This song being used for thirst trap edits is so funny if you took german in highschool

hél x who? [libera]

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    Fly me to the Moon

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    Portare i ragazzi a divertirsi dopo i servizi fotografici era senz'altro una cortesia non dovuta, ma oltre che far bene agli affari poteva essere anche un'esperienza piacevole di per sé, sotto un certo punto di vista. Se non altro perché altrimenti non vi erano altre occasioni per uscire di sera e trascorrere qualche ora in locali come il Lilum, di cui aveva fino a quel momento solo sentito parlare, anche se molto bene.

    Si confondeva facilmente nel gruppo - alquanto eterogeneo sia in termini di genere che di tratto fisici per quanto fossero tutti inevitabilmente molto belli - sia per aspetto che per scelte d'abbigliamento, poiché nonostante la sua consuetudine ad indossare completi e abiti dal gusto un po' vintage non disdegnava affatto neanche look più freschi e risqué. Poco sorprendente era anche il fatto che riuscisse a sintonizzarsi così bene al tenore ridanciano della conversazione, che da semplici considerazioni sparse sulla giornata di lavoro s'era rapidamente spostata a trattare temi dal frivolo al personale, che riecheggiavano nel privé prenotato all'occasione assieme a risate dal retrogusto alcolico.
    Il bicchiere di liquore costoso che reggeva fra le dita era appena a metà e non era neanche il primo, non commenteremo sul livello raggiunto dal contenuto della bottiglia da cui proveniva che naturalmente s'era fatta lasciare al tavolo, pagata per intero da lei, ci mancherebbe.
    Non era raro né strano che il gruppetto si dividesse, fra chi sentiva il bisogno di sgranchirsi le gambe, chi voleva raggiungere il bar per comprarsi da sé qualche drink specifico e chi era curioso di mescolarsi al resto della clientela, magari conoscere qualcuno di nuovo, magari lasciare il locale di conseguenza. Insomma, un semplice gruppo di colleghi di lavoro che aveva scelto lo stesso locale per uscire a divertirsi, non c'erano veri vincoli, persino Hél avrebbe potuto prendere ed andarsene se fosse giunta al punto di saturazione della noia necessario.

    Non che quello fosse il caso, per il momento.
    Ad alzarsi s'era alzata, però, microscopica pochette magica in una mano e drink nell'altra, ed era discesa fra la torma di comuni mortali oltre i confini del privé per dare un'occhiata. Così lontana dal sentirsi sinceramente in sintonia con il comune concetto di divertimento, ne era comunque sufficientemente affascinata da trovare interessante di per sé il rimanersene poggiata contro un muro a spiare silenziosamente il confuso e colorato scenario offerto dal locale a luci rosse. Quasi distratta, abbastanza da poter essere forse colta un minimo di sorpresa qualora qualcuno avesse deciso di accostarsi a lei come spesso capitava in certi frangenti e contesti.
    witch
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    STO SCRIVENDO IL POST GIURO (scusa,al terzo tentativo di rispondere ad una libera mi sono venuti trust issues potenti, ci tenevo ad avvisare)
     
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    clayton morales
    w/ héctor diaz
    its too scary. far far to scary by far, i was scared

    allora.
    avrete senz'altro molte domande.
    come si erano conosciuti clay e diàz? quante volte il ragazzino aveva già chiamato l'altro papà? cosa accidenti ci facevano i due al lilum? tutti questi sicuramente interessanti, ai quali cercheremo di dare risposte per niente soddisfacenti e assolutamente incomplete — non tutti gli headcanon si possono davvero elaborare.
    tanto per cominciare, ci sono già dei dubbi sul come, perché non ho ancora ben capito se baby Hector bazzica per il quartier generale o meno; nel dubbio, non sorprenderà nessuno sapere che il morales aveva attaccato bottone per primo. vuoi un'affinità intrinseca dovuta alla loro comune nazionalità, vuoi il fatto stesso che il faunocineta fosse stato in guerra — un fascino terribile, ma irresistibile, soprattutto per chi come il diciassettenne non ne aveva preso attivamente parte. e forse, il loro conoscersi e trovarsi era dovuto a quella che clay non avrebbe mai ammesso essere la continua ricerca di una figura paterna.
    certo, ora sapeva chi era sui padre.
    conosceva il nome dell'uomo, dove lavorava, persino come si muoveva.
    ma Edward Moonarie non poteva essere il papà dell'anno, e mai lo sarebbe diventato: aveva visto decisamente troppe cose, il cinetico, il naso premuto sulla vetrina del BDE mentre l'uomo in questione sputava nelle vaschette del gelato. si era detto che poteva comprenderlo, avvicinarsi abbastanza da condividere una vita, ma la verità nuda e cruda era che Eddie gli faceva paura. non aveva paura di niente, non esisteva nulla al mondo capace di scalfire la superficie — come poteva già solo questo (senza contare il fatto che provenisse direttamente dall'inferno) non terrorizzare a morte chiunque?
    questo ci porta rapidi come criceti su una ruota alla seconda domanda: tante è la risposta. la prima volta che aveva chiamato diàz papà, si era limitato a negare l'evidenza («If anything I see you as a "bother" figure cause you're always bothering me.»), gonfiando il petto nell'espressione più tipica dell'orgoglio adolescenziale. alla seconda si era scusato. la terza aveva scatenato in entrambi una crisi di ridarella incontenibile e apparentemente infinita.
    da quel momento in poi, ogni volta che la parola magica si sostituiva al più ufficiale signor diàz senza che clay potesse fare assolutamente nulla per evitarlo, i due avevano deciso di tenere ciascuno per sé qualunque tipo di commento, un patto che non aveva avuto bisogno di essere stretto a voce alta.
    e veniamo dunque alla terza domanda, quella da un milione di galeoni: cosa mai poteva aver spinto i due special ribelli a recarsi in quel del locale notturno. un uomo pacato, timido, un pathetic wet little meow meow; un diciassettenne con gli ormoni a palla ma tenero e soffice quanto una cheesecake giapponese — l'universo li aveva fatti trovare per poi spedirli senza troppi complimenti tra le cubiste e i divanetti in pelle dei privè. il fatto che avessero iniziato quella serata convinti entrambi di recarsi ad assistere ad un balletto classico, la diceva lunga sulla quantità di neuroni in libera circolazione tra i cervelli di entrambi [affectionate]
    «kaz, pick me up, I'm scared» spalmato contro una parete, quasi perfettamente mimetizzato con una pianta di plastica grande quanto lui, clay non riusciva a fare altro se non guardarsi intorno convulsamente. alla ricerca di un'uscita, si, ma soprattutto del signor diàz (papà): un attimo di distrazione (e di distrazioni sotto quelle luci soffuse ce n'erano anche troppe), e se l'era perso. PERSO, capite? cosa avrebbe detto a William, se fosse riuscito a districarsi tra quel groviglio di persone e ballerini poco vestiti, tornando a casa senza Héctor con sé???? nemmeno gli passò per la testa l'idea che il maggior lo avesse abbandonato, perché era chiaro e palese che le dita di papà si fossero allontanate dal suo braccio per puro caso.
    la stretta era stata, fino a pochi minuti prima, talmente convulsa che solo andare a sbattere contro un cameriere aveva ottenuto di scioglierla.
    con un sospiro, e una bestemmia lieve nel cuore, il diciassettenne si fece forza abbandonando il muro, una mano a tuffarsi fra i riccioli color cioccolato —in mezzo a tutti quei corpi che si muovevano, vibrando a diverse intensità, clay riuscì ad individuare l'unica persona apparentemente poco incline a rendersi partecipe di quel brusio da api affaccendate. «ehilà! buonasera!» dovette alzare la voce per farsi sentire sopra al chiacchiericcio e alla musica, comunque senza successo; non gli piaceva particolarmente, ma aggiunse comunque alle parole anche un tocco lieve delle dita sulla spalla nuda ora al suo fianco. non voleva spaventare heloise o metterla a disagio, anche se probabile era tardi per evitare entrambe le cose.
    oh, mommy «dcusi, sto cercando mio pad-» hmmmm la paura che scherzi può fare. ricominciamo «un mio amico. si. è tipo alto cosi» e fece segno con il fianco della mano tesa a toccare la propria fronte «capelli scuri, sguardo da Labrador.. sembra un bambino ma con la barba» reale «per caso l'ha visto? non lo trovo più» e mi ha smollato qui da solo, in questo luogo di perdizione che mette a dura prova i miei sensi, ma questo era meglio non dirlo.

    altair
    vii, cheer.
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    héloïse sunna
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    Rimanere presenti a sé stessi con la musica a palla e il brusio era un'impresa non da poco, e infatti Clay vide la Schneider riscuotersi un poco nel volgergli lo sguardo e l'attenzione. Sbatté le palpebre una volta a quel "buonasera" piazzato così, un esordio un po' strano per un posto come quello, e notò subito che il suo interlocutore aveva proprio un visino da ragazzetto, di quelli che andavano ancora a scuola.
    Che sembrasse un po' più giovane della sua età effettiva? O magari era solo diventato maggiorenne da poco. Non che avesse sufficiente senso materno da preoccuparsi di cosa potesse fare in un posto del genere un ragazzetto di neanche vent'anni, sia chiaro.
    La maniera in cui si esprimeva non aiutava molto ad attenuare l'impressione che fosse un ragazzino. Le diede per un momento l'idea che fosse venuto lì col padre, prima di correggersi e parlare di un "amico".
    Una faccia da poker invidiabile quella che era capace di metter su Héloïse, fra parentesi.
    « No, non mi dice nulla. » la descrizione, intendeva. Un po' vaga, ad essere onesti, non che fosse facile distinguere i lineamenti in quella bolgia, figurarsi le vibes complessive da poor little meow meow. « Ti sei perso, per caso? » domanda molto seria e molto onesta. Ora, da una parte forse avrebbe dovuto farsi i fatti propri ed ignorare Clay, dall'altra alla fine non stava facendo nient'altro di realmente importante e, soprattutto, per quanto non fosse particolarmente incline agli atti di bontà, non prediligeva di essere complice di pesanti infrazioni delle leggi vigenti. Tranne per certe iniziative non proprio legali a cui l'invitava a partecipare il fratello gemello, ma erano come si suol dire l'eccezione che confermava la regola. « Sembri un po' piccolo per stare qui. » si trovò a scandirgli infine in faccia, con una sincerità allarmante; l'espressione era al massimo considerabile pensosa e, a parte dover alzare un poco la voce per farsi sentire, non sembrava troppo interdetta o preoccupata dalla situazione.
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