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    i luminari offrono le proprie conoscenze e abilità in favore del bene comune. ottimi guaritori, mirano a proteggere i compagni contro le intemperie del campo da guerra
    non era facile essere un bimbo 2043.
    e questa è l'unica frase che sono riuscita a mettere per iscritto dopo venti minuti di attenta riflessione fissando il vuoto? woah.
    woah.
    che poi, non occorreva essere un filosofo per arrivare alla stessa conclusione in meno tempo — come avrebbe mai potuto essere facile? vivevano in un mondo che non era il loro, ma lo stesso ci avevano conficcato le unghie fino a spillare sangue; scavando, sotto la superficie e dentro le persone che entravano a fare parte del loro microcosmo personale, alla ricerca di qualcosa ormai dimenticato. cancellato, come un colpo di spugna dato male: esistevano differenti gradazioni di incuria, nella pulizia di quei ricordi che nessuno era riuscito ad eliminare del tutto.
    macchie difficili, da grattare con insistenza e olio di gomito.
    la full experience nel tunnel dell'orrore riservata ai vigilanti la lasceremo momentaneamente da parte per questioni personali, colpisce ancora un po troppo vicino a casa. per gli altri sfigati ignari di star vivendo una seconda possibilità - quando il desiderio di molti era fermarsi a metà del viaggio originale e sperare de morí prima -, rimaneva la sottile e fumosa consapevolezza di trovarsi nel posto sbagliato al fottuto momento giusto — un must have: quel pizzicore cronico in fondo alla gola, una lettera scritta a mano e un vaffanculo intradimensionale.
    per quanto riguardava rob, ovviamente lo sfigato era barry.
    sullo spettro delle reazioni alla notizia, barrow skylinski si piazzava in una zona di pericolo che l'emergenza l'aveva solo sfiorata: vomitino come rito obbligato di passaggio, fase emo con tocchi edgy ed evidenti soft spot, inconsolabile e inutile tentativo di sfuggire ad un destino che sembrava già scritto (e lo era, cazzo. nero su bianco, con una calligrafia piccola e frettolosa che gli apparteneva tanto quanto l'incapacità di Lynch a tenersi strette le persone importanti).
    qualche fortunello invece era ancora all'oscuro di tutto. una categoria a parte, anche questa suddivisibile in un milione di sfumature, ciascuna ad aggiungere qualcosa alle altre — o a togliere: c'erano gli Eddie di questo mondo, ai quali nessuno si sarebbe sognato di raccontare la verità. ma ve lo immaginate? rob no ed è meglio cosi, non diteglielo mai. certi ricordi, grattati via dalla superficie come sporco incrostato, era meglio rimanessero sepolti più a lungo possibile.
    sapete cosa, ho dimenticato cosa volessi dire a inizio post.
    forse il punto era che se fake avesse deciso di raccontare tutto a ficus in quel preciso momento, la reazione del Tassorosso sarebbe rientrata in una categoria a parte. forte della visione entusiastica del mondo e i suoi misteri, pronto ad accettare qualunque assurda stranezza come possibile e reale; curioso, si sarebbe avvicinato al cheena andando contro qualunque istinto di sopravvivenza, mani sulle ginocchia e sguardo critico — però non ci somigliamo così tanto, il primo pensiero. mille domande, ma nessun dubbio nemmeno mezzo: era nato per credere in qualunque cosa, Benjamin Millepied, e mai così profondamente come nelle cose che sperava fossero vere.
    viaggi temporali e realtà alternative? un sogno, forse una favola.
    «perchè sei qui?» ficus seguì lo sguardo di fake e si diede un'occhiata alle spalle, trovando solo la porta chiusa. hm, ok: magari il maggiore era un medium e con loro nella stanza si trovava anche il fantasma di uno studente testa calda morto da chissà quanti anni. aveva già tutta la storia in mente, il Tassorosso, come rob con i post; il problema, lo stesso per entrambi, era mettere le parole per iscritto «da solo? Dove sono gli altri» ci mise forse qualche secondo di troppo, ma alla fine capì — non era quella la prima domanda che si aspettava.
    forse perché su madeen cheena giravano troppe voci, esclusivamente sussurrate negli angoli bui, che lo dipingevano come un individuo inquietante e sadico, il tipo alla Hannibal Lecter che amava cucinare le proprie vittime e servirle in tavola agli ospiti con un buon vino e contorno di fave. sotto le sopracciglia bionde aggrottate, ficus lo osservò con attenzione; non vide denti aguzzi a fare capolino da labbra rosse di sangue, o occhi spiritati da pazzo furioso.
    sembrava solo stanco.
    il motivo forse avrebbe potuto immaginarlo. nel dubbio non lo fece: non si spingeva tanto oltre, la mente del diciottenne. prendeva per buono quello che riusciva a captare, empatia funzionale solo per metà «oh. Lloyd è in infermeria» il volo contro la parete di pietra non gli aveva giovato «gli altri hanno detto che sono stato io a cominciare, e volevano solo difendersi» sollevò le spalle, spostando l'attenzione da fake all'arredamento peculiare della sala, chiedendosi distrattamente quale dei molti attrezzi sparsi qui e là sarebbe stato il primo riservato per la sua punizione. sempre questione di curiosità, mai a valutare le conseguenze «che è vero, in realtà. stavano parlando male dei miei amici, e non mi sembrava giusto considerando che Theo non può difendersi da solo» un sorriso, morbido nonostante il grumo di sangue rappreso, gli spuntò prontamente sulle labbra: se qualcuno gli avesse chiesto perché stava raccontando i fatti suoi ad uno sconosciuto con il compito di strappargli via le unghie (non funzionava così la tortura????), non avrebbe saputo rispondere — sembrava la cosa giusta da fare «ma tanto ce lo andiamo a riprendere. lui e anche il fratello di balt» fake: ?????? che poi, ficus mica l'aveva capito chi fosse il fratello di balt «non voglio che siano tristi» si riferiva al monrique e a Paris, ma per qualche ragione non sentì il bisogno di specificare. chi vuole intendere intenda, probabilmente non il cheena.

    benjamin ficus
    millepied

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  2. .
    i luminari offrono le proprie conoscenze e abilità in favore del bene comune. ottimi guaritori, mirano a proteggere i compagni contro le intemperie del campo da guerra
    Benjamin millepied era un libro aperto.
    di quelli con la spirale a tenere insieme le pagine, che volendo puoi anche girarle all'indietro per leggere più comodamente — dai due anni in su.
    raccontava una storia semplice, proprio come lui, cristallina in ogni minimo dettaglio; non poteva nascondere niente dietro lo specchio limpido degli occhi chiari, sempre sgranati sul mondo, e nemmeno voleva. lì dove kadabra hansen era perfettamente consapevole delle gocce di se stesso che stillava con parsimonia e spesso a malincuore, ficus viveva felice e incosciente del proprio cuore a battere fuori dalle costole, privato della benché minima protezione.
    ci pensavano i ben10 ad averne cura per lui.
    Come il diciassettenne si prendeva cura di loro.
    Ciascuno a modo suo, perché era questa la principale peculiarità: erano un’accozzaglia di colori e sentimenti, coriandoli lanciati alla rinfusa il giorno di carnevale. Ogni ben condivideva qualcosa di proprio e prendeva ciò che offrivano gli altri – sì, persino Mona.
    «cazzo, che pena»
    benjamin millepied era un libro aperto, e che non stesse bene glielo si leggeva in faccia.
    Non sorrideva più spesso come prima, segnale decisamente allarmante. Inutile dire che di suo, dell’intera situazione, ci avesse capito molto poco; assorbiva i sentimenti delle persone a lui vicine, senza sapere come elaborarli: il dolore di balt, la frustrazione di paris, il febbricitante fermento di bennet. Molto più consapevoli di quanto lo fosse ficus, ma questo non lo rendeva meno preoccupato. Conosceva alcune delle persone scomparse, la sua anima gemella era dispersa chissà dove, e anche se non avesse riconosciuto i volti stampati in centinaia di volantini affissi in tutta londra, il peso a premere sul petto sarebbe stato lo stesso.
    «ma lo avete visto in faccia? Neanche gli avessero ucciso il gatto»
    una normale, basica reazione da essere umano, giusto? Avere a cuore la sorte di cinquanta persone strappate a forza dalle loro vite, senza la possibilità di scegliere – o, almeno, così credeva. Gli svariati giri nell’internet erano riusciti a (confonderlo) incuriosirlo nonostante la gravità della situazione, come sempre quando in ballo c’erano complotti e cospirazioni. Nella sua top5 dei video consigliati su tiktok si potevano trovare inevitabilmente ricette di torte salate, cuccioli salvati da morte certa, case infestate e dove trovarle, nonché tutto il repertorio di adam kadmon e roberto giacobbo.
    Coincidenze?
    Gnek.
    Io non credo.
    «spero quasi che quel coglione del kayne sia morto»
    ficus, fino a quel momento intento a fissare con aria assorta una nuvola del tutto simile al profilo di un Acalajakhagangatshahaha1, battè lentamente gli occhi riemergendo dal suo torpore; aveva le gambe piene di formiche, un pizzicorio elettrico dovuto all’aver mantenuto la stessa posizione per troppo tempo. Gli capitava fin troppo spesso di zoommare via, perdersi su dettagli ai quali quasi nessuno faceva caso. Poteva rimbalzare da un’informazione all’altra, dimenticando la prima appena posati gli occhi sulla seconda e così via, o rimanere inebetito ad osservare la stessa cosa per ore.
    Forse, se il trio di serpeverde appostati dietro l’angolo spalle al muro come una rock band degli anni settanta non avesse fatto il nome di theo, il millepied sarebbe ancora là.
    «una checca in meno. due, se Paris decide di farla finita»
    e poi qualcuno osava sostenere che le sue battute non facessero ridere.
    Dovevano avere un differente senso dell’umorismo, perché il raglio da asini che gli giunse alle orecchie un’attimo dopo raccontava di una storia davvero spassosa; troppo per evitare di piegarsi in due e sputacchiare saliva come una sara in faccia ad alessandro. Sui gusti personali delle persone il tassorosso non amava emettere giudizi: per lui era sempre bello ciò che piaceva, giusto ciò che rendeva felici.
    ma i ben si prendevano cura di lui.
    E lui si prendeva cura di loro.
    Ciascuno a modo proprio, era quella la regola non scritta.
    «ehilà, salve!»
    il modo di ficus, rinomato e apprezzato dai più grandi intenditori, era sempre lo stesso.
    Sorrise al terzetto, sbucando da dietro l’angolo con un movimento mai fluido, le braccia incrociate dietro la schiena; gli sguardi, ricambiati dopo un’istante di esitazione dovuta al rendersi conto di non essere più soli, dovettero sollevarsi di parecchi centimetri prima di incontrare gli occhi chiari del ragazzo. occhi buoni, su questo non si discuteva.
    D’altronde, quello che faceva ficus non lo faceva mai con cattiveria.
    «mi dispiace interrompervi, davvero. Ma sono miei amici, quelli di cui state parlando. Non sono nemmeno qui per difendersi, voglio dire–» si strinse nelle spalle, mentre i suoi interlocutori prendevano mentalmente nota della stazza del loro avversario e valutavano il da farsi. è più grosso di noi, pensavano, ma siamo in tre e lui da solo: un’osservazione per la quale benjamin gli avrebbe concesso un applauso.
    Sapevano anche contare!
    «fatti i cazzi tuoi, slanderman»
    mai una volta che gli facessero un complimento per le sue bellissime braccia oblunghe, oh.
    «ok, scusate» mostrò loro entrambi i palmi, due badili che potevano essé piuma, ma che quel giorno evidentemente dovevano diventà fero. Sorrise ancora, mentre afferrava il più vicino per il bavero della divisa e se lo tirava più vicino «davvero, avrei preferito non farlo, scusa» perché era un ragazzo polite e ben educato. Nothing but an angel, se un angelo si fosse preso la briga di lanciare qualcuno contro un muro dopo una parabola discendente di quasi tre metri.
    Una storia che si scrive da sola, al contrario di questo post.

    Era stato divertente, tutto sommato.
    Anche tre contro uno, anche se le aveva prese, anche se si era accollato la colpa per aver iniziato.
    un po’ meno allegra, così a intuito, l’ora in sala torture che lo attendeva come punizione. Non era il primo tour in sei anni, quella verginità l’aveva ormai persa, ma non ci finiva abbastanza spesso da essersi abituato all’idea. E quando la porta si chiuse alle sue spalle, dopo essere entrato (spinto dentro è più realistico), non potè fare a meno di inghiottire a vuoto saliva che non aveva – dopotutto, era pur sempre un ragazzino. Con un occhio nero e il labbro spaccato, nemmeno un segno sulle nocche delle mani: al tirare pugni preferiva caricare testa bassa come un toro al rodeo.
    «buonasera, signor torturatore?»
    gniiiiiiii gni gniiiiiiiiiiii gnigni gniii gniiiiii

    Meme-Criceto-Triste-1200x675

    1: simile ad una piccola capra con il muso da stambecco, l'acalaja è un animale pigro ed insofferente dai poteri ipnotici: il suo verso, ma soprattutto i suoi occhi, sono in grado di indurre altri animali (o peggio: persone) a fare qualunque cosa.


    «PARLATO»

    benjamin ficus
    millepied

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  3. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    16, v
    slytherin
    irish
    breccán mccarthy | fun(3r4l)

    «quando si dice speed date...» nonostante la stranezza generale della situazione (e la leggera delusione per non essere stata rapita da un clan rivale a quello di suo cugino. Voglio dire, quanto sarebbe stato figo????), ora che breccàn poteva ragionare in modo più lucido ne scorgeva anche i lati positivi. Innanzitutto, stava soggiornando gratis in un albergo di lusso – perché non doveva pagare niente, giusto? Da quel poco che aveva imparato guardando le rom-com americane (perché i film inglesi andavano evitati come la peste bubbonica), la regola fondamentale quando ci si trovava in un hotel come quello era tenere giù le mani dal minibar.
    [giovanni muchacha’s voice] fatto.
    poi, cosa forse ancora più importante nella lista delle sue priorità, era la compagnia.
    Iris poteva essere caotica e assordante, forse persino un po troppo fuori dalle righe per il carattere riservato della mccarthy, ma si era anche già dimostrata gentile e carina senza aspettarsi niente in cambio. Considerato quanto peggiore sarebbe potuto essere quel soggiorno obbligato se, al posto della roux, break si fosse svegliata accanto al Bamboccio, doveva solo che essere grata. Certo, avrebbe avuto la scusa perfetta per prenderlo a bottigliate in testa – ammesso ci fossero delle bottiglie nei paraggi – ma vuoi mettere con il peso di dover sopportare anche solo una sillaba pronunciata da quella vocetta stridula e insopportabile? Senza dubbio una lamentela, dato che Lee non sapeva fare altro.
    bablabla.
    «ma sai che non ho capito? Cioè, l’articolo che ho letto l’anno scorso era davvero–» cercò la parola giusta, sollevando ancora una volta lo sguardo verso il soffitto, uno sfarfallio di dita a mezz’aria: esisteva un termine per definire qualunque cosa fosse successa a san valentino ‘23 tra i vecchi? Evidentemente no, perché la sedicenne concluse quel ragionamento scuotendo la testa, le spalle a sollevarsi per poi ricadere «qualcosa.» non prese ancora posto accanto alla grifondoro, preferendo rimanere in piedi con il braccio destro leggermente scostato dal corpo, le dita a muoversi ritmicamente per riattivare la circolazione sanguigna; il cerchio di metallo che le stringeva il polso era scomodo quasi quanto la lana del gilet da pecoraro sardo sulla pelle delicata del collo «mi dispiace sia io la tua valentina. certo, sono fantastica, ma magari ti piace qualcuno e volevi passare questo giorno diversamente»
    a quel punto avrebbe potuto mentire.
    omettere, fingere di non aver sentito, rimanere sul vago.
    Dopotutto, niente la obbligava a rivelare qualcosa di tanto personale ad una persona che conosceva praticamente solo di vista. Eppure - eppure: non era forse risaputo fosse più facile confessare i propri segreti ad uno sconosciuto, piuttosto che ad un amico? Non che la cercatrice includesse davvero qualcuno in questa cerchia ristretta. Aveva i suoi compagni di casata, una nemesi, qualche soggetto interessante tra le fila delle squadre avversarie, ma nessuno sul quale avrebbe fatto affidamento in caso di vita o di morte. Avere se stessa era sufficiente, per la maggior parte del tempo.
    Quindi si, avrebbe potuto facilmente mentire, ma decise di non farlo.
    «beh.. in effetti qualcuno che mi piace c’è, ma non lo sa. E mi sta bene così, a dirla tutta» si strinse nuovamente nelle spalle, sfiorando la coppola con le dita della mano libera. Nemmeno quella era una bugia: confessare a mini la sua crush voleva dire esporsi inevitabilmente alla possibilità di un rifiuto, e all’inevitabile destabilizzazione di un prezioso equilibrio sul quale si basava quel che rimaneva della sua carriera scolastica. Non poteva passare i due anni successivi evitando la compagna serpeverde ogni volta che ne incrociava il cammino – anche perche vivevano praticamente in simbiosi ventiquattr’ore su ventiquattro «comunque non mi dispiace essere qui con te. Cioè, ti rendi conto che gente c’è in giro?» il bamboccio «poteva andarci molto peggio ma serio.
    Annuì alla proposta di iris per chiamare la reception, lasciando però alla ragazzina quell’onore; una volta constatato che uscire dalla stanza non era fattibile, mentre lei si avvicinava al telefono (???), break poggiò l’orecchio contro la parete «questa dovrebbe comunicare con un’altra camera, no?» a meno di non trovarsi in fondo al corridoio, e allora ciccia. tanto per testare la sua teoria, battè la mano libera contro il muro: una, due, dieci volte - poteva tranquillamente essere alfabeto morse, che ne sapeva lei.

    con te però c’è un non so che di magico
    C’è un non so che, c’è un non so che bellissimo
    Dimmi quando arrivi così ti tengo il posto
    Prendo già da bere, i tuoi gusti li conosco
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    stanza #021: breccàn batte contro la parete, più volte. decidete voi se a quella comunicante con la stanza di hans e avery o quella di aiice e shiloh <3
  5. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
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    slytherin
    irish
    breccán mccarthy | fun(3r4l)

    breccàn lo sapeva.
    se lo sentiva nelle ossa.
    dopotutto, suo padre aveva cercato di metterla in guardia: la vita all’interno della famiglia era pericolosa. Persino loro, che con il cugino e la sua cricca a controllare le strade di hell’s kitchen a new york avevano poco a che fare, rischiavano costantemente ripercussioni e vendette – inutile dire che per la ragazzina quel mondo fatto di lotte intestine tra clan rivali, gerarchie ferree e tradizioni portate all’eccesso, aveva un fascino oscuro impossibile da ignorare. Forse per quello Jeremiah Mccarthy si era sempre premurato di tenerla fuori da certe questioni.
    In compenso, tanto per riequilibrare un po’ le sorti della sua vita, lui e il nonno materno di break non avevano risparmiato alla serpeverde nessun dettaglio cruento nelle storie (leggendarie, persino) degli scontri tra i militanti dell’IRA e la polizia inglese. Quando si dice la coerenza.
    Sempre di morti ammazzati si parlava, bomba più proiettile meno.
    Restava il fatto che in cuor suo la sedicenne fosse psicologicamente pronta per ogni eventualità, persino quella: «ci hanno rapiti» palese. Neanche chiese al compagn* di sventura se avesse una minima idea di quello che stava succedendo, ma è anche vero che non l* guardò proprio – vogliamo credere si tratti di qualcuno che breccàn già conosceva, considerata la fascia di età. Nella stessa casata o meno, faceva poca differenza.
    A meno che non si fosse trattato di Mini, ma qui ci giochiamo la carta dell’istinto di sopravvivenza – in una situazione di quel genere, provarci con la propria crush rischiava di essere l’ultimo dei suoi pensieri «per caso hai visto chi ci ha preso?» chiese, dando uno strattone al braccio dell’altr* così da poter scendere dal proprio lato del letto, la fronte corrugata sotto una cascata di riccioli biondo scuro: qualcosa non andava. Tralasciando l’ovvio, ovvero non ricordare niente delle ultime..ore?, e trovarsi ammanettati a qualcuno in una stanza d’albergo, le sembrava proprio che mancasse qualcosa «deve esserci qualcuno qui fuori a sorvegliarci» altrimenti non si spiegava perche li avessero lasciati liberi di muoversi.
    Si aspettava almeno una corda e un bavaglio, una pistola puntata alla testa.
    Le pinze per strappare loro i denti o le unghie.
    meh.
    quell’ultima constatazione la fece in un sussurro, portando il dito indice davanti alla bocca suggerendo alla persona legata a lei di fare altrettanto. C’era una finestra, sulla parete opposta della stanza, la tapparella completamente sollevata a mostrare un balconcino e la quiete del mare al di là – anche la scelta della locasciòn (voto dieci, comunque) lasciava break alquanto perplessa: niente scantinato? «proviamo ad aprire–» bloccò il suo incedere senza dare alcun preavviso, costringendo l’altr* a sbatterle contro, senza però scomporsi troppo; la mccarthy aveva le dimensioni di un pacchetto di caramelle, ma la stabilità massiccia di un tronco d’albero «e questo cosa cristosignore è» da brava irlandese cattolica, la serpeverde si rivolgeva sempre a dio nei momenti più difficili.
    Anche lei amica speciale di Don Bosco manine che pregano manine che pregano.
    raccolse un foglio da terra, rigirandoselo tra le dita.
    Così ad una prima occhiata, non sembrava affatto una richiesta di riscatto: Buon San Valentino, miei cari.
    «certo che non c’è più la mafia di una volta» ma dov’erano finiti l’onore e il rispetto???????? mah.

    con te però c’è un non so che di magico
    C’è un non so che, c’è un non so che bellissimo
    Dimmi quando arrivi così ti tengo il posto
    Prendo già da bere, i tuoi gusti li conosco
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    f i c u s
    benjamin millepied
    Just a feeling that I won't leave behind, because it's something that is on my mind. I guess it goes like na-na-na, na-na-na-na-na

    credi che ci faranno aggiustare ossa rotte o cose del genere? Sarebbe tutta pratica per balt!
    le sue esatte parole, quelle.
    prima di seguire la mandria (composta. nessuno osava tirare un fiato di troppo camminando alle spalle della professoressa queen) all'interno della struttura; prima di accettare con un sorriso radioso e un mezzo saltello l'assegnazione al suo nuovo gruppo di lavoro — gli piacevano, mood e roxie. vero anche fosse difficile trovare qualcuno che non andasse a genio al Tassorosso, ma c'erano un sacco di persone verso le quale si sentiva del tutto indifferente: non avrebbe sprecato un saltello di puro giubilo per, che ne so, Cillian Noolan (l'arcinemico di Joni. canon sia ancora a scuola perché pluribocciato. capra ignorante.)
    Ricordava la gentilezza che il Bigh gli aveva riservato alla festa dei freaks, Ficus viveva la sua vita (un quarto di miglia alla volta) basandosi inconsciamente sul modus operandi dei corvi: se qualcuno gli dimostrava comprensione, cortesia e umanità (ma non vi viene da ridere???? mood. comprensivo, cortese e umano 💕✨) il diciassettenne si impegnava a ricambiare fino alla fine dei suoi giorni. non aveva mai scambiato più di due parole con Roxanne, ma il cipiglio da animale selvatico della ragazza e il fatto che non mostrasse il benché minimo timore di fronte a nessuno si erano dimostrati fattori di indubbio interesse. fascinazione, persino. grumpy one and sunshine one sempre una buona accoppiata, anche per le sante brotp 🙏
    e quindi si, fino a quel preciso momento della suddivisione Benjamin si era dimostrato entusiasta.
    poi Frederick Faustus li aveva spediti nel reparto di tossicologia.
    bello eh. non fosse stato per
    hhhhhhhhhh
    tutti quei puntini rossi a macchiare la pelle del povero malcapitato sul lettino dell'ospedale.
    gli ricordavano i bubboni purulenti che avevano ricoperto lo zio Rudolph quando si era beccato l'Asfargillus Polentis durante un viaggio a Tijuana — inutile dire che Ficus ci aveva creduto, alla palla del ero li per studiare un rarissimo tipo di pianta magica. sì. come Lele. «hhhhhhh» era quanto di meglio fosse riuscito a dire il diciassettenne mentre i prof consegnavano loro le cartelline con gli appunti dei medimaghi, apparentemente incapace di distogliere le iridi azzurre dalle mani gonfie dell'uomo ricoverato. riusciva a pensare solo al rumore liquido con cui di tanto in tanto i bubboni dello zio scoppiettavano allegramente rilasciando un odore simile a zolfo e puzzette.
    poi era successo qualcosa.
    e quel qualcosa era, nello specifico, mood che spiegava gli ingredienti per preparare una macedonia (cit.) «i ribes neri sono buonissimi! » finalmente riscosso dal suo torpore e liberatosi dalla morsa dei warflashback, il millepied decise che era giunta l'ora di fare la sua parte nel compito loro assegnato: trasformando in parole il primo pensiero a formarsi nella mente. sintomo che fosse tornato in sé — era quando diceva qualcosa di sensato, che bisognava iniziare a preoccuparsi.
    non era certo the sharpest tool in the shelf, probabilmente stazionava nella parte più bassa dell'elenco, ma aveva alcuni trigger specifici capaci di richiamare ogni singola goccia di concentrazione presente nel corpo oblungo e sproporzionato; arrivava quasi a sembrare intelligente. una cosa inquietante da vedere «beh (non tryhard, ciao chimi, manchi), ma la liquirizia così non possiamo usarla. vedete? come ha detto mood» pensavate che non avesse ascoltato, eh!!!!! «questo unguento non può essere contaminato, no? quindi ogni ingrediente deve essere aggiunto nella sua forma più» virgolette con le dita «pura. prima che venga lavorata e raffinata» prese le rotelle di liquirizia e le sistemò sul tavolino? banchetto? qualunque ripiano avessero dato loro a disposizione per appoggiare calderone, libri e componenti vari, annuendo nel ricevere l'avallo del Serpeverde (e un'occhiata deadpan di roxie, che benjamin interpretò come il "daje Ficus daje" che probabilmente non era)
    «per trasfigurare questa caramella e ottenere l'ingrediente necessario» sollevò lo sguardo cercando gli occhietti cisposi del signor Cello, perche a quel punto la prima sensazione di disgusto era passata in secondo piano e il diciassettenne ci teneva a rendere anche lui partecipe «un bastoncino di liquirizia. una pianta!» per una lezione di erbologia??? ASSURDO!!
    l'attenzione tornò sui compagni «l'incantesimo più adatto sia l'incanto grezzo» una leggera stretta di spalle, le dita della mancina a grattare la testa. normalmente, non si sarebbe offerto volontario per dare una dimostrazione; Ficus e la bacchetta avevano un rapporto di amore e odio, soprattutto quest'ultimo dovuto al fatto che il ragazzino studiava poco e ci capiva ancora meno della teoria. ne conseguivano difficoltà di un certo peso, e nessuno si stupiva fosse stato persino bocciato al quarto anno. ma, e c'è quasi sempre un ma, quella magia nello specifico il millepied l'aveva usata almeno un centinaio di volte: nelle cucine di Hogwarts, circondato dagli elfi che applaudivano di fronte ai suoi successi culinari, per rimediare a piccoli errori di condimento e cottura che avrebbero altresì previsto di buttare via cibo ancora in perfetto stato.
    «vai, tutto tuo»
    ok, bro.
    Ficus prese un bel respiro.
    pensò ai ben.
    alla lezione con i lamantini e alla E+ che si era portato a casa.
    pensò alle decine e decine di mele caramellate sulle quali aveva sperimentato l'incantesimo.
    you can do it, you stupid hoe.
    «ad originem» la bacchetta puntata contro una delle caramelle, il movimento del polso circolare e a ritroso. tutto come il Signore don Bosco richiedeva che fosse fatto.
    il resto
    roxie che sputa in mano a mood
    Ficus che mangia i ribes necessari a preparare l'unguento

    è, come si suol dire, storia.

    hufflepuff
    vi, ben10
    17, pureblood
    (It Goes Like) Nananapeggy gou


    utilizza l'incanto grezzo per riportare la rotella di liquirizia alla sua forma originale di bastoncino legnoso, l'ingrediente corretto per la preparazione dell'unguento.

    GRUPPO 4 – 2° PIANO TOSSICOLOGIA
    (ficus + mood + roxie)


    CITAZIONE
    UNGUENTO

    Paziente: Vary Cello

    Sintomi ed evidenze: comparsa di puntini rossi pruriginosi a chiazze su varie parti del corpo, e gonfiori alle mani e ai piedi

    Diagnosi: eruzione cutanea dovuta a reazione allergica

    ndF: no, la professoressa Ramos NON si è dimenticata di darvi quell’erba lì

    HTML
    <div class="card objs apprendista trasfigurazione">
    <h2>incanto grezzo</h2>
    <p><b>Formula:</b> <i>ad originem</i>. sebbene non vi siano testimonianze sulla creazione di questo incantesimo, e quindi quale fosse il tuo scopo originale, l'utilizzo che se ne fa oggigiorno è più che noto. la possibilità di riportare un elemento alla sua forma <i>grezza</i> si è scoperta particolarmente utile soprattutto in ambito culinario: a chi non è mai capitato di ottenere la consistenza sbagliata del dolce involucro di una mela caramellata? e perché buttare via l'intera preparazione, quando si può far tornare il frutto alla sua forma iniziale, così come lo si trova appena colto dall'albero? provare e riprovare, questo è il segreto.
    un incantesimo di semplice fattura, il <i>grezzo</i>, che non richiede particolari abilità o conoscenze — questo perché non influisce sulla natura o la composizione fisica e chimica dell'elemento trasfigurato, ma solo sulla forma assunta da quest'ultimo in seguito ad una <i>lavorazione</i>. la quale, è sempre bene precisarlo, dovrà essere molto basica: un maglione può venire riportato alla condizione di gomitolo, ma l'incanto non funzionerà ad esempio su una torta, quindi un <i>insieme complesso di più elementi</i></p>
    <h6><span>verbale, fascio di colore aranciato simile al rame. per castarlo correttamente bisogna pronunciare la formula prima toccando l'oggetto da trasfigurare, poi creare dei centri concentrici con la bacchetta muovendosi a ritroso e quindi allontanandosi dallo stesso.</span></h6>
    </div>
  7. .
    STO SCRIVENDO IL POST GIURO (scusa,al terzo tentativo di rispondere ad una libera mi sono venuti trust issues potenti, ci tenevo ad avvisare)
  8. .

    a volte gli sarebbe piaciuto essere come gli altri.
    non si trattava di un pensiero cosciente, o razionale: ficus si rendeva conto della propria diversità in modo molto superficiale, e in rare occasioni. un vero e proprio caso di beata ignoranza. non sempre, però, questa riusciva a cancellare completamente la sensazione che gli mancasse qualcosa — la capacità di capire le persone, per esempio.
    sarebbe stato molto più semplice, per Jojo, se il Tassorosso fosse stato in grado di azionare le rotelle arrugginite nella scatola cranica mettendo così in moto la macchina dei neuroni; dopotutto, a intuire cosa passasse per la testa (o nel petto) dell* special non ci voleva un genio.
    ma con Ficus gli hints non avevano mai funzionato.
    «se ne scoprono tanti? mi piacerebbe trovarne uno! Prossima missione del team Jojus! se ti va» aveva corrugato la fronte, il diciassettenne, un classico esempio di quanto leggere tra le righe non fosse il suo forte —doppi sensi e metafore, nei paraggi di Benjamin Millepied erano davvero sprecati «oh, si. i babbani ne hanno fatto un lavoro vero e proprio.. pare siano anche riusciti a riportare in vita dei dinosauri, ma non è finita bene» si era rabbuiato, nel ricordare quel fatto di cronaca: un parco divertimenti con animali preistorici estinti e pieni di denti pronti ad uccidere tutti? insomma, era inevitabile che qualcosa andasse storto!
    (nessuno gli dica mai che è un film, ci rimarrebbe malissimo)
    ma la perplessità di Ficus aveva raggiunto il suo picco massimo nel momento in cui Jojo aveva aggiunto quelle ultime tre parole; scontate, per alcuni, ma non per il Tassorosso. anche volendo — e non sarebbe stato da lui, non riusciva a pensare ad un motivo valido per cui non doveva andargli di passare altro tempo con l* special. né perché a Jojo fosse venuto quel dubbio.
    ma non aveva aggiunto niente, lì per lì, causa mezzo infarto in corso. una distrazione non da poco, e per il diciassettenne distrarsi era un dono e un'arte.
    «ficus-» «hm?» non si era scomposto quando le dita di Jojo gli avevano sfiorato i capelli, troppo concentrato sul ritmo furente del suo cuore tra le costole e contro l'orecchio, ma nel sentirsi chiamare gli venne d'istinto alzare lo sguardo, entrambe le sopracciglia inarcate. Benjamin era stupido, probabilmente anche un po tardo, ma questo non significava che dentro fosse vuoto. provava un sacco di emozioni, alle quali non sapeva dare un nome né, tantomeno, una descrizione — come in quel preciso momento, nell'unico attimo del silenzio denso calato tra loro. come una scintilla, una piccola scossa, una sconosciuta sensazione di calore ad irradiarsi dalla gola fino al ventre, le dita improvvisamente congelate.
    un battito di ciglia bionde, ed evidente confusione (più del solito) a velare gli occhi chiari.
    forse, se Jojo non avesse parlato, Ficus sarebbe rimasto in quella posizione, muto e perplesso nel tentativo vano di fare il transcript ai suoi stessi pensieri. ma, come detto, al ragazzo bastava poco per spostare l'attenzione da un topic ad un altro — praticamente un bambino di cinque anni.
    «mi sembra ci siano dei ritratti, forse sono di chi viveva qua prima dell'incendio» nel tentativo di rimanere in piedi, Ficus aveva urtato un vaso dall'aria molto costosa, prendendolo al volo prima che potesse cadere; gli allenamenti come portiere iniziavano a dare i loro frutti, evidentemente. il ché però non spiegava cosa ci facesse un vaso costoso su un tavolino di mogano tirato a lucido dentro una casa infestata andata a fuoco anni prima. hm. anyway «se non ricordo male» e non ricordava male: poteva avere tutte le difficoltà di questo mondo a ficcarsi in testa la giusta pronuncia degli incantesimi, o la vita di Bartolomé Munchies (il primo mago ad aver studiato portato alla luce la specie ritenuta ormai estinta dei Pyonging), ma quando si trattava di fantasmi e affini non gli sfuggiva nulla.
    una memoria selettiva che rendeva il percorso scolastico disseminato di ostacoli e muri invalicabili — però, ehi, gli bastava guardare una volta Benedetta Rossi preparare la quiche di zucca e patate per saper replicare la ricetta alla perfezione. un dono «julius vonn geiger era l'unico presente all'interno della casa, quando venne appiccato l'incendio» si lasciò prendere per il braccio e trascinare via: più lontano stava da quel vaso e meglio era. non capitava spesso di vedere il volto imberbe del diciassettenne accartocciarsi in quell'espressione di pura perplessità, la testa bionda reclinata verso la spalla; bambini? «e i suoi figli erano grandi, sai? alcuni giornali scandalistici dell'epoca scrissero che erano stati proprio loro a—» sollevando la mano libera, portò il dito indice alla gola, sfiorando la pelle sottile da parte a parte.
    il parricidio non era mai stato dimostrato, anche perché entrambi i Vonn Geiger erano morti poche settimane dopo in circostanze misteriose.
    ah, la furia vendicativa degli spiriti!
    il Millepied era rimasto affascinato — non perché intendesse uccidere i suoi genitori per l'eredità, intendiamoci.
    (unless???? 👀)
    (Barry esci da questo post)
    «La persona in quel........... dipinto, non ti sembra familiare?» aveva saltato a piè pari la domanda precedente di Jojo, troppo concentrato (e poteva farlo su una sola cosa alla volta) a studiare quei ritratti che sembravano davvero delle fotografie (perché lo erano), ma quando l* special gli diede un colpettino al fianco, il Tassorosso tornò a posare le iridi chiare sul* compagn* di avventura; dove rimasero, per un po — forse un attimo più del dovuto. e ancora, ancora, quella strana sensazione di calore nel petto, calda come il punch corretto che aveva bevuto solo un'ora prima, ma decisamente più morbida.
    blurp. sono giapponese. no habla espanol. [softly] what the fuck? *criceto che corre all'impazzata sulla ruota*
    gli occorse più di un solo battito di ciglia per distogliere lo sguardo da Jojo e portarlo infine sul ritratto, ma quando lo fece improvvisamente la verità gli apparve davanti come la Madonna in sogno «credo» fece un passo indietro, questa volta ricambiando la stretta dell* special per trascinarl* con sé. quello non era un quadro di Elwyn: quello era Elwyn. completamente nudo, colto nell'atto di dipingere a sua volta su una tela con il proprio PENE — la serie 'by Marcus Howl', sua madre ne aveva comprato uno il mese prima.
    roba decisamente troppo moderna.
    «di aver sbagliato casa» you don't say????
    un tonfo al piano di sopra, questa volta perfettamente udibile. la luce accesa ben visibile in fondo alle scale che portavano al piano di sopra. ok, my dude «scappiamo» HHHHHHHHHHHHHHH ha-ah yeah.

    benjamin ficus millepied
    tshirt that says
    WELL INTENTIONED on the front
    and BUT STUPID on the back
    16, v, ben10
    hufflepuff
    ghostbuster
  9. .
    clayton moralesvii annocheerleader

    vale la stessa intro del lost di Ficus, scusate.

    «ANCORA TU
    NON MI SORPRENDE LO SAI
    ANCORA TU
    MA NON DOVEVATE COLPIRLA PIÙ?
    CHE STRESS PERÒ
    SEMBRANO UN PO FISSATI
    O FORSE PERCHÉ
    ARA È LA PIÙ SIMPATICA
    MA EVITARLO È SI, POSSIBILE
    MA SCHIVARE SAREBBE PREFERIBILE
    AAAANCORA TU
    DISPERAZIONE TUTTA MIA
    SARÀ ANCORA IL TIFO TUO
    SPERANDO NON SIA FOLLIA
    MA SIA QUEL CHE SIA»

    [qui ci sta lo sguardo implorante a tooth mentre clay si copre gli occhi con i pompon]

    teenagers
    my chemical romance
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    (eliandi's version)


    tifo tassi
  10. .
    benjamin millepiedvi annokeeper
    era un po che non dormivo nove ore filate, è una sensazione alienante che non so bene spiegare; di sicuro mi risulta impossibile scrivere un post sensato (vi vedo, a ridere sotto i baffi pensando "oh rob, ma quando mai", bestie), soprattutto perché non ho ancora bevuto il caffè e a quest'ora mi si ripresenta l'antico quesito: faccio una colazione abbondante o pranzo direttamente?
    ai posteri l'ardua sentenza.
    intanto che il destino decide per me, c'è un passaggio da fare e una Aracoeli da salvare, sempre ammesso arrivi qualcuno a condividere la difesa — manifesting davvero 🙏🙏🙏
    back on crack: «L'HO PRESA!» era felice come una Pasqua, Benjamin Ficus Millepied, il ritratto della fanciullezza nella sua forma più pura — un ragazzino che vince la sua prima gara di corsa campestre, il voto più alto nel terribile compito di matematica, la sensazione indescrivibile di essere stato bravo in qualcosa. era un tipo di felicità che non provava spesso, il Tassorosso.
    ultimamente, con quella E a lampeggiare sulla pergamena firmata dalla professoressa Winston, si era sentito esattamente nello stesso modo: sorpreso, incredulo, incapace di contenere un'emozione alla quale nemmeno sapeva dare un nome, tanto gli era sconosciuta se rivolta verso se stesso. fucking orgoglio, everyone. e vederlo riflesso negli occhi dei compagni, in quello degli avversari, lo caricò a palla con la forza di mille soli.
    forse per questo fu stranamente pronto, quando il retropassaggio di Jack gli fece tornare la pluffa fra le mani; altrettanto fece Ficus caricando il braccio all'indietro, cercando di imprimere abbastanza forza alla sfera da spedirla il più possibile vicino alla metà campo, dove un altro cacciatore avrebbe potuto afferrarla e tentare il gol: di già????? assurdo.
    e già che c'era, urlò nuovamente il nome della compagna, nella speranza che Aracoeli lo sentisse e, seguendo le sue indicazioni, notasse il bolide in avvicinamento.


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    passaggio + difesa Aracoeli
    dopo metto lo schemino perché non so con chi difende
  11. .
    barrow skylinskiassistant, 23tifo i guess
    fino a quel momento guardare la partita era stato semplice: non aveva mai staccato lo sguardo dalle pagine del libro che si era portato dietro, Barry.
    poi un gomito gli si conficcò nel fianco.
    «hm.»
    «hhhhhh scusi signor skylinski» l'espressione sul volto pallido del fu corvonero non mutò, anche se dentro di sé considerava il timore dei primini una cosa saggia e giusta.
    doverosa, persino.
    «per questa volta. e agitati un po di meno, Buster, se non vuoi cadere di sotto» un Consiglio spassionato, o una velata minaccia: dal tono di voce di Barry era del tutto impossibile capire di quale delle due potesse trattarsi. bisognava andare a sentimento, e probabilmente buster kneem aveva già intuito fosse meglio non tirare abbastanza la corda da scoprirlo.
    dopotutto, l'assistente di incantesimi andava tenuto buono per tutta una serie di motivi, non tutti approvati dal Consiglio scolastico (?)
    «ci provo, ma— è una fase importante della partita questa! » ah, già.
    la partita.
    le iridi grigio azzurre di Barry si spostarono dallo studentello corvonero al campo di gioco, il libro incantato affinché non si bagnare ora poggiato chiuso sulle ginocchia: e che cazzo, si era dimenticato di mettere il segno «non vedo morti.» ai suoi tempi (due anni prima.) le cose erano ben diverse.
    e questo, anche se potrebbe sembrare il contrario, è il suo tifo.

    sometimes
    gerry cinnamon
    living in the middle between the two extremes
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  12. .
    benjamin millepiedvi annokeeper
    apperò.
    nell'osservare aracoeli schivare il bolide (e qui vogliamo sicuramente ringraziare il supporto morale e canoro di cheerleader e mascotte) e ribattere con la forza di mille soli, ficus si sentì un po sposato.
    era così che dicevano i giovani, no? (no) rob avrebbe detto che la giovane iglesias portasse senza dubbio con sé il corredo genetico del padre: occhioni scuri da cucciolo di labrador e un istinto killer quando c'era da colpire dei ragazzini (too soon???). niente di cui il millepied fosse a conoscenza: ci aveva capito poco anche della guerra, ed era avvenuta letteralmente sotto i suoi occhi.
    portò due dita alla bocca, lasciando partire un fischio acuto proprio come gli aveva insegnato Paris, apprezzamento e richiamo insieme: il primo per aracoeli, e il secondo per Bennett — quando la ragazza piegò il capo nella sua direzione, ficus fu scelto a ricambiare il bacio soffiato a inizio partita, senza risparmiarsi l'ennesima sventolata di mano.
    fu più o meno a quel punto che il diciassettenne si rese conto della presenza di Stormi, la figura minuta a tratti resa difficilmente individuabile dalla neve che continuava a cadere fitta. ma pensa, toccava già a lui «ah!» inspirò aria gelida, lasciando che risalisse fino al cervello raffreddando i pensieri; cristallizzandoli, letteralmente, finché all'interno della scatola cranica non ci fosse più alcun movimento — nemmeno uno, nemmeno zitto.
    aveva letto che per molti portieri, e si era informato davvero un sacco, non pensare assolutamente a niente prima di una parata aiutava a percepire la direzione del tiro, una questione di sensazioni. e non pensare, per ficus, era davvero la cosa più normale e semplice del mondo: time to testare la teoria.
    al momento di espirare, si tese tutto verso sinistra — meglio comunista che Meloniano 🙏


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    tenta la parata ❤
  13. .
    clayton moralesvii annocheerleader

    ho meno tempo di quanto pensavo prima, quindi vi beccate questa sinfonia, questo capolavoro che persino Taylor Swift vorrebbe carpire i miei segreti da cantautrice, Spotify levati proprio.
    «SCHIVALO ANCORA
    SCHIVALO ANCORA
    TUTTO IL RESTO È UN DOLORE LONTANO
    UN BOLIDE ESPLODE AI CONFINI DEL CIELO
    OHHHH AAAARACOELI
    SCHIVALO ANCORA
    ABBIAMO BISOGNO DI TE
    DI ESULTARE CON TE
    STARE INSIEME CON TE SULLA SCOPA
    UNA PLUFFA CHE VOLA, UN PASSAGGIO, UNA OLA
    ED IL BOLIDE VA RIBATTUTO
    UN CORVO VA SCELTO, UNO A CASO, IL PIÙ SVELTO
    UN BEL COLPO CHE TUTTI SEDUCE
    UN RESPIRO PROFONDO PER NON FARMI IMPAZZIRE
    UNA SEMPLICE QUESTIONE D'ONORE
    OOOOOHHHHH SCHIVALO ANCORAAA
    SCHIVALO ANCORAAAA
    NANANAAA NANANANAAA NAAANANANA
    ALL RIGHT BABY»

    [stacchetto danzante con i pompon che la tastiera continua a tradurmi in pompini ma non sono Dom in Siberia, non mi lascerò fregare]

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    tifo tassi
  14. .
    benjamin millepiedvi annokeeper

    da ragazzo semplice qual era, nel vedere (molto lontano e molto in piccolo) Paris allungarsi per quel poco che gli permetteva la sua scarsa altezza (❤) e parare il tiro, Focus non poté che lasciarsi sfuggire un sorriso. di quelli ampi, tutti denti, che lo facevano sembrare un po inquietante ma allo stesso tempo erano in grado di illuminare il volto del tassorosso meglio di un lumos puntato in faccia.
    non è che il concetto di vittoria e sconfitta gli fossa sconosciuto, o non lo capisse: finché non c'era troppo da elaborare, sentimenti complessi ad accavallarsi uno sopra l'altro, il cervello del millepied funzionava come qualunque altro; magari necessitava di una spiegazione o due in più, ma poi ci arrivava. sapeva, quindi, quanto fosse importante per i propri compagni vincere quella partita, il significato profondo di ogni punto per giungere con sudore e fatica alla finale. avvertiva il loro desiderio di far bene, di dare il massimo, e per niente al mondo avrebbe volontariamente fatto qualcosa per deluderli.
    ma — c'era un ma.
    la felicità di Paris nel ritrovarsi con la pluffa tra le mani, per Ficus veniva prima di ogni cosa.
    ogni passaggio riuscito di Balt, e la soddisfazione sul volto dell'amico, per ficus veniva prima di ogni cosa.
    se Bennett fosse riuscita a segnare insaccando la sfera in uno degli anelli alle sue spalle, ficus sarebbe stato felice comunque.
    non si scampava da quella constatazione che non ammetteva repliche.
    per questo portò una mano al volto, un semicerchio accanto alla bocca, l'ennesimo «GRANDE PARIS, CHE PARATA!» urlato ai quattro venti sebbene il tipton difficilmente avrebbe potuto sentirlo. gli importava? no. neanche il tempo di battere le ciglia, e il diciassettenne stava già pensando a tutt'altro. per esempio: «ARA FAI ATTENZIONE, DIETRO DI TE»
    e anche se la ragazzina non aveva gli occhi puntati su di lui, e il rischio di cadere di sotto era particolarmente elevato, ficus si sbracciò comunque indicandole il bolide in arrivo — un sacrificio che faceva volentieti.

    teenagers
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    (17) DIFESA ARACOELI (ara + ficus): still, urla


    CODICE
    <b>(17) DIFESA ARACOELI (ara + ficus):</b>
    <b>BOLIDE SU ?? (ara)</b>
  15. .
    clayton moralesvii annocheerleader
    ah, come se lo shentiva.
    nelle ossa proprio — praticamente un veggente, Clayton Morales «ecco, lo sapevo»
    lo sapeva.
    già dal modo in cui le dita della yorkes si erano strette attorno alla mazza (non poteva vedere certi dettagli da quella distanza, ma a volte gli occhi non servivano: era tutta una questione di percezione), e le iridi scure della ragazza avevano trafitto la cortina di neve candida, si era capito quale fosse il suo obiettivo.
    chi, fosse.
    inevitabile come la morte, le tasse e il censimento.
    «oh bubi kaz» si premette entrambi i pompon sul viso imberbe, deciso a non guardare — ma doveva, cacchiolina. rientrava nel breve elenco dei suoi doveri come cheerleader e come migliore amico (in assoluto, senza alcun possibile rivale e/o persona non meglio identificata con cui condividere tale titolo), e chiudere gli occhi era sicuramente una mossa (intelligente) da codardo. con un sospiro che sapeva di bestemmia, clay riportò le braccia lungo i fianchi, il letto a gonfiarsi di preoccupazione, ma anche di orgoglio. di fiducia. in se stesso, perché poteva sopravvivere a quella partita senza mettersi ad urlare con le mani ficcate tra i capelli, e in Kaz perché era certo l'amico potesse cavarsela.
    lo faceva sempre, giusto?
    (e poi, 7pq... aspetta quelli da 25)
    «QUI LA SQUADRA NON HA PAURA
    (IO SENZA DI TE UN PO NE HO)
    QUI LA MIA ANSIA È FUORI MISURA
    (IO SENZA DI TE IL VALIUM HO)
    E LA PLUFFA VIAGGIA DA SOLA
    MA SENZA DI TE IO NON VIAGGERÒ (?)
    CAPITANO 'STA BOTTA È DURA
    FAI QUALCOSA O NON MI RIPRENDERÒ
    PERDONO
    SE IL BOLIDE È LANCIATO IO PERÒ CHIEDO
    SCUSA
    KAZ TI PREGO SALVATI E TI COMPRO UNA
    ROSA
    SU QUESTA AMICIZIA NUOVA ANSIA SI
    POSA
    PERCHÉ SO COME SONO E INFATTI TI CHIEDO: STAI BONO!»


    sono molto provata scusate.
    teenagers
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    tifo tassi
31 replies since 16/7/2023
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