Posts written by cocaine/doll

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    1992

    deatheater

    head hunter
    vicious
    bohnes
    Akelei Beaumont faceva un punto di orgoglio nel prevedere sempre il prossimo passo della persona che aveva davanti. Un gioco di strategia a cui raramente aveva concesso la propria sconfitta, se non una volta trovato un degno avversario. E quella volta, poteva fare un’eccezione per il sangue del suo sangue, che qualcosa doveva pur aver preso da lei. Perché la Beaumont non era (Yoann) cieca, il ragazzo che aveva davanti era la copia sputata di suo marito, occhiaie violacee sotto agli occhi e quella distinta aria da bambino vittoriano che solo i britannici potevano avere. Eppure, il temperamento di Renaissance Beaumont-Barrow era indubbiamente ereditato dalla parte materna. Aveva fatto un buon lavoro, tutto sommato, poteva crogiolarsi in quella piccola vittoria. Il volto pallido e le labbra premute in una linea sottile, le spalle rigide e la fronte increspata, quelli erano tutti tratti che avevano in comune. Lo poteva vedere riflesso nel volto di Renée in quel momento, seduta sopra alla propria scrivania mentre il figlio sedeva in una delle poltrone poco distanti. E a giudicare dalla sua espressione, quello che aveva adagiato in grembo non gli piaceva affatto. «E’ solo un calendario, suvvia» portò la tazza di caffè alle labbra, premurandosi di soffiare prima sul liquido bollente nell’illusione che potesse raffreddarlo con la forza del pensiero «e non ci sono scene di nudo, per ora» anche perché ogni anno andava peggiorando, quindi insomma. Renée vestiva un’espressione complicata, ma che agli occhi della francese era fin troppo elementare da decifrare: era al contempo turbato ma intrigato. «e hai posato a questa cosa volontariamente?» ok, al momento più turbato che altro, nello sfogliare velocemente oltre la pagina che la riguardava. «zelda, per piacere» lo chiamò per il nome che aveva scelto per se stesso, l’attenzione ai propri dintorni mai troppa, nonostante si trovassero nel suo ufficio «ti sembro il tipo?» innocente e disinvolto, il sorriso che gli rivolse, ma non meno sincero. Renée fece per aprire bocca, ma un volto familiare si introdusse nel suo ufficio «miss Beaumont?» resistette alla tentazione di sollevare gli occhi al soffitto, ma la sensazione di essere invecchiata di dieci anni rimase sotto la pelle, un prurito che non poteva estinguere. «entra pure, charles» allungò la mano per fargli segno di entrare, dopotutto lei e il Calloway stavano facendo: un cazzo. Che bella la vita dei dipendenti pubblici. «Ho sistemato gli ultimi documenti in ordine alfabetico e portato fuori le best - le best cagnoline in the world» dio santo. Ma in effetti aveva ragione, le sue erano le migliori cagnoline del mondo. E no, Charles non stava parlando dei suoi figli. «E' ancora intenzionata a portarmi con lei domani per quel, uhm, affaire?» lo lasciò parlare e spiegare esattamente il perché non potesse partecipare alla missione del giorno dopo. E, contrariamente a quello che si sussurrava tra i corridoi del Ministero, Akelei non era un mostro. Non del tutto, almeno. Quindi annuì alle parole del ragazzo, e gli offrì un'alternativa. Perché lei era quella: magnanima quasi quanto Alessandra Amoroso. «se proprio non te la senti, avrei una proposta. la parte pratica del tuo tirocinio è inevitabile, e uno degli aspetti più importanti, ma posso fare un’eccezione per domani» pausa «invece, puoi passare la giornata con il Generale. sono molte le mansioni che accomunano i nostri livelli, credo che un cambio di ambiente potrebbe accrescere la tua esperienza» non lo stava dicendo di certo perché sapeva quanto fosse venti, trenta volte peggio passare una giornata al II livello. Ma era una scelta di Charles, e la Beaumont gliel’avrebbe fatto rimpiangere a suo modo♥.
    She's a little bit twisted
    little bit wild
    Little bit ruthless
    little bit raw
    Razorblade tucked
    inside of her bra
    novocaine
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    Ad Akelei Beaumont non era mai piaciuto William Barrow. Era un dato di fatto, innegabile e palese in ogni smorfia delle labbra e occhiata bieca mal celata. Non che facesse nulla per nasconderlo, non doveva niente al Barrow, tantomeno la propria discrezione. A dire la verità, erano ben poche le persone che andavano a genio ad Akelei, sarebbero bastate le dita di una mano per misurarle quindi, davvero, non era niente di personale. Incorniciarlo come qualcosa di personale avrebbe richiesto un livello di interesse ed attenzione nei confronti di William che non possedeva. Quindi, cos’era cambiato? Niente, e al contempo tutto. Non c’era stato alcun grande, irrimediabile evento scatenante dal quale era stato inutile sottrarsi. Era stata una scelta, all’inizio inconscia, niente di più che un indugiare di un palmo sulla pelle per qualche momento di troppo, una parola incastrata in gola che mai avrebbe dovuto trovarsi lì. William Barrow non rappresentava altro che un passatempo, uno sfizio che si era concesso in un momento di lucidità dubbia, un segreto che preferiva lasciare tra le lenzuola e le prime luci dell’alba. Ce n’erano stati tanti prima di lui, ed era certa che ve ne sarebbero stati altrettanti dopo. E così era stato, uno dei tanti corpi che avevano fatto il suo gioco e di cui si era disfatta senza un secondo pensiero. E allora perché aveva scelto di tornare sui suoi passi, lasciare che William la corrompesse con ogni bacio e sospiro rubato fino a che non ne aveva potuto fare a meno? Una scelta conscia, seppur senza alcuna spiegazione razionale. Se quindici anni prima qualcuno le avesse detto che avrebbe avuto dei figli con William, il solo pensiero sarebbe stato abbastanza da farle alzare la bacchetta. Lo stesso poteva dirsi cambiando di poco quel numero, dieci anni o cinque che fosse. Perché le possibilità che succedessero rasentavano il suolo, un concetto astratto che mai avrebbe preso forma se non in un ludico scenario. Perché quell’impacciato corvonero a cui non aveva mai rivolto più di uno sguardo accidentale, il ragazzino tutto arti lunghi e scoordinati e una sigaretta a pendere dalle labbra, non sarebbe dovuto essere che un dettaglio sfocato sullo sfondo di una tela già dipinta. Ma le possibilità non erano mai zero, e Akelei non era così imperturbabile come le piaceva credere. Ne aveva avuto la prova quando aveva lasciato che William avvolgesse quel fru fru attorno al suo anulare, o quando aveva stretto per la prima volta tra le braccia i suoi figli, quando aveva lasciato che lo sguardo chiaro e fin troppo limpido incontrasse quello di William e aveva capito di essere fottuta per sempre. Non importava in che linea temporale fosse, perché in ognuna di esse William e Akelei avevano promesso di amarsi a loro modo, ogni difetto e ogni pregio, fino all’ultimo respiro. Che fosse sul letto d’ospedale di una città ormai in rovina, sullo sfondo di un campo di battaglia, o qualsiasi cosa avesse in serbo per loro il Fato. Una mano invisibile che muoveva le pedine della scacchiera a suo piacimento, una danza bendata a cui non avevano mai chiesto di fare parte. Irrazionale, senza una spiegazione, come avrebbe dovuto esserlo l’apparizione di Barrow e Sersha, di Madelaine, di Elizabeth e infine di Ronan e Renaissance. Renaissance, il Generale dell’Esercito, un ragazzo di una compostezza e sangue freddo che era difficile da incontrare alla sua età, che appena le aveva mostrato le foto a lungo custodite aveva lasciato trapelare tutta la fragilità di un ragazzo di ventisei anni. Che la guardava come se fosse un fantasma, e le parlava come se la conoscesse da tutta la vita. In un certo senso, supponeva fosse così. Qualche giorno prima della cerimonia vera e propria, riunita con pochi intimi in una piccola cappella, si era guardata intorno: la vita che aveva costruito, il passato e il futuro che erano stati e la aspettavano, la sua famiglia. Ed era stato allora che aveva aveva indugiato su quella composizione insolita e spaiata, suoi figli che aveva ritrovato nonostante tutto, e aveva confessato che era felice che fossero tornati a casa. La sua famiglia. La loro famiglia.
    Ma, in quel momento, Akelei non si trovava più in quella cappella.
    Si trovava nella sala da pranzo della villa, intenta a rubare un bacio a William dopo la colazione, con la promessa che no, non sarebbe fuggita via. Aveva già avuto la sua occasione anni prima, ed era stata felice di ignorarla.
    Si trovava nella camera di cui aveva fatto il proprio campo da guerra. Tra una passata e l’altra di fondotinta esaminava la situazione, provvedeva a indirizzare Eugene da una parte all’altra dell’edificio per sistemare gli ultimi dettagli. Era dove finalmente era riuscita ad avere Ivette, Lydia ed Archibald sotto uno stesso tetto, un’occasione più unica che rara. La famiglia che le era rimasta, alla quale aveva scelto di non voltare le spalle.
    Si trovava dietro alle porte che l’avrebbero condotta all’esterno, la presenza di Nelia l’unica cosa a tenerla ancorata a quel momento. Le aveva preso una mano e l’aveva stretta, un ringraziamento che nascondeva più di quello che l’occhio vedeva. Grazie per esserle rimasta accanto nonostante tutto, anche quando era diventato tutto un po’ troppo, che era felice ci fosse lei al suo fianco quel giorno.
    Si trovava davanti a William. La sua eccezione, il suo per sempre. Ricambiò il saluto, voce più tirata di quanto avrebbe voluto, l’emozione a strabordare da quella manciata di sillabe «barrow» un cenno del capo, le dita che si intrecciavano e che stringevano un po’ più forte. In quel momento, Akelei si dimenticò delle centinaia di invitati appena a qualche metro da loro, perché non vi era altro che William ai suoi occhi. «hai fatto perdere un sacco di soldi ad un sacco di persone» nonostante la tensione e i nervi del momento, quello riuscì a strapparle una risata. Una risata viscosa e strozzata, dal sapore appena salato sulle labbra «dio, quanta poca fiducia» scosse appena il capo, i rimasugli della risata a curvare ancora le labbra dipinte.
    Finse di non notare il leggero tremore nelle mani di William, perché farlo avrebbe implicato riconoscere il proprio di tremore. La fede scivolò al dito del Barrow senza problemi, suggellando una promessa che si erano fatti da tempo, e che avrebbero continuato a farsi con il passare degli anni.

    ”Lo sai, non credo nel destino. Non credo che ci sia un percorso predeterminato a cui aderire, ma solo quello che ci forgiamo da soli ogni giorno.
    Ci siamo persi e ritrovati negli anni, lasciati e ripresi, e la nostra storia sarebbe potuta finire così. Niente di più che un qualcosa che sarebbe potuto essere, una connessione mancata.
    Quella di amarti è stata una scelta, non un qualcosa accaduto per caso o per volere del Fato, ed è stata la scelta migliore che abbia mai fatto. E la rifarei altre mille volte, in qualsiasi vita.
    Non sono una persona ottimista, so che ci sono delle sfide davanti a noi, momenti difficili che ci metteranno alla prova. Ma so anche che non importa quello che dovremmo affrontare, troveremo sempre la strada di casa.
    Sei la mia famiglia, il mio per sempre, e prometto di amare ogni tuo pregio e ogni tuo difetto fino all’ultimo respiro. ”


    Osservò il post-it stropicciato, l’attimo di confusione presto sostituito a qualcosa di indescrivibile a gonfiarsi nel petto, un’emozione che trasbordò e che appannò il mondo. Cristo santo, William Barrow. Se l’era scelto lei, e l’avrebbe fatto altre cento volte. «ti amo, william» premette le labbra a quelle di suo marito, il suo presente e futuro. Fino a che morte non avrebbe tentato di separarli.

    Oh, be my once in a lifetime
    Lying on your chest, in my party dress
    I'm a fucking mess but I
    Would like to think that
    you would stick around
    when3 september 2023
    avignon, provencewhere
    board'till death do us part
    stand by me
    ben e. king
    whoakelei beaumontrolebrideoutfitdress1 & dress2 & more
    infohead hunterinfothirty-oneinfofucking whipped


    La sposa entra su queste note.

    Vi spammo senza alcun ritegno la bacheca per il matrimonio e la playlist che accompagnerà la magika serata.

    Vi ricordo che potete rispondere anche senza aver postato l'entrata! Il momento della cerimonia vera e propria è finito, ma non potete ancora andare in pace perché vi aspetta il ricevimento con cena/balli/open bar. Se avete portato dei bambini vi invito a mollarli al baby parking, perché non c'è bisogno che vedano i genitori fare i clown. I clown sanno di chi parlo ♥
    Amen.
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    akelei
    beaumont


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    • french
    A dire la verità, il matrimonio non era stato un qualcosa che aveva pensato di avere per sé fino a che William non era entrato nella sua vita. Non si era mai considerato il tipo, e nel momento in cui aveva rischiato di avere un anello al dito da parte di un semi sconosciuto, aveva preferito condannarsi ai laboratori. E poi quando era finalmente uscita, l’aveva rimesso al suo posto: sotto terra. Ma era sicura che non sarebbe successo con William! A suo malgrado, aveva accettato di sposare quell’uomo nelle piene facoltà mentali. «hai già idee sul tema, sulle decorazioni?» oh Nelia. Doveva darle la terribile notizia, la prima a cui avrebbe confessato la follia che l’aveva posseduta come un raptus. «ho letto su una rivista» sì, perché si era abbassata persino a quello «che tra i temi c’era il french countryside, un misto tra luxury e rural humbleness. non chiedermi cosa voglia dire, ma posso farti vedere delle foto» tirò fuori il telefono, aprendo una delle cartelle che aveva creato sulla galleria per poi passarlo a Nelia. Era fiera della sua collezione, ma cercò di non mostrarlo troppo. «visto che il matrimonio si terrà fuori, avevo intenzione di usare diverse varietà di fiori» picchiettò l’unghia sullo schermo, laddove una composizione floreale era poggiata a un tavolo «eugene……si è offerto di aiutare» ed eccola, la notizia terribile che doveva dare all’amica. In realtà, Akelei era sollevata dal dividere lo stress dei preparativi con altre persone, ma non era certa che l’ex serpeverde fosse la persona giusta. Tuttavia, era sembrato così entusiasta, tanto da tirare fuori un binder pieno di idee e- cose che non era sicura dove avesse trovato. «ma soprattutto, hai già qualche idea per il vestito? te lo farai fare su misura?» a quel punto, la Beaumont fu costretta a nascondere il suo sorriso dietro al palmo, perché quando vi era da spendere soldi su abiti era come portare un bambino a Disneyland. «Certo che sì» infatti, era una delle poche cose che aveva nitida nella sua mente «ma nessuna anteprima, sarà una sorpresa per tutti. Stavo pensando di commissionarlo a Berenice Hillcox, ha un talento che ho visto da poche persone, e lo sai che di solito non mi spreco con i complimenti» e qui elisa si domanda se in effetti Nelia conosca Nice, ma moving on. Akelei preferì glissare oltre l’intera gestione di Polgy, perché al solo pensiero credeva che le sarebbe venuto un aneurisma, l’idea che la sua vita privata fosse sbattuta su un giornale -se si poteva definire così- era troppo assurda per indugiarvi sopra. Chissà cosa ne avrebbe pensato il Capo Censura. Non che la Beaumont avesse intenzione di scendere ai piani inferiori, aveva di meglio da fare. «cosa vuoi che ti racconti, la vita come insegnante non è così allegra, non so cosa William ti abbia raccontato in questi anni, ma alla fine della fiera si tratta di babysitter troppo qualificati. Babysitter che vanno a dormire con un gran mal di testa quasi tutte le sere» Akelei hummed, osservando l’amica con occhi consapevoli. Conosceva abbastanza le sue pecore da sapere che: «eppure lo adori» detto un po’ derogatory ma affectionate «ora che mi ci fai pensare, a settembre inizierà anche eli» a pensare che sua figlia avesse già undici anni, quasi sentiva le rughe farsi più pronunciate attorno agli occhi: dopo i trenta erano la tomba. Si fece improvvisamente seria, la mano a scivolare sul tavolo per posarsi delicatamente su quella della donna «terrai un occhio su di lei, per me?» si fidava di poche persone, ma la Hatford rientrava nella ristretta cerchia. Ritrasse la mano per stringerla attorno al bicchiere di whiskey «quindi, il matrimonio...» oh Nelia, vecchia ciatella di paese. Era come un cane come un osso. Ma supponeva di doverle dare ragione, in fondo era stata privata con i dettagli. «sarà l'evento dell'anno, te lo assicuro. non ho la lista degli invitati sotto mano, ma è sostanziale» non poteva essere da meno, l'unione di Akelei Beaumont e William Barrow «lo sai che mi piace fare le cose in grande stile» c'era qualcosa che stava tenendo alla Hatford, ma si trattava di un feto di un'idea, un vago concetto ai margini della sua mente. Sorpresona!

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    akelei beaumont
    don't get too
    lost in her arms
    all she wants is a
    bite of your heart
    C’era una sola parola con cui Akelei si sentiva di descrivere gli eventi di quegli ultimi due mesi: un circo. Uno stramaledetto circo per cui aveva firmato i termini e condizioni senza nemmeno soffermarsi a leggere il testo più insidioso e nascosto. Aveva diversi commenti sull’attuale stato delle cose, ma preferiva tenerli per sé, o al massimo all’interno delle mura domestiche. La Beaumont non era una stolta, era perfettamente in grado di leggere le dinamiche di potere che quel nuovo ordinamento aveva portato nel mondo e all’interno del ministero, e sapeva anche quello che avrebbe comportato per lei. Aveva passato anni, quasi un dannato decennio, a lottare unghie, denti e sangue per la posizione di Capo Cacciatori. Se l’era meritata, non per il suo cognome, ma perché era maledettamente brava in quello che faceva. Certo, nel corso degli anni il suo ruolo si era espanso ed era cresciuto, ma l’aveva presa come l’ennesima sfida. Era brava in quelle, perché sapeva che in un modo o nell’altro ne sarebbe uscita a testa alta. Ma nemmeno la sicurezza di essere la migliore era abbastanza per dissuadere i pensieri che avevano incominciato ad affiorare senza il suo permesso. Il vento era cambiato dopo la Guerra della Primavera Magica, e la posizione degli special del Nuovo Mondo era più privilegiata che mai. Era impossibile non notare come l’ordine delle cose pareva capovolto, con i maghi a trovarsi con il bastone più corto del mazzo. Il privilegio di cui avevano goduto i purosangue sembrava essere sfumato, lasciando la Beaumont con un quesito che premeva giorno dopo giorno sullo stomaco: per quanto ancora? Quanto ancora prima che gli special avrebbero cominciato ad ambire alla sua carica, o a quella dei suoi colleghi? Il periodo di assestamento sarebbe durato anni, quello era indubbio, ma sarebbe arrivato il giorno. Le cose avevano già iniziato a cambiare, a partire dal cambio di piano, dal fatto che ora doveva lavorare a contatto con il capo della security. Non le andava a genio Crosby, ma era una persona adulta capace di collaborare con chi reputava essere un bambinone ormai fin troppo cresciuto. Il fatto che poi il suo reparto dovesse giustificare le proprie azioni all'amministratore Legionari le faceva stringere i denti così forte da spaccare un molare. Non era quello il Ministero per cui aveva sacrificato anni della sua vita, non era quello a cui credeva. Era uno scherzo del karma, ecco cos’era- così tanto tempo passato a punire gli special, e ora erano loro a dettare le danze. E badate bene, Akelei non aveva nulla contro gli special -non più del mago comune, in ogni caso- ma era stata cresciuta con un certo standard, un’idea ben precisa del suo posto nel mondo e improvvisamente queste fondamenta le erano crollate da sotto ai piedi. Quindi sì, credeva che le fosse concesso essere alterata. Ma la vita della Beaumont era composta da altro al di fuori della sua carriera, e il fatto che si sarebbe sposata tra un mese la fermava dal piantare un pugnale nell’occhio di qualcuno. Sospettava che, sebbene William sarebbe stato felice di sposarla ovunque, le celle del ministero non erano la location più adatta. Ed ecco come era finita a vagare tra le bancarelle, non in cerca di qualcuno da pugnalare, ma per tutta una serie di commissioni legate al matrimonio. Aveva lasciato la maggior parte dell’organizzazione delle mani di terzi, ma c’erano compiti a cui poteva adempiere solo lei. Quello che non si aspettava, era di imbattersi in quello. Avrebbe potuto dilungarsi in un discorso sulla sicurezza pubblica e di come avrebbe dovuto far chiudere quel banchetto seduta stante -e l’avrebbe fatto, solo non in quel momento- ma un particolare oggetto colse la sua attenzione: un pugnale. Era come se l’universo le stesse strizzando l’occhio. Non credeva affatto nelle sue millantate proprietà magiche, ma doveva ammettere che la rifinitura di quel pugnale era eccellente. Si voltò verso un povero cristiano affianco a lei, che non aveva idea la più pallida di quello che stava per accadere «sai, si dice che non sbagli mai mira, ma è difficile dirlo senza aver fatto una prova» andò a cercare lo sguardo dell'altra persona, per poi premere la punta del pugnale sulla carne del pollice, l'indice a saggiare l'affilatura della lama «potremmo sempre fare una scommessa» perché no, cos'era la vita senza un po' di brivido. E poi, doveva pur sfogarsi su qualcuno.
    gif code
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    akelei
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    «ho già le mani piene» Akelei piegò le labbra verso il basso, l’espressione desolata di qualcuno che conosceva già la risposta ma aveva comunque tentato il fato. Magari, magari, Nelia non ne aveva abbastanza di marmocchi tra sua sorella ed Hogwarts «ma ne conosco uno o due se vuoi i numeri» ah, quello sì che era interessante. Sapeva che non erano affari suoi, che non avrebbe dovuto approfondire, ma che gusto ci sarebbe stato? Si avvicinò di poco alla Hatford, il tono di voce basso e improvvisamente cospiratorio «ah sì? e che te ne fai?» davvero, ormai sua sorella aveva quindici anni, non pensava che le servisse un babysitter. Ma ancora, che ne sapeva la Beaumont di prole. Poteva anche avere due figli di due anni, ma alle volte i suoi istinti materni lasciavano a desiderare. Cristo, ancora si ricordava quando due giorni prima per poco non aveva lasciato che Ronan sbattesse sullo spigolo del comodino. Per non parlare di quando tirava fuori il pitone dalla sua teca (gesù bambino ma con che serietà lo sto scrivendo mi sento male), e viveva nel terrore che quella bestia di Ronan iniziasse a morderlo. Capito, il problema non era il serpente, ma suo figlio. Poteva anche essere una rettilofona, ma non era Dio: se Mehrani voleva strangolare Ronan, avrebbe avuto ogni ragione per farlo. «sembra romantico.» purtroppo, Nelia sapeva bene quali tasti toccare per rendere la Beaumont inoffensiva e farle ritirare i denti velenosi. Si strinse tra le spalle, falsa modestia a drippare da ogni poro- come se lei, Akelei Beaumont, fosse capace di mostrare umiltà. Non era nel suo sangue o dna, un difetto che aveva reso quelli della sua stirpe fin troppo pronti a cadere vittima dei propri vaneggiamenti. Ma non lei, perché avrebbe ingoiato vetri rotti prima di essere sorpresa a gush over (si pandi mi becchi unfiltered oggi) il suo matrimonio, i suoi sentimenti. Gesù, ma cosa aveva, sette anni? «vedrai, lo sai che non lascio nulla al caso» aveva chiesto a William se volesse sposarsi in Inghilterra o in Francia, e in tutta risposta si era limitato a stringersi nelle spalle. Aveva lasciato scegliere a lei, perché sapeva quanto fosse importante, e il solo fatto di essere disposto a rilocare un intero matrimonio in terra straniera per lei significava più di quanto riuscisse a mettere a parole. Elisa e Akelei sappy alle due di notte, non ci fate caso. «con molto piacere» ovviamente la Beaumont non aveva mai avuto mezzo dubbio sul fatto che Nelia avrebbe accettato, ma nulla la fermava dal crogiolarsi in quel momento. Alzò il bicchiere per batterlo contro quello della donna, nascondendo il sorriso compiaciuto nella piega del vetro «quindi, brindiamo agli akerrow?» era una persona seria, la Beaumont, quindi non vi fu il rischio che si strozzasse con il liquido. Tuttavia, nulla poté impedirle di alzare gli occhi al soffitto, ma cosa stava dicendo. Davvero, sarebbe stato meglio fingere di non capire piuttosto che darle corda ma forse aveva passato troppo tempo con William e aveva perso quel barlume di raziocinio che le rimaneva «ci hai dato un nome? davvero?» no, ma come funzionava. Akelei non era una boomer, o qualsiasi cosa le dicessero i suoi figli, ma anche lei alle volte faticava a seguire i trend di pensiero delle persone che la circondavano. Nemmeno a dirlo, quella in difetto non era lei, ma loro. «william lo sa?» ma per chi l’aveva presa, per qualcuno che aveva delle capacità comunicative limitate, e che trovava difficile aprirsi al di là di cosa vi era in superficie? Davvero spot on, per quanto odiasse essere percepita, conosceva la Hatford da troppi anni per sottrarsi al suo sguardo inquisitore. «certo che lo sa» perché l’aveva detto la palla, non perché ci avesse davvero pensato «ha sicuramente più tempo di me per pensarci» al matrimonio in generale, ai testimoni, al fatto che avrebbero schiavizzato uno dei loro figli come babysitter. Solo allora, concesse a Nelia di vedere oltre a quello che aveva disperatamente cercato di mascherare, la rigidità nelle spalle, le occhiaie pronunciate che marcavano il viso- era esausta, la Beaumont, tra gestire dei mostri e gli avvenimenti del Mondo Magico che richiedevano una mano attenta ed esperta per essere gestiti. «non dico che sia un incubo a lavoro, ma quasi» ovviamente, anche Akelei aveva i signori della Tim che le rovinavano la giornata, e purtroppo non poteva nemmeno sbarazzarsene perché a quanto pare era frowned upon. «ma raccontami qualcosa di più allegro. o non ti do i dettagli sul matrimonio, so che vuoi sapere tutto» Neflia fomo come qualcuno, Akelei conosceva bene le sue pecore, e sapeva come baitarla nel sapere quello che voleva: gossip sulla vita della professoressa.

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    akelei
    Moriarty


    • sugar mommy
    • telekinesis
    • thirty-eight
    • ex egaisson
    Akelei lanciò un’occhiata verso le scale, pregando che le loro voci non fossero udibili dal piano superiore. Non era certa di avere la forza mentale per gestire due bambini quella sera, poteva solo pregare che il piccolo Tommy continuasse a dormire. Aveva fatto del suo meglio per cercare di dargli un’infanzia normale nonostante tutto, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era di renderlo partecipe di qualsiasi cosa stesse succedendo. La special non era conosciuta per essere particolarmente percettiva, ma persino lei poteva percepire la sofferenza appena sotto la pelle del Moriarty, tanti piccoli ripples che si espandevano sotto la superficie. «Non lo so, te l’ho detto.» le si strinse il cuore del petto a vederlo così, con le mani appoggiate nel grembo senza poter fare nulla per migliorare la situazione. Eppure, non voleva il suo aiuto, non l’aveva reso abbastanza chiaro in quegli anni? Peccato che Akelei fosse fin troppo testarda per lasciarlo in pace, aveva fatto una promessa e l’avrebbe mantenuta. Se non per lei, per un figlio che si meritava tutto quello che non aveva potuto dare ai suoi altri figli. «L’ho detto anche a lui che non lo so. Forse dovremmo smettere di vederci -» ok- ok fermi tutti. Akelei non aveva capito il gioco, si era persa nella trama che solo Samael conosceva. Ma suo marito non era lucido, aveva l’aria di qualcuno che avrebbe vomitato da un momento all’altro, quindi decise di non darci peso. Se non fosse stato che non smetteva di parlarne, come se fosse un demone che lo tormentava dall’interno «L’ho detto anche a lui che non lo so. Forse dovremmo smettere di vederci -» dio santo pandi mi sta salendo il rum mi scuso per quello che scriverò (mood perfetto per kier e nathan però). «Gli ho detto che dovremmo chiuderla qui perché non è giusto nei tuoi confronti, ma allo stesso tempo non so se è quello che voglio davvero.» Akelei non sapeva come reagire, se non rimanere a bocca aperta un’espressione del tutto perplessa in volto? Fece per sedersi accanto all’uomo, i muscoli delle gambe a bruciare per la posizione in cui era stata per fin troppo tempo. Non sapeva da dove cominciare, in primis perché se prima non aveva capito ora….aveva un sospetto che si stava facendo strada nel suo cuore. Avrebbe di certo giustificato il comportamento di Samael, la distanza che seppur ci fosse sempre stata non aveva fatto altro che aumentare negli ultimi tempi. «mi serve un bicchiere di vino» affondò il volto nelle mani, chiudendo gli occhi per qualche secondo. Voleva estraniarsi da quella realtà, fingere per un momento che quella non fosse la sua vita. Il peso sulle sue spalle continuava ad aumentare con il corso degli anni, la sua vita una matassa che ormai era impossibile da sbrogliare se non iniziando a tagliare gli intrecci più indomabili. Dovrei bere di più guarda come scrivo spedita un record Alla fine decise che era troppo stanca per alzarsi e fare lo sforzo di tirare fuori il bicchiere, aprire il frigo e scegliere il vino….forse sarebbe sopravvissuta anche senza. «di cosa stai parlando?» era stanca dei giri di parole, del continuo danzare intorno a un problema che era cresciuto e cresciuto fino a che rischiava di soffocare entrambi. «lui chi? ramon?» non aveva il coraggio di guardarlo in faccia, quindi optò per tenere il capo chino e lo sguardo sulle proprie mani. Non capiva se fosse la stanchezza, ma c’era un distinto tremore che non riusciva a mandare via. «sam, non dirmi che- non lo faresti, vero?» e se la sua voce si fece più roca, impastata, probabilmente Samael non l’avrebbe notato. Non lo faceva mai. Era così che funzionava tra di loro, no? Almeno, con i capelli che nascondevano il volto, non poteva vederla a un passo dal rompersi in mille pezzi. Perché anche se Akelei non era la persona più percettiva del mondo, poteva solo immaginare a cosa stesse alludendo suo marito con quelle parole.

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    • thirty
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    Ad Akelei Beaumont era mancato passare del tempo con degli adulti. Passava la maggior parte della sua giornata lavorativa circondata da persone che avrebbe a malapena classificato mentalmente come infanti, e quando tornava a casa era accolta da altri due bambini. William si salvava, ovviamente- se fosse stato il contrario, avrebbe detto molto su di lei e le sue scelte di vita. Nelia sembrò leggerle nella mente, ormai in sintonia con la Beaumont dopo quindici anni passati al suo fianco «credimi, goditeli finché sono così piccoli» Akelei le rivolse uno sguardo scettico, le sopracciglia ad inarcarsi in una muta domanda: ah sì? «sei sempre la benvenuta come babysitter» certamente più affidabile della versione infernale dei suoi figli, o di Niamh Barrow. Peccato che Nelia, al contrario dei sovracitati, era una persona adulta e fin troppo impegnata. Quello non voleva dire che non avrebbe comunque provato a smollarglieli. C’erano poche persone che avevano guadagnato la sua fiducia nel corso degli anni, e la Hatford rientrava in quella lista in cui si potevano contare una manciata di nomi- ironico come una buona parte di loro fosse ribelle, grande Ake ottimi istinti. «Rimpiangerai questi giorni quando inizierai a trovare i primi coltelli lasciati deliberatamente in bella mostra sul comodino della cameretta» voleva sapere? Assolutamente sì. La donna non poteva saperlo, ma Akelei si ritrovava in una fase peculiare nella sua vita dove non solo aveva a che fare con due infanti, ma anche con la loro versione cresciuta e criminale. Non che facesse alcuno sforzo per calarsi nei panni di una madre quando si trattava dei Criminali, era chiaro alla Beaumont che ognuno di loro aveva vissuto una vita ben diversa dalla precedente, ognuno con una famiglia diversa e persone che considerava importanti. L’unica cosa che li legava era il sangue e l’eco di una promessa fatta in un’altra vita- la Beaumont non si illudeva che fosse ancora valida. E perché proprio Sunday. «ah si? spero che almeno ne faccia buon uso» la cacciatrice era sempre in favore di qualche amichevole pugnalata, Dio sapeva quanto ne avevano bisogno i giovani d’oggi. Prese un sorso del suo whiskey, i cubetti di ghiaccio a tintinnare sul vetro e la condensa sul bicchiere a bagnarle le dita. Si prese qualche momento per riordinare i suoi pensieri, per porre la questione nel modo più consono per qualcuno che aveva perso il marito da poco. Peccato che il tatto non fosse mai stato uno dei suoi punti di forza. «io e will stiamo iniziando ad organizzare il matrimonio» annunciò casualmente, e se alla menzione del Barrow le labbra si piegarono in un piccolo sorriso nessuno l’avrebbe notato «stavamo pensando alla provenza, probabilmente fine estate quando fiorisce la lavanda» grazie Marta dell’info, ancora meglio di Google «mi stavo chiedendo se volessi essere la mia testimone» una più giovane Akelei Beaumont avrebbe storto il naso a una tale nozione, incredula al pensiero che la Hatford sarebbe diventata una figura così importante nella sua vita. Eppure, ne avevano passate troppe insieme perché potesse essere altrimenti, la Beaumont non aveva mai avuto alcuna scelta a riguardo.

  8. .

    capo cacciatori - akelei beaumont - 30 y.o.
    Akelei passò una mano sul viso, il capo chino sui documenti sparsi per la scrivania e in disperato bisogno di un caffè. Un vero caffè, non quella merda che Rainey serviva al secondo livello. In altre circostanze, la Beaumont non avrebbe lasciato un tale disordine colonizzare il suo ufficio, ma la mole di lavoro ultimamente si era fatta significativa: tra il coordinare la nuova succursale a Quo Vadis e indagare sulla recente fuga di special da un laboratorio, la Beaumont era vicina all’esaurimento. Senza contare il resto, come gestire il resto dei crimini che erano riportati ogni giorno. E poi c’era il terzo livello, che preferiva passare la loro giornata lavorativa al bar piuttosto che alla scrivania o sul campo. Fosse stata nella Queen, non avrebbe lasciato che il terzo livello cadesse in un tale degrado. Ma non era Anjelika, quindi poteva solo contemplare da lontano cosa avesse fatto di sbagliato il Ministero. Una volta era un’istituzione formata da un personale serio e disciplinato, che fossero purosangue o qualsiasi cosa in-between, ancora ricordava con piacere in tempi in cui chiamava gli Icesprite e i Bulstrode suoi colleghi. Purtroppo, tale epoca era giunta a un termine e la Beaumont avrebbe lavorato con quello che si trovava tra le mani. Almeno aveva ancora qualche Hamilton tra i ranghi. Chiamò la sua segretaria nella stanza, la donna così acclimatata al capo cacciatori da aver bisogno di un mero cenno per correre da lei. Billie Jeans poteva anche essere una semplice segretaria, ma la Beaumont considerava il suo lavoro al pari del resto dei suoi impiegati; Billie era parte integrante di quell’organismo, la collaboratrice che più di tutti aiutava Akelei a gestire i suoi compiti. «mi hai chiamato?» la testa corvina della Jeans fece capolino dalla porta appena aperta, la sua immancabile disposizione solare ad intensificare il mal di testa della francese. Tra lei e la Jackson non sapeva chi fosse peggio, ma non aveva fretta di scoprirlo. «sì, ho bisogno che distribuisca i turni della prossima settimana. se hanno dei problemi possono parlarne con te, o risolversela tra loro» perché la Beaumont aveva già due figli a casa, non aveva bisogno di fare da babysitter a nessun altro sul posto di lavoro. «poi voglio i report settimanali dell’ufficio di quo vadis entro questa sera» perché fare lo sforzo di recarsi fino all’ufficio quando poteva mandare la segretaria? Era una persona efficiente, dopotutto. Porse la pila dei turni alla donna, che per un momento vacillò sotto il peso del Potere ™ . «io vado, non mi chiamare a meno che non stia andando a fuoco l’ufficio» si alzò dalla scrivania e congedò la donna con un segno della mano. Radunò le cose che le sarebbero servite per la missione, avendo cura di riporre i documenti riservati sotto metaforica chiave. Fingiamo che mi ricordi l'incantesimo per crittare le cose, o che esista. La Beaumont poteva aver finito i suoi doveri amministrativi per la giornata, ma essere il capo dei cacciatori non significava sedere dietro una scrivania mentre mandava i suoi agenti sul campo. Certo, avrebbe potuto, dopotutto Palmer era stato quel tipo di capo. Ma non tutti erano delle merde che si nascondevano dietro dei fascicoli mentre gli altri facevano il lavoro sporco per lui quindi vaffanculo Palmer. Si trattava semplicemente di tracciare gli special che erano evasi da un laboratorio per interrogarli, per capire se ci fosse qualche deviante tra di loro, magari stanare quel covo di ratti.
    Morale della favola: beccatevi la role di prova così posso allungare il brodo.

    La partecipazione dei cacciatori al Blitz era stata marginale, e proprio per quello la Beaumont aveva avuto cura di leggere tutti i rapporti riguardo la missione. C’erano dei dettagli che non le tornavano, eventi che all’apparenza non avevano nessun filo conduttore ma che osservati da un’altra angolazione incominciavano a prendere una forma coerente. E poi, non le piaceva arrivare impreparata alle riunioni. «se siete seduti a questo tavolo, è perché qualcuno si fida di voi» Akelei lasciò scivolare lo sguardo sui membri presenti nella stanza, le sue labbra a piegarsi all’ingiù e le sopracciglia a corrucciarsi quando intravide la figura del Crawford. Come qualcuno potesse ritenerlo ancora degno di fiducia non le era chiaro, non dopo il suo cadere in disgrazia. La Beaumont non era una persona che concedeva la propria fiducia ciecamente, non era infatti un caso che nessun cacciatore fosse presente (o forse sì hihi chi lo sa, di certo non lo era alle 23:29). «in questi mesi, abbiamo revisionato le prove che avete trovato durante il Blitz alla lanterna» la cacciatrice non era sorpresa dalle tempistiche degne di Poste Italiane, lo ripeteva sempre che rimpiangeva i tempi in cui aveva come colleghi Icesprite e i Bulstrode. Altro che momento giusto. «sta succedendo qualcosa, in tutto il mondo magico e non. I fenomeni sono sempre più frequenti, e sempre più inspiegabili. Crediamo che Helianta Moonarie stesse indagando su questo. su una… conoscenza in comune» persone che sparivano, fenomeni inspiegabili, la Beaumont sembrava essere stata teletrasportata a qualche anno prima. Non le piaceva la situazione, la mancanza di intel era preoccupante e non le piaceva brancolare nel buio, ma per il momento non poteva fare molto altro. Ascoltò quello che i suoi colleghi e non avevano da dire, trovando i loro interventi non completamente idioti per la maggior parte. La proposta di Henderson era….qualcosa. Collaborare con gli altri Ministeri era una pessima idea per tutte le ragioni che Daniels aveva sottolineato, mostrarsi deboli non era quello che avevano bisogno in quel momento. Non aveva particolari domande, la Beaumont, o suggerimenti for the matter, per il momento preferiva osservare la situazione e studiare la stanza. Il silenzio ai sentimenti.
    gifs: riptides.tumblr.com
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
  9. .
    arms crossed with the attitude, lips pouted
    Sei anni di assenteismo e si aspettavano un fuckin’ tappeto rosso. The nerve, davvero. Era l’equivalente per i nordici dei parenti che si presentavano a casa dopo cena e senza invito. Certo, Ivette aveva provato a mantenere un rapporto con la sorella, ma la Beaumont aveva rifiutato qualsiasi contatto: aveva fatto la sua scelta, e avrebbe pagato tutte le conseguenze del caso. Akelei aveva passato gli ultimi anni a negare di aver mai avuto una gemella, tagliata dalla sua vita con la stessa precisione di un bisturi, ma a quanto pare nulla durava a lungo. Non aveva idea di cosa Ivette ci facesse in Inghilterra, l’ipotesi più lampante era che il suo sugar daddy si fosse stancata di lei e l’avesse mollata, perché se no non si sarebbe mai ridotta a tornare in Inghilterra. Oppure aveva sentito del matrimonio della sorella, ed era venuta a ricucire il rapporto fraterno che avevano avuto. «Non sono tornata perché mi servono soldi o cose del genere. E non sono tornata nemmeno perché voglio scroccarti un invito al matrimonio» ma pensa te, per una volta Akelei era lieta di sbagliarsi. Anche se quel fatto lasciava la porta aperta a una decina di scenari imprevedibili, e che non era certa di volercisi addentrare. Akelei abbassò il giornale appena perché si scorgessero gli occhi, le iridi della stessa sfumatura delle acque dell’Artico a posarsi sul volto della sorella. Le aveva concesso la sua attenzione, ora spettava a lei sfruttarla al meglio «sono tornata perché mi mancavi, e perché volevo conoscere i gemelli» l’angolo della bocca tremò, e Akelei si lasciò sfuggire una mezza risata- amara, piena di ironia «con un certo ritardo, non credi?» c’era stato diverso tempo per riconciliarsi con la sua famiglia, Akelei non si illudeva che il gesto della sorella fosse stato mosso da spontaneità e affetto. C’era un motivo ben preciso se aveva scelto quel momento: era successo qualcosa. Lo percepiva nell’aria, nelle piccole spaccature che poteva già osservare nel portamento di Ivette. La lasciò parlare perché era curiosa di vedere se sarebbe arrivata al punto, un punto che non arrivò mai. Ivette parlò di regali, di ricostruire il loro rapporto, parole che la francese prese e impacchettò in una scatola per essere buttate via. «e va bene, allora parliamo» piegò il giornale e lo posò al suo lato, per poi piegarsi sul tavolo e poggiare il mento laddove aveva incrociato le mani. Le sorrise, Akelei, predatoria e pronta ad affondare i canini sulla sua preda «perché sei qui, proprio adesso? il tuo amante è scappato con la segretaria?» e Ivette era andata a piangere da sua sorella. Tutto poteva essere, non era la prima volta che il mondo la stupiva con i suoi bizzarri disegni.
    ellise
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    Don't get too
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    bite of your heart
    akelei b.gifs cr.playlistaesthetic
  10. .
    HTML
    [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=57588075]Amos Hamilton[/URL]

    - dipendente l'inguinis

    HTML
    [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=59235435]Akelei Beaumont[/URL]

    - capo cacciatori
  11. .

    akelei
    Moriarty


    • sugar mommy
    • telekinesis
    • thirty-eight
    • ex egaisson
    Un sospiro si fece strada tra le labbra di Akelei, lo sguardo stanco a posarsi sull’entrata di casa: vuota, fredda, senza traccia di suo marito. Scosse il capo senza volersi soffermare troppo sull’ultimo particolare, di come avesse la sensazione di essere stata evitata per tutta la serata. Sarebbe stato riguardoso da parte di Samael se l’avesse avvisata di non sentirsi bene, invece di mandare una loro conoscenza per poi sparire. La Moriarty avrebbe almeno potuto accompagnarlo, non era come se fosse entusiasta all’idea di presenziare oltre alla festa. Santa Akelei ragionò che era stupido essere turbata per così poco, e che la distanza di Sam doveva essere frutto della sua immaginazione. Doveva avere bevuto qualcosa di troppo forte alla festa, perché sebbene i suoi pensieri ed emozioni vertessero su un cammino tutt’altro che allegro, non riusciva a raccogliere abbastanza energie per rattristarsi. Non era presa bene, come avrebbe detto una Moore, come alla festa ma di certo qualsiasi residuo di alcol fosse rimasto nel suo corpo stava facendo il suo dovere. Avanzò per la casa buia, troppo pigra per accendere la luce, entrando nel soggiorno con l’intento di buttare il cappotto e la pochette sul divano per poi andare a controllare che Sam non fosse bloccato sul cesso. Era dura la vita da sugar mommy, anche perché nella maggior parte dei casi si ritrovava ad essere mommy e basta. Non si accorse della figura sul divano finché non gli ebbe lanciato il cappotto addosso, il quale per la cronaca era anche pesante. «cavolo scusa!» Akelei whisper-shouting…ò ma suona male avvicinandosi al divano per recuperare il giubbotto e salvare il Moriarty dal soffocamento. Se lo sarebbe probabilmente meritato, ma quello la donna non lo poteva saperlo. Sperava di non averlo svegliato, ma si accorse di aver fallito quando Samael aprì gli occhi, guardandosi intorno spaesato. «ciao» aveva l’aria di qualcuno che era ancora sbronzo, Akelei pregava solo che non avrebbe rimesso sul divano- era di pelle, ci teneva. «hey» si accovacciò così da evitare di parlare troppo forte, bilanciandosi sui trampoli che ancora aveva ai piedi. Sperava di non cadere addosso al marito, forse sarebbe stato più tragico del cappotto «vuoi un bicchiere d’acqua? qualcosa?» eccola Santa Akelei a rapporto, ma non poteva farne a meno. Non conosceva altro modo di stare vicino a Samael, quindi sperava che almeno quello glielo concedesse. Gli carezzò la fronte per assicurarsi che non avesse la febbre, ritraendo la mano poco dopo. «ho incontrato Ramon, non so cosa voglio fare e non ho voglia di pensarci» Akelei aveva visto come Ramon e Samael erano l’uno accanto all’altro, il modo in cui si guardavano e le voci animate da passione che ogni tanto la raggiungevano fino al suo studio. La Moriarty non sapeva molto dell’amico del marito, giusto qualche informazione superficiale come il fatto che fosse uno scrittore e che stava intervistando Sam per il suo libro. Sembravano essere amici, o almeno era il vibe che aveva percepito la special. «ah si?» aveva intravisto il ragazzo alla festa, ma non aveva tutta quella confidenza per salutarlo. La guardava sempre in un modo bizzarro, un’espressione che Akelei non sapeva bene collocare. La bionda poggiò i gomiti sulle ginocchia, la testa a cadere pigra sul dorso della mano «cos’è che devi fare? magari ti posso aiutare» propose a Sam, fin troppo eager di aiutare, ma quello chissà era l’effetto dell’alcol. Di solito cercava di non impicciarsi troppo nei suoi affari, certe questioni era meglio non approfondirle.

  12. .
    Se qualcuno avesse detto a una Akelei diciassettenne che dieci anni dopo si sarebbe trovata alla festa di compleanno dei propri figli in compagnia di William Barrow, probabilmente gli avrebbe lanciato un maledizione che mai avrebbero dimenticato nella vita. Sia chiaro che non le era mai piaciuto il rampollo della famiglia Barrow, rozzo ed arrogante, una presenza che spesso e volentieri stonava con i contesti importanti che entrambi frequentavano: cene e balli sfarzosi che l’élite britannica amava organizzare per fare a gara a chi ce l’aveva più lungo. Nemmeno sapeva il suo nome all’inizio, l’unica ragione per cui il Barrow era stato oggetto della sua attenzione era perché il suo incessante fissare stava diventando irritante. Certo, la giovane Beaumont era solita ricevere qualche sguardo, o l’occasionale commento sotto voce, ma nulla a cui desse peso- non aveva tempo per coloro che considerava al pari di bestie. All’inizio l’aveva ignorato come aveva fatto per tutti quelli prima di lui, ma dopo l’ennesima cena passata a giocare a quel gioco di gatto e topo la labile pazienza di Akelei era evaporata. L’aveva sbattuto al muro con la bacchetta puntata alla gola, una minaccia soffiata sulle labbra del biondo intimandogli di farsi i cazzi suoi, or else. Non doveva aver funzionato molto bene, perché un battito di ciglia dopo si era trovata il Barrow premuto contro di sé in un corridoio dimenticato da Dio, troppo occupati a scoprire il sapore l’uno dell’altra per curarsi della festa ancora in corso. Non sarebbe stata l’ultima volta.
    Fu solo qualche mese dopo che Akelei si degnò di avere una conversazione con William che non includesse minacce di mutilamenti vari, o palpeggiamenti in qualche sgabuzzino. La serpeverde si trovava in infermeria in seguito a una brutta caduta dalla scopa durante un allenamento di Quidditch, avrebbe preferito essere in qualsiasi altro luogo ma almeno non c’era nessuno nella sala. La Beaumont era convinta che avrebbe passato il resto del pomeriggio in pace, lontana da tutti gli idioti che a malapena tollerava. Fino a che qualcuno non era irrotto dalla porta trascinandosi dietro un ragazzo che era familiare alla Beaumont, con la differenza che sembrava avere più sangue sui vestiti che in corpo. Lo mollarono a due lettini da lei senza tante cerimonie, facendo poi marcia indietro e ritornando da dov’erano venuti, probabilmente la sala torture. La francese avrebbe voluto continuare a farsi gli affari suoi, non fosse stato per i gemiti di dolore che provenivano dal Barrow. All’inizio, fu facile ignorarli in favore di leggere uno squallido libro che aveva trovato in giro, ma presto incominciarono a darle sui nervi quando si accorse di non riuscire a concentrarsi. «dov’è quella rincoglionita dell’infermiera?» borbottò Akelei in francese, osservando il Barrow di sottecchi tanto per assicurarsi che non fosse sull’orlo della morte. Peccato, non lo era. L’infermiera era sparita da dieci minuti, informandola che avevano finito le scorte di who-knows-what e che si sarebbe assentata dall’infermeria per qualche momento. La serpeverde stava incominciando a sospettare che fosse sgattaiolata via per avere una sveltina con il guardiacaccia, lasciandole un enorme seccatura tra le mani. Se Akelei fosse stata più pratica di medicina, avrebbe saputo cosa infilargli in gola per zittirlo per qualche ora, ma non era così e l’unica cosa che poteva fare era soffocarlo con un cuscino. Posò il libro sulle gambe e voltò il capo verso il Barrow «non puoi stare zitto?» rude, ma si parlava pur sempre della Beaumont. All’inizio non sembrò sentirla, così la serpeverde stava per lanciargli il cuscino in faccia per puro dispetto ma William si voltò prima che potesse prenderlo in mano. La fissò per qualche momento, probabilmente a malapena in sé, prima di esordire nella cazzata più grande del secolo «sono finito all’inferno?» di solito non era il contrario? Qualche cazzata sul sei caduta dal cielo? Non ne aveva idea, qualcosa di inglese che le sfuggiva. Akelei non sapeva cosa la spinse a rispondere, ad abbandonare il libro sul letto poco dopo in favore di distrarre il Barrow fino a che non sarebbe arrivata l’infermiera. Per un breve momento pensò che il corvonero non doveva essere così male, fino a che non aprì bocca «beaumont, come si dice un giorno avremo tre figli, una ot3 e qualche cane in francese?» alla fine, il Barrow il cuscino in faccia se lo beccò comunque.
    «sono: offeso. Ho fatto una wing perfetta» la Beaumont sbatté le palpebre un paio di volte, strappata via dai suoi ricordi dalla voce di William. Le urla dei bambini in sottofondo, dei loro figli, la vista dei palloncini e delle decorazioni appese ai muri: una Akelei diciassettenne non avrebbe mai immaginato quel futuro. No, quell’Akelei avrebbe dipinto un futuro fatto di sangue e di ambizione, di una letto troppo spazioso che solo raramente era scaldato dalla presenza di un altro essere umano. Non era un futuro colorato, o riempito dagli strilli di gioia dei piccoli Lynch e Ronan. «Puoi fare affidamento su di me, spero che tu lo sappia» gli aveva detto, convinta fermamente di ogni sillaba, risoluta come mai lo era stata. Cristo, l’avrebbe persino aiutato ad occultare un cadavere, se glielo avesse chiesto. Era raro che Akelei Beaumont concedesse quel livello di fiducia, che giurasse quel tipo di irremovibile lealtà a qualcuno che non fosse il proprio riflesso nello specchio. «per quanto? un giorno, un paio di mesi, qualche anno?» la Beaumont inclinò il capo, osservando William con un sopracciglio inarcuato. Era curiosa di sapere dove volesse andare a parare, un presentimento a cui non sapeva dare forma né nome che scaldava una cavità ormai dimenticata ogni battito che passava. Akelei si lasciò attirare tra le braccia del Barrow come se fosse la cosa più naturale del mondo, le dita a scivolare tra i ricci dorati, il collo a piegare quanto bastava per lasciare spazio alle sue labbra. Poco importava che fossero in pubblico, erano tutti troppo distratti dai bambini a correre per il salone.
    «e se fosse...» Akelei seguì con lo sguardo la mano di William, intrecciata alla sua, il battito impazzito del suo cuore a rimbombare sotto i polpastrelli quasi fosse una dichiarazione d’amore. Forse lo era, per gli Akerrow, così abituati a tessere la storia che volevano con le loro parole che l’unica cosa di reale, viscerale che rimaneva era ciò che il corpo non poteva celare.
    «fino a che morte non ci separi?»
    Akelei osservò il Barrow avvolgere qualcosa al suo dito come se fosse uno spettatore nel proprio corpo, come se non stesse accadendo a lei.
    Perché non era possibile, no?
    Sbatté un paio di volte le palpebre per scacciare la patina di qualcosa a cui si rifiutava di dare un nome, il suo cuore una perfetto specchio di quello di William. Impazzito, estasiato, ancora incredulo. La Beaumont ci provò a darsi un contegno, a imporre alle mani di smettere di tremare e a celare la vulnerabilità sul suo volto dietro a un sorriso tagliente, colorato dell’arroganza che contraddistingueva la bionda «te la sei presa comoda, barrow» e se la sua voce avesse tremato d’emozione, nessuno era lì per coglierla nell’atto «sì, certo che sì» rispose alzando gli occhi al cielo tanto per rendere chiaro che , ormai non si sarebbe più liberato di lei. Strinse una mano attorno alla stoffa del vestito e attirò William a sé, indietreggiando fino a che la sua schiena non trovò il muro. Le loro labbra si incontrarono a metà, persi nel loro mondo e troppo occupati a scoprire il sapore l’uno dell’altra come se fosse la prima volta per curarsi della festa ancora in corso. Sapeva di déjà vu.
    que schifé les povery
    tumblr_m7w2izzY0j1r6o8v2

    deatheater - class '92 - wine mom - huntress

    akelei
    beaumont
    You know you could
    tear me apart
    Put me back together
    and take my heart



    dai secondo me è conclusa.......unless??
  13. .
    cocainedoll.mp3
    devil devil
    - milck
    just one yesterday
    - fall out boy
    6 inch
    - beyoncé
    akelei
    beaumont
    sheet
    power
    aesthetic
    headphones
    QUA SCRIVERE LE ROLE

    Six inch heels She walked in the club
    like nobody's business Goddamn She murdered everybody and I was her witness
    info
    barrow + sunday + sersha + madelaine: children
    william barrow: couple
    ivette beaumont: twin
    archibald + lydia: stepsiblings
    shiloh + gwen + nicky + erin + noah: nephews
    eugene + jade: desperate parents
    rea + run + fray + gemes + nelia + piz: friends
    nice: informant
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco


    Edited by cocaine/doll - 12/8/2022, 12:37
  14. .
    ↳ prima utenza: cocaine/doll
    ↳ nuova utenza: starlord
    ↳ presentazione: so true bestie
    ↳ role attive: STRATEGIA!
    amos: rea [05.06]
    ake: ivette [20.06]
    sersha: bridgerton au [08.06]
    kier: pattinaggio [06.06]
    shiloh: yale [29.05]
    william: bonus paris [24.05]
    ryu: syria [03.06]
    ↳ ultima scheda creata: amos hamilton (21.05)
  15. .
    arms crossed with the attitude, lips pouted
    Sei anni. Erano passati sei anni da quando aveva visto sua sorella per l’ultima volta, dopo che Ivette aveva deciso di vivere permanentemente a Parigi per seguire -a detta sua, Akelei aveva i suoi dubbi- l’amore della sua vita. Aveva storto il naso, la cacciatrice, profondamente disturbata dalla nozione che qualcuno potesse sradicare la propria vita da un giorno all’altro per una cosa così banale e fugace come l’amore. Sei anni dopo, con un anello al dito e due (quattro) bestie che erano sangue del suo sangue, la Beaumont ammetteva di stare iniziando a comprendere marginalmente la scelta di Ivy. Il fatto che fosse scomparsa dalla faccia della terra, un po’ meno. Funzionava così la famiglia Beaumont: un po’ disfunzionale, dove nessuno aveva particolare fiducia nel prossimo. L’ex serpeverde non era il tipo di persona che portava rancore, anche perché avrebbe significato provare un qualche tipo di riguardo verso il prossimo, la soluzione più rapida e indolore era cancellarli dalla sua vita. Drastico? Sì, ma veloce ed efficace. Ivette era una di queste persone, tanto che quando Akelei intravide una chioma familiare entrare al B&B fece finta di nulla. Rimase seduta a uno dei tavolini più vicino al bancone, il giornale aperto davanti a lei a nascondere il volto. Di solito, quando vecchie conoscenze si facevano vive senza alcun preavviso, non significava nulla di buono- era una lezione che la Beaumont aveva appreso anni prima con l’ex marito. Sperava che quella morte di fame di sua sorella non fosse venuta fino a Londra in cerca di soldi, o peggio, che in qualche modo le fosse arrivata la notizia del suo matrimonio. Era chiaro che no, non era invitata, ma non credeva che sarebbe stata così sfacciata da chiederglielo. Sebbene la Beaumont non avesse intenzione di interagire con la sorella, era vero che non si era mai tirata indietro quando si trattava di gestire situazione scomode. «Madelaine» si rivolse alla ragazza dietro il bancone, abbassando il giornale e poggiandolo sul tavolo «chiedi a Floyd di portare fuori la spazzatura» la spazzatura being: Ivette. Il suo era un tono che non ammetteva domande, solo un’obbedienza che era abituata a ricevere dai suoi sottoposti al Ministero, sperava solo che la Hopper fosse abbastanza sveglia da coglierlo. Akelei non si scomodò a volgere uno sguardo alla sorella, preferendo riprendere a leggere l’articolo di giornale da dov’era rimasta.

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