Posts written by bitch‚ what?

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    moka telly jr.
    I shoulda died at least a million times
    How am I still alive?
    Every night I'm fighting gravity
    And other things that could be
    When we kiss it tastes like razor blades
    When we touch, it's the same
    e siamo ancora qua, eh già.
    dopo un anno quasi preciso, un tempismo praticamente perfetto (così non devo elaborare niente!): il post giusto da scrivere a fine quest, con le ore contate (morti di fiPE be like) e nel bel mezzo del mental breakdown semestrale — di rob, non di moka. il telly ne aveva così tanti a distanza ravvicinata che ormai non ci faceva più nemmeno caso: fuck it we ball. gli occhi non gli si riempivano di lacrime in modo del tutto casuale e inopportuno, ma le strizzava così forte che a furia di comprimerle diventavano rabbia; grezza, nemmeno un po smussata agli angoli. c'era chi chiedeva scusa prima di ritirarsi ad urlare nei boschi, tipo le persone normo, e poi c'erano i moka di questo mondo che non davano alcun segnale dell'esplosione imminente.
    un ragazzo per bene in sano contatto con le proprie emozioni.
    «ce l'hai un letto, moka telly?» persino lì, con la mano di javi a solleticare i centimetri più sensibili del suo corpo e con un unico neurone rimasto ad affrontare la questione, lo special ebbe la forza, l'audacia! (letto con il tono di sanità mentale!) di sollevare un sopracciglio. per chi l'aveva preso, un senzatetto che dormiva sotto i portici in mezzo alle coperte? domanda superflua e risposta ovvia: sì. in fondo bastava guardarsi attorno, dedicare un istante al frigorifero tristemente vuoto, gli scatoloni abbandonati negli angoli con i vestiti ancora dentro. per non parlare del fatto che moka dormisse di rado, e questo javi lo sapeva bene.
    «hai così poca fiducia?» raggiunse la mano dell'uomo stringendo le dita attorno al suo polso, le spalle (ho detto spalle.) a sollevarsi appena. nemmeno per quella domanda serviva davvero una risposta. lo guidò nell'altra stanza senza mollare la presa, perché a conti fatti poteva sempre ripensarci javi; lasciarlo lì, con un palmo di naso e un'erezione da gestire non sarebbe stata poi una grande novità.
    been there done that, recitavano gli antichi.
    «visto?» con la mano libera mostrò il letto rifatto, le lenzuola piegate in modo così precisi che il dubbio se ci si fosse mai sdraiato diventava pericolosamente lecito «non dormo solo sulle sedie» avrebbe voluto si sentisse di più la vena di sarcasmo nella voce divenuta roca e asciutta, ma non poteva chiedere troppo a se stesso; gli piaceva giocare solo fino ad un certo punto, e quel punto l'avevano superato da un pezzo.
    ma poi che bel gioco, il loro — una cazzo di roulette russa.
    quando le dita si chiusero nuovamente sulla sulla maglia di javi, aggrappandosi alla stoffa, non lo fece per tirare ma per spingere, sapendo che alle spalle del maggiore il bordo del letto avrebbe attutito la breve caduta. e lo spazio tra le sue gambe moka se lo prese senza chiedere permesso, finalmente nel posto giusto al momento giusto. o l'esatto contrario, ma dipendeva dai punti di vista: quello di moka, dopo due mesi di tormento e desideri opprimenti a scavare nella carne e insinuarsi sotto pelle, era che non sarebbe potuto essere in nessun altro posto se non li; ginocchia a terra e dita impazienti a passeggiare sui fianchi dell'altro.
    una scena che sara vj aveva manifestato in modo egregio, ma a ruoli inversi e (si spera.) con un finale diverso.
    «javi» pericoloso, con quel papi a cercare di sgusciare tra le labbra dischiuse — certe abitudini erano dure a morire, ma moka sapeva essere forte. abbastanza da appoggiare i gomiti contro le sue cosce, il mento sollevato a cercarne insistente lo sguardo. il proprio sapeva fosse liquido, reso lucido da tequila e stanchezza in egual misura; sapeva che entrambe imponevano un rigido codice di condotta — la bocca non andava usata per parlare. il rischio era di esporsi un po troppo, rendersi vulnerabile.
    non gli era mai passato per la testa di offrire volontariamente il fianco alla lama di un coltello, fino a quel momento «tu mi rendi.. disperato. lo sai, vero?» il lieve tentennamento a grattare la gola, moka lo ignorò aumentando il volume di tutto il resto: la pelle calda del Mendoza sotto i polpastrelli, la saliva a bagnare le labbra, il lento ma insistente pulsare del sangue attraverso vene e capillari. incredibile come al primo colpo gli fosse venuta la parola giusta in mente, disperazione, e che per pronunciarla avesse avuto bisogno di lasciarsi spegnere il cervello.
    dall'alcol.
    da javi.
    funzionava con lo stesso algoritmo insensato di Pinterest, il telly.
    avrebbe potuto avvicinarsi al maggiore, in mezzo ad una folla di persone, e suggerire in tono pacato che si lasciasse succhiare come una cazzo di cannuccia dentro un bicchiere di coca cola fresca in estate; e poi per esprimere ad alta voce un (1) singolo sentimento necessitava di uccidere qualche cellula neuronale. giovani.
    batté le ciglia scure e la stretta sulle gambe di Javier si fece più forte. aveva già detto troppo, senza praticamente dire niente. lo attirò verso di sé, perché non aveva alcuna intenzione di alzarsi, e le labbra le dischiuse un'altra volta ma sulla sua bocca; raccogliendo fiato caldo e respiri frammentati, la lingua a cercare di prepotenza un passaggio tra le labbra e i denti. i propri, moka li affondò appena oltre la linea precisa della mandibola, dove la pelle si faceva sottile e la carne più morbida. lo stesso identico spazio che in un momento ben preciso della loro situationship lo special aveva deciso fosse suo — anche solo per un breve attimo, solo uno.
    qualunque segno, in fondo, sarebbe stato un problema per il Javier Mendoza di domani.

    qui finisce il mio agire e inizia il mio silenzio perché fatturare ho fatturato e devo per forza di cose andare a farmi la doccia 🙏
    gif code
    1999
    electrokin.
    black/out
  2. .
    CITAZIONE
    Ma il Moonaire – il Moonaire sapeva proprio dove premere, per spezzarlo nella sua forma più cruda. Altrettanto piano, curvò le labbra in un sorriso; conscio del sangue a freddare contro lo zigomo, della scintilla malsana negli occhi. Delle dita ancora strette sulla sua maglietta che avevano trovato, in un momento imprecisato, posto sull’espansione del suo collo. Un contatto leggero, prima di stringere coi polpastrelli sulla carotide e avvicinarsi ancora. Brevemente e felicemente ignaro di tutto ciò che li circondava; i loro alleati, i nemici, i poveri studenti che si spera stessero guardando altrove, piuttosto che ricevere il danno psichico del loro docente di Storia che sfiorava le labbra contro quelle di un pazzo qualunque.
    Alla fine, non fece altro. Aveva ancora quel po’ di autocontrollo necessario per potersi distaccare, nonostante ogni cellula del suo corpo stesse vibrando di vita propria, trascinandolo verso Eddie. Chiedergli se davvero necessitasse di tutte quelle attenzioni – superfluo. Ovvio che sì. Dirgli di lasciarlo stare, invece, sarebbe stato inutile; trovava sempre un modo per scivolargli serpentino tra le scarpe, Edward, e anche se Richard avesse onestamente voluto sbarazzarsene non ne sarebbe stato in grado. Era davvero come la muffa; quella nera, che ti finisce nei polmoni e ti uccide.

    — Richard Quinn

    hold on a second man
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    mort + golem (mckenfffie's version)
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    barrow skylinski
    lynch beaumont barrow
    Well, it's cold, cold, cold, cold inside Darker in the day than the dead of night Cold, cold, cold, cold inside Doctor, can you help me 'cause something don't feel right?

    «se volessi ucciderti, lo farei in maniera più creativa» a quel commento Barry aveva preferito non replicare. era una merda, sì, ma sapeva come dosare il suo essere stronzo e infame: sparare tutte le cartucce in una volta rischiava di essere solo uno spreco di buone battute — e poi che altro avrebbe avuto da dirgli? meglio limitarsi a stringere le labbra attorno al filtro della canna, schiare la gola così da soffocare un principio di risata che non sarebbe stata affatto divertita.
    c'era qualcosa, nella risposta di Justin (nelle persone come justin) che lo faceva ammattire.
    uccidere in maniera creativa?
    oh bubi.
    avrebbe potuto chiedergli se si fosse mai davvero ritrovato davanti alla possibilità di uccidere qualcuno perché voleva; se avesse mai provato il desiderio lacerante di affondare una lama nella carne, o i pugni a frantumare le ossa finché non ne fossero rimaste da rompere. l'arte, il bisogno di essere creativi, la fantasia, andavano a farsi fottere molto prima di quanto fosse possibile immaginare. barrow lo sapeva — aveva affondato lame e pugni solo per il gusto di farlo, la mente sgombra da qualunque altro pensiero che non fosse la soddisfazione di veder scorrere il sangue.
    a parti inverse, se avesse voluto attentare alla vita del Case, rifilargli due pasticche tagliate con la candeggina sarebbe stata un'opzione di tutto rispetto.
    ma quello se l'era tenuto per sé, lo skylinski, preferendo colpire in un altro punto; uno che faceva ancora più male, evidentemente. lo suggeriva l'impalpabile strato di brina sul dorso della mano, il lieve formicolio di mille aghi invisibili a conficcarsi nella pelle sottile. una dimostrazione alla quale Barry rispose con il massimo della reattività di cui era capace in quel momento: sollevando appena un sopracciglio, il filtro della canna stretto tra i denti, e la bacchetta tra le dita della mancina. puntata già in direzione di Justin, a pochi centimetri dal centro esatto della sua fronte. non gliene fregava un cazzo, che fosse questione di controllo e emozioni «hai finito?» una domanda lecita, che l'altro parve ignorare offrendo in campo una spiegazione poco rassicurante — per Barry, quanto meno. l'ultimo argomento sul quale poteva permettersi di dare consigli, era la famiglia.
    abbassò comunque il catalizzatore, quando l'improvviso accenno di frustrazione da parte del minore si fece più moderato; lo tenne comunque vicino, facendo scivolare il legno tra le dita come un batterista in attesa di battere il tempo: se Justin gli avesse fornito la scusa, a proposito di uccidere con creatività, barrow skylinski non ci avrebbe pensato su due volte. probabilmente nemmeno una — bastava mezza, e nella scelta tra i due avrebbe sempre preferito se stesso.
    un ritorno alle origini, se vogliamo.
    «dovresti dire a tua sorella di andare a farsi fottere» consiglio spassionato, il suo. non conosceva il perché, o se avesse altre motivazioni a parte le più ovvie, e cosa ancora più importante, non era interessato a conoscerle. il tono nostalgico con cui Justin aveva ceduto volontariamente quell'informazione non richiesta lasciava supporre quasi che trovasse la reazione della sua famiglia onesta, forse addirittura giustificabile — i sensi di colpa potevano fare quell'effetto; e colpivano quando meno ce lo si aspettava. tipo, che ne so, durante i mago (too soon). ma con tutte le scelte pessime compiute nella vita, la tolleranza di Barry nei confronti dei martiri aveva raggiunto il fondo del barile e ora raschiava, cricri «se fosse stata scelta lei al posto tuo, ora avrebbe un genocidio alle spalle esattamente come te. chiedile se pensa che avrebbe ancora un fratello» probabilmente si. il criocineta aveva l'aria, per quanto tentasse di nasconderla, di uno bravissimo a autoflagellarsi.
    e infatti stava fuori da casa sua, no?
    pessima combinazione, droghe e rimorsi.
    anche ammesso fossero risposte, quelle che Justin continuava imperterrito a cercare negli occhi chiari dello skylinski, Barry non ne aveva alcuna da dargli — nessuna che potesse cambiare le cose, quanto meno: certo, era morto; Abby lo aveva gentilmente riportato in vita, chiedendo in cambio asservilismo incondizionato e la possibilità di infestare i suoi incubi per il resto delle notti che gli rimanevano da affrontare. non era stato nemmeno così complicato - aveva passato momenti peggiori - finché Amalie non se n'era andata, e le pasticche tornate. estraniarsi dalla realtà era una scelta che c'entrava molto poco con il peso di essere un'ombra, e questo distingueva l'esperienza sua e dello special rendendo quasi impossibile trovare un vero punto in comune. senza parlare del dettaglio insignificante delle migliaia di morti, ovviamente.
    «non penso sia quello di cui ho bisogno.» e quindi. alla fine. erano giunti al fottutissimo punto. per un po, questione di secondi, Barry limitò i suoi movimenti ai respiri profondi grazie ai quali il fumo gli entrava nei polmoni e risaliva fino al cervello; un placebo, che richiedeva troppa opera di convincimento. un atto di fede, da medicinale omeopatico, che proprio non faceva per l'ex corvonero. ma li inspirò comunque, lasciandoselo bruciare tra le costole, raschiare la gola con quel sapore dolciastro che ti rimaneva incollato alla lingua per ore. poi prese e si mise in piedi «a questo punto sono curioso» mh, sounds fake «cosa pensi di aver bisogno, Justin? e perché sei venuto a cercarlo proprio da me, soprattutto» conforto? meh. comprensione? non erano amici, a malapena conoscenti, ma sapevano abbastanza uno dell'altro da essere sicuri di non possedere quella skill — Barry, quantomeno. una botta e via? le voci giravano un po troppo in fretta, evidentemente.
    salì i gradini tenendo la canna tra le labbra e la bacchetta nel palmo della mano, voltandosi solo una volta ma senza rallentare il passo che lo stava riportando all'ingresso della villa «io torno dentro, se proprio vuoi parlarne ti conviene alzare il culo» ma così, lui si limitava a buttarla lì.

    25.12.00
    assistant
    freak
    cold cold cold
    cage the elephant
  5. .
    nickname: blank/space
    role attive: jay(14.07)+ meh (13.07) + check (01.07)
    PE accumulati sulla carta fidelity: 20
    scheda livelli:
    jay
    euge
    murphy
    barry

    marcus
    mehan
    eddie
    joni

    ty
    clay
    check
    moka

    aggiornato!

    Edited by mephobia/ - 1/8/2023, 16:04
  6. .
    dai lo faccio. cambio pv a Barry ❤

    HTML
    <span class="pv-m">harris dickinson</span> barrow skylinski[URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/m/?t=59784579][color=#124072] scheda pg[/color][/URL]


    e facciamo anche questo salto nel buio

    HTML
    <span class="pv-n">garrett hedlund prenotato da blank/space</span>
  7. .
    barrow skylinski
    lynch beaumont barrow
    Well, it's cold, cold, cold, cold inside Darker in the day than the dead of night Cold, cold, cold, cold inside Doctor, can you help me 'cause something don't feel right?

    la guerra era finita.
    avevano vinto loro.
    ma anche un po' sticazzi, dico bene?
    a barry, dell'esito di quella pagliacciata sue cala mondiale, non sarebbe potuto fregargliene di meno. aveva partecipato perché costretto, e una volta messa in tasca la certezza che i freaks fossero sani e salvi, tutto il resto era passato in secondo piano.
    certo, ci aveva guadagnato due fratelli nuovi di zecca — perdendone uno; ma non era più un ragazzino. alla rivelazione stile Carramba che sorpresa! di Rennie aveva reagito come un vero badger, limitando i propri movimenti al braccio che si sollevava per portare la bottiglia fino alle labbra: niente sceneggiate di panico seduto su un muretto, risatine isteriche e tour dei vomitini di Alessia a Napoli. non aveva provato nulla, barry (e aveva provato tutto), al punto da chiedersi per un breve istante se nel petto gli fosse rimasto qualcosa.
    o se abbadon si fosse preso anche quello, la parte di cuore che Amalie gli aveva lasciato quando se n'era andata.
    ricordava di aver pensato, un pensiero fugace e astratto che era subito annegato nell'alcol offerto dal generale, quanto sarebbe stato facile per lui trovarsi al posto di uno qualunque dei sette prescelti. convinto, probabilmente a torto, di non sapere più cosa significasse provare rimorso, o senso di colpa.
    forse non l'aveva mai fatto, barry.
    altrimenti non avrebbe ripetuto in maniera costante gli stessi errori dai quali era stato messo in guardia: scegliere la parte sbagliata, tanto per dirne una; stare lontano da amalie, per dirne un'altra. e alla fine era stata lei a prendete le distanze — ragazza intelligente.
    «non sapevo dove andare.»
    beh, questo sì che faceva ridere.
    non erano amici, barry e justin. a malapena conoscenti, forse più concorrenti nello stesso campo di vendita; ex, ormai, considerato che per entrambi i tempi dello spaccio studentesco erano finiti da un pezzo. scegliere di presentarsi alla sua porta poteva significare solo due cose: o aveva finito la roba, e allora l'ex corvonero poteva essere di qualche aiuto, o era davvero disperato.
    per la seconda ipotesi barry non aveva soluzioni.
    quando vide la canna, gli venne il dubbio.
    quando justin sollevò la bustina di plastica, lo skylinski capì di non poter fare assolutamente nulla; che potesse servire davvero, si intende «ho portato un pensierino.» solo a quel punto la figura asciutta del ventitreenne si mosse, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni. pochi passi per attraversare il patio, prima di chinarsi ad osservare le pasticche attraverso la patina di pvc con lo stesso sguardo critico di un antiquario di fronte ad un falso «per uccidermi?» una curiosità sincera quella a trapelare dalla voce di barry.
    arrivati a quel punto, non si sarebbe stupito.
    «dove le hai prese, case? da quel tizio che taglia la roba con la benzina?» spostò le iridi grigio azzurre e la propria attenzione dalle caramelline al volto emaciato dello special, senza cambiare espressione. se era la compassione, quella che cercava Justin, aveva sbagliato casa «se proprio devo farla finita preferisco sapere con cosa mi sto suicidando» anche il tatto non si poteva dire fosse il suo forte.
    vero che durante la guerra aveva preso mandato giù sostanze stupefacenti di dubbia provenienza senza farsi troppi problemi, ma si era trattata di un'emergenza.
    una necessità.
    però allungò comunque una mano, stringendo tra le dita la canna che Justin stava così generosamente offrendo — ammesso che fosse davvero un'offerta; non perse tempo a chiedergli il permesso, comunque «questa sembra già più accettabile» prese l'accendino da una delle tasche, facendo brillare la fiammella abbastanza vicino alla carta da bruciarne una parte, poi vi soffiò sopra «perche non sei a casa tua, Case? ormai sei un vip, fai parte dell'élite» si sedette sul gradino più alto, Barry, il filtro della canna stretto tra i denti e il fumo acre a bruciare la gola; una sensazione familiare, forse persino un po nostalgica: roba da ragazzini.
    socchiuse gli occhi osservando il vialetto di ingresso, mentre porgeva la sigaretta al ragazzo, entrambe le braccia a premere contro le ginocchia «a parte qualche milione di morti sulle spalle direi che non vi è andata così male» e solo allora lo guardò.
    perché era una merda, barrow skylinski, e ci teneva a ricordarglielo.
    sia mai che si fosse fatto l'idea sbagliata: era già capitato in passato (era già capitato in un'altra vita) e non era finita per niente bene.


    25.12.00
    assistant
    freak
    cold cold cold
    cage the elephant
  8. .
    barrow skylinski
    Mirror on the wall
    Tell me all the ways to stay away, away, away
    And stay away, away, away. Dig a hole
    Fireworks exploding in my hands
    «ma dove vivi?» davvero un'ottima domanda, quella.
    Barry batté lentamente le palpebre, osservando il pacchetto di sigarette che il Callaway aveva ignorato; oh no


    anyway
    .
    se lo rimise nella tasca dei pantaloni, stringendo tra i denti quella già accesa e ormai fumata per metà — ma quando era successo? si era perso di nuovo a parlare dei lemmins, sottilissimi hints riguardo il suo desiderio di morire giovane, e il resto veniva da sé «nel mio au» sincero fino in fondo, barrow skylinski. prese la sigaretta tra il pollice e l'indice soffiando fumo oltre la scogliera, la schiena leggermente chinata in avanti; oltre.
    ci pensò.
    ci pensò un po più forte.
    «meglio così, perché ti servirà. ma prima allontaniamoci dal bordo, o potrebbe venirmi la tentazione di diventare un lemming» sapete qual era la cosa divertente? che alla fine non gli aveva detto chi cazzo era.
    certo, Barry avrebbe dovuto saperlo (e se Renee si fosse degnato quantomeno di condividere le sue generalità magari lo skylinski sarebbe riuscito a mettere insieme i pezzi), ma essendosi perso le ultime due (mesi) settimane nell'oblio delle droghe, era già tanto se ricordava il proprio, di nome.
    e gli sorrise comunque, un'ombra sulle labbra che tornavano a stringere la sigaretta aspirando il fumo denso per soffocare i polmoni: peccato non avesse lo stesso effetto anche sul cervello. su quelle sinapsi che controllavano il fantomatico sesto senso, perché nel momento in cui renee si sedette nell'erba con l'aria di uno che sta per affrontare il patibolo, qualcosa nel profondo dell'anima cominciò a vibrare.
    e risuonare, incessante, tipo le sirene di kill bill in the background quando stanno per volare stracci.

    correva l’anno 2043, il mondo sembrava stare per collassare su se stesso: stati sul piede di guerra, altri di cui rimane solo cenere, e una malattia a decimare la popolazione. Non è uno scenario così assurdo, guardatevi attorno e ditemi che non è possibile.

    la voce di kieran nelle orecchie, il rumore sordo di una mazza che lo colpiva ripetutamente sul cranio —bonk.
    abbassò lo sguardo sulle fottute fotografie, Barry, senza muovere un muscolo; bloccato dentro se stesso, irrigidito da una serie di warflashback che avrebbe volentieri evitato. ma porca di quella puttana.

    potete farlo o meno, sta a voi la scelta. Adesso vi darò delle lettere, dentro sono contenuti un albero genealogico, alcune foto e una lettera che voi stessi vi siete scritti.

    il ciglio della scogliera aveva davvero in fascino tutto suo: tentatissimo di fare un ulteriore passo avanti, barrow, mentre nel petto il muscolo cardiaco ricominciava la sua danza che non era affatto lenta, ma più isterica e scoordinata; il calore ad accendersi nella bocca dello stomaco, minacciando di spingere verso l'alto qualunque cosa fosse riuscito a mettere sotto i denti nelle ultime ventiquattro ore.
    cristoddio non di nuovo.
    non da sobrio, cazzo.
    dovette fare appello a tutta la sua energia deadpan, l'ex corvonero, quando zelda gli porse la foto incriminata; un qualunque movimento inconsulto lo avrebbe spedito direttamente di sotto. tolse la sigaretta dalla bocca, tenendola con la mano destra; la sinistra, sollevata da principio a mezz'aria, concluse il suo movimento posandosi delicatamente sulle parti basse. afferrando tutto quello che poteva afferrare «scusa, ho le mani occupate» probabilmente renee non ne era a conoscenza (good for him), ma l'ultima volta non era finita benissimo: un'altra battaglia, un'altra scelta sbagliata, due anni nel futuro, l'ennesima vita spezzata — toccarsi i coglioni era davvero il minimo.
    2 dicembre 2017.
    neanche il fottuto diritto di compiere diciassette anni in santa pace.
    non poteva farlo un'altra volta, non poteva.
    accennò un sorriso, inghiottendo bile e acido da batteria, ma la foto rimase sospesa: tra loro, come una promessa che sapeva di rimpianto e minaccia «va bene» ne strinse un angolo tra i polpastrelli, cercando di toccarla il meno possibile; tentato, suo malgrado, di posare le iridi grigio azzurre sulla superficie che un tempo doveva essere stata lucida e liscia, per rendersi conto con i suoi occhi. ma attese, ancora un istante, perché finché non vedeva poteva ancora sostenere non fosse reale.
    mantenne invece l'attenzione sul callaway, osservandolo forse per la prima volta da quando aveva iniziato a parlare — ah, somiglianza di merda «ti ricordano qualcuno?» avrebbe tanto, tanto voluto tirargli un pugno. sentire le nocche impattare con i denti e la pelle tagliarsi, il sangue a gocciolare lungo il mento; prendere quella foto e fargliela mangiare, che poteva anche puliscirsi il culo perché di ricominciare da capo Barry non ne aveva nessuna voglia. doveva sapere per forza? dove cazzo era scritto. ma voleva anche la bottiglia, il ventitreenne, e immaginava che per ottenere un sorso di veleno liquido gli toccasse fare buon viso a cattivo gioco — dio, quanto odiava essere sobrio e badger «perche non mi dici direttamente chi sei e» fronte corrugata, Barry si decise finalmente ad abbassare lo sguardo sui volti immortalati.
    quel coglione di lynch.
    meara.
    cj e la sua pelata di merda
    HHHHHHH mabel
    figli vari di William
    figli vari di akelei
    poi:
    generale dell'esercito di stocazzo
    persona random
    «chi è questo tizio?» e quando renee gli rispose, fu impossibile per lo skylinski trattenere una risata; ruvida, niente affatto divertita. ma dove cazzo era Justin con la sua droga di bassa qualità quando serviva? picchiettò con il medio sul volto del fratello ritratto nella foto, stringendo la sigaretta ormai consumata in cenere all'angolo della bocca «sandy è molto più brutto. questo non è sandy. e non è ronan» già solo pronunciare quel nome, così poco familiare e [derogatory], gli faceva accapponare la pelle «ho visto altre foto, ho letto quella cazzo di lettera maledetta un miliardo di volte. tu chi cazzo sei per me» di nuovo, sempre.
    che una risposta, renaissance non gliel'aveva ancora data davvero: questo sono io — ma sticazzi? voleva sentirglielo dire.
    ad alta voce.
    un vampiro
    «e quella bottiglia pensi di condividerla o rimani li a ciucciartela tutta guardandomi negli occhi come se niente fosse» chiedeva solo un piccolo atto di generosità, niente di impegnativo.


    gif code
    2000
    freak
    nowhere
  9. .
    barrow skylinski
    Mirror on the wall
    Tell me all the ways to stay away, away, away
    And stay away, away, away. Dig a hole
    Fireworks exploding in my hands
    questione di un attimo.
    il terremoto
    le scosse
    l'esplosione
    l'unione tra i mondi.
    come se fosse un film a scorrergli davanti agli occhi, barry aveva guardato e tratto le sue conclusioni. niente era riuscito a sbalzare il ragazzo fuori dal suo au, nemmeno le grida die presenti, il sangue a macchiare indelebile pelle e vestiti; non gli apparteneva, in ogni caso.
    illeso, l'ex corvonero, come un cazzo di miracolo vivente, l'antitesi di ogni qualunque fottuta cosa gli stesse accadendo intorno: se ne rese conto in ritardo, un click delicato nella testa «sersha?» ancora in piedi, quasi l'unico in mezzo a quella montagna di corpi che arrancavano per sopravvivere; e sua sorella con loro, capelli biondi intrisi di cenere e polvere e troppo sangue a mescolarsi. la mente di barry poteva trovarsi altrove, ad osservare uno spettacolo creato appositamente per l'occasione, ma tra le crepe di quella realtà alternativa sersha kavinsky sarebbe sempre stata presente — non poteva contare su molto altro, barry.
    in ginocchio accanto alla ragazza, strinse la bacchetta tra le dita; poi allentò notevolmente la forza che gli aveva sbiancato le nocche: altri ci stavano provando, senza successo.
    un vuoto.
    terribilmente pieno.
    «ma non dovevi essere tu a salvarmi il culo?» solo un sussurro tra i denti, quello che rivolse alla sorella mentre con le mani di nuovo libere controllava le ferite; dita a premere con inaspettata delicatezza vicino ad ogni sfregio, osso spezzato, livido in espansione «mi sembrava fosse questo l'accordo.» tacito, non detto, ma prevedibile.
    chi dei due fosse più propenso a morire si sapeva.
    eppure.
    la prese tra le braccia e si rimise in piedi barry.
    con le mani di sersha ad aggrapparsi alle sue spalle, il peso di una promessa prossima ad infrangersi che gli solleticava la base del collo. pronto a mollare tutto, lo skylinski, perché a quel punto chi cazzo se ne fregava più di nulla — contavano solo loro due, e quelli che si erano lasciati indietro. un errore già commesso, uno che aveva giurato di non ripetere.


    ma questo era accaduto prima.
    prima che l'effetto della droga svanisse tutto insieme, la saliva ad asciugarsi improvvisamente sulla lingua.
    quello dove avrebbe preferito rimanere vita natural durante, e invece non gli era stato concesso.
    che la presenza di abbadon, quei denti bianchi a scavare nel cervello, barry l'aveva percepita come lo scatto di una tagliola: lame appuntite che penetravano nella carne, straziavano i tessuti, sbriciolavano le ossa. gli era bastata un'occhiata, per tornare con i piedi per terra. per dimenticare il dolore che lo aveva portato inizialmente ad imbottirsi di pasticche, per ricordare una sensazione diversa: terrore, gratitudine.
    parte della ciurma, parte della nave, no?
    e aveva stretto sersha a sé un po più forte, una luce negli occhi chiari che se avesse potuto incontrare nell'immagine riflessa dello specchio non avrebbe riconosciuto. aveva ascoltato senza sentire, barry; visto, senza guardare. respirando appena, perché i polmoni già se lo sentiva premere contro le costole, stretto in una morsa invisibile che non poteva spiegare a parole — lo sapeva, barry, che qualunque cosa abaddon avesse deciso di chiedergli, l'avrebbe fatta.
    ed era forse immorale sentirsi sollevati nel non trovarsi sul carro dei perdenti?
    (si)
    non era la prima volta.
    scelte sbagliate che si rivelavano giuste, e viceversa.
    aveva ancora la sua magia (non che gli importasse)
    aveva ancora sua sorella.
    avrebbe potuto dispiacersi, ma non lo fece.
    «sai a cosa mi fa pensare questo posto?» con la punta dello scarpone prese dentro un sassolino; quello rotolò allegramente per una ventina di centimetri, poi cadde di sotto. anche sporgendosi, e lo fece, barry non riuscì a seguirne il rapido percorso nel vuoto, né tantomeno confermarne la fine «ai lemmings» come stabilito, non si trovavano più a Stonehenge, ma a Lisbona.
    e c'erano un sacco di scogliere, a Lisbona.
    quella sulla quale Renee lo aveva portato era solo una delle tante; anonima. ma affascinante, a modo suo: lo strapiombo, il mare, il cielo plumbeo carico di pioggia in arrivo. lo strapiombo. già detto? avvicinò la fiammella dell'accendino alla sigaretta, barrow, la mano destra chiusa a coppa per proteggerla dal vento. il fumo gli invase subito i polmoni, e barry lo lasciò fare. ancora sporto, piegato in avanti, ad un passo dal limite che separava la vita dalla morte — sarebbe bastato cosí poco «sai, dicono che la storia del suicidio in massa sia una balla. a volte durante la migrazione perdono le coordinate sui terreni più impervi e può capitare che sbaglino strada» una ruga profonda gli apparve proprio in mezzo agli occhi, mentre raddrizzava la schiena e spostava la sigaretta all'angolo della bocca, iridi grigio azzurre rivolte al ragazzo accanto a lui.
    con quella somiglianza terrificante che lo skylinski aveva ignorato fino a quel momento e avrebbe continuato ad ignorare finché non fosse stato troppo tardi «per me la cazzata è questa. un incidente di percorso? si, certo» sollevò la mano destra, offrendo a Rennie il pacchetto di sigarette ancora aperto «se cadessi di sotto adesso, nessuno penserebbe che ho sbagliato strada» e c'era una leggerezza, nella voce del ventitreenne, che avrebbe senz'altro dato da pensare a chi lo conosceva meglio; a chi avrebbe saputo riconoscere l'assenza di ironia, in una frase buttata lì così tanto a caso.
    (perché no, in fondo)
    indietreggiando di un altro passo, barry si rispose da solo, almeno per quel momento.
    almeno per quel momento.
    «scusa» un battito di ciglia, l'attenzione riservata alla scogliera ora completamente dedicata al calloway «puoi ripetermi chi cazzo sei?» incuriosito, più che derogatory.
    rob
    Barry che non ha mai visto Rennie in vita sua: ma che ce stai a provà????
    creme
    in realtà lo vede e ci ha pure parlato per un mese ma stava strafatto

    canon.

    gif code
    2000
    freak
    nowhere
  10. .
    via, non siamo cowards qui
    (si)

    BARROW SKYLINSKI (team pro) — PvP
    MOKA TELLY JR. (team contro) — PvP

    EUGENE JACKSON (team pro) — PvE
  11. .
    arms crossed with the attitude, lips pouted

    erano passati degli anni, troppi.
    così tanti che rob, pur facendo uno sforzo, non riusciva a contarli — prima di morire, di venire risucchiato nel 2117, di aprire la lettera a lui indirizzata, di vedere le foto, di essere invitato ad un falso rave, di essersi inventato un'identità fittizia e trovato due pazzi che lo adottassero. prima di tutto questo, barrow skylinski non si era mai sentito dire una cosa del genere. sono fiera di te, aveva sussurrato maeve, parole che ormai Barry aveva imparato a conoscere e alle quali sapeva come rispondere.
    ma tutti quegli anni prima, di fronte ad una frase del genere il biondo sarebbe rimasto spiazzato, ancor più che dall'abbraccio; perché a quello poteva sottrarsi, fingere non gli interessasse, ma quell'unica frase era diversa. poteva essere un inganno — prima, lo avrebbe pensato. dopo tutto, non aveva mai fatto niente nella vita che potesse rendere fiero qualcuno «mh.» le aveva risposto cambiando subito argomento, trattenendo tra sé un sorriso tirato che poco si adattava all'occasione. poteva anche essere cambiato, il corvonero, ma alcune cose non riusciva a vederle comunque.
    perché qualcuno dovesse essere fiero di lui, per esempio, quando tutto quello che aveva combinato fino a quel momento era cercare di sopravvivere — e non sempre gli era riuscito di farlo. sotto sotto si riteneva ancora un fallimento, barrow skylinski, ma era una consapevolezza che, grazie a loro pesava meno. quasi da non farci più caso.
    «sai già cosa fare dopo il diploma?» ugh.
    in genere, quello veniva considerato un colpo basso; insieme a domande più invasive come 'la fidanzatina???', 'com'è andato l'esame all'Università??', 'sei sicuro che non c'entri niente con la morte dei tuoi genitori?', ma Barry nella sua breve vita aveva sofferto abbastanza da costruirsi una barriera protettiva più che dignitosa. l'ansia del futuro, quando non credevi davvero di averne uno, diventava roba di poco conto «sa, prof-» si guardò intorno, il biondo che da tempo ormai non era più platinato — yet. «ad essere sincero non pensavo nemmeno di arrivarci al diploma» prese una ciambella ricoperta di zuccherini colorati dal tavolo di fronte a sé, mantenendo le iridi grigio azzurre inchiodate a quelle scure di una signora che aveva allungato la mano nello stesso momento.
    e verso lo stesso dolce.
    «ho sempre immaginato di rimanerci secco prima, in un modo o nell'altro» quando la vecchia si ritirò, sconfitta, Barry le rivolse un sorriso compiaciuto prima di riempirsi la bocca con un morso di ciambella: non era nemmeno buona, ma lo zucchero faceva comunque il suo dovere «e in effetti..» era di nuovo voltato in direzione di maeve, e il sorriso si fece più stanco, intimo — lo sapeva bene, la Winston, come barrow skylinski avesse tagliato anche quel traguardo. si strinse nelle spalle, scacciando il ricordo della propria morte con la mano libera, addentando ancora una volta la ciambella «credo che lavorerò al Ministero. il tirocinio come obliviante è andato bene direi» lui e fray aveva trovato due o tre ottimi aspiranti barman, un vero successo.
    che ne sapeva, Barry, che i mago avrebbero sconvolto i suoi piani, sradicato le sue (poche) certezze — che un ragazzino morto avrebbe cambiato tutto, portandolo ancora una volta nell'ultimo posto in cui la mente del corvonero poteva immaginare se stesso. tra le mura di Hogwarts, con Maeve Winston, ad insegnare ai bambinetti: neanche nei suoi peggiori incubi.

    NOMEARTISTA
    TITOLOCANZONE
    QUOTE PROVA PROVA PROVA LUNGHEZZA MASSIMA
    E ANCHE STAVOLTA
    DI CINQUE RIGHE
    SCUSATE
    BACI STELLARI
    barrow c.gifs cr.playlistaesthetic


    ciao freme ce l'ho fatta!!! scusa il flash post ma sono nella mia nuova 500/600 parole era ❤
  12. .

    the black parade
    teenargers
    mcr
    code by eliandi
    gigio linguini & benjamin ficus
    17 | 16
    slyth | huff
    italians | ben10

    gigio si era estraniato dalla vita, ma non doveva sorprendere.
    nella mente del milanese era in corso una lotta dal sapore antico, risalente forse all'alba dei tempi — il sangue misto che gli scorreva nelle vene ribolliva quanto un sugo di pomodori freschi sul fuoco la domenica mattina. era combattuto, il linguini, tra l'idea che fosse giusto divertirsi e far cagnara con i cugini perché, cristoiddio, stavano ancora in vacanza, e la fitta nebbia del nord ad esigere obbedienza.
    gigio il pugliese vs dark!gigio il lombardo.
    sapevano tutti che il secondo era più forte, meglio addestrato ai rigidi inverni dell'anima (?), meno disposto a lasciar correre; ma: c'era un ma — la pubblicità dell'estathé. so che sapete di cosa sto parlando, è impossibile non l'abbiate vista; dopotutto, da giugno a settembre la mandano in onda solo 47373 volte al minuto.
    ogni estate, migliaia di 'aridi' invadono le spiagge
    e cazzo se non parlava del buon gigio.
    il linguini metteva per la prima volta piede sulla sabbia bollente di Margherita con lo stesso mood del protagonista: sguardo giudicante nei confronti degli altri bagnanti, il solo contatto con l'acqua gli scatena un'agghiacciante AAARGH, rigorosamente sotto l'ombrellone perché il sole pugliese delle 11 non è sostenibile, a pallone non gioca per non bruciare il suo talento, e infine (ma non ultimo in ordine di importanza) lo spostamento del telo mare - con conseguente sabbia negli occhi - lo tormenta.
    lo spot termina con un ancielo dal cielo che offre all'arido il classico brick di estathé e quello da rompicoglioni polentone si trasforma magicamente in una persona normale capace anche di divertirsi; una storia bellissima e molto realistica, che però nel caso del Serpeverde necessitava di qualche piccola modifica. intanto, ad offrirgli da bere non era una bella ragazza crocerossina, ma nonno lino. il quale, considerando l'estathé una bevanda satanica (cosa che deve aver pensato anche la cameriera di Sorbillo quando rob le ha chiesto un tè al limone con la pizza), nel bricchetto offerto al nipote ci metteva direttamente il limoncello.
    due secondi dopo gigio era sotto il sole, impanato di sabbia come una fettina, a smadonnare contro i suoi avversari di calciobalilla.
    cavolo, ho dimenticato il motivo di questo incipit, vedi cosa succede a iniziare un post e poi riprenderlo due giorni dopo? ok, lo useremo come spiegazione razionale del perché a gigio bastarono due shottini di sambuca Molinari per rilassare muscoli e nervi, labbra piegate sempre più verso l'alto e riccioli scomposti a ciondolargli sulla fronte. l'alcol funzionava sempre e nel suo caso, a differenza di eggsy saintwitch, ne bastava davvero poco «AUGURI!» perché il Knowles aveva detto di bere e il diciassettenne bevve, mandando giù un terzo shottino che sembrava fatto di fuoco (d6) — forse qualcuno (Lollo) dei cugini gli aveva versati il limoncello di nonno nel bicchiere: anyway, gigio non sembrava dispiaciuto «no vabbè, VABBÈ!» ma era ash nudo quello? forse era nudo anche Ciruzzo, a quel punto il linguini non stava già più capendo molto; sapeva solo di trovarsi tra lux e giacomino, seduto in cerchio attorno ad un tabellone.
    e fin qui.
    «tocca a me?!» chiese, dopo un attimo di smarrimento, puntandosi contro il bicchierino vuoto. avvertì la mano di Ciruzzo che delicatamente gli si posava sul coppino per incitarlo ad agire, e un battito di ciglia dopo la freccia si fermava indicando il limone. quello vero™, mica l'agrume «c'ho l'ansia» non si sarebbe tirato indietro davanti a nessun nome, gigio linguini, sempre pronto a fare il suo dovere, ma incrociare lo sguardo con barrow mentre questi ravanava nel suo sacchettino con espressione deadpan non lo metteva esattamente a suo agio «scusa, permetti?» chiese, rivolgendosi a qualcuno a caso nel cerchio prima di fregare uno shottino — di cosa, non è dato saperlo «minchia Sandra, ma esci sempre tu. manwhore summer edition» COME L'ITALIA ALL'EUROPEO 202(1)0! tale pensiero bastò a galvanizzare il milanese, già in piedi con uno scrocchiare di colonna vertebrale e ginocchia; cercò il suddetto sandy de13 con lo sguardo e quando le iridi cerulee lo individuarono, il freak sembrava già preso da una conversazione.
    oh no.
    anyway.
    «ciao nani» non era riferito a Joey «trenta secondi e mi levo dalle palle» quite literally, nel loro caso. sapeva riconoscere una situazione tesa, il linguini, ma non avrebbe sacrificato la sua meritata paccata per la loro privacy — di tempo per dichiararsi amore eterno, o per il moonarie di spaccare la faccia a sandy, ne avevano in abbondanza. e lui non voleva certo rubargliene più del necessario! afferrò quindi l'ex tassorosso per la maglietta con entrambe le mani, attirandolo verso di sé «freaks e linguini.. solo casini» che era solo una delle tante parole a far rima con la sua famiglia (pinguini, cestini, bambini, gattini, shottini, anche vippini!), ma allo stesso tempo un'assoluta verità. si premette due dita sulle labbra, gigio, soffiando un bacio al cielo per (Lucia) Swag e uno per Livy — gli mancavano terribilmente, e quel limone duro era un po anche per loro ❤ non so se me la sento di descrivere questa paccata, dopotutto sandy è mio fratello c'è conflitto di interessi mi sento turbata, trenta secondi di lingua e mani nei capelli e maglietta stretta nel pugno con Joey che li fissa intensamente?
    troppo bello
    mio dio aiuto è terribile.
    di sicuro tirò su (cosa) il ditino a mezz'aria indicando al moonarie di attendere con pazienza, e infine riaprì occhi e bocca per riprendere fiato: per qualche motivo gigio si ritrovava con una mano di Arturo Maria che lo palpava, ma evidentemente rientrava tutto nello stato naturale delle cose «bello, bravo, è stato strano ma interessante! Livy bacia meglio però» si doveva dire e si è detto; ciao swag. poi dove gli dia un bacino Joey è tutto da vedere, ma ce lo prendiamo volentieri comunque!

    They're gonna clean up your looks
    With all the lies in the books
    To make a citizen out of you


    gigio: beve quando cj dice di bere, parla random con i linguini, ruba uno shottino a qualcuno, gira la ruota (?) e limona sandy

    shottino1: 6
    shottino2: 3

    alcol totale: 5 + 6 + 3= 14
  13. .
    non lo faccio mai, ma quando lo faccio.....


    rimango umile e dico una.
  14. .
    CITAZIONE
    CIRUZZO: ti siedi in braccio a COSTAS
  15. .
    CITAZIONE
    EGGSY: 5 minuti in Paradiso con MAC
    ANATHEMA: ti siedi in braccio a TURO (fin quando vuoi dai)
    BEN: bacia GIACOMINO!!!!!
    MOOD: ti siedi in braccio a DUSTIN (fin quando vuoi dai)
    LUX: lecca la panna da BENGALI
230 replies since 23/1/2017
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