Votes taken by god(dess) of thunder.

  1. .
    Hanno vinto peer pressure e codardia sul drama.

    nome pg: Aracoeli Miranda-Iglesias
    fazione: contro
    dov'è: PARTECIPANTE QUEST CHE NON È NELL'ULTIMA SETTIMANA

    nome pg: Lucrezia Linguini
    fazione: contro
    dov'è: PARTECIPANTE QUEST CHE NON È NELL'ULTIMA SETTIMANA

    nome pg: Thursday De Thirteenth
    fazione: contro
    dov'è: ULTIMA SETTIMANA — OSTACOLO NELLA BOLLA

    nome pg: Benedictus Deogratias
    fazione: contro
    dov'è: ULTIMA SETTIMANA — NORMALE


    Edit.
    Lena che voleva solo farsi i cazzi suoi:

    nome pg: Milena Shevchenko
    fazione: pro
    dov'è: RAPITO OBLINDER O MINIQUEST

    Edited by god(dess) of thunder. - 28/4/2024, 15:55
  2. .
    Sono una codarda e ho paura per i wip ihihihi.

    nome pg: Thursday De Thirteenth
    classe: apprendista
    (solo se special) potere: //
    arma: spada
    punti salute a fine settimana: 33 pa
    punti attacco / punti difesa: 17 pa/ 15 pd
    (se switch) partecipa per: //

    nome pg: Benedictus Deogratias
    classe: matricola
    (solo se special) potere: medium
    arma: arco
    punti salute a fine settimana: 25 ps
    punti attacco / punti difesa: 8 pa/ 15 pd
    (se switch) partecipa per: //
  3. .
    Ve lo dico sono già pentita per tutto.

    Thursday De ThirteenthLucrezia Linguini
    apprendista
    GUERRIERI BERSERKER

    thor: (denti) spada
    lux: pistola beretta (no, non è un salamino)
    accetto le conseguenze delle mie azioni
    qui finisce il mio agire e inizia il mio silenzio
    sono nel pieno delle mie facoltà mentali
    prendo i pe per: gruppo I
    Benedictus DeogratiasAracoeli Miranda-Iglesias
    matricola
    sentinelle luminari

    ictus: fantasmi & arco
    ara: mk47 (di papi obv)
    accetto le conseguenze delle mie azioni
    qui finisce il mio agire e inizia il mio silenzio
    sono nel pieno delle mie facoltà mentali
    prendo i pe per: gruppo II
  4. .
    Thursday De Thirteenth
    accidentally helping?
    I’ve been having a hard time adjusting
    I had the shiniest wheels, now they’re rusting…
    This is me… trying
    Con una freddezza e ancora di più con una calma che su Thursday De Thirteenth appariva del tutto illogica e irreale, l’ex tassorosso spiegò a chi le rispose all’altro capo del telefono l’accaduto. Avrebbe persino potuto passare pe professionale. Per adulta. Descrisse le condizioni dell’uomo, l’esatto svolgersi degli eventi e diede precise indicazioni sul luogo. Lei, che era in grado di perdersi persino all’interno della tenuta dei De Thirteenth, sebbene ci abitasse da praticamente tutta la vita. L’unico posto in cui non si perdeva, fatta eccezione per il campo da quidditch, era Hogwarts. E l’appartamento delle gemelle a Londra, ma lì era impossibile farlo, visto quanto era piccolo.
    Riattaccò il telefono prima che la voce dall’altro lato potesse chiederle ragguagli sulla sua identità, lo sguardo concentrato su Mehan e ben lontano dal corpo accasciato a meno di due passi dai loro piedi. Poco prima le stava dicendo qualcosa su un luogo impronunciabile: si sporse verso il telefono che le stava avvicinando e tentò di leggere. Strinse le palpebre, cercando di decifrare quel nome, le lezioni che di francese che i suoi avevano cercato di farle prendere totalmente buttate alle ortiche (un po’ come i vari insegnanti privati, che erano scappati uno dopo l’altro sostenendo di non voler più avere a che fare con quel demonio dai capelli rossi). «Certo che i francesi non ci provano neanche per sbaglio, a non essere anche solo vagamente sopportabili», brontolò, arrendendosi all’evidenza di non poter riuscire in nessun modo a leggere quel maledetto nome. Era un modo come un altro, quello, per cercare di allontanare da sé il terrore e il dolore per quello che era appena sucesso.
    Ma tutto si vanificò quando staccò gli occhi dallo schermo e tornò a puntarli su Meh, che le stava porgendo una mano e… stava sostenendo la sua proposta? Sollevò appena le sopracciglia sorpresa, non esattamente abituata a essere lei a dettare legge, dato che preferiva essere la mina vagante della situazione, anche se subito si rabbuiò per quel finale. «Non sono una bambina, Meh», gli fece notare con una smorfia che, naturalmente, creava tutto l’effetto contrario. Quante volte aveva sputato quelle parole in faccia ai suoi fratelli? E quante volte loro le avevano fatto notare che, con quell’espressione, sembrava esattamente una bambina? Il successivo: «Grazie», le uscì dalle labbra in un soffio quasi inudibile, accompagnato da un improvviso bruciore delle guance e delle orecchie. Si affrettò ad affossarlo riprendendo a parlare risoluta: «L’odore di pericolo è ovunque, che ci piaccia o no. Lo sento anche ora». Ed era vero, purtroppo. Sentiva odore di pericolo… e di morte.
    Gli afferrò la mano senza fare domande e senza esitazione, ma solo dopo essersi tuffata sull’uomo cantandosi mentalmente una delle stupide canzoni k-pop tanto amate da Dylan, come se quel motivetto allegro cantato da bei faccini potesse proteggerla dalla realtà. Non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia nemmeno attraverso la telecamera del telefono, mentre scattava qualche fotografia frettolosa ai documenti che, poi, gli lasciò ben in vista sul petto, per quando sarebbero arrivati i soccorsi. Continuando a gridarsi le parole in musica nelle orecchie cercò di convincersi che non aveva appena profanato un cadavere, che non aveva toccato di nuovo un corpo morto, una persona che forse era lì, senza vita, anche per colpa sua, si raddrizzò, e afferrò la mano di Mehan. Era calda, tremante, viva.

    «sembra quasi che il. tempo si sia fermato»
    «Ed è tutto così… bello C’era un’altra parola che le frullava in testa, o meglio, un concetto, che però non riuscì a esprimere ad alta voce. Meh, in ogni caso, aveva completamente ragione. Lì il tempo sembrava non essere trascorso. Non solo quello da quando erano state costruite tutte le deliziose casette e il castello che sorgeva dall’acqua, ma anche quello più recente. «Com’è possibile che qui…? La guerra…?» Di nuovo, Thor non riuscì a trovare le parole. Istintivamente strinse la mano di Mehan, sorprendendosi che fosse ancora lì, le dita intrecciate alle sue, ma non la lasciò andare. Perché adesso, insieme alla paura, insieme alla colpa, c’era qualcos’altro.
    «Irreale! Ecco!», concordò, alzando appena la voce e tornando a dargli una stretta. Era la parola che cercava! No, anzi, ci andava vicina. «Sì, è irreale e… innaturale Rabbrividì, continuando a guardarsi intorno, perché quello spettacolo era indubbiamente bellissimo, ma c’era qualcosa che non andava. Anzi, decisamente più di qualcosa. «C’è calma.»
    «dobbiamo trovare qualcuno e chiedere—»
    «Troppa calma.»
    «ammesso ci siano ancora delle persone»
    «Dove sono gli abitanti?»
    Sospirò e smise di guardare in giro, per girare il capo e lanciare un’occhiata all’ex grifondoro. «È inquietantissimo, cazzo», ammise quasi in un ringhio, tornando a rabbrividire. «Se qui non si è combattuto… non dovrebbe essere un posto sicuro? Magari ci sono incantesimi potentissimi che hanno protetto tutto e tutti…» Non aveva senso, eppure ne aveva. «Lui… si chiamava Zin… Zined…» Sbuffò, non riuscendo minimamente a pronunciare quel nome, e con la mano libera tirò fuori il telefono dai jeans, mostrando a Meh la foto che aveva scattato al documento dell’uomo e che recitava Zinedine Pacesoir. «Pacesoir», ripeté, con una pronuncia sballatissima e stentata, arricciando le labbra.
    Quel posto era bellissimo e irreale e inquietante e deserto e… «Ehi, guarda lì!» Indicò quella che aveva tutta l’aria di essere una casetta di legno. «Per informazioni, tirare», lesse e, facendolo, senza lasciargli andare la mano, si trascinò dietro Mehan.
    Non si chiese perché fosse riuscita a capirlo e, dunque, perché fosse scritto in inglese. Non lo ritenne strano o sospetto.
    Non colse nemmeno la reference, perché era una bestia e non aveva visto IL film.
    Tirò.
    hufflepuff
    2005
    red fury
    This Is Me TryingTaylor Swift</td
  5. .
    «de thirteenth come friday?»
    Thor grugnì.
    Ah.
    Ecco.
    La sorte delle sorelle minori. Thursday non era solo una bestia (e non la, anche se su questo ci stava lavorando, e pure tantissimo, tanto che ormai sentiva di avere in pugno quell’articolo determinativo!), ma era, e qui effettivamente si trattava di la, la bestia sorella di. Al castello il primato se lo contendevano Sandy e Wendy, per ovvie ragioni, ma fuori? Fuori era la sorella di Fray.
    E come tutte le sorelle minori, Thor odiava essere per tutti la sorella di. Non era colpa dei suoi fratelli, e infatti a loro non gliene faceva mezza (solo un po’ a Sunday, ma perché tentava di soffiarle il primato di bestia – e perché, anche se non lo avrebbe mai ammesso, la bestia originale TM era lui davvero. Ah, e anche per il fatto che era un uomo derogatory, giusto), però… però aveva tutto il diritto di prendersela con il resto del mondo per quel furto di identità. Voleva essere ricordata perché sé stessa, non (brutta) copia di qualcun altro.
    Perché sì, c’era anche quell’aspetto.
    «ma sai che vi somigliate?»
    Thor grugnì di nuovo.
    Esattamente quell’aspetto. Anche se era sempre la sorella di, la minore dei De Thirteenth sapeva di non essere all’altezza dei suoi fratelli. E non solo per tutti i centimetri grazie ai quali le gemelle e Sandy svettavano su di lui. E neanche per quei – forse – neuroni in più. Sapeva di somigliare alle sue sorelle, e in qualche strano e senza senso modo persino al fratello, ma non abbastanza. Non era, e non sarebbe mai stata, bella.
    Stava per far roteare gli occhi verso l’alto e sbuffare, pronta a sottolineare l’ovvio, ma poi si ricordò dov’era e cos’era quello.
    Si trovava a un colloquio di lavoro, al cospetto della sua potenziale capa.
    Frenò qualche istante troppo tardi gli occhi azzurri che già schizzavano verso l’alto, sforzandosi di ammorbidire la linea dura delle sopracciglia aggrottate. «Già.» Tentò con tutte le sue forze di sorridere, ma quello che le uscì fu più che altro il ghigno di un animale braccato. «Fray, cioè, Friday è mia sorella, umh.»
    Se non si era giocata il posto così, sicuramente lo fece qualche istante dopo, quando, controllato che nessuno fosse in ascolto al di fuori di Shiloh, le rivelò che avrebbe visto prima Barbie di Oppenheimer. «Mi sento che Barbie sarà un vero film da Oscar! E lo sa anche l’Academy… vincerà tutto, lo vedo nel futuro!» Ecco spiegato perché Thor, in divinazione, faceva a dir poco vomitare. Non c’era alcun segno di terzo occhio, in lei. I due che aveva erano puntati solo su pluffe e bolidi.
    Non era solo il suo sguardo a essere fisso sull’eterno e immaginario campo da quidditch che aveva nella sua testa, ma anche la sua mente, perché le sfuggì qualche passaggio del ragionamento di Shiloh sull’ordine di visione dei due film e… «La dualità della vita?» Fece una smorfia, sollevando le spalle mentre faceva pressione con i palmi delle mani sulle ginocchia. Ci rifletté un attimo, poi rilassò le braccia. «Be’, sì, ci sta. Anche se resta il fatto che Oppenheimer sarà telefonatissimo. Un film di uomini per uomini con uomini che parlano della cosa più da uomini di sempre.» Tornò a fare una smorfia, ora più profonda, simulando un piccolo conato di vomito. «Sarebbe anche ora di dire basta a questa… roba.»
    A posto, si era sicuramente scavata la fossa da sola. Ma andava detto!! L’ennesimo film pieno di peni e di nero che voleva solo far saltare per aria il film rosa sbrilluccicante con al centro i problemi delle ovaie munite?
    Eh.
    «penso di aver capito chi sei, thursday de thirteenth»
    Thor trattenne il fiato, sapendo perfettamente di starsi per giocare il suo destino, il suo futuro.
    «e mi piaci molto! prima prova superata, complimenti»
    Aggrottò la fronte, aspettando di sentire il dolore di un metaforico pugno in faccia. Invece la sua bocca non si storse per il male, ma si distese… fino a sorridere. Ancora prima che incredula, era contenta. «Grazie?», sperò di non suonare troppo esitante, mentre la sorpresa le si faceva spazio dentro. Sul serio piaceva a quella ragazza così raffinata? All’amica di sua sorella? «Un momento, però…» Si rabbuiò appena, scrutandola seria. «Non lo stai facendo per nepotismo, vero? Perché… Fray ti ha pagata, o qualcosa del genere? Anzi, forse è più probabile che ti abbia minacciata…» Era stata proprio Friday a dirle di trovarsi un lavoro. Perché mai avrebbe dovuto spianarle la strada? … O perché mai non avrebbe dovuto farlo?
    Si sarebbe arrovellata su quella questione più tardi, però, visto che ora doveva sforzarsi di scavare una buca nel prato verde del suo campo da quidditch mentale per far entrare quello che Shiloh le stava dicendo. Le serviva una assistente. Facile, no? Una PA, sì. Annuì stranamente seria, cogliendo al volo la similitudine (a differenza di Sara). Sapeva chi era un assistente, e persino un PA. Sua madre ne aveva avuti a bizzeffe, negli anni. Non li aveva mai chiamati in quel modo, chiaramente, perché a sentir lei erano solo amici che la aiutavano qua e là, ma anche dall’alto dei suoi tre anni Thor aveva iniziato a capire.
    «qualcuno che si ricordi il mio ordine abituale da Starwiz, o che mi faccia la spesa settimanale, insomma niente di troppo impegnativo»
    Annuì ancora, quasi gravemente, sperando di avere l’aria di una che la sapeva lunga.
    Il fatto è che Thor sapeva davvero cosa faceva un assistente, o meglio, un servo, ma… non aveva mai fatto nessuna di quelle cose.
    In primis fare la spesa, tanto per dirne una. Dal punto di vista prettamente teorico sapeva che esistevano dei supermercati, ma non ne aveva mai visto uno dal vivo. Aveva visitato parecchie botteghe, decine di negozietti a chilometro zero dove i suoi amavano fare acquisti, quei posti in cui si paga anche l’aria che si respira. Ma fare la spesa davvero? Quello era un compito di MamaLama. E degli schiavi assistenti di sua madre.
    Stese le dita delle mani ancora appoggiate alle ginocchia una per una, contando non proprio mentalmente quelle venti ore di cui parlava Shiloh. Erano venti ore di meno in cui allenarsi… «Davvero nel weekend non fai niente?» Una domanda spontanea, quella di Thor. Genuina. La ragazza non sembrava così vecchia, quindi perché chiudersi in casa, nel weekend? O, ancora peggio, in posti come quello in cui si trovavano? «Se non sai cosa fare potresti venire a vedere le nostre partite di quidditch… o gli allenamenti, se non giochiamo!» La sua proposta fu ancora più genuina, gli occhi che le brillavano: non c’era nulla di più bello del quidditch in compagnia delle sue furie. Tutti meritavano quella gioia. Anche la sua nuova capa.
    Thursday
    De Thirteenth

    It’s been a hard day’s night,
    and I’ve been workin’ like a dog.
    It’s been a hard day’s night,
    I should be sleepin’ like a log…
    hufflepuff
    red fury
    job hunter?
  6. .

    2005

    red fury

    handywoman
    è goal!
    edoardo bennato
    Perché Thor non si stava preparando a guardare la partita sul televisore (uno dei tanti, naturalmente) a 325 pollici (esiste davvero, giuro!) a villa De Thirteenth, invece che cercare invano di seguirla sullo schermo scarsissimo e vecchio di almeno due anni di Madama Piediburro, tra le effusioni delle coppiette e la voce stonata della pasticcera nella cucina?
    Perché Sara non voleva perdere la fidelity. Perché era dedita al gioco e al brivido che questo provocava.
    Anche se il gioco in questione era il vero quidditch, non quel losco di giro di scommesse clandestine (???) riunito intorno a quel tavolo. Un eliandinception con una sara pronta a fare da cockblock. elirandi???
    Chissà.
    Quello che era certo era che Thor amava abbastanza il qudditich, e lo amava ancora di più, per poter fare da padrona a quel tavolo. E anche perché di galeoni da spendere ne aveva a oltranza (almeno fino a quando le gemelle non avessero deciso di tagliarle i fondi, dal momento che ora era una donna adulta e indipendente ed emancipata. Ma lei si guadagnava la pagnotta!!! Quello che faceva per Shiloh era un lavoro vero, e i pre-allenamenti per essere assunta a tempo pieno da Piz lo erano ancora di più!!!).
    Ringhiò, con tono stranamente basso, osservando le altre persone sedute al tavolo rotondo. Se dovevano essere una novella Tavola Rotonda, lei voleva essere Gwaine. Arthur aveva troppe responsabilità. Lancelot non l’aveva mai sopportato. MA Gwaine? Lui si divertiva. E menava la gente. Un sogno, insomma.
    Ovviamente si disconnesse del tutto mentre uno degli italiani (erano come cinesi, sembravano tutti uguali perché erano davvero troppi) discuteva con quella Claudia Moor, del Bocchino d’Oro, perché non aveva alcuna voglia di parlare di numeri. Ma sbuffò quando Lapo parlò di competizione spietata e soprattutto regole. «Tu non sei il mio capitano», brontolò con una smorfia, giocherellando con il bicchiere mezzo vuoto di frullato alla fragola.
    «le Vespe sono le migliori!» Fece una smorfia, perché non era esattamente d’accordo, però… «Non siamo qui per fatturare?» Guardò tutti i presenti, a uno a uno, le sopracciglia aggrottate e l’espressione di una che era pronta a mordere. Probabilmente nessuno dei presenti lo sapeva, ma lo avrebbe fatto davvero. «Vogliamo darci una mossa? La prima partita di campionato inizierà esattamente tra…» Controllò l’ora sul cellulare. «… diciassette minuti. Già vederla qui dentro fa schifo, quindi non voglio altre distrazioni inutili
    Succhiò rumorosamente un gran sorso di frappè dalla cannuccia, per poi leccarsi le labbra e incrociare le braccia sul tavolo. «Quindi?»
    Geometrie verticali
    E pronostici da rispettare
    Sbarramenti frontali
    Ma che voglia di farli saltare è goal
    È goal! È goal! Imprevedibile
    13 thunder


    Ha senso? Assolutamente no.


    Edited by god(dess) of thunder. - 25/2/2024, 02:24
  7. .
    Thursday De Thirteenth
    accidentally helping?
    I’ve been having a hard time adjusting
    I had the shiniest wheels, now they’re rusting…
    This is me… trying
    «non possiamo lasciarlo qui»
    Thor fissò Mehan, faticando ad associare ai suoni un significato. Perché sapeva che il ragazzo aveva ragione. «Sì.» Ma sapeva anche di avere paura.
    Non era una persona cattiva, Thor, e non voleva neanche che gli altri la ritenessero tale. Una bestia, questo sempre. Qualcuno di cui avere, appunto, paura, ancora di più. Ma cattiva… paradossalmente, in un modo o nell’altro, andava contro la sua stessa natura. Era pronta e, anzi, vogliosa di fare male, solo a gesti e mai a parole, eppure la realtà era che lei, le persone, desiderava proteggerle.
    E allora perché adesso aveva paura?
    Perché si sentiva cattiva?
    Sapeva che Meh aveva ragione e che non potevano lasciare quello sconosciuto lì, morto, ma le gambe le formicolavano dalla voglia di fuggire il più lontano possibile. Voleva togliersi quell’immagine dagli occhi, dimenticare quest’ultimo tassello insieme a tutto il resto del quadro. Quel quadro che, giorno dopo giorno, si faceva sempre più grande, tanto che ormai era impossibile distinguerne i lati. Non era più un quadro, ma la realtà. Un mondo dilaniato dalla guerra, dall’odio, dalla morte.
    Sentì Mehan muoversi e d’istinto voltò il capo a guardarlo, sospirando mentalmente appena sollevata all’idea di non avere più davanti il viso immobile dell’uomo. Non l’avrebbe mai detto ad alta voce, ma sperava, anzi, desiderava con tutto il cuore che il Tryhard prendesse la situazione in mano e si comportasse da adulto della situazione quale era. Thor non era una scaricabarile, ma per tutta la vita era sempre stata abituata a non essere mai lei quella adulta e, ancora peggio, responsabile. Certo, di recente Friday aveva cercato di aprirle gli occhi e di farle capire che era arrivato il momento di quantomeno tentare di comportarsi da persona vagamente funzionale, ma il cambiamento aveva bisogno di tempo per attecchire. Anche perché Thor non voleva essere adulta. Non si sentiva pronta.
    E infatti, invece di fare quello che un adulto responsabile e normale avrebbe fatto, ovvero chiamare i soccorsi e accompagnare l’uomo – il cadavere – al San Mungo, la tassorosso si buttò sulla cosa più stupida e insensata che poté ricavare da quella macabra situazione: le coordinate.
    Al sospiro di Meh avrebbe potuto, anzi, dovuto, ritrattare, ma la sua paura della morte, e dell’età adulta, e della responsabilità, rinsaldarono ancora di più dentro di lei quella convinzione.
    «Magari… anzi, di sicuro è il suo ultimo desiderio…»
    «thor.. sinceramente non penso che sia nostro compito—»
    «È il minimo che possiamo fare, dato che…» Nonostante gli occhi lucidi, il suo sguardo era fermo, proprio come il suo tono. Tuttavia, le ultime parole si persero sulle sue labbra, in un non detto che non aveva davvero bisogno di essere espresso.
    Trattenne il respiro, inavvertitamente, vedendo invece Mehan fare l’esatto opposto. Quando rilasciò il fiato, questo rischiò di sembrare pericolosamente simile a una mezza risata. La Colombia. Perché no. Non che avesse un’idea precisa di dove fosse, ma magari, laggiù, la guerra non era arrivata così tanto. Con un piccolo cenno del capo, sorrise appena e chiuse gli occhi, concentrandosi per ricordare la sfilza di numeri. Peccato però che dietro le palpebre comparve subito la figura innaturalmente immobile dell’uomo, con ancora stampata nello sguardo quell’aria sconvolta. Deglutì a fatica il groppo che subito le era risalito in gola e si schiarì la voce, dettando ancora a occhi chiusi i numeri a Meh. «Forse troveremo la sua famiglia…?», concluse, socchiudendo piano le palpebre, per poi strofinarsele in modo da eliminare ogni traccia che potesse far pensare che lei era sul punto di piangere.
    «credo anche che dovremmo scrivere due righe da lasciare insieme... al corpo, spiegando cos'è successo»
    Stavolta fu lei a sospirare e a tirare fuori il telefono. «C’è un modo più… veloce.» Strinse forte le labbra, ripentendosi mentalmente di potercela fare. Dylan e Giacomino le avevano aperto un mondo, spiegandole i segreti della tecnologia babbana. Era tutto assurdo e decisamente magico, ma non era il momento di farsi delle domande. Si rialzò in piedi e tese una mano al Tryhard per aiutarlo a fare lo stesso: sapeva che dopo una certa età le ginocchia non erano più quelle di una volta. «Tu cerca di capire dove… dove portano quelle. Io…» Sospirò ancora, e fece partire una chiamata anonima.
    Non era brava come Kaz a dissimulare la propria voce, ma era comunque passabile. E dovette ripetersi ancora e ancora che era come uno di quei vecchi film gialli che Giacomino li aveva costretti a vedere.
    Cosa c’era di più adulto del fare una soffiata anonima al San Mungo sul ritrovamento di un cadavere?
    hufflepuff
    2005
    red fury
    This Is Me TryingTaylor Swift


    Scusa, non so più scrivere e non ha senso.

    E ti ho smollato la patata bollente (gnam gnam) delle coordinate, da brava non adult badger quale sono.
  8. .
    Thursday De Thirteenthex hufflepuff, 18 y.o.red fury
    «Non ce la faccio, troppi ricordi…»
    Gli occhi di Thor erano lucidi per il freddo, OVVIAMENTE, non per le immagini che le stavano passando dietro alla retina, marchiate a fuoco nel cervello. E neanche per la stretta morbida e calda di Sana, e le sue parole più dolci dello zucchero filato così simile ai suoi capelli e…
    I corvonero che segnavano, ancora e ancora, mentre loro arrivavano a malapena oltre la metà campo.
    Bolidi e falli che tempestavano su Kaz e Joni e Livy.
    «GRRRRRRRRRRRRRRRRR», ringhiò, vedendo Tipton sbagliare ben due volte anello ma riuscire comunque a parare il tiro di Russell. Ma la partita era appena cominciata e loro erano già arrivate a un soffio dal goal!!
    «kaz è diventato così bello! Non vedo l'ora che trovi un ragazzo che lo ami.» Annuì, arrossendo, sentendosi come al solito scoppiare e sprofondare il cuore nel sentirla dire così. Era completamente d’accordo con lei, ma non avrebbe mai avuto il coraggio di farle aprire gli occhi su quelli che erano i gusti (bleah) del loro Kazzino. «Intanto speriamo che non gli falcino il prato da tutta la rosa dei giocatori», sospirò concreta, indicandole con la mano libera il bolide diretto verso una delle loro battitrici.
    «I DON’T WANT A LOT FOR CHRISTMAS,
    HERE IS JUST ONE THING I NEED…
    I DON’T CARE ABOUT THE PRESENTS, UNDERNEATH THE CHRISTMAS TREE…
    I JUST WANT CHE TU NON MUOIA,
    MORE THAN YOU COULD EVER KNOW!!!
    MAKE MY WISH COME TRUE
    ALL I WANT FOR CHRISTMAS IS CHE NON TI FACCIA COLPIREEEE!!!»

    Thor che canta Mariah Carey.
    Già.
    Ma c’era la neve!!!
    E non era assolutamente dedicata anche a Sana, vi pare……………
    We Are the Champions
    Queen
    living in the middle between the two extremes
    (eliandi's version)


    TIFO TASSI!!
  9. .
    Thursday De Thirteenthex hufflepuff, 18 y.o.red fury
    «RAW RAW RAW!!!!»
    Thor strinse la mano di Sana, o meglio, la stritolò, probabilmente, fissando incantata (e incazzata) il campo innevato.
    Era così innaturale essere lì.
    C’erano tutte le furie a parte Kaz.
    Kaz era sul campo. Senza di loro.
    ERA TERRIBILE.
    «Non so se ce la faccio.» Avrebbe dovuto essere un ringhio, ma quello che le uscì dalle labbra somigliava più che altro a un uggiolio. Si sentiva fisicamente all’idea di non essere sulla scopa, la pelle ancora più rossa del normale per il freddo e l’emozione, le dita intirizzite ma brucianti all’idea di stringere la pluffa.
    Però ora stringeva qualcosa di molto più importante.
    Avvampando scostò lo sguardo dalle dita di Sana intrecciate con le proprie, rendendosi conto sono in quel momento di non star più fissando il campo.
    No, per esperienza sapeva che i tifosi, sugli spalti, erano parte della squadra. Era grazie al loro calore, al loro supporto, al loro amore (!!!!!) che si conquistava la vittoria. E la salvezza, in effetti. «WOOO MA L’AVETE VISTO???», gridò alle amiche, ovviamente riferendosi a Kaz e alla prima bolidata killer che aveva sganciato.
    «DAJE TASSE DAJE!!!» Non avrebbe parlato di furie per ovvi motivi, ma erano comunque tassE. Anche se ora in squadra c’erano un po’ troppi peni, per i suoi gusti. Ma almeno erano i peni giusti!! Balt l’aveva ascoltata e ora era lì, su una scopa, pronto a rompersi tutto!!! E Ficus era too pure per il mondo, quindi chiaramente l’avrebbe protetto da tutto e tutti.
    Un sogno, forse una favola.
    We Are the Champions
    Queen
    living in the middle between the two extremes
    (eliandi's version)


    TIFO TASSI!!


    Edited by god(dess) of thunder. - 1/12/2023, 15:24
  10. .
    Thursday De Thirteenth
    accidentally helping?
    I’ve been having a hard time adjusting
    I had the shiniest wheels, now they’re rusting…
    This is me… trying
    Thor non aveva mai riflettuto sulla sua condizione. Anzi, per certi versi non se n’era mai davvero resa conto. Per lei era normale essere una privilegiata. D’altronde, come avrebbe potuto essere altrimenti? Non ci era solo cresciuta, in quelle condizioni. Ci era proprio nata. Fin dal suo primo respiro, nulla era mai stato realmente difficile, per lei. Certo, a parte le lezioni, tanto quelle impartite a Hogwarts quanto quelle di buone maniere a casa, da MamaLama, e i noiosissimi e insensati eventi a cui, fin dalla più tenera età, i suoi l’avevano costretta a partecipare. Eventi dell’alta società, naturalmente, che a un occhio esterno sarebbero apparsi come l’ennesima riprova del suo status di privilegiata, ma che per lei erano solo interminabili torture infarcite di falsità.
    Persino gli insegnamenti dei suoi fratelli, in particolar modo Friday, non le avevano del tutto aperto gli occhi. O meglio, razionalmente Thor capiva, perché era stupida, sì, ma non fino a quel punto, ma, indolente com’era, la parte più irrazionale – e dunque preponderante – di sé era rimasta per lo più impermeabile a quella consapevolezza. Anche perché che colpa ne aveva lei, se era nata in una famiglia ricca e purosangue? Se aveva passato ogni istante della sua vita coccolata e protetta, per non dire viziata, come alle volte le faceva notare Sandy, tra tutti gli agi e le comodità? Se il resto del mondo era rimasto qualcosa di lontano, che non la riguardava davvero?
    Ma poi aveva cominciato a capire.
    I suoi amici che venivano presi di mira. I fischi a Kaz la prima volta che era salito sulla sua scopa modificata, l’istintiva necessità delle furie di non lasciare mai solo lo special, per quella non detta paura che potesse succedergli qualcosa.
    E poi tutto era precipitato nel caos e nella distruzione più totali.
    La guerra.
    Negli occhi sempre più vitrei dell’uomo, Thor vide riflesso il suo privilegio. Se non fosse stata tanto fortunata, su quel marciapiede avrebbe potuto esserci lei. Cosa aveva fatto per meritare la vita che aveva? Assolutamente nulla.
    Sentendosi chiamare, in un primo momento pensò fosse solamente la voce della sua coscienza, finalmente risvegliatasi da quel torpore lungo quasi due decenni. Ma di solito non aveva quel suono. Assomigliava di più ai borbottii di Joni, o alle urla di Dylan. Alle volte assumeva la melodia delicata di Sana, o il fare esagitato di Kaz.
    «hai bisogno di aiu-»
    «Sì, io non…», rispose d’istinto, trovando infine la forza per girare appena il capo e intravedere un viso sì conosciuto, ma che non scorgeva così spesso. «Meh, non so cos’abbia, non… »
    «è ferito?»
    Sospirò e strinse le labbra, tornando a guardare l’uomo, il cui sguardo era sempre più assente. «Non lo so… Ha cercato di dirmi qualcosa, ma non sono riuscita a capire… Forse…»
    Agitata, lasciò che anche il ragazzo provasse a domandare qualcosa all’uomo, senza però ottenere nuovamente risposta. Istante dopo istante, l’agitazione si tramutò nella rabbia che la contraddistingueva. C’era qualcosa di diverso, in realtà, rispetto al solito. Qualcosa che nelle ultime settimane non aveva fatto che acuirsi, facendole provare uno sconforto che, fino a quel momento, non aveva mai conosciuto.
    Thor si sentiva impotente.
    Sapere di non poter fare niente, di essere inutile, la dilaniava dentro. A cosa serviva essere lì, far parte del mondo, se non era capace di rendersi utile?
    La mano stretta intorno al polso dell’uomo, lo sentì ripetere quei numeri. Come avesse fatto a pensare alle coordinate non lo comprese, ma sentiva che doveva trattarsi di quello. Anche se probabilmente non avrebbe risposto, per l’ennesima volta, era pronta a subissarlo di domande.
    «Cazzo.»
    «ma mannaggia alla-»
    «È morto.»
    O forse no, visto il suo constatare l’ovvio.
    Rimase immobile, continuando a stringere quel pezzo di carne ormai immobile. La sua mente registrò solo di sfuggita le dita di Mehan sfiorare il collo dell’uomo. Non aveva mai visto una persona morta. Non davvero, almeno. Le lezioni a Hogwarts l’avevano posta svariate volte in quella situazione, ma non era mai stato reale. Nemmeno quando era mancata la bisnonna De Thirteenth, non tanti anni prima, l’aveva vista. I suoi genitori non avevano voluto che entrasse a vederla, e lei, stranamente, non si era opposta.
    «È morto», ripeté, stavolta con tono più basso, e ancora più laconica di poco prima.
    Non era da lei farsi prendere dal panico. E neanche provare qualcosa, al di fuori della furia cieca. Non era da lei sentirsi così totalmente annullata… e sconvolta.
    «ma cosa è successo? Dobbiamo chiamare qualcuno, portarlo al san mungo.. tu hai capito cos'ha detto?»
    Rendendosi conto di stare ancora toccando quella pelle che, instante dopo istante, diventava sempre più fredda, Thor lasciò andare la presa, stringendosi le cosce con le mani con così tanta forza da farsi quasi male. «Non lo so.» Di nuovo quel senso di impotenza. «Passavo di qui e… l’ho visto. Ho pensato che stesse male, che potesse avere bisogno di aiuto… Ma non ha risposto a nessuna delle mie domande, come delle tue.» Faticava a riconoscere la sua stessa voce. «Quei numeri…» Si voltò verso il Tryhard, faticando a mettere a fuoco i suoi occhi scuri, dato che i propri parevano offuscati da qualcosa. Qualcosa di fin troppo simile alle lacrime. «Sembravano… coordinate? Forse vuole… voleva… che andassimo da qualche parte…?»
    Sapeva che era una pessima idea.
    Ecco perché non sarebbe riuscita a togliersela dalla testa.
    hufflepuff
    2005
    red fury
    This Is Me TryingTaylor Swift</td
  11. .
    Oddio ari che carina??? Daccene ancora!!!

    (Gnam gnam.)
  12. .
    Thursday De Thirteenth
    accidentally helping?
    I’ve been having a hard time adjusting
    I had the shiniest wheels, now they’re rusting…
    This is me… trying
    Non è che Thor odiasse la politica. Il fatto è che non ci capiva nulla. E gliene importava ancora meno.
    E le andava bene così.
    O almeno, così era stato per i precedenti diciotto anni della sua vita.
    Anche se non aveva voluto riconoscerlo prima, qualche avvisaglia, in realtà, c’era stata anche prima, soprattutto quando si era trovata, suo malgrado, davanti a ingiustizie che persino un cieco sarebbe riuscito a vedere. Come quella volta, in quel locale, quando suo fratello Fred aveva cercato di spiare dei fintamente rispettabili purosangue che confabulavano. Se già allora il mondo era sbagliato e faceva schifo, pieno com’era di odio e discriminazioni, adesso non solo si era arrivati alla follia più totale, ma la si era completamente superata.
    Thor poteva fingere che tutto andasse bene quanto voleva, ma stavolta non sarebbe bastato.
    Non dopo la guerra.
    Se n’era tenuta lontana, un po’ per scelta, un po’ per costrizione, ripetendosi che tutto si sarebbe sistemato, che le cose sarebbero tornate allo statu quo. Ma tante persone erano morte e il mondo aveva fatto una capriola, portando tutto, e tutti i rimasti, a testa in giù.
    E in effetti si sentiva proprio così, quel giorno, camminando per Hogsmeade. Le lezioni erano finite e da lì a poco avrebbe dovuto sostenere i M.A.G.O. (send help pls): quale migliore rimedio all’ansia se non un giretto per la via più losca del villaggio magico? Aveva una missione, oltretutto: trovare le goccine di Roberta, quelle con le quali, secondo Joni, sarebbe andato tutto per il meglio. Non sapeva, allora, che sarebbero servite a non farle mordere i personaggi del Cluedo vivente (cosa? Cosa); credeva solo che potessero essere un buon rimedio per l’ansia che, volente o nolente, cominciava a farsi sempre più fastidiosa.
    Ma non erano solo i M.A.G.O. il problema. Era… tutto. Dall’idea (terribile) che presto avrebbero cominciato a ritenerla una persona adulta (a meno che non la segassero alla maturità per la sua incapacità, cosa molto probabile – tratto da una storia vera) al mondo devastato dalla guerra in cui era costretta a vivere. Per non parlare del nuovo statu quo.
    Non era mai stata una persona ansiosa, né desiderava diventarlo. Eppure, adesso, quella paura così sottile da risultare invisibile la accompagnava sempre, coprendola come una seconda pelle. Le serrava la gola e le faceva pizzicare gli occhi.
    Ecco perché aveva bisogno delle goccine.
    E perché, quando vide quell’uomo addossato al muro di mattoni, in un angolo se possibile ancora più losco di tutto il resto della vita, sentì le budella contorcersi e non poté fare a meno di avvicinarsi. Per quanto ferale e violenta, non era cattiva, Thor. Era lavativa e menefreghista, ma non riusciva, e non voleva, chiudere gli occhi davanti alla sofferenza altrui.
    Invece di attraversare la strada per salire sul marciapiede opposto ed evitarlo, continuò per quello in cui si trovava a passo spedito, fino a raggiungere l’uomo. Sembrava proprio messo male… Dopo aver preso un respiro gli si accucciò accanto. «Salve. Si sente bene?», cominciò con solo una punta di esitazione nella voce. Sebbene non le piacesse l’idea che si sapesse in giro, perché ne andava della sua reputazione di bestia, a Thor piaceva aiutare gli altri. Era più forte di lei, le veniva naturale. Tuttavia, di solito il suo raggio d’azione era molto limitato e ristretto a persone conosciute, e fidate. Approcciarsi a uno sconosciuto era nuovo e… intrigante, a suo modo.
    Arrossì, sentendosi in colpa per quel pensiero. Non voleva aiutare l’uomo per sentirsi bene lei, ma per… aiutarlo, appunto. «Posso fare qualcosa per lei?»
    Lo vide muovere le labbra, ma non sentì nulla. Con un brivido si avvicinò un po’ di più, invitandolo con un cenno a ripetersi. Di nuovo l’uomo parlò, o meglio, ci provò, ma Thor non capì niente una seconda volta. Lui sembrò infervorarsi, ma poi si spense ancora di più, motivo per cui, spaventata, la tassorosso gli afferrò un polso, le dita che tremavano, per accertarsi di sentire ancora il battito. Era lì. Flebilissimo, ma c’era. «Sign-» Si interruppe, riuscendo finalmente a cogliere qualcosa. Erano… numeri? Parlava di gradi… quindi temperature? No, quello era un punto cardinale… Inavvertitamente gli strinse il polso più forte, comprendendo.
    Erano coordinate.
    hufflepuff
    2005
    red fury
    This Is Me TryingTaylor Swift
  13. .
    Se fosse stata un qualunque altro pg di Sara, o, per essere ancora più precisi, in effetti, Sara stessa, Thor avrebbe dovuto sentirsi turbata da tutta quella situazione. E, ancora di più, pensare male. Chi mai combina un appuntamento di lavoro dentro un centro massaggi? Certo, quelli in cui era stata lei (contro la sua volontà, sia chiaro, perché mai e poi mai vi avrebbe messo piede dentro di sua spontanea iniziativa) erano veri centri massaggi, ma non era mica nata ieri. Aver passato sette anni al castello e praticamente tutta la vita con i Freaks le aveva insegnato parecchie cose. Eppure. Eppure, non pensò male.
    Non le passò proprio per la testa.
    Perché mai avrebbe dovuto essere sospetto un appuntamento di lavoro in una spa? Strano, questo sì. Contro i suoi gusti, anche. Ma sospetto? Tipo organizzato da qualcuno di losco e viscido, fatto apposta per adescare giovani innocenti come lei?
    Figuriamoci!!!
    E non perché tutta la sfera anche solo vagamente sessuale la spaventasse così tanto da aver imparato non solo a schifarla, ma proprio a rimuoverla del tutto. (O così era convinta, ecco.)
    Per cui aprì la porta che le aveva indicato la strega alla reception con sicurezza, nonostante la mano le tremasse un po’. Lei agitata? Figuriamoci!! Di quel lavoro le importava poco o niente, non trattandosi di quidditch. Se non l’avessero selezionata, be’… erano loro a rimetterci, non lei!
    Tuttavia, quando un po’ troppi profumi, e troppo dolci, per i suoi gusti, e una musica così rilassante da farle quasi rimpiangere il k-pop urlato a squarciagola da Dylan, le stordirono i sensi, per un attimo rischiò quasi di vacillare. Forse, anzi, sicuramente, se non fosse stata assunta, sarebbe stata solo colpa sua. Perché era inutile. E incapace. (Ecco, questo sì che faceva di lei un pg di Sara, e Sara stessa.)
    «Cia- emh, salve??» Confusa, guardò la ragazza sulla poltrona aggrottando inconsapevolmente le sopracciglia, non capendo perché non si fosse davvero alzata. Forse era quello il lavoro? Portarla in giro? Nel senso letterale del termine, tipo quel film che le aveva fatto vedere Giacomino, quello francese con il tizio in sedia a rotelle. Si trattenne, però, dal fare domande, anche se rimase impalata ad osservarla, i piedi nudi sul pouf. Alla sua presentazione una lucina le si accese nella testa, ma durò solo un secondo, lasciandosi semplicemente dietro una sensazione di familiarità. Mmh, forse Wendy non aveva del tutto torto quando la incoraggiava a prestare appena un po’ più di attenzione a cose che non fossero il quidditch, le furie e il cibo, rigorosamente in quest’ordine. «Sono Thor… cioè, Thursday. Thursday De Thirteenth», si presentò a sua volta, zittendo la voce nella sua testa, anche se, per una volta, l’idea di fare una figuraccia le sfiorò la mente. E, ancora di più, la consapevolezza di non volerne fare una.
    Voleva ottenere quel lavoro. Per dimostrare qualcosa a sua sorella… e a sé stessa, soprattutto.
    Con un accenno di titubanza, se non altro nascosto dalla goffaggine, andò ad appollaiarsi sulla poltroncina accanto a quella della ragazza, Shiloh, e annuì in risposta alla sua domanda sul lavoro. «Lo so che non sembro esattamente», com’è che si diceva?, «ah, umh, affidabile, ma sono… forte?? Resistente? Non mi faccio problemi a usare le mani… Cioè, posso fare di tutto, davvero! Senza lamentarmi!!» L’ultima parte non era completamente vera, ma poteva concedersi una lievissima licenza poetica, no? Solo una!!
    La figuraccia, però, era già dietro l’angolo, che lo volesse o no, perché Shiloh non solo frenò il suo flusso di coscienza rimandando quelle /cose/ a dopo, ma le porse la domanda TM. «prima di entrare nei dettagli ho una domanda importante da farti: andresti a vedere prima barbie o oppenheimer? o solo uno dei due, non giudico»
    Thor deglutì un po’ troppo rumorosamente e, con molta attenzione, si guardò intorno. Solo dopo essersi accertata che non ci fosse nessuno in giro artigliò il bracciolo della poltrona con le mani per sporgersi verso Shiloh e, con voce decisamente bassa e molto, molto seria, decretò: «Barbie, ovviamente».
    Thursday
    De Thirteenth

    It’s been a hard day’s night,
    and I’ve been workin’ like a dog.
    It’s been a hard day’s night,
    I should be sleepin’ like a log…
    hufflepuff
    red fury
    job hunter?



    Chaotic energy, come piace a noi.

    [/QUOTE]
  14. .
    Thursday De Thirteenth
    Sana Park
    All these places have their moments,
    with lovers and friends I still can recall.
    Some are dead and some are living,
    in my life I’ve loved them all.
    Non era il suo primo prom in compagnia di Sana, ma si sentiva come se lo fosse. Soprattutto, però, non voleva pensare che fosse l’ultimo. L’idea degli esami che, da lì a poco, la aspettavano, la terrorizzava molto più di quanto fosse disposta ad ammettere, visto il suo interesse sottozero per tutto ciò che concerneva la scuola. Tuttavia, quel terrore non era assolutamente nulla, se confrontato con la paura del mondo degli adulti.
    Per non parlare, poi, di quella vista.
    Le sue furie, le sue amiche, che ridevano e scherzavano tutte insieme, tutte unite.
    Là fuori, il mondo era spaventoso. Ma quello che, più di tutto, le faceva paura, era l’idea di non poter più godere di quella vista, di quella gioia, ogni secondo della sua giornata.
    Si strofinò gli occhi con forza, nel tentativo di ricacciare indietro le lacrime che già le facevano pizzicare la gola, sentendosi perforare i timpani da un urlo di Dylan. PER FORTUNA CHE LIVY NON TI HA ANCORA TRUCCATA!!!!
    In che senso truccata.
    Ruggì, cercando un qualche aiuto con lo sguardo. Ma Joni era bloccata da Dylan stessa, che le stava legando i capelli, e Kaz veniva cosparso di brillantini proprio da Sana. « È un pigiama party… PIGIAMA…….. perché mai dovremmo truccarci……..», fece notare sbuffando, spalmandosi ancora di più sul divano. Per una volta stava persino facendo un ragionamento sensato, eh.
    Si guardò di nuovo intorno, accarezzando con lo sguardo le persone a cui voleva più bene al mondo, insieme ai suoi fratelli. Una parte di lei avrebbe voluto fare un discorso, o quantomeno dire qualcosa, ma le parole le morivano in gola, impastate da quelle lacrime che mai e poi mai avrebbe fatto scendere. Non sapeva fare discorsi, Thor. E non voleva neanche venire a patti con la realtà. Erano cresciute. Erano adulte. Il mondo le aspettava. Sapeva che non sarebbe finito tutto lì, ma non era stupida (non completamente, almeno): nulla sarebbe stato più come prima.

    Compatte, le furie fecero il loro ingresso al prom. Kaz fu subito rapito da Dre, cosa che, naturalmente, la fece un po’ accigliare, ma uscendo dal dormitorio aveva fatto un passo con sé stessa: non avrebbe monopolizzato le sue amiche. Non tutto il tempo, almeno.
    Una, però, aveva il diritto di monopolizzarla.
    Si morse le labbra cercando invano di trattenere un sorrisetto e strinse forte la mano di Sana, come se quel gesto potesse calmare il battito agitato del suo cuore. Naturalmente, ottenne l’effetto opposto. Ma come poteva essere altrimenti? Con il respiro accelerato la guardò, al suo fianco, e stavolta non nascose il sorriso che le si allargò sul volto arrossato. «Io voglio fare la lotta con i cuscini…» Ridacchiò, un po’ malefica. «Dopo però!! Insomma, tra un po’!! Con anche le altre, se vogliono…» Non doveva monopolizzarle, si ripeté. Forse non doveva farlo neanche con Sana??
    «Oddio, scusa, che deficiente!! Cosa ti va di fare?? Hai fame? Sete?? Vogliamo…» Per essere una che il prom in teoria l’aveva organizzato, Thor non sapeva niente. O meglio, il fatto era che, più che altro, le bastava guardare la Park per dimenticarsi praticamente all’istante di tutto il resto. Era così semplice perdersi nei suoi occhi scuri, incantarsi su quelle labbra morbide e… «B-balliamo??»
    hufflepuff
    VII year
    red fury
    In My Life
    The Beatles


    Outfit: ovviamente

    - arriva con le altre furie e rispettivi accompagnatori (???)
    - chiede a sana cosa vuole fare
    - propone a sana di ballare
  15. .
    Ma in che senso sono già quasi le undici. E tra un’ora scade tutto.
    HHHHHHH.
    Scusa Sana, ti meritavi molto di più.
    Il pensiero di Sara, ma soprattutto di Thor, quando fu svegliata da un rumore acutissimo in grado di perforare i timpani. Non che fosse strano che Dylan strillasse, anzi, ma quelle frequenze le raggiungeva solo quando era molto agitata. O felice. Potevano benissimo essere entrambe, ma, ora come ora, a Thor importava fino a un certo punto, visto che aveva appena interrotto il suo pisolino pomeridiano su uno dei divanetti della sala comune tassorosso. Ringhiò, non a bassa voce, ma non aprì gli occhi. Magari se fingeva di stare ancora dormendo sarebbe ripiombata la calma e Dylan sarebbe andata a urlare nelle orecchie a un’altra furia.
    Purtroppo, però, invece del silenzio sentì dei passi avvicinarsi sempre di più a dove era stravaccata, cosa che le fece emettere un altro basso e gutturale suono, come un animale infastidito. Come, poi. Thor era infastidita. Molto. Non era una dormigliona, ma di recente aveva scoperto quanto dormire fosse utile nell’evitare le proprie responsabilità, e i propri pensieri.
    La fine della scuola.
    La guerra.
    Gli esami.
    La guerra.
    Sana.
    Sana. E… ciambelline alla fragola?
    Sì, perché adesso, invece del suono dei passi, aveva sentito prima un fruscio, poi un profumo. O meglio, due. Quello della Park e quello dei dolcetti con cui amava soprannominarla sua sorella Wendy. Aggrottò la fronte, ancora a occhi chiusi, un po’ confusa. Forse stava sognando? Ma perché mescolare gli ultrasuoni di Dylan, sua sorella e la furia del suo cuore?
    Ecco, a proposito di cuore.
    Era un sogno, ma se lo sentì comunque balzare nel petto.
    I due profumi la pervasero ancora di più, portandola a inumidirsi appena le labbra, inconsapevolmente. Con un piccolo sospiro aprì un occhio. Ai piedi del divano, Dylan la fissava con un sorriso da orecchio a orecchio. Se fosse stata chiunque altro le avrebbe tirato un calcio, ma era una delle sue furie, quindi si limitò a ringhiare nella sua direzione. «Guarda che sei tu quella che russi», borbottò, sulla difensiva, sapendo che quella era una mezza verità. La Kane russava, è vero, ma anche Thor lo faceva.
    D’accordo, era sveglia. Non stava sognando.
    Ma il profumo delle ciambelline di Sana era ancora lì.
    Ancora stravaccata, Thor voltò appena il capo sul cuscino, smettendo di guardare Dylan. C’erano delle ciambelline alla fragola. C’era una scritta.
    E c’era Sana.
    Ruzzolò giù dal divano, dopo aver fatto uno scatto da gatto spaventato da un cetriolo. «Cazzocazzocazzo!!!» Colpevole guardò Sana dal basso, sentendosi andare sempre più a fuoco. «Tutto ok!! Tranquilla!! Non mi sono fatta niente!!!», si affrettò a rassicurarla, anche se, in realtà, aveva sbattuto letteralmente tutto per terra. Non si faceva male giocando a quidditch ma cadendo dal divano della sala comune…………….. «Scusami!! Sono…» Gemette, poi sbuffò. «Ok, sì. Sono un disagio», ammise con una smorfia, riuscendo finalmente a tirarsi su. Cercò gli occhi della Park, con il viso in fiamme, e solo lentamente scese a dare un’altra occhiata a quello che teneva tra le mani. Adesso il profumo era ancora più intenso e invitante.
    Sorrise, impacciata, e prese una delle ciambelline, addentandola con gusto fino a ottenere una parentesi. A quel punto se la mise davanti alle labbra, a simulare un sorriso, e tornò a cercare lo sguardo di Sana. «Non ti dirò mai di no…»
113 replies since 21/11/2020
.
Top