Posts written by parasomnia

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    CITAZIONE
    Da quando era finita la guerra, la vita di Yejun aveva preso una piega inaspettata... soprattutto contando che era appena... finita... una guerra.

    ma la smettete di farmi ridere da sola. yejun
  2. .

    lydiahadaway
    Avrebbe dovuto immaginare che sarebbe stata una lunga, lunga giornata, quando quella mattina, mettendo piede all’interno dell’ufficio del Quinto Livello, aveva trovato Nathaniel Henderson già seduto dietro la scrivania. Evento più unico che raro, se non si consideravano le volte in cui lo trovava addormentato dalla sera prima – capitava i primi tempi, quando quel livello era tutto nuovo, e gli ultimi, quando tutto era cambiato. Aveva un’espressione… particolare. Pensosa. Funerea, con il pugno chiuso sulle labbra, e seri occhi azzurri puntati su qualcosa di fronte a sé. L’unico segno che diede di averla sentita entrare, fu alzare un indice nella sua direzione ed intimarle di avvicinarsi. Lydia non era preoccupata. Sapeva riconoscere i mood di Nate, e difficilmente quando la situazione era critica, la accoglieva con quella negatività – il contrario, piuttosto. A probabilità, o Costar aveva previsto un terribile anno nuovo sul fronte relazionale, o la sua fanfiction preferita era andata in hiatus.
    «orsi»
    Corrugò le sopracciglia, Lydia.
    Nathaniel scosse il capo, la lingua a schioccare contro il palato. «orsi, lydia. Polari. E un pinguino. Apprezzo l’inquadratura – pensi mi abbiano photoshoppato? Non mi sento photoshoppato. E la colorazione porta in risalto i miei occhi. Slay! – ma orsi. L’anno scorso, avevo lo squalo. Quest’anno, winnie the pooh albino» Nathaniel intrecciò le dita sotto al mento, osservando distratto un punto nel nulla cosmico. «dove ho sbagliato» Seguì la direzione del suo sguardo verso il calendario posato sulla scrivania. Aveva bisogno di almeno un altro tè prima di affrontare quella che immaginava sarebbe stata una lunga, intensa, discussione dove avrebbero smontato pezzo per pezzo la composizione di quell’immagine, cercando e trovando un senso che andasse a genio all’Henderson e placasse i turbamenti del suo ego. Provò ad iniziare con un «nuotano molto veloci» perché gli sembrava una caratteristica di cui andare fieri, e «hanno la lingua blu» perché era particolare ed interessante, qualità che sapeva Nate apprezzasse.
    «sai chi c’è dopo di me? Alister. Alister black, lydia» Nate puntò un indice sulla foto, osservandola con un’offesa così palese, che sentì sulla punta della propria lingua il bisogno di scusarsi in vece di chiunque avesse commesso quel vile atto. «è un affronto personale. La gente non vorrà neanche vederlo il mio mese, per passare a quello successivo – e non ho problemi di autostima, so di essere bello. Ma Alister!» Si dissociò per il resto del monologo, preferendo sfogliare il resto del calendario. Solo quando arrivò alla fine, provata da quell’esperienza, alzò gli occhi verdi sull’Henderson. «direi che sei stato fortunato» c’erano immagini, e perché quelle di Jack, Elias e Aidan, che non sarebbe riuscita a cancellare dalla propria mente neanche con un oblivion. Ne seguì una lunga pausa riflessiva da parte di entrambi.
    «già che sei in piedi, prendici un tè. Poi analizziamo il pinguino. Quanto te ne intendi di pinguini? Mi sembra un pinguino imperatore, ma ho bisogno della mia lente …..»
    Una lunga. Giornata.
    Decise che il tè meritava di prenderlo fuori da lì – valeva come commissione lavorativa – ma avrebbe dovuto immaginare che l’Henderson non fosse l’unico sconvolto dall’uscita di quella mattina. Ogni anno, seppur con protagonisti diversi, era la stessa storia. Chiunque fosse l’artefice di quella raccolta fondi, doveva davvero avere un gusto particolare per il caos; in parte, non poteva che apprezzarlo. Si chiese se non fosse il Ministro stesso. Fu per puro caso che rimase incastrata nella conversazione fra la Lovecraft e quello che, dalla divisa, doveva essere un Pavor. Per errore, al «Una cosa del genere è inammissibile, chi ha creato una cosa del genere?» del Capo della Censura, ne incrociò lo sguardo.
    Murphy le aveva spiegato che le interazioni con le persone funzionavano come nel gioco dei Pokèmon: se li guardavi, eri obbligato ad intervenire, e la conversazione potevi solo skipparla velocemente, ma senza poterla evitare. Tentò un flebile sorriso di circostanza a labbra unite, abbassando lo sguardo sul calendario e rialzandolo sui due.
    «è per una buona causa» tentò, perché era vero. Le malattie veneree continuavano ad essere un problema perfino nel ventunesimo secolo, ed i fondi non bastavano mai. Dato che ormai era navigata nell’ambito, accennò al volto del pavor sul calendario, passando poi l’indice verso il viso del ragazzo in carne ed ossa. «ci sono delle differenze. Piccole, ma ci sono. È indicato solo il nome, che è piuttosto comune, ed il livello del ministero. Le foto sono abbastanza modificate da non permettere alcuna mossa legale» erano già troppe parole tutte insieme, e le rimpianse non appena le ebbe pronunciate. Scosse il capo, sollevando un’occhiata di scuse sulla quasi collega – a giorni alterni, in quanto Lydia, oltre ad essere assistente di controllo poteri, era anche storiografa, lavoravano nello stesso dipartimento. «può sempre dire che sia sua cugina?» Nei film funzionava.
    annie b.storiografaa. controllo27 y.o.

    every social interaction i initiate
    feels like i've violated like 15 untold rules
    gif credit: rogerdeakinsdp.tumblr.com/
    ms. atelophobia panics at a lot of places beside the disco
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    whojoe king
    rolesto con papà
    outfitdress & pettinato
    info22 y.o. + st mungo
    infokeeper + akerrow's baby
    Si sistemò di fronte a Ty, lisciando lento le inesistenti pieghe della giacca del suo accompagnatore fingendo l'altro non sembrasse desiderare essere ovunque eccetto che lì. Qualcuno avrebbe potuto pensare che Joe King stesse prendendo tempo prima di salire i gradini che l'avrebbero portato sull'altare al fianco di Renée, Barry, Ellis e William Barrow; quel qualcuno, avrebbe avuto ragione. Non era da lui essere nervoso, ma non poteva fare a meno di sentirsi un intruso. Un impostore, con il sorriso ad allargare le labbra ed un braccio allungato sulle spalle di fratelli che fino a qualche mese prima neanche sapevano della sua esistenza, tutti imbellettati per il matrimonio dei genitori che in un altro tempo l'avevano cresciuto dandogli la possibilità di esistere in quel momento.
    Battè le ciglia, deglutendo denso. Rimbalzò da una guancia all'altra la piccola pastiglia bianca, aspettando si sciogliesse e facesse effetto. Serviva solo a rilassarsi: ci voleva ben più di una pasticca prima che l'americano perdesse il senso di se stesso, purtroppo. Il suo corpo, come narrava la leggenda delle madri di Giada ed Elisa, si era abituato abbastanza da risultare pressoché immune.
    «sembri simpatico» asserì, sollevando pigro lo sguardo a cercare gli occhi scuri del cinese. Se vi state chiedendo perché fosse andato al matrimonio di mamma e papà con un perfetto sconosciuto che aveva risposto al suo annuncio, evidentemente non lo conoscete abbastanza.
    (Più facile dare la colpa al fato che ammettere nella sua vita non ci fosse nessuno che valesse la pena portare con sé; Joe era abbastanza imprevedibile da non fare sembrare quella mossa troppo assurda anche senza una motivazione.)
    «non farmi fare brutta figura, o mi tocca ucciderti» Sfoderò i denti in un sorriso divertito e ferale, occhi ridotti ad una ridente fessura blu, ed il palmo della mano destra alzato a schiaffeggiare gentile la guancia dell'altro; Taichi avrebbe fatto bene a credergli, perché Joe King non stava scherzando affatto. Gli darebbe dispiaciuto, forse, ma se necessario l'avrebbe fatto: il californiano era schiavo di qualunque cosa fosse in grado di schiacciarlo - alcool, droghe, furia cieca e dissoluta - e ben più che felice di lasciare ad altro di prendere il controllo.
    Non se n'era mai fatto un cazzo.
    Alleggerì la tensione con una risata; si sporse in avanti per posare le labbra sulla sua guancia come Giuda, fermandosi il tempo di spiare oltre le spalle dell'altro il resto degli invitati. Il Limore non reagí, forse temendo l'avrebbe morso; aveva ragione, quindi non lo corresse.
    Non conosceva un cazzo di nessuno. Anche su Bertie lo sguardo passò senza registrarlo, perché non l'aveva mai visto (vista?) nelle sue nuove vesti. Non era corretto da parte sua pensare che sarebbe stato meglio rimanere negli USA, ma una parte di Joe era terrorizzata da quello che implicava essere lì in quel momento: non era un tipo da impegnarsi, eppure stava promettendo di esserci per rimanere - come aveva fatto sul tetto di Edimburgo dicendo a Sersha che un tempo, Ronan, era stato lui. Voleva darsi quella possibilità; incastrarsi, se non in un pattern, perlomeno in un contorno preciso. Essere parte di qualcosa. Riavere la sua famiglia. Non gli era sembrato uno scambio eccessivo rispetto alla vita che aveva vissuto sino a quel momento, ma nell'istante in cui aveva incrociato l'espressione estasiata di William Barrow all'altare, due domande se l'era fatte. Strizzò i denti sul rimasuglio di pastiglia, spaccandola fra i molari, e si ritrasse con un passo indietro ed un sorriso.
    Si sentIva inadeguato.
    Un bugiardo.
    Se l'era cercata
    Aveva mentito, dopotutto, e per quale santiddio di motivo al mondo avrebbe dovuto essere accettato? Renée perlomeno aveva dalla sua una memoria storica che non poteva fare a meno di suscitare curiosità da parte del resto della famiglia, un buon motivo per tenerselo stretto, ma Joe King sul piatto non portava nulla che valesse la pena tenere. Voleva comunque essere lì. Abbastanza da restarci, nonostante il cuore stritolato fra lingua e palato ed una forzata posa rilassata. Abbastanza da fare i metri che lo dividevano dai fratelli, cercare lo sguardo di Sersha e trattenerlo per un po'; da sistemarsi al fianco di Barry, schiarirsi la voce, e dirgli «secondo te il bouquet contiene oppiacei?» prima di sorridere, e far atterrare infine gli occhi sul fratello maggiore, annuendo appena.
    Concedendosi di restare.
    Distolse l'attenzione solamente quando le prime note annunciarono l'entrata in scena di Akelei Beaumont, ed a Joe bastò l'espressione della madre per decidere che ne fosse valsa la pena, ed avrebbe continuato a farlo.
    Tutto quanto.

    Akelei Beaumont le aveva chiesto di fare da damigella al suo matrimonio.
    Lydia Hadaway batté le palpebre, incredula in quel momento - mentre la francese danzava al centro della pista con le braccia attorno al collo del neo marito - esattamente come lo era stata alla sua offerta. Incapace di scrollarsi di dosso la sensazione di stupore, e meraviglia, e delicatezza. Temeva che un qualsiasi respiro meno cauto degli altri potesse far rimpiangere la (sorella?) cacciatrice di quella scelta.
    Se fosse stata meno Lydia e più Annie, la Baudelaire cresciuta (e traviata) nell'ombra delle gemelle Beaumont, avrebbe compreso che se non si era (ancora) pentita dell'uomo con cui si era scambiata l'anello, lei si trovava in una botte di ferro - ma non era Annie. Non ricordava lo sguardo ferino di una giovane Akelei sfidarla a seguire lei e la sorella nel buio della campagna francese oltre il coprifuoco; non ricordava la brace rossa della sigaretta che Ivy le aveva messo fra le labbra dicendole che lo facevano tutti quand'era stata troppo malleabile per crearsi da se una personalità - quando aveva voluto piacere ad entrambe un po' troppo.
    Ma ci stavano provando comunque, perché erano state famiglia, ed a loro modo, potevano provare a tornare ad esserlo. Era orgogliosa di essere a quella celebrazione, di aver assistito alle promesse, di essere stata presente al sorriso di Akelei quando erano stati annunciati marito e moglie. Quando aveva avuto l'audacia, perché di altro non si poteva trattare, di distogliere lo sguardo dalla Beaumont, era stato per posarlo su Arci, la mano allungata a cercare quella del fratello - sapeva che per lui, che Akelei l'aveva conosciuta prima di scoprire fosse un Baudelaire, quell'invito avesse il sapore più intimo dei sospiri stanchi della panetteria, piuttosto che di memorie perse ed appannate; sapeva di qualcosa di reale che era stato prima ancora di esserlo davvero - e sorridergli felice. Per cercare nella folla la testa corvina di Nathaniel, la prima famiglia di Lydia, perché avere l'Henderson al proprio fianco la faceva sentire più concreta e presente. Non glielo avrebbe detto, perché non aveva bisogno di farlo, ma voleva fosse fiero di lei e di dove fosse arrivata; che sapesse lui facesse parte della sua famiglia comunque, radicato in ogni paio d'occhi alzati al cielo e respiri profondi.
    E per cercare Jay, perché non si sapeva mai, rilassando le spalle solo quando lo trovò fra gli invitati.
    Non aveva neanche bisogno del vino per essere felice.
    Ma torniamo alla festa, che era esattamente quello che si era aspettata conoscendo gli organizzatori: un misto di eleganza (la locheschion) ed assolutamente inappropriato (la musica). Lydia lo adorava. Pensò, nell'angolo occupato in uno dei tavoli disposti sotto il gazebo, che finite le danze della sposa avrebbe potuto approcciarla per delle tartine, o bere qualcosa insieme? Non era il tipo di persona da intavolare conversazioni dal nulla, ma le sarebbe piaciuto ritagliarsi un pezzo di storia di quella serata di cui fare parte.
    Pensò anche di essere troppo sobria per racimolare il coraggio. Giocherelló nervosamente con i ricami del completo - l'aveva preferito al vestito, più nelle sue corde - rimbalzando lo sguardo da uno all'altro delle sue tre ave Marie personali per assicurarsi che ci fossero ancora (non così scontato) e che fossero lucidi e sensato (assolutamente non scontato, per niente.) finendo poi per decidere che se doveva testare le acque delle sue (inesistenti) social skills, tanto valeva farlo con uno degli ospiti.
    Si schiarì la voce, attendendo il momento di silenzio per inserirsi nella conversazione.
    Attendendo.
    Ed attendendo.
    Piegò le labbra in un sorriso. Forse Dylan non avrebbe mai smesso di parlare. Forse andava bene così, dai. «vino?» offrì solo, giusto perché mi serviva il parlato.

    Rolling up our golden dreams
    Stare me down and I just lean back
    Never fit in, got that feeling
    Follow that sound, no time to sleep
    when3 september 2023
    avignon, provencewhere
    board'till death do us part
    on the line
    nights riot
    wholydia hadaway
    rolesto con sis
    outfitdress & hair
    info27 y.o. + nate's babysitter
    infobaudelaire + damnatio


    sapete cosa fanno? niente esatto.
    Joe E ancora al matrimonio pensate. un po' fatto. parla con ty e i vari cavalieri

    Lydia è per qualche mistico motivo seduta al tavolo con Dylan e offre del vino perché questa è la persona c+3 E. baci
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    Clover the Girl
    Oh no, it ain't so easy feelin' crazy all the time
    «l'unico ambiente che frequentiamo tutte e tre, è il ministero, no?»
    Spostò lo sguardo su Jane - Nice, Lydia; Nice - osservandola con un misto fra ovvietà e confusione. Sì che lavoravano tutte e tre al Ministero, ma in reparti diversi – Fitz non era neanche al loro piano – e come loro, altre centinaia di dipendenti. Lo trovava un denominatore comune piuttosto misero, ma in una situazione come quella, valeva la pena prenderlo in considerazione.
    Anche se continuava a pensare fosse altro. Di certo non credeva il motivo fosse la loro bellezza – aveva sorriso a Nikita perché l’aveva sempre trovata divertente, ma per un breve istante aveva provato il violento impulso di darle una testata e chiederle che potesse, gentilmente, prendere sul serio la questione – ma qualcosa di altrettanto stupido, perché no? Erano capitate cose più strane e per i motivi più disparati. Il fulcro della questione era che per trovare una soluzione avrebbero dovuto cercare di dare un ordine a quel caos, incastrarlo in parametri specifici, ma la Hadaway aveva la sensazione che il ritrovarsi evanescenti in un giorno qualunque della settimana, fosse assolutamente randomico. Un tiro di dadi andato male, un effetto collaterale di qualcosa d’altro che, fra tutta la popolazione magica, aveva colpito loro per mera, antica e sempre verde, sfortuna. Spinse le labbra da un lato, distogliendo lo sguardo dal medium concreto per portarlo su un punto oltre le sue spalle. «un incantesimo sarebbe troppo specifico. E complesso. Richiede volontà da parte di chi lo casta, e nella maggior parte dei casi – soprattutto quelli in cui il risultato è così personale – perlomeno la presenza di incantato e incantatore nella stessa stanza» spiegò a Fitz, ma anche a se stessa: riflettere ad alta voce, e con altre menti in ascolto, aiutava sempre a trovare una scappatoia. L’errore nel sistema. Se Ictus non avesse potuto vederle, avrebbe banalmente creduto in un trucchetto da proiezione astrale: essere fantasmi cambiava le carte in tavola, e non a loro favore. Il loro corpo non era morto, ma forse in… stasi…? Sospeso su qualche altro piano spazio – temporale…? Corrugò le sopracciglia, la lingua ad umettare le labbra. «l’ipotesi più probabile è che di qualunque cosa si tratti, sia a tempo. Ventiquattro ore?» piroettò sul posto, tornando a guardare Ictus – l’unico, fra loro, che poteva comunicare con il resto del mondo. «la chiaroveggenza è troppo imprevedibile. Potresti provare a cercare un cronocineta…? così che faccia un saltino avanti e vedere come evolve la situazione. Magari dobbiamo solo aspettare, ed un manipolatore del tempo potrebbe darci la conferma di cui abbiamo bisogno» schioccò la lingua sul palato.
    sooner or later you're gonna tell me a happy story. i just know you are.
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    Clover the Girl
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    «Non Jane. Nice. Mi sono svegliata così, stamattina.» E sapete che c’era? Che si arrivava ad un punto della vita in cui frasi del genere non stupivano più. Nice si era svegliata con la faccia di Jane? Tutto nella norma, nulla da vedere, andiamo avanti. Lydia annuì come se avesse senso (non lo aveva) labbra strette fra loro, e sguardo ad indugiare sulle spalle traslucide dell’elettrocineta. Andava tutto bene.
    «...siete... non-morte anche voi?»
    Tutto. Bene. Spostò gli occhi nocciola su Nikita Fitzgerald, la medium del gruppo, e nel rendersi conto fosse nelle loro stesse condizioni, rimase a fissarla senza alcuna micro espressione. Aveva bisogno di un breve momento di buffering per decidere come prendere quella consapevolezza, e cosa farsene di quell’informazione. «Immagino. Non mi sembra di essere morta.» Era il momento in cui le diceva che molte persone morte non sapevano di esserlo, o quello in cui voleva credere in un peculiare riassetto del sistema, e si aggrappava al proprio ottimismo biasimando un qualche peculiare fenomeno astrologico e metafisico? «siamo qualcosa» proiezioni astrali, forse? Mosse qualche esitante passo all’interno della stanza. Era l’adulta della situazione, e quello il suo lavoro: doveva almeno fingere di sapere cosa stesse succedendo. «ha aperto qualche negozio di scherzi ultimamente? O… incidenti da magie sinister. Non escluderei una… perdita» di cosa? Magia, anche se non era certa in quale forma.
    O come fosse possibile. Avrebbe semplicemente dato per scontato lo fosse per semplificare il lavoro di un’attiva ricerca della soluzione. «curioso che sia successo a tutte e tre, no? Quale potrebbe essere la discriminante?» La sfiga. Vecchia, antica, sfortuna. Ci pensò comunque sul serio, perché poteva esserci un fondo di verità. Non aveva fatto nulla di diverso dal solito, eccetto «di recente, ho comprato un mazzo di tarocchi in uno dei mercatini di natale di hogsmeade» reclinò il capo sulla spalla, lo sguardo a rimbalzare dall’una all’altra. Erano state fregate da qualche burlone di passaggio? (KOSMO SEI TU?)
    Comunque. Se Fitz era come loro, non restava che provare con Idem. Non erano molti i medium in circolazione, e certo non sarebbero andati fino ad Hogwarts per chiedere ad un ragazzino proveniente dalla California di un secolo prima se sapesse -
    «C-ciao, scusate… La porta era aperta e… pensavo…»
    Niente. Non importava. Andava tutto bene.
    «benedictus» salutò, abbozzando un sorriso gentile. «stavo giusto pensando a te» non vedeva motivo per dirgli che non fosse nulla di lusinghiero. Non una questione personale, le piaceva il mini special, ma era ancora… inesperto. Giovane, e traviato da una vita a Bodie nel Novecento. «puoi vederci tutte e tre? Senti di poterci controllare?» se loro fossero state davvero fantasmi, in qualità di medium, avrebbe potuto farlo. Il fatto che potesse vederle, era già preoccupante, ma Lydia – che quel mattino doveva essersi svegliata particolarmente ottimista – voleva ancora sperare non fossero completamente spettri, e di conseguenza manipolabili.
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    Un sospiro fu l’unico segno che Lydia Hadaway fosse provata. Non aveva bisogno di molto altro per esternare i propri sentimenti, soprattutto quando alla oramai veneranda età di ventisei anni, non riusciva più a stupirsi di nulla: un soffio di fiato arrendevole, palpebre abbassate e la lingua premuta sul palato.
    Non aveva una lunga lista di persone da biasimare per le proprie sfortune, ma qualcuno c’era sempre: Jayson; Nathaniel. Le era capitato così di rado di dover incolpare se stessa, da non essere certa di come sentirsi in proposito. Socchiuse gli occhi, lo sguardo bosco a scivolare sul mazzo di carte ancora aperto a ventaglio sul tavolo della cucina. Si soffermò sull’unica girata, accusandola con uno schiocco sul palato, e sospirò di nuovo, perché a girarla era stata lei.
    Dubitava che gli eventi fossero connessi. Ma poteva escluderlo? Eh.
    Si era detta che comprare un mazzo di tarocchi, fosse una buona idea. Che avrebbe potuto studiarne i significati, così da essere preparata al prossimo rant di Arci sugli Amanti al contrario o qualunque cosa fosse capitata alla lettura della settimana, perché malgrado fossero passati anni e non fosse insicura come un tempo, ancora tendeva a volersi conquistare l’affetto del fratello - a meritarlo. Non aveva molto da offrire, ma poteva almeno provare ad andargli incontro. Compromessi per tutti gli anni persi.
    Oppure no, visto che si era svegliata in quelle condizioni. Quali, vi chiedete? Beh. Non solo quelle in cui rimaneva abbastanza a lungo da guardare Jayson cercare di convincere Tupp e Cash che la Helius fosse divertentissima e sì, Tupp, le scarpe devi metterle, o quelle in cui lo sentiva cantare Taylor Swift perché Gwen aveva insegnato tutte le parole ed entrambi i bambini ed era l’unico modo per distrarli e fargli preparare la cartella – no: nessuno poteva vederla o sentirla, e lei poteva passare attraverso le pareti. Lydia Hadaway era ufficialmente, concretamente, diventata, quello che per quasi una vita si era sentita di essere: un fantasma.
    Avrebbe fatto ridere, se non avesse fatto riflettere.
    Non si era fatta prendere dal panico. Perchè avrebbe dovuto? Poteva non avere né un piano né una soluzione, ma aveva delle idee, e prima di contemplare l’esistenza osservando un punto nel vuoto fino a che qualcuno non l’avesse risolta per lei, poteva provarci. Sarebbe stato più semplice se avesse potuto smaterializzarsi? Sì, ma di cose semplici non ne aveva mai avute, e non si era aspettata nulla di diverso da una giornata iniziata così.
    Ecco perché, dopo un lungo ed estenuante periodo d’attesa per riuscire ad entrare a Diagon Alley, arrivata a New Hovel si stupì nel notare che Jane la stesse guardando.
    Battè le palpebre. Era traslucida anche lei? Si guardò attorno, labbra curvate dubbiose verso il basso. Si era recata al quartiere magico degli special perché era il posto più papabile dove trovare qualcuno che potesse vederla – oltre ai medium, su cui aveva molti dubbi perché non era morta, c’erano illusionisti e chiaroveggenti – ma non si era aspettata… Jane. Elettrocinesi? Riusciva a vedere l’energia elettric… ah no, niente, era appena passata attraverso un muro.
    Tutto nella norma.
    «ciao jane. a te capita spesso?» non si sapeva mai.


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    beh. il prompt sopracitato e bonus
    CITAZIONE
    22) [ON] un mazzo di tarocchi incantato: oltre a leggere il futuro, alcune delle carte hanno un effetto magico minore per chi le pesca durante la lettura, effetto che si attiva da subito, a un'ora da quando è stata pescata la carta e dura poi per un'ora (ad esempio pescando gli innamorati al dritto sarà come aver preso dell'amortentia, con la ruota della fortuna al contrario si sarà sfortunati ecc)
  7. .
    «Un.... libro.... per young adults. In realtà devo ancora definire bene alcuni dettagli, e devo risolvere alcuni punti della trama che rimangono un po’ incerti e privi di senso....sto aspettando l’ispirazione giusta che faccia finire tutti i tasselli del puzzle al proprio posto.»
    Che… non era una risposta. Lydia la osservò un’altra manciata di secondi in attesa di una spiegazione che non arrivò, ed essendo nella parte introversa dello spettro MBTI, strinse le labbra fra loro ed annuì. Era delusa dalla risposta? Sì, ma non abbastanza da premere sull’argomento: rispettava le scelte altrui a non pressare, lei. Se avesse voluto risponderle, d’altronde, l’avrebbe fatto la prima volta, senza bisogno che Lydia insistesse. «sembra interessante» non potè trattenere però il remark sarcastico, perché in fondo – molto in fondo – era pur sempre Annie Baudelaire. Accennò un sorriso divertito, lasciando intendere che avesse capito fosse una replica campata per aria, e andasse bene lo stesso. Se preferiva parlare di lavoro, così fosse. «Uhhh, interessante! E quale dei due preferisci? Sono lavori abbastanza diversi tra loro!» Non dovette pensare alla risposta, forse perfino più naturale del semplice atto della respirazione. Non aveva molte certezze (l’eufemismo del secolo.) ma quella lo era. «l’assistente» se sperava di avere risposte più dettagliate, aveva sbagliato pg di Sara, perché lei non era in grado di argomentare. Cosa avrebbe dovuto dire poi, a una perfetta sconosciuta? Che amasse il suo lavoro perché adorava Nathaniel? Che le piacesse sentirsi utile, e provare a fare la differenza? Che gli special meritassero più considerazione di quella che veniva loro data, perché erano comunque persone -e perlopiù terrorizzate, per dirne una- ? Probabilmente sì. Quello era esattamente ciò che avrebbe dovuto dirle.
    Ma lo fece? No, esatto. Bravi!
    «Magari è solo il panorama sbagliato» Per dipingere un quadro sicuramente sì. Per cercare di ricordare qualcosa di quando ne era stata paziente? Inarcò le sopracciglia verso la scrittrice, guardandola con palese scetticismo. «hai provato l'ipnoterapia? conosco persone che si sono rivolte a degli Psicomaghi per recuperare memorie perdute o semplicemente sopite... con loro ha funzionato.» Passò la lingua sull’arcata superiore dei denti, maledicendosi per aver parlato troppo. Faceva ridere, considerando che aveva detto in tutto dodici parole, ma anche riflettere. «dicono sia pericoloso forzare memorie perse. È altamente sconsigliato» chissà che amici aveva (spoiler: nessuno, in effetti. Ciao Zip!). «speravo uscissero…...da sole……..» si rendeva conto, ammettendolo ad alta voce, di quanto stupida ed ottimista fosse stata. «una volta ho provato con una cronocineta» bisbigliò, più a se stessa che ad Agnes, per ricordarsi che ci avesse provato a spiare nelle proprie memorie; non era andata benissimo. «ma è stato un errore mio. Non avrei mai dovuto chiederglielo» ad Ashley poi, che era pure già mezza andata di suo (bacini Ash). «non importa, davvero. È stato...superficiale da parte mia pensare che venire qui avrebbe risolto qualcosa» aveva vissuto senza Annie per anni(e. Haha), era evidentemente destino che continuasse ad ignorare la Questione. Non una gran perdita, a quanto narrava la leggenda. E visto che Lydia era come Sara: «almeno posso dire di aver tentato» e fine, la questione era chiusa lì, era il momento in cui chiudeva nel cassetto la questione Annie Baudelaire, e viveva di racconti degli altri.
    … quindi avrebbe dovuto parlare con Akelei? Il solo pensiero le metteva i brividi, per diversi motivi.
    «penso che me ne andrò. tu rimani?»
    "i keep saying it is what it is but like... what is it"
    - lydia hadaway, 26
    now playing: to the grave
    I was feeling empty,
    a feeling with uncertainty
    I couldn't be left inside a room with me
    Now I believe running
    only gets you where you see

    SANDI FOR THE WIN NE CHIUDONO UN'ALTRA?????????????????
  8. .
    yolo. acab. che ci frega. dico tre
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    (Sara) Lydia aveva visto abbastanza video di coccodrilli vagare senza una preoccupazione nei giardini degli ignari inquilini dell’Australia, da non dover aggiungere altro all’orrore mostrato da Agnes: come narrava il saggio, era tutto vero.
    … Senza contare che non fosse brava con le chiacchiere, fossero esse superficiali o meno, quindi non avrebbe aggiunto nulla in nessun caso. Per quanto la riguardava, e per quanto l’avrebbe detestato, avrebbero potuto rimanere in silenzio di lì all’eternità necessaria ad esplorare i laboratori. Il fatto che la bionda sembrasse voler parlare per entrambe, purtroppo, non la faceva sentire meglio. Inadeguata, piuttosto, era la parola corretta, ma ci aveva fatto l’abitudine, ed ormai quella parte di sé occupava solo un quarto delle sue preoccupazioni generali nei confronti dell’esistere. «ma i topolini sono carini, daiiii» sorrise a labbra strette. «a qualcuno devono pur piacere» replicò pacata, perché tacere all’entusiasmo della Humphrey nei confronti dei roditori le sembrava maleducato, ma non poteva condividere. Avevano la….coda. Lunga. Nuda….. ew. Immaginava che al mondo ogni forma di vita avesse qualcuno che la apprezzasse.
    Molto filosofico. Se lo annotò mentalmente per la correzione bozze delle ff di Nate.
    «Ma mi sono trasferita per lavoro, sono una giornalista sp-» Agnes si fermò.
    Lydia, non da meno, si fermò di scatto, abbassando lo sguardo sul pavimento per cercare topi, perché su quello si era buggata. Nel constatare che di vivo ci fossero solamente loro due, alzò interrogativi occhi verde bosco sulla compagna. «investigativa.» Uh? Era la pausa drammatica? Annuì lentamente, invitandola a proseguire, chiedendosi solo marginalmente il perché dell’espressione quasi sorpresa. Al contrario di molti altri pg di sara, Lydia si faceva davvero i fatti suoi, senza farsi troppe domande come sara al cnos. Aveva scoperto si vivesse meglio. «Attualmente, però, sono alla ricerca di ispirazione per il mio prossimo romanzo.» [TRIGGER] HER TIME TO RISE AND SHINE! Su quell’argomento, perlomeno, era informata! Aveva delle opinioni! Delle reference! Delle idee! Il sorriso le illuminò lo sguardo, forse per la prima volta da quando era iniziata quella conversazione. Neanche le interessava che c’entrasse come pizza e fichi con il fatto che fosse nei Laboratori, e che l’accesso avrebbe dovuto essere riservato. Non un suo problema. «che tipo di romanzo?» Era troppo presto per proporsi come beta reader? O per fare le bacheche? Era una pro ormai, eh. «Tu invece cosa fai nella vita, Lydia?» Pena, principalmente, ma avrebbe evitato di dirglielo in favore di quella che avrebbe potuto essere, ottimisticamente, la nascita di una delle rarissime amicizie di Lydia Hadaway, le quali al momento attuale contavano solo Shot, Murphy e Sin.
    Che amarezza. «storiografa» nel suo tempo libero, ma soprattutto «e assistente di nathaniel henderson» detto con leggermente più entusiasmo, gli angoli del sorriso ad ammorbidirsi. Era stato, ed era ancora, una delle esperienze più strange forti della sua vita, ma non l’avrebbe cambiata per nulla al mondo. Le aveva permesso di crescere come persona; le aveva dato uno scopo, le aveva dato Nate. Un collega, un amico, una famiglia. «amministratore special» chiarì, senza mostrare il dubbio che invece assaliva Sara perché non ha idea di quale sia la Vera Nomina di Nate. «insegna controllo poteri a Hogwarts» si indicò, proseguendo nel corridoio ma senza guardare realmente ciò che la circondava. Le era bastato mettere piede nei Laboratori, per perdere la vana speranza con la quale vi aveva fatto accesso.
    Non ricordava quel posto. Non le sembrava di esserci mai stata. Neanche un minimo, appena accennato, segno di deja vu. «non è stata una buona idea venire qui» ammise in un filo di voce, arrendendosi all’ennesima, inutile, svolta. Umettò le labbra, socchiudendo le palpebre prima di stamparsi un sorriso sulle labbra. «forse dovrei cambiare strategia?» tono interrogativo more like supplica a farsi dare una mano da una perfetta sconosciuta a fare qualcosa di più utile e funzionale.
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    APERTA LA FIDELITY DI NOVEMBRE!
    ― tempo per ritirare i PE fino alle 23.59 del 30.11.2022
    ― valgono i post scritti tra il 01.11.22 e il 30.11.22
    ― ogni nuovo gruppo comincia da 5PE
    novità:
    è possibile prendere i PE per un solo gruppo PE (o comunque, non per tutti quelli che si possiedono)!!
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    «Minacciano di ucciderti o rapirti molto spesso?»
    Lydia sorrise. Un sorriso mite, appena accennato, occhi verso il basso. Più si ripeteva quella domanda fra sé, più il sorriso si allargava, e nel giro di un paio di traumatici secondi in cui cercò di non pensarci e finì per pensare solo a quello, rise. Non era manco più una risata isterica, la sua. Arrendevole agli eventi della vita, fatalista, ma soprattutto sinceramente divertita, perlopiù. «a me no, effettivamente. Forse mi sento anche un po’ offesa in merito» sull’ultima parte, quasi sicuramente scherzava. «non sono davvero preoccupata all’idea di essere rapita. Diciamo che ho ...una specie di talismano» no, non avrebbe elaborato che il manufatto fosse la mera esistenza del Matthews; se doveva sparire uno dei due, secondo la legge di Murphy, sarebbe stato di nuovo Jay.
    Lydia Hadaway era in una botte di ferro.
    «Puoi raccontarmi di qualche episodio particolare?» Troppa scelta. Ampia scelta. Si concluse a scuotere il capo, un’espressione intenerita e triste ad ammorbidire la piega della bocca. «non è così divertente» e lì chiuse la questione, perché la Hadaway era una persona riservata, ed anche piuttosto noiosa. Inoltre, l’idea di affrontare un’intera conversazione con qualcuno o esibirsi in un monologo, le causava un certo :sparks: malessere :sparks: Un tempo era più divertente di così.
    ...Credeva. Le probabilità che fosse peggio, erano molto basse.
    Al lecito in che senso di Agnes, rispose con un mezzo sorriso. «non importa» e se non aveva riconosciuto il nome, non importava davvero. Meglio così, a dirla tutta. Poteva essere chi voleva.
    Poi accadde qualcosa. Non avrebbe saputo dire cosa, ma da qualche parte la quasi inesistente conversazione fra le due, era andata nel verso sbagliato, perché dal nulla la Dumphrey capì, e Lydia (tutti sconvolti a trattenere il fiato:) no. Perfino meno del solito. «mi hai fregata!» Ah… sì. L’aveva… fatto. Corrugò le sopracciglia, osservandola con educato smarrimento.
    Oddio.
    Era pazza, vero? Cioè, non uno dei suoi soliti casi umani… proprio fuori di testa. Sentiva le voci? Vedeva i colori? Cosa stava accadendo, aiuto. «haha… esatto….!» ????? distolse lo sguardo da Agnes, puntando tutto il proprio dubbio sulla propria ed altrui sanità mentale, sul pavimento.
    Pavimento: not impressed.
    «mh, stai cercando di rintracciare qualcuno?» QUELLA LA SAPEVA! L’entusiasmo di sapere una (1) cosa, le fece rivolgere un sorriso brillante alla sua interlocutrice. «sì! Sto cercando me stessa» che filosofa. Che dottrina esistenziale. Che profondità, in quel dei Laboratori. «penso di essere stata qui, una volta» ormai quel vuoto faceva abbastanza parte della sua vita, da essere naturale e scontato. Non avrebbe elaborato, perché per lei non c’era nulla da aggiungere, ed era perfettamente normale rivelare il proprio Oskuro Passato ad una sconosciuta incontrata – che caso! - lì. Alla peggio, si sarebbero entrambe prese per pazze, il che avrebbe creato un peculiare stato di equilibrio posizionando tutte e due nello spettro della normalità. non aveva senso. «duh, e collaborare con gli special?» eh. Eh, lo sapeva. Umettò le labbra, gli occhi verdi a scivolare sulle pareti del corridoio. Forse avrebbe dovuto iniziare a ...tamburellare...sulle pareti… alla ricerca di...conche segrete? Mannaggia, quello era proprio un lavoro da james bond Nathaniel.
    Anche un pensiero, da Nathaniel. Un solo neurone in due, e lo sprecavano così.
    « è meglio così» mormorò in un soffio, conscia che quelle parole avessero il retrogusto amaro del tradimento. Non erano parole da Regime; non era quello che il sistema si aspettava da lei.
    Restava comunque vero. Per quanto triste fosse vedere quanto ancora i maghi fossero poco inclusivi nei confronti degli special, era sempre meglio del periodo in cui li aveva visti combattere come cani in delle gabbie poco più grandi di loro; meglio ignorati, che usati ed uccisi. «grazie» del tutto sincero, ed anche un po’ confuso. Capitava così di rado (mai) che qualcuno si offrisse di aiutare, che...non sapeva che farsene, di quella disponibilità.
    Così rimase a guardarla. Per niente inquietante. «australia… allora sei una pro con i ragni» se Agnes l’avesse seguita, avrebbe iniziato a camminare per il corridoio, cercando un’altra stanza da setacciare. «cosa ti ha portato da queste parti? Invece dei canguri e i coccodrilli, abbiamo topi e blatte: non so quanto ne sia valsa la pena» e non so cosa abbia scritto perché ho molto sonno ma so che nel tuo cuore troverai la forza di perdonare Lydia.
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    Sarebbe stato fantastico, quasi celestiale, se quell’incontro fosse stato l’apice degli Episodi Eccentrici (capitalized so you know it’s true -cit) nella vita di Lydia Hadaway. Avrebbe riconosciuto quello scambio di battute per quel che era - un inganno - e trovato la bionda così fuori dagli schemi da non degnarla di una seconda occhiata. La buona, vecchia, Annie, l’avrebbe fatto. Lydia? Lydia era cresciuta a pane e Nathaniel Henderson, quindi le sembrava del tutto nella norma, e giustificata ad essere in un Laboratorio in disuso nel quale nessuno metteva piede da anni. Anzi, si sentiva più colpevole lei, pur conscia di aver ricevuto i permessi dall’Altissimo (Akelei o Dio, eravamo lì) e che avesse tutto il diritto di lasciare le impronte nella polvere di quei corridoi.
    «vengo in pace»
    Si limitò a sorridere a labbra strette, evidentemente a disagio nella (vita) situazione, consapevole che se avesse aperto bocca, avrebbe detto qualcosa di altamente culturale ed intenso tipo okay. Non era neanche certa se la reazione migliore fosse accennare una risata o arcuare entrambe le sopracciglia, quindi nel dubbio decise di non fare nessuna delle due cose limitandosi ad osservarla in silenzio. «ma figurati. Probabilmente non se lo ricordavano. Sai come vanno queste cose. scartoffie, burocrazia, bla bla bla.» Se il Sistema fosse stato più efficiente, quello sarebbe stato il momento della verità in cui la menzogna si smontava da sola, ma dato che quanto detto dalla bionda fosse tutto vero, non fece che confermare il suo alibi. Si strinse nelle spalle. «nessuno guarda davvero i permessi. Servono solo a dissuadere dal chiederli» sara @ ogni richiesta che potrebbe fare a lavoro ma non fa perché i moduli da compilare le fanno paura. Il sorriso si ammorbidì, in parte complice ed in parte sollevato. «curiosità. non lo siamo un po' tutti, infondo?» In un...laboratorio...dismesso… in cui… torturavano… persone…? Curvò gli angoli della bocca verso il basso, la testa leggermente reclinata sulla spalla. «nessuno concede permessi per curiosità. per quello ci sono i musei» poteva non ricordare di essere passata fra quelle mura, ma lì le avevano portato via tutto – memoria, bambini, una vita intera. Il pensiero che qualcuno ci andasse per curiosità, era raccapricciante, e la Hadaway non indossava la maschera politica che tanto piaceva ai suoi colleghi; solitamente, non ne aveva bisogno. «basta che non sei qui per uccidermi o rapirmi. Il resto non è di mia competenza» citando la frase preferita dei suoi compagni ministeriali.
    Ok. Era definitivamente un’intrusa abusiva.
    Lydia sospirò, perché non era quello proprio un classico della sua vita? Così tipico da far sciogliere ogni preoccupazione dai muscoli tesi delle spalle, perché non era lei quella che attirava pericoli pubblici – era Jay. Lo ribadiamo ai posteri. - lei era quella dei casi umani. Intascò perfino la bacchetta, mostrandosi disarmata ed inoffensiva. «lydia hadaway» si presentò senza offrire la mano, un sorriso stanco ma sincero. «o annie baudelaire. Scuole di pensiero» non capitava spesso che si presentasse con entrambi i nomi, ma d’altronde, non capitava spesso che si presentasse punto - e chi poteva saperlo, magari si erano conosciute, o aveva sentito parlare di lei. Il mondo era piccolo e strano. «non so cosa sto cercando...magari non è neanche qui» schernì, un sopracciglio ramato a scattare divertito verso l’alto, mantenendo l’espressione impassibile.
    Però, davvero. «fogli ritenuti di poca importanza? Nomi incisi nel metallo? Rubriche? Non ne ho idea. Immagino abbiano già preso tutto quando...» indicò l’ambiente attorno a loro, i passaggi dei Pavor ancora cristallini in ogni curva e linea del corridoio. «volevo solo assicurarmene di persona» si rabbuiò, il labbro inferiore schiacciato in parte sotto i canini. «dovevo venire con un medium. O un chiaroveggente. O un cronocineta» letteralmente chiunque eccetto se stessa. «non credo qualcuno al ministero l’abbia mai fatto» perché avrebbero dovuto collaborare con qualcuno d’inferiore, dopotutto? Nessuno faceva il lavoro bene quanto loro. Sure thing luv. «ne hai qualcuno in chiamata rapida?» lei sì, ma preferiva non coinvolgerli – e oh, magari la ragazza aveva conoscenze migliori.
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    e mi abilito anche perchè sono una donna indipendente !!!!
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    OMG! Ho trovato la figurina di sersha kavinsky!
    link role: con cigei
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    Deglutì, lo sguardo a saettare lungo il corridoio scarsamente illuminato del Laboratorio.
    Nulla.
    Sospirò a se stessa, e biasimò quella tensione alle maledette serie che Nathaniel la obbligava a guardare con lui – «perché sono formative. Per te, Lydia. Non hai affatto una cultura pop e ci fai fare brutta figura» - dicendo che non facessero paura, quando invece lo facevano eccome. Non che la Hadaway lo mostrasse mentre le guardava, no: aspettava che la puntata, o il film, finisse, prima di riempirsi di paranoie assurde e scattare ad ogni rumore, per poi costringere anche Jay a dormire con lo spiraglio di luce accesa dal bagno. Stava per tornare all’interno dell’ufficio, quando la testa bionda apparve da qualche porta più in là.
    Forse un gridolino gli uscì di bocca. Uno di quei versi stupidi che mai avrebbe immaginato potessero uscire dalle proprie labbra, e che invece la fecero sobbalzare sul posto afferrando il muro fino ad avere le nocche bianche. Strinse le labbra fra i denti, cercando di placare il battito in corsa del proprio cuore. Madonna santa. Mai più. Era troppo vecchia (ventisei anni.) per quelle avventure. «A parte noi due? Oh my, spero di no.» Lydia corrugò le sopracciglia, la testa reclinata sulla spalla. «melvin?» (doveva succ.) poi vide la bacchetta: nope, non Melvin. Fece scivolare lo sguardo dal catalizzatore magico alle mani alzate in segno di resa, arrampicandosi poi sul volto dai lineamenti morbidi e l’adorabile sorriso sulle labbra. Era bella. Le probabilità che la uccidesse, o la rapisse (di nuovo.) erano inverosimilmente molto più alte, perché… cosa ci faceva lì. Non sembrava un barbone. Era un barbone? «Mi dispiace averti spaventata. Credevo di essere sola.» Si trattenne dal dirle eh, anche io perché immaginava che a quel punto, dopo il breve strillo acuto che era rimbalzato per tutto il Laboratorio, doveva essere piuttosto chiaro. Ancora faticava a sentire le parole della ragazza, assordata da adrenalina e tachicardia. «nessun problema» borbottò, anche se lo era stato per il proprio provato muscolo cardiaco. Lydia tolse altri cinque anni dalla sua linea della vita.
    La dipartita scattava a breve.
    «non mi avevano avvisata ci sarebbe stato qualcun altro» abbozzò un sorriso, perché era Lydia, e non sapeva rapportarsi alle persone. C’era un motivo se lavorava con Nate (lui si occupava delle persone) e come storiografa (i libri non richiedevano interazioni particolari).
    E quindi.
    Come funzionava.
    Dovevano salutarsi, come le persone montanare, e andare ognuno per la propria strada? Dovevano scambiarsi convenevoli? Come… cosa… ugh. Si guardò attorno, valutando seriamente di andarsene e basta, ma alla fine si risolse a funzionare come un essere umano semi adeguato all’esistenza. «sei qui per….?» lasciò completare alla ragazza la frase. Fosse stata lì per qualche dipartimento particolare, l’avrebbe lasciata fare senza disturbarla (un sogno. Una favola) visto che fra livelli c’erano faide su segreti non da poco. Voleva stare sola Lydia, eh. Le piaceva fare le cose per proprio conto, senza nessuno ad alitarle sul collo.
    Ma quel posto era inquietante da morire.
    Accese la posizione sul telefono. Se l’avesse rapita, avrebbero saputo quale posto avesse visitato per ultimo. «stai...cercando qualcosa di particolare? Vuoi una...mano?» ?!?!?!?! chissà.
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386 replies since 22/12/2013
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