[q09] don't die on me

d(eath)j
hamilton

error
parker

don't die on me

«che stronzata,» DJ Hamilton passò la lingua sull’arcata superiore dei denti, le sopracciglia sollevate ed una critica occhiata alla superficie riflettente. «io non lo faccio.» Erano quattordici anni - quattordici, maledetti, anni - che li obbligavano a quel Rito. Non si era mai fidato di alcun veggente, ed odiava, odiava che una cazzo di profezia fosse la loro unica speranza per riportarli indietro. Per quanto ne sapevano, e per quanto l’Hamilton credeva, poteva tranquillamente essere una menzogna; poteva perfino essere stato l’alcool a parlare, e non un dono.
Nel 2023, un gruppo di uomini e donne partito per una missione top secret, era sparito senza lasciare alcuna traccia. Così, dal nulla - come se mai fossero esistiti, una mera allucinazione collettiva. Nessuno al Ministero aveva negato la loro scomparsa; nessuno aveva cercato d’insabbiarlo: la loro società si basava sulla fiducia - e, a dir loro, una completa trasparenza era ciò che il popolo meritasse.
Gran bella trasparenza del cazzo; un modo come un altro per lavarsene le mani, e dire non ne abbiamo idea: lasciate le cose come stanno, e andate avanti. Non aveva neanche ancora tre anni, DJ, quando la Profezia era apparsa quasi per caso nelle loro vite, promettendo che non fossero morti, che sarebbero tornati - che il sangue, sarebbe stato il confine da varcare. Che Cristo Signore voleva dire? Nessuno ne aveva un’idea precisa, ma le teorie del complotto non s’erano risparmiate in merito. Per un periodo, “#desaparecidos2023” era stato anche trending su Twizzer (il twitter dei maghi, ovviamente: i babbani non ne sapevano nulla, e per chi di loro conoscesse gli smarriti, un bell’oblivion e via ogni paura). Era un problema dei maghi, e tale sarebbe rimasto.
Un vero peccato, considerando quanto superstiziosi e ingenui fossero su certi argomenti. Nel 2024 era stato istituito il Rito, una stupida celebrazione che invitava tutti coloro che condividevano legami di sangue con i Dissolti a pungersi un dito, e sfiorare un enorme, ed alquanto kitsch chiedendo l’opinione all’Hamilton, specchio situato al centro del Wicked. Ogni anno, il 20 Aprile, chiunque vantasse legame biologico con uno chiunque degli scomparsi, si presentava al Parco Divertimenti per quella enorme stronzata che, sempre a dire di DJ, faceva tanto rito satanico medievale. Ed ecco il motivo per cui nessuno chiedeva più il pensiero di DJ Hamilton in merito a qualunque cosa. Gli avvistamenti riguardo William Lancaster erano più numerosi di quelli di Michael Jackson, tanto che chiunque non avesse preso parte alla Rivolta del 2018, faticava a credere che fosse mai esistito (vedi: DJ Hamilton; si, esatto); la leggenda narrava che l’uomo provenisse da un’altra dimensione, ed a causa di qualche falla nel sistema spazio-temporale, i Dissolti fossero caduti in qualche…boh, vortice che li avesse portati a scambiare posto con l’uomo. Qualcuno diceva che l’anima di William Lancaster pesasse quanto quella di tutti i dispersi, e lo scambio era stato equo nel mantenere un equilibrio cosmico; certo, c’era anche qualcuno che ogni anno cantava E.T. di Katy Perry e, spogliandosi nudo in campi di grano, chiedeva agli alieni di addurli così come anni prima aveva fatto con gli altri – quindi insomma. Per non parlare di quella branca di fanatici che ogni due anni si recava in pellegrinaggio nel Triangolo delle Bermuda: magnifici. Messo a confronto, il Rito poteva apparire forse meno primitivo, e di certo più semplice ed economico. Qualcuno ancora osava sperarci davvero, che avrebbe funzionato, ma altri – come dimostravano la scorta di alcolici trascinata da Cyn e Ramses – vedevano il Rito come un più povero Coachella.
DJ Hamilton, si trovava lì per cause di forza maggiore.
Dove con forze maggiori, si intendeva: «IO LO FACCIO» RJ, chiaramente. Chi altri poteva avere quella voce squillante e fastidiosa? Alzò gli occhi al cielo, trattenendo in un respiro tutti gli impropri che il fratello si sarebbe meritato, ben consapevole che non sarebbe riuscito a fargli cambiare idea: si smetteva di provarci, dopo diciassette anni. Il fatto che l’altro Hamilton fosse così sicuro, bro, ma al cento per cento, bro, che becchiamo mamma e papà non faceva che aumentare considerevolmente i mai troppo sopiti istinti fratricidi di DJ.
Sospirò, il capo a scuotersi debolmente. «okay, ma l’ago lo prendo io» perché a) doveva pur far uscire da qualche parte la violenza che avrebbe volentieri usati nei confronti di RJ, e b) mai lasciare un RJ Hamilton con un qualsivoglia tipo di arma fra le mani: anche se fosse stato in grado di maneggiarla, ed era un grande forse, avrebbe sicuramente fatto del male a qualcuno – che fosse per errore o perché non gli interessava abbastanza, non avrebbe cambiato le sorti del malcapitato. Prese la mano del fratello nella propria, pungendo l’indice in una versione più macabra, ed indubbiamente malata, della Bella Addormentata nel Bosco.
DJ Hamilton non credeva nei miracoli. Non credeva negli oracoli. E mai, neanche da bambino, aveva creduto che il Rito potesse funzionare.
Quando nella piazza scarsamente illuminata del Wicked si spalancarono due buchi, strappando singulti e gridolini da presenti, commentò nell’unico modo possibile.
«porca merda.»
«gesù?» amen. Error, Ron Parker girò attorno alle fosse con sincero timore, le labbra strette fra loro alla base della schiena. «CHE. FIGO» Cynric Carter battè le mani entusiasta, cercando poi il palmo di «SONO ARRIVATI» Ramses Withpotatoes, suo cugino, contro il quale schiacciare un cinque. Il sorriso di ambedue poteva giusto compensare la mancanza di entusiasmo di Ron e DJ, gli sguardi truci a rimbalzare sui due chiedendosi dove l’evoluzione avesse mancato la sua carta bonus - non che Cyn e Ram prestassero loro attenzione: chi era l’imbecille che ricambiava l’occhiata di gente che conosceva da tutta una vita, quando davanti a loro s’aprivano le Porte del Destino?
Con il passare dei secondi, l’eccitazione diminuì fino a diventare nervosismo. Nessuno di loro sapeva cosa quello significasse, ma…non era forse scritto nel Fato che, da quelle entrate, dovessero arrivare i…Dissolti? Alla fine fu Ron, labbra strette fra loro, a fare la domanda che tutti loro (eccetto Cyn; lui stava pensando, senza alcun contesto né motivo razionale, ai treni) si stavano ponendo: «perché sono …due?» Un ottimo quesito, per il quale nessuno di loro aveva una risposta.
E sotto i loro occhi, i buchi nell’aria iniziarono a farsi più…sottili.
«forse dobbiamo…»
«no»
«non ho detto niente?»
«non ce n’era bisogno – RJ, nO»
Troppo tardi, sempre troppo tardi. Il panico strizzò la gola dell’Hamilton, mentre il fratello spariva in uno dei varchi. Ma che - che «CAZZO» lanciandosi anche lui verso il buco, qualunque cosa fosse: anche fossero stati ingoiati dall’universo, non avrebbe mai lasciato suo fratello da solo.
«RAM, PROVIAMO QUESTA? Sento odore di – fieno?»
«CAMPO DI GRANO?? Contami.» Si fiondarono nel secondo varco.
Erano ragazzi. Non avevano mai conosciuto la guerra, non sapevano realmente cosa fosse la paura: erano ragazzi.
Che ne sapevano, di star cambiando il mondo.

«lo sapevo» Melvin Diesel, cui tarocchi non sbagliavano m a i, non se l’era sentita di abbandonare la questione al caso. Non credeva nelle coincidenze; non credeva nel qualche volta capita: credeva nella ritualità, credeva nelle ricorrenze.
Credeva che quel venti aprile meritasse la sua presenza in quella stanza, dove un anno prima un gruppo di gente proveniente dall’altra parte li aveva trascinati all’avventura. Cose simili non potevano - non potevano - non avere ripercussioni sulla realtà.
Ed il fatto che nessuno dei Viaggiatori potesse essere presente, la obbligava moralmente a sedere in prima fila in attesa di…qualcosa. Non sapeva cosa, ma il suo sesto senso le diceva che sarebbe successo qualcosa. Onestamente, di qualunque cosa avesse potuto trattarsi, ne avrebbero avuto bisogno: perfino un viaggio in un universo alternativo, sarebbe stato migliore della vita a cui i Viaggiatori, da qualche mese a quella parte, erano costretti.
Un bunker sotto la città. A fine febbraio, il Governo aveva denunciato reati (che, per inciso, Vin sapeva non fossero mai stati commessi) a nome dei Viaggiatori; ritenendoli troppo pericolosi, era caduta su di loro l’antica legge della pena capitale: se qualcuno, chiunque!, li avesse trovati, avrebbe dovuto ucciderli.
La vita da fuori legge non era un granchè, quando tutti conoscevano la tua faccia. Sì, qualche sporadica volta potevano uscire (vitamina B, C, eccetera eccetera) ma era troppo rischioso: tutti li stavano cercando; tutti coloro che un anno prima erano stati disposti a baciare il marciapiede sul quale camminavano, volevano la loro testa da portare al Ministro. Che meravigliosa costruzione sociale, la coerenza! Avevano creato problemi a chiunque li avesse mai aiutati; nessuno di loro era più al sicuro, fra spie e sicari che li seguivano ovunque – ma ehi, Melvin aveva passato tutta una vita a fuggire: ci si faceva l’abitudine. Almeno passava meno inosservata di altri. Qualcuno aveva lasciato la Francia; altri erano rimasti, perché confidavano - confidavano - che William Lancaster sarebbe tornato a prenderli.
Per inciso, non l’aveva ancora fatto.
Ma quando la superficie dello specchio (che stava lucidando, perché mettete che gli aloni oscurassero, boh, le onde spazio temporali? e sul quale, da vera babba ed in pieno stile Melvin Diesel, si era tagliata, ma non credeva fosse importante ai fini della trama) si era d’improvviso oscurata, la Diesel s’era detta: ci siamo.
E poi: «non sei williamlancaster»
«- sei un IMBECILLE» che, stranamente, in parte rispondeva alla sua domanda. Vin piegò il capo sulla spalla, il labbro inferiore sporto all’infuori. Aveva indietreggiato fino a trovarsi seduta sul bordo della vasca, laddove aveva abbandonato la propria confezione di pop corn al caramello. «ma è un bagno?» «che CRISTO hai nel cervello – anzi, non rispondermi» ad una delle due domande sapeva rispondere: «sì! IL, bagno»
Ron Parker sapeva, nel profondo del suo cuore, che quella specifica avrebbe dovuto avere senso. Lo leggeva negli occhi della ragazzina, nel sorriso brillante ed entusiasta, nelle mani strette fra loro in adorazione. Ma: «quale bagno?» così, giusto perché non aveva abbastanza orgoglio da non voler passare per deficiente, e si sentiva davvero…smarrito. «quello di jamie» ah ecco!
No, aspetta - «jamie?» «jamie hamilton?» lo stava chiedendo a lui? Fece guizzare dubbiose iridi cristalline su DJ, il quale, con le dita strette alla radice del naso, aveva ben deciso di dissociarsi. Avrebbe voluto biasimarlo, ma, come dire, anche lui era tentato. «…parente vostro?» Avrebbe davvero preferito non dover strappare DJ da quello stato di meditazione, perché #dj Hamilton mi fa un po’ paura anche se ha cinque anni in meno di me, ma gli pareva una domanda…abbastanza necessaria, ecco.
L’occhiata del ragazzo, gli fece rimpiangere tutto. «come santo padre faccio, a saperlo?» beh: severo ma giusto. Accettò la sconfitta con una scrollata di spalle, senza prendere sul personale l’invettiva dell’Hamilton – aveva un carattere di merda con tutti, quindi, per quanto ne sapeva, poteva invero amarlo alla follia. «ochei – senti, cara figliola: per caso sai dirmi…» chi sei? chi siamo noi? perché, e come, esistiamo? «che giorno è?» tentò. Li avevano teletrasportati? La cosa più inquietante, era che la biondina sembrava…starli aspettando. Pensò fosse opportuno domandarlo – tanto oramai, scemo per scemo, tanto valeva far passare la confusione per un god complex. «ci stavi…aspettando?» Melvin lanciò un pop corn in bocca stringendosi nelle spalle. «tutti lo stavamo facendo» ??? «ed è il venti aprile» ah beh, dai, allora non erano messi così mal- «2119, ovviamente»
… già, si: «ovviamente.»

«fatemi capire,» Melvin li aveva accompagnati al bunker, dove ora sedeva osservando I nuovi arrivati dalla sua posizione privilegiata sopra il mobile. Come i gatti, esatto. «voi stavate aspettando william lancaster? ed è passato – solo un anno?» rimpianse tutto, DJ Hamilton, dalla propria nascita a (soprattutto) quella del fratello, ma ancor più si rammaricò di non aver ucciso Error “Ron” Parker mentre nessuno lo stava guardando. E poi perché stavano facendo parlare lui?
Ah già, perché era uno dei pochi disposto a farlo. DJ si limitava ad osservarli truce, e si trattava già di progressi. «uau» impassibile, ma lo stupore del Parker sembrava necessitarlo. «davvero – cioè, mi spiace? da noi è tipo una leggenda metropolitana» una pausa, arricciò il naso. «ma d’altronde, lo siete anche voi» si vedeva che non era cresciuto all’istituto di Idem (ebbene sì: Idem Withpotatoes, trovandosi con più bambini che denti in bocca, aveva finito per ufficializzare la figura di tutrice aprendo un orfanotrofio; si, odiava chiamarlo così, ma di quello si trattava) altrimenti non avrebbe creduto si trattasse solo di leggende. «per noi sono stati vent’anni» dovette specificare, dato che ron pareva troppo in hype per suonare coerente. «di cui quindici, senza gli Altri» Altri, Dissolti, Dispersi – sempre di loro si trattava.
Cioè: anziché recuperare la loro gente, erano finiti in un universo alternativo – e già gli era andata di culo a finire in un mondo dove, almeno, sapevano della loro esistenza – nel duemila-sticazzi-cento-miodio-diciannove?
«che, a questo punto, deduco siano morti» Lo disse con naturalezza, stringendosi nelle spalle. Non ci aveva mai messo il cuore sopra, su una riunione di famiglia; se non fosse stato per le foto, non avrebbe neanche saputo che faccia avessero. «è andata così» rip. Sospirò, la lingua a schioccare sul palato: «beh, s’è fatta una certa; parker, sai come portare via il cazzo e tornare a casa?» Error osservò il soffitto, annuendo fra sé. «so come possiamo provarci» ecco, bella lì, se lo faceva andar bene. «allora noi -» «volete venire con noi? Se tutto questo è vero, lancaster dev’essere ancora nel nostro mondo; può far tornare anche voi, a casa» ma era scemo? Quante volte era caduto dal seggiolino? Gli lanciò l’occhiata che quella proposta meritava, palpebre sottili e vena pulsante nel collo.
Che razza di demente. «ma dov’è che dobbiamo andare?» magari era un cimitero; magari serviva un sacrificio di sangue per aprire il portale, ed in quel caso avrebbe rivalutato l’intera esistenza del Parker. Dubitava, ma amava sognare. «l’istituto di salem» lo disse come se fosse stato ovvio.
Ed avrebbe dovuto esserlo: la storia si ripeteva sempre.