposito… sono stato inseguito da una scimmia, una volta.» [cliccami!] a proposito di cosa? Ovviamente del fatto che fossero circondati da attrazioni, come la volta in cui lui e i cugini avevano trascorso una giornata tra FasanoLandia e lo zoo che faceva parte del complesso; ma non ritenne necessario spiegare quel collegamento mentale. «Non so perché, non le avevo fatto niente.» proseguì, mentre si allontanavano dallo stand dei trasferelli. «C’era un sacco di gente, ma ce l’aveva solo con me.» e ancora, a distanza di anni, non riusciva a capacitarsene. Anche perché i cugini gli avevano giurato di non aver fatto alcun incantesimo sulla creaturina per aizzarla contro di lui; e il Vega ci aveva creduto, ovviamente. «Ora ho paura delle scimmie.» fine della storia. Fece spallucce, guardò di sottecchi Dylan – per capire se fosse riuscito a distoglierla dai suoi pensieri – e si concentrò poi su Fitz, che stava cercando di richiamare la loro attenzione. «fra voi due c'è qualcosa?» la fissò per un attimo, spostò le iridi sulla mano intrecciata a quella della Kane e tornò sulla special. Per così poco? Ok, è vero, il Vega era la stessa persona che credeva di essere stato fidanzato con Melvin, ma, a sua discolpa, lei lo aveva messo al guinzaglio e baciato più volte! Un evento simile dava alle cose una nuova prospettiva. «Certo, siamo amici!» concluse, sorridendo e facendo eco alla Kane.
    Poi, tra un «GIACOMIII[...]IIINOOO[...]OOO» a sovrastare i suoni della festa e un paio di torte volanti, l’atmosfera cambiò.
    E l’ultima volta in cui dei fasci di luce erano comparsi all'improvviso, lo special si era ritrovato al kissing booth a scambiare saliva con i suoi cugini e una serie di sconosciuti. Dunque, guardò quel cono con sospetto, pregando che non si fermasse sulla sua testa.
    E invece.
    Sentì partire dei cori, venne abbracciato da Fitz – doveva baciarla? –, vide un secondo faretto illuminare Dylan e in pochi istanti si ritrovò sul palco, con in testa una coroncina (o una fascia in stile Miss Italia? Me lo sono perso? Non indugiamo su questi dettagli).
    «Oh» ok, ci era arrivato. Ma aveva un’altra domanda, la stessa che Dylan non tardò a porre: «sicuri non ci sia un errore?» non voleva mettere in dubbio l’operato del comitato, né tantomeno pensava che la Kane non meritasse quel riconoscimento, ma aveva assistito alla clamorosa gaffe durante la Notte degli Oscar e avrebbe trovato decisamente plausibile scoprire di essere stato premiato per errore. Perché, sì, insomma «non ho mai vinto niente» esordì, quando la tassorosso gli passò il microfono. Non c'era vittimismo, in quelle parole – non era mai stato un tipo competitivo, lo special, né aveva mai tentato di spiccare tra la sempre crescente moltitudine di Linguini. Era solo genuinamente sorpreso. «e non ho un discorso pronto» stava ancora perfezionando quello che avrebbe letto dopo aver ricevuto il premio come Miglior Regista. Dunque, avrebbe dovuto improvvisare, sulla falsariga dei monologhi che aveva ascoltato in televisione. «Ringrazio il comitato per aver organizzato l'evento. E Dylan, per avermi invitato» si voltò verso di lei e le sorrise, prima di riprendere a guardare davanti a sé «e la mia famiglia» fece una pausa estremamente breve, rintracciando in un attimo i cugini sparsi tra la folla e gli striscioni che Lollo stava preparando per l'occasione «perché senza di loro non sarei qui» che poteva sembrare un cliché, ma assumeva un significato piuttosto letterale dal momento che erano stati espulsi in blocco da Beauxbatons. «e voi, ovviamente, per avermi votato. Grazie, davvero» a quel punto, avrebbe potuto approfittarne per fare un discorso profondo, ma (Alice non ha la lucidità necessaria, a quest'ora) sopraffatto com'era – in positivo – dalla piega che aveva preso la serata, scelse di puntare al sodo, come gli era stato insegnato «e, uhm, se passate dalla Sala Comune, ci sono pasticciotti per tutti!» lieve inchino e si rivolse a Dylan, per adempiere al suo dovere di Re e aprire le danze «Sai ballare la quadriglia?»
    E da puledro sono diventato stallone, selvaggio e temerario
    come il tuono sopra la terra.


    Parla con Fitz e Dylan, sale sul palco, dice qualcosa e via con le danze!

    GRAZIE A TUTTI! ❤
32 replies since 3/7/2021
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