before we drift away

ft. akelei

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    Si era da poco lasciato il cameriere alle spalle (insieme alla sua copia tarocca ― anche se qualcuno avrebbe detto che l'impostore era lui, non Theo) (ma quelli erano dettagli che Sam aveva chiuso fuori dalla sua vita almeno un decennio prima e non aveva voglia di pensarci proprio in quel momento) quando lo raggiunse una voce familiare che avrebbe riconosciuto letteralmente ovunque, anche in quel caos di persone e musica. «Sam?» Non fu abbastanza svelto ad accelerare il passo e si ritrovò costretto a voltarsi ed affrontare uno dei suoi (tanti, troppi) problemi (tutti auto inflitti): Ramón Monrique.
    «Potevi dirmelo che saresti venuto.»
    A quel punto si lasciò sfuggire una risatina (nervosa? beffarda? amara? eh, c'erano infinite possibilità di scelta), abbassando lo sguardo sulla presa salda del minore intorno al proprio braccio. «ero per caso tenuto a farlo?» , per una serie molto lunga di ragioni, prima fra tutte: evitare una situazione del genere. «sono qui con mia moglie enfasi su quell'ultima parola, mentre riportava lo sguardo azzurro sul viso di Ramon. «dovresti lasciarmi andare.» poteva sempre tirare via il braccio e allontanarsi ― ma non voleva, non davvero. C'era un motivo se nei suoi momenti più bui correva a rifugiarsi tra le braccia del Monrique, ma in quel momento aveva preoccupazioni più grandi: Ake era lì da qualche parte, forse impegnata a cercare le ragazze o forse impegnata a conversare beatamente con qualcuno di sua conoscenza, ma non importava perché Sam non poteva permettersi di rischiare.
    Si ripeteva ormai da mesi che prima o poi avrebbe sistemato quella questione ma non aveva ancora deciso come: chiudendo definitivamente le cose con Ramón? Ammettendo la verità con sua moglie e accettando (il divorzio.) qualsiasi conseguenza ne sarebbe derivata? Non lo sapeva.
    E per il momento voleva continuare a non saperlo.
    Eppure, per qualche fottutissima ragione, si ritrovò ad ammetterlo ad alta voce, davanti al Monrique. Solo rendendosi conto di quello che aveva appena detto, decise infine di strattonare via il braccio e prendere le distanze dal ragazzo. «quello che ho detto, tutto quanto...» si passò entrambe le mani sul volto, cercando di darsi un minimo di contengo. «dimenticalo.» ma che gli era preso? Spiattellare così i suoi pensieri? E in mezzo a tutta quella gente? Avrebbe potuto sentire chiunque! Anche se, a conti fatti, l'aveva confessato proprio all'ultima delle persone a cui avrebbe voluto dirlo.
    O penultima, insomma.
    Uscì dalla sala in cerca di una boccata d'aria, afferrando un altro calice di bollicine da uno dei camerieri di passaggio ― questa volta innocuo, ma tanto ormai l'Eppi blu era in circolo e lui non ne aveva la minima idea.
    Dovresti lasciarmi andare, parole che sentiva spesso ripetere dai fantasmi del suo passato. Da uno, in particolare. Ma non era bravo, Sam Moriarty, a lasciare andare. Lasciarsi andare, invece, oh; quello era un altro paio di maniche.

    ***

    Alla fine, in qualche mistico modo (ovvero: uscendo da una sala non appena notava una familiare chioma bionda entrarvi; oppure nascondendosi dietro la prima pianta o colonna che gli capitava a tiro), era riuscito ad evitare Akelei per tutta la serata. Un fucking successo. La festa era ancora ben lontana dal finire ma lui era pronto a chiuderla lì ― complice qualche bicchiere di troppo che iniziava a rendere meno lucidi i suoi pensieri e meno dritta la sua camminata. Avvicinò qualcuno ― non registrò nemmeno chi, ma doveva essere qualcuno di familiare perché chiese loro di informare Ake che avrebbe preso un taxi per tornare a casa, nascondendosi dietro la scusa (non troppo lontana dalla realtà) che non si sentiva molto bene.
    Se affrontare la festa (e sua moglie. E Ramon) si era rivelato complicato, inserire la chiave nella fottuta toppa lo era stato dieci volte di più; Samael era arrivato persino a prendere a spallate l'uscio, pur di entrare in fretta e schiantarsi di faccia sul letto.
    La cosa buffa, in tutto questo, fu che tra un «vaffanculo» e una spinta, non registrò il momento esatto in cui varcò la soglia, né tanto meno quello in cui perse praticamente i sensi sul divano del salotto.

    Quando riaprì gli occhi, dopo quelli che dovevano esser stati giorni, si ritrovò a fissare il tavolino basso del soggiorno, la cui superficie era macchiata dagli aloni delle tazze di tè e caffè che in quella casa venivano consumate in quantità industriale. La guancia destra era schiacciata contro la fodera color crema del divano, e un braccio penzolava fuori dal sofà, i peli soffici del tappeto a solleticare le dita del medium. Era ormai abituato alle sbronze, e le conosceva abbastanza bene da sapere che quella non era nemmeno lontanamente vicina all'essere smaltita. Quella consapevolezza, più un paio di gambe fasciate da un vestito che riconosceva come quello indossato da sua moglie al party di quella sera, suggerirono al suo cervello inebriato dai fumi dell'alcol che forse erano passate a malapena ore, non giorni. «ciao» la tentazione di chiudere gli occhi e smaltire il resto della sbronza sul divano era molto forte, ma lo era anche il richiamo del morbido materasso della camera da letto. C'erano delle decisioni difficili da prendere, e Sam alle volte preferiva non dover scegliere.
    Per questo era stato contento di vedere tanti camerieri passare con bicchieri blu, il blu gli piaceva. Aveva perso il conto di quanti ne aveva mandati giù, tra Eppi e normale champagne; non che fosse abbastanza lucido da capirne la differenza, comunque. Un alcolico valeva l'altro.
    «ho incontrato Ramon,» ora vedeva anche parte del busto di Ake, segno che lei si era rannicchiata davanti alla sua (misera.) figura prona sul divano. Un sorriso sbilenco si allargò sulle sue labbra: per la moglie? Per l'amante? Per entrambi? «non so cosa voglio fare e non ho voglia di pensarci» era quasi del tutto convinto di star sognando, quindi che male c'era ad ammettere ad alta voce (di nuovo) quello che aveva già rivelato al ragazzo? Magari dream!Ake sarebbe stata utile e avrebbe fornito lui la giusta soluzione.
    Eh, magari.
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    tipo che la prima parte di post l'avevo già scritta mesi fa per la festa ma non ho più postato......duh. quindi l'ho tenuta. e niente, ciao ake, scusa ake.
     
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    Un sospiro si fece strada tra le labbra di Akelei, lo sguardo stanco a posarsi sull’entrata di casa: vuota, fredda, senza traccia di suo marito. Scosse il capo senza volersi soffermare troppo sull’ultimo particolare, di come avesse la sensazione di essere stata evitata per tutta la serata. Sarebbe stato riguardoso da parte di Samael se l’avesse avvisata di non sentirsi bene, invece di mandare una loro conoscenza per poi sparire. La Moriarty avrebbe almeno potuto accompagnarlo, non era come se fosse entusiasta all’idea di presenziare oltre alla festa. Santa Akelei ragionò che era stupido essere turbata per così poco, e che la distanza di Sam doveva essere frutto della sua immaginazione. Doveva avere bevuto qualcosa di troppo forte alla festa, perché sebbene i suoi pensieri ed emozioni vertessero su un cammino tutt’altro che allegro, non riusciva a raccogliere abbastanza energie per rattristarsi. Non era presa bene, come avrebbe detto una Moore, come alla festa ma di certo qualsiasi residuo di alcol fosse rimasto nel suo corpo stava facendo il suo dovere. Avanzò per la casa buia, troppo pigra per accendere la luce, entrando nel soggiorno con l’intento di buttare il cappotto e la pochette sul divano per poi andare a controllare che Sam non fosse bloccato sul cesso. Era dura la vita da sugar mommy, anche perché nella maggior parte dei casi si ritrovava ad essere mommy e basta. Non si accorse della figura sul divano finché non gli ebbe lanciato il cappotto addosso, il quale per la cronaca era anche pesante. «cavolo scusa!» Akelei whisper-shouting…ò ma suona male avvicinandosi al divano per recuperare il giubbotto e salvare il Moriarty dal soffocamento. Se lo sarebbe probabilmente meritato, ma quello la donna non lo poteva saperlo. Sperava di non averlo svegliato, ma si accorse di aver fallito quando Samael aprì gli occhi, guardandosi intorno spaesato. «ciao» aveva l’aria di qualcuno che era ancora sbronzo, Akelei pregava solo che non avrebbe rimesso sul divano- era di pelle, ci teneva. «hey» si accovacciò così da evitare di parlare troppo forte, bilanciandosi sui trampoli che ancora aveva ai piedi. Sperava di non cadere addosso al marito, forse sarebbe stato più tragico del cappotto «vuoi un bicchiere d’acqua? qualcosa?» eccola Santa Akelei a rapporto, ma non poteva farne a meno. Non conosceva altro modo di stare vicino a Samael, quindi sperava che almeno quello glielo concedesse. Gli carezzò la fronte per assicurarsi che non avesse la febbre, ritraendo la mano poco dopo. «ho incontrato Ramon, non so cosa voglio fare e non ho voglia di pensarci» Akelei aveva visto come Ramon e Samael erano l’uno accanto all’altro, il modo in cui si guardavano e le voci animate da passione che ogni tanto la raggiungevano fino al suo studio. La Moriarty non sapeva molto dell’amico del marito, giusto qualche informazione superficiale come il fatto che fosse uno scrittore e che stava intervistando Sam per il suo libro. Sembravano essere amici, o almeno era il vibe che aveva percepito la special. «ah si?» aveva intravisto il ragazzo alla festa, ma non aveva tutta quella confidenza per salutarlo. La guardava sempre in un modo bizzarro, un’espressione che Akelei non sapeva bene collocare. La bionda poggiò i gomiti sulle ginocchia, la testa a cadere pigra sul dorso della mano «cos’è che devi fare? magari ti posso aiutare» propose a Sam, fin troppo eager di aiutare, ma quello chissà era l’effetto dell’alcol. Di solito cercava di non impicciarsi troppo nei suoi affari, certe questioni era meglio non approfondirle.

     
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    Se Samael fosse stata una persona migliore, avrebbe fatto la cosa giusta e detto la verità ad Ake già da un pezzo.
    No, anzi: se fosse stato una brava persona non avrebbe proprio dato via a quell’affare illecito, e non avrebbe cercato conforto tra le braccia del Monrique più spesso di quanto non lo cercasse tra quelle della moglie.
    Ma non lo era, una persona migliore — non lo era mai stato.
    E non lo sarebbe diventato a quel punto della sua miserabile vita.
    Avrebbe voluto provare tristezza nei confronti di Akelei, per il modo ignobile in cui la stava facendo soffrire senza che nemmeno lei lo sapesse, ma non la trovava: non aveva un briciolo di rimorso e non riusciva a non nascondersi dietro stupide scuse che giustificassero quel comportamento.
    Aveva tanti, troppi difetti e la mancanza di onestà era forse il peggiore; non lo era nemmeno con se stesso, figurarsi se poteva trovare in sé la forza di esserlo con gli altri, anche quando “gli altri” era una moglie apprensiva e che nei suoi confronti non aveva mai sbagliato nulla.
    Una moglie che persino in quel momento, stanca e chiaramente triste di esser stata abbandonata ad una festa dove nessuno dei due voleva presenziare, era accucciata davanti a lui e lo osservava con aria preoccupata ma dolce, domandandogli se avesse bisogno di nulla.
    Faticava a metterla a fuoco, tra sonno e sbronza, e dubitava fortemente che la cosa passasse inosservata alla signora Mortiarty. Chissà se si era mai sentita davvero a suo agio in quelle vesti.
    Glielo chiese, perché a quanto pareva non aveva alcun genere di filtro quella sera.
    Socchiuse gli occhi quando la mano delicata di Ake passò sulla sua fronte, e si lasciò sfuggire un lamento quando la sentì tirare via: era egoista da parte di Sam pretendere che la lasciasse lì, che continuasse ad offrirgli un amore che non si meritava, ma lo voleva.
    O almeno così credeva.
    Era certo che il suo problema fosse la mancanza di amore, di un certo amore, e che quel vuoto incolmabile non sarebbe mai riuscito a riempirlo, nemmeno in cent’anni di vita. Non che Sam sperasse di campare altri cento anni, che il cielo gli fosse vicino! Già sopravvivere per ventinove anni gli era sembrato estremo: passare l’eternità a combattere con i fantasmi del passato (non in maniera metaforica nel suo caso) era l’ultimo dei desideri del Moriarty.
    Ancora una volta, tentò di posare le iridi ghiaccio sulla figura della moglie ora che aveva capito fosse lì in carne ed ossa e non frutto della sua immaginazione. «cos’è che devi fare? magari ti posso aiutare» Poteva aiutarlo? No, quasi certamente era quella la risposta.
    Voleva che lo facesse? Anche lì: non ne era certo.
    Rimase in silenzio ad osservarla, la donna per cui, era inutile mentire, aveva provato sentimenti forti e innegabili; la donna che aveva scelto di raccogliere insieme a lui i resti di due vite disintegrate e tentare di rincollarli insieme per crearne una che fosse quanto meno vivibile. La donna che negli ultimi cinque anni credo cos’è il tempo aveva tenuto fede a quella promessa e l’aveva amato e protetto.
    La donna che lui aveva scelto di tradire.
    Non aveva nemmeno una motivazione valida che giustificasse quell’errore. Forse lei, Santa Ake, avrebbe persino trovato in sé il cuore di perdonarlo se quel tradimento non fosse diventato un vero e proprio rapporto extracongiugale. Se avesse ceduto una sola volta, magari, avrebbe potuto fare appello alla bontà di Akelei e chiedere il suo perdono; invece no, Samael era tornato da Ramon ancora, e ancora e ancora.
    E forse non aveva voglia di smettere.
    «Non lo so, te l’ho detto.» Tentò di sollevarsi per mettersi seduto, la testa tenuta pesante tra le mani e gli occhi fissi sul tappeto. Stava parlando ad alta voce, ma nella sua testa era come se parlasse con se stesso: metà delle cose che stava dicendo, probabilmente, se fosse stato lucido non le avrebbe mai dette.
    Purtroppo o per fortuna, non lo era.
    «L’ho detto anche a lui che non lo so. Forse dovremmo smettere di vederci -» lasciò la frase in sospeso, alzando grandi e velati occhi chiari sulla moglie. «Gli ho detto che dovremmo chiuderla qui perché non è giusto nei tuoi confronti, ma allo stesso tempo non so se è quello che voglio davvero.» Così, de botto, aveva appena confessato in maniera non troppo esplicita ad Ake che gli metteva le corna.
    E non se ne era nemmeno reso conto.
    Brutta storia (i drink corretti) l’alcolismo.
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    Akelei lanciò un’occhiata verso le scale, pregando che le loro voci non fossero udibili dal piano superiore. Non era certa di avere la forza mentale per gestire due bambini quella sera, poteva solo pregare che il piccolo Tommy continuasse a dormire. Aveva fatto del suo meglio per cercare di dargli un’infanzia normale nonostante tutto, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era di renderlo partecipe di qualsiasi cosa stesse succedendo. La special non era conosciuta per essere particolarmente percettiva, ma persino lei poteva percepire la sofferenza appena sotto la pelle del Moriarty, tanti piccoli ripples che si espandevano sotto la superficie. «Non lo so, te l’ho detto.» le si strinse il cuore del petto a vederlo così, con le mani appoggiate nel grembo senza poter fare nulla per migliorare la situazione. Eppure, non voleva il suo aiuto, non l’aveva reso abbastanza chiaro in quegli anni? Peccato che Akelei fosse fin troppo testarda per lasciarlo in pace, aveva fatto una promessa e l’avrebbe mantenuta. Se non per lei, per un figlio che si meritava tutto quello che non aveva potuto dare ai suoi altri figli. «L’ho detto anche a lui che non lo so. Forse dovremmo smettere di vederci -» ok- ok fermi tutti. Akelei non aveva capito il gioco, si era persa nella trama che solo Samael conosceva. Ma suo marito non era lucido, aveva l’aria di qualcuno che avrebbe vomitato da un momento all’altro, quindi decise di non darci peso. Se non fosse stato che non smetteva di parlarne, come se fosse un demone che lo tormentava dall’interno «L’ho detto anche a lui che non lo so. Forse dovremmo smettere di vederci -» dio santo pandi mi sta salendo il rum mi scuso per quello che scriverò (mood perfetto per kier e nathan però). «Gli ho detto che dovremmo chiuderla qui perché non è giusto nei tuoi confronti, ma allo stesso tempo non so se è quello che voglio davvero.» Akelei non sapeva come reagire, se non rimanere a bocca aperta un’espressione del tutto perplessa in volto? Fece per sedersi accanto all’uomo, i muscoli delle gambe a bruciare per la posizione in cui era stata per fin troppo tempo. Non sapeva da dove cominciare, in primis perché se prima non aveva capito ora….aveva un sospetto che si stava facendo strada nel suo cuore. Avrebbe di certo giustificato il comportamento di Samael, la distanza che seppur ci fosse sempre stata non aveva fatto altro che aumentare negli ultimi tempi. «mi serve un bicchiere di vino» affondò il volto nelle mani, chiudendo gli occhi per qualche secondo. Voleva estraniarsi da quella realtà, fingere per un momento che quella non fosse la sua vita. Il peso sulle sue spalle continuava ad aumentare con il corso degli anni, la sua vita una matassa che ormai era impossibile da sbrogliare se non iniziando a tagliare gli intrecci più indomabili. Dovrei bere di più guarda come scrivo spedita un record Alla fine decise che era troppo stanca per alzarsi e fare lo sforzo di tirare fuori il bicchiere, aprire il frigo e scegliere il vino….forse sarebbe sopravvissuta anche senza. «di cosa stai parlando?» era stanca dei giri di parole, del continuo danzare intorno a un problema che era cresciuto e cresciuto fino a che rischiava di soffocare entrambi. «lui chi? ramon?» non aveva il coraggio di guardarlo in faccia, quindi optò per tenere il capo chino e lo sguardo sulle proprie mani. Non capiva se fosse la stanchezza, ma c’era un distinto tremore che non riusciva a mandare via. «sam, non dirmi che- non lo faresti, vero?» e se la sua voce si fece più roca, impastata, probabilmente Samael non l’avrebbe notato. Non lo faceva mai. Era così che funzionava tra di loro, no? Almeno, con i capelli che nascondevano il volto, non poteva vederla a un passo dal rompersi in mille pezzi. Perché anche se Akelei non era la persona più percettiva del mondo, poteva solo immaginare a cosa stesse alludendo suo marito con quelle parole.

     
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    Perso com'era nei propri miserabili pensieri, Sam non reagì quando Ake si sedette accanto a lui, ma rimase invece fermo con la testa fra le mani e lo sguardo basso rivolto ad un tappeto che mai, da quando lo avevano comprato, era sembrato così interessante. Ne osservava ogni filo intrecciato, senza realmente metterne a fuoco la trama, i colori, la ruvidità; era solo un modo come un altro per lasciar vagare lo sguardo mentre i pensieri seguivano un corso del tutto diverso.
    Pensava a loro, a Sam e Ake come entità distinte e separate; pensava alle loro vite prima che decidessero di tentare di ricostruirne una insieme, e alle ferite che si portavano dietro — avevano cercato di guarire anche quelle. Samael aveva fallito; quel tanto era evidente. Ma non poteva incolpare Akelei, non poteva, non quando aveva fatto tutto da solo: la donna non era stata mai meno di perfetta, in quegli anni, sincera e onesta nei confronti del medium che, al contrario, non le aveva mai confessato tutta la verità. Le aveva detto che William non fosse più rintracciabile, quando in realtà era lui che lo chiudeva fuori per la vergogna — e per la paura: se l'altro avesse saputo ciò che Sam stava combinando, ciò che stava facendo ad Ake, probabilmente l'avrebbe posseduto e fatto ammazzare con le sue stesse mani. Poco ma sicuro. E non le aveva neppure detto di non aver mai smesso di cercare, ancora e sempre, due occhi verdi nella folla, un sorriso che l'aveva fatto cadere non in una, ma in ben due vite, braccia forti in grado di sorreggerlo e supportarlo e ancorarlo; un amore che, per quanto Sam si fosse sforzato di ritrovare in Ake, non aveva mai più provato. E ovviamente no: non le aveva detto di Ramón. Era stata una debolezza, un errore — ripetuto innumerevoli volte fino a che non era diventato un bisogno. Non c'era, tra i due, l'affetto che c'era tra i Moriarty; ma allo stesso tempo tra i due coniugi non c'era la stessa sintonia che c'era tra medium e scrittore. Erano due mondi distinti e separati: da un lato Sam aveva stampato a fuoco il ricordo di una vita che non avrebbe più riavuto indietro e un sorriso dolce che si offriva di aiutarlo a superare anche quella; dall'altra aveva la possibilità di dimenticare ogni problema e, almeno per un paio di ore, vivere smettendo di vestire i panni di Samael Moriarty. Due debolezze a cui Sam, esattamente come l'alcol, non riusciva a rinunciare.
    Non avrebbe mai lasciato Ake perché, nonostante tutto, a modo loro, si amavano, e Sam amava il loro figlio e diamine, si era affezionato persino alle ragazze; ma non avrebbe nemmeno voluto rinunciare alla pace mentale che riusciva a trovare quando stava con il Monrique.
    Né avrebbe rinunciato al torpore donato dall'alcol — ad ognuno i propri maledetti coping mechanisms. Aveva bisogno di tutte e tre le cose per andare avanti, ed era abbastanza egoista da non rendersi conto di quanto sbagliato fosse nei confronti di tutti, Ake per prima.
    La stessa Akelei che, seduta accanto a lui, aveva affondato a sua volta il viso tra le mani e aveva mormorato un «mi serve un bicchiere di vino» al quale Sam aveva risposto, prima ancora di rendersene conto. «anche a me» una necessità impossibile da negare, nonostante sentisse lo stomaco sottosopra per tutti quelli bevuti alla festa — se avesse avuto una bottiglia di Jack tra le mani, in quel momento, avrebbe fatto fuori anche quella senza battere ciglio.
    Ma Ake non si mosse per andare a prendere il vino, e Sam non si fidava abbastanza delle sue gambe per fare da sé. “Niente vino quindi”, pensò distrattamente, alzando la testa e posando lo sguardo sulla moglie. «di cosa stai parlando?» eh, si stava giusto domandando la stessa cosa — con l'aggiunta di un doveroso perché ne stai parlando. Non avrebbe voluto, non avrebbe dovuto.
    Così come non avrebbe dovuto rispondere alla domanda di Ake, ma lo fece. «lui chi? ramon?» Annuì lento, occhi fissi sul profilo della bionda ma mente nuovamente rivolta al Monrique. Dopotutto, poteva andare peggio, pensò — c'era sempre qualcosa ben peggiore nascosta nell'angolo, in attesa di colpire.
    «sam, non dirmi che- non lo faresti, vero?» A quel punto sospirò, reclinando la testa e poggiandola sui cuscini del divano alle sue spalle. Davvero Ake lo reputava una persona che non fosse in grado di fare una cosa del genere? Lo credeva una così brava persona?! O voleva solo proteggere se stessa, con quella speranza?
    Socchiuse le palpebre, passando entrambe le mani sul viso. Nonostante la sbronza, sentiva di avere un minimo di controllo in più sulle proprie parole, ma non abbastanza da filtrare l'ennesima verità e trasformarla in una mezza bugia — ora che il vaso di Pandora era stato scoperchiato, non c'era più motivo di mentire. In qualche modo, Sam si sentiva sollevato.
    «sì, parlo di Ramón» di chi altri, sennò? dei fantasmi (non metaforici) del passato, avevano smesso di parlarne entrambi da un pezzo — ma Sam li teneva ancora molto vicini al cuore, specialmente uno. Un sorriso amaro si allargò debolmente sulle labbra secche, il profilo si una risata poco sentita a scivolare impudente fuori da esse: rideva di se stesso, Samael, e della persona miserabile che era diventato. «e invece» l'aveva fatto. E rifatto. E rifatto ancora. «è stato uno sbaglio,» era ancora sotto l'effetto della pozione sciolta nello champagne, non poteva mentire; ed era abbastanza sbronzo da non riuscire a tenere a bada, o coerenti, le parole, «sbagliare è umano...» ma perseverare era diabolico.
    Lasciò scivolare le mani fino a posarle sulle cosce, ma non si azzardò ad allungarle in direzione della moglie — non gli sembrava il caso. Perché temeva che se avesse cercato conforto in lei, Ake glielo avrebbe dato: e Sam non voleva – ne meritava – di essere perdonato. «mi dispiace-» abbassò la testa, provando ad incrociare comunque lo sguardo chiaro di lei, l'ennesima verità a scivolare sulla lingua senza possibilità di fermarla «-di non avertelo prima» non di averlo fatto «ho pensato molte volte di farlo, ma non ho mai avuto il coraggio» verità, verità, verità: tutto quello che Sam stava dicendo, era sincero. Ma non per questo meno fucked up. «troppo alcol deve avermi sciolto la lingua» e la pozione, poi, aveva fatto tutto il resto. «ma-» scosse la testa, stanco e a corto di parole. Cos'altro dire, a quel punto? Che non cercava in lei il perdono? Che avrebbe capito, se non avesse voluto concederglielo? Che quel matrimonio si reggeva già su pilastri poco saldi? Cosa??
    Non lo sapeva, perciò non disse altro: aveva già detto abbastanza, forse anche troppo, e mai, neppure una volta, aveva davvero chiesto scusa ad Akelei.
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4 replies since 5/7/2022, 15:07   216 views
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