Posts written by smart|mouth

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    mehan tryhard
    should i stay or
    should i go
    the clash
    Should I stay or should I go now?
    If I go, there will be trouble
    And if I stay it will be double
    So come on and let me know

    non è che a mehan non piacesse l'avventura.
    era sempre stato il tipo di ragazzino che, con la giusta spinta sulla schiena, si sarebbe buttato a capofitto in qualunque casino; spesso incurante delle conseguenze, o dei pericoli. ma, appunto, doveva esserci la spinta: non una motivazione in sé, un obiettivo, il raggiungimento di un ideale — era stato il primo a sollevare dubbi e tirarsi indietro, quando amalie shephard era scomparsa insieme a troppi altri, e erin aveva preso sulle sue spalle il peso di qualcosa che andava oltre l'immaginazione di tutti loro.
    all'epoca, aveva giustificato se stesso ricordando al mondo di avere solo sedici anni.
    una famiglia della quale non voleva rischiare l'incolumità.
    erano diventate molto in fretta scuse banali, scontate, il frutto malato della paura. e allora cosa lo aveva convinto, alla fine? hunter. nicky. halley. suo fratello. le lacrime sul volto di erin mentre stringeva convulsamente a sé un altrettanto terrorizzato scott chipmunk. erano loro, la sua spinta — a leap or faith, direbbe qualcuno. senza gli amici, senza la sua famiglia a trascinarlo in un salto nel vuoto ad occhi chiusi, mehan tryhard tentava sempre di rimanere in bilico sul bordo, appeso ad un filo invisibile ma resistente. «È il minimo che possiamo fare, dato che…» rimase in silenzio, attendendo la fine scontata di una frase che Thor non sembrava in grado di pronunciare. non la forzò: avrebbe voluto dirle che non lo avevano ucciso loro, e trovare un uomo morente non implicava essere automaticamente in debito di qualcosa, ma tenne comunque le labbra sigillate. premute così forte una contro l'altra da arrivare a sbiancarle.
    non che al resto del viso fosse rimasta alcuna traccia di colore.
    prese il telefono tra le mani perché sembrava più facile che guardare negli occhi la ragazza, e con qualche tentennamento dovuto al lieve tremolio impacciato delle dita riuscì finalmente a digitare le coordinate. niente Colombia, per i nostri gemelli del destino «è un posto in Francia che non so pronunciare.» abbasso la toxic masculinity, mehan ammetteva sempre le proprie mancanze. ruotò lo schermo verso Thor, mentre quest'ultima era già impegnata in una telefonata che l'ex Grifondoro si era sin dal principio rifiutato anche solo di elaborare (mica per niente aveva proposto di lasciare un biglietto, eh), così che anche lei potesse leggere lo scioglilingua offerto da magigoogle maps: Chenonceaux. ma un nome normale questi mangialumache no?
    attese pazientemente
    vibrando a frequenze altissime
    che la de13 chiudesse la comunicazione, prima di stringersi nelle spalle e offrirle una mano aperta «ascolta, Thor. andiamo, chiediamo un po in giro, e torniamo. se sento anche solo odore di pericolo ti trascino indietro, siamo d'accordo? » non aveva idea di quello che avrebbero trovato una volta giunti a destinazione. su quello, le informazioni date da internet non erano di aiuto: gran parte del territorio transalpino portava ancora i segni della guerra, città completamente rase al suolo e piccole comunità di sopravvissuti ai quali fare domande poteva rivelarsi una scelta sbagliata. non il momento o il luogo migliore per farsi tirare in mezzo ad un altro casino, e il tryhard aveva tutta l'intenzione di evitare il peggio fin quando gli fosse stato possibile.
    attese un cenno positivo da parte della rossa, prima di annuire a sua volta e stringere le dita intrecciandole a quelle di lei.
    chiuse gli occhi, immaginando dietro le palpebre un paesaggio che non aveva mai visto davvero, rughe profonde a scavare nella fronte per l'intensa concentrazione: avrebbe potuto lasciare che si smaterializzasse da sola, la l'ultima cosa che voleva era giungere a destinazione e non trovarsi Thor al fianco.

    [stacchetto tattico]
    [BONJOUR MOTHERFUCKERS]
    [ho dimenticato di dire che controlla i documenti dell'uomo per sapere almeno come si chiama, dai saretta pensaci tu]

    «sembra quasi che il. tempo si sia fermato» non era quello, lo scenario che meh si aspettava di trovare. Chenonceaux, con i suoi 363 abitanti censiti e le minuscole casette tipiche della Loira (???), sembrava essere uscita da una favola per bambini: l'orrore e la distruzione, per qualche inspiegabile motivo, l'avevano completamente ignorata passando oltre. non aveva ancora lasciato andare la mano di Thor, e tutto considerato andava anche bene così «è irreale, non trovi?» allungando il collo, il corpo sporto in avanti sulle punte dei piedi, poteva vedere in lontananza quella che doveva essere l'unica vera attrazione del luogo — il fucking castello di chenonceau.
    quasi sprezzante, nel modo in cui si era mantenuto inviolato, ogni pietra perfettamente al suo posto.
    molte opere più famose non avevano avuto la stessa, sfacciata fortuna.
    per quanto ne sapeva mehan, alcune città nessuno si era preso la briga di ricostruirle, lasciando fantasmi di cemento e legno e mattoni circondati da altrettante anime sepolte in cimiteri di fortuna; aveva letto, di sfuggita e senza mai più riaprire l'articolo, che per molti dei corpi sotterrati non era stato possibile nemmeno trovare un nome. nessuno avrebbe saputo che erano li, sotto tombe anonime e due metri di terra. l'idea di aver contribuito a mandarci qualcuno, in quelle fosse a cielo aperto, scavava costantemente tra le costole del ventunenne, graffiando con le unghie per penetrare la barriera che si era costruito intorno al cuore quando dalla decisione di partecipare agli scontri aveva capito di non poter più tornare indietro.
    «dobbiamo trovare qualcuno e chiedere—» diede una rapida occhiata attorno a sé, iridi cioccolato ad accarezzare le viuzze completamente deserte, le finestre delle case basse quasi tutte chiuse «ammesso ci siano ancora delle persone» a giudicare dall'ordine e dalla pulizia, si sarebbe detto di si. poi, che avrebbero avuto voglia di parlare con loro, o dove minchia fossero finiti tutti, quelli erano altre paia di maniche.

    screwdriver_
    gets tremendously upset by trivial things

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    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
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    +10 fidelity novembre
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    +20 fidelity novembre
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    +20 fidelity novembre
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    +20 fidelity novembre
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    nickname: blank/space
    role attive: murphy(25.11) + mehan (29.11) + check (10.11)
    PE accumulati sulla carta fidelity: 20
    scheda livelli:
    [gruppo 1]
    jay, euge, murphy, barry

    [gruppo 2]
    mehan, marcus, eddie, joni

    [gruppo 3]
    ty, clay, check, moka

    nickname: l a t i b u l e '
    role attive: bonus oswald(04.11)
    PE accumulati sulla carta fidelity: 10
    scheda livelli:
    [gruppo 4]
    ficus
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    mehan tryhard
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    «È morto» i muscoli del viso cedettero, e mehan poté soltanto abbassare lo sguardo sulla propria mano. anche se già lo sapeva, anche se i polpastrelli non avevano percepito alcun battito, la constatazione dell'inevitabile lo prese comunque in contropiede. non disse nulla, limitando i propri movimenti al ritrarre le dita ora chiuse a pugno: sentiva il gelo della pelle ormai priva di vita arrampicarsi sulla sua, anche se si trattava solo di una sensazione — il corpo dell'uomo era ancora caldo «non possiamo lasciarlo qui» banale, scontato, un filo di voce più roca del solito a graffiare la gola.
    avrebbe voluto stare peggio, mehan.
    sentirsi morire a sua volta, provare lo shock che era previsto una persona normale provasse di fronte ad un uomo appena morto.
    ma aveva visto il sangue. ossa spezzate. espressioni contorte dal dolore e dalla disperazione. aveva guardato persone aggirarsi come zombie con ferite che nessuno avrebbe mai potuto curare, in attesa della fine — una fine solitaria, perché non avevano più nessuno con cui condividerla. parte di quel sangue lo aveva versato lui; quelle ossa, aveva contribuito a spezzarle; il dolore, lo aveva visto riflesso negli occhi di chi gli stava di fronte, nemici per un giorno, senza nemmeno sapere le ragioni.
    si era convinto non ce ne fossero, meh.
    il che rendeva tutto più semplice e, al contempo, più terrificante.
    fece per alzarsi, le dita della mancina ancora strette attorno alla bacchetta. l'intenzione, almeno quella iniziale, era di smaterializzarsi con il corpo fino al San Mungo, pregare non facessero troppe domande. ma gli occhi chiari (e lucidi?) di Thor lo inchiodarono sul posto, a movimento iniziato «Quei numeri…» già, i numeri. non che il tryhard avesse volontariamente finto di non averli sentiti per evitare di doverci pensare, figurarsi. «Sembravano… coordinate? Forse vuole… voleva… che andassimo da qualche parte…?» mehan non era moka, quindi non poteva sospirare e bestemmiare insieme, ma almeno la prima cosa se la concesse.
    aria calda soffiata tra i denti fino a svuotare i polmoni, un secondo di troppo prima di incamerare altro ossigeno. sembrava tanto un modo facile per cacciarsi in qualche casino, e probabilmente lo era; alle parole della de13 il venti... non ricordo quanti anni ha chiuse gli occhi, le palpebre improvvisamente pesanti. avrebbe potuto fare un'altra strada, svoltare a quell'angolo precedente invece che continuare dritto, farsi convincere a passare da Madama Piediburro per salutare Erin pur sapendo che avrebbe finito con attirare l'attenzione della ragazza ad ogni occasione buona, e gli altri clienti lo avrebbero un po odiato. per quello non ci era andato — posso passare a trovarla a casa dopo il lavoro, si era detto. prendendo la stessa strada, continuando dritto, ritrovandosi con un cadavere tra le mani.
    «thor.. sinceramente non penso che sia nostro compito—» aveva riaperto gli occhi, e tentato di dipingere sul volto l'espressione che avrebbe avuto un qualunque adult badger degno di questo nome di fronte ad una ragazzina. era più grande, seppur di pochi anni, e gli toccava questo ingrato compito: a lui, capito? mehan barolo tryhard, che se lasciato unsupervised rapiva i fidanzati degli amici e li teneva in ostaggio per interrogarli. ma dovette bloccarsi, il resto della frase a morire sulla punta della lingua.
    perché lo sguardo di Thor era più risoluto del suo.
    non che ci volesse molto.
    [sospiro doppio]
    «ok, ok va bene. almeno cerchiamo di capire dove sia questo fantomatico posto. vorrei evitare di ritrovarmi in Colombia» anche se... mettere su una piantagione di coca.. insomma aveva sicuramente qualcosa su cui riflettere. prese il telefono dalla tasca della giacca, santo sia il 5G e i babbani che l'avevano scoperto (inventato??? non era certo di come funzionassero certe cose, meh. a lui bastava poter entrare su Instagram e guardare i video di tiktok con i cuccioli), pronto a trascrivere le coordinate non appena la rossa gliele avesse dettate «credo anche che dovremmo scrivere due righe da lasciare insieme... al corpo, spiegando cos'è successo» once a lawful neutral— quello, insomma.

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  8. .
    mehan tryhard
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    curioso.
    addirittura intrigante.
    se il Fato avesse messo meh nella terribile condizione di trovare per primo il moribondo, probabilmente quelle due parole sarebbero state le ultime a passare per la testa del ragazzo. aveva affrontato una guerra, mehan tryhard, eppure era ancora capace di farsi prendere dal panico per cose che si potevano risolvere mantenendo i nervi saldi — non proprio il suo punto forte.
    e certo non in quel periodo così delicato.
    perché non sapeva cosa cazzo fare, e se questa condizione normalmente non gli aveva mai creato problemi, ora che riguardava i suoi migliori amici il ventunenne ne avvertiva tutto il dannato peso sul petto: nemmeno (inserire numero imprecisato qui) sane sessioni di skin care in compagnia di erin erano riuscite a sciogliere un nodo già così intricato da far pensare che fosse ormai tardi. tardi per riprendere da dove avevano lasciato, ma anche per ricominciare.
    lo aveva letto negli occhi chiari di Halley, ritrovandosi quasi ad annegare in un mare di tristezza e rassegnazione che gli aveva tolto momentaneamente il fiato.
    lo aveva percepito nel tono di voce asciutto con il quale hunter aveva dichiarato la sua intenzione di andarsene, il più lontano possibile, e la sensazione di venire colpito in faccia da ogni singola parola era stata più che reale. tangibile.
    aveva fatto qualcosa per impedirlo? no.
    perché era stato anche lui sul campo, dalla parte opposta; e di parole, quando servivano davvero, non ne aveva trovata nemmeno una. per quanto potesse sembrare coraggioso e sfrontato nelle situazioni più rischiose, mehan rimaneva quello che nel cuore in fondo era sempre stato: un codardo.
    «thor?» forse, se non avesse riconosciuto la ragazzina china sul corpo, non si sarebbe avvicinato ulteriormente. Gli ultimi avvenimenti avevano insegnato al tryhard una legge non scritta che, con tutta probabilità, avrebbe dovuto imparare molti anni prima: chi pensa per sé campa cent'anni. se la teneva chiusa nel petto, nascosta tra le costole, da dove non potesse affiorare ogni volta che si guardava allo specchio; odiava, seppur incapace di ammetterlo ad alta voce, non riconoscere il cento per cento di se stesso nell'immagine che la superficie riflettente gli restituiva. Qualcosa non andava negli occhi nocciola, la linea delle labbra sottili sempre un po' troppo piatta e tirata — avrebbe volentieri dato tutta la colpa alla guerra, ai milioni (milioni, cristodio) di morti, al suo migliore amico che aveva tentato di uccidersi già una decina di volte senza rendersi conto, mannaggialaputtanahunter, quanto dolore provocasse negli altri invece che a se stesso.
    Ma la verità era che, in primis, gli mancava suo fratello.
    Tremendamente, come un arto strappato via dal corpo del quale ancora si sente la presenza fantasma: avvertiva il prurito, mehan, ma non c'era niente da grattare.
    E non poteva dirglielo, perchè Behan stava bene lì dove stava: lontano dall'orrore, dalle lacrime, dalla morte. al sicuro «hai bisogno di aiu-» la mano destra del ventunenne, istintivamente avvolta attorno alla bacchetta, ricadde lentamente lungo il fianco mentre si sporgeva oltre la schiena china della tassorosso e, alla fine, registrava anche la presenza del moribondo. Un uomo come tanti, portato allo stremo, a malapena in grado di parlare «e' ferito? » chiese direttamente a thor, prima di accucciarsi a mezzo metro dalla ragazza, le dita di nuovo a sfiorare la superficie lignea del catalizzatore: oltre alla lezione sul farsi i cazzi propri, quei tempi oscuri gliene avevano insegnata una seconda, altrettanto fondamentale.
    fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.
    «signore, è stato aggredito? Riesce a parlare?» per poco, quando l'altro aprì gli occhi, inghiottendo un infinitesimale quantità di ossigeno, mehan non si capottò all'indietro. Se quello era già il momento per piangere, era fucking pronto. Ma l'uomo non era uno zombie carnivoro pronto a mangiargli il cervello (porzione scarsa, amico mio), e dalla gola gli uscì solo un borbottio rantolante e colmo di fatica: abbastanza importante, però, da consumare le sue ultime energie per ripetere quanto già sussurrato a thor, e mettere entrambi al corrente del segreto che, con tutta probabilità, aveva rischiato di portarsi nella tomba.
    Anche perchè, un attimo dopo, era morto.
    Si, scusa saretta, palla ha deciso così.
    «ma mannaggia alla-» portò entrambe le mani a premere contro la bocca, il tryhard, soffocando l'impropero contro i palmi prima di usare i polpastrelli per cercare il battito sotto il mento. non sentiva niente, semicit. «ma cosa è successo? Dobbiamo chiamare qualcuno, portarlo al san mungo.. tu hai capito cos'ha detto?» dopotutto, thor era arrivata sulla scena prima di lui, magari aveva una vaga idea del pasticcio nel quale si erano andati a ficcare.


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  9. .
    mehan tryhard
    «un appuntamento? ma come ci sei finito qui allora?»
    eaula.
    aveva chiuso gli occhi un (1) secondo, Mehan, e i poliziotti davanti alla sua cella si erano già dati il cambio. forse l'altro, quello convinto stesse andando ad una convention di Harry Potter, si era reso conto di avere qualcosa di meglio da fare; dopotutto, il tryhard non stava offrendo proprio un così bello spettacolo.
    sollevò le palpebre piano, insieme alla testa, la borsa del ghiaccio ancora premuta contro il lividozzo viola sulla fronte: gli occhioni lucidi da cerbiatto bloccato in mezzo ad una strada lo facevano sembrare ancora più giovane e perso, annullando qualunque vibes da bad boy che i tagli in faccia tentavano di dargli «ho cercato di dirlo al suo collega»
    anche un po offeso, il ventunenne.
    che si mise a sedere, rigorosamente sul pavimento della cella, una smorfia nel constatare quanto quel movimento improvviso fosse stato un po troppo improvviso — regola numero 1: se ti prendono a calci in testa meglio rimanere fermi il più possibile «stavo andando ad un appuntamento, no? cioè mi ero pure fatto prestare la giacca» abbassò lo sguardo mentre lo diceva, avvertendo un principio di morte interiore nel rendersi conto che il capo in questione era praticamente da buttare.
    hhhhhh.
    «e per strada c'erano due che si stavano menando» solo a quel punto le iridi nocciola del ragazzo andarono a cercare quelle chiare del carter, un guizzo di orgoglio e sfida a trapelare dalle lacrime già versate. perché in fondo, molto in fondo, un po di amor proprio mehan ce l'aveva; non che gli piacesse metterlo troppo in mostra, ma in certe occasioni anche lui alzava il mento e sosteneva la sua causa. nel caso specifico, il sacrosanto diritto e dovere di farsi i cazzi degli altri «ho solo cercato di separarli, ok? pensavo fosse giusto intervenire» abbassò il braccio e la mano che teneva la borsa del ghiaccio, rivelando il bernoccolo: a guardare molto attentamente, si potevano notare impressi nella pelle violacea anche i segni di una scarpa.
    insomma, gli aveva detto proprio bene.
    «evidentemente non ha funzionato» semmai, si poteva dire senza ombra di dubbio che il suo intervento avesse convinto altri passanti casuali a buttarsi nel mezzo della mischia, creando un ingorgo di calci e pugni e testate in faccia che nemmeno nelle gangbang su youporn. non che mehan tryhard avesse anche solo una vaga idea di cosa fosse una gangbang o youporn!!!!!!! [meme scimmietta]
    si strinse nelle spalle, avvolgendo poi le ginocchia con entrambe le braccia «e adesso la mia ragazza penserà che sono morto—» occhi sgranati, la realizzazione™ che kicking in «o che le ho dato buca» AAAAAAHHHH TERRIBILE BLOCKED.
    dai su ma non vi fa pena?
    questo è lo stesso ragazzo che di li a pochi mesi sarebbe andato in guerra. ma come sei sopravvissuto, meh?????


    call me biodegradable
    because I break down
    really easily

    2002losera criminal™
  10. .
    le differenze tra ficus ubriaco e ficus normale non erano poi molte.
    dettagli, più che altro: tipo ignorare il coprifuoco. scemo sì, ma non così tanto da fare qualcosa per la quale sapeva che, se l'avessero beccato, la sala torture sarebbe stata la punizione minore.
    l'altra lo aspettava a casa, sguardi di disapprovazione e sdegno di fronte ai quali il sedicenne finiva sempre per sentirsi in colpa — per alcune cose (essere se stesso, ad esempio) non poteva farci niente; dove poteva mettere una pezza, però, lo faceva.
    l'alcol e il dado non avevano aiutato il Tassorosso a mantenere la linea di comportamento base cui si era attenuto negli ultimi sei anni e in quel momento non sarebbe potuto importargliene di meno.
    con una mano sollevata in aria e l'altra ben stretta attorno a quella di Jojo, fattasi una certa ficus aveva salutato gli amici presenti alla Ceppa sbracciando e ondeggiando come una canna al vento in un canneto. cento per cento sicuro, mona doveva aver attivato il microchip GPS nel momento esatto in cui Benjamin era uscito dall'ingresso principale.
    un modo come un altro per non perderselo.
    perché le probabilità erano sempre molto alte.
    cosa che non si poteva dire del cunicolo segreto nel quale si erano infilati, la zazzera bionda di Ficus a sfiorare quasi il soffitto in pietra grezza. il problema, per il ragazzo, non era tanto il senso di claustrofobia, ma il fatto di dover contenere la propria gioia irrefrenabile — aveva già picchiato la testa due volte, da quando erano entrati dal passaggio segreto, e al terzo gibollo sulla fronte Jojo aveva dovuto ricordargli che il soffitto era piuttosto basso. MA CHE CI POTEVA FARE LUI!!!! «fjfjkemdnsns» letterale «è come in quel libro di Giacobbo» si. pensavate che fosse uscito di scena? che fosse scomparso insieme ai suoi amati alieni? no, bitches. he lived.
    eccitato come un bambino in gita al giardino zoologico, il sedicenne si strinse entrambi i pugni al petto, contro la felpa che indossava sotto la divisa; tolta pochi minuti prima, perché cosi fuori non daremo nell'occhio. sure jan. «solo che lui stava cercando di raggiungere il centro della Terra» corrugò la fronte, ruotando il capo verso Jojo «noi no» poteva essere benissimo un'affermazione come una domanda. arrivato a 10 nella scala alcolica, gli serviva più tempo del solito per raccogliere le idee: dove voleva portare Jojo? il centro della Terra era da escludere? mh.
    «non devi usare per forza pronomi maschili, sta sera. Usa cosa preferisci, o non usarli affatto. Mi sono vestita così perchè pensavo avrebbe... dato meno nell'occhio, con gli studenti in erasmus» ficus ascoltò con attenzione, rivolgendo le iridi chiare sulla figura dell* special e ignorando così i punti in cui il corridoio si stringeva: faceva un passo di lato, il Tassorosso, picchiava comunque il gomito contro la roccia, poi tornava in traiettoria. annuì con aria un po trasognata (più del solito), prendendo dalla tasca anteriore della felpa il bicchiere con cannuccia trafugato alla Ceppa — niente alcol, ma un leggero aroma di arancia e fragola «mi piace chiamarti Jojo! mi piace anche come ti vesti, cioè» dopo un breve risucchio di cannuccia offrì all* special il bicchiere; un gesto naturale, così spontaneo che non gli venne nemmeno in mente di chiedere a Jojo se *l* desse fastidio bere dallo stesso contenitore «ti stanno bene questi pantaloni, ma anche il vestito che avevi l'altro giorno»
    oh, era scemo ficus, ma per certe cose aveva una memoria fotografica.
    con le immagini se la cavava alla grande, al contrario di nozioni lette sui libri o i nomi della gente: sfuggivano via all'istante, entrando da una parte e uscendo dall'altra senza lasciare tracce nel cervello. ce la metteva davvero tutta per ricordarsi le cose che gli dicevano (o che i professori spiegavano a lezione), ma senza ripetizioni in loop non riusciva proprio a venirne a capo. «a me vanno tutti corti, vedi?» era tornato a parlare di pantaloni, e mostrò il problema a Jojo indicando le caviglie scoperte, un buon pezzo di calzino bianco a spuntare da sotto l'orlo «Quanto sei, esattamente?» ficus aprì la bocca: «tanto» la richiuse.
    ci pensò su un istante e la riaprì «non lo so?» non lo sapeva davvero. si strinse nelle spalle, e nel movimento prese un'altra testata contro il soffitto di pietra «cacchiolina» tese la mancina premendo le dita tra i capelli biondo scuro, trovandovi subito un altro bernoccolo: forse a fine di quella serata avrebbe battuto un record «dicevo:» gli sembrava di aver già detto tutto, ma magari no «vuoi misurarmi?» lecito. nessuno si era mai posto il problema, tra i Ben — a loro bastava essere portati in spalletta, e il sedicenne lo faceva sempre più che volentieri. nell'attesa di una risposta (che può anche non arrivare davvero Jojo ignoralo), ficus si ritrovò all'esterno, l'aria fredda della sera ad abbattersi sul viso imberbe senza che il ragazzino facesse una piega.
    aveva affrontato temperature peggiori, nudo.
    ridacchiò da solo quando Jojo si mise sull'attenti, portando le braccia da slander man come manici di teiera sui fianchi «allora, come prima tappa del tour I Luoghi più Spaventosi della Scozia—» ah, non aveva specificato fosse quel tipo di giro turistico? forse se l'era detto da solo, tra sé e sé, all'ennesimo sorso di punch corretto benzina «visiteremo Casa Vonn Geiger. abbandonata nel 1856 dopo che un incendio appiccato da ignoti quasi riuscì a raderla al suolo» ecco, però le cose che raccontava Giacobbo se le ricordava tutte. portò entrambe le mani fra i capelli, che gli rimasero in piedi «tutti quelli che ci sono entrati dicono sia infestata, sai le solite cose: oggetti che si spostano, rumori strani, scricchiolii, a volte persino scritte sui muri» I lineamenti del ragazzino, che era già diventati paonazzo per l'emozione, si incupirono improvvisamente, iridi azzurre a cercare quelle di Jojo «ma potrebbe fare paura. cioè, magari non ti piacciono certe cose? » dopo aver letto il terrore negli occhi di Maddox quando lo aveva trovato nei corridoi del piano infestato, ficus aveva capito di doverci andare un po più cauto.
    gli sarebbe dispiaciuto saltare la casa infestata, ma aveva comunque delle valide alternative, giardino botanico compreso (che fosse chiuso, a quell'ora di notte, non gli passò nemmeno per l'anticamera del cervello — no thoughts, head empty)

    benjamin ficus millepied
    tshirt that says
    WELL INTENTIONED on the front
    and BUT STUPID on the back
    16, v, ben10
    hufflepuff
    ghostbuster
  11. .
    CITAZIONE
    ❖ Un'altra serata di San Valentino finita male, quella di Mehan - in realtà, la sua non è nemmeno iniziata. Pare che Erin lo abbia aspettato per un'ora intera, prima di scoprire che nel raggiungerla all'appuntamento fosse finito in mezzo ad una rissa per strada: è stato arrestato.

    mehan tryhard
    rob non aveva abbastanza role aperte, meh lo muove poco, polgy l'ha costretta — l'elenco delle scuse potrebbe continuare in eterno, e sarebbero tutte buonissime. certo, rob potrebbe mettersi sotto e rispondere a quelle vecchie, ma sapete cosa? (non vuole mettere fretta a pandi e freme) quando il caos chiama, <del>la chaosbringer rob risponde.
    immaginatevi la scena.
    San Valentino, appartamento losers, int., sera: mehan tryhard si era già cambiato camicia tre volte, un lieve tremore alle dita nell'allacciare l'ultimo bottone prima del colletto. gli erano venuti i crampi, aveva i polpastrelli sudati, i capelli non ne volevano sapere di stare come merlino comandava «io quitto» lo schiaffo gli arrivò prima ancora che finisse la frase, dritto sul coppino. halley aveva mani decisamente forti, per essere così piccole «smettila di lamentarti e passiamo alla cravatta, sei in ritardo sulla tabella di marcia» aw. come avrebbe fatto a sopravvivere senza i suoi amici?
    non facendolo, che domande.
    ecco perché viveva ancora con loro, in due appartamenti separati ma affacciati sullo stesso corridoio, incapace alla veneranda età di ventuno anni (ma quand'è successo?) di tagliare il cordone ombelicale e spiccare il volo — quello verso l'adulthood, non da un ponte «si hai ragione, scusa, ci sono» doveva semplicemente tenere duro, fare un bel respiro e pensare alla serata che lo attendeva; un sorrisetto da himbo gli apparve sulle labbra, mentre le manine di halley si stringevano attorno alla sua gola per (soffocarlo) passare la cravatta sotto al colletto della camicia «hal?» chiese, cercando lo sguardo dell'amica nel riflesso dentro lo specchio, entrambe le mani portate al cuore «sono innamorato» lei inarcò un biondo sopracciglio, unimpressed: meh e erin stavano insieme da (oddio freme) tre anni (aiuto) e l'unico a stupirsi della situazione after all this time era il tryhard «lo so, scemo».
    ah, gli amici!


    aveva perso un bottone.
    se ne rese conto come in un sogno, mehan, tastando il petto alla ricerca della cravatta che non era più attorno al suo collo: giusto, gliel'avevano tolta, come i lacci delle scarpe eleganti, per evitare che ci si strozzasse. sembrava che nelle prigioni babbane capitasse spesso, anche se quella era solo una cella di passaggio. ci mettevano gli ubriachi, quelli che facevano pipì a bordo strada e, ovviamente, la gente così stupida da finire in mezzo ad una rissa.
    mehan tryhard era il più stupido di tutti.
    lo dimostravano l'occhio nero e il labbro spaccato, il bottone scomparso, la giacca strappata, il fatto che avesse già pianto due volte: la guardia di turno si era anche un po impietosita, e gli aveva concesso un fazzoletto per asciugarsi il moccio e una borsa del ghiaccio da tenere premuta contro il viso. e pensare che nemmeno c'entrava, con la rissa in questione. classic tryhard, trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. non sapeva com'era iniziata, o chi avesse tirato il primo pugno, ma era certo di essersi preso il quarto o quinto; aveva tentato di separare i due che litigavano in mezzo alla strada? era pur sempre un Grifondoro e i cazzi suoi nella vita mai! solo che non era riuscito nel suo intento, le aveva prese e la mischia si era pure allargata.
    per quanti tentativi avesse fatto di spiegare le cose al signor poliziotto (il quale vedendosi davanti un dodicenne aveva preferito metterlo in una cella diversa da quelli che lo stavano malmenando), ma lui gli aveva spiegato che («se sei minorenne devo chiamare i tuoi genitori») doveva tenerlo dentro fino alla fine degli accertamenti. poi gli aveva chiesto se stava andando ad una convention di cosplayer; meh aveva sorriso (istericamente) e annuito: mica poteva spiegargli che la bacchetta sequestrata era vera. l'ultima cosa che voleva era passare da una prigione babbana ad una sala interrogatori del Ministero.
    anyway.
    «senta, signore per favore, io ho un appuntamento!!!!» era la volta buona che Erin lo mollava? lui si sarebbe mollato. non sapeva nemmeno come avvisarla, ed era già quelle due, due ore e mezza di ritardo. si aggrappò disperato alle sbarre della cella comune, cercando di sfoderare il suo miglior labbro tremante — non che dovesse sforzarsi molto, vista la disperazione e il dolore fisico che provava ad ogni singolo movimento. ma quello niente, imperturbabile «mi dispiace ragazzo, per stasera la convention puoi scordartela.» l'alzata di spalle colpì mehan al cuore e in quel momento fu grato gli avessero portato via la cravatta per evitare si strozzasse da solo.
    tutto quello che poteva fare, tutto quello che gli rimaneva da fare era sdraiarsi a stella sul pavimento (sporco) della cella, occhi chiusi forte forte in attesa di un segno divino.
    che non è mai buona cosa, tant'è.

    call me biodegradable
    because I break down
    really easily

    2002losera criminal™


    ebbene si, un'altra role un po random, ma mi sono svegliata con la voglia di aprirla e non ci si tira mai indietro quando parte lo stimolo a scrivere (cosa rara e quindi da preservare). potete venire a salvarlo, farvi arrestare, vedete voi! VI ASPECTO
  12. .
    We do our best vampire routines
    As we suck the dying hours dry
    loser | 20 | deeply in lovemagical managerie costumer
    mehan
    tryhard

    per scattare, Mehan era scattato.
    il problema vero si presentava nel momento di fare i conti con se stesso e con la realtà: non ja poteva fà. va bene la resistenza, ok le gambe muscolose da ballerino, ma il tryhard non era nato per spintare come un velocista — il quarto di miglia alla volta di solito lo macinava von andatura lenta e cadenzata, quasi una marcetta.
    un po come ogni altra cosa nella vita, perché chi andava piano andava sano e lontano (?)
    «CHI ARRIVA ULTIMO È PIRLA» poteva essere l'ultima cosa che avesse mai detto: letteralmente, perché dopo cinque secondi netti di corsa forsennata catapultato in avanti grazie alla sola forza dello spirito di sopravvivenza, meh si sentì morire.
    «basta, pausa» e li cadde come corpo morto cade, stendendosi a pancia in giù sul vialetto del parto, del tutto insensibile ai /colleghi/ joggers che, passandogli accanto nei loro completi quechua in tessuto tecnico altamente trasparente, lo squadravano giudicanti dall'alto verso il basso «é finita, lo ammetto, mi sono lavato» ruotó su se stesso, mani giunte sul petto come il cadavere che era certo di essere in quel momento, gli occhi nocciola velati dalle lacrime (stava soffrendo ok???) rivolte verso l'amico «e dovrò rifarlo, visto che mi sto rotolando per terra come un- ma quanto sei alto, per Merlino» visto da sotto era davvero angosciante.
    e anche un po' irrispettoso, se vogliamo proprio dirla tutta.
    «senti, non è colpa mia, è la doccia che mi chiama. lei mi desidera. io la desidero. siamo fatti per stare insieme» strinse le spalle, riuscendo a mettersi in posizione seduta, due chiazze rosse sulle guance e uno sbuffo di polvere sulla punta del naso. parve pensarci su un attimo, l'ormai ventenne, mentre si spolverava maglietta e le ginocchia «sai.. ho deciso di lasciare Hogwarts. cioè, cambiare lavoro» fare l'assistente non gli dispiaceva, ma nell'anno durante il quale aveva lavorato affianco della de13 si era reso conto di un dettaglio che prima aveva ignorato: odiava andare a scuola senza i suoi amici. anche se non era più uno studente, la sensazione di camminare per i corridoi di Hogwarts assomigliava incredibilmente alla claustrofobia, e osservare la disperazione di tutti quei ragazzini dall'esterno lo faceva sentire persino peggio.
    non lo aveva ancora detto a nessuno, però.
    eccetto hunter in quel preciso momento «sono sicuro che la professoressa capirà. pensavo di chiedere al Serraglio se hanno bisogno..» di nuovo quell'alzata di spalle, le mani poggiate sui fianchi. nel rialzarsi, mehan si era spazzolato anche il sedere: non si lasciava mai niente al caso (?) «che dici?» chiese, dopo un istante di silenzio, osservando il ragazzo dal basso.
    da molto in basso «é che non sono fatto per insegnare, capito? voglio dire, se fai l'assistente è per diventare poi professore, no? almeno, ne ero convinto» una piccola smorfia si dipinse sul volto dell'ex grifondoro, prima che mehan la facesse scomparire con un leggero scuotimento del capo «decisamente non fa per me. anche se-» un sospiro, la mano destra premuta sul cuore «mi mancherà pomiciare con Erin nelle serre» le priorità del tryhard erano chiare, soprattutto perché all'epoca della role ancora Mac non era scomparso e nessuna crisi mistica aveva ancora fatto capolino all'orizzonte.
    e comunque poteva sempre pomiciare con la chipmunks quando si trovavano a casa Losers, no? eh!


    Tomorrow is another day
    And when the night fades away
    You'll be a man, boy!
    But for now it's time to run, it's time to run!
    woodkid
    run boy run
    s16




    . non avevo riletto il vecchio post e non ricordavo di aver scritto che meh già lavora al Serraglio.
    dai babbi fingiamo sia ambientata prima di settembrex, abbonamela tvb bacione ❤
  13. .
    OMG! Ho trovato la figurina di richard quinn!
    link role: and the rest, be sent to hell


    OMG! Ho trovato la figurina di dominic cavendish!
    link role: just one yesterday


    OMG! Ho trovato la figurina di hunter oakes!
    link role: i live my life a quarter mile at a time.


    OMG! Ho trovato la figurina di sersha kavinsky!
    link role: let's rewrite an ending that fits instead of a hollywood horror
  14. .
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    mehan
    tryhard
    per poter scrivere questo post, bisogna partire da un presupposto fondamentale — era tutto nella mente di hunter. ok, ci siete? avete capito? vi spiego: la tensione, il nervosismo, l'ansia della sfida, non avevano nulla a che fare con mehan tryhard, sebbene l'amico si fosse da tempo convinto del contrario.
    una classica incomprensione made in Losers che nessuno dei due si era sentito in dovere di spiegare all'altro, e che li aveva portati a correre facendo il giro del quartiere come ne valesse la loro stessa vita; se l'oakes non aveva ben chiaro quando fosse cominciata quella faida di equivoci e non detti, meh era certo di ricordare l'istante preciso.
    e le motivazioni, precise.
    perché di correre il tryhard non ne aveva mai avuta l'intenzione. odiava anche solo l'idea di fare jogging come passatempo, storceva il naso ogni volta che qualcuno (non beh) gli chiedeva di 'fare una corsetta' alle fucking cinque del mattino, non riusciva ad intravedere il fascino della cosa. forse, da ragazzino, aveva persino giurato a se stesso che non l'avrebbe mai fatto, magari dopo l'ennesimo allenamento estenuante cui chelsey costringeva la squadra di quidditch a giorni alterni.
    tempi bui, the darkest timeline.
    e quindi, direte voi, cosa aveva dato il via a quel magico rituale quotidiano mattutino? beh (e non suo fratello), questo è un aneddoto davvero divertente che vi racconterò per prendere tempo mentre Meh si fa la doccia e consuma tutta l'acqua calda prima di uscire di casa. tutto era cominciato una normale mattina di qualche mese prima, a così tanto tempo dal giorno in cui il tryhard e Erin Chipmunks si erano messi ufficialmente insieme che mi fa male il cuore scriverlo; perché vedete, fino a quel preciso momento, mehan non aveva trovato il coraggio per dirle, urlarle!!! quello che provava davvero per lei. certo, glielo dimostrava in ogni momento possibile con tutta una serie di love languages e intricated rituals che abbondavano di quel sentimento mai tenuto celato, ma le due famigerate paroline magiche non gli erano ancora uscite dalla bocca — se ne stavano li, impigliate alle labbra, a volte così sporte sulla punta della lingua che ricacciarle indietro provocava più dolore fisico che sollievo. il perché non riuscisse a pronunciarle ad alta voce, era un mistero.
    ma, dopotutto, aveva aspettato un anno solo per confessare che erin gli piaceva (e altri sei mesi per parlarle di nuovo), e quello era un passo importante. così importante da creargli mille dubbi, non tanto sui propri sentimenti (di quelli era assolutamente certo), ma sul come e dove certe parole fondamentali andassero dette: ci voleva l'occasione giusta, un'organizzazione impeccabile, la certezza™ che la chipmunks non si sarebbe esibita in un panic moonwalk di tutto rispetto. sembrava tanto sicuro di sé, mehan tryhard, ma dopo tutto quel tempo stava ancora a chiedersi come lei avesse potuto scegliere proprio lui.
    anyway, come stavamo dicendo, era una mattina come tante, e meh aveva aperto gli occhi con un profumo di vaniglia a solleticargli le narici, un sorriso ebete stampato sul volto; accanto a lui, Erin dormiva rannicchiata su un fianco, braccia e gambe avvolte in modalità koala attorno... a Nicky. si, quando facevano i pigiama party poi dormivano tutti insieme, ok???? il ragazzo si era alzato piano, cercando di non far rumore, aveva scavalcato una halley placidamente addormentata secca sul pavimento con ancora delle briciole di brownie attorno alla bocca e aveva fatto quello che faceva normalmente prima di andare a lavoro. non pensava si sarebbero svegliate, nessuna di loro, e forse per questo una volta arrivato alla porta d'ingresso dell'appartamento aveva sobbalzato nel sentire due braccia sottili (ma decisamente forti) stringerglisi attorno alla vita.
    che abbia cacciato un urlo lo state dicendo voi, non io.
    «AAAH-ah sei tu!» Erin aveva soffocato una risata nella sua spalla, e poi poggiato sopra il mento «te l'avevo detto di non guardare the Blair Witch Project ieri sera» «non mi sono mica spaventato, figurati» lei lo aveva guardato (giustamente) scettica, ma senza infierire; piuttosto si era messa a sbatacchiare un sacchettino di carta a mezz'aria «ho pensato volessi portarti via qualche brownies.. ce n'è anche per Turo» e a quel punto mehan capitomboló. non fisicamente, perché per qualche strana ragione le gambe lo reggevano ancora, ma qualcosa dentro di lui si fece tanto pesante da avvertirne la caduta libera: era il suo cuore che si esibiva in un mic drop, e non c'era niente che il ventenne potesse fare per evitarlo — non una volta incrociato lo sguardo luminoso di una Erin Chipmunks che si era svegliata apposta per preparargli la colazione al sacco. mentre le stringeva le braccia attorno alla schiena, nascondendo il volto tra i capelli che profumavano di vaniglia, non aveva idea di cosa stesse succedendo; ma il cuore aveva fatto un tuffo di troppo e in acque troppo profonde, risalire era impossibile «grazie Erin, ti amo» era stato poco più di un sussurro nell'orecchio di lei, ma sufficiente.
    avete presente la scena di OC in cui marissa dice per la prima volta a Ryan che lo ama? ecco, i cinque secondi successivi a mehan ricordarono quel preciso momento della puntata, solo che lui si sentiva contemporaneamente marissa e ryan 'gino' atwood: un mix di shock, terrore, ansia e speranza. insopportabile. e se Erin gli avesse risposto, dopo una pausa silenziosa e per niente imbarazzante, grazie? il tryhard sarebbe morto li, sulla soglia di casa, e behan con lui perché il contratto gemellare prevedeva una dipartita in contemporanea o la vita eterna per entrambi — there's no in between. la cosa divertente (non per meh) era che la chipmunks gli aveva concesso ben due secondi senza dire nulla, le labbra piene dischiuse per qualcosa che non era esattamente sorpresa: dentro di sé, Erin già sapeva da tempo. ma sentirselo dire così con nonchalance per la prima volta poteva fare un certo effetto, e un vecchio vizio aveva approfittato di quell'interruzione nello spazio tempo per fare nuovamente capolino.
    in poche parole, mehan era scappato.
    non senza averle prima dato un bacio sulla fronte, ma il succo rimaneva ugualmente che una volta fatto questo aveva ingranato la marcia e se l'era data a gambe; correndo come un matto giù dalle scale della palazzina, quasi schiantandosi contro il portone d'ingresso che si apriva tirando e non spingendo, precipitandosi in strada con un'urgenza che gli infiammava le guance e contorceva lo stomaco. nemmeno si era reso conto di aver marciato a tutta velocità, stantuffando quelle ginocchia secche come pistoni di una macchina da formula 1 (non la Ferrari), e al secondo giro di isolato era tornato all'ovile con i capelli scarmigliati e senza più una sola oncia di ossigeno nei polmoni — ma con una voglia matta di baciare Erin e ripetere quelle due parole altre cento volte (se poi lei gli ha tirato anche una ceffa in faccia non lo so, sta a freme decidere).
    giustamente voi direte 'ma che c'entra tutto questo col fatto che mehan corre???' allora, innanzitutto con quella corsa imbarazzata che li per li era sembrata più una fuga in piena regola, il tryhard aveva scoperto che il jogging sostenuto lo aiutava a mettere insieme le idee, nutrire il neurone, trovare la famosa quadra; in secondo luogo, ma non meno importante, avevo bisogno di mettere per iscritto il mio headcanon sulla prima volta in cui meh ha detto ti amo a Erin e ora mi sento molto meglio, grazie dell'attenzione, scusa babbi.
    scusa anche te hunter, a nome di tutti e due: perché mehan tryhard, come detto, quella mattina una doccia se l'era già fatta (si, andava a lavoro sudato e si lavava di nuovo lì, fa il bagno con gli animali ma che volete oh) — di acqua calda, per gli appartamenti 2a e 2b, non ne era rimasta nemmeno l'ombra. ma questo hunter non doveva saperlo per forza, tanto lo avrebbe comunque scoperto da solo a tempo debito ٩( ᐛ )و.
    arrivó al parco portandosi dietro una scia di bagnoschiuma delicato alla lavanda, il ventenne, e gli occhi nocciola che già sapevamo dove cercare trovarono subito la figura del maggiore: non vedere quello stambecco di hunter sarebbe stato difficile anche in mezzo ad una folla «CHI ARRIVA ULTIMO È PIRLA» — cit.


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    woodkid
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    ok mi è leggermente sfuggita la mano. scusa babbi puoi non leggere è quasi tutto un flash back/headcanon mio, sappi solo che meh comincia a correre #cos
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    OMG! Ho trovato la figurina di nicky winston!
    link role: i put the "please don't" in cemetery
150 replies since 25/8/2016
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