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    CITAZIONE (vainglory @ 17/2/2024, 15:34) 
    #017: saw batte il pugno contro la parete di styx e barbie! SEGNALI DI VITA ANYONE

    - you came
    - you called


    CITAZIONE
    provò a picchiare contro il muro seguendo un ritmo ben preciso.
    Colpi lunghi. Brevi. Pause. Rimase per un bel po’ a picchiare il pugno contro il muro, Barnaby Jagger.
    E dire che aveva solo una domanda, e molto specifica:
    S-T-A-I—S-C-O-P-A-N-D-O
    PUNTO-DI-DOMANDA
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    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    29 y.o.
    healer
    yikes
    barbie jagger | i'm calling the police
    « La guarigione tipo...? Il potere? » Osservò il braccio della donna a lungo, prima di sollevare con poca flemma gli occhi bruni sul suo volto. La soppesò, chiedendosi da quale ecosistema arrivasse per fare una domanda simile in un contesto come il loro: era forse una babbana? In quale casino si era infilato? Possibile che le cose più assurde, capitassero sempre a lui? Lui, che non era altro che un angelo (per davvero, non come chi lo diceva sapendo di mentire), sempre invischiato nelle peggiori trame del destino.
    Oh, Sander, ma che cazzo hai fatto per portarmi tutta sta sfiga.
    Resistette alla tentazione di dirle sicuro non quella spirituale, perché la bionda sembrava smarrita quanto lui. Annuì e basta, aprendo il palmo ed offrendolo perché potesse dimostrarlo facendo guarire il suo braccio, e – uh. Abbassò lo sguardo sul proprio corpo, decisamente più esposto di quanto fosse abituato. Era pur sempre nato a fine Ottocento, e sì che i tabù erano sempre stati la sua cosa preferita da rompere, ma neanche planare nel secolo successivo l’aveva mai convinto ad indossare crop top. Provò a flettere i muscoli del braccio, e sentì il tessuto tirare.
    Ma che minchia aveva addosso. Una maglia di disneyland per bambini? E quei… pantaloncini che arrivavano sopra al ginocchio, sembravano davvero tanto quelli dei personaggi dei Looney Tunes in space jam. Non fu comunque quello il dettaglio che gli fece storcere il naso. «p-p-pensa» borbottò, perché portava un segno gemello a quello della bionda, ma era impossibile. Avrebbe dovuto essere già guarito…? A meno che non gli avessero iniettato qualche tipo di inibitore, ma gli sembrava un po’ … come dire. Esagerato. E lusinghiero, se doveva essere onesto. «n-niente m-m-magia» avvisò, troppo confuso per poter anche esserne deluso.
    Quello era davvero strano forte.
    Neanche Eddie sarebbe arrivato a tanto.
    « Ma cosa... è successo? » Un’ottima domanda, alla quale, prevedibilmente, non aveva risposta. Si guardò attorno, inspirando piano. Avrebbe ucciso per una sigaretta, in quel momento, ma molto di più per del sano rum: senza il proprio potere, poteva finalmente ubriacarsi quanto gli pareva. Che occasione sprecata. Cercò se ci fosse il mini bar, perché era umile e sapeva accontentarsi. «c-c-cosa s-sei?» domandò, dopo un lungo silenzio, tornando a guardarla. Era… possibile che quella fosse una rivolta contro gli special di qualche gruppo di maghi Purosangue, dopotutto. Sacrificabile, lo erano di sicuro. Magari qualcuno, in quel preciso momento, stava inonando l’edificio di benzina. Non fu abbastanza derisorio a se stesso per controllare: se doveva morire, preferiva farlo senza saperlo.
    E nella tragedia. Nell’assoluta, miserabile, vita del Jagger, un punto di luce. Come un qualsiasi uomo medio, si volse verso la bionda – già detto che fosse bellissima? Perché la era, eterea come una ragnatela di cristallo – con molta lentezza, quando lei, con i suoi succinti abiti da marinaretta (che preferì, per orgoglio personale, rendere provocante, piuttosto che essere riportato ai war flashback della sua divisa. Grazie tante.) gli domandò se potesse slacciarle il reggiseno. Nulla di sessuale nella proposta, ma davvero, ormai era così disperato da prendere tutto quello che l’universo aveva da offrire.
    Ci pensò ben mezzo secondo, prima di annuire. Non era nelle condizioni di fare da sé, e se doveva fare quel sacrificio per la patria, eh, così fosse. Dalla loro posizione era difficile, avendo a disposizione una sola mano, quindi «ce l-la fai a-a-ad alzart-t-ti?» domandò, puntando già un piede al suolo ed offrendole una mano per aiutarla. Se fossero riusciti ad alzarsi, ed era un grande se, avrebbe fatto in modo di farla girare verso la finestra, così da avere la schiena verso di sé. Provò, con la mano libera dalle manette, a far scattare i gancetti del reggiseno, ma quei gran bastardi continuavano a scivolare via, rendendolo il solito ridicolo pagliaccio. MA CHE FIGURE FACEVA!. «s-s-scusa, p-p-posso, mh» e con il gentile consenso della fanciulla, speriamo, avrebbe usato i denti per tenere ferma la stoffa del reggiseno, e le dita per riuscire, finalmente!, a liberarla da quella presa.
    Click. E sorrise trionfante, Barbie, prima di rendersi conto della peculiare posizione in cui si trovavano – lei spalmata contro il vetro, le mani di entrambi sulla finestra per mantenerli in equilibrio, lui dietro ad osservare il mondo da sopra la spalla della bionda.
    Non sarebbe stato troppo strano, se non avesse incrociato, nella distanza, lo sguardo di due persone.
    Ciao Didi, ciao Mira, chi cazzo siete. Assolutamente impassibile, perché conceal don’t feel don’t let them know, li salutò con una mano. Non senza una leggera confusione, perché la donna sembrava picchiare sul vetro con la violenza di mille soli. Qualcuno si era svegliato male, peggio di loro.
    «d-d-dovremmo… fare… q-q-qualcosa?» perché a Barbie che lì dentro fossero cinquanta o solo loro due, non cambiava un emerito cazzo.
    UNF.
    Reclinò il capo sulla spalla, cercando nel riflesso gli occhi chiari della bionda.
    «l’hai s-s-sentito anche t-t-tu?» Seguendo la fonte del tonfo, premette l’orecchio contro una parete assolutamente randomica della stanza.
    Erano in un hotel. Le possibilità che stesse per ascoltare qualcosa per cui altri avrebbero pagato su onlyfans, c’erano eccome. Nel dubbio, non essendo da solo nella propria miseria e provando un vago moto di tenerezza per la povera crista costretta a condividere quei momenti con lui, provò a picchiare contro il muro seguendo un ritmo ben preciso.
    Colpi lunghi. Brevi. Pause. Rimase per un bel po’ a picchiare il pugno contro il muro, Barnaby Jagger.
    E dire che aveva solo una domanda, e molto specifica:
    S-T-A-I—S-C-O-P-A-N-D-O
    PUNTO-DI-DOMANDA
    Ballavamo nella zona nord quando mi chiamavi "fra'"
    Con i fiori, i fiori nella tuta gold, tu ne fumavi la metà
    Mi passerà, ricorderò i gilet neri pieni di zucchero, cambio il numero
    Cinque cellulari nella tuta gold, baby, non richiamerò
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    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
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    yikes
    barbie jagger | i'm calling the police
    «Eddie...?» Sentirlo echeggiare nel piccolo appartamento, fu più inquietante del necessario. Aprì gli occhi lentamente, temendo che nominarlo una terza volta l’avrebbe evocato come la bloody mary negli specchi di tutti i pre-adolescenti, curvando appena lo sguardo sulla voce femminile al proprio fianco. Il fatto che avesse un’aria familiare, non restringeva affatto il campo - la maledizione di chiunque lavorasse a contatto con il pubblico – ma che la ricordasse, con quella sua peculiare memoria selettiva, era il segno che non solo l’avesse vista da qualche parte, ma ci avesse fatto caso. Non così scontato. Lungi da lui, in quel momento come in qualsiasi altro, connettere i puntini e collegarla al campo dove aveva stanziato per un mese, o al fatto che avesse impresso il suo profilo perché in partenza per il Messico con sua madre.
    Era pur sempre un uomo, ed in quanto tale, assai limitato. Forse se invece del viso le avesse guardato il culo, l’avrebbe riconosciuta: triste, ma reale. Voleva dire di essere stato cresciuto meglio di così, ma non sarebbe stato vero – fingeva, e solo per l’onore di Mads.
    « Ti chiami... tu Ed-» «n-n-non d-d-dirlo» Provò ad intimarle di tacere prima che potesse concludere il nome, occhi bruni a scrutare ogni angolo più oscuro della stanza. Si chinò perfino per controllare che sotto la rete del materasso di fronte a loro, non ci fosse nessuno. «-ie?» Trattenne il respiro, ed attese.
    Attese.
    Con molta calma, e non del tutto fiducioso di poterlo fare, rilassò le spalle contro il muro.
    Nessun demone era giunto per quel che rimaneva della sua anima.
    « Mi sa che ci hanno sequestrati, comunque. » Iniziò a ridere. Un suono non particolarmente piacevole, perchè le cose sincere non lo erano mai, ma smise nel rendersi conto che la donna non sembrasse star scherzando. La guardò con il sorriso a pendere ancora appiccicoso dalle labbra, sopracciglia corrugate. «m-m-ma c-c-chi.» Viveva a New Hovel, faceva il gelatiere, non aveva mai rotto il cazzo a nessuno. Chi mai avrebbe dovuto rapirlo? Non aveva nemici, Barnaby Jagger, e non era nessuno. Il tempo degli esorcismi della California, era passato da un pezzo. Rimise la mano al proprio fianco, seccato di averla dovuta spostare a causa del movimento dell’altra – non era un tipo collaborativo, mai stato – e pungolò l’interno della guancia con la lingua.
    Era troppo rude chiederle se qualcuno l’avesse pagata per essere lì, vero? Non era ben visto domandare a qualcuno se fosse una escort (non sessista, avrebbe fatto la stessa domanda ad un uomo.), né? Il dubbio lo aveva, ed incolpava sempre il Moonarie. Da quando anni prima, come un nano qualsiasi (nano vero. Era successo davvero) l’aveva morso al polpaccio (sì, è canon.) aveva capito che il tetano non aveva nulla su Edward. Era lui, la malattia. Colpiva con sintomi disparati e caotici, e quello, uno strano gioco di roleplay che implicava svegliarsi senza memoria in un hotel ammanettato ad una persona decisamente troppo attraente per lui – sembrava rientrare perfettamente nel pattern disordinato del suo collega.
    Per una volta, meglio per Barbie: con la Guarigione, non aveva giorni di malattia, e non potendo call in death quando non voleva andare a lavoro, un rapimento era il modo migliore per giustificare la propria assenza a lavoro. Incomprensibilmente a tutti eccetto che lui, sorrise. «b-b-bene. Ma ho la g-g-guarigione, quindi n-non c-c-conta» fece spallucce, piegando la gamba contro il petto per dimostrare la propria tesi. La guardò, chiedendosi come avrebbero fatto ad alzarsi. Non era mica facile, con le manette. Magari potevano rimanere lì seduti e basta a farsi un briscolino. «t-t-tu p-p-piuttosto» Abbassò gli occhi sul suo braccio, indicandolo con un cenno del capo. Aveva le maniche corte? La canottiera? BARBIE AVEVA I RAGGI X? Non lo sapremo mai, ma per un bene superiore (proseguire con la storia) fingeremo che il Jagger potesse vedere il gomito di Styx – e viceversa eh, pari opportunità. «n-n-non ha una b-bella c-c-cera» una tossica? Allora forse
    forse
    era davvero colpa di Eddie.
    Ballavamo nella zona nord quando mi chiamavi "fra'"
    Con i fiori, i fiori nella tuta gold, tu ne fumavi la metà
    Mi passerà, ricorderò i gilet neri pieni di zucchero, cambio il numero
    Cinque cellulari nella tuta gold, baby, non richiamerò
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    I think I'll pace my apartment a few times
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    barbie jagger | i'm calling the police
    Barnaby Jagger non si reputava un tipo troppo strano, ma non battè ciglio nell’aprire gli occhi in un posto che non conosceva, con un braccio bloccato da qualcosa. Sarà stato che nei suoi lunghi, infiniti (cento) trent’anni, aveva visto davvero di tutto, e rimanere ancora impressionato da qualcosa avrebbe dovuto richiedere un’apocalisse più completa di quella che già avevano vissuto; sarà stato che Edward Moonarie l’aveva abituato al peggio, e tutto il resto fosse acqua fresca. Qualunque ne fosse l’origine, l’imperturbabilità del guaritore lo portò meramente ad alzare lo sguardo al soffitto, socchiudendo le labbra per un unico, denso, sospiro.
    E null’altro. Non si guardò attorno per cercare di capire come muoversi. Anzi, rimase quanto più immobile possibile, senza cercare né a cosa fosse legato, né tantomeno a chi appartenesse il respiro che sentiva echeggiare insieme al proprio. Gliene interessava solo uno, e sapeva non fosse il suo; chiunque fosse stato così sfortunato da trovarsi in quella situazione, cazzi suoi. Non un problema del Jagger neanche quando, e non se, avesse infine colto di essere ammanettato a tal individuo. Inspirò profondamente, un po’ (tanto) per racimolare altra aria da riciclare in un fiato al nulla, ed un po’ perché neanche l’odore delle tende gli era familiare.
    Perchè sì. Non era in un letto, né in una vasca. Non era su un morbido tappeto persiano. Il lato positivo, era che non fosse neanche appeso al soffitto ed a testa in giù – sì, gli era successo anche quello: una qualsiasi mattina in California, infatti – e nei suoi momenti buoni, sapeva essere un’ottimista. Aveva la schiena poggiata contro la parete, le gambe allungate di fronte a sé. Con la testa, sotto lo spesso strato bruno dei capelli, percepiva gli angoli di quella che doveva essere una finestra. Passò la lingua sull’arcata superiore dei denti, trattenendo l’alito sulla lingua.
    Un imprecazione. Una bestemmia. Una spiegazione – la più ovvia, per il Jagger – ed una supplica, ma Barbie quello non poteva saperlo, direttamente a Cupido. Le probabilità che l’incubo prendesse forma, erano molto basse, ma Barnaby Jagger raccoglieva karma negativo da tre vite.
    «ed-d-ddie»
    (DEROGATORY)
    Ballavamo nella zona nord quando mi chiamavi "fra'"
    Con i fiori, i fiori nella tuta gold, tu ne fumavi la metà
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    Cinque cellulari nella tuta gold, baby, non richiamerò
  5. .

    when
    oct. 2023
    where
    bde
    who
    ice cream / i scream

    black halo
    Vedete perché gli andasse a genio Yejun? Non si aspettava nulla da lui, che era la qualità che preferiva in qualsiasi essere umano; era prevedibile, ed era un’altra capacità che il Jagger, da pigro, abitudinario (disadattato, fallito, MONGOLOIDE -cit) ed incapace di evolversi qual era, non poteva che apprezzare; infine, funzionava in solo come una playlist in shuffle delle nuove generazioni, senza bisogno che inserisse monetine nel jukebox e scegliesse la canzone da far partire ad ogni pausa. Poteva tenerselo al proprio fianco, a riempire silenzi che non aveva modo né capacità di fare da sé, con un rumore bianco che lo distraesse dal mondo pieno e confusionario che era il duemilaventitrè. Uno poteva pensare che negli anni passati, Barbie avesse avuto modo di acclimatarsi all’idea che i cittadini non volessero metterlo al rogo, che fossero tutti raggiungibili tramite telefono, e che ogni vizio fosse a portata di mano senza che dovesse necessariamente affrontare folle inviperite del livello più basso del ghetto, ma non era così. Attendeva ancora, forse con una certa nostalgia, l’olezzo di fumo con cui era solito svegliarsi in California, ogni giorno del Signore in cui i concittadini sceglievano di bruciargli la dimora (tutti. Erano tutti, i giorni). Ancora aspettava di vedere caviglie, e donne a lanciargli occhiate da sopra un ventaglio. Che per gli uomini, invece, fosse una perversione malata, quella di desiderare un altro uomo.
    Non c’era rischio. Azzardo. Divertimento. Tutto così semplice da risultare monotono, perfino per i suoi standard. Per non parlare della velocità con cui giravano le informazioni: ai suoi tempi, beccavi un compagno d’armi sì e no una volta ogni cinque mesi, sempre che l’altro sopravvivesse al fronte abbastanza a lungo da tornare in patria, il che rendeva i pettegolezzi più sudati. Succulenti. Ora? C’erano troppi gossip, e Barbie non conosceva nessuno, assolutamente nessuno, delle persone citate. Era un cazzo di boomer.
    Del secolo prima.
    «non mi chiedi nemmeno un appuntamento prima?», un colpo basso che aveva accuratamente scelto di ignorare, se non per una lenta occhiata omicida verso il ragazzo. Ma allora, pure il dito nella piaga doveva mettere? Non gli sembrava abbastanza solo, e disperato? Il suo più recente highlight nella vita amorosa, era stato Edward Moonarie, e di per sé diceva tante cose. Gli aveva stretto le mani sulle spalle (con la S, freme. I see you), l’aveva guardato intensamente negli occhi, e gli aveva detto fosse felice fosse single, così che avesse più tempo per lui; poi si era ammorbidito, e gli aveva detto che se avesse avuto bisogno di scopare, avrebbe potuto fare un sacrificio per lui, anche se lo vedeva più come un fratello (che. ew. Su tutti i fronti. Immagini terribili, entrambe). Infine aveva concluso con quella che aveva avuto tutta l’aria di una minaccia, una condanna, ed una maledizione: non ti preoccupare, non rimarrai mai solo; ci sarò io con te. Ebbe un brivido al solo pensiero. Si riscosse appena, e solo marginalmente, alla sigla del telegiornale. Un unico rimpianto scavò una ruga al fianco delle labbra del Jagger.
    Essere nato.
    «benvenuto al TGyejun: notizia della settimana: qualche giorno fa mia sorella ha portato un crup a casa» Battè le palpebre, aspirando dalla sigaretta tutto il tabacco ch’essa aveva da offrirgli. Sentì il bruciore sulla lingua e le labbra; passò troppo in fretta perché potesse registrarlo. «c-c-che m-m-minchia è un c-c-crup» Era della sorella – povera bambina. - di Yejun, che si parlava. Poteva letteralmente essere qualunque cosa. «dobbiamo ancora trovargli un nome» Sbuffò il fumo dalle narici, picchiando il pugno chiuso contro il petto. «s-s-scommetto c-c-che hai una l-l-lista» bofonchiò, serrando le palpebre e massaggiando la radice del naso. Avrebbe dovuto immaginare che con il ragazzo, sarebbe arrivato l’infodump casuale, ma sapeva anche che ad un certo punto… non specifico, ma un certo punto, sarebbe arrivato anche il perché di quell’introduzione. Il motivo. Riguardava sempre Wind, e non poteva biasimarlo – anzi, lo ascoltava proprio per cogliere la quintessenza di quell’assurda relazione, vivendola per osmosi fun fact dopo fun fact. Era come leggere i giornali a puntate, ma senza la fatica di leggere, o di applicarsi ascoltando la voce robotica di un audio libro. Conoscendo, seppur per sentito dire, la ragazza in questione, il suo toto era che se lo fosse mangiato. «wind lo odia. il che è tragico, perfino i suoi gatti lo adorano. cosa succederà quando - se - andremo a vivere ufficialmente assieme?» E sapete che c’era? Che a Barbie, Barbie!, non faceva specie la velocità a cui si era evoluta quella relazione. Era abituato a matrimoni molto più improvvisi, anzi, a quel punto della loro non troppo civile convivenza, avrebbero già dovuto essere maritati. «perchè non vorrei tirarmela ma le cose si stanno facendo serie» Cose che capitavano, dopo essere stati trivellati di colpi. Un preliminare non da poco, per settare una relazione. Annuì, labbra curvate verso il basso. «fra qualche mese troverò a casa un set di mitragliatrici o qualcosa di simile» Cosa. «c-c-cosa» era davvero la prima cosa a cui aveva pensato riguardo il vivere insieme? Che Wind avrebbe portato con sé delle mitragliatrici? Minchia. «q-q-quando m-me la p-p-presenti» Voleva conoscerla. Vedere lui insieme a lei. Boh, farci uno studio sociale, e possibilmente portarsi dietro Sersha Kavinsky, perché sapeva avrebbe apprezzato quanto lui.
    «comunque. tornando al crup, wind gli soffia addosso e a volte gli ringhia contro e devo addirittura separarli»
    Ma quant’era grande un crup.
    Corrugò le sopracciglia, cercando di immaginare la scena. Era tipo… un’alce? E Wind gli… cosa. Mai come in quel momento desiderò di essere una mosca, e guardare una loro giornata tipo da mero spettatore. «credo sia qualche mossa da alpha per marchiare il territorio» Portò un dito alle labbra, battendo le ciglia. «d-d-di wind? C-c-che ...g-g-graffia il… c-c-crup?» Una pausa. «m-m-ma s-s-stiamo parlando della t-t-tua r-r-ragazza, v-v-vero» un dubbio lecito. Per quanto ne sapeva, si era perso un episodio o due (chi cazzo aveva voglia di ascoltare gli audio sul gruppo? L’aveva silenziato, e da un pezzo) e Yejun aveva adottato un cavallo, chiamandolo Wind. Non l’avrebbe neanche sorpreso.
    «mi sento sposato»
    Un’altra pausa di riflessione. Barnaby Jagger che osserva l’infinito chiedendosi come fosse finito a lavorare in gelateria che serviva cocaina, nei giorni di buona, con un sociopatico che ogni tanto tornava bambino, circondato da persone che gli dicevano cose tipo «t-t-ti s-s-senti s-s-sposato c-con un c-c-crup?» Non aveva capito.
    jagger
    barnaby
    Silence they said, so I lit a cigarette
    Lips won't forget but you try to resist
    California dreamin', take it or just leave it
    Talking in my sleep when I'm wide awake
    gif: buckysbarnes.tumblr.com
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
  6. .

    when
    oct. 2023
    where
    bde
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    ice cream / i scream

    black halo
    Soffocò un sospiro nei denti a premere sul labbro inferiore, allontanando, non senza un certo sacrificio, lo sguardo dalla cliente. Dire che Barbie fosse stanco, sarebbe stato un eufemismo. Era esausto, provato ogni giorno di più dalla sua mera presenza sul piano fisico. Lavorare al BDE, poi, sfondava direttamente nel campo dell’ancestrale e del metafisico, portando il guaritore ad un peculiare senso di nirvana dove nulla aveva senso, e tutto era concesso. Succedevano… davvero molte cose, in quella gelateria, ed il Jagger era solito chiudere non solo un occhio, ma entrambi: non voleva vedere, non voleva sapere, ed il suo unico intento era fare il minimo sindacale per tenersi quel lavoro all’inferno, e non doversi sprecare a cercare un altro a cui abituarsi – uno, magari, in cui gli avrebbero chiesto di adattarsi, offrire una effettiva customer care, arrivare puntuale, ed un sacco di altre cose che Barbie Jagger non aveva mai fatto al locale. Aveva dei privilegi? Sì: cose che capitavano, quando per averli vendevi la tua anima.
    «è p-p-p-proprio …. s-sicura» Tendeva a non dire secchi no ai clienti, neanche quando gli chiedevano i soldi in cassa (ciao leo!), a meno che non gli stessero particolarmente sul cazzo, ed allora potevano attaccarsi ai testicoli e tirare.
    Ma.
    La donna dall’altra parte del bancone, era davvero troppo bella. La carne era debole, il Jagger di più, e decisamente messo alla prova da mesi di astinenza. La sua vita era un’eterna agonia. Avrebbe potuto mettere fine al suo celibato in qualunque momento, non doveva nulla a Gwen, ma non… ci riusciva. Ogni chioma corvina intravista di spalle, era un tuffo al cuore. Ogni risata annaspante con rantoli nasali, era la Markley, ed ogni pelle cappuccino aveva il suo profumo. Era disperatamente, terribilmente, ed in maniera assolutamente sconsigliata, innamorato di Gwendolyn Markley, e anche se gli mancava il sesso, non ...voleva, con qualcuno che non fosse lei. Il suo corpo però non aveva ricevuto il memo, e quando – quando?? Non capitava mai. Mai - incontrava persone come la fanciulla di fronte a lui, tendeva ad agire in maniera sconsiderata. Con agire in maniera sconsiderata, s’intendeva con un principio di morale.
    Tendeva a non farlo. Mai.
    «c’è un problema con il vostro speciale?» Il sopracciglio ramato della donna scattò verso l’alto, l’indice ad indicare il cartellone, che sembrava disegnato da un bambino perchè lo era, dove pubblicizzavano lo speciale del giorno. Barbie inspirò dalle narici, occhi bruni a studiare i tratti del pennarello a stilizzare una faccina adorabile vicino ad un cono gelato. Fuorviante lo era senza dubbio, con quel suo esprimere che il gelato portasse gioia.
    No, non era neanche lo speciale alla cocaina, quello l’avrebbe lasciato volentieri alla signorina – chi mai avrebbe detto no a cocaina a metà prezzo? - ma l’altro.
    Dov’era Giacomino a fermare il tempo, quando serviva?
    Barbie era un pessimo commesso, eppure si era creato la sua piccola setta di avventori che si presentavano al BDE solo per tenergli silente compagnia (Joni), raccontargli le loro giornate (Yejun), o presumere che i suoi mormorii impassibili fossero pillole di saggezza che avrebbero loro cambiato la vita (Giacomino). Non l’avrebbe ammesso perché non faceva parte del suo carattere, ma era sempre felice, per quanto felice potesse essere un Barnaby Jagger (punto) sul posto di lavoro, di vederli. Lo facevano sentire meno folle; lo ancoravano ad un mondo che fuori dalla sua bolla, era tutto diverso. Barbie aveva iniziato a farsi scivolare addosso la vita come una delle cazzo di coppette che vendeva ogni giorno. Lo sentiva, lo sapeva, ma non era certo di poter fermare quel processo di decadimento; se valesse la pena farlo. Quelle piccole parentesi, impedivano che diventasse ufficialmente parte dell’arredo del BDE. Ci mancava solo che diventasse un lampadario lì dentro, fra tutti i posti in cui avrebbe potuto diventarlo; non elaborerò oltre.
    Tornò a guardare la donna. Piegò appena il capo sulla spalla, sentendo il fischiettio in avvicinamento di Edward Moonarie di ritorno dal retro del locale. Ebbe un battito di ciglia di consapevolezza in cui valutò di chiedere aiuto, o di impugnare l’arnese per raccogliere palline di gelato, e iniziare a fracassarci vetri e denti. Sbattere violentemente la testa, sua o di altri, contro i tavolini, contava comunque.
    Un istante di follia che, come tutto il resto, scivolò via in fretta, lasciandolo vuoto e stanco fra praline e cucchiaini colorati.
    Una decisione. Prese una decisione, perché c’erano limiti che non era disposto a valicare, e servire alla donna lo sputo congelato di Eddie rientrava in categoria. «è f-f-finito.» Lei corrugò le sopracciglia, osservandolo impassibile un paio di secondi, prima di ruotare allusiva gli occhi sulle vaschette piene, e tornare a guardarlo. Senza distogliere lo sguardo dal suo, sollevò la vaschetta e la rovesciò a terra. «f-f-finito» Quando la vide – immaginava che ormai fosse questione di principio – puntare a un altro gusto, sollevò anche quella vaschetta e la rovesciò, con un certo sforzo, sul pavimento. «f-f-finito» se voleva vedere fino a che punto si sarebbe spinto, sarebbe stato un pomeriggio intenso per entrambi.
    Un altro gusto. Un’altra vaschetta a terra.
    Il fischiettio ormai vicino. Troppo vicino. Con una certa urgenza, tirò una gomitata al collega quadrante della luce, facendo cadere il locale nella semi oscurità di un tardo pomeriggio autunnale inglese. Attese un paio di secondi che il panico dilagasse, perché l’essere umano era una creatura inadatta alla sopravvivenza e non appena accadeva un imprevisto era incapace di reagire in maniera consona e normale, quindi si tolse il cappello annunciando: «V-V-V-VADO IN P-P-PAUSA» perché sì. Waiting, tapping his foot per l'arrivo di Roxie che li rimettesse in riga pugnalandoli dove capitava per far tornare l'ordine.
    Aveva fatto il possibile.
    (??? Non hai fatto niente)
    E poi aveva riconosciuto Gesù, Giuan, qualunque fosse il suo nome nella folla, e considerando che ormai viveva per osmosi delle esperienze altrui, lo afferrò per un braccio trascinandolo sul retro, già una sigaretta fra le labbra. Prima, non ultima.
    «at-attacca» Sapeva non avesse bisogno di altri prompt per iniziare a parlare – per smettere, forse.
    Sarebbe stata una pausa molto lunga.
    Bless him.

    jagger
    barnaby
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    gif: buckysbarnes.tumblr.com
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
  7. .
    barbie jagger
    sander bitchinskarden
    Everyone's a piece of shit
    I'm no exception to the rule
    Think some days I just might quit
    «puoi andare a lavorare al san mungo!»
    Maddalena gli aveva dato quell’informazione come se in qualche universo, il loro poi, potesse essere di suo interesse o pertinenza. Barbie l’aveva guardata un paio di secondi, la lingua fra le labbra, attendendo che la consapevolezza realista della Wesley lavasse l’entusiasmo ingiustificato da quell’affermazione come sgrassatore sulle macchie di caffè della cucina di Denis.
    «g-g-già» confermò comunque, inarcando le sopracciglia ed annuendo lento. Era abbastanza certo che se avesse voluto, avrebbe potuto farlo anche prima dell’ascesa di Abbadon. Non voleva: lavorare in ospedale implicava avere a che fare, e con il rischio di terapie a lungo termine, con tante persone, e le persone, a Barnaby Jagger, non piacevano manco per il cazzo. Avevano tutti pretese e diritti, giustificazioni su giustificazioni a biasimare il loro comportamento di merda, come se Barbie non fosse un individuo (quasi) funzionale nel loro stesso ecosistema, non avesse problemi suoi, e fosse lì per essere il loro fottuto pungiball emotivo. «saresti di grande aiuto, però» Voleva forse intrappolarlo con il senso di colpa…? A… lui? Ma sapeva con chi stava parlando? Le sopracciglia del guaritore scattarono maggiormente verso l’alto, le rughe sulla fronte a farsi più pronunciate. «eh» univoco ed universale, con cui sperava di chiudere il discorso. Di grande aiuto… Ma mica era un missionario, per carità divina. E non gliene fregava un cazzo che da grandi poteri derivassero grandi responsabilità, perché non aveva chiesto lui di nascere con l’incapacità di prendersi una sbronza come si deve e di non crepare di malaria. Tutti venivano (punto? Title of your sextape) al mondo con due braccia, ma non vedeva la fila ai supermercati per portare le borse della spesa degli altri – perché doveva essere diverso con la guarigione?
    Barbie, ma che cazzo dici.
    Sono le 3:00, dico quello che cazzo v-v-v-voglio.
    Mads sospirò, sporgendosi per baciargli una guancia. «ci ho provato» e non aveva bisogno di specificare cosa, avesse provato: Barbie sapeva quale fosse l’obiettivo dell’ombrocineta, anche se lei credeva di essere stata molto fluida e non convenzionale in proposito. Sapeva, quale fosse il proprio problema, e perché la mora cercasse di aiutarlo. Semplicemente, come tutto nella vita, aveva scelto di ignorarlo.
    Barnaby Jagger si era perso. Smarrito lungo una strada che aveva creduto, ingenuamente, sarebbe stata battuta per sempre, e sulla quale non aveva mai applicato alcun tipo di manutenzione. Era un tipo tranquillo, che tendeva a seguire il flusso, e non si era reso conto di quanto la corrente l’avesse allontanato dalle sue priorità, e dal mondo che anni prima aveva creduto di avere a portata di mano. Aveva seguito i viaggiatori nel ventunesimo secolo perché quell’esistenza – una che meritasse di essere vissuta – l’aveva voluta, Barbie, e se l’era presa, rincorrendo il sogno di un Sander Bitchinskarden che di promesse ne aveva mantenute poche ed a saltelli. La famiglia di cui si era privato piombando nell’800, l’amore che aveva inseguito in tutte le sue vite. Come fosse finito a fare il gelataio al Big Dick Energy, combattendo quotidiane battaglie con un demonio a cui piaceva cambiare dimensione a piacimento, non sapeva spiegarselo.
    Aveva perso Gwen.
    Aveva perso Gwen?
    Aveva perso Floyd.
    Nah, quello si era perso da solo.
    Aveva perso Reggie e Zac.
    Mh.
    Mac e Twat.
    Uh.
    La Gilda.
    Proprio tutti, allora?
    Proprio tutti. Era rimasto incastrato nelle abitudini, nell’ordinario, il confortevole. Qualcosa che non aveva mai avuto nel suo tempo, impegnato com’era a scappare sempre da qualcosa. Smettere di farlo, l’aveva impigrito rendendolo indolente e, se possibile, ancor più intollerante nei confronti del genere umano. Quand’era l’ultima volta che era uscito con gli amici?
    … Ma li aveva, degli amici? Pensava di sì.
    Finì di intagliare uno zoccolo, scartando i pezzi di legno in un angolo del tavolino. Non era possibile indossarlo, ma non era quello il punto: aveva ascoltato abbastanza racconti di Giacomo Linguini per (una vita intera.) sapere che avesse un valore simbolico, ed il Jagger aveva tutta l’intenzione di (lanciarlo al cronocineta.) regalarglielo quando immancabilmente si sarebbe ripresentato al BDE per raccontargli le sue ultime disavventure.
    Perchè?
    Boh.
    Mah.
    (aveva un modo molto peculiare di dimostrare affetto, Barbie, tipo non facendolo per niente)
    «vado in officina. Stasera cucini tu»

    Un incubo, una follia. Sollevò gli occhi scuri sulla ragazza, ma quella era sparita (letteralmente) prima che Barbie potesse farle notare che post guerra Glovo non fosse ancora stato ristabilito. Rimase in stasi per un po’, spegnimento e buffering di tutti i sistemi, prima di sospirare la propria frustrazione alla stanza vuota di New Hovel, ed alzarsi in piedi in un grugnito. Poteva anche guarire da qualunque cosa, ma un pompage non avrebbe fatto male neanche a lui (in tutti i sensi.). Portò la mano alla nuca, massaggiandola nell’approcciarsi al mostro (il frigorifero) già tristemente consapevole di quello che avrebbe trovato: niente. Per forza, niente. Avrebbe dovuto farla lui la spesa, e l’aveva fatto? No, esatto, perché che senso aveva lavorare in gelateria, se poi non poteva portarsi gli avanzi a casa alla sera? Mangiate solo gelato? Sì, fatevi i cazzi vostri.
    Sospirò ancora, perché era la sua attività preferita. Già che c’era, si chiuse lo sportello sulla guancia, premendo leggermente. Quando la lingua ebbe fatto un giro completo di tutti i denti, e le palpebre si fossero abbassate impassibili almeno un paio di volte, decretò fosse il momento di fingersi adulto: meglio prima che poi, almeno avrebbe potuto passare il resto della giornata in modalità opossum sul divano bitorzoluto del loro salotto. Afferrò una birra, perché quelle non mancavano mai nel reparto surgelati di casa #oldschool, e decise di fare il prototipo dell’americano alcolizzato lasciando l’appartamento con il vetro ancora stretto nel palmo. Anzi, vi dirò di più: clichè così completo, che offrì al cielo scozzese anche un ruttino.
    Prima di abbassare lo sguardo, e notare che in strada ci fosse qualcuno.
    Battè le palpebre.
    Pensò. E ripensò.
    (magari il momento di provarci era giunto davvero. Magari quello era un segno del destino. Magari, l’anno prima, avrebbe dovuto ascoltare, anziché dare per scontato che fosse tutto una grandissima puttanata)
    Avevano vissuto fianco a fianco per… molto tempo, Barbie ed il ragazzo a pochi passi da lui. Si erano mai parlati? Poco. Il giusto, a chiedere al Jagger. Di certo, nessuno dei due aveva mai approcciato la conversazione. Quale? La Conversazione TM. Si guardò attorno, mordendo il labbro fra i denti. Sapete che c’era? A cazzo duro, ecco che c’era. Alzò la mano libera per attirare l’attenzione di Twat. «hai d-d-d-a f-f-fare?» quale miglior bonding time fra bro che non fare la spesa e lamentarsi dell’aumento dei prezzi delle sotto marche, am i right.

    healer
    2043
    heavy sigh
    piece of sh*t
    cemetery sun
  8. .
    barbie j. kaz oh
    Easy to say that you can relate
    You're not the one staring death in the face
    And are you the one that's living a lie?
    Are you the one that feels empty inside?
    «non voglio»
    «lo so»

    Si era fermato di fronte alla porta dell’infermeria, un mero spiraglio visibile.
    L’avevano mandato a cercare Willa, perché non si fidavano della sua magia per rattoppare uno dei loro rampolli; il Jagger se l’era presa appositamente con calma, perché se il ragazzo crepava, magari la smettevano di fare i sostenuti. Se avesse tardato un po’ di più, o se avesse scelto il percorso dal cortile dove si era fermata la ragazza, magari quel siparietto se lo sarebbe risparmiato. Magari sarebbe andato avanti con la propria vita come faceva ogni giorno, Barbie, sopravvivendo abbastanza da arrivare a quello successivo – senza farsi domande, senza darsi risposte.
    Ma quelle voci.
    «non farmelo fare»
    «mi dispiace»
    «ti prego ti prego non voglio più»

    Il singhiozzo di Erin soffocato sulla spalla di Stiles, la mano di lui fra i capelli a stringerla a sé. Perfino da lì poteva vedere le spalle della ragazza scuotersi; perfino da lì poteva sentire ogni respiro frastagliato, ansiti d’aria aspirati male fra i denti.
    Avrebbe dovuto andarsene.
    «neanche io voglio»
    Non erano confessioni per lui.
    «non è giusto. Ti prego non – non è giusto. Non voglio»
    «lo so»
    «e se facciamo del male a – a qualcuno?»
    «non lo faremo, ok? Rimango con te»
    «me lo prometti? Ti prego stiles ti prego non lasciarmi»

    Aveva avuto un cuore, un tempo, Barnaby Jagger. Se lo scordava spesso, perché farsi scivolare addosso le questioni era più semplice, ed a lui il facile ed il comodo piacevano. Ma l’aveva avuto, e c’era stato quando il battito di Erin, Stiles, Floyd aveva smesso di rimbombare nelle pareti della grotta. Immerso nel loro sangue, in un tempo che non gli apparteneva.
    Indietreggiò, lasciandosi alle spalle il tono basso dello psicomago, i bassi lamenti dell’assistente, e le promesse vuote.
    Distaccato. Distaccato?
    Sarebbe stato un figlio di puttana fortunato se avesse potuto. Poteva svuotare l’aria ed il disappunto quanto voleva, il Guaritore, ma dove non guardava nessuno restava il nocciolo di quel ch’era stato – un Sander Bitchinskarden che aveva rischiato tutto, per loro.
    E l’avrebbe rifatto. Oh, Cristo Dio Signore, l’avrebbe rifatto. Non ci poteva credere.
    Chissà quale motivo si sarebbe dato per presentarsi all’appello di Abbadon e giustificarsi di essere lì, ma l’avrebbe fatto, perché quella era la stra cazzo di triste e patetica persona che era.
    Porca troia.
    Che amarezza.
    Schioccò le labbra fra loro, la lingua a scivolare sull’arcata superiore dei denti. Infilò una mano in tasca, l’altra a ciondolare al suo fianco mentre nani di tutte le età gli sfilavano accanto – chi mormorando, chi gridando; non invidiava i professori che avrebbero dovuto placarli dopo la dichiarazione di guerra, ma non li compativa neanche.
    Cazzi loro. Potevano scegliersi un altro lavoro.

    Non sapeva cosa fare.
    Non sapeva cosa fare non sapeva cosa fare non sapeva cosa «willa» spalancò gli occhi scuri verso l’infermiera, finalmente placando l’incedere stressato con cui aveva percorso e ripercorso l’intero perimetro di Different Lodge, cercando di capire cosa fare. Come farlo.
    Cosa stesse succedendo.
    Non era raro vedere Kaz in quello stato confusionario, né spaventato – chi l’aveva accompagnato nello spazio, poteva testimoniarlo – ma c’era qualcosa di diverso nel pallore dell’Oh. Qualcosa a pulsare appena sotto pelle, tremolando come la fiamma di una candela.
    La camicia era parzialmente bruciata. Il viso sporco di terra. La cravatta appesa storta, con il nodo a metà del petto. «willa?» sentiva solo il proprio cuore, Kaz.
    Ad un ritmo sostenuto e soffocante.
    Perchè Hogwarts era il posto sbagliato dove far vedere una dichiarazione di guerra in diretta mondiale. Erano dei ragazzini, alcuni a malapena in grado di gestire il proprio potere. Erano governati dalle emozioni, ancora incapace di arginare quel che erano.
    Ed erano stati odiati così a lungo. Continuavano ad esserlo.
    Abbadon ancora parlava, mormorando di guerra e conquista e amici, quando i primi studenti di Hogwarts erano arrivati nel cortiletto del loro quartiere – a cercare cosa, neanche con il senno di poi avrebbe saputo dirlo. Erano arrabbiati, loro; spaventati, un po’ tutti.
    C’era chi incolpava gli special.
    Chi incolpava i maghi.
    Chi vedeva in quella conquista la possibilità di vendicarsi.
    Chi di sotterrare tutto subito.
    Kaz stava ancora osservando rapito l’uomo conosciuto solo per sentito dire, quand’era partito il primo incantesimo. Il secondo. La prima sfera di fuoco e il rampicante di un geocineta. Era successo tutto così in fretta, che ancora doveva deglutire la saliva, e già si ritrovava al fianco di un Clay che non aveva innalzato le proprie barriere abbastanza in fretta per ripararsi da un incanto, e – «willa??» non sapeva cosa fare, perché i ragazzi attorno a lui continuavano ad attaccarsi, il Morales stava male e oddio Willa ma ha appena dichiarato guerra all’umanità? Kaz era un diciassettenne. Un lumocineta. Un Ivorbone.
    Un ribelle. Sempre. Da che aveva memoria, e da quando non la aveva.
    Il tremore non era solo paura: era indignazione, e oltraggio, e rabbia.
    (molta paura, però.)
    Vide con la coda dell’occhio Barnaby Jagger afferrare uno studente – mago? Special? Aveva ancora importanza? - e scrollarlo come un cucciolo di cane bagnato, prima di lanciarlo un poco più in là. Agitò le braccia per fargli vedere Clay, alzandosi a sedere e rimettendosi in ginocchio in un loop da cui non sembrava trovare via d’uscita. «e signorina c.sharp. ma» non fu un singhiozzo, quello di Kaz, ma poco ci mancava.
    Si lanciò verso l’infermiera, braccia allargate per stringerla a sé. Perchè aveva paura, sì, ma soprattutto per bisbigliarle all’orecchio «che si fa willa che si fa» il tutto mentre Barnaby Jagger e Java C.Sharp osservavano minorenni insaccarsi di botte.
    Cioè. Barbie di sicuro osservava (faceva anche un po’ il tifo) Java non so.


    gif gif code
    1994
    2006
    pro
    contro
    healer
    lumok.
  9. .
    I'm not good at making friends, There I go again
    Should've kept my ass in bed, Just like mama said
    barbie jagger
    most likely to not give a fuck
    Chissà cosa si provava a farsi realmente i cazzi propri. Un emozione che Barbie, iniziava a pensare, non avrebbe mai provato, perché in qualche modo riusciva sempre ad infilarsi in situazioni che non lo riguardavano, ed a rimanerci. Perfino… volontariamente. Capitava di rado, ma anche abbastanza spesso da farlo dubitare del suo potere decisionale.
    C’era un motivo se non aveva mai votato alle elezioni, pur avendone diritto.
    Giacomo Linguini era solo uno dei tanti rami di un albero che non avrebbe dovuto esistere in primis, ed uno anche bello robusto. Barbie persisteva nel battere le palpebre impassibile, attendendo la svolta successiva, e l’altro non lo deludeva mai, persistendo nel mostrare che al peggio non ci fosse fine, e ci fosse sempre – sempre – qualcos’altro di incredibilmente assurdo da dire. Viaggiavano davvero su due linee parallele, quel tipo di binari che non avrebbero dovuto incontrarsi mai; avevano sfidato la fisica stessa dell’essere, e quello ne era il risultato.
    Non era un problema di lingua. Non era neanche un problema di linguaggio, slang dell’800 contro quello (non troppo; per essere un ragazzino, gli pareva davvero vecchio dentro) giovanile del nuovo millennio. Era un problema a monte, fatto di esperienze non condivise ed un modo tutto opposto di guardare il mondo. Ecco, quello era l’unico punto in comune che avevano: erano due osservatori. Ai poli opposti, e verso altri continenti, ma osservatori.
    Barbie con gli occhi chiusi, e Giacomino con il terzo occhio cinematografico.
    Insomma.
    Era una conversazione molto strana, che raggiunse il suo culmine quando all’osservazione che non avrebbe mai scopato, l’altro lo guardò con sollievo: «Lo pensi davvero? Speriamo» che si guadagnò l’ennesimo side eye – non bombastico, ma solo perché ormai si era arreso – della giornata. Non giudicava (sì invece), ognuno aveva le proprie preferenze (ma il sesso) e tante belle cose politicamente corrette. «[blank space ma vocale]» perché non metterlo nel parlato non avrebbe dato lo stesso senso di vuoto cosmico nell’espressione del Jagger. «ok.» secco e conclusivo, perché non aveva intenzione di ripetere tutti gli e quindi elencati dal cronocineta. Poteva scegliere la spiegazione che preferiva, farsi tutti i suoi headcanon in merito, tanto nessuna delle precedenti era la risposta che gli avrebbe dato Barbie. Ovviamente.
    «non devi preoccuparti di noi, siamo brave persone» La sua famiglia? Barbie fece scivolare lo sguardo da Giacomino al resto del locale ancora bloccato nel loop. Posò gli occhi scuri sulla mano stretta a quella del cronocineta, prima di tornare al viso sorridente del ragazzo. «p-p-pensa» non era preoccupato, e non poteva fregargliene di meno. Trovava molto più allettante che non lo fossero, e potessero aiutarlo nel suo Problema Personale (abbreviato PiPì, perché tanto più che uno scarto Edward Moonarie non era.).
    Comunque, niente. Per qualche motivo, si era fatto infinocchiare dalla parlantina dell’italo francese, e si era mostrato disponibile per una prova del discorso da fare alla rossa. Ma, Dio, dimmi, perchè. Volle credere fosse per dare una fine a quella farsa e poter andare avanti, ma forse – molto forse – una piccola, minuscola, infinitesimale parte di Barbie, voleva davvero rassicurarlo che sarebbe andato tutto bene. A suo modo, che era sempre il peggiore, ma almeno era qualcosa.
    «Sì, grazie! Allora, ok, dammi un minuto e ci sono»
    Barbie, ancora bloccato nella bolla temporale di Giacomo Linguini: «eh, n-n-non ho f-f-fretta» ciglia a battere lente, molto lente, sugli occhi quercia morti al mondo. Lo guardò scendere nel personaggio, e l’espressione del guaritore non cambiò di una virgola. Se avesse potuto esprimere più disinteresse, l’avrebbe fatto. Il fatto che fosse un essere fisicamente vivo, glielo impediva.
    Giacomino lo guardò.
    Barbie ricambiò.
    «Dylan»
    Non riuscì neanche a ridere. Battè solo, ancora, le palpebre, tentato di lasciarle chiuse per sempre.
    «Pausa, stop, un attimo. Io sono Dwight, mi dispiace non essermi presentato prima, sono stato pessimo» Dwight…? Non aveva la faccia da Dwight. Lo osservò da capo a piedi, ed annuì secco, labbra naturalmente imbronciate verso il basso. Ok? Gli interessava? No, esatto. Ma l’altro continuava ad osservarlo, forse aspettandosi… qualcosa. Barnaby Jagger, dall’alto dei suoi centovent’anni, corrugò lievemente le sopracciglia, indicando secco con la mano libera il ricamo sulla divisa con su scritto Barbie. Dopo un altro paio di secondi di silenzio, dove qualunque cosa si aspettava di sentirsi dire dal Jagger non sarebbe arrivata, proseguì con il teatrino. «Dicevo... Dylan, sono lusingato» Mh. Barbie annuì, invitandolo a proseguire. «ma mia madre non vorrebbe questo per me» Toh! Perfetto! Impeccabile! Accennò perfino un sorriso, ed alzò un pollice in segno positivo. Era fatta…? Potevano tornare - «non sei tu il problema, davvero» No, a quanto pareva. No. Inspirò profondamente, consapevole che quello sarebbe stato l’inizio di un altro, sentito, monologo, del quale non avrebbe condiviso nulla. Lo vedeva nelle linee preoccupate che segnavano il volto di Dwight, il cipiglio serio e lo sguardo solenne.
    Wow. Aveva preso proprio sul serio quell’improvvisazione. Ottimo lavoro. Si sentiva un po’ friendzonato anche lui.
    «p-p-perf -» «è lei» Mh. «cioè, la mia famiglia» Cosa. «No, no, no, aspetta» Urca, non andava da nessuna parte. Era quasi curioso di vedere quanto a fondo avrebbe scavato la sua fossa. «Voglio bene alla mia famiglia» come avrebbe detto Billie Eilish, i don’t relate to you… i don’t relate to you, no. Lo lasciò comunque proseguire, anche perché l’avrebbe fatto comunque. «è che ci sono tradizioni particolari» Ok. Piegò le labbra verso il basso, ed annuì.
    Fine?
    «per esempio, io ero pronto a sposare Melvin»
    Colpo di scena inaspettato. Melvin… del futuro? L’empatica bionda che gli aveva detto il suo broncio fosse derivato dall’essere un Toro incompreso? Perchè avrebbe dovuto -
    «ad assumermi le mie responsabilità»
    L’aveva… l’aveva messa incinta? The plot thickens. Assottigliò le palpebre, chinandosi sul bancone per appoggiare il mento sul palmo della mano libera.
    «ma hanno impedito tutto»
    deadpan: «gasp»
    «forse non dovrei parlarti di una mia ex»
    «c-c-continua p-p-pure»
    «anche perché è acqua passata, te l’assicuro, ma se pensi che sia una storia troppo recente, sono d’accordo»
    Chissà. Chissà. Cos’era il tempo per i giovani. Barbie ancora buggato al quasi matrimonio di Dwight – aveva avuto una vita breve, ed era già stato quasi all’altare due volte.
    «Il punto è che non ho soldi»
    Oh, la!
    «e» «e?»
    «non vorrei privarti delle cose che altri potrebbero darti»
    Wow. Dritto al cuore. Se Barbie ne avesse avuto uno, si sarebbe commosso. Picchiò la mano libera contro la spalla, applaudendo alla performance del ragazzo.
    «Lo… rifacciamo?»
    Avrebbero proprio dovuto. «m-m-m-ma che d-d-dici, era p-p-perfetto» gli diede uno schiaffetto sul braccio, sorridendo perfino. «v-v-vai t-t-tigre, sei p-p-pronto» show time.
    Fine.
    Fine…?



    27 y.o. - healer
    ice cream, you scream, etc

    io davvero. davvero. grazie di tutto. secondo me possiamo chiuderla così, oppure rubiamo dylan per il gran momento. il silenzio ai sentimenti
  10. .
    Fanculo. Uh-uh, fanculo. Non aveva firmato per quello, non voleva essere lì, e odiava tutto di quella situazione. Era nato nel 1894, aveva vissuto in un istituto finché non era fuggito ed aveva iniziato a vivere di mance e compagnia di topi, era andato in guerra, era tornato solo come un cane e con più PTSD di quando fosse disposto ad ammettere in un buco di culo della California dove ogni abitante cercava di ucciderlo almeno una volta al giorno, ma quello? Era la cosa più fottutamente inquietante che gli fosse capitata, e dovette reprimere un altro brivido lungo la colonna vertebrale.
    Davvero un film dell’orrore. Il cambio di personalità? La coscienza che si accendeva e spegneva beffarda nello sguardo del bambino? No. N-o. Mancava solo un carillon mal funzionante a dare una colonna sonora al loro trailer, ed il gioco era fatto.
    Prima lo riconosceva. Poi gli chiedeva se avesse anche lui quella divisa.
    Barbie aveva passato gli ultimi dieci minuti di quella conversazione a senso unico a fissare un punto oltre le spalle del bambino - eddie? Julius? L’anti cristo? - cercando un modo per uscire da quella situazione all’istante. Se avesse potuto teletrasportarsi, l’avrebbe fatto, anche a costo (oh no...anyway) di abbandonare il ragazzino al suo destino. Purtroppo, il suo inutile potere gli permetteva solo di essere più resistente, e regalare indesiderate nuove albe a chi già aveva un piede nella fossa. Neanche quell’eredità diretta da Gesù poteva fare qualcosa per la follia nel volto imberbe e mucoso del bambino ancora stretto alla sua vita.
    Lo sapeva un po’ troppo bene.
    «mi hanno dato una bottigliata in testa
    BARBIE! QUEL CAZZONE MI HA DATO UNA BOTTIGLIATA IN TESTA!»

    Aprì e chiuse la bocca, ma non ne uscì alcun suono. Spostò gli occhi scuri sul Moonarie, battendo lento le ciglia, lasciando che lo scambio di personalità facesse il suo corso rimbalzando da un’identità all’altra. Forse se avesse finto abbastanza a lungo di essere morto, qualcuno l’avrebbe graziato.
    Eddie iniziò a ridere.
    Barbie fece un passo indietro. Non si sapeva mai.
    «lo ammazzo»
    Portò una mano alla bocca, osservandolo con il timore e l’orrore che meritava. La risata rimbalzò su ogni pietra di quel vicolo, e Barbie – che no, fanculo, davvero, ma manco per il cazzo – prese il telefono, scorrendo la rubrica per cercare qualcuno da chiamare che fosse più preparato di lui per affrontare tutto quello. O paziente. Volenteroso. Insomma, tutto quello che lui non era.
    Non aveva così tanti numeri. Gwen sarebbe stata più che felice di aiutare in quelle circostanze, un po’ troppo forse. Dopo aver cercato di esorcizzarlo, l’avrebbe accompagnato a … Aspetta. Aspetta. Oddio. Stava davvero basando le sue scelte su cosa avrebbe fatto Gwendolyn Markley al suo posto? Aveva toccato il fondo, e stava scavando per andarci sotto? Però… non era così male come idea. Insomma, le alternative non erano molte. La scelta più matura sarebbe stata accompagnarlo al San Mungo, ma Eddie non era il genere di persona che andava di propria volontà al San Mungo; probabilmente era ricercato per qualcosa. Portarselo a casa? Meh. Mads sicuramente avrebbe saputo che farsene di quel bambino sociopatico, ma non voleva che, se avesse ricordato quel pomeriggio, credesse fossero qualcosa più di quel che fossero. Troppa confidenza.
    Quindi.
    «s-s-sai che c-c-c’è? an-andata» Si chinò per avere gli occhi alla stessa altezza del ragazzino. Prese il bordo della maglietta che Eddie indossava con la punta della dita, e la piegò verso l’alto per (soffocarlo.) pulirgli poco delicatamente la faccia dall’ammasso di muco e sangue. «andiamo a am-am-m-m-mazzare un f-f-figlio d-di p-p-puttana» magari avrebbe avuto le risposte. Magari non gli aveva dato solo una bottigliata in testa, l’aveva maledetto; posseduto; chi poteva saperlo. «m-m-magari la v-v-vendetta aiuta» era così ottimista all’idea di picchiare qualcuno – e prenderle. Sempre. Perché Barbie era quel tipo di persona. - che gli offrì addirittura la mano, così che potesse stringerla nella propria. «d-d-dov’eri? F-f-fai strada» Friendship goals ♥
    "i've been having a weird fucking time"
    - barbie jagger, 28
    now playing: haunted
    Branded honors, I can't own 'em
    I ain't fall for anyone's love
    There ain't closure to recover
    Remnants of what I once was
  11. .
    gansey & sander
    If I could paint the sky
    Well all the stars
    would shine a bloody red


    2023's ✧ wish & bitchinskarden ✧ tea time
    I'm afraid that life will run away,
    We go our separate ways.
    Somethings will never change.
    And I can't believe there was a promise made,
    That we would stay the same.
    Si lasciò cadere a peso morto sul letto, sospirando.
    Sospirando.
    E sospirando più forte, perché evidentemente invece di creare arnesi che non sarebbero mai serviti a nessuno, Roosevelt Stilinski Milkobitch avrebbe dovuto costruirsi un impianto uditivo. «sto sospirando» sottolineò a denti stretti, quando anche schiarirsi la voce non ebbe alcun effetto sul diciassettenne.
    «mh» L’altro non si sprecò neanche a girarsi, continuando imperterrito a ticchettare sulla tastiera del computer come se il suo fratellone preferito, nonché ex tutore, non si fosse appena appropriato del suo letto, entrando senza neanche bussare. Comportamenti che fino a non troppo tempo prima, gli sarebbero valsi almeno un sander. seccato, le dita a riassestare nervose le lenzuola e gli occhi già puntati accusativi sulle scarpe. Sander fece prolungare il silenzio, confidando che si protrasse abbastanza da costringere Levi a voltarsi; non lo fece. Scelse di ignorare i perchè, o la fitta nel costato. Decise di non farsi domande punto, perché neanche lui era così stupido da voler sapere la risposta, ma non potè ignorare il è troppo volere che tutto torni come prima? che puntualmente, ad ogni alba ed ogni tramonto, punzecchiava la base della gola. Non per sempre, solo per un po’. Quanto bastava a dirsi addio, e poi ognuno a farsi i cazzi propri.
    Deglutì. «dove sono le playlist depresse?» La mano sinistra non esitò neanche per un secondo sulla tastiera, né Levi tolse gli occhi dallo schermo. Con la destra, gli indicò una cassettiera contro il muro. «primo cassetto usb. secondo cd. Le cassette sono nell’ultimo» c’erano sentenze che non andavano commentate, e quella ne faceva parte. Il maggiore arcuò le sopracciglia, alzando mani in segno di resa che l’altro manco vide, avvicinandosi al mobile indicato dal Corvonero. Solo quando aprì il cassetto, sentì le dita fermare l’incessante ticchettio. «sono ordinate per colore ed anno» alzò lo sguardo, incrociando brevemente – per quanto concesso – quello di Levi. «non mando mica tutto a puttane» fu abbastanza certo di aver sentito in risposta un verso di gola. Una risata, forse, di quelle che suonavano così dure da vibrare rauche. Invece di rivolgergli un’occhiata interrogativa - che poteva dire? Aveva ragione - abbassò lo sguardo sulla divisione precisa, inquietante e chirurgica dei CD. Facevano molto vintage, lo sapeva, ma deprimersi ascoltando Olivia Rodrigo non era lo stesso con un ipod. «colore?» «verde» «speranza?» «dipende in cosa speri» Sander schioccò la lingua sul palmo. «mcscusa, confucio» sopracciglia corrugate, il dito a sfiorare un CD senza colore. «e questo?» Non fece in tempo a prenderlo e sollevarlo, che qualcosa lo colpì.
    In faccia.
    LEVI. «LEVI.» «devi farti i cazzi tuoi» oh, my. Che significava. «lo sai che – LEVI.» un’altra pallina anti stress lo colpì in faccia, più dura rispetto alla precedente. Si massaggiò la guancia, borbottando un «passi troppo tempo con la hilton» che si risolse in un sentito «non abbastanza» con una lenta, ed intenzionale, occhiata a tutte le armi appese (e mai toccate.. credeva.) al muro.
    Che merda.
    Era proprio suo fratello. Gli sorrise, ignorando il senso di colpa a bruciare da qualche parte fra stomaco e lingua. «ok, ok. Gesù. tieniti i tuoi segreti» Levi tacque. Sander tacque. Ma come: andava lì, sospirava, chiedeva una playlist depressa, e… «non mi chiedi perché?» Solo allora, Levi si fermò. Si fermò sul serio, mani ferme a mezz’aria, voltandosi per guardarlo. Sapevano il perché. Era un rito che si ripeteva da anni, perché era rimasto l’unico in famiglia (ed erano tanti.) a tollerare i suoi drammi d’amore. Era un po’ la loro cosa, no? Non avevano molto altro in comune: Sander non era abbastanza intelligente per il resto dei passatempi del minore; non era abbastanza paziente, o era troppo rumoroso, e manco l’erba gli faceva effetto. Non aveva altre scuse per passare del tempo lì.
    Era triste che ne avesse bisogno, ma era così. Ma quello? Ricordava la prima - «e ultima, è quella giusta, lo so» Levi, ogni mese dal lontano 2025 – relazione “seria” del fratello. Dopo tre giorni, Levi si era già annoiato, e l’aveva comunicato a Rosalinda per messaggio; Rosie si era molto offesa, perché solo un codardo lascia qualcuno per messaggio!! e allora il volpone aveva mandato Sander con una scatola di cioccolatini sotto casa per dirle la stessa cosa, perché sì, era un codardo. Sander veniva usato come manovalanza per rompere con qualcuno o fare dichiarazioni; lo accompagnava alle lezioni di danza, di judo, o di cucina della sua nuova cotta. In cambio, Levi sopportava i suoi sospiri, le sue frasi mai finite, i racconti dettagliati delle serate con Danielle Leroy Gallagher. I suoi la smetto, lo giuro quando non smetteva mai. è solo una stupida cotta, mentiva di continuo, sopravvivrò - almeno su quello, era sempre stato sincero.
    «vattene» Uh? «levi?» Si era perso. Anni prima - e dopo, perché lo smarrimento era evidentemente uno stato d’animo fisso per lui, indipendentemente dal nome all’anagrafe. Cosa…? Lo vide deglutire, scuotere la testa, distogliere lo sguardo e premere stanco il pollice sulla montatura degli occhiali. «per favore, sand» un tono basso, nudo, e così vulnerabile che il testardo, e rompi coglioni, Sander Bitchinskarden, non potè fare altro che ubbidire.
    Forse se ci avesse pensato
    - non mi chiedi perché? -
    se si fosse ascoltato
    - tieniti i tuoi segreti -
    e se avesse voluto farsi quelle domande, avrebbe capito che non stavano più parlando della stessa cosa. Che stessero parlando di scelte, e della decisione di non condividerle. Delle menzogne che Sander si portava avanti da mesi, seppellite sotto un senso dell’umorismo discutibile.
    Di un viaggio diverso da quello promesso. 1894.
    Una storia per un altro momento.
    Valutò di andare a importunare Juno e Dexter – non aveva idea di dove fosse Ray, e aveva paura di chiedere. - o catapultarsi (letteralmente.) dalle gemelle, ma almeno tre su quattro avevano cercato di ucciderlo ogni volta che toccava l’argomento Leroy Gallagher.
    Ok. Piano B.

    Bzz.
    Dannazione. Era in ritardo? Ne dubitava. Gansey organizzava sempre il proprio tempo per essere, se non in perfetto orario, almeno in anticipo. Le avevano insegnato che il ritardo fosse di cattivo gusto, e per quello c’era già «dorian?» suo fratello, dalla cui stanza riusciva a sentire, perfino con diversi corridoi a dividerli, musica a volume troppo alto. Alzò lo sguardo sull’orologio appeso al muro, constatando di avere ancora i dieci minuti che gli servivano per la cottura dei brownies nel forno, come da programma. Ovviamente. Un giorno avrebbe smesso di dubitare di se stessa e delle proprie capacità; non quel giorno, ma un giorno. Escluse che fosse qualche invitato arrivato in anticipo: nessuno dei suoi amici conosceva i concetti basilari quali la concezione del tempo. Tanto per quello c’era lei, no? Tenuta in un taschino come un agenda a ricordare impegni, compleanni e festività varie ed eventuali. Anche di bere acqua, visto che nessuno lo faceva mai abbastanza. Guardò i secondi scorrere sul timer, e ruotò il capo verso la porta. Voleva far aspettare qualcuno all’entrata, o rischiare di arrivare il minuto slash secondo più tardi che avrebbe rischiato di rovinare l’intera ricetta? Esitò. Gansey Weirdo Parrish non aveva talenti naturali. Non era come Dorian, a cui bastava mettere in mano qualcosa perché eccellesse ai suoi primi tentativi: dipingere, disegnare, perfino l’uncinetto. Gansey, quel che sapeva fare, se l’era sempre sudato, esercitandosi fino a non percepire più la punta dei polpastrelli. Dire che non l’avesse fatto per principio, sarebbe stata una menzogna, e Gansey non era una bugiarda. L’aveva fatto per spirito competitivo; l’aveva fatto perché aveva avuto i mezzi per farlo, incitata a provare tutto quello che avesse piacere di tentare; l’aveva fatto perché le piaceva essere al centro dell’attenzione dei suoi genitori, ricevere complimenti e lusinghe, farsi accarezzare i capelli – fossero quelli lunghi di Gansey, o corti di Weirdo – e stringere le guance fra le dita.
    L’aveva fatto perché tanti altri non avevano potuto farlo. Perchè un’occasione sprecata, era una possibilità tolta al mondo di essere tollerabile, se non migliore.
    «DORIAN» gridò, cercando di sovrastare la musica, perché voleva ancora scegliere i brownies. Ci si era applicata, seguendo la ricetta alla perfezione, e se non fossero venuti eccellenti perché si era distratta trenta secondi, qualcuno ne avrebbe pagato il prezzo.
    Dorian, o chiunque fosse alla porta. Nessuno si metteva fra Gansey ed i suoi :sparks: obiettivi :sparks: . Le piaceva credere di essere una brava ragazza, ma aveva dei limiti - suo fratello, li superava sempre tutti.
    BzzZzZzZzZzZzZ.
    Inspirò, occhi alzati al cielo. Rivolse un ultimo sguardo rammaricato al forno, prima di dirigersi verso l’entrata, prendendosi il proprio tempo per fermarsi di fronte alla porta del fratello, tirare una manata sul legno, e bisbigliare un «dormi con un occhio aperto.» che di minaccioso non aveva nulla, perché era un dato di fatto. Guardò la propria mise, arricciando il naso. A Gansey piaceva essere sempre impeccabile, il mi sono svegliata così dalla piega perfetta che cozzava con il disordinato, coatico, mi sono svegliato così di Dorian, e cucinare metteva a dura prova le sue skills. Ma! Ma. A tutto c’era rimedio, e sopra l’abito elegante, indossava una tuta bianca da chimica.
    Prima di aprire la porta, abbassò la zip e rimosse l’indumento nascondendolo sotto il divano con un calcio. Sistemò rapida i vestiti sottostanti, con una mano sul pomello sciolse lo chignon, e - «ah» squadrò Sander Bitchinskarden dalla punta delle scarpe – sporche – a quella dei capelli – spettinati – fermandosi poi sul sorriso esitante del cugino. Non era davvero infastidita dal trovarlo lì (… un po’ si. Cambiava i piani, e odiava quando cambiavano i piani), ma - meh. Non era neanche nella lista degli invitati.
    «uhm?» doveva essersene accorto perfino lui – lui! Che possedeva l’empatia di un batterio! -, perché dondolò nervosamente sui talloni, guardandola titubante. «stavi uscendo?» indicò con il pollice la strada dietro di loro. «no, scusa - scusa, ero distratta» ed infine gli sorrise, perché Sander Bitchinskarden era suo cugino, era suo amico, e – ultimo ma non meno importante – un suo cliente abituale. Di cosa? Beh. Gansey, invero, un talento lo aveva. Ereditato da mamma, diceva papà. Gansey credeva fosse semplicemente il frutto dell’essere cresciuto con loro, ma vallo a spiegare quando sotto lo stesso tetto viveva anche un Dorian: faticava a credere fossero fratelli (e manco importava che, spoiler!, non lo fossero di sangue: sarebbe comunque stato suo fratello, quindi restava inspiegabile).
    Ascoltava le persone. In tempi in cui nessuno poteva permettersi di farlo, Gansey aveva dato orecchio a chi ne avesse bisogno – conforto, compagnia - sin dai tempi di Hogwarts, al modico prezzo di offerta libera. Prendeva meno degli psicomaghi privati, era meno imbarazzante parlare con lei piuttosto che con il consulente a scuola, e aveva sempre caramelle da offrire ai suoi clienti speciali. Uno dei pochi segreti che ancora teneva ai genitori, perché sapeva cosa le avrebbe detto sua madre (papà no, probabilmente avrebbe apprezzato il suo spirito imprenditoriale.) ma … voleva essere indipendente. Arrotondava lo stipendio da venditrice all’epoca di Hogwarts, e receptionist da adulta, con quello (… e gli appunti. I compiti, se proprio aveva spesi ingenti nel periodo). Non ci trovava nulla di male. I segreti confidati, non li aveva mai rivelati a nessuno, e non l’avrebbe fatto.
    «brownies» scattò verso la cucina, ma non prima dell’usuale «togliti le scarpe» rivolto al cugino. «DORIAN, C’è SAND» Dorian: eye: :mouth: :eye: La musica si abbassò, solo per rialzarsi nuovamente. Scivolando verso il forno, offrì un sorriso di scuse al pompiere. «perdonalo, oggi va così» e ieri, e probabilmente l’indomani, ma se non giustificava lei i comportamenti atipici di quell’emo di suo fratello, chi l’avrebbe fatto? Emo che, per giunta, era tornato a casa per lei. Per tenerle compagnia mentre i genitori non c’erano.
    Mhmh. Una grande compagnia. Gansey avrebbe scommesso che stesse evitando casa propria per altri motivi – tipo uno spacciatore a cui non avesse saldato debiti – ma chi era lei per giudicare. Finchè fosse rimasto a fare il cavernicolo in camera sua, sarebbe andato tutto bene.
    Arrivò giusto in tempo per spegnere il timer ed aprire il forno, da cui estrasse la teglia di dolci al cioccolato non un secondo dopo il necessario.
    Sospirò felice.
    Schiaffeggiò la mano di Sander già allungata verso i panetti.
    «dopo. Oggi è il 22» avrebbe dovuto bastare.
    Sander la guardò.
    Non bastava.
    «la tradizione? Annuale? Che sai esistere da diciannove anni, alla quale ti ho invitato per diciassette, ed a cui non ti sei mai presentato?»
    Sander la guardò. Gansey chiuse gli occhi, sistemando i brownies su un piatto decorato. «il tè.» Si impettì e drizzò la schiena, mettendogli fra le braccia il vassoio da portare in salotto. Sander si chinò sulla teiera, annusandola confuso. «non sembra tè» ed ecco perché Sander non era graziato con lo sconto famiglia. Battè lentamente le palpebre, umettando le labbra e sforzandole ad un sorriso gentile. «perchè è vino.» «ah. Ah! pensa» eh, pensa. Ok che era una persona precisa, ma aveva pur sempre diciannove anni, e vivevano in un apocalisse che tragicamente, senza un attimo di tregua, sterminava la sua famiglia; i suoi amici; i conoscenti, i colleghi. «quindi i brownies...» «quindi i brownies.» rispose, seguendolo in sala e lasciando i dolci sul tavolo. Non aveva invitato molte persone, era una tradizione per pochi. Un anno aveva fatto l’errore di invitare i cugini da parte di Gemes.
    Mai più. Non odiava molte persone, ma CJ Hamilton sì.
    «e quello non è...purr purr»
    Erano parenti. Condividevano dei geni. Zia Darden, perché mi hai fatto questo.
    «potpurri?» lo corresse, perché voleva evitargli quelle brutte figure anche con gli sconosciuti. «no, sander. Non è potpurri»
    Sander annaspò drammatico. «FUNGHETTI?» Buongiorno, principessa. Inarcò un sopracciglio, invitandolo a sedersi. «ti voglio bene. Ma se ti dico “pablo escobar”, te ne vai. Ok?» Le safe word erano importanti in ogni ambito della vita.
    Che poi: «tu perché eri qui?»
    «uh...» Qualcuno suonò il campanello, ma Gansey non si alzò. Rimase seduta, occhi blu rivolti al viso di Sander - era più sciupato? Più grigio? Mangiava a casa? Dannazione, avrebbe dovuto trasferirsi con zia Jericho, invece di fare lo zuccone - ma lui scosse il capo. «non è così importante. Dopo, magari?»
    Magari era fortunato e qualcuno dei presenti avrebbe annullato la Guarigione permettendogli di farsi qualche funghetto.
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    che cos'è? niente. volevo farlo. non è manco il prompt ouroblivion di natale. MA DAI! TRIGGER 2043!!!! BARWEED .......... ogni tanto mi rendono soft e ci ricado fatemi causa. e i'm a slut for barbie in tutte le epoche. ANYWAY!
    è il 22 dicembre 2042. c'è una kindish festa per intimi a casa wish organizzata da gansey. l* conoscete? scopriamolo insieme!!
    - è del 2023
    - ha frequentato hogwarts (...non so in quale casata. vi farò sapere. a pelle direi serpeverde ma attendo papà) credo sia metamorfomagus, ma chissà. forse ho fallito e non ha mai frequentato scuola perchè special? MAH. SCOPRIAMO INSIEME ANCHE QUESTO. nel dubbio fingete di conoscerla dai!!&&
    - ora... lavora. da qualche parte. fa la receptionist, immagino in qualche albergo di lusso perchè sì, se volete aprire un locale e darle lavoro non mi offendo (.) ed ha sempre lavorato...in...locali. come cameriera. anche qui, se avete locali e cercavate personale, prendetel*. dai, tutto fa brodo!! è genderluid, un po' gansey un po' weirdo (mi spiace ari è così. giuro che ha davvero un secondo nome, e ora la divisione esiste).
    - e, mh. figlia di idem e noah, quindi... parenti withpotatoes! a me! e gallagher! (penso.)
    ho finito le info utili. MA VENITE A PRENDERE IL (vino) TE CON I BISCOTTI (con la maria.) IN COMPAGNIA ♥ sono le ultime vacanze di natale insieme...!
  12. .
    non ho resistito ciao papà cheemy no
    cos'è? non lo so. un esperimento. MA MI MANCA SOLO UN DEBITO PER L'ACHIEV.

    8gAk4d0

  13. .
    aggiorno con chelsey ! ♥

    CODICE
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    Edited by selcouth - 29/8/2022, 00:46
  14. .
    «sander.»
    Barbie si fermò.
    Lì, in mezzo al vicolo buio e maleodorante nel quale non era stato affatto difficile trovare il Moonarie in stato confusionale, fra pattumiera e roditori affamati - a casa, in pratica - perchè, fra le tante cose che avrebbe potuto dirgli, mai avrebbe immaginato... quello. Corrugò le sopracciglia, un brivido nel rendersi conto di star guardando un estraneo dal volto familiare (non la prima volta che gli capitava; non l'ultima): c'era qualcosa di lucido, ed estremamente non Eddie, nell'uomo che lo studiava a pochi metri da lui.
    In quel «sander!» con cui lo richiamò all'attenzione, sorridendo come se tutto quello avesse avuto perfettamente senso.
    Non lo aveva.
    Come... come faceva a sapere fosse lui (-semi cit). Eddie e Barbie non avevano mai parlato del 2043, di quel Sander Bitchinskarden che suonava alieno e sbagliato pronunciato da Eddie a quel Barbie, l'ombra offuscata di quel che era stato. Il Jagger neanche sapeva che l'altro sapesse, per l'amor di Dio, e ora quello se ne andava a sbandierare un nome che non gli apparteneva più come fosse la cosa più ovvia e giusta del mondo? Cristo santo, ma che cazzo di botta in testa gli avevano dato, per mandarlo così in errore - ed orrore, se l'aveste chiesto al guaritore ancora immobile, l'espressione inflessibile che ben poco si addiceva a chi era solito indossare noia e pallido divertimento.
    Sander. Di nuovo. Proprio quel giorno, poi. Non se lo meritava.
    «cosa succede?»
    You're confused? i'm fuckin confused, bro.
    L'istinto di sfotterlo era troppo forte perchè il Guaritore potesse resistere, malgrado l'altro fosse malconcio e pietoso. Vorrei dire che fosse il suo copy mechanism perchè terrorizzato da quanto stesse succedendo, ma sarebbe stata una cazzata: Barnaby Jagger era semplicemente una merda. C'era poco da girarci attorno. Era un bastardo secolare che trovava intrattenimento nella miseria altrui, come dimostrava con le maratone di reality tossici che si faceva in segreto con la Kentucky (aka: Sersha) ed il fatto che di fronte ad un uomo sanguinante, un uomo che conosceva, si prendesse gioco di lui piuttosto che prestare soccorso.
    Quello, era Barbie. Non un gran logico, nè portato a pensare prima di agire; non era empatico. Dopo anni sepolto sotto i sensi di colpa, da quando aveva scoperto che sua moglie e suo figlio si fossero salvati, e non fossero mai morti, Barbie Jagger ne era uscito più menefreghista di prima, impermeabile alla morale che colorava le vite altrui.
    Vaffanculo era il suo nuovo cazzo di mantra. Sono troppo vecchio per questa merda (bengali: triggered).
    Poi se la gente ci si metteva d'impegno a strizzargli i coglioni, cos'altro vi aspettavate?
    «non.. mi ricordo. o-oronzo?» Il sorriso di Barbie si appiattì, gli occhi ridotti ad una fessura. Non esisteva forma e modo, e mondo, in cui Edward Moonarie potesse non cogliere quell'allusione - era semplicemente contro natura. Perfino Julius, con uno stizzito linguaggio!, avrebbe colto quel sottile tentativo di umorismo tossico del Jagger.
    «fa male.. e ho-»
    Aveva sviluppato un Istinto TM, per quei momenti. Un sesto senso che avrebbe fatto l'invidia di Gwen, il cui terzo occhio socchiuso non riusciva a prevedere neanche il meteo del giorno affacciandosi alla finestra. Qualcosa di primordiale, creato dai primi uomini per salvarsi la pelle dai pericoli di notti senza luna e stelle.
    «n-n-no» alzò un dito, piantandolo contro il naso del Moonarie. Già era difficile sopportare, e sopravvivere a, Eddie, ma - quello? Quello davvero *clap* non *clap* se *clap* lo *clap* fuckin meritava. «n-no, eddie - m-m-merda» Sospirò. I sospiri andavano sempre per la maggiore, in famiglia.
    Abbassò lo sguardo su vestiti larghi e pelle stretta. Non sapeva perchè ogni tanto, a cazzo, Eddie tornasse bambino - non gli era mai importato abbastanza da domandarselo, tanto era un problema in entrambe le età - ma se non fosse stato così un piccolo infame di merda, gli sarebbe dispiaciuto che tra tutte le età a cui potesse tornare, gli fosse toccata proprio quella: la pre adolescenza, con quegli arti tutti lunghi e deformi che lo facevano apparire uno scoordinato ragnetto albino. Non si era accorto di aver chiuso gli occhi, forse sperando che le palpebre abbassate lo collegassero direttamente a Dio e lo salvassero da quello strazio, ma quando li riaprì, si ritrovò a guardare Sandwich.
    In - in lacrime.
    Cristo santo. Ma che cazzo era successo.
    «ho paura»
    Anche Barbie, ma non glielo disse. Non avrebbe saputo dire di cosa, in ogni caso.
    «aiutami?»
    E quello sgagnetto insensato, sporco di sangue e lerciume, gli strinse le mani alla vita e lo abbracciò.
    Così, a caso. Come se Barnaby Jagger fosse davvero in grado di aiutare qualcuno. Gli venne da ridere, ed un po' istericamente, alla fiducia immeritata riposta nei suoi confronti. «m-m-m-minchia eddie. s-s-se volevi un oscar c-c-c'erano m-m-modi m-meno r-r-rompicoglioni» ma aveva anche sinceramente paura, quindi la voce suonò meno decisa e meno pregna di derisione di quanto avesse voluto. Poggiò una mano sulla sua testa, come uno dei ganci nelle macchinette per recuperare peluche alle fiere, e lo spostò allontanandolo da sè. Gli girò il viso, cercando la ferita ancora aperta ed eventuali altre emorragie interne che stessero causando... qualunque cosa stessero causando. Non voleva farsi troppe domande. Tendeva a non apprezzare le risposte. Quello che sapeva, però, era che non fosse più divertente, perchè sembrava l'inizio di un cazzo di film dell'orrore: Barbie era duro a morire, ma non eterno. «s-s-se m-m-mi stai p-p-prendendo p-per il c-c-culo, l-l-lascio il bde» sibilò fra i denti. Il motivo per cui sopportava quella testa di minchia, era che fosse troppo pigro per cercare un'altra occupazione, ma quello era un po' troppo sopra le righe perfino per Eddie, ed anche il Jagger aveva i suoi limiti.
    Barnaby Jagger non era cattivo, solo un gran cazzone. Se qualcuno aveva bisogno di una mano, pur facendolo pesare ad ogni momento, l'avrebbe fatto, e non voleva... non voleva che Eddie morisse.
    Non avrebbe lasciato quella soddisfazione a qualcuno senza nome e senza faccia.
    E in parte - minima - gli sarebbe mancato. Probabilmente. Era pure un modo di merda di morire, quello lì.
    Quindi.
    Fece assorbire il sangue, curò la ferita, si assicurò che non rimanessero lesioni permanenti - sul danno alla nascita, non poteva fare niente - e lo osservò con occhio critico e clinico. «t-t-ti c-chiami edward m-m-moonarie. r-r-rompi il c-c-cazzo p-p-per v-v-vivere. n-n-non so quanto anni t-t-tu abbia. n-nè d-d-dove v-v-vivi.» quindi, quello era quanto sapesse di lui e potesse condividere: nome, e mansione lavorativa. «n-n-non s-s-sono -» deglutì, spostando lo sguardo oltre le spalle del bambino. «sander.» in quel momento, gli veniva difficile credere di esserlo mai stato. «s-s-sono b-b-barbie. un» amico? Probabilmente.
    Lo guardò comunque serio, perchè neanche in quelle condizioni era abbastanza intenerito da ammetterlo: per quanto ne sapeva, era tutta una farsa. Ce l'aveva, quell'indole da primadonna. Cercò di ricordare se il giorno prima avesse ignorato i suoi messaggi, causando una crisi d'ego che l'avesse portato a quello.
    La risposta era: sì. Barbie ignorava i messaggi di tutti, fatta eccezione per le dirty talk con Gwen. Non doveva pensarci molto.
    «c-c-colleghi» indicò la divisa che ancora aveva addosso, stampandosi un falso sorriso da bancone sulle labbra. «t-t-tadaaan?»

    "i've been having a weird fucking time"
    - barbie jagger, 28
    now playing: haunted
    Branded honors, I can't own 'em
    I ain't fall for anyone's love
    There ain't closure to recover
    Remnants of what I once was
  15. .
    Gli mancavano i bei momenti in quel di Bodie, California, in cui gli abitanti lo circondavano con torce accese cantando in latino per liberarlo dal demonio. Ah, la nostalgia dei tempi andati che lo prendeva sempre nelle giornate in cui il sole faceva capolino oltre la spessa nube britannica, costringendo moralmente gli abitanti ad uscire per prendere un gelato. Non pensava che gli sarebbero mai mancati quei piccoli bastardi, ma al peggio non c’era fine. Strinse i denti, accennando un sorriso alla bambina che continuava imperterrita a premere la faccia contro il vetro dei gelati.
    Ma che cazzo di problema aveva.
    «p-p-p-prossimo» ringhiò fra i denti, salutando la famiglia con un cordiale ed amichevole cenno con la mano; se divenne o meno un dito medio, non vi è dato saperlo. Vi basti ricordare che fosse stato impiegato del mese per tre mesi di fila.
    (Quindi sì. L’aveva fatto.)
    Era già pronto a sputare nella coppetta del cliente successivo – che non aveva fatto niente per meritarselo? Esatto, ma il karma era una puttana e Barbie peggio. - quando lo vide.
    Ora.
    Barnaby Jagger sapeva che prima o poi sarebbe arrivato quel giorno. Sperava di no? Certo: il guaritore odiava i problemi, e quello lo era. E sapete cos’altro odiava? (Tutto) Le domande. Non le capiva, né comprendeva, perché qualcuno si sentisse in dovere di fargliene. Non l’avevano visto in faccia? Chiaramente non sapeva un cazzo di niente e non aveva soluzioni ai loro problemi. Aveva partecipato alla prima guerra mondiale; vendeva gelati. Avrebbe dovuto essere una risposta da sé. E non iniziamo con - «possiamo parlare?» Ecco. Proprio quello. Il Jagger diede un’occhiata alla fila dietro Mac, mostrandogliela con un cenno della mano ed uno strano verso di gola a metà fra un eh e un duh? che fece impallidire maggiormente il fu Bodiotto di Sacramento, ma non ebbe… non poteva dirgli di no. Semplicemente, non poteva. Perchè a suo modo, l’aveva visto crescere; perché, a suo modo, sapeva cosa significasse essere dalla sua parte; perché, in qualche assurdo gioco del destino, era pur sempre stato suo fratello. In un’altra vita, gli aveva sorriso e domandato se gli insegnasse a suonare la chitarra; con un altro Barbie, l’aveva portato con sé ovunque come un cazzo di santino di ale jr nel portafoglio.
    Perchè un altro Mac, l’aveva seguito fino al secolo precedente.
    Per un battito di ciglia, desiderò essere qualcun altro. Qualcuno di più comprensivo, di più empatico, di più tutto quello che non era e non poteva essere. Barnaby Jagger non era fatto per quel tipo di responsabilità. Non era fatto per la richiesta che leggeva negli occhi grigi del Corvonero, per lo statico nervosismo con cui continuava a tirare le maniche della giacchetta. Allungando una mano di lui, avrebbe trovato solo un cinque, e solo se fosse stato fortunato.
    Avrebbe dovuto saperlo. A Bodie c’erano stati insieme, e prima ancora di sapere chi fossero l’uno per l’altro, Barbie aveva sempre fatto del proprio meglio per distruggere le speranze del ragazzino sotto il tallone della scarpa: se ne andranno senza di noi; sarai morto per quando nasceranno; magari neanche si ricorderanno di te. «ok» Mac si guardò nervosamente attorno, ma Barbie non accennò a spostarsi in un posto più intimo, rimanendo saldamente dietro la cassa a bloccare la fila. Perchè avrebbe dovuto? Sarebbe stato breve, e indolore.
    Breve, e indolore.
    «volevo...parlare di…? Cioè… se...»
    «n-n-no» chiarì subito, così, a scanso di equivoci. Sarebbe stato dannoso per entrambi farlo proseguire in un discorso che, ovviamente, nessuno dei due voleva affrontare - altrimenti perché aspettare? Gwen gliel’aveva detto subito, quando aveva rivelato loro del 2043. Settembre. Si era fatto due domande, e dato due risposte, nel non vedere nessuno dei due approcciarlo nei mesi successivi. Probabilmente non sarebbe cambiato nulla, e l’espressione di Barbie sarebbe stata la stessa indossata quel giorno – annoiata; grezza – ma forse avrebbe cambiato tutto, che fossero andati a cercarlo il giorno successivo. Magari per insultarlo; per chiedere perchè non avesse detto niente; per vedere le foto dalle quali si erano cancellati.
    Niente.
    E arrivava, mesi dopo, per avere...cosa? Cosa voleva da lui? Rassicurazioni? Fare una chiacchierata fra amici? Aveva perfino smesso di andare a trovare Mads, come se la Wesley c’entrasse qualcosa. «n-n-non c’è b-b-bisogno d-d-di p-p-parlarne» fece spallucce, come se la questione non lo toccasse minimamente. Avrebbe voluto fosse così; avrebbe voluto non provare quel fastidio al petto, gemello di quello che aveva sentito quando Zac gli aveva aperto la porta del suo ufficio la prima volta non dando segno di riconoscerlo. Perchè era stupido, no? Insensato. Odiava le cose stupide e insensate, quelle troppo astratte e morbide perché potesse stringerle fra le dita e gettarle via volontariamente. «n-n-non ha importanza» lo ripetè ad entrambi, guardando annoiato un punto oltre le spalle dell’Hale. Anche se, ed era un grosso se, fosse venuto lì per… qualcosa, Barbie non avrebbe saputo come darglielo. Non era Sander; non poteva essere il cardine di cui chiaramente il ragazzo, da sempre, aveva avuto bisogno. Soprattutto, non voleva esserlo, perché era troppo faticoso e lui non ne aveva sbatti, ok? Non aveva firmato nessun foglio che lo costringesse a fare da badante a non più adolescenti con crisi d’identità. Se voleva conforto, Barbie era la persona sbagliata.
    Meglio un taglio netto e chirurgico.
    «n-n-n-non c-c-cambia un c-c-cazzo» Abbassò lo sguardo giusto in tempo per vedere l’esatto, preciso momento, in cui qualcosa si ruppe. Non avrebbe saputo dire cosa, e non era (non è?) compito suo deciderlo. E se in parte, in parte, si sentì in colpa e bugiardo, cazzi suoi: l’avrebbe aggiunto alla numerosa lista di difetti con cui conviveva da ventotto anni, e ci avrebbe dormito un’altra notte. «f-f-fai p-p-prima a d-d-dimenticarlo» nessuno poteva fargli causa, se il tono si fosse lievemente addolcito. Se un po’ si maledisse per essere stato Barnaby Jagger TM senza un minimo di filtro, nel notare come le spalle dell’altro si fossero fatte curve e pesanti, le ciglia a battere frenetiche. «p-p-pensa al tuo f-f-futuro. S-sei all’ultimo a-a-an-anno n-no?» quando Mac annuì, battè le mani fra loro, facendolo sussultare. Umettò le labbra, notando come le persone dietro l’Hale iniziassero a spazientirsi.
    Sentendo la propria risoluzione, indebolirsi.
    Era meglio per entrambi. Davvero. Magari non quel giorno, ma un giorno l’avrebbe capito.
    Avrebbe potuto dirgli cento e mille cose, in quel momento.
    «q-q-quindi il g-g-gelato l-lo v-v-vuoi?» Ma non lo fece, perché era pur sempre Barnaby Jagger. Lo guardò
    (avere un mental breakdown con la porta. Cercare di aprirla spingendo, invece di tirando com’era scritto sul cartello. Non lo aiutò solo perché pensava avrebbe peggiorato le cose, e fu molto maturo e responsabile da parte sua, grazie tante)
    andare via con il gelato stretto fra le mani come il peggior insetto immaginabile, e non fece niente.
    Sospirò.
    Gwen gli avrebbe fatto un culo epocale.

    Pensava che la cosa più strana e assurda del giorno fosse già successa.
    Invece era arrivato un cliente, trafelato e dall’aria preoccupata, che gli aveva domandato (a lui. Ma dov’era quell’infame del Tryhard quando c’era tutto quel movimento in negozio?) se sapesse cosa fosse successo nei pressi dello Spacobot, come se la questione potesse interessare il Jagger. «n-n-no.» «ma c’era il tuo collega!! quello!!!» indicò una foto di Eddie.
    Gli interessava ancora meno. «s-s-sono s-s-sconvolto.» «DOVRESTI!!! Gli hanno dato una bella botta in testa!!! Quando me ne sono andato, girava senza senso per i vicoli cercando un certo Sandro?» No, aspetta… Gli avevano dato una bella botta in testa SENZA DI LUI? Attendeva quel momento da anni, Barbie. Non si stupì del fatto che nessuno avesse prestato soccorso, e fossero invece andati nel luogo di (non.) lavoro a spargere pettegolezzi – era così che funzionava il mondo – e nessuno battè ciglio quando dichiarò il locale chiuso, e domandò un passaggio per Dark Street.
    Che amore. Tutto per aiutare il suo amichetto!
    […] «papà?» Era bellissimo. Si meritava esattamente quel genere di sollazzo, il Jagger, dopo una giornata così di merda – anche perché dubitava che la Markley gliel’avrebbe data, non le piaceva quando faceva piangere i “suoi” bambini. Duh. «t-t-t-ti p-p-piacerebbe» lo studiò di sottecchi, domandandosi quanto la situazione fosse tragica. Abbastanza da rimanere nei paraggi? Sì. Ma da fare qualcosa in merito? Eh. Magari dopo. «s-s-sai quante d-d-dita s-s-sono?» e se le sfarfallò cambiandole rapidamente davanti alla faccia di Eddie, era solo fuckin karma. «o c-c-chi s-s-sei? T-ti aiuto: fa r-r-rima c-con b-b-bronzo» sorrise, una spalla poggiata al vialetto.



    "i've been having a weird fucking time"
    - barbie jagger, 28
    now playing: haunted
    Branded honors, I can't own 'em
    I ain't fall for anyone's love
    There ain't closure to recover
    Remnants of what I once was


    un sogno. aspettavo questo momento da tutta la vita. #baddie for life
137 replies since 23/11/2015
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