Posts written by nicoteen

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    più razionali e metodici dei berserker, i cacciatori studiano attentamente le loro prede prima di passare all’attacco, considerando ogni punto debole.
    All’inizio pensava fosse uno scherzo di cattivo gusto.
    Non era stato così.
    Il fatto –lo scherzone più assurdo dell’universo– era che non era la prima volta che succedeva; in qualche modo marginale si era aspettato che accadesse ancora. Un triste scherzo del destino, che aveva deciso di fotterlo senza alcuna preparazione per l’ennesima volta. Quindi no, anche se aveva voluto fingersi sorpreso, aveva avuto il sentore sin dall’inizio che qualcosa sarebbe andato a puttane il suo compleanno. Per inciso, il 14 febbraio non era solo il suo compleanno. Vedete, il Tipton aveva ben chiaro il delicato equilibrio che per mesi si era ostinato a sostenere a mani nude, ed era stato abbastanza sveglio da dividere le sue priorità. I Ben erano moralmente obbligati a partecipare a qualsiasi stronzata gli fosse passata per la mente, dato che l’anno precedente si erano– no, non era vero che avevano preferito essere altrove che con lui. Glielo avevano già spiegato, doveva smettere di auto-sabotarsi e stuzzicare croste a coprire la pelle perché lo faceva sentire meglio.
    Stranamente, non erano stati i Ben10 a deluderlo quell’anno. Forse sarebbe stato meglio, ormai ci aveva fatto il callo. Been there, done that no? Decisamente meno umiliante di essere piantato in asso senza uno straccio di spiegazione. E poi essere ignorato per giorni dopo il fatto.
    E per settimane.
    Fino a quando le settimane erano diventati mesi.
    Perché non sei tornato.
    Dove sei.
    Sono preoccupato.
    Aveva tutte le ragioni per esserlo, dopo aver visto il numero di persone che era scomparso dal nulla. Aveva le sue teorie, duh, ma nessuna di queste includeva scenari rosei. Voleva gridare, voleva spaccare la pelle sulle nocche fino a rivelare i tessuti sottostanti, farsi così male da concentrarsi sul pulsare delle ferite anzi dei suoi devastanti pensieri. Avrebbe voluto essere meno realistico, così da mettersi il cuore in pace, illudersi che in qualche modo sarebbe andato tutto bene. E invece no. Sto gran cazzo, non avrebbe aspettato un intervento divino per andarsi a riprendere coloro che erano scomparsi, per riprendersi lui, lo avrebbe fatto con le sue stesse mani. Con i Ben al suo fianco, perché erano un cazzo di branco che si muoveva come una famiglia. Insieme.
    Non riusciva a vivere nella propria pelle, il Tipton, troppa energia a dimenarsi e a cercare una valvola di sfogo. Quindi aveva preso a correre di mattina, un qualcosa che una volta aveva additato come un passatempo per folli, ma che aveva fatto suo in quei mesi. Era un modo come un altro per smettere di pensare, svuotare i polmoni fino a sentirli bruciare tanto per provare qualcosa. Si fermò per riprendere aria, capo rivolto verso il cielo a godere della leggera aria che baciava il suo volto imperlato di sudore e la canottiera attaccata al torace. Nemmeno si accorse dello sconosciuto che si era avvicinato a lui. «scusa, hai mica da accendere?» si concesse un sussulto appena celato, ruoteando gli occhi sullo sconosciuto– diffidenti e calcolatori «ti sembro uno che fuma?» fece un gesto con la mano per indicare la mise da sportivo, il faux pas dell’uomo era l’equivalente di chiedere a una persona cieca quante dita stesse tenendo sù. Lasciò passare qualche momento per il sake del drama, per poi scuotere la testa divertito dal suo monologo interiore «la risposta è: assolutamente sì» sfilò la bacchetta dall’apposita tasca nei pantaloni –sì, i maghi si erano evoluti– e con un movimento delle labbra castò una debole fiamma sulla punta della bacchetta «questo è il momento in cui mi dici che sei un ex carcerato che sta raccogliendo soldi per i bambini in zimbabwe, o qualcosa del genere?» sentite, la faccia da criminale tossicodipendente ce l'aveva tutta.
    paris
    tipton

    Shut my eyes to the song that plays
    Sometimes this has a hot, sweet taste
    guerriero cacciatore
    rimuove 5-10 pd da difesa avversaria
    mago
    mago
    2007 — ravenclaw — ben10The men up on the news
    they try to tell us all that we will lose
    But it's so easy in this blue
    Where everything is good
    season
    lorde
    Mother of Night, darken my step
  2. .
    whoparis bentley tipton
    roleravenclaw captain
    alignmentneutral
    info2007 + ben10
    infovi year + american
    Paris si chiese brevemente cosa ci facesse lì. Se lo chiedeva spesso nella vita, immischiato in situazioni in cui non aveva preso consciamente parte, ma non arrivava mai a nessuna conclusione soddisfacente. Un riassunto più efficace ma non esaustivo poteva essere: noia: la stessa forza che lo spingeva a passare ore a scrollare senza pensiero su WizTok. Si accomodò, o meglio sprofondò lentamente ma inesorabilmente, in una bean bag vicino al battitore serpeverde pronto ad assistere alla presentazione di Remì. Tutto sommato gli piaceva il tassorosso, erano sopravvissuti a un fottuto totem di pietra insieme e condividevano lo stesso fondamentale problema di essere sottoni. Non che Paris l’avrebbe mai ammesso ad alta voce! But still, era una persona abbastanza introspettiva da riconoscere le proprie debolezze. «benvenuti al mio dating wrap 2023» al sentire quelle parole, si sistemò meglio sul bean bag per vedere meglio lo schermo, chiamato all’attenzione dall’argomento. AH! Ovviamente ne aveva sentito parlare, e anzi aveva anche visto qualche video di ragazzi che ripercorrevano il proprio anno. Al sentirli parlare, il Tipton si sentiva un po’ meno solo nelle sue sfighe sentimentali, anche se nessuna situazione al mondo avrebbe mai potuto equivalere alla sfortuna di avere Theo Kayne come— qualcosa. Ma non ci poteva pensare in quel momento, o rischiava di arrossire. E Paris Tipton non arrossiva. Mai. Non aveva abbastanza sangue in corpo, narrava la leggenda. «ci sono stati un totale di 52 ragazzi nella mia vita quest'anno» a quello, il corvonero rilasciò un basso fischio tra le labbra, stupito da quante conquiste avesse fatto il tassorosso. Nemmeno lui ai suoi tempi d’oro era riuscito ad accumulare così tante persone, e dire che si impegnava parecchio. Non credeva che Remì fosse quel tipo di ragazzo, ma forse si era limitato all’apparenza senza basarsi su fatti concreti. «29 di questi sono di hogwarts» tutti casi umani, sicuramente. Ma poi dove li aveva trovati, che la maggior parte lasciavano a desiderare. Del tipo che non si facevano nemmeno la doccia dopo l’allenamento di quidditch, con l’odore di sudore a impregnare i corridoi di Hogwarts. «3 li ho incontrati alle sedute dalla psicologa» eh ma così i casi umani se li andava a cercare per forza, anche se Paris poteva comprendere perché a Remì piacesse il tipo. I can fix him ecc ecc, anche se non era il suo kink. «persone con cui sono effettivamente uscito? 15. con solo 2 di questi ho avuto un secondo appuntamento» minchia, ma che tristezza. Quindi gli altri erano tutte crush? Ma come faceva a vivere così, senza nemmeno scopare ogni tanto? Paris non poteva immaginarlo, ma forse era lui quello facile lì. E ne andava fiero! Mica erano nel 1800. «per il 30% ho scritto poesie, per il 35% ho pianto. per il 10% ho flirtato senza successo e per il 15% ho sognato ad occhi aperti a lezione» fosse stato Paris un altro pg di Elisa, avrebbe trovato il tutto molto relatable, peccato che non fosse così. Non comprendeva il piacere di scrivere poesia, e raramente versava lacrime per un ragazzo. Per quei pezzenti? Ma per piacere, non se le meritavano. Purtroppo il sognare ad occhi aperti gli era capitato, e il tutto era finito con un bocchino in biblioteca quindi– win win? «29 sono di hogwarts il 30esimo vuoi essere tu?» menomale che ci fu Ian a salvarlo dal dover fare finta di niente, con una domanda che in effetti si era chiesto anche lui. Si sporse in avanti per sentire la risposta, ma ricevette invece una compilation di Remì che moriva per cinque minuti di fila per motivi diversi. «mi sono... dilettato nell'arte del puro piacere personale» se Paris fosse stato più vicino a lui, gli avrebbe offerto un pugnetto. Sentì di dover esprimere comunque il suo supporto, perché tra bros funzionava così quindi channellò l’energia di un Linguini qualsiasi e mise le mani attorno alla bocca per esultare «GRANDE REMI!» oh, era una cosa naturale, nulla di cui vergognarsi! «ovviamente... da solo... senza nessuno, cioè volevo dire, quando non c'era nessuno nelle vicinanze» peccato che il tassorosso dovette rovinare tutto pochi attimi dopo «nessuno aveva pensato il contrario ma grazie per averlo specificato» non voleva davvero pensare alle voci che giravano attorno al dormitorio serpeverde, ma in effetti era un po’ curioso. E avevano la persona giusta a cui chiedere, no? Si voltò verso il suo vicino di bean bag, curioso nell’osservare la sua nuova vittima «dimmi, grayson, è vero quello che si dice sul dormitorio delle serpi?» DAIII IAN DIGLIELO che palle voleva solo fare la ciatella, non l’avrebbe detto a nessuno! Tranne che a Balt, dai. «nessuno ha un power point da mostrare? ne facciamo uno assieme ora...?» ma sapete che…………personalmente Paris non era la persona più indicata a condividere la propria vita sessuale e romantica, ma forse…. «secondo me a grayson piacerebbe, sembra uno che ha esperienza con queste cose» gli offrì un occhiolino, sporgendosi appena verso di lui per vedere cosa avesse da dire Tante cose interessanti, sperava. DAJE IAN FACCI SOGNARE.
    SO I'LL TAKE MY TIME
    ARE YOU READY FOR IT?
    OH, ARE YOU READY FOR IT?
    BABY, LET THE GAMES BEGIN
    when5 DECEMBER 2023
    ROOM OF REQUIREMENTwhere
    boardREMÌ'S SUPPORT GROUP
    ...READY FOR IT?
    taylor swift
  3. .
    paris bentley tiptonvi yearcaptain
    Paris era molto felice di trovarsi al San Mungo, praticamente la sua seconda casa con tutto il tempo che ci spendeva a tirocinio. Ma non siamo qui per questo.
    No, siamo qui perché abbiamo una missione ben precisa: postare sotto le droghe pesanti di Sanremo.
    Paris era capitato con Ictus, il che poteva avere dei risvolti interessanti come potenzialmente letali. Beh, se i prof si fidavano degli studenti per curare dei pazienti erano solo cazzi loro. Ma Paris aveva fiducia nelle proprie capacità, e perché no anche in quelle del bodiotto. «Me l’ero immaginato diverso» forse aveva parlato troppo presto «sembra di essere in una stalla» Paris dovette lavorare davvero tanto, per non scoppiare in una risata. No, lui era una persona professionale. Diede una gomitata nelle costole al ragazzo, ma non nascose la piega divertita delle labbra (non era così poker face come lady gaga) «non farmi ridere o ci cacciano»
    Ma come si fa a scrivere dopo il Marygate
    Ditemi come
    Comunque.
    «Io…Io penso sia stato morso. Cioè. Questo è ovvio» non si irrigidì, Paris, anche se fu il suo primo istinto. Ormai mancavano pochi giorni alla luna piena, ed era difficile pensare a qualsiasi altra cosa. I Ben non lo sapevano ancora e…beh, ci avrebbe pensato in un altro momento. Il Tipton annuì e prese in mano il fascicolo per farsi una più chiara idea della storia clinica del paziente, e di quello che dovevano fare per aiutarlo. Non sembrava troppo diverso dai casi che gli capitavano mentre era in servizio, ma doveva essere comunque cauto e attento nel trattare il paziente. «Già gli antichi Romani sapevano come trattare i morsi dei cavalli mannari» «random ma go on» insomma, sempre una slut per le inforandom nerd. Ma anche sempre una slut punto, direi.
    Lasciò parlare Ictus, e sicuramente rispose anche qualcosa, ma nulla che in questo momento ci interessi. «sai, penso che ci sia un ingrediente sbagliato nella lista» paris being paris, ormai era skillato in quel campo e tutto quello che già non sapeva, ci aveva pensato Kiel a insegnarglielo. Aveva ancora molto da imparare, ma sapeva riconoscere una cazzata quando la vedeva. «vedi questa ruta qui? si tratta di un anticoagulante, quindi ostacola la coagulazione del sangue. e se vogliamo far rimarginare la ferita, è controproducento fermare la formazione di fibrina» duuuh, era elementare, davvero l’ABC del good doctor.
    Stacchetto.
    Si occupò di preparare la pozione mentre Ictus gli faceva da valletta, una valletta non molto sexy ma andava bene così perché così non c’era il rischio che si distraesse. Poi, prese un respiro profondo e si occupò del cavallo nella stanza (hahaha aiufo). Si avvicinò al paziente e sicuramente disse qualcosa di rassicurante, con il suo sorriso da bad boi che faceva fermare i passanti ecc, e puntò la bacchetta verso l’arto incriminato per castare la sua detrasfigurazione generale, un reverto e passa la paura.
    puoi
    fulminacci ft ptn
    living in the middle between the two extremes
    (eliandi's version)


    [SPOILER]GRUPPO 3 – 1° PIANO ORTOPEDIA
    (paris + ictus)

    CITAZIONE
    ANTIDOTO
    Paziente: Chan Kemorde
    Sintomi ed evidenze: ferita profonda e purulenta, pelle attorno annerita, arto opposto trasformato in zampa di cavallo
    Diagnosi: morso di creatura magica
    ndF: noope, quella zampa proprio non dovrebbe essere lì

    INGREDITENTE ERRATO
    L'antidoto preparato serve per curare infezioni interne ed esterne, in questo caso è utilizzato per curare una ferita profonda. La Ruta è un noto anticoagulante, dunque ha poco senso usarla laddove serve un'azione -al contrario- coagulante per permettere ai tessuti di rimarginarsi.

    CODICE
    <div class="card objs mago trasfigurazione">
    <h2>incantesimo trelis</h2>
    <p><b>Formula:</b> <i>verox trelis</i>. Trasfigurazione trans-specie con un cavallo. Sostituisce un arto del cavallo con uno umano, ed è possibile trasfigurare solo un arto alla volta. E' possibile trasfigurare solo arti, quindi nessuna testa o coda. La trasfigurazione può durare per un tempo illimitato, o essere interrotta da Reverto o un Reparifarge.</p>
    <h6><span>Incantesimo verbale e dal fascio turchese. Puntare la bacchetta in direzione dell'arto scelto, e tracciare un movimento a S seguito da un cerchio.</span></h6>
    </div>
  4. .
    CITAZIONE
    tw: non percepitemi troppo. non guardatemi in faccia

    paris bentley tipton
    14.02.2007
    seattle
    San Francesco d’Assisi e tutti i santi, così Elisa aveva iniziato il post il 19 novembre. Ad oggi non si ricorda cosa volesse dire, ma era importante tenerlo perché sempre attuale. Probabilmente, era il pensiero che si ripeteva nella testa di Paris da cinque minuti a quella parte. Di certo, si fece più prepotente quando sentì le dita di Theo stringersi attorno alle ciocche dei capelli e tirare. Era un ragazzo debole, il Tipton, fategli causa. L’adrenalina a pompare nelle vene lo rendeva più sensibile, più azzardato nelle carezze e nei baci, il solo pensiero che qualcuno avrebbe potuto vederli era stuzzicante. Poteva solo immaginare quali sarebbero state le voci di corridoio, lo sgomento del sapere il capitano corvonero avvinghiato al portiere avversario. E sapete cosa? Vaffanculo, non gli interessava. Paris aveva smesso di vivere per gli altri anni prima, quando aveva deciso che non sarebbe stato la copia sputata di suo padre, ma che si sarebbe costruito la propria vita mattone dopo mattone con le proprie mani. Ma capiva che per il Kayne fosse diverso, e quel fragile ma esplosivo momento tra di loro era una cosa preziosa. Da sfiorare appena con le dita, da soffocare i gemiti di piacere con le proprie labbra così che nessuno sentisse.
    Di certo, il pollice ad accarezzare la guancia non aiutava il Tipton a pensare lucidamente.
    Così maledettamente tattile, quello stupido grifondoro.
    Sin dal primo momento, da quelle nocche a discendere sul proprio viso ai polpastrelli che premevano sotto al suo mento. Il ginocchio che premeva sullo sterno per farlo stare a terra, mentre gli ringhiava qualcosa addosso.
    Poteva quasi sentire quei tocchi fantasma in quel momento, pezzi di una storia che li aveva portati fino a quel momento.
    Paris cercò con la sua bocca quella dell’altro, sorridendo in quel bacio, una piega delle labbra che sarebbe rimasta tra sé e Dio– aveva già perso troppa dignità quel giorno. Ma in fondo perché sentirsi in colpa a prendere qualcosa che di meritava? Vaffanculo, era sempre stato un egoista di merda e non avrebbe smesso in quel momento. Ormai era innegabile al corvonero, il Kayne sapeva come renderlo argilla tra le sue mani. Aveva avuto la sua occasione mesi prima, ma erano stati entrambi troppo presi dalla foga per approfittarne. Lì, in quella nicchia nascosta tra libri e scaffali poco frequentati, Theo si stava prendendo ogni sospiro e gemito che Paris si stava lasciando sfuggire a suo malgrado. Fategli causa, se non aveva capito più niente quando i denti del portiere erano affondati nella propria pelle nel tentativo di lasciare un segno. E sapete cosa? Glielo avrebbe lasciato volentieri fare, perché l’idea di portare i marchi del ragazzo sulla pelle era una sporca fantasia su cui si era soffermato più di quanto gli piacesse ammettere. Nascosti dove solo lui poteva vedere, premere le dita sui segni violacei e immaginare le labbra del Kayne a distruggerlo da dentro, pezzo per pezzo. Strinse le dita tra le sue ciocche ribelli, l’altra mano ad affondare nella spalla per cercare la forza di reggersi in piedi. Dio, moriva dalla voglia di infilare quelle mani sotto i vestiti di Theo, esplorare con la sua bocca luoghi a cui ancora non aveva dato la giusta attenzione. Non era il posto adatto, né il momento, ma fino a quel momento non l’aveva mai fermato. E poi ormai non aveva più tanto sangue ad affluire al cervello per prendere decisioni intelligenti. Dovette prendersi un momento per cercare di recuperare il fiato, cercare di darsi una calmata per non lasciare vedere a Theo quando fosse ormai compromesso. Tirò piano ma deciso le ciocche strette attorno alle sue dita in modo da far alzare il capo al ragazzo, così che incontrasse il suo sguardo ormai annebbiato dal desiderio «sei capace a tenere la bocca chiusa?» inevitabile, la voce roca a graffiare il palato, gli occhi nocciola a cercare quelli altrettanto scuri del Kayne. Vi era racchiuso tutto quello che non aveva (ancora) il coraggio di comunicargli, una morbidezza che aveva riservato a poche persone fino a quel momento; una lama servita su un piatto d’argento per lasciarlo sanguinante mentre si insinuava nello spazio tra le sue costole. Non vi era un pensiero razionale a rimbalzare nella sua testa quando il suo corpo scivolò lungo lo scaffale. E ancora, una discesa interminabile fino a che le sue ginocchia non incontrarono il pavimento. In ginocchio davanti a lui, lo osservò da attraverso le ciglia come a cercare un permesso. Perché era un gentiluomo, come amava ricordare. Mantenne il contatto visivo quando si avvicinò al cavallo del Kayne, la bocca ad aprirsi per lasciare un bacio laddove il tessuto si era fatto ormai strained. Sbottonò il bottone dei pantaloni, per poi tirare giù la cerniera con practiced ease, un gesto che era una seconda natura per chi era abituato a incontri clandestini nei luoghi più disparati. Ci ho provato davvero tanto ma non sono capace in italiano. Quello che Paris si trovò davanti non era nulla di nuovo, but the sheer size of it was always enough to invite a challenge that Paris knew he could take on. Eager to get on with it, he tugged down his boxers just below the swell of his ass and was met with what he’d craved since a long time ago. He grinned when he saw a bead of liquid rising at the tip, but he doubted he was faring much better. Paris leaned forward to catch it, his tongue sliding in between the slit, savoring the taste of it. He could make a habit of it, he mused. Paris wrapped a hand on the base of his cock to keep it in place while he started to take what he was owed, his other hand descending lower and lower until he could feel his aching hardness against his palm. He pressed the heel of his palm down on hit, half a moan starting to form on his throat. The rest of his was swallowed by Theo's length. «dove vuoi venire, theo?» e non c'era bisogno di aggiungere altro, perché pandi ed elisa si erano capite e avevano avuto questa discussione.
    hogwarts
    ravenclaw
    americanvi yearlegacygoalkeeper

    after all of this time,
    I should be a pretty crier
    But now I only let me down
    When there's no one else around
    I've been thinkin' way too loud
    I wish that I could block me out
    Don't know how they see me now
  5. .
    paris bentley tiptonvi yearcaptain
    L’importante non era il come ma il fatto che l’avesse parata. Con i piedi, con la testa, con le proprie mani. Paris Tipton era un osso duro a mollare, persino in una bufera di neve. Accettò di buon grado i complimenti dei suoi bros Ben, e finse di non vedere l’assoluto shitshow che stava accadendo in campo. Succedevano cose strane, tra cui persone che inscenavano il Titanic. E, immancabile, Stormi Blackwood che per poco non venne disarcionata da un bolide.
    Paris prese un respiro profondo.
    Profondissimo.
    E contò fino a cinque.
    Mise la sua migliore faccia da capitano incoraggiante e positivo, perché era meglio che urlare addosso ai propri giocatori. Chiamò il nome della Blackwood da lontano, sperando la sentisse «tutto ok?» comunque, era il karma per aver chiamato Geri capitano. Così, per dire.
    E un po’ come Michael Bublé che si scongelava per Natale, anche Paris aveva finito per fare la stessa fine. Magari quella volta sarebbe andata meglio. «BRO!!! GIÀ LO SAI!!!» aiutooo CON IL SUO BROOOO era così felice !!! Paris batté i guantoni insieme, per poi strofinare le mani tra di loro. Annuì al tassorosso, prendendo posizione davanti agli anelli «certo bro IYKYK!!» - cit
    Seguendo le istruzioni di un saggio Ficus, anche Paris tese leggermente a sinistra, perché la Meloni non gli piaceva.
    puoi
    fulminacci ft ptn
    living in the middle between the two extremes
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  6. .
    paris bentley tiptonvi yearcaptain
    La sua prima partita da capitano, chi mai l'avrebbe detto. Nessuno, davvero nessuno. Non aveva mai agognato al titolo, non nel modo in cui i precedenti capitani avevano fatto, ma aveva accettato con umiltà e grazia lo scettro del potere. Dopotutto, il talento non si poteva comprare. Era ancora destabilizzato dal bacio sul capo del capitano avversario, e dalla conseguente scena k-drama, ma aveva deciso di non farsi domande. Forse era il suo fascino? Ovviamente Paris aveva fatto anche il suo importante discorso da capitano, su quanto fossero bellissimi e non esistesse che si facessero battere dai tassi. Ma questo non è importante, perché voglio solo dormire. «DAJE CORVI DAJE SPACCHIAMO CULI» e questo era tutto l’incitamento che avrebbe dato al momento. Perché davanti a lui si parava una sfida, la prima di molte. «preghierina al fly e ci sono» e con preghierina intendeva schioccare un bacio volante alla tribuna, dove era certo che un certo qualcuno stesse facendo il tifo per lui. Si assicurò di avere i guantoni ben stretti ai polsi, e strinse una mano sul manico della scopa. Fece per tendere leggermente da una parte, pronto a scattare verso l’anello verso cui si sarebbe diretta la pluffa.
    puoi
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    living in the middle between the two extremes
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  7. .
    paris bentley tipton
    14.02.2007
    seattle
    Paris si rendeva conto in quel momento che avrebbe dovuto scegliere le proprie battaglie con maggiore attenzione. Perché non c’era nessuno scenario al mondo in cui sarebbe uscito illeso da quel confronto, e lo sapeva bene. Eppure, si ostinava caparbio a rimanere lì a condividere lo spazio e l’aria con il Kayne, anche a costo della sua sanità mentale. Gliene era rimasta poca, ormai, e la stava buttando via per qualcuno come il grifondoro [derogatory]. Soprattutto quando l’unica e universale risposta che poteva offrirgli rimaneva «vaffaculo» ma in font diversi a seconda dell’occasione. Un particolare coping mechanism, quello del portiere, ma ormai Paris l’aveva accettato per quello che era e lo trovava adorabile. Un po’ come un gattino che si sentiva minacciato e soffiava contro chiunque si avvicinasse, ma aveva l’effetto contrario a quello desiderato. Paris non reagì alle sue provocazioni, ormai la loro era una storia vecchia, una bizzarra danza di seduzione fatta da insulti e scuse per sentire la pelle dell’altro contro la propria. Lo lasciò fare per vedere dove sarebbe andato a parare, una svolta al pattern che erano soliti intraprendere, certo che il Kayne non avrebbe avuto le palle di deviare troppo. In fondo, era sempre stato un codardo quando si era trattato di premere contro i propri limiti e spaccarli. Con il senno di poi, dio rifugio se si era sbagliato. Una domanda: si poteva avere un mancamento a sedici anni?
    Bestemmia.
    Urlo.
    Infarto cardiaco.
    La verità era che Paris non si aspettava quell’agguato da parte di Theo. Era pronto ad accogliere la fronte del ragazzo sul proprio naso, o le nocche ad infrangersi contro le costole, o qualsiasi forma di violenza fosse diventata sinonimo di intimità tra di loro. Si lasciò spingere contro la scaffale, immobile e con le braccia sollevate ai lati, le dita appena piegate ad aggrapparsi all’aria. Impotente davanti alla furia e all’intensità del grifondoro, rimase di stucco e si dimenticò come funzionare come un essere umano. La sua visione era piena di Theo: i suoi riccioli, le lentiggini cosparse sulle guance, l’odore di marlboro appiccicato alla pelle. Quelle maledette sigarette ebbero un effetto disastroso sulla psiche del corvonero, la lama che tranciò l’ultimo filo che lo teneva ancorato alla sanità. Per un agonizzante secondo, il cuore di Paris smise di battere. Poi riprese a correre impazzito, a un passo dallo scoppiare nella gabbia toracica. Le mani di Theo premevano sul suo volto, i calli sulle mani a graffiare la pelle mentre le sue labbra gli rubavano il respiro. Nulla aveva un cazzo di senso ma sapete cosa? Vaffanculo. Chiuse finalmente gli occhi, poggiando le mani sui fianchi di Theo e aggrappandosi con le unghie alla maglia. Aveva una mezza idea di mordergli la lingua per ripicca, ma decise di non rischiare la giocata: perché spingere via il grifondoro, quando poteva avere il suo calore a bruciarlo. Paris prese, e prese ancora, famelico nel modo in cui si aveva deciso di prendere il controllo di quella danza. L’aveva voluto troppo e da troppo tempo per lasciare che quello straccio di dignità che gli rimaneva lo fermasse, specie quando Theo lo voleva tanto quanto lui. E non era quella la parte più assurda? Che ricambiasse? Quella volta non poteva nascondersi dietro un altro volto, o dietro l’audacia contenuta in una fiaschetta di metallo. Theo lo stava baciando perché lo voleva, e il solo pensiero era abbastanza per provocare una sensazione calda e mai sentita prima nello stomaco Tipton. Giggling, kicking his feet and twirling his hair kinda thing. Fu costretto a staccarsi per riprendere fiato, ma rimanendo comunque nello spazio creato dalle braccia del grifondoro. In fondo, non si stava per niente male. «mi sei mancato» Te. Questo. Una confessione proibita contro le labbra del Kayne, un sospiro a mischiare i loro respiri che sapeva di nicotina e di una nota di cannella, fragile quanto il cuore di Paris in quel momento. Ti prego, ti prego non me lo spezzare. Il battito accelerato –al limite della tachicardia– di Theo era assordante quasi quanto il proprio nelle orecchie, tanto che temette per un attimo che si fermasse. «se questo è il tuo modo di zittirmi potrei abituarmici» i pollici presero a carezzare la vita e i fianchi del grifondoro in un movimento che andava sù e giù, la posizione delle mani fin troppo familiare a chi mesi prima aveva lasciato il proprio marchio con i denti. Piegò appena il capo per sottrarsi momentaneamente alle labbra del Kayne, e abbassò lo sguardo per qualche attimo per ricomporsi e racimolare il coraggio per quelle prossime parole. «questo non è un gioco per me» deglutì quando si forzò a riportare gli occhi in quelli di Theo, i lineamenti piegati in quello che poteva essere letto come nervosismo e anticipazione «non lo è più da un po’» perché era un pagliaccio e uno scemo, ed era cascato nel suo stesso tranello senza sapere come uscirne. Sollevò la mano per stringere il palmo del grifondoro al proprio, le dita a scivolare e ad incastrarsi l’una con l’altra come se fosse la cosa più naturale al mondo. La tirò per poggiarla al suo petto, appena sopra il suo cuore in procinto di cedere, così che Theo potesse sentire quanto fosse sincero. Un curioso parallelo di quello che era accaduto mesi prima in cortile, ma con soggetti diversi quella volta. Posso odiarti e volere comunque altro. «non posso fare più finta di niente» morso o meno, bacio o meno, i sentimenti di Paris erano ormai innegabili ed era arrivata l'ora di affrontarli.
    hogwarts
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  8. .
    paris bentley tiptonvi yearci tocca tifare
    C’era un motivo valido per cui Paris si trovava lì. Validissimo, infatti. Aveva preso il suo nuovo ruolo di capitano seriamente, e aveva portato la sua squadra ad assistere alla partita. E con squadra intendeva Ben e Mona + Ben10 random. Avevano l'obiettivo di osservare la concorrenza (quale concorrenza) e di segnare i loro punti deboli così da distruggerli nel successivo match– sì, Paris aveva fiducia e sapeva avrebbe superato il turno. E poi come supporto morale per Delilah, certo, c’era anche quello. Non c’entrava niente il fatto che ci fosse un certo portiere grifondoro a giocare quella mattina, completamente unrelated e ignorato dal Tipton. Il fatto che quella di prendere appunti fosse –in parte– una scusa per la sua presenza tra gli spalti erano affari suoi, non poteva certo rivelare alle Monet la vera ragione per cui si trovava lì. C’erano dettagli personali che andavano rivelati con tatto e al momento giusto. Ancora poteva sentire le labbra di Theo contro le proprie prima della partita, un bacio rubato negli spogliatoi come buona fortuna prima della partita, tanto che il pensiero era abbastanza per portare un sorriso scemo sulle labbra. Sorriso che scemò all’improvviso quando vide un fuckin’ bolide killer volare in direzione del grifondoro. Senza pensarci scattò all'impiedi, braccia estese come a poter fermare il colpo «CHE FAI COGLIONEEEE» payne, a love language: «MA CE LI HAI GLI OCCHI??? E SPOSTATI DEFICIENTE» sentiva il cuore in gola, Paris, ma si costrinse comunque a tenere gli occhi sull'azione. C'erano cose ben peggiori di un bolide killer, ed erano le botte che avrebbe dato al Kayne post partita se si fosse fatto male.
    starboy
    the weekend, daft punk
    living in the middle between the two extremes
    (eliandi's version)


    Tifo Theo
  9. .
    paris bentley tipton
    14.02.2007
    seattle
    Elisa è vagamente febbricitante quindi non risponde delle sue azioni. Dopo questa necessaria premessa, era il caso di dire che nemmeno Paris stesse granché bene al momento. Non ci capiva un cazzo, e sentiva di stare per scoppiare da un momento all’altro. Il problema era che non sapeva se avrebbe portato con sé il Kayne o meno. La sua vicinanza non lo aiutava a mantenere una salda presa sulle sue emozioni, non quando poteva percepirlo vibrare accanto a sé. Non era così che avrebbe voluto che andassero le cose, voleva del fottuto tempo per poter elaborare la trasformazione e dirlo ai Ben. Ma l’aveva già avuto quel tempo, no? Quasi due mesi, e non aveva fatto che sprecarli, che rimandare al giorno dopo in attesa di un intervento divino. Paris non aveva nulla contro i lupi mannari, non aveva mai trattato Balt diversamente per quello che era diventato, ma un conto era quando si trattava di un fatto esterno e un altro di quando ci conviveva ogni giorno. Tutto attorno a lui era amplificato, le sensazioni, gli odori, le emozioni. In quel momento, poteva quasi sentire la confusione e la rabbia del grifondoro sotto la lingua e a montare nel proprio petto come se fossero sue, anche se era l'ultima cosa che voleva. Se Theo l’avesse saputo, l’avrebbe ucciso– cristo, come se Paris avesse avuto una scelta in tutto quello. «contento? perché dovrei essere contento» fece cadere lo sguardo sul pugno serrato del ragazzo, sussultando appena come se avesse ricevuto uno schiaffo ad ogni sillaba corrosa dal veleno. C’era stato un periodo, nemmeno troppo tempo prima, in cui Paris sapeva che l’altro sarebbe stato ben felice della sua disfatta. Ogni occasione era buona per sbattergli in faccia le proprie mancanze e i traguardi che aveva fallito di raggiungere, o per usare quel maledetto pugno stretto al fianco per colorare la pelle cremisi. Ora si trovava su un terreno instabile, la terra sotto i suoi piedi a venirgli meno quando ne aveva più bisogno. Perché come faceva ad affrontare Theo faccia a faccia, e a fare finta di niente? Come faceva a dirgli che per una maledetta volta voleva essere preso a testate sui denti, che voleva il Kayne di una volta e non quella versione maledettamente contraddittoria. Fu quel «paris–» a segnare la sua disfatta, i sensi di colpa del ragazzo e il battito impazzito a fargli volere lo sguardo al cielo in cerca di un aiuto superiore. Era chiaro che da solo non ce la potesse fare. A mantenere il controllo e non avere una crisi esistenziale (la stava già avendo), ma soprattutto a respingere le immagini che quel singolo nome avevano evocato. Non era davvero il momento di pensarci. Preferì concentrarsi invece sullo sguardo del grifondoro che si rifiutava di incontrare il suo, come se si vergognasse, come se non ne avesse il diritto. Cristo dio che cazzo di scemo, ma come si faceva– voleva dargli quei libri in testa e fargli tornare il senno a forza di botte, perché come si faceva ad essere così deficienti? Si credeva per caso un martire? Credeva che il mondo girasse attorno a lui? La colpa risiedeva nelle azioni del Tipton, sin dal primo momento in cui aveva accettato di preparare l’Antilupo per Balt. Si era creduto all’altezza, il migliore, e aveva lasciato che la propria vanità lo facesse a pezzi. «perché non la smetti di fare il codardo del cazzo?» alla fine, fu tutto un po’ troppo, e il magma a premere e a montare sotto le spaccature nella facciata del Tipton esplose. Accadde all'improvviso e senza un’avvisaglia, le dite a chiudersi attorno al mento del grifondoro e a premere così da sollevarlo «volevi sapere la verità? che smettessi di dire stronzate? e va bene, ma almeno abbi la decenza di guardarmi negli occhi» si meritava almeno quello, no? Mollò la presa sul mento di Theo, prendendosi qualche momento per ricomporsi, per quanto fosse possibile. «non lo sa nessuno. nemmeno i ben. per ora» preferì sfogare la propria rabbia su quei maledetti libri che ancora aveva in mano, incastrandoli con più forza del necessario in un buco che trovò vicino a lui. E no, non era una metafora. «Non lo so cosa ti stia girando in testa» falso «ma non è colpa tua, ok?» era duro il tono del Tipton, severo quel che bastava per far comprendere a Theo che non ammetteva obiezioni. Gli occhi del corvonero, tuttavia, raccontavano una storia diversa: erano morbidi nella loro carezza sul volto di Theo, una supplica di credergli per una maledetta volta a incastrarsi nello sguardo dell’altro. Tuttavia, Paris conosceva abbastanza bene il portiere da sapere quanto fosse duro di testa, e che doveva sbattergli le cose in faccia prima che le capisse. Lasciò che un passo in avanti colmasse la distanza che li separava, e poggiò piano la fronte contro quella di Theo– doveva essere un gesto rassicurante, ma Paris non era mai stato troppo bravo in quelli «e se lo pensi sei un cretino, e sarò costretto a darti una testata sulle gengive» un sussurro ad infrangersi contro il respiro del Kayne, una promessa che sapeva di déjà-vu e di occasioni sprecate. «sopravvivrò, theo, non è la fine del mondo. devo solo essere un po’ drammatico prima» estese la mano per andare a cingere il polso di Theo, quello ancora stretto in un pugno, e con il pollice accarezzò il suo battito frenetico. Un perfetto specchio del suo. All’improvviso, imbarazzato e fin troppo cosciente di se stesso, mollò la presa e mise della distanza tra di loro. Deglutì piano, un colorito alieno sul suo volto pallido a macchiare le guance, sbattendo le palpebre come per liberarsi da una trance– ma cristo dio, ma ce la faceva a comportarsi come una persona normale per una fottuta volta. Era inutile che continuasse a mettersi in ridicolo e on display, rivelando parti morbide e fragili di se stesso che il Kayne non aveva mai chiesto di svelare. Sapeva di non essere voluto dall'altro, che qualsiasi cosa ci fosse stata tra loro era stato frutto di una tensione che era scoppiata si era esaurita in una sera, ma era così sbagliato approfittarne finché poteva?
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  10. .
    paris bentley tipton
    14.02.2007
    seattle
    Era tutto terribile, punto. Paris voleva prendere il suo libro e tornarsene a marcire nella propria sala comune, luogo sicuro dove era certo non avrebbe mai trovato il Kayne. Dov’erano i Ben10 a salvarlo quando serviva? Avevano colonizzato tutta la scuola, possibile che uno di loro non si trovasse in biblioteca? Mandò una preghiera mentale nella chat di gruppo, manifestando forte che arrivasse nel loro cuore. Magari a Mona, lei sì che sapeva come liberarsi delle pesti indesiderate. Paris aveva la sgradevole sensazione che il mondo si fosse capovolto, e si trovasse in uno strano universo in cui non solo Theo era venuto a cercarlo (capite? Assurdo, ma quando mai era successo) ma non erano ancora passati alle mani. Considerò per un breve momento che gli eventi di quell'estate potessero aver mutato la loro dinamica, ma fino a quel punto? A saperlo, l’avrebbe fatto prima: era stanco del sangue a gocciolare sulle sue camicie immacolate. Se doveva essere onesto con se stesso, probabilmente avrebbe ripetuto la notte del prom, perché era un masochista che non sapeva mai quando dire di no, non importava quanto fosse dannoso alla sua psiche. C’erano lati del Kayne che –ugh– non gli dispiacevano troppo, e non si riferiva solo alle sue tiepide prestazioni sessuali. Forse era un moronsexual, o forse qualcuno l’aveva maledetto. Ma una cosa era ammetterlo a se stesso nel buio della propria stanza, stretto nell’abbraccio delle proprie coperte e contento nel suo bozzolo, un’altra era affrontare la realtà di petto. Nah, magari un altro giorno ok???? O mai, anche mai andava bene. «dovrei?» malgrado tutto, qualcosa nel petto prese a battere appena più veloce alla vista della genuina preoccupazione sul volto del Kayne. Si morse la lingua per evitare uno dei suoi soliti commenti acidi, sapeva non avrebbero aiutato, ma era l’unico meccanismo di difesa che aveva da tutto quello. «smettila di dire stronzate. perché invece non–» per un momento la sensazione di panico, di essere scoperto, schiacciò la gabbia toracica come una lattina usata. Fortuna era che sapeva come distrarre Theo, e bastava davvero poco. «ma quale polmonite, non era niente, solo un po’ di febbre» sbuffò esterrefatto, il Tipton, sorpreso (ma non davvero) dal fatto che il Kanye potesse prendere sottogamba una cosa del genere. «se lo dici te» borbottò poco convinto, ma decise di non pressare oltre la questione, anche perché il grifondoro stava effettivamente meglio. Di certo più di lui, quindi non si sentiva nella posizione adatta per fargli una ramanzina sul curarsi di più della propria salute. Va bene essere pagliacci, ma il capo del circo anche no. «non cambiare discorso.»
    Oh no.
    Sembrava proprio un cane con il suo osso. Ossessionato uguale.
    Che due palle ma perché a lui. Non aveva già scontato la sua punizione celestiale or something?? Era pure una brava persona, non credeva di meritare quel trattamento dal fato.
    «cos’è successo, davvero, quella notte?»
    Il familiare panico che si era insinuato sotto la pelle tornò a mozzargli il respiro, per una volta niente a che fare con la vicinanza del Kayne. Distolse lo sguardo dal ragazzo, l’attenzione a vagare oltre gli scaffali e sul corridoio dove non pareva esserci nessuno. Aggiustò la presa del libro sulle braccia, aumentando di una frazione la forza esercitata quasi ad abbracciarlo– un piccolo conforto, qualcosa che lo tenesse ancorato al momento. «te l’ho detto: un morso da nulla. un graffio» sussurrò di rimando al Kayne, stizzito e con i nervi a fiori di pelle– doveva essere la luna piena a renderlo così emotivo. Non certo perché era un po’ emo. «e sì, ok, magari era un po’ più profondo di quello che pensavo ma–» ancora, il Tipton tentò di trovare una via di fuga attraverso il corpo del Kayne, ma dubitava ci sarebbe riuscito senza attirare l’attenzione di mezza biblioteca. Nella foga, non si era accorto di aver fatto un mezzo passo avanti. Quando se ne accorse, era ormai troppo tardi e qualcosa del suo inconscio, nuovo e pericoloso, gli suggeriva che ad indietreggiare avrebbe solo ammesso debolezza. «non ti ho mentito, credevo non fosse nulla» si strinse tra le spalle, sforzandosi di incontrare le iridi nocciola dell’altro ragazzo, il labbro inferiore catturato tra i denti e stretto in una morsa dolorosa. Non abbastanza da rompere la pelle, ma quasi. «ma forse era qualcosa, e ora sono fottuto a vita. contento?» non alzò la voce, ma il tono si fece incandescente, un solo tocco abbastanza per accendere la miccia nello sguardo del Tipton «ma va bene così, me lo merito. è colpa mia se balt ha perso il controllo» un’ammissione fragile quanto l’apparente compostezza di Paris, le spalle curvate in avanti e gli occhi persi sul neo che adornava la gote del grifondoro. Pareva un animale con le spalle al muro, il Tipton, e forse lo era. La nausea premette di nuovo contro le pareti dell’esofago, ma Paris si obbligò a non vacillare: era pronto a incassare il colpo del Kayne, qualsiasi esso fosse. «non posso nemmeno più dirti che sei una bestia, visto che non sono così scemo da insultarmi da solo» se stava tentando di buttarla sul ridere così che Theo non lo odiasse? Hahah no ma che dite. Anche se c'era ben poco da ridere, ma qualsiasi reazione sarebbe stata meglio del disgusto sul suo volto. O peggio, della paura. Voleva solo– voleva che tutto tornasse alla normalità, ma era conscio che fosse ormai troppo tardi.
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    Edited by ambitchous - 14/11/2023, 02:56
  11. .
    paris bentley tipton
    14.02.2007
    seattle
    In fondo, la violenza non era sempre la strada sbagliata. Quello glielo aveva insegnato Ficus, certified GGG che usava i pugni per difendere l’onore dei propri amici. Nel caso del Tipton, tuttavia, quei pugni avevano scopri meno nobili e più egoisti: «non l’ho fatto apposta». Sì, e Paris aveva un naso rosso e delle scarpe da clown– cioè, , ma quelli erano cazzi suoi. Vedete perché poi gli toccava ricorrere alle mani? Odiava sentirsi dire cazzate, specie quando erano così palesi. Ma sapevano entrambi che Theo era un pessimo bugiardo, e sarebbe stato come discutere come un bambino delle elementari quindi decise di lasciar perdere. Visto, lui era una persona matura. Magnanima, qualcuno avrebbe anche azzardato. E poi non aveva le energie mentali per esistere in quel momento, figurarsi per rispondere alle provocazioni del grifondoro. «Mh, se lo dici tu. Ma grosso come sei farei più attenzione.» si rese conto solo in un secondo momento di quello che aveva lasciato intendere, ma ebbe la grazia di rimanere composto anche di fronte a quel faux pas. Perché era un signore. O perché voleva far credere al Kayne di essere l’unico con una mente perversa tra i due, e torturarlo psicologicamente era uno dei pochi piaceri che ultimamente si poteva permettere nella vita. Logicamente, sapeva che avrebbe dovuto mettere a freno la sua maledetta lingua, ma non c’era nulla di logico quando si trattava di Theo. «vogliamo riprovare? però non metterti a piangere poi se decidono di bannarti da questo posto fino ai mago» ecco, quello fu abbastanza da disturbare l’espressione placida del corvonero. Potevano togliergli tutto, ma non la biblioteca. Sapete cosa significava vivere per nove mesi in un luogo senza internet? Un fottuto incubo, una condanna a morte, e l’unica cosa vicina alla civiltà erano i suoi romanzi storici. Ok, romanzi rosa con ambientazione storica, ma saranno stati pure affari suoi no? La mano tremò con l’istinto di estendersi e stringersi al colletto di Theo, ma riuscì a sopprimere quel bisogno in tempo. Altri bisogni, come lo sguardo a seguire la sua linea del corpo contro lo scaffale e le immagini che seguirono, erano più difficili da ignorare. Ma non era colpa sua! Era innocente, si stava comportando così be- «provaci e ti faccio piangere io. ma non come piace a te» eh, vabbè. Ma perché ci provava ancora, quando il Kayne riusciva a tirare fuori le parti peggiori di sé? Poggiò la schiena allo scaffale opposto al grifondoro, le caviglie a incrociarsi in una posizione che emanava nonchalance. Eppure, il suo sguardo diceva tutt’altro. Ecco perché si era obbligato a mettere distanza tra di loro, perché sapeva di non potersi fidare di se stesso, traditore maledetto e fottuto sottone. Lui se la ricordava la gita alle Hawaii, e anche il modo in cui si era reso ridicolo davanti a tutti. A Theo non interessava, e Theo non interessava lui, quindi non capiva quello stupido circo. O almeno, non nel modo in cui avrebbe voluto. MA ERANO DETTAGLI HHH moving on. «stavo cercando un libro» oh baby, quasi gli faceva tenerezza. Paris non era così stupido da pensare che fosse rimasto lì solo per parlare con lui, che non avesse niente di meglio da fare, ma voleva crogiolarsi nelle proprie delusions finché poteva. Almeno stavano avendo una conversazione civile senza mettersi le mani addosso, non era un segno in avanti? Chissà se il grifondoro lo odiava ancora, difficile da dire con gli eventi di quell’estate ma– eh, l’aveva evitato anche per quella ragione. Non voleva percepire ed essere percepito, e più stava in compagnia del Kayne e peggio era per la propria salute mentale. Era euforico per quei primi momenti dopo una lite con il portiere, perché aveva ricevuto la sua attenzione, perché voleva dire che allora esisteva ai suoi occhi, ma quello che seguiva era– non rimpianto ma…qualcosa che non sapeva descrivere. Malinconico? Perché non era solo quella l’attenzione che voleva da Theo. Ma lungi da lui aprire la bocca e rovinarsi la vita. «davvero, theo?» (aiuto ma aveva usato il suo nome???? AAAAA no vabbè ma play it cool) commentò piatto con un sopracciglio sollevato, le dita ad accarezzare distratte la spina del libro «e invece ho trovato te, palloso uguale» ah! Che simpatico. Alzò gli occhi al cielo, non preoccupandosi di nascondere il mezzo sorriso sulle labbra: che demente [affectionate] «questa è vecchia, kanye, cerca di aggiornare il repertorio» sì, aveva sbagliato apposta il cognome, ma era una payne thing ♥ ormai. Quello che seguì lo lasciò perplesso e vagamente amused, tanto che per un momento pensò di essere strafatto. Theo si stava preoccupando per lui???? MA IN QUALE MONDO. Cioè, ok, Paris immaginava di essere il ritratto della salute ma non pensava di essere messo così male da far preoccupare persino lui. Paris portò una mano a sistemare i capelli, un po’ self-conscious sotto lo sguardo di Theo, nello stupido tentativo di rendersi più presentabile. Peccato che non fosse quello il problema. Il suo problema era una condanna a vita, e non c’era un cazzo che poteva farci. «no, non sono un vampiro» ti piacerebbe, eh? Non aveva mai capito il fetish alla Twilight ma ok, poteva accettarlo «peggio» aggiunse sottovoce, appena un movimento delle labbra, una frustrazione scacciata in un fiato. Piegò il capo per osservare il Kayne, ed ebbe conferma di quello che aveva pensato prima, tutto terribile e non consigliato «ti stai preoccupando per me?» le sue parole non avevano la solita nota teasing che accompagnava ogni loro interazione, ma portavano una stanchezza che era visibile sotto ai suoi occhi e nel corpo abbandonato contro lo scaffale (molto solito, would recommend 10/10) (così per la vita) «non serve, sto benissimo» stava cercando di convincere il grifondoro o se stesso? Difficile dirlo a quel punto, ma non credeva di star facendo un buon lavoro «il ritratto della salute, non vedi?» eh, insomma. Ma era il look naturale degli emo, che ne sapeva il Kayne di quelle cose. E perché Paris non era un corvonero a tempo perso –nonché amico di un gaslighter esperto– tentò una strada diversa «te, piuttosto? ti è passato il–» con un gesto vago della mano indicò il proprio petto, e ok…ok! Lasciò anche indugiare lo sguardo su quello di Theo, ma non era colpa sua se aveva delle immagini impossibili da scacciare davanti a sé «la polmonite dalle hawaii» o qualsiasi cosa fosse, mica si era infromato!!! Non gli importava niente, ma vi pare. E poi Theo sembrava stare meglio di lui, quindi fuck you Kayne bravo e complimenti per non essere morto congelato.
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    - capitano quidditch corvonero
  13. .
    PARIS CAPITANO OFFICIAL

    (e mi aggiorno)
  14. .
    paris bentley tipton
    14.02.2007
    seattle
    Poggiò la fronte contro il legno dello scaffale, sollevato dalla sensazione fresca del materiale contro la pelle calda, una piccola grazia in mezzo all’inferno che era la biblioteca a quell’ora. Il corvonero chiuse gli occhi e torse il tessuto della maglia tra le dita, un punto fisso che serviva a mantenerlo ancorato nella realtà. Sentiva un impellente bisogno di vomitare, quel poco era certo, ma per ragioni ben diverse dalla nausea che premeva violenta dietro ai denti. L’influenza della luna si faceva sempre più insistente con ogni giorno che si avvicinava al plenilunio, e l’idea della sua seconda trasformazione era abbastanza per fargli desiderare di aprire una qualsiasi finestra del castello e lanciarsi di sotto. Alla fine, c’erano modi peggiori di andarsene. Era cambiato, Paris, dopo quella fatidica notte ad Ibiza e sebbene non imputasse nessuna colpa al Monrique, trovava ancora difficile incontrare il suo sguardo. Non aveva ancora fatto parola a nessuno di quello che era diventato, l’idea di permettersi di pronunciare quelle parole ad alta voce terrificante quanto il sapore amaro dell’Antilupo che aveva ingerito quella mattina. Non si considerava un mostro, ma trovava difficile affrontare quel cambiamento. Aveva messo su massa muscolare che fino a quel momento non aveva mai avuto, e all’improvviso i suoi sensi si erano fatti ben più acuti, anche se la parte peggiore era la resistenza all’alcol e alle droghe. Quello, non lo poteva accettare. Una maledizione per chi come il Tipton amava compromettere il proprio fegato. Forse era grazie a quei dannati sensi, che lo sentì arrivare. Una presenza ormai diventata familiare, dall’odore che suo malgrado aveva imparato a riconoscere in quei mesi e a evitare accuratamente. Era– sentite, aveva i suoi buoni motivi per ignorare l’esistenza del Kayne e avevano ben poco a che fare con gli eventi del prom. Cioè, anche. Non aveva idea di come parlargli o guardarlo, di come la loro dinamica fosse cambiata tra di loro o se fosse successo affatto. Erano complicati i sentimenti (ugh) del corvonero, avevano radici in una rivalità che durava da tempo, e che in qualche modo era sfociata in qualcosa di più. Se prima sentiva la necessità di assestare un pugno sulla sua stupida faccia, quel bisogno rimaneva, ma era accompagnato dall’irrefrenabile bisogno di zittirlo rubandogli un bacio. Non aveva senso, nulla di tutto ciò aveva senso; Paris non era il tipo da sentimenti, non lo era mai stato, e la cosa lo terrorizzava. E poi c’era la questione di Balt e della trasformazione, l’ennesimo nodo allo stomaco del Tipton che giorno dopo giorno si attorcigliava sempre di più. Era ben conscio di dove tendesse l’ago della bilancia, sapeva di essere il responsabile di quello che era accaduto, e per poco non aveva compromesso anche Theo. Era stato distratto dal ragazzo, non era stato abbastanza risoluto nel cacciarlo mentre metteva insieme l’Antilupo perché era troppo affamato per un qualsiasi contatto accidentale con il grifondoro ed aveva fallito per quello. Balt si era fidato di lui, e lui l’aveva fallito. Vedeva come il Monrique lo guardava, dell’esitazione nei suoi gesti e del rimorso cui ogni azione era corrotta, anche senza sapere l’intera versione dei fatti. In sostanza: Paris aveva delle ottime ragioni per nascondersi in biblioteca e fingere di non esistere per qualche ora. Ma il suo piano era andato in frantumi, ed era troppo tardi per un’uscita dignitosa. Le spalle si irrigidirono quando sentì i passi farsi sempre più vicini, fino a fermarsi dietro di lui, la presa sui libri che teneva in mano a rafforzarsi. Poteva lasciargliene uno in testa? No, meglio di no, non voleva rovinare quei volumi. In ogni caso, aveva dato abbastanza spettacolo qualche giorno prima alla lezione congiunta che li aveva portati alle Hawaii, peggio di così non poteva andare. Yet. Quasi sobbalzò nel sentire un tonfo, il classico rumore della copertina rigida di un libro che impatta con la pietra– un rumore che lo mandava in bestia. «ops» fu quel tono del cazzo, menefreghista e fin troppo tranquillo, a farlo voltare di scatto e a farlo saltare addosso al Kayne. Quasi saltare addosso, riuscì a fermarsi appena in tempo, a qualche passo dal grifondoro. Prese un respiro profondo per placare la sua irritazione, e si impose di contare fino a cinque prima di parlare. «cosa. vuoi.» riuscì a buttare fuori attraverso denti stretti, gli occhi castani ormai due fessure che si stringevano sul volto del ragazzo. Mantenne il contatto visivo per qualche altro momento, prima di chinarsi a raccogliere il libro e stringerlo al petto insieme alla sua precedente collezione. Si rialzò con tutta la dignità che riuscì a racimolare, nonostante i ricordi che quella posizione fece affiorare «ti sei perso?» domandò con ben più di una punta di sarcasmo, squadrando con diffidenza e qualcosa che non voleva nominare per mantenere un briciolo di dignità «o hai perso una scommessa? cos’era, vedere se riesci a farti buttare fuori da qui? di nuovo?» certo che, per una persona che era determinata ad ignorare il portiere rivale, gli stava concedendo più attenzione di quello che richiedeva la situazione.
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    razza: licantropo


    tutto terribile
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